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2020_03_26_23_ID01_RELAZIONE IDRAULICA (3758 KB)

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ELABORATO

SCALA TITOLO

Marzo!2020

11-2019 COMMESSA

TI1092

COMMITTENTE

CODICE!ELABORATO

Dott.!Ing.!Daniele!Tosato 31033!-!Via!F.M.!Preti,!36

Email!certificata:!comune.castelfrancoveneto.tv@pecveneto.it

CM

TI DT

Progetto per la realizzazione di nuovo fabbricato industriale in Via dell' Economia nel Comune di Castelfranco Veneto

PROGETTISTA

T o s a t o ! I n g e g n e r i a ! S . r . l . v i a ! C i a r d i , ! n ° ! 1 7 3 1 0 3 6 ! - ! I s t r a n a ! ( T V ) T.!0422!582537!-!F.!0422!411754 m.!inf o@tosatoingegneria.com w . ! t o s a t o i n g e g n e r i a . c o m

VERIFICA APPROVA

DATA MOTIVO DELLA REVISIONE REDIGE

REV. N°

VALUTAZIONE DI COMPATIBILITA' IDRAULICA E PROGETTO DELLA RETE DI RACCOLTA E SMALTIMENTO DELLE ACQUE METEORICHE

FRASSON!ROTTAMI!S.r.l Resana!(TV),

Via!Roma!n.85

C.!Fiscale/P.!Iva!04687460263

1 03-2020 Revisione!per!ampliamento!piazzale TI CM DT

ID!01 RELAZIONE!-!STUDIO!DI!COMPATIBILITA'!IDRAULICA

- ID!01!00!01!

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(3)

INDICE

1 Premessa ... 3

2 Riferimenti normativi ... 6

2.1 Leggi nazionali ... 6

2.2 Leggi regionali ... 7

2.2.1 Rischio idraulico e invarianza ... 7

2.2.2 Qualità delle acque ... 8

2.3 Strumenti regolatori comunali, distrettuali o di bacino ... 10

2.3.1 Il PdA del Comune di Castelfranco Veneto: il rischio idraulico della zona oggetto d’intervento ... 10

2.3.2 Il PGRA del distretto alpi orientali ... 10

3 Inquadramento territoriale ... 12

3.1 Il Comune di Castelfranco Veneto ... 12

3.2 L’idrografia ... 12

3.3 Rete di fognatura ... 14

3.4 Caratteri dell’uso del suolo ... 15

3.5 Permeabilità dei suoli ... 17

3.6 Pluviometria ... 18

4 Localizzazione e descrizione dell’area d’intervento ... 21

4.1 Stato di fatto ... 21

4.2 Stato di progetto ... 22

5 Portata smaltibile allo scarico e individuazione del punto di recapito ... 25

6 I pozzi perdenti ... 30

7 Calcolo dei volumi di compenso ... 32

7.1 Premessa ... 32

7.2 Calcolo della variazione delle superfici efficaci, determinazione dei deflussi e classificazione dell’intervento ... 32

7.2.1 Calcolo del coefficiente di deflusso nello stato di fatto e nello stato di progetto ... 34

7.2.2 Classificazione dell’intervento ... 36

7.3 Determinazione del volume di invaso ... 36

7.3.1 Calcolo del volume di invaso con il metodo delle sole piogge ... 36

7.3.2 Volume totale da invasare nell’ambito di intervento ... 39

8 Reperimento dei volumi di invaso ... 40

9 Schema della rete ... 43

(4)

10 Trattamento delle acque ... 49

11 Dimensionamento della rete minore ... 51

12 Considerazioni conclusive ... 54

13 ALLEGATI... 56

(5)

1 P

R E M E S S A

La presente relazione espone la Valutazione di Compatibilità Idraulica relativa al progetto denominato

“Progetto per la realizzazione di nuovo fabbricato industriale” in via dell’Economia a Castelfranco Veneto. (Figura 1.1)

Figura 1.1: Inquadramento dell’area di intervento

Con riferimento all’esigenza di redazione della Valutazione di Compatibilità Idraulica appare opportuno ricordare che sempre più spesso assumono rilevanza mediatica i danni provocati da fenomeni di inondazione ed allagamento, rimarcando immancabilmente l’eccezionalità dell’evento meteorico che ne è stato origine.

La frequenza con cui tali dichiarazioni vengono proposte fan sembrare assurdo o comunque poco credibile il carattere di eccezionalità di tali eventi.

Accanto a questo aspetto meteorologico ha avuto e ha un’importanza rilevante la modifica del territorio che ha subito e continua a subire notevoli cambiamenti conseguenti al sempre crescente allargamento dei centri urbani. Tutto questo ha importanti ripercussioni sull’intero assetto del territorio, i cui tempi per il raggiungimento di un nuovo equilibrio sono certamente molto più lunghi della rapidità con cui si susseguono i cambiamenti.

Area di intervento

(6)

In virtù di queste considerazioni la Regione Veneto con propria deliberazione n. 3637 del 13.12.2002 introduce l’obbligo della redazione di una specifica “Valutazione di compatibilità idraulica” per tutti gli

“...strumenti urbanistici generali o varianti che comportino una trasformazione territoriale che possa modificare il regime idraulico”, definendone le modalità operative e le indicazioni tecniche con Dgr n. 1841 del 19 giugno 2007.

L’obiettivo di tale valutazione è quello di poter desumere, in relazione alle nuove previsioni urbanistiche, che non venga aggravato l’esistente livello di rischio idraulico né pregiudicata la possibilità di riduzione, anche futura, di tale livello. Nello stesso elaborato devono essere indicate anche misure compensative da introdurre nello strumento urbanistico ai fini del rispetto delle condizioni minime richieste. L’obiettivo è quello di evitare o contenere l’aumento del rischio idraulico indotto dall’incremento dell’urbanizzazione e più in generale dalle trasformazioni del territorio previste dai Piani Regolatori Comunali e le loro varianti.

Cosicché per qualsiasi intervento che comporti una trasformazione della tipologia di superficie in grado di modificare il regime idraulico deve essere redatta una specifica valutazione di compatibilità idraulica al fine di dimostrare che le nuove opere in progetto non vadano ad aggravare l’esistente livello di rischio idraulico, né a pregiudicare la possibilità di riduzione anche futura di tale livello.

L’intento delle analisi idrauliche che si svolgono a corredo delle valutazioni progettuali ha il duplice scopo di esaminare da un lato la vulnerabilità idraulica, idrogeologica e geomorfologica del territorio, dall’altro la necessità di garantire che la trasformazione non modifichi il regime idrologico esistente, agendo ad esempio sui tempi di corrivazione.

L’analisi si sofferma dapprima sull’assetto geomorfologico ed idraulico del territorio, per individuare eventuali aree soggette ad allagamento, pericolosità idraulica o ristagno idrico. In un secondo momento si sposta l’attenzione sulle aree di trasformazione destinate all’edificazione dalla pianificazione territoriale in oggetto.

Infine, l’attenzione si sposta di nuovo verso la verifica dell’invarianza idraulica del territorio rispetto alle trasformazioni previste. Per trasformazione del territorio in invarianza idraulica, s’intende la variazione di destinazione d’uso o di morfologia costruttiva di un’area che non provochi un aggravio della portata di piena o una variazione sostanziale dei tempi di corrivazione al corpo idrico che riceve i deflussi superficiali originati dalla stessa.

