FIMMG
PER UNA RIFORMA DELLA MEDICINA GENERALE
Indice
Introduzione: dalla pandemia alla riorganizzazione
La Medicina Generale è un LEA
Fiduciarietà e Convenzione
Professionalismo
Autonomia organizzativa e Associazionismo
Prossimità, Capillarità e Sostenibilità Ambientale
Innovazione
La PROPOSTA
Appendice: la Formazione Specifica
Introduzione: dalla pandemia alla riorganizzazione
La pandemia, in questo lungo periodo emergenziale, ha evidenziato tutti i limiti dell’organizzazione del sistema di Cura nel nostro paese che da tempo richiede una profonda riforma di sistema.
In questo contesto si sono acuite tutte le difficoltà che i professionisti della salute, in particolare i medici, incontrano nel garantire l’assistenza ai cittadini.
La Riforma sollecitata dalla FNOMCeO e sottoscritta da FIMMG “con l’obiettivo di richiamare l’attenzione del Governo e della politica sulla urgenza di una riforma strutturale di filiera del Servizio Sanitario Nazionale soprattutto oggi in cui la pandemia ha rivoluzionato le dinamiche assistenziali di ogni ambito in cui la Professione si trova a operare, evidenziandone criticità̀ e limiti”.
I medici, in particolare i medici di famiglia, si sono fatti carico con sacrificio, generosità e senso di responsabilità di garantire l’assistenza ai cittadini in un contesto organizzativo e logistico condizionato da anni di disinvestimento sul sistema salute del nostro paese ed in particolare sulle cure territoriali.
FIMMG condivide e sostiene l’obiettivo della “questione medica”, esclusa dal PNRR che non investe sui professionisti bensì esclusivamente sulle strutture edilizie.
L’esperienza della pandemia, come tutte le grandi crisi, è oggi una grande opportunità perché si realizzi l’evoluzione delle cure territoriali ed in modo particolare della Medicina Generale.
Il PNRR, nel definire la riorganizzazione delle strutture territoriali, dovrebbe avviare nel nostro Paese la discussione sull’evoluzione dell’intero sistema di cura territoriale che deve avere per la Medicina Generale come punto di riferimento i concetti imprescindibili di
• fiduciarietà
• professionalismo
• autonomia organizzativa e associazionismo
• prossimità, capillarità e sostenibilità ambientale
• innovazione
Il mutare del contesto socio-demografico ed epidemiologico, l’invecchiamento della
popolazione, l’innovazione tecnologica e diagnostica, rendono indispensabile
l’adeguamento dello standard organizzativo della Medicina Generale.
Recentemente (maggio 2019), l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha sottolineato i reali "punti di debolezza" delle Cure Primarie e con esse anche della Medicina Generale che sinteticamente possiamo raggruppare in quattro aree: Risorse, Organizzazione, Incentivi, Valutazione. Questo è il perimetro del "potenziamento" delle Cure Primarie e della Medicina Generale. È su queste quattro aree che va concentrata l'attenzione e aperto il confronto per trasformare, attraverso una più robusta Medicina Generale, i Sistemi Sanitari più inclusivi, sostenibili e performanti. Gli argomenti qui proposti si inscrivono alla luce di queste quattro prospettive
La Medicina Generale è un LEA
L’esperienza della pandemia ha evidenziato le problematiche legate soprattutto alla frammentazione di alcune aree strategiche.
Le Case di Comunità possono rappresentare indubbiamente un’ulteriore opportunità solo se realizzeranno un’offerta assistenziale integrativa e non sostitutiva nel sistema attuale delle cure territoriali, opportunità che solo in questo modo sarà di potenziamento come sembra dichiarare politicamente l’investimento del PNRR.
Integrare nella Casa di Comunità il primo punto di accesso, la struttura burocratica amministrativa, la tecnostruttura, le specialità, non può certo migliorare l’accesso al servizio, quanto renderlo sempre più distante dai bisogni quotidiani e “generalistici”
dei cittadini.
Un approccio ideologico, teorico, senza alcuna chiarezza circa il ruolo che si svolgerebbe all’interno, ha larghi margini di incertezza circa l’effettiva efficacia e sostenibilità.
La Medicina Generale è e resta la risposta a questo fondamentale problema,
rappresentando un sistema di “sanità diffusa” vicina alle persone sia in termini fisici
sia di adeguatezza alle richieste. Basti pensare che oggi, in 60.000 studi medici
diffusi in tutto il Paese, partecipa sostanzialmente a tutte le attività distrettuali
extra-ospedaliere considerate di integrazione ospedale-territorio e si occupa di
rispondere alla quasi totalità (97,4%) di richieste di consultazione di un medico fatte
dagli italiani (circa 513 milioni, dati del 2018 oggi cresciuti); gli accessi ai 740 PS in
Italia nel 2018 sono stati 14.433.427 (2,6%). I numeri ci dicono che le prestazioni di
primo livello erogate sul territorio sono talmente superiori da poter affermare che
gli accessi impropri al PS non possono essere attribuibili ad una carente risposta da
parte del territorio. Il problema del Pronto soccorso è strettamente legato alla
difficoltà di assorbire tutte le persone che si rivolgono ad esso in modo appropriato e che non trovano posto successivamente al primo soccorso nelle sedi adeguate (SIMEU, 2015). Va poi considerato che la difficile situazione economica del Paese orienta spesso molti cittadini a rivolgersi al PS per ottenere prestazioni gratuite che in altre sedi rappresenterebbero costi che il paziente non può sostenere.
Appare evidente che tale riforma necessiti di strumenti di relazione tra i professionisti collegati a obiettivi di salute tali da rendere la fornitura dei servizi omogenea e garantita a tutti i cittadini, a prescindere dalle caratteristiche geografiche o di logistica, sia attraverso la rete diffusa (spoke della medicina di famiglia) sia con l’integrazione nelle Case di Comunità.
Dal 1978 ad oggi poco o nulla è stato fatto, nonostante molto sia stato scritto e molto sperimentato, per rendere la medicina generale un LEA pienamente realizzato in termini di accessibilità, fruibilità, riconoscibilità del servizio ed omogeneità delle prestazioni erogate.
Tutto questo non si è concretizzato per:
⮚ Risorse economiche insufficienti a garantire uno standard uniforme a tutti i cittadini, a partire dai “tetti”
1che limitano l’organizzazione in associazione (medicine in rete o di gruppo), personale amministrativo e sanitario di supporto.
⮚ Compenso sbilanciato verso la quota capitaria fissa rispetto alla valorizzazione della performance e del raggiungimento di obiettivi di salute.
⮚ Contrattazione decentrata eccessivamente disomogenea negli obiettivi e nelle risorse investite.
⮚ Rallentamento dei rinnovi contrattuali, che fissano l’ultimo vero Accordo
“innovativo” al lontanissimo anno 2005.
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