Sussidio Didattico
Ricerca sulle norme e sugli strumenti
adottati dagli stati
europei a sostegno
del Volontariato.
Il presente documento è stato realizzato nell’ambito del progetto: “Europa e Volontariato.
Percorso di valorizzazione del volontariato come contributo per rafforzare una concreta cittadinanza attiva”, Cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Associazionismo Sociale, L. 383/2000 art. 12 lettera D) anno finanziario 2009
La realizzazione della presente ricerca è stata affidata da FOCSIV a SOLIDARETE (www.solidarete.net)
Contatti:
Donato Argentiero ([email protected])
Pubblicato da FOCSIV, Via San Francesco di Sales, 00165, Roma, Italia Il documento è disponibile sul sito
www.focsiv.it
Impaginazione ed editing: Donato Argentiero
FOCSIV è la più grande Federazione di Organismi di Volontariato Internazionale di ispirazione cristiana presente in Italia. Oggi ne fanno parte 65 Organizzazioni, che contano 7.624 Soci, 490 gruppi d'appoggio in Italia e oltre 60.000 persone tra aderenti e sostenitori. Sono oltre 1.000 i volontari espatriati nei nostri 660 progetti di sviluppo e circa 6.000 gli operatori locali.
In Italia più di 5.000 volontari collaborano alle iniziative promosse sui territori e nella gestione dei progetti nei PVS. Impegnata dal 1972 nella promozione di una cultura della mondialità e nella cooperazione con le popolazioni dei Sud del mondo, FOCSIV contribuisce alla lotta contro ogni forma di povertà e di esclusione, all’affermazione della dignità di tutto l'uomo e di tutti gli uomini, alla tutela e promozione dei diritti umani e alla crescita delle comunità e delle istituzioni locali, in coerenza con i valori evangelici e alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Dalla sua nascita FOCSIV, con i suoi 65 Soci, ha impiegato oltre 16.000 volontari che hanno messo a disposizione delle popolazioni più povere il proprio contributo umano e professionale. Si tratta di un impegno concreto e di lungo periodo in progetti di sviluppo nei settori socio-sanitario, agricolo, educativo-formativo, di difesa dei diritti umani e rafforzamento istituzionale.
IN QUESTO DOCUMENTO IN QUESTO DOCUMENTO Nota metodologica e Presupposti
Nota metodologica e Presupposti 4 4
Il perché della Ricerca 4
Le fonti utilizzate 4
Finalità e Obiettivi 5
Introduzione e Contesto Europeo
Introduzione e Contesto Europeo 6 6
Il Volontariato 6
Il Volontariato in Europa 7
Blocchi Paese: Inquadramento generale
Blocchi Paese: Inquadramento generale 8 8
Lente di Ingrandimento
Lente di Ingrandimento 9 9
Il blocco Anglosassone 9
Inghilterra 9
Svezia 12
Danimarca 16
Il blocco Mediterraneo 20
Italia 20
Francia 26
Spagna 31
I paesi dell’Est 36
Polonia 36
Romania 41
Bosnia Herzegovina 46
Conclusioni
Conclusioni 47 47
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Nota metodologica e Presupposti Il perché della Ricerca
Il Volontariato Internazionale di ispirazione cristiana, nei suoi 40 anni di vita, ha sempre accompagnato l’impegno concreto con una attenta riflessione interna per interrogarsi sul modo di incarnare, alla luce dei segni dei tempi, i principi ispiratori della sua azione.
Questa la ragione per la quale in diverse occasioni sono stati prodotti documenti, frutto dell’analisi del contesto interno ed esterno e del confronto con i valori fondanti il volontariato, che fungessero da guida e riflessione nell’operatività e nell’indirizzo di strategie da attivare.
Si tratta di documenti che segnano la storia della Federazione e che devono essere presi in considerazione ogniqualvolta venga avviata una nuova riflessione: la continuità e il recupero storico di problematiche e di scelte passate costituiscono un prezioso patrimonio che rafforza la nostra specificità e che aiuta ad affrontare in modo efficace le attuali istanze.
Se vogliamo che la nostra solidarietà internazionale continui ad essere efficace, i principi che hanno ispirato la nascita della Federazione necessitano di una continua rilettura per non dare risposte obsolete alle istanze poste dal progressivo mutamento della realtà mondiale e dalla complessità dei rapporti fra i popoli in un tempo di globalizzazione.
In questo contesto la dimensione europea del nostro agire riveste un’enorme importanza considerando che solo attraverso un pieno, cosciente e consapevole impegno delle popolazioni del Nord del mondo sarà possibile avere un cambiamento delle attuali condizioni di vita di molta gente del Sud del mondo.
La FOCSIV, in occasione dell’anno europeo del volontariato, vuole contribuire ad accrescere la consapevolezza dei cittadini sulle opportunità di impegno che i singoli paesi dell’unione offrono loro per concretizzare il proprio impegno nelle esperienze di volontariato.
Per rispondere a questa esigenza si è avviata una ricerca che analizzasse e raccogliesse le leggi, le norme e gli strumenti adottati dagli stati dell’Unione Europea a sostegno delle esperienze di volontariato.
La presente ricerca si inserisce quindi in un percorso di riflessione e riattualizzazione del Volontariato, che la Focsiv sta realizzando nel corso del 2011 grazie ad un progetto dal titolo “ Europa e Volontariato. Percorso di valorizzazione del volontariato come contributo per rafforzare una comune cittadinanza attiva”, cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali attraverso la legge sull’associazionismo sociale (L. 383/2000, art. 12 lettera d, anno finanziario 2009).
Le fonti utilizzate
La presente ricerca è stata affidata da FOCSIV a Solidarete.
In termini metodologici, la ricerca è stata svolta partendo dallo studio di documenti disponibili su diversi siti legati alla comunità europea e alla legislazione sull’associazionismo, e all’analisi dei siti dell’anno europeo dedicati al volontariato.
Per citarne alcuni:
¾ http://www.cedag-eu.org/,
¾ http://ec.europa.eu/citizenship/focus/focus840_en.htm,
¾ http://www.eyv2011.eu/.
¾ http://ec.europa.eu/citizenship/news/news1015_en.htm
Per l’analisi dei singoli paesi, si è tenuto conto dei report dell’Unione europea in materia di volontariato al fine di mantenere un medesimo approccio.
L’Unione Europea lanciò alla fine del 2008 uno studio sul volontariato per avviare alcune riflessioni in merito al volontariato all’interno dell’Unione e alla possibile preparazione
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dell’anno europeo del volontariato. Lo studio aveva lo scopo di aiutare la Commissione a prendere in considerazione alcune modalità per promuovere il settore del volontariato a livello europeo e a raggiungere gli obiettivi strategici più ampi definiti per esempio dall’agenda sociale e dalla strategia di Lisbona.
In particolare, dallo studio dei singoli paesi si riportano le parti relative alla descrizione storica del volontariato, quindi, dalla nascita allo sviluppo del volontariato per comprendere le ragioni della diversificazione stessa del volontariato da paese a paese e da cultura a cultura.
Successivamente si prende in considerazione la parte legislativa, laddove è presente o, qualora non esista un quadro formale, altri riferimenti legislativi che vi si possano riferire e prendere in considerazione; infine, alcuni spunti di riflessione per ulteriori e future sfide per il volontariato.
Altri documenti di studio da cui sono stati presi elementi di sintesi e riflessioni più generali sono alcuni articoli in materia:
¾ The International Journal of Not-for-Profit Law,Volume 9, Issue 3, A Comparative Analysis of the European Legal Systems and Practices Regarding Volunteering, Katerina Hadzi-Miceva;
¾ Volunteering in the European Union, Educational, Audiovisual & Culture Executive Agency (EAC-EA), Directorate General Education and Culture (DG EAC), Final Report submitted by GHK, 17 February 2010.
Infine, dallo studio di tali documenti vengono tratte le conclusioni che intendono mettere in evidenza le sfide future o le piste su cui l’Europa maggiormente può lavorare al fine di raggiungere un sistema legislativo omogeneo, efficace e significativo per la società civile e l’intera comunità europea.