Uno scopo fondamentale dello studio di compatibilità idraulica e quindi quello di far sì che le valutazioni progettuali, sin dalla fase della loro formazione, tengano conto dell’attitudine dei luoghi ad accogliere la nuova edificazione, considerando le interferenze che queste hanno con i dissesti idraulici presenti e potenziali, nonché le possibili alterazioni del regime idraulico che le nuove destinazioni o trasformazioni di uso del suolo possono venire a determinare. In sintesi, lo studio idraulico deve verificare

(7)

l’ammissibilità delle previsioni contenute nello strumento urbanistico, prospettando soluzioni corrette dal punto di vista dell’assetto idraulico del territorio.

(8)

2 R

I F E R I M E N T I N O R M A T I V I

2.1 Leggi nazionali

La legge 18 maggio 1989, n. 183, recante “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”, successivamente modificata dalle leggi n. 253/90, n. 493/93, n. 61/94 e n. 584/94, ha previsto la suddivisione di tutto il territorio nazionale in “bacini idrografici”, intesi come entità territoriali che costituiscono ambiti unitari di studio, programmazione ed intervento prescindendo dagli attuali confini ed attribuzioni amministrative. La legge ha previsto anche la predisposizione delle Autorità di Bacino.

La legge 3 agosto 1998, n. 267, è scaturita dal ripetersi di gravi fenomeni di dissesto idrogeologico che hanno portato alla emanazione del decreto legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito in legge, che con successive modifiche sono confluite nel documento finale recante “Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella Regione Campania”. La norma prevede che le Autorità di Bacino di rilievo nazionale e interregionale e le regioni per i restanti bacini adottino, ove non si sia già provveduto, piani stralcio per l’assetto idrogeologico. Tali piani (P.A.I.) in particolare devono individuare e perimetrale le aree a rischio idrogeologico.

Il D.P.C.M. 29 settembre 1998 costituisce l’atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti del D.L. 180/1998.

Le misure di salvaguardia da adottare saranno in relazione ai fattori di:

- pericolosità, cioè la probabilità di accadimento di un evento calamitoso;

- valore degli elementi di rischio in riferimento a persone, beni localizzati, patrimonio ambientale;

- vulnerabilità degli elementi a rischio, che dipende sia dalla capacità di sopportare le sollecitazioni esercitate dall’evento sia dall’intensità dell’evento stesso.

Per la pericolosità idraulica la legge distingue tre aree con diversi tempi di ritorno (Tr):

- aree ad alta probabilità di inondazione (Tr= 20-50 anni);

- aree a moderata probabilità di inondazione (Tr= 100-200 anni);

- aree a bassa probabilità di inondazione (Tr= 300-500 anni).

La legge propone di aggregare le diverse situazioni in quattro classi di rischio a gravosità crescente, definite come segue:

- rischio moderato R1: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali;

(9)

- rischio medio R2: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, che non pregiudicano l’incolumità personale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche;

- rischio elevato R3: per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale e culturale;

- rischio molto elevato R4: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, danni rilevanti al patrimonio ambientale e culturale, la distruzione di attività socio-economiche.

Il D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, recante “Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali” conferito con modificazioni nella legge 11 dicembre 2000, n. 365, individua una nuova procedura per l’approvazione dei Piani stralcio per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.).

2.2 Leggi regionali

2.2.1 Rischio idraulico e invarianza

Si elencano di seguito le leggi regionali, gli strumenti di programmazione territoriale ed i piani di settore della Regione Veneto in merito al rischio idraulico ed idrogeologico:

- L.R. 3/1976 recante “Comprensori di bonifica idraulica”

- L.R. 93/1983 - D.G.R. 2705/1983 - L.R. 42/1984

- L.R. 61/1985 recante “Norme per l’assetto e l’uso del territorio”

- L.R. del 01/03/1986, n. 9, recepimento regionale della allora legge Galasso - PIANO TERRITORIALE REGIONALE DI COORDINAMENTO (PRTC)

- D.G.R. 962 del 01/09/1998 recante “Definizione della rete idrografica regionale principale”

- L.R. del 03/08/1998, n. 267, recante “Individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idraulico e idrogeologico. Indicazioni per la formazione dei nuovi strumenti urbanistici”

- D.G.R. 3637/2002 conseguente alla L.R. 267/98 - D.G.R. 1322/2006 modifica al D.G.R. 3637/2002 - D.G.R. 1841/2007 modifica al D.G.R. 1322/2006

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- D.G.R. 2948/2009 modifica e sostituisce il D.G.R. 3637/2002 e il D.G.R. 1322/2006 2.2.2 Qualità delle acque

Per quanto riguarda la qualità delle acque si fa riferimento in particolare al Piano di Tutela delle Acque della Regione Veneto.

L’Art. 39 “Acque meteoriche di dilavamento, acque di prima pioggia e acque di lavaggio ” delle Norme Tecniche di Attuazione del PTA stabilisce che :

1. Per le superfici scoperte di qualsiasi estensione, facenti parte delle tipologie di insediamenti elencate in Allegato F, ove vi sia la presenza di:

a) depositi di rifiuti, materie prime, prodotti, non protetti dall’azione degli agenti atmosferici;

b) lavorazioni;

c) ogni altra attività o circostanza, che comportino il dilavamento non occasionale e fortuito delle sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 del D.lgs. n. 152/2006, Parte terza, che non si esaurisce con le acque di prima pioggia,

le acque meteoriche di dilavamento sono riconducibili alle acque reflue industriali e pertanto sono trattate con idonei sistemi di depurazione, soggette al rilascio dell’autorizzazione allo scarico ed al rispetto dei limiti di emissione, nei corpi idrici superficiali o sul suolo o in fognatura, a seconda dei casi. I sistemi di depurazione devono almeno comprendere sistemi di sedimentazione accelerata o altri sistemi equivalenti per efficacia; se del caso, deve essere previsto anche un trattamento di disoleatura. La valutazione della possibilità che il dilavamento di sostanze pericolose o pregiudizievoli per l’ambiente non avvenga o non si esaurisca con le acque di prima pioggia deve essere contenuta in apposita relazione predisposta a cura di chi a qualsiasi titolo abbia la disponibilità della superficie scoperta, ed esaminata e valutata dall’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione allo scarico. Nei casi previsti dal presente comma, l’autorità competente, in sede di autorizzazione, può determinare con riferimento alle singole situazioni e a seconda del grado di effettivo pregiudizio ambientale, le quantità di acqua meteorica di dilavamento da raccogliere e trattare, oltre a quella di prima pioggia; l’autorità competente dovrà altresì stabilire in fase autorizzativa che alla realizzazione degli interventi non ostino motivi tecnici e che gli oneri economici non siano eccessivi rispetto ai benefici ambientali conseguibili.

Le acque di prima pioggia devono essere stoccate in un bacino a tenuta e, prima del loro scarico, opportunamente trattate, almeno con sistemi di sedimentazione accelerata o altri sistemi equivalenti per efficacia; se del caso, deve essere previsto anche un trattamento di disoleatura; lo scarico è soggetto al rilascio dell’autorizzazione prevista dall’articolo 113, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 152/2006 e al

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rispetto dei limiti di emissione nei corpi idrici superficiali o sul suolo o in fognatura, a seconda dei casi, di cui alle tabelle 3 o 4, a seconda dei casi, dell’allegato 5 alla parte terza del D.Lgs 152/2006, o dei limiti adottati dal gestore della rete fognaria, tenendo conto di quanto stabilito alla tabella 5 del medesimo allegato 5. Le stesse disposizioni si applicano alle acque di lavaggio.

La superficie oggetto di intervento rientra tra le fattispecie elencate all’allegato F sotto la voce

“Deposito di rottami” pertanto si dovrà prevedere:

- il trattamento delle acque di prima pioggia per il rispetto dei limiti previsti dalla Tab. 3 dell’allegato 5 del D.Lgs 152/06 e s.m.i. per scarico in fognatura;

- il trattamento delle acque di seconda pioggia per il rispetto dei limiti previsti dalla Tab. 3 dell’allegato 5 del D.Lgs 152/06 e s.m.i. per scarico in corpo idrico superficiale.

