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Ginevra e suo fratello Alessandro si ritenevano molto fortunati: avevano due nonni fantastici che trascorrevano parecchio tempo con loro e amavano

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Academic year: 2022

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Ginevra e suo fratello Alessandro si ritenevano molto fortunati: avevano due nonni fantastici che trascorrevano parecchio tempo con loro e amavano molto i loro nipoti.

Nonna Rosetta e nonno Antonio, infatti, andavano a prenderli a scuola, li aiutavano a fare i compiti e giocavano volentieri con loro. Nonna Rosetta, poi, sapeva cucinare manicaretti succulenti e dolci che rendevano speciale la merenda dei suoi golosi nipoti.

Da qualche giorno, però, Ginevra era

un po’ triste e la compagnia dei nonni non bastava a sollevarle il morale. Per il suo compleanno, che sarebbe stato tra una settimana, aveva chiesto ai

genitori di avere un cane. Ginevra lo chiedeva ormai da 4 anni, poiché amava molto gli animali e i cani in particolare.

Ma anche quest’anno, come ogni anno, la mamma e il papà l’avevano fatta ragionare spiegandole il motivo del loro rifiuto: un cane ha bisogno di stare con i padroni. Non può rimanere a casa da solo tutto il giorno perché i suoi padroni sono al lavoro e a scuola!

Suo fratello la vide con una faccia così sconsolata che le domandò se stesse male. Ginevra si sfogò raccontando il suo grande desiderio al fratello.

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Alessandro, che la appoggiava in pieno, ci pensò ed ebbe un’idea: i nonni non andavano a lavorare e avrebbero avuto tutto il tempo per dedicarsi al cane, facendogli compagnia e portandolo a fare i “bisognini”.

Ma quando i due fratelli andarono dai nonni, pieni di entusiasmo, per fare