All’inizio di questa ricerca va sottolineato come il termine volontariato abbia varie interpretazioni nei diversi paesi europei e pertanto diversi approcci e diverse forme normative, tanto da rendere difficile una ricerca univoca sulle leggi relative al volontariato in ciascun paese. In particolare, il termine volontariato può riferirsi a più settori e quindi, a seconda dell’interpretazione, a diversi quadri giuridici: ad esempio, associazionismo, servizio civile nazionale, volontariato internazionale, lavoro volontario, servizio sociale, welfare. Occorre sottolineare, tuttavia, che sebbene vi sia questa diversa accezione formale riguardo il volontariato molti paesi sviluppano le proprie politiche economiche e sociali su nuove risorse, tra cui proprio il volontariato. Questo tipo di risorsa è però particolarmente difficile da gestire.
E’ certo però che ci si riferisce, come definizione minima, a persone che offrono il loro tempo, denaro e capacità a qualcosa in cui credono. La legislazione sul volontariato, a motivo di questa difficoltà di definizione e di interpretazione, non è uniforme né tanto meno presente in tutti gli stati membri. Vi sono condizioni diverse che riguardano ciascun paese che vanno prese pertanto n considerazione.
Finalità e Obiettivi
L’obiettivo di questa ricerca è quello di esaminare le motivazioni per la regolamentazione del volontariato al fine di fornire una panoramica dei principi che dovrebbero ispirare qualsiasi quadro di riferimento per iniziative di volontariato.
Inoltre, verranno esaminate alcune questioni giuridiche che riguardano il volontariato, evidenziate le raccomandazioni sviluppate da esperti internazionali ed alcuni esempi di come alcune leggi hanno definito e regolamentato le attività di volontariato.
L’auspicio che noi nutriamo è che il confronto e l’analisi delle norme dei diversi paesi possa aiutare i governi nazionali ed i responsabili politici ad adottare politiche ottimali per consentire e massimizzare il potenziale del volontariato a livello europeo.
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Introduzione e Contesto Europeo Il Volontariato
Il volontariato è una parte essenziale di ogni società contemporanea. Attraverso il volontariato i cittadini contribuiscono in modo significativo allo sviluppo sociale ed economico delle loro comunità. In più, espandono l’influenza e la capacità delle organizzazione della società civile e al tempo stesso sviluppano le proprie competenze. Questi contributi sono stati ripetutamente riconosciuti attraverso varie iniziative volte a promuovere il volontariato in tutta Europa.
Inoltre, vi è una maggiore consapevolezza tra i governi e le organizzazioni della società civile circa l’importanza del quadro giuridico per il volontariato. Di conseguenza, alcuni paesi europei hanno avviato iniziative di riforma legislativa per creare un contesto che promuova il volontariato.
Molti sono i benefici che il volontariato offre alla società. I più importanti possono essere riassunti come segue:
¾ il volontariato aumenta la partecipazione dei cittadini alla vita sociale, aiuta a costruire reti locali e crea un senso di responsabilità per risolvere i problemi della comunità.
Una recente ricerca del Regno Unito riconosce che il volontariato può aumentare la felicità della comunità e dare maggiore soddisfazione di vita.
¾ Il volontariato è una parte importante ed indispensabile tra le iniziative della società civile. I volontari rappresentano circa il 43% dei lavoratori della società civile in 35 paesi esaminati1. In Polonia, addirittura, l’87% delle organizzazioni della società civile dipendono da volontari.2
Se il contributo in tempo dei volontari è calcolato sulla base di salari medi per i campi in cui sono impegnati i volontari, questo supera le donazioni in denaro. Uno studio di 24 paesi constata che , in media, il valore finanziario del volontariato rappresenta il 65% del reddito filantropico no-profit, mentre le donazioni in denaro rappresentano il 35%.3
¾ Il volontariato aiuta anche gli stessi volontari. Coloro che sono giovani o disoccupati possono sviluppare o affinare le competenze e acquisire fiducia ed autostima, che a sua volta aiuta a prepararsi per l’occupazione. Il volontariato consente agli anziani di rimanere impegnati, contribuire al bene comune, e sentire le loro capacità ancora importanti. Ciò aiuta a mantenere il morale alto e contribuisce alla coopera zone e alla solidarietà intergenerazionale.
1Lester M. Salamon, S. Wojciech Sokolowski, and Regina List, Global Civil Society: An Overview, John Hopkins Comparative Nonprofit Sector Project (2003),
http://www.jhu.edu/~ccss/publications/pdf/globalciv.pdf, 15.
2 Taryn Nelson, "A Comparative Look at National Volunteerism Legislation," The Inter-American Initiative for Social Capital, Ethics and Development, Inter-American Development Bank, June 2005.
3 Lester M. Salamon and Wojciech Sokolowski, “Volunteering in Cross-National Perspective: Evidence from 24 Countries,” Working Papers of the Johns Hopkins Comparative Nonprofit Sector Project,
no. 40 (2001), http://www.jhu.edu/~ccss/publications/pdf/cnpwp401.pdf, 8, fig. 1.
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Il Volontariato in Europa
In Europa non esiste un modo uniforme di regolamentare il volontariato, in primo luogo perché la natura di iniziative volontarie variano, ma anche perché i paesi perseguono obiettivi diversi attraverso la propria legislazione. Questa è una considerazione importante quando si analizzano i diversi approcci. Gli obiettivi determinano la portata della regolamentazione, la forma specifica di volontariato, disciplina i vantaggi, gli incentivi e le protezioni che si applicano a quella forma. Di conseguenza, le leggi adottate finora in tutta Europa differiscono notevolmente in termini di scopi e obiettivi, ai tipi di volontariato a cui si rivolgono e la misura in cui essi regolano i rapporti tra volontariato ed organizzazione.
Inoltre, anche la definizione stessa di volontariato non è affatto univoca. Pochi trattati internazionali o documenti forniscono indicazioni su una definizione giuridica del volontariato.
La comunicazione n. 23 della Commissione europea al Consiglio riconosce che le tradizioni e le pratiche delle attività di volontariato variano e al momento della regolamentazione queste dovrebbero essere tenute in considerazione. Essa definisce il volontariato con le seguenti caratteristiche: esso è “aperto a tutti, non corrisposto (in denaro), è intrapreso dalla propria volontà, ha in sé un aspetto educativo (apprendimento non formale) e un valore sociale aggiunto”.
La definizione più vicina e più comprensiva ed accettata è quella che il volontario, è una persona fisica , cioè un individuo , qualsiasi individuo lo può essere, cittadino o straniero che per libera scelta offre attività in natura, cioè in tempo e servizi e non riceve compenso.
Più di 100 milioni di europei di tutte le età, convinzioni e nazionalità sono impegnati in attività di volontariato. Secondo le ultime stime della Commissione Europea, il settore rappresenta il 5% del Pil delle economie nazionali dell'Unione Europea.
Lo stesso Parlamento europeo, riconoscendo l’importanza del contributo del volontariato alla coesione economica e sociale, ha approvato una risoluzione il 22 aprile 2008 (quelle in ci tra l’altro si chiede di istituire per il 2011 l’anno europeo del volontariato) in cui invita gli stati membri a riconoscerne il valore sollecitandoli a creare un quadro stabile ed istituzionale per la partecipazione delle organizzazioni non governative ai dibattiti pubblici, li invita ad operare in collaborazione con le organizzazioni di volontariato per sviluppare piani e strategie finalizzati al sostegno e all’agevolazione del volontariato stesso; invita gli stati a facilitare l’accesso ai finanziamenti per le organizzazioni di volontariato, li esorta a sostenere la creazione di servizi di emergenza; sostiene fortemente che il volontariato non deve prendere il posto del lavoro retribuito; invita la Commissione ad instaurare nei fondi comunitari meccanismi per cui il volontariato possa essere riconosciuto come forma di cofinanziamento di progetti, sostiene progetti rivolti a sviluppare opportunità per anziani e giovani; incoraggia gli stati ad agevolare il volontariato in tutte le comunità; incoraggia le imprese, nell’ambito della strategia di responsabilità sociale d’impresa, a sostenere finanziariamente iniziative di volontariato; raccomanda che adotti la carta europea del volontariato; raccomanda inoltre di creare una banca dati europea sulle organizzazioni di volontariato; invita le autorità competenti a provvedere alla copertura assicurativa per i volontari; invita infine tutti gli stati membri e le autorità regionali e locali a promuovere il volontariato a tutti i livelli d’istruzione;
suggerisce di rivedere meccanismi di esenzione dell’IVA per le organizzazioni di volontariato, raccomanda la promozione di progetti transfrontalieri.