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2.3 Strumenti regolatori comunali, distrettuali o di bacino

2.3.1 Il PdA del Comune di Castelfranco Veneto: il rischio idraulico della zona oggetto d’intervento

Dal punto di vista del rischio idraulico l’area oggetto di intervento non presenta criticità. Guardando infatti la cartografia del Piano delle Acque di Castelfranco, che unisce le informazioni relative al PAI ed alle criticità localizzate individuate nell’ambito del piano suddetto, si vede che il lotto su cui verrà realizzato il fabbricato si trova in un’area dove non si verificano allagamenti (Figura 2.1).

Figura 2.1: Estratto della carta della pericolosità del Piano delle Acque di Castelfranco

2.3.2 Il PGRA del distretto alpi orientali

Analizzando ora quanto indicato nel Piano di Gestione del Rischio alluvioni del distretto alpi orientali, si conferma che l’area non presenta allagamenti nemmeno per lo scenario ad alto rischio (tempo di ritorno pari a 300 anni).

(13)

Figura 2.2: Estratto della carta degli allagamneti del PGRA (tr=300 anni)

(14)

3 I

N Q U A D R A M E N T O T E R R I T O R I A L E

3.1 Il Comune di Castelfranco Veneto

La città di Castelfranco Veneto (Figura 3.1) posta 27 km a nord ovest del capoluogo provinciale di Treviso, sorge in corrispondenza di un importante nodo stradale e ferroviario, costituito dall’incrocio della S.S. 53 “Castellana” Vicenza-Treviso con la S.S. 245 “Marittima” Venezia-Bassano e con la S.S. 307

“del Santo” Padova-Resana, e delle linee ferroviarie Vicenza-Treviso, Venezia-Trento e Padova- Montebelluna-Calalzo.

Il territorio appartenente al Comune di Castelfranco Veneto si estende nell’intorno della città capoluogo per circa 5.000 ha contraddistinti da andamento pianeggiante, con pendenza media del 3 per mille, a quote altimetriche variabili tra 60 m s.m.m. a nord e 30 m s.m.m. all’estremità sud. Nell’intorno del centro cittadino, nella gran parte dei casi unite a questo da estesa urbanizzazione a carattere residenziale, commerciale ed industriale, sorgono i nuclei abitati di Salvarosa, Salvatronda, S.Floriano ad est, Campigo a sud-est, Treville e S.Andrea oltre Muson a sud ovest, Villarazzo e Bella Venezia a nord.

A poche centinaia di metri a sud della città si trova il limite superiore della linea delle risorgive, che si estende nel territorio comunale anche verso est. La tipologia dei terreni è per lo più a grana grossa e molto permeabile al di sopra della linea delle risorgive, con esclusione della fascia della larghezza di un paio di chilometri che segue il tracciato del torrente Muson dei Sassi, dove, proprio a causa della loro origine alluvionale, i terreni presentano grana più fine e bassa permeabilità. Nella zona sud - sud est del territorio comunale, al di sotto della linea delle risorgive, i terreni hanno scarsa permeabilità e matrice fine limo - argillosa.

3.2 L’idrografia

Il principale corso d’acqua nel territorio del comune di Castelfranco Veneto è il torrente Muson dei Sassi, che scendendo dalle pendici del Monte Grappa con direzione nord-ovest/sud-est, subito a monte della città piega decisamente a sud, solcando il territorio urbano circa 400 m ad ovest del centro storico, per entrare poi in comune di Resana.

Da nord entrano in città anche il torrente Avenale e la roggia Musonello. Il torrente Avenale, con l’affluente torrente Brenton, drena l’alta pianura tra Castelfranco e i colli asolani, in sinistra Muson, mentre la roggia Musonello raccoglie i deflussi di un bacino in sinistra idraulica del Muson dei Sassi; il Musonello sottopassa poi tale torrente presso Castello di Godego, per confluire poi nell’Avenale presso le Fosse Civiche, che circondano l’antico castello da cui la città ha preso il nome.

(15)

Figura 3.1: Inquadramento territoriale del Comune di Castelfranco Veneto.

Il centro cittadino, con il suo fossato che circonda il castello, è sede di un importante nodo idraulico nel quale le acque raccolte nei bacini di monte e all’interno del territorio comunale sono convogliate e

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ridistribuite ai diversi corsi d’acqua di valle, attraverso diversi manufatti di controllo. Gli emissari delle Fosse Civiche sono tre, tutte dirette verso sud: la roggia Musoncello, più a est, che poi confluisce nel fiume Dese, la roggia Musonello, che prosegue fino a Resana confluendo nel fiume Marzenego, e il canale Brentella (poi roggia Brentanella e Nogarola), che ha origine nell’angolo sud-occidentale del Castello.

L’ultimo canale è il più importante perché raccoglie le acque di piena dell’Avenale e le scarica nel Torrente Muson a sud del centro storico, presso un apposito manufatto di regolazione. In condizioni di magra la roggia Brentanella raggiunge anch’essa il territorio di Resana e alimenta il fiume Marzenego.

Oltre alla descritta rete principale, il territorio comunale è attraversato da una varia rete minore, con caratteristiche diverse a monte e a valle della fascia delle risorgive. A nord, infatti, si tratta per lo più di canalizzazioni artificiali di originaria finalità irrigua, alimentate dalle acque del Piave o del Brenta. A sud, invece, affiorano naturalmente le acque di risorgiva, che con gli apporti superficiali provenienti da monte e le portate bianche della rete fognaria danno origine ai più importanti fiumi che solcano la Marca Trevigiana e la provincia di Venezia: il Sile, lo Zero, il Dese, il Marzenego e il Muson Vecchio.

Nella Figura 3.1 sono rappresentati i corsi d’acqua principali che insistono sul territorio del Comune di Castelfranco Veneto.

Ai due suddetti ordini di rete idrografica corrispondono due differenti tipologie di eventi critici sotto il profilo idraulico:

· precipitazioni estese sul bacino del Muson, di media intensità e media durata, approssimativamente 12-24 ore, tali da provocare situazioni di piena nel sistema Muson dei Sassi - Avenale. Sono eventi tipici della stagione autunnale, come testimoniano i fenomeni alluvionali dell’ottobre 1998 e del novembre 2000;

· precipitazioni localizzate sul territorio comunale, a carattere breve (di solito inferiori o pari all’ora) ed elevata intensità, tipiche degli episodi temporaleschi estivi, tali da mettere in crisi il sistema fognario ed i corsi d’acqua minori ricettori delle portate meteoriche provenienti da zone edificate.

Il ripetersi di eventi del tipo di quelli sopra descritti risulta frequente: negli ultimi dieci anni quasi ogni anno durante la stagione estiva si sono verificati uno o più episodi di tracimazione ed insufficienze localizzate o diffuse della rete idrografica minore e fognaria.

3.3 Rete di fognatura

Il progetto generale della rete fognaria bianca di Castelfranco Veneto risale al 1957 e risulta in buona parte realizzato secondo le previsioni progettuali specie per la parte relativa al centro urbano. Esso ha previsto con lungimiranza la separazione delle fognature bianche e nere e la suddivisione del territorio fognato in bacini non troppo estesi, afferenti ciascuno ad un recapito costituito da un corso d’acqua naturale.