In linea generale, le leggi europee sul volontariato (quelle esistenti) sono ben dettagliate e,
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¾ tipo di volontariato soggetto alla norma
¾ definizione di quale tipo di organizzazione (ospitante) può utilizzare i servizi di volontariato
¾ divisione dei diritti e delle responsabilità tra volontario ed organizzazione ospitante
¾ requisiti di contratto per il volontario (dove obbligatorio)
¾ responsabilità civile
¾ volontariato internazionale.
L’Europa sta promuovendo in modo particolare programmi ed iniziative che incoraggino, stabiliscano e facilitino il volontariato transnazionale , che supportino reti tra organizzazioni di volontariato di diversi paesi ed influenzi politiche riguardanti il volontariato a livello europeo.
Blocchi Paese: Inquadramento generale
Una ricerca sul volontariato in Europa, per le caratteristiche degli attori sociali coinvolti e le funzioni svolte, non può non tener conto della rilevanza che assumono le diversità territoriali dal punto di vista istituzionale, economico e sociale. Siamo in un settore dove le diverse forme di welfare esistente, il diverso rapporto tra Stato e società civile, le specificità dei sistemi produttivi prevalenti svolgono un ruolo importante nel determinare i livelli di legittimazione del volontariato, i suoi spazi e settori di intervento. Nella definizione del valore della “diversità” nel contesto europeo si è messo in modo crescente l’accento non tanto sul localismo o la dimensione municipale dei territori ma su aggregati territoriali che delineano i confini culturali, e socioeconomici delle comunità di appartenenza. Questo ha introdotto così una delimitazione superiore ai livelli regionali esistenti all’interno dei singoli stati (megaregione) ed a volte trasversale ai confini di singoli Stati (aree) e parti di più ampie meso-regioni. Nel caso dell’Europa queste aree sono state individuate nell’area anglosassone alla quale si possono ricondurre anche i paesi nordici, l’Europa del Sud (Francia, Italia, Spagna e Portogallo) riconducibili alla meso-regione mediterranea, ed i Paesi dell’Europa Centrale che per tradizione storica e culturale costituiscono la cerniera di transizione verso i paesi dell’Est.
Possiamo quindi affermare che in Europa si possono riconoscere almeno tre diversi approcci rispetto alle leggi e alle politiche sul volontariato.
L’approccio dell’area del Nord Europa il volontariato è generalmente basato su tradizioni e culture solide ed i governi hanno essenzialmente cercato di rimuovere gli ostacoli al volontariato e di creare politiche facilitanti lo stesso. Tuttavia, per la maggior parte, questi paesi non hanno adottato leggi quadro sul volontariato.
I paesi invece dell’area mediterranea hanno spesso ricche tradizione di volontariato informale ed hanno utilizzato la legislazione e le politiche sul volontariato per supportare e diffondere queste tradizioni.
Infine ci sembra interessante porre un accento sui paesi dell’est Europa, dove si denota una mancanza di tradizioni di volontariato sia formale che informale dove si sono utilizzate le normative e le politiche per definire e promuovere il volontariato
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Lente di Ingrandimento
Il blocco Anglosassone Inghilterra
Inghilterra
Il volontariato in Inghilterra è profondamente radicato nella tradizione e nella cultura ed ha fatto parte di molte politiche governative passate ed attuali. In Inghilterra, un paese basato su un diritto consuetudinario, i temi del volontariato non sono compresi in un’unica legge ma prevalentemente in leggi di politiche e diversi specifici temi come ad esempio, la legge sul lavoro o leggi fiscali.
Secondo un report del 20074, il 73% degli adulti ha fatto volontariato in Inghilterra (formalmente o informalmente) almeno una volta in un anno, e il 48% almeno una volta al mese. I livelli di volontariato formale sono aumentati dal 2001 mentre il volontariato informale è diminuito. Le donne fanno più volontariato regolarmente degli uomini, il 53% delle donne almeno una volta al mese contro il 43% degli uomini.
A seguito di un continuo dialogo tra Governo e il settore del volontariato sono state promosse parecchie iniziative la maggior parte delle quali finanziate dal Governo al fine di promuovere il volontariato e creare strutture più forti. Queste iniziative sono forse tra gli unici esempi di tentativi di concertazione strategica da parte delle ONG e i governi in Europa, esempi di iniziative che rafforzano l’infrastruttura del volontariato.
In Inghilterra le infrastrutture del volontariato sono supportate da molti organismi, alcuni composti da rappresentanti del settore del volontariato, altri enti trasversali composti sia da organizzazioni del volontariato che del governo. Rappresentano un buon esempio di un livello nazionale che tiene unito il settore pubblico ed il settore privato orientando le politiche ed il dialogo per lo sviluppo del volontariato.
Le questioni politiche e legali del volontariato e delle sue infrastrutture sono descritte in diversi documenti . Il programma del Volunteering Compact Code of Good Practice venne lanciato nel 2001 e rivisto nel 2005. Esso definisce le attività sia del governo che del volontariato affinché più persone siano coinvolte in diverse forme di attività di volontariato ed offrire loro il supporto necessario.
Dal momento che non c’è una definizione statutaria del volontariato in Inghilterra, Il Code viene considerato una buona base di partenza ed una base per altri documenti. Questo
4 Citizenship Survey: April - June 2007, England and Wales
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definisce il volontariato come un’attività che implica l’impiego di tempo, senza compenso, e che comporti il benessere dell’ambiente, di persone o gruppi che non siano però famigliari.
Il Code identifica 4 principi fondamentali del volontariato:
1. deve essere il risultato di una libera scelta 2. deve essere accessibile a tutti
3. i volontari devono ricevere benefici non economici 4. i volontari devono essere pubblicamente riconosciuti.
Il Code è uno dei cinque codici di buone pratiche sviluppato come parte del Compendio. Il Compendio (1998) è l’accordo tra il governo e il settore del volontariato e della società civile al fine di migliorare la relazione a beneficio gli uni degli altri e della comunità di cui sono a servizio.
Vi sono anche altri importanti documenti sul volontariato. Tra questi va ricordato il recente Manifesto per il cambiamento in cui si enunciano una serie di misure quali, ad esempio, elevare il profilo del volontario, assicurare che il volontariato sia accessibile a tutti, modernizzare il volontariato, ricompensarlo e valorizzarlo. Definisce inoltre le risorse che dovrebbero essere allocate.
Il volontariato diviene parte costitutiva della società, diventa parte integrante del modo in cui si pensa a se stessi ed alla propria vita. Cerca di contribuire ad un cambiamento culturale nella società così che aiutare gli altri e trarre beneficio da una cultura di dipendenza reciproca diventi uno stile di vita da cui tutta la società ne ha beneficio. Il Manifesto è rivolto ai volontari, ai non volontari, al volontari coinvolti in organizzazioni (che rappresentano il contesto più ampio dell’infrastruttura del volontariato), ai lavoratori ed al governo.
Esso si concentra sui seguenti temi: partecipazione giovanile, volontariato supportato da lavoratori e volontariato per i lavoratori, volontariato famigliare e intergenerazionale, volontariato nella terza età, ed infine, su come le persone siano incoraggiate e sostenute a diventare volontari e ne rimangano coinvolti.
Il Manifesto enfatizza quanto vi sia necessità di cambiamenti nelle infrastrutture che supportino il volontariato. Molti di questi cambiamenti devono però venire dalle istituzioni stesse ma sarebbero facilitate se vi fosse una politica simpatetica e un quadro finanziario definito dal governo.
L’esempio inglese mostra come costruire una infrastruttura di volontariato sia un processo lungo e come richieda un investimento costante, un ripensamento e un miglioramento continuo. Le iniziative che hanno portato in Inghilterra alla stesura di alcuni documenti significativi rappresentano forse un esempio unico di approccio caratterizzato da una concertazione di tutte le parti per promuovere il volontariato, dedizione, impegno e autoanalisi al fine di migliorare e raggiungere sempre più alti obiettivi.
L’esempio dell’Inghilterra può quindi essere presa da esempio ed ispirazione per altri paesi per rivedere ulteriormente ed analizzare opportunità e sfide simili ed adattarle ai loro contesti locali.
L’infrastruttura di volontariato in Inghilterra è, infatti, leader mondiale. E’ la più avanzata, la più coordinata e più efficiente di altre. Tuttavia se si vuole mantenere e costruire tale reputazione internazionale, se si vuole continuare a sviluppare una nazione di cittadini attivi e coinvolti, se si vuole continuare a mettere gli individui al centro della vita nazionale occorre prepararsi a cambiare.
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Il lancio del Compact Code on Volunteering nel 2001 e le successive pubblicazioni e consultazioni governative hanno evidenziato l’importanza della infrastruttura del volontariato.
Contemporaneamente, indipendentemente dall’attività di governo, il Consorzio sulle Opportunità di Volontariato, il centro nazionale del volontariato e l’Inghilterra dello sviluppo del volontariato hanno lavorato per creare una nuova agenzia di sviluppo del volontariato per cui England-Volounteering è ora una nuova realtà costituita dall’integrazione delle tre agenzie fondatrici l’1 aprile del 2004.
Volunteering England, consultando il settore del volontariato e della comunità civile ha sviluppato una visione ed una strategia decennale per l’infrastruttura inglese del volontariato:
Capacity Building and Infrastructure Framework for the Voluntary and Community Sector.
Questo documento è quello che definisce le strategie e le proposte per le nuove funzioni che l’infrastruttura inglese dovrebbe avere localmente, regionalmente e a livello nazionale al fine di offrire un supporto efficace e unitario al volontariato inglese.
Non esiste quindi una definizione statutaria del volontariato. The Compact on relations between the Government and the Voluntary and Community Sector in England fornisce un buon punto di partenza: un Codice di buone pratiche. Gli elementi più importanti sono rappresentati dall’impegno dei settori del volontariato e della società civile nella promozione e celebrazione del volontariato. Il Code mette in luce quanto il volontariato sia sostanzialmente un investimento sociale che crea capitale sociale e da maggior contributo alla vita della nazione.
collanastrumenti 31 2011
Svezia
Svezia
5La Svezia ha una lunga tradizione di volontariato e di cittadinanza attiva che risale già al 1600. Successivamente, agli inizi del 19° sec. il concetto britannico di filantropia privata come soluzione ai bisogni sociali cominciò ad essere adottata anche in Svezia.
Più tardi cominciarono ad apparire movimenti popolari di massa con l’obiettivo di produrre qualche cambiamento nella società.
La storia del welfare svedese poi mostra come il welfare state e la tradizione di cittadinanza attiva siano in realtà complementari l’uno all’altra. Le attività di volontariato sono considerate un importante elemento nel processo della democrazia e mobilitazione politica in Svezia.
Il modello generale di volontariato è fortemente caratterizzato da un forte e stretto legame di appartenenza (membership) con un’organizzazione di volontariato. Ciò è una conseguenza della prevalenza dei movimenti di massa popolari incoraggiati dallo stato. Infatti, una percentuale molto alta di popolazione svedese è socia di organizzazioni di volontariato (si stima che nel 2000 la percentuale fosse il 90%). Tradizionalmente quindi le attività di volontariato sono dirette dalla vita interna, democratica e politica delle ONG o sono svolte nelle organizzazioni.
Tuttavia, questo forte senso di appartenenza sta cominciando a cambiare. La popolazione svedese comincia e preferire di volere essere lei stessa a determinare il proprio livello di coinvolgimento e cerca una relazione più libera con l’organizzazione volontaria.
Molti fattori possono aver contribuito: tra questi il desiderio di contribuire al bene della società senza necessariamente sostenere un programma ideologico e il bisogno di decidere più autonomamente ed individualmente quanto tempo dedicare al volontariato od anche alla ristrutturazione ed alla privatizzazione di parte del welfare state.
Un fenomeno nuovo ed importante nel panorama del volontariato svedese è la presenza dell’Agenzia nazionale del volontariato e i centri locali di volontariato: ciò permette alle persone di identificare meglio i compiti ed offrire disponibilità e competenze senza essere necessariamente legato ad un’organizzazione. Tuttavia, il volontariato legato ai centri locali rimane ancora una piccola parte del volontariato svedese.
Non esiste una definizione ufficiale del volontariato in Svezia, anche se comunemente viene accettata l’idea di tempo e sforzo dato liberamente, non obbligatorio e non remunerato da parte delle persone verso organizzazioni volontarie o pubbliche. Tuttavia, in qualche caso può essere previsto un compenso simbolico o un pagamento per il lavoro volontario.
Si distingue il lavoro informale che viene detto essere non organizzato e il lavoro volontario che viene svolto ed organizzato da un’organizzazione.
5 Tratto da Study on Volunteering in the European Union Country Report Sweden
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Il settore del volontariato è anche chiamato ideell che è difficilmente traducibile ma vuole riferirsi al concetto di bene pubblico.
Pur non essendoci definizioni legali, vengono però definite le organizzazioni di volontariato e l’impegno volontario. Le organizzazioni o associazioni si basano su idee o interessi comuni che abbiano un carattere di interesse pubblico di forma organizzativa e possono essere sciolte senza alcuna decisione da parte di autorità pubbliche e vivono sull’impegno volontario e di appartenenza personale e senza alcun intento di guadagno privato.
L’impegno volontario è senza remunerazione, è scelto liberamente e viene attuato in organizzazioni, di volontariato o pubbliche.
In Svezia non esiste una regolamentazione ufficiale e l’unico riferimento legale alle organizzazioni di volontariato viene fatto in relazione alle norme sulla tassazione. Sino ad ora infatti, in Svezia qualsiasi tentativo di regolamentare il volontariato in quadri normativi è sempre stato abbandonato. Tuttavia, il volontariato o piuttosto la società civile è una priorità nell’agenda politica.
Il focus è più sulle organizzazioni piuttosto che sugli individui, è maggiore su come il settore pubblico dovrebbe relazionarsi con la società civile e le organizzazioni di volontariato, cioè come dialogare, scambiarsi ruoli e doveri, promuoverne l’indipendenza. Negli ultimi anni c’è una maggiore collaborazione tra governo e settore no profit. Il governo contribuisce con finanziamenti alle organizzazioni di volontariato.
Come già accennato, ogni tentativo di regolamentazione in Svezia è stato abbandonato in quanto l’indipendenza e l’autonomia del settore sono considerate prioritarie. Quindi non esiste una legge propria per il volontariato ma il diritto di ciascuna persona a creare e a partecipare a qualsivoglia forma di associazione; la libertà di associazione è un diritto costituzionale senza alcuna interferenza esterna e partecipare a club o a società è un diritto garantito. Le organizzazioni di volontariato in Svezia si autoregolano e non appena abbiano adottato uno statuto ed eletto un consiglio esse diventano un’entità legale.
I volontari non sono assimilati a nessun altra categoria. Talvolta possono essere considerati come studenti altre volte come lavoratori. Ovviamente non hanno diritto a nessun sussidio sociale non godendo di alcuno status legale.
Dal punto di vista fiscale, i singoli possono pretendere di avere riconosciute le spese da parte dell’organizzazione per costi legati all’attività che svolgono. Se poi ricevono un reddito dall’organizzazione possono richiedere una deduzione fiscale.
Per quanto riguarda invece il rimborso di spese dei volontari ciascuna organizzazione decide le proprie politiche. In modo analogo anche per l’assicurazione. Siccome non è obbligatorio per le organizzazioni ciascuna può decidere di farla o no e qualora non vi sia, il singolo individuo deve provvedere a farla. Il compenso di un importo per i volontari può essere considerato come un reddito pienamente tassabile.
In conclusione, la mancanza di un quadro normativo specifico può creare alcuni ostacoli in merito ad esempio alla tassazione o alla protezione sociale. Pertanto alcune azioni sono già state intraprese per migliorare questi settori, o come migliorare le informazioni e i dati.