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L’attuale assetto del sistema fognario deriva anche dalla realizzazione di vari interventi successivi, effettuati per esigenze locali dettate dalle notevoli variazioni di assetto urbanistico e di sviluppo socio economico, intervenuti nei precorsi vent’anni. Vari ampliamenti alla rete di fognatura bianca sono stati effettuati nelle frazioni del comune ed in particolare nelle zone di espansione artigianale-industriale esistenti a nord-est del centro cittadino. Si tratta nella maggior parte dei casi di reti finalizzate alla raccolta delle acque meteoriche distinte per ciascuna lottizzazione, recapitanti in fossati esistenti gestiti dai consorzi di bonifica.

La progressiva trasformazione delle zone da agricole a industriali, verificatasi specie nell’area a nord- est del centro urbano, ha modificato completamente il regime dei deflussi meteorici, incrementati in modo considerevole per effetto delle impermeabilizzazioni e della riduzione dell’invaso disponibile, creando significative situazioni di sofferenza idraulica. A tal fine risulta particolarmente importante il rispetto dell’invarianza idraulica per non aggravare ulteriormente la rete di collettori di fognatura bianca.

3.4 Caratteri dell’uso del suolo

La classificazione delle tipologie di uso del suolo e lo studio della loro distribuzione all’interno del territorio comunale sono riportati alla Figura 3.2 si sono ottenuti a partire dalla Carta della copertura del suolo a scala 1:10'000 realizzata dalla Regione Veneto. La legenda della carta della copertura del suolo è articolata su cinque livelli, in linea con la nomenclatura utilizzata nel progetto Corine Land Cover, anche se, a meri fini rappresentativi, le classi sono state accorpate al secondo livello.

Come si può notare il territorio comunale risulta particolarmente urbanizzato sia in conseguenza del centro urbano di Castelfranco Veneto, ormai quasi un tutt’uno con le frazioni, sia a seguito d’importanti poli industriali.

(18)

Figura 3.2: Inquadramento territoriale del Comune di Castelfranco Veneto.

(19)

3.5 Permeabilità dei suoli

Per la caratterizzazione pedologica dell’area si fa riferimento alla relazione geologica realizzata dal dott.

Geol. Marco Bernardi in merito alle analisi geognostiche eseguite nell’ambito di intervento.

Si riporta di seguito un estratto:

“Il terreno in esame fa parte di una vasta piana alluvionale di epoca quaternaria, è compreso nella media pianura veneta e si trova a un’altitudine di circa 42 m sul livello del mare.

Dal punto di vista geomorfologico l’ alta pianura veneta presenta in superficie lineamenti morfologici dolci e regolari, ed è costituita da una struttura derivata dalla sovrapposizione di una serie di cicli deposizionali di origine fluvioglaciale e alluvionale.

La deposizione dei materiali è stata determinata dalla granulometria degli stessi, nonché dalle correnti di deposizione del fiume Piave; si è creata quindi una classazione delle alluvioni, con a Nord nell’ alta pianura veneta depositi ghiaioso sabbiosi con ciottolame, mentre andando verso Sud la percentuale di materiale fine aumenta formando nella media pianura veneta lenti di sabbia intervallate da livelli argillosi variamente interdi gitati.

La natura litologica dei materiali ghiaiosi alluvionali del conoide dei fiumi Brenta e Piave rispecchia quella delle rocce affioranti nel bacino montano del corso d’ acqua: prevalgono, in conseguenza, elementi calcarei e dolomitici di color chiaro, accompagnati da qualche ciottolo basaltico, riferibile alle manifestazioni eruttive terziarie, e da qualche altro porfirico, legato a quelle triassiche. Sono, pertanto, terreni tipicamente permeabili per gli strati alternati e sovrapposti di ghiaie e sabbie, con limitati episodi di intercalazioni limo-argillose, a carattere di lenti.”

[…] “Con le prove penetrometriche effettuate non si è rilevata la presenza di acqua di falda nel sottosuolo fino a m 3,60 dal piano campagna: secondo la carta delle isofreatiche la falda freatica nei periodi invernali maggiormente piovosi può raggiungere -m 8,00 dal piano di campagna.”

OSCILLAZIONE DELLA SUPERFICIE FREATICA

[…] L’ escursione freatica della falda idrica superficiale nel sottosuolo del terreno in esame è valutabile dell’ordine di 4,0 m.

PERMEABILITÀ’ DEL SOTTOSUOLO

I materiali rilevati presentano indicativamente i seguenti coefficienti di permeabilità:

- ghiaia a matrice limoso sabbiosa a medio alta permeabilità k=5*10 exp-4 m/sec.

INTERAZIONE DELLA FALDA CON LE OPERE IN PROGETTO E VULNERABILITÀ’ DELL’ ACQUIFERO

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[…]Secondo I’ Art. 18 del PAT I’ area è classificata come ‘‘area con vulnerabilità dell’acquifero elevata”.

Si dovrà adempire a quanto previsto dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Tutela delle Acque, approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 107 del 05 novembre 2009.

3.6 Pluviometria

L’individuazione dei volumi necessari per il rispetto dell’invarianza idraulica rende necessaria l’analisi pluviometrica del sito oggetto di intervento. Recentemente l'Unione Veneta Bonifiche ha redatto uno studio pluviometrico relativo alla pianura veneta denominato “Analisi regionalizzata delle precipitazioni per l’individuazione di curve di possibilità pluviometrica di riferimento”. In esso sono contenute le elaborazioni dei dati di pioggia registrati dalle stazioni pluviometriche del comprensorio del Consorzio di bonifica Piave.

Facendo così riferimento allo studio sopra citato possiamo conoscere, fissato un determinato tempo di ritorno Tr, attraverso la relazione:

ℎ = !

(" + #)$∙ "

dove:

- t = durata della precipitazione espressa in minuti;

- a, b, c = parametri della curva forniti dalla elaborazione statistica in dipendenza della zona territoriale di riferimento e del tempo di ritorno assunto.

l’altezza di precipitazione che può essere uguagliata o superata per precipitazioni di durata “t”

mediamente una volta ogni Tr anni.

L’area oggetto di intervento ricade nella macro area Alto Sile – Muson nella quale è ubicato il Comune di Castelfranco Veneto (Figura 3.3).

Si riportano quindi in Tabella 3.1 i parametri della curva segnalatrice a tre parametri per tempi di ritorno da 2 a 200 anni.

(21)

Tabella 3.1: Valori dei parametri della curva di possibilità pluviometrica a tre parametri per l’area oggetto d’intervento

Alto Sile - Muson

a b c

2 19.3 9.6 0.828

5 24.9 10.4 0.827

10 27.7 10.8 0.820

20 29.7 11.0 0.811

30 30.6 11.2 0.805

50 31.5 11.3 0.797

100 32.4 11.4 0.785

200 32.9 11.5 0.772

Figura 3.3: Aree in cui è stato diviso il territorio del Consorzio di Bonifica Piave nell’ambito dello studio pluviometrico citato.

Seguendo le prescrizioni indicate all’Allegato A del DGRV n.2948 del 06 ottobre 2009, il tempo di ritorno a cui far riferimento per il dimensionamento delle opere di mitigazione è di 50 anni (Figura 3.4).

ℎ = 31.5

(" + 11.3)&.'*'∙ "

(22)

Figura 3.4: Curve di possibilità pluviometrica nelle aree Alto Sile – Muson

(23)

4 L

O C A L I Z Z A Z I O N E E D E S C R I Z I O N E D E L L

A R E A D

I N T E R V E N T O

4.1 Stato di fatto

Attualmente l’intero ambito d’intervento è caratterizzato da area libera sterrata.

In Tabella 4.1 ed in Figura 4.1 sono riportate le tipologie di superfici riscontrabili nell’ambito attuale.

Figura 4.1: Configurazione allo stato di fatto

(24)

Tabella 4.1 Tipologia ed estensione delle superfici attuali del lotto d’intervento.