In Svezia il livello di volontariato è molto alto con circa metà della popolazione coinvolta in attività di volontariato. La tendenza a coinvolgersi in attività di volontariato senza essere socio di una organizzazione può rappresentare un’opportunità per aumentare il volontariato.
collanastrumenti 31 2011
In riferimento poi alla partecipazione di organizzazioni di volontariato nell’offerta dei servizi sociali, il Governo ha espresso un impegno ad aumentare la diversità di coloro che vi possono prendere parte e di finanziarli in futuro. Ciò rappresenta un’altra opportunità per il volontariato che voglia partecipare alla settore dei servizi sociali.
Nonostante non vi sia quindi una regolamentazione specifica, il processo di dialogo e l’impegno del Governo a sostenere il settore rappresenta un importante occasione per il futuro.
Interviste / Siti web
¾ Interview with Lars-Erik Olsson PhD, Dean, Ersta Sköndal University College
¾ Interview with Lars Svedberg, Professor and Research Director, Ersta Sköndal University College
¾ Interview with representatives of the National Board for Health and Welfare(Socialstyrelsen)
¾ Interview with representative of the Gaming Board for Sweden (Lotteriinspektionen)
¾ Interview with representative of the Ministry of Integration and Gender Equality
¾ Interview with representative of the Swedish Tax Agency Written response to questionnaire submitted by representative of the Ministry of Finance
Fonti
¾ Association of Voluntary Service Organisations (AVSO) and European Volunteer Centre (CEV) (2007), Voluntary Action in Sweden – Facts and Figures
¾ Association of Voluntary Service Organisations (AVSO) and European Volunteer Centre (CEV) 2003), Legal Status of Volunteers: Country Report Sweden. Internet:
http://www.cev.be/data/File/Sweden_legalstatus.pdf
¾ Ersta Sköndal University, Sköndalinsitutet 2005. Medborgarnas insatser och engagemang I civilsamhället. The European Knowledge Centre for Youth Policy (2006), Key priorities for youth policies answers on voluntary activities. Internet: http://youth-
partnership.coe.int/youthpartnership/documents/Questionnaires/Voluntary_activities/Iceland_2006.
pdf.
¾ European Round Table of Charitable Social Welfare Associations, Sweden National Report. Internet:
http://www.etwelfare.org/uk/projects/Country/S-Nat.html
¾ Forum Syd website: https://www.forumsyd.org/templates/FS_ArticleTypeA.aspx?id=4506
¾ Frivilligt socialt arbete- kartläggning och kunskapsöversikt, SOU 1993:82
¾ Gaming Board for Sweden (Lotteriinspektionen) website: http://www.lotteriinspektionen.se/
¾ Arvsfonden: http://www.arvsfonden.se/Pages/SectionSubPage____15359.aspx
¾ Frevillig: http://www.frivillig.se
¾ Volontarbyran: http://www.volontarbyran.se
¾ Lundström, Tommy and Filip Wijkström. (1995) “Defining the Nonprofit Sector: Sweden.” Working Papers of the Johns Hopkins Comparative Nonprofit Sector Project, no. 16 Baltimore: The Johns Hopkins Institute for Policy Studies, 1995.
¾ Lundström, T and L Svedberg (2003), The Voluntary Sector in a Social Democratic Welfare State – The Case of Sweden, Journal of Social Policy [online]. 32 (2), pp. 217-238 Malmö University website, http://www.mah.se
¾ Ministry of Integration and Gender Equality, Division for Youth Policy (2007), The national report of Sweden concerning the implementation of the common objectives for voluntary activities of young people. Internet: http://www.sweden.gov.se/sb/d/574/a/85574.
¾ Ministry of Integration and Gender Equality, Agreement between the Swedish government, national idea-based organisations in the social sphere and the Swedish Association of Local Authorities and Regions Ministry of Integration and Gender Equality, 2008. Policy on non-governmental
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http://www.sweden.gov.se/content/1/c6/11/90/45/db9700f9.pdf
¾ National Council of Swedish Youth Organisations website:
http://www.adimoserver.se/adimo4/site/lsu/web/default.aspx?p=130&t=h401&AspxAutoDetectCo
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¾ Olsson, L-E (2007), Delvis ensam - En studie av människor som inte deltar i föreningslivet. Ersta- Sköndal högskola: 2007
¾ Olsson, Nordfeldt, Larsson & Kendall, (2009). Sweden: When strong third sector historical roots meet EU policy processes. In Kendall (ed), Handbook of third sector policy in Europe. Cheltenham:
Edward Elgar
¾ Sani, M (2008), The Social-democratic model, Volunteering in Sweden. In Volunteers for Cultural Heritage (2008) Volunteering for Cultural Heritage: Perspectives from other European countries.
Section 7 – European Perspectives
¾ Svedberg, Jegermalm and von Essen, (2009), The 2009 national study of volunteering, informal help and care giving. Report to the central government.
¾ Svedberg, L. and Olsson, L-E, Voluntary Organisations and Welfare Provision in Sweden - Is there such a Thing?" in A. Zimmer & A. Evers (eds) (2010) Third Society Organisations Facing Turbulent Environments: Sports, Culture and Social Services in Germany, Italy, U.K., Poland and Sweden.
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¾ Swedish Centre for International Youth Exchange website: http://www.ciu.org/in-english/
¾ Swedish National Board for Youth Affairs (2008), About the Swedish National Board for Youth Affairs. Internet:
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¾ Youth Partnership, 2008. Country Sheet on Youth Policy in Sweden. Internet:
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¾ Youth Partnership, Questionnaire “Voluntary Activities”, Sweden, Internet:
http://youthpartnership.coe.int/youthpartnership/documents/Questionnaires/Voluntary_activities/20 08/Sweden.pdf
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Danimarca
Danimarca
6Complessivamente lo sviluppo del volontariato in Danimarca è formato da tre fondamentali fattori: l’adozione di una costituzione democratica, lo sviluppo di movimenti popolari e la formazione del welfare state. In breve, la costituzione democratica ha gettato le basi dell’esistenza del settore privato, i movimenti popolari hanno dato vita e contenuti alle organizzazioni e il welfare state ha determinato la divisione tra lavoro pubblico privato e volontariato.
Le associazioni sono sempre state sostenute dal lavoro volontario e questo spiega come le associazioni hanno poco personale pagato in confronto alle associazioni di altri paesi europei.
Il principale campo di attività in Danimarca, come nel resto della Scandinavia, è sempre stato storicamente la cultura, il tempo libero e lo sport a differenza degli altri paesi occidentali dove erano maggiormente dedicati ai servizi sociali, sanità ed educazione. Ciò è conseguenza di un processo di mediazione tra le associazioni e l’emergente stato sociale.
Il ruolo delle organizzazioni di volontariato si è sviluppato in contemporanea con la formazione e l’evoluzione dello stato sociale. Il periodo tra il 1930 e il 1980 è caratterizzato da un’ampia cooperazione tra lo stato e il volontariato con un periodo di grande sviluppo per le organizzazioni di volontariato tra le due guerre. Tuttavia, come per gli altri paesi europei, il periodo del secondo dopoguerra enfatizzò l’universalismo e la responsabilità dello stato per la prosperità e la sicurezza dei propri cittadini. Ciò culminò nel 1972 e nel 1976 nel Social Assistance Act che rese praticamente invisibili le organizzazioni di volontariato. Dal 1980 invece si parla di un periodo di nuovo liberalismo e di società civile con il cambio del governo e di un più ampio mutamento ideologico verso un neo liberalismo che pone seri problemi di sostenibilità finanziaria al welfare state così come la sua capacità di risolvere i problemi. Ciò portò ad una riscoperta del volontariato che poté essere visto come un partner legittimo del pubblico.
Una definizione del lavoro volontario viene espressa in un pamphlet del Ministero degli Affari Sociali secondo cui il lavoro volontario è:
¾ volontario o non obbligatorio, svolto liberamente senza alcuna coercizione fisica o legale o pressione fiscale né sotto minaccia di sanzioni sociali o finanziarie;
¾ non pagato anche se questo non impedisce il pagamento di alcune spese che sono fatte nel corso del lavoro volontario, o spese simboliche come compenso del lavoro volontario;
¾ il lavoro volontario viene svolto per persone diverse dai famigliari il che differenzia il volontariato dalla ordinaria cura domestica;
¾ organizzato formalmente – per la maggior parte in associazioni. L’aiuto ordinario e spontaneo non è volontariato.