Figura 4.2: Vista da interno lotto verso nord-ovest

4.2 Stato di progetto

La realizzazione del progetto di cui alla presente relazione prevede la realizzazione in un lotto di 5848 m2 di un capannone industriale per una superficie di circa 1000 mq. Intorno all’edificio verrà previsto uno spazio di deposito e manovra dei mezzi.

In Figura 4.3 sono riportate le tipologie di superfici riscontrabili nell’ambito oggetto di trasformazione e la loro rispettiva estensione.

Area effettiva (m q)

0 0

7061

0 0 7061 Superfici impermeabili (strade, piazzali, coperture..)

Fossati, corsi d'acqua, laghetti STATO DI F ATTO TI POLOGI A DI SUPERF I CI E

Totale Aree agricole

Superfici permeabili (area a verde)

Superfici semipermeabili ( grigliati drenanti con sottostante materasso ghiaioso, strade in terra battuta o stabilizzato...)

(25)

Figura 4.3: Configurazione allo stato di progetto: tipologia di superfici.

Si distinguono le superfici in base al punto di recapito come meglio descritto nel capitolo successivo. Le acque provenienti dalla copertura verranno inviate ai pozzi perdenti, mentre quelle provenienti dal piazzale avranno come recapito finale il fossato a cielo aperto. In Tabella 4.2 sono

(26)

riportate le tipologie di superfici riscontrabili nell’ambito oggetto di trasformazione distinte per punto di recapito e la loro rispettiva estensione.

Tabella 4.2: Tipologia ed estensione delle superfici di progetto del lotto d’intervento.

Area effettiva (m q)

0 402

0

5659 0 6061

Area effettiva (m q)

0 0 0 1000

0 1000 Fossati, corsi d'acqua, laghetti

Totale

RECAPITO AL FOSSATORECAPITO AI POZZI PERDENTI TI POLOGI A DI SUPERF I CI E

Aree agricole

Superfici permeabili (area a verde)

Superfici semipermeabili ( grigliati drenanti con sottostante materasso ghiaioso, strade in terra battuta o stabilizzato...)

Superfici impermeabili (strade, piazzali, coperture..) Superfici impermeabili (strade, piazzali, coperture..)

Fossati, corsi d'acqua, laghetti STATO DI PROGETTO TI POLOGI A DI SUPERF I CI E

Totale Aree agricole

Superfici permeabili (area a verde)

Superfici semipermeabili ( grigliati drenanti con sottostante materasso ghiaioso, strade in terra battuta o stabilizzato...)

(27)

5 P

O R T A T A S M A L T I B I L E A L L O S C A R I C O E I N D I V I D U A Z I O N E D E L P U N T O D I R E C A P I T O

In primo luogo, al fine di definire una soluzione progettuale idraulica, è fondamentale capire quali siano i punti di recapito. Presa come riferimento la carta delle geometrie rilevate del Piano delle Acque, si evince che l’area è posta tra due rami dello Scarico di Postioma. Sopralluoghi e rilievi eseguiti nel campo hanno consentito di individuare il tratto iniziale di una dorsale di fognatura di diametro posta lungo via dell’Economia e un fossato di medie dimensioni lungo via dell’Impresa nel quale si andrà a realizzare lo scarico. Il fossato è in buone condizioni di manutenzione e in condizioni ordinarie è pressochè vuoto pertanto è compatibile con lo scarico delle portate laminate dall’area di intervento.

Figura 5.1 Estratto dalla tavola delle geometrie rilevate del PdA di Castelfranco Veneto Area di

intervento

(28)

Figura 5.2 Estratto dalla tavola di rilievo della fognatura del PdA di Castelfranco

Area di intervento

(29)

Poiché le acque provenienti dalla copertura non necessitano di trattamento, queste ultime verranno separate dalle acque di dilavamento del piazzale e recapitate in pozzi perdenti posti sul perimetro dell’edificio. Tale soluzione permette di evitare la diluizione delle acque di dilavamento del piazzale da inviare a trattamento, migliorando l’efficacia dello stesso.

Sulla base quindi dei diversi recapiti si distinguono due superfici:

- Superficie della copertura pari a 1000 mq – recapito finale: pozzi perdenti;

- Superficie del piazzale e aree verdi pari a 6061 mq – recapito finale: fossato

Dal punto di vista idrogeologico in base a quanto riportato nel paragrafo 3.5 alla relazione geologica si evince come il lotto sia caratterizzato da una buona permeabilità (coefficiente di permeabilità pari a 5x10-4 m/s) e dalla presenza di falda profonda (> 8 m). Queste circostanze consentono di ritenere efficace l’utilizzo di pozzi perdenti.

Per quanto riguarda invece lo scarico in corpo idrico superficiale, poiché l’area di intervento non si trova entro aree a pericolosità idraulica, il coefficiente udometrico allo scarico è pari a 10 l/s ha.

La superficie che afferisce al fossato è pari a 6061 m2 pertanto la massima portata scaricabile in condizioni ordinarie è pari a 6.06 l/s.

Il progetto prevede pertanto un sistema di invaso in grado di accumulare i volumi in eccesso e un sistema di regolazione della portata in uscita. Nel caso specifico, poichè il dislivello tra il bacino di invaso e la quota di fondo del fossato lungo via dell’Impresa non permette lo scarico a gravità, la regolazione della portata in uscita sarà attuata dalla pompa di sollevamento a valle dell’invaso, tarata per scaricare una portata massima di 6.06 l/s.

Lo scarico delle acque depurate dall’impianto di prima pioggia viene effettuato nella condotta di fognatura nera presente lungo via dell’Economia (in allegato il parere preventivo favorevole allo scarico delle acque di prima pioggia espresso da ATS S.r.l. con Prot. 0029839/19 del 23/08/2019).

(30)

Figura 5.3 Scarico nel fossato esistente in progetto

(31)

Figura 5.4 Fossato di recapito - scheda monografica estratta dal PdA di Castelfranco Veneto

Figura 5.5 Fossato di recapito lungo via dell’Impresa

(32)

6 I

P O Z Z I P E R D E N T I

I dispositivi di smaltimento per infiltrazione nel primo sottosuolo possono essere ricavati con varie tecniche: i più diffusi in zona sono senza alcun dubbio i pozzi disperdenti, costituiti da elementi circolari prefabbricati, forati, di diametro 2 m, posti in opera con asse verticale fino ad un profondità dal piano campagna di circa 3-5 m, senza elemento di fondo, con riempimento laterale eseguito con materiale sciolto ad elevata pezzatura idoneo a garantire la massima permeabilità nell’intorno del pozzo.

Elevate infiltrazioni possono essere ricavate anche tramite appositi manufatti modulari realizzati in materiali plastici da ditte specializzate che consentono di creare strutture sotterranee portanti, tali da ricavare al loro interno volumi di laminazione e nello stesso tempo da consentire la dispersione dell’acqua su superfici permeabili molto ampie.

Nel caso in oggetto si è scelto di adottare quale metodo di infiltrazione facilitata nel sottosuolo i pozzi perdenti.

Molteplici sono le formule disponibili che consentono di valutare la portata dispersa per infiltrazione da parte di un pozzo perdente, attraverso parametri che permettono di tener conto della capacità di infiltrazione del terreno, della geometria della struttura, delle grandezze idrauliche in gioco.

Il calcolo della portata dispersa nel terreno da un pozzo perdente viene eseguito nell’ipotesi di un mezzo permeabile omogeneo e tenendo in considerazione il livello medio della falda freatica.

Il problema idraulico dei pozzi disperdenti con falda profonda può assimilarsi a quello utilizzato sperimentalmente per la deduzione dei coefficienti di filtrazione dei terreni in sito.

La portata di un pozzo perdente può essere valutata per mezzo della seguente formula:

, = -/02 Dove:

§ -: Coefficiente di permeabilità del suolo [m/s];

§ H: tirante idrico massima all’interno del pozzo perdente [m]

§ r: raggio interno del pozzo [m]

§ C: parametro ricavabile per mezzo della trattazione sperimentale ottenuta da Stephens e Neumann (1982) con

467/ = 0.658467 ;0

2 < − 0.398 log(0) + 1.105

(33)

Si adottano per il seguente progetto pozzi drenanti di profondità pari a 5.00 m e diametro pari a 2.00 m, alla luce anche della falda posta ad una profondità superiore agli 8.00 m dal piano campagna.

I dati di progetto risultano essere pertanto i seguenti:

§ r: 1.00 m

§ H: 4.00 m considerando il primo metro di profondità del pozzo non efficace

§ k: 5x10-4 m/s

§ C: 18.26

Si ottiene quindi una portata per singolo pozzo perdente pari a 36.52 l/s.

Per tenere conto degli effetti della riduzione della permeabilità che si hanno con il passare degli anni di utilizzo è buona norma ridurre tale capacità di portata del 30%. Si considera quindi una capacità di portata per singolo pozzo di 25.5 l/s

Verranno posti in opera n. 4 pozzi perdenti collocati ad una distanza di almeno 10.00 m l’uno dall’altro per ottimizzare il funzionamento.

La portata totale di infiltrazione è pertanto di 102 l/s e risulta più che sufficiente a smaltire la portata generata dalla copertura per un tempo di ritorno di 50 anni.

(34)

7 C

A L C O L O D E I V O L U M I D I C O M P E N S O

7.1 Premessa

In linea del tutto generale il rispetto dell’invarianza idraulica, nonché il contenimento delle portate uscenti dal bacino oggetto di intervento alla situazione ante progetto, può ottenersi secondo tre diverse modalità:

a. la riduzione della permeabilità delle superfici mediante l’impiego di tetti verdi, parcheggi drenanti, ecc;

b. il recupero di volumi compensativi mediante l’individuazione di invasi a cui affidare funzioni di laminazione delle piene;

c. il sovradimensionamento della rete di fognatura al fine di attribuire alle maggiori dimensioni la funzione di invaso distribuito in grado di laminare i picchi del colmo dell’onda di piena.

Queste diverse modalità, utilizzate anche contemporaneamente, debbono garantire il rispetto del principio dell’invarianza idraulica ovvero devono evitare un aggravio del rischio idraulico indotto dall’intervento di urbanizzazione.

All’Allegato A del DGRV n.2948 del 6 ottobre 2009 la norma definisce soglie dimensionali in base alle quali si applicano considerazioni differenti in relazione all’effetto atteso dall’intervento. La classificazione prevista è riportata nella successiva tabella:

Tabella 7.1 Classificazione dell’intervento secondo la DGRV n.2948 del 6 ottobre 2009

CLASSE D’INTERVENTO DEFINIZIONE

Trascurabile impermeabilizzazione potenziale Intervento su superfici di estensione inferiore a 0.1 ha

Modesta impermeabilizzazione potenziale Intervento su superfici comprese fra 0.1 e 1 ha Significativa impermeabilizzazione potenziale Intervento su superfici comprese fra 1 e 10 ha;

interventi su superfici di estensione oltre 10 ha con Imp < 0,3

Marcata impermeabilizzazione potenziale Intervento su superfici superiori a 10 ha con

Imp > 0,3

7.2 Calcolo della variazione delle superfici efficaci, determinazione dei deflussi e classificazione dell’intervento

Il calcolo dei volumi di compensazione necessita della stima della permeabilità media delle superfici nell’area di intervento per valutare la porzione di pioggia che viene naturalmente assorbita dal terreno e separarla quindi dalla porzione che giunge alla rete di collettamento. Questa caratteristica è espressa dal coefficiente di deflusso, che indica la frazione del volume di pioggia che viene immessa nella rete di fognatura o nella rete a cielo aperto, e in pratica consente di individuare

(35)

la superficie efficace, ovvero la porzione di superficie che effettivamente contribuisce a determinare i deflussi superficiali, separandoli dalla porzione che viene dispersa per infiltrazione nel terreno e quindi negli strati superficiali del sottosuolo.

Per individuare quanto l’intervento in progetto sia in grado di modificare il regime idraulico dell’area, il coefficiente di deflusso risulta un parametro fondamentale e determinante.

Una variazione del coefficiente di deflusso in aumento a seguito della maggiore impermeabilizzazione delle superfici di intervento determina un aggravio di volumi scaricati e un incremento delle portate di punta. Il principio di invarianza idraulica si pone proprio come obiettivo quello di mitigare tali aggravi prescrivendo interventi per la laminazione delle portate di piena mediante realizzazione di volumi di invaso e di manufatti di controllo delle portate scaricate.

La D.G.R.1841/2007 e s.m.i. definisce i valori guida da utilizzare per i coefficienti di deflusso come riportati alla successiva Tabella 7.2

Tabella 7.2 Coefficienti di deflusso suggeriti dalla D.G.R. 1841/2007.

Superficie Coefficiente di deflusso φ

Aree agricole 0.10

Aree verdi (giardini) 0.20

Aree semi permeabili (grigliati drenanti) 0.60 Aree impermeabilizzate (tetti, strade, terrazze) 0.90

Nel caso in esame la variazione della superficie efficace è desumibile per differenza tra i valori stimati prima e dopo l’intervento e sinteticamente riassunti in tabella. Il coefficiente di deflusso medio pesato su tutta l’area di intervento viene stimato sulla base della suddivisione in aree caratterizzate da coefficiente di deflusso omogeneo:

å å

×

=

i i i

A j A j

(36)

7.2.1 Calcolo del coefficiente di deflusso nello stato di fatto e nello stato di progetto

Facendo riferimento a quanto esposto nei paragrafi 4.1 e 4.2 per quanto concerne le tipologie di superfici riscontrabili, in Tabella 7.3 sono riportati i coefficienti di deflusso attribuiti ad ogni tipologia di superficie allo stato di fatto, mentre in Tabella 7.4 i coefficienti per la configurazione di progetto.

(37)

Tabella 7.3 Calcolo coefficiente di deflusso medio nella configurazione attuale.

Tabella 7.4 Calcolo coefficiente di deflusso medio nella configurazione di progetto

ϕ Area

effettiva

Area efficace

0.1 0 0

0.2 0 0

0.6 7061 4237

0.9 0 0

1 0 0

0.60 7061 4237

STATO DI F ATTO TI POLOGI A DI SUPERF I CI E

Superfici impermeabili (strade, piazzali, coperture..)

Totale Aree agricole

Superfici permeabili (area a verde) Superfici semipermeabili ( grigliati drenanti con sottostante materasso ghiaioso, strade in terra battuta o

stabilizzato...)

Fossati, corsi d'acqua, laghetti

ϕ Area

effettiva

Area efficace

0.1 0 0

0.2 402 80

0.6 0 0

0.9 5659 5093

1 0 0

0.85 6061 5174

ϕ Area

effettiva

Area efficace

0.1 0 0

0.2 0 0

0.6 0 0

0.9 1000 900

1 0 0

0.90 1000 900

RECAPITO AI POZZI PERDENTI TI POLOGI A DI SUPERF I CI E Aree agricole

Superfici permeabili (area a verde) Superfici semipermeabili ( grigliati drenanti con sottostante materasso ghiaioso, strade in terra battuta o

Superfici impermeabili (strade, piazzali, coperture..) Fossati, corsi d'acqua, laghetti

Totale

STATO DI PROGETTO TI POLOGI A DI SUPERF I CI E

RECAPITO AL FOSSATO

Superfici impermeabili (strade, piazzali, coperture..)