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6 Tratto da Study on Volunteering in the European Union Country Report Denmark
In Danimarca non c’è un’unica legislazione che definisce e governa il volontariato o le organizzazioni di volontariato. Ci sono però un numero di leggi e di regolamenti che insieme lo regolamentano, specificando i requisiti che le organizzazioni volontarie devono soddisfare al fine per esempio di essere dichiarate legali, eleggibili per finanziamenti pubblici e esenti da alcune tasse.
I seguenti 4 documenti rappresentano le fondamenta del volontariato in Danimarca.
La costituzione danese del 1849, al paragrafo 78 pone il diritto di formare associazioni per il bene di qualsiasi scopo legale senza alcun permesso.
La legge sui servizi sociali del 1998, al par. 18 obbliga le autorità locali a sostenere e collaborare con le organizzazioni di volontariato che operano nell’area dei servizi sociali.
Stabilisce ad esempio di destinare fondi annualmente al lavoro sociale volontario.
La legge danese sull’educazione popolare del 2000, obbliga le autorità locali a supportare il volontariato e le organizzazioni non volontarie che operano nell’area dell’educazione popolare.
La legge sul gioco d’azzardo del 2006: dispone le regole del gioco d’azzardo incluse la licenza e la distribuzione dei proventi.
Non esiste alcuna legislazione che specifichi che i cittadini possono svolgere un attività volontaria, sebbene la Costituzione garantisca a tutti i cittadini il diritto a formare organizzazioni di volontariato. Non c’è, d’altro canto, alcuna legislazione che vieti a nessuno di fare del lavoro volontario anche se vi sono alcune restrizioni per le persone che ricevono sussidi di disoccupazione, assistenza sociale o sussidi di pensionamento anticipato per i quali scattano alcune disposizioni, come ad esempio notificare alle autorità il lavoro svolto. Una persona che riceve un sussidio di disoccupazione o di pensionamento anticipato può svolgere attività di volontariato o non pagate a condizione che siano attività che non possano essere offerte come lavoro normalmente remunerato nel mercato del lavoro.
Non ci sono disposizioni legali riguardanti il coinvolgimento di organizzazioni private nel settore del volontariato. Questo a motivo del fatto che il volontariato non è generalmente regolamentato e perchè è una area relativamente recente in cui anche le imprese private si stanno inserendo.
I volontari sono trattati come dipendenti e sono quindi assicurati o dall’organizzazione di volontariato o da compagnie private o da un ente pubblico per il quale fanno volontariato.
Non esiste alcun obbligo per un’organizzazione di volontariato di assicurare i propri volontari contro infortuni, malattia e responsabilità civile contro terzi e così mentre una buona organizzazione di volontariato in genere lo fa, per alcune le spese sarebbero troppo alte da sostenere.
Dal punto di vista sociale, il volontario è parte della comunità ed è coinvolto in attività con altre persone; questi sente che può fare la differenza rispetto a certe situazioni. Da qui, il valore aggiunto è l’integrazione sociale ed il senso di soddisfazione che si prova quando si contribuisce e si agisce per qualcosa nel mondo. Altrettanto importante è il senso di appartenenza alla comunità e all’opportunità di espressione di sé che il lavoro volontario offre. Sia i volontari che le organizzazioni di volontariato sono importanti per le attività delle
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comunità locali in quanto creano relazione e costruiscono relazioni tra le persone. Il risultato è che il volontariato promuove la democrazia e la coesione sociale e di comunità.
Inoltre, il volontariato facilita l’integrazione sociale di gruppi di persone che non si sentirebbero altrimenti integrate. Ad esempio è per questo motivo che lo sport è sempre più oggetto di studi sul volontariato.
Trattando con le persone e per le persone a motivo di una genuina attenzione alle stesse, il volontariato promuove inoltre solidarietà sociale poiché fa cose che nascono dalla buona volontà e non perché si è pagati.
Sulla base di alcune interviste (Ministry of Interior and Social Affairs, Ministry of Culture, National Volunteer Centre, Sport Confederation of Denmark/ National Olympic Committee, Thomas P. Boje, Professor, Department of Society and Globalisation, Roskilde University, Bjarne Ibsen, Professor, Institute of Sports Science and Clinical Biomechanics, University of Southern Denmark) sembrano evidenti le sfide seguenti per il futuro della Danimarca:
¾ il tema del reclutamento delle persone e del ricambio generazionale in quanto sembra che rispetto agli ultimi 10 anni, meno persone si rendano disponibili ad attività di volontariato. Su questo le organizzazioni avranno modo e tempo per sviluppare le proprie strategie;
¾ ciò che appare più importante è nel settore amministrativo e delle risorse. Anche se lo sport sembra avere più autonomie, i settori dei servizi sociali, dell’educazione e della sanità stanno avendo sempre più richieste riguardo la natura e la qualità delle loro attività non ultimo in quanto stanno fornendo servizi di welfare tradizionalmente offerti dal pubblico.
¾ Questo pone un tema serio sulla professionalizzazione e sulle competenze e quindi, in parte, la perdita di caratteristiche tipiche del volontariato, quali la capacità di promuovere empowerment, sviluppare relazioni tra le persone e la democrazia.
Conseguentemente, si aprono quindi anche problemi di risorse per le organizzazioni per le quali non sorprende che tra le loro priorità ci sia il bisogno di fondi sostenibili il che sembra sempre più difficile ottenerli dai contratti del settore pubblico. Sostegno ai volontari: deve essere aumentato soprattutto in certi settori dove maggiore è l’apporto dei volontari, ad esempio nelle aree della cultura, dello sport e del tempo libero. Nel momento in cui si pianifica il sostegno necessario va considerato che i volontari di queste attività non si sono coinvolti per risolvere la sanità pubblica o altri problemi di welfare.
Quindi per sviluppare azioni di sostegno, vanno prese in particolare considerazione i loro particolari interessi e motivazioni. Sarebbe anche opportuno creare dei collegamenti tra organizzazioni che lavoro nei medesimi settori per evitare doppioni e promuovere un apprendimento reciproco e sviluppo di progetti.
¾ Alle organizzazioni e ai volontari stessi dovrebbe essere dato un ruolo più importante per definire ed identificare i diversi bisogni. Promuoverebbe innovazione, apprendimento e motivazione e faciliterebbe un trasferimento di conoscenza al settore pubblico.
¾ Occorrerebbe pensare ad una campagna pubblica per aumentare la consapevolezza del lavoro volontario e spiegare quanto sia grande il lavoro di volontari non pagati.
¾ Infine, c’è la necessità di definire una quadro legislativo coerente tra tutte le aree di volontariato a differenza di quanto esiste oggi. Vi sono fondi a seconda di diversi decreti legislativi e con diversi livelli di autonomia. Tuttavia, occorre tenere in considerazione che il volontariato non necessità di una estrema regolamentazione perché rappresenterebbe una minaccia. Di fatto, spetta di nuovo direttamente al volontariato evidenziare dove sono i problemi prima che passino leggi dal Parlamento.
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Infine, c’è una netta evidenza del bisogno di cambiare la struttura del sistema di finanziamento per poter regolamentare le diverse allocazioni, inclusi i centri di volontariato locali. Ciò sarebbe particolarmente utile viste le difficoltà per alcune organizzazioni nel vincere contratti del settore pubblico su basi competitive secondo le indicazioni dell’Unione Europea.
Leggi di riferimento
¾ The Danish Constitution: https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=45902)
¾ Danish Act on Popular Education:
http://www.socialjura.dk/index.php?id=2815_=18&cat=1&showpage=1&cHash=71b84c6f75#7 661
¾ The Act on Social Service: https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=20938
¾ The Gambling Act: https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=114734
Siti Web
¾ Ministry of Culture: http://www.kum.dk/sw343.asp
¾ Ministry of Interior and Social Affairs: http://www.ism.dk/Temaer/sociale-omraader/frivillig- sektor/Sider/Start.aspx
¾ National Volunteer Centre:http://www.frivillighed.dk/Webnodes/da/Web/Public/Forside
Interviste
¾ Ministry of Interior and Social Affairs
¾ Ministry of Culture
¾ National Volunteer Centre
¾ Sport Confederation of Denmark/ National Olympic Committee
¾ Thomas P. Boje, Professor, Department of Society and Globalisation, Roskilde University.