Totale Aree agricole

Superfici permeabili (area a verde) Superfici semipermeabili ( grigliati drenanti con sottostante materasso ghiaioso, strade in terra battuta o

stabilizzato...)

Fossati, corsi d'acqua, laghetti

(38)

Sulla base dei parametri sopra riportati è stato stimato il coefficiente di deflusso medio delle due superfici di progetto, distinte in base al punto di recapito (fossato o pozzi perdenti).

7.2.2 Classificazione dell’intervento

Sulla base della Tabella 7.1 il progetto in parola ha la caratteristica di un intervento di modesta impermeabilizzazione potenziale. L’allegato A alla Dgr 2948/2009 prevede che in questi casi “nel caso di modesta impermeabilizzazione, oltre al dimensionamento dei volumi compensativi cui affidare funzioni di laminazione delle piene è opportuno che le luci di scarico non eccedano le dimensioni di un tubo di diametro 200 mm e che i tiranti idrici ammessi nell’invaso non eccedano il metro”.

Sulla base delle indicazioni riportate nell’articolo 54 punto 16 delle norme idrauliche del PI, dato che l’intervento supera i 1000 m2 di superficie impermeabilizzata, si ritiene necessaria la verifica di compatibilità idraulica, redatta in conformità alla DGR n. 2948/2009, da allegarsi alla richiesta di parere al Consorzio di Bonifica Piave, completa di elaborati di progetto che evidenzino le superfici interessate da impermeabilizzazione, il sistema di raccolta e scarico delle acque meteoriche, relazione idraulica, valutazione dei dispositivi di compensazione idraulica adottati, nel rispetto dei criteri esposti nelle Norme Tecniche allegate al PI.

7.3 Determinazione del volume di invaso

I volumi di invaso che dovranno essere recuperati nell’ambito di intervento derivano dal rispetto della DGRV 2948/2009 e quindi sono conseguenti alla variazione del coefficiente di deflusso dell’area di intervento.

7.3.1 Calcolo del volume di invaso con il metodo delle sole piogge

7.3.1.1 Superfici con recapito nel fossato

Il metodo delle sole piogge si basa su un puro bilancio dei volumi entranti dati dagli afflussi meteorici e dei volumi uscenti dal sistema dati dalla portata imposta allo scarico.

Si riportano nella tabella seguente i risultati del calcolo per la sola porzione di area di intervento con recapito nel fossato (è esclusa quindi la copertura)

Si dovrà quindi reperire un volume di 395 mc corrispondente ad una pioggia critica di 5.3 ore con tempo di ritorno di 50 anni.

(39)

Tabella 7.5 Calcolo del volume di invaso con il metodo delle solo piogge per il solo piazzale

Superficie considerata S 6061 mq

Coefficiente di deflusso medio ponderato ϕ 0.85

Superficie utile al deflusso S x ϕ 5174 mq

Coefficiente udometrico allo scarico u 10 l/s ha

Portata massima allo scarico Q uscita 6.06 l/s

395

mc

651.50 mc/ha

Altezza di pioggia

V olum e entrante specifico

V olum e uscente specifico

V olum e critico specifico

min ore mm mc/ha mc/ha mc/ha

5 0.08 17 145 3 142.35

15 0.25 35 298 9 288.81

30 0.50 49 416 18 397.68

45 0.75 57 487 27 460.09

60 1.00 63 538 36 502.01

80 1.33 69 589 48 541.04

100 1.67 74 629 60 568.77

120 2.00 77 661 72 589.42

140 2.33 81 689 84 605.20

160 2.67 84 713 96 617.45

180 3.00 86 735 108 627.02

200 3.33 88 754 120 634.46

220 3.67 90 772 132 640.19

240 4.00 92 789 144 644.51

260 4.33 94 804 156 647.65

280 4.67 96 818 168 649.77

300 5.00 97 831 180 651.01

320 5.33 99 843 192 651.50

340 5.67 100 855 204 651.31

360 6.00 102 867 216 650.53

380 6.33 103 877 228 649.21

400 6.67 104 887 240 647.41

420 7.00 105 897 252 645.18

440 7.33 106 907 264 642.56

Tem pi di pioggia

PRECIPI TAZ I ON I CALCOLO V OLUMI

VOLUMI COMPENSATIVI DATI INTERVENTO

V OLUME DI I N V ASO RI CH I ESTO VOLUME DI INVASO SPECIFICO

(40)

7.3.1.2 Superfici con recapito nei pozzi perdenti

L’articolo 54 delle Norme tecniche allegate al PI del comune di Castelfranco prescrive che:

“una parte delle acque meteoriche in eccesso (fino al 50% della maggior portata generata da piogge con Tr=50 anni e fino al 75% per le piogge con Tr=100 anni in collina e montagna e con Tr=200 anni in pianura), qualora il terreno risulti sufficientemente permeabile e la falda freatica sufficientemente profonda, può essere smaltita tramite sistemi di infiltrazione nel sottosuolo. I pozzi disperdenti andranno previsti nel numero di n. 1 ogni 500 m² di superficie impermeabilizzata, avranno diametro interno minimo 2 m e profondità 5 m, purché esista un franco di almeno di 2 m tra il fondo del pozzo e la falda, con riempimento laterale costituito da materiale sciolto di grande pezzatura. I pozzi andranno di diametro 200 cm e profondi 3 m nella misura di 1 ogni 500 mq di superficie impermeabilizzata, o in alternativa di diametro 200 cm e profondi 5 m nella misura di 1 ogni 1000 mq di superficie impermeabilizzata, purchè esista un franco di almeno 2 m tra il fondo del pozzo e la falda, con distanza reciproca non inferiore a 20 m, che permettono di ridurre del 50% i suddetti valori di volumi di invaso da adottare per le opere di laminazione.”

Il numero di pozzi previsto in rapporto alla superficie impermeabilizzata della copertura rispetta le prescrizioni contenute nelle Norme tecniche allegate al PI. Il volume di invaso pari al 50% della maggior portata generata da piogge con Tr=50 anni relativa alla sola copertura verrà recuperato nel bacino di invaso in progetto. Considerato il volume compensativo minimo per aree a destinazione produttiva pari a 700 mc/ha il volume compensativo da realizzarsi per la sola copertura, è pari a:

Vcompensativo= 700 x 0.5 x S In cui S è la superficie efficace della copertura

Nel caso in oggetto si ha:

Vcompensativo= 700 x 0.5 x 0.09=31.50 mc Si riporta di seguito una tabella di riepilogo:

(41)

7.3.2 Volume totale da invasare nell’ambito di intervento

In conclusione:

· Il volume da recuperare relativo alla superficie con recapito finale nel fossato è pari a 395 mc;

· Il volume da recuperare relativo alla superficie della copertura è pari a 31,5 mc

· Il volume complessivo che deve essere garantito nell’ambito di intervento è pari alla somma dei due contribuiti precedentemente elencati e quindi uguale a 426 mc

S 1000 mq

ϕ 0.90

S x ϕ 900 mq

4

26 l/s

u 1020 l/s ha

Q uscita 102.00 l/s

V min 31.50 mc

Superficie considerata

Coefficiente di deflusso medio ponderato Superficie utile al deflusso

N° pozzi

Portata dispersa unitaria

Coefficiente udometrico allo scarico Portata massima allo scarico

Volume minimo da invasare (700 mc/ha x 0.5 x Superficie efficace)

DATI INTERVENTO

(42)

8 R

E P E R I M E N T O D E I V O L U M I D I I N V A S O

L’invaso calcolato verrà garantito mediante la realizzazione di un volume interrato con scatolari di dimensioni interne 400x200 cm per una lunghezza di 59 m.