¾ Bjarne Ibsen, Professor, Institute of Sports Science and Clinical Biomechanics, University of Southern Denmark.
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Il blocco Mediterraneo Italia
Italia
La storia del volontariato
In Italia, come nella maggior parte dei paesi europei, il settore no-profit risale già al Medio Evo, con le prime forme organizzate di volontariato situate in Toscane, le Confraternite di Misericordia. Fino al XIV sec. si è caratterizzato da istituzioni religiose dedicate ad attività caritatevoli nel sociale, nella sanità e nel welfare.
Solo con il processo di unificazione dell’Italia, la predominante presenza della chiesa nei servizi di welfare viene in parte messa in discussione. In particolare la nuova classe politica con due leggi, nel 1866/67 e nel 1890, riafferma la sua presenza nei settori formalmente coperti dalla Chiesa con la creazione di servizi sociali controllati dallo Stato.
Il sistema di welfare italiano si espanse molto dopo la seconda guerra mondiale ed in particolare nei servizi pubblici di sanità ed educazione. Va però fatto notare che molti altri servizi sociali venivano ampiamente amministrati principalmente da organizzazioni cattoliche diminuendo così in quegli anni il ruolo delle organizzazioni no-profit.
Attorno agli ‘90 però questa tendenza subì un inversione a motivo della sempre più pressante crisi del sistema di welfare statale caratterizzato da una riduzione della spesa pubblica.
L’Italia assistette ad un aumento del numero di organizzazioni non-profit di comunità create appositamente per rispondere ai bisogni che lo Stato non effettuava più.
Così, da un ruolo tradizionalmente di supporto e caritativo, il terzo settore assume un ruolo di prevenzione e di promozione sociale con l’intento di rimuovere le cause di discriminazione, difficoltà sociale, degrado ambientale e bassa qualità della vita. In tal modo lo Stato vide possibili benefici nell’appaltare servizi alle organizzazioni private no-profit soprattutto nel settore sociale ma anche nella sanità.
Attualmente in Italia, le organizzazioni no-profit giocano un ruolo molto importante nell’offerta dei servizi sociali contribuendo a raggiungere gli obiettivi di politica sociale.
In seguito poi alla decentralizzazione dei servizi sanitari e sociali agli enti locali, alcune aree della sanità e del welfare dipendono fortemente dalle organizzazioni del settore no profit.
Non è facile dare dati certi in grado di fotografare il mondo del volontariato in Italia. Le indagini dell’ISTAT riferite al 2005 ci dicono che circa l’8,9% della popolazione al di sopra dei 14 anni ha partecipato almeno una volta nel corso dell’anno ad azioni di volontariato.
La FIVOL in un rapporto del 2006 afferma che sono oltre 1 milione di volontari sono attivi nelle organizzazioni italiane: 54,4% dei quali uomini e 45,6% donne. La loro distribuzione sul territorio nazionale presenta percentuali diverse dalla distribuzione delle organizzazioni: infatti 31,5% di loro si situa nel Nord Est, 28,4% nel Nord Ovest, il 21,4% nelle regioni centrali e il 18,6% nel Sud e nelle isole. I volontari coprono tutte le fasce d’età. Si dovrebbe notare però che sono leggermente più numerosi nella fascia d’età 30-54 anni (41,1%). I volontari sotto i
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29 anni sono 22,1%; dai 55 ai 64 sono 23,3% e coloro con più di 64 anni sono13,5%. Oltre la metà dei volontari sono occupati (52,2%), mentre il 29,5% sono pensionati e il restante 18,3% sono studenti, casalinghe, disoccupati o persone in cerca di prima occupazione. La maggior parte svolge le proprie attività di volontariato nei seguenti settori: servizi sociali (31%);
salute (28,5%); cultura e ricreazione (13,5%); protezione civile (10,2%); ambiente (4,3%).7
In alcune ricerche internazionali, pur condividendo la difficoltà a compare situazioni estremamente diverse tra loro sia culturalmente che, nella comprensione specifica dell’essere volontario, l’Italia non appare, come tante volte la raccontiamo come un paese ricco di solidarietà. Nella classifica del “World Givin Index” dove viene misurata la propensione a donare denaro e tempo ed occuparsi degli stranieri, l’Italia occupa il 29° posto.
Le leggi del Terzo settore
Molte sono le leggi che governano il mondo del Terzo settore in Italia e, con modalità diverse, intercettano il mondo del volontariato. Per questo oggi, sempre di più si parla di “volontariati”
per tentare di riconoscere che il mondo del volontariato non è riconducibile all’unico contenitore della 266/91 ed alle sue definizioni. Le leggi sul volontariato, sulla cooperazione internazione, sulla promozione sociale, sulla cooperazione, sono nate in momenti differenti riguardano categorie/temi specifici e rispondono ad esigenze diverse dell’insieme del Terzo Settore, ma tutte, in qualche modo intercettano direttamente o indirettamente il mondo del volontariato. Ma non solo. Il Terzo Settore è oggi composto da una pluralità di soggetti:
volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative e imprese sociali, ONG, etc.
frutto di particolari specificità Negli ultimi 30 anni il volontariato è stato capace di inserirsi dentro le diverse specificità del Terzo Settore, trovando all’interno non solo specifici contenitori, ma anche una propria identità. Però nell’insieme le leggi che regolano il Terzo Settore, oggi, non sono in grado di dare una risposta organica a questo variegato e, non è raro, che alcuni dettagli delle singole leggi o sono in contrasto tra di loro o pongono un problema di interpretazione non sempre chiara ed univoca. Un quadro normativo, dichiarava il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “nell’insieme complesso e un po’ confuso”.
Ma, nella sua complessità il Terzo settore è stato in grado in questi ultimi decenni di assumersi sempre di più la responsabilità nel creare reti, legami, beni e servizi con al centro la persona, i suoi bisogni sociali, culturali e relazionali.
La normativa italiana non ha mai regolato direttamente ed in maniera chiara la figura del volontario, ma soltanto indirettamente attraverso norme riguardanti le Organizzazioni a cui i volontari normalmente partecipano ed aderiscono.
Dal codice civile del 1942, in cui vengono regolate le associazioni, i comitati e le fondazioni, sono passati decenni prima che si cominciasse a regolare le organizzazioni del c.d. “terzo settore” in cui i volontari principalmente operano.
La prima norma risale al 1987 (Legge n. 49/1987) con la regolamentazione della Cooperazione allo Sviluppo e delle ONG (Organizzazioni non Governative) che operano nel settore, all’interno del quale è prevista la figura del volontariato internazionale e, normate, alcune tutele economiche previdenziali per i dipendenti pubblici che intendono partecipare a progetti di sviluppo.
Successivamente, nel 1991 la Legge n. 266 – Legge quadro sul volontariato – disciplina le Organizzazioni di Volontariato (ODV): è ad oggi la Legge più importante sul volontariato.
Norma i rapporti tra i singoli volontari con la propria organizzazione di appartenenza e definisce che cosa è attività di volontariato.
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Sempre nel 1991, con la Legge n. 381, vengono istituite e riconosciute le Cooperative sociali, in cui normalmente e in maniera importante collaborano volontari.
Nel 1997 (Decreto legislativo n. 460/1997) vengono riconosciute le ONLUS che non son altro che figure già esistenti giuridicamente (associazioni, fondazioni, ecc) che, se in possesso di determinati requisiti, possono fregiarsi di tale qualifica e avere delle agevolazioni tributarie.
Nel 2000 (Legge n. 383/2000) vengono istituite le Associazioni di Promozione Sociale (APS) in cui i soci devono svolgere la propria attività in maniera prevalentemente volontaria.
Infine nel 2001 (Legge n. 64/2001), in continuità con la storia dell’obbiezione di coscienza, viene istituito il Servizio Civile Nazionale che, oggi, da la possibilità a giovani tra i 18 e 28 anni di svolgere, volontariamente, una esperienza di servizio, per la durata di un anno, sia in Italia che all’estero.
La scelta del nostro Paese di riconoscere singolarmente le diverse anime ed identità del Terzo settore e un caso unico in Europa. Se da un lato ciò attesta attenzione e riconoscimento delle specifiche identità, dall’altra non fa chiarezza su quali soggetti compongono il terzo settore con i relativi requisiti di appartenenza.8
Molti sono i tentativi ipotizzati in questi anni di mettere ordine all’intero mondo del Terzo Settore compresa l’idea di una legge quadro sotto la quale poi elaborare una revisione armonica delle attuali leggi esistenti.
Questa pluralità di volti e di contenitori all’interno del quale le storie di solidarietà e dono si concretizzano ci raccontano la grande capacità del volontariato di provare a sperimentarsi in ambiti nuovi con mezzi e strumenti nuovi. Ma nello stesso tempo, non possiamo non sottolineare che si fa fatica ad avere una visione d’insieme di questa pluralità ed a volte, questa pluralità confligge con chi pretende di avere una visione “unica” e “pura” del volontariato.
Non solo. A partire dalla fine degli anni novanta all’interno del mondo del volontariato si è aperto un dibattito, che puntualmente riemerge, sull’opportunità di collocare il mondo del volontariato all’interno del Terzo Settore (il primo settore è lo Stato, il secondo il mercato) e si è iniziato a parlare di quarto settore. Immaginandolo come un “luogo” libero dove poter difendere fino in fondo i diritti dei cittadini, senza aver vincoli e legami con altri soggetti della società civile. La tentazione di pensarsi da soli è sicuramente, ancora presente all’interno del mondo del volontariato italiano, ma lontana dalla capacità di immaginarsi nell’insieme della UE.
Il termine volontariato
In Italia con il termine volontariato ci si riferisce a tutti i tipi di attività, formali ed informali, a tempo pieno o a part-time, all’estero e in patria; viene intrapresa per libera volontà, scelta e motivazione di una persona e senza alcun riguardo ad una remunerazione economica. Ne trae beneficio il volontario, la comunità e la società nel suo insieme. L’attività formale di volontariato aggiunge valore, ma non sostituisce i dipendenti remunerati e professionisti.
Non è facile dare una definizione di volontario. La legge 266/91 all’art 2 parla di attività di volontariato: “per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà. L'attività del volontariato non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per
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8 Renato Frisanco - FIVOL
l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte.”
La “Carta dei valori del volontariato” afferma nel suo primo articolo:
“Il volontario è la persona che, adempiuti i doveri di ogni cittadino, mette a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per gli altri, per la comunità di appartenenza o per l’umanità intera.
I volontari esplicano la loro azione in forma individuale, in aggregazioni informali, in organizzazioni strutturate; pur attingendo, quanto a motivazioni, a radici culturali e/o religiose diverse, essi hanno in comune la passione per la causa degli esseri umani e per la costruzione di un mondo migliore.”
Il volontariato è conosciuto e riconosciuto come un valore per la società e come una pratica di cittadinanza e di costruzione del bene comune. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della Giornata mondiale del Volontariato, nel 2009, ha affermato che: “Dove cresce il volontariato, cresce il capitale sociale, cresce la correttezza e la ricchezza delle relazioni interpersonali, il rispetto di regole condivise. E il capitale sociale costituisce un fattore essenziale dello sviluppo economico.”9 Il volontariato è un soggetto capace di costruire coesione sociale, capace di lavorare per ritessere legami sociali in comunità dove le rete sociale si è sfilacciata e diversi sono quelli rimasti indietro e dimenticati. Il volontariato è espressione del valore della relazione e della condivisione con l’altro; è scuola di solidarietà perché concorre alla formazione dell’uomo solidale e responsabile; è pratica di cittadinanza.
Ha una funzione culturale e nel suo agire svolge un’azione politica. Il volontariato è pratica di sussidiarietà.
E’ importante notare che il volontariato, così come è stato definito dalla commissione europea pone alcuni problemi in Italia a causa della regolamentazione molto ristretta del settore.
La definizione è del 1991 con la Legge 266/91 e dichiara esplicitamente che una attività volontaria deve essere: spontanea, gratuita, senza alcun obiettivo economico e dovrebbe essere fatta esclusivamente per scopi solidaristici. Quindi visto che la definizione esclude qualsiasi attività che non sia fatta per scopi solidaristici, altre attività non remunerate considerate volontariato negli altri paesi non sono considerate tali secondo la legge italiana.
Punti di forza, di debolezza e prospettive
Le organizzazioni di volontariato in Italia, devono tenere conto di diversi fattori e considerare le seguenti sfide future:
• Il volontariato è molto frammentato e ciò comporta tre problemi:
o nonostante il numero di volontari non aumenti significativamente, cresce il numero delle piccole organizzazioni e contemporaneamente, sempre nelle piccole organizzazioni, considerando anche che la crisi attuale investe anche il mondo del volontariato, diminuiscono le risorse umane dei singoli staff con il pericolo dell’accentuazione della presidenzialità delle organizzazioni stesse;
o l’aumento delle organizzazioni e la loro difficoltà a mettersi in rete sia a livello locale che nazionale, determina la mancanza di un sistema di coordinamento il che può portare alla marginalizzazione di alcune organizzazioni e privilegiarne altre anche nel rapporto con gli enti locali.
9 Intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla Cerimonia celebrativa della
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Nello stesso tempo questa frammentarietà rischia di non aiutare a produrre un’immagine chiara dei bisogni sociali ed orientare i decisori politici verso tali priorità.
Anche il tema demografico rappresenta una particolare sfida. Come in tutti i paesi europei la popolazione sta invecchiando, con il rischio che, in alcune organizzazioni non venga assicurato il turnover all’interno delle organizzazioni stesse.
Alcuni nodi o sfide da raccogliere:
• pur considerando le diverse analisi presenti ad oggi realizzate, sul rapporto tra volontariato e giovani, non possiamo non considerare che l’intero mondo del volontariato fa fatica a coinvolgere il mondo giovanile. Da una parte un mondo del lavoro che con la sua precarietà fagocità molte delle energie dei giovani, dall’altra la modalità di impegno dei giovani “mordi e fuggi” impedisce la costruzione di relazioni di appartenenza stabili. Malgrado che tutte le analisi fatte dimostrano che l’esperienza di volontariato fa crescere competenze ed acquisire anche professionalità nuove. Occorre promuovere maggiormente il volontariato nelle scuole per una cittadinanza attiva sin dalla giovane età, anche attraverso il sistema dei crediti già esistenti nelle scuole e nelle università.
• c’è, come accennato, un forte rischio di autoreferenzialità delle organizzazioni di volontariato che, a volte, impedisce di costruire insieme con altri soggetti del terzo settore e, non solo, percorsi partecipati di ricerca del bene comune, della giustizia sociale, di tutela ambientale.
• la pratica delle convenzione rischia non solo di diventare l’unica fonte di finanziamento stabile di alcune organizzazioni di volontariato, creando una dipendenza stretta dal pubblico, ma rischia di essere limitante la “libertà” dell’organizzazione stessa. Altro rischio della pratica delle convenzioni è l’ accordo al minor costo, o ancora peggio, in alcuni casi, la pratica al massimo ribasso.
Le organizzazioni che lavorano a fianco delle pubbliche amministrazioni dovrebbero inoltre assicurare ai volontari una formazione continua e strutturata. Ciò significherebbe anche un rinnovato impegno delle organizzazioni di volontariato alla loro missione originaria aumentando la motivazione tra i potenziali volontari.
• Il volontariato giocandosi in territori di frontiera è sempre stato capace di individuare bisogni e ipotizzare soluzioni praticabili che sono poi diventate sistema. È necessario continuare ad avere questa capacità di leggere i fenomeni con la capacità di dare risposte nuove insieme ad altri soggetti.
• sicuramente una sfida del prossimo futuro sarà quella di valorizzare l’apporto che le cosiddette persone della terza età possono dare sia relativamente a percorsi di crescita e di accompagnamento dei giovani, sia nel valorizzare le conoscenze, competenze, abilità da loro acquisite.
• Infine, le organizzazioni di volontariato dovrebbero garantire maggior trasparenza e visibilità relativamente ai propri budget e le proprie spese. Migliorare i sistemi di valutazione non solo per valutare l’impatto dei proprie attività e la loro sostenibilità futura.