Imponendo una pendenza minima di posa per evitare il ristagno idrico pari a 5 cm su 100 m e un grado di riempimento massimo del 92% si ha un volume complessivo di 431 mc, maggiore quindi di quello richiesto.

Lo svuotamento della vasca avverrà tramite un impianto di sollevamento alloggiato in un pozzetto comunicante con la vasca ma a quota inferiore. Il sollevamento sarà costituito da due pompe, di cui una di riserva (verranno fatte funzionare in maniera alternata), in grado di scaricare una portata massima di 6.06 l/s ovvero quella imposta allo scarico. Le valvole di controllo del sollevamento saranno alloggiate in un pozzetto facilmente ispezionabile.

Sulla parete terminale della vasca verrà realizzato uno sfioratore di troppo pieno mediante l’inglobamento nel getto del muro di 12 tubazioni in PVC Ø160 mm.

Lo sfioratore entra in funzione in condizioni di emergenza, di malfunzionamento dell’impianto di sollevamento o per eventi meteorici con tempo di ritorno maggiore di 50 anni ed è dimensionato per scaricare la massima portata di progetto prodotta dall’intera superficie di intervento.

Attribuito un tempo di corrivazione per l’intera area di circa 12 minuti in base al percorso necessario all’acqua per raggiungere la rete di condotte, alla lunghezza della rete di drenaggio e alla velocità all’interno delle condotte la portata massima è stata stimata pari a 220 l/s.

Tale portata viene scaricata tramite lo sfioro di troppo pieno sopra descritto e convogliata entro una condotta di scarico diam. 500 mm fino ad un pozzetto di ispezione e da qui al fosso di recapito.

Per i dettagli si veda la tavola dei particolari di cui si riporta sotto un estratto.

(43)

Figura 8.1 Estratto dalla planimetria di progetto con individuazione della vasca di invaso interrata

(44)

Figura 8.2 Particolare sfioratore di emergenza – pianta

Figura 8.3 Particolare sfioratore di emergenza - sezione

(45)

9 S

C H E M A D E L L A R E T E

Il progetto prevede:

- la posa di una rete di raccolta e collettamento delle acque meteoriche del piazzale e di tutte le aree pavimentate tramite caditoie, canalette grigliate e tubazioni di diametro massimo 400 mm confluente in un unico pozzetto scolmatore;

- la realizzazione di un sistema di smaltimento delle acque meteoriche dalla copertura separata da quella del piazzale che scarica in 4 pozzi perdenti posti sul perimetro dell’edificio. I pozzi perdenti avranno profondità di 5 m e diametro di 2 m.

- la posa di un pozzetto scolmatore per la separazione delle acque di prima pioggia da quelle di seconda pioggia;

- la posa di una vasca di accumulo per lo stoccaggio della prima pioggia, seguita da un disoleatore, lo scarico delle acque depurate viene effettuato nella condotta di fognatura nera presente lungo via dell’Economia (in allegato il parere preventivo favorevole allo scarico delle acque di prima pioggia espresso da ATS S.r.l. con Prot. 0029839/19 del 23/08/2019);

- la realizzazione di una vasca di invaso delle acque di seconda pioggia mediante la posa di scatolari di dimensioni interne 400x200 cm per una lunghezza di 59 m per un volume utile complessivo di 431 mc;

- la realizzazione di una piccola stazione di sollevamento costituita da due pompe, di cui una di riserva, da utilizzare alternativamente, in grado di sollevare una portata massima di 6.06 l/s;

- la realizzazione di uno sfioratore di emergenza sulla parete terminale dello scatolare in grado di smaltire la massima portata di progetto prodotta dalla superficie di intervento;

- la posa di un disoleatore con funzionamento in continuo con portata nominale pari a 6 l/s in grado di trattare le acque di seconda pioggia provenienti dall’invaso;

- la posa di una condotta di scarico diam. 500 fino al fosso di recapito in grado di smaltire la portata massima di progetto. Nel punto di scarico, le sponde e il fondo del fossato dovranno essere rivestiti con pietrame per prevenirne l’erosione.

Le acque di prima pioggia vengono inviate alla vasca di accumulo per il trattamento della prima pioggia, una volta terminato il volume utile della vasca la valvola a clapet con galleggiante posta all’imbocco si chiude. Il livello d’acqua nel pozzetto scolmatore cresce e si attiva pertanto lo sfioro delle acque di seconda pioggia nella vasca di invaso. Le acque meteoriche vengono sollevate dalla vasca di invaso ad un pozzetto di calma tramite la pompa

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ad una portata pressochè costante e pari alla massima imposta allo scarico, da qui vengono immesse per gravità nel disoleatore in continuo e quindi nella tubazione di scarico per l’invio al fossato di recapito finale.

Figura 9.1 Planimetria di progetto

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Figura 9.2 Particolare pozzetto scolmatore

Figura 9.3 Particolare 1 – Pozzetto scolmatore

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Figura 9.4 Schema di dettaglio trattamenti e scarico

Figura 9.5 Particolare 2 - Trattamento di seconda pioggia e sollevamento – pianta

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Figura 9.6 Particolare 2 - Trattamento di seconda pioggia e sollevamento - sezione

Figura 9.7 Particolare 3 - Trattamento di prima pioggia – pianta

Figura 9.8 Particolare 3 Trattamento di prima pioggia - sezione

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Figura 9.9 Disposizione planimetrica pozzi perdenti

Figura 9.10 Particolare pozzi perdenti

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1 0 T

R A T T A M E N T O D E L L E A C Q U E

Come richiamato nel paragrafo 2.2.2 le caratteristiche dell’attività che avrà luogo nell’ambito di intervento richiedono la definizione di misure per la tutela qualitativa delle acque di scarico, in particolare si prevede:

- il trattamento delle acque di prima pioggia per il rispetto dei limiti previsti dalla Tab.

3 dell’allegato 5 del D.Lgs 152/06 e s.m.i. per scarico in fognatura;

- il trattamento delle acque di seconda pioggia per il rispetto dei limiti previsti dalla Tab.

3 dell’allegato 5 del D.Lgs 152/06 e s.m.i. per scarico in corpo idrico superficiale.

Il sistema di trattamento per acque di prima pioggia è costituito da una o più vasche monoblocco prefabbricate in cemento armato a perfetta tenuta idraulica, nelle quali si svolgono le seguenti fasi di trattamento:

· accumulo delle acque di prima pioggia;

· separazione delle acque di prima pioggia da quelle successive

· sollevamento

· disoleazione gravimetrica (<NS5)

· filtrazione a coalescenza

· scarico delle acque depurate

Per convenzione e per normativa, l’acqua di prima pioggia corrisponde alla prima parte (i primi 15 minuti) di un evento meteorico che insiste su una superficie pavimentata.

Per il dimensionamento della vasca si considera un’altezza d’acqua pari a 5 millimetri, uniformemente distribuita sull’intera superficie scolante di riferimento. Sempre per normativa, per

“evento meteorico” si intende una precipitazione atmosferica distanziata da un intervallo di almeno 48 ore di tempo asciutto rispetto alla precipitazione successiva.

Il volume d’acqua di 1° pioggia viene quindi stoccato in una o più vasche a perfetta tenuta stagna, ed entro un periodo di 48 ore viene trasferito per mezzo di un’elettropompa sommersa allo stadio di trattamento successivo (nel caso in oggetto un separatore per liquidi leggeri di classe I).

Qualora durante lo svuotamento del bacino di accumulo ricominciasse l’attività precipitativa, un sensore di rilevamento della ripresa dell’evento meteorico darà un opportuno segnale al quadro elettrico di comando inibendo l’azione della pompa di scarico, e determinando così il reset del ciclo di funzionamento.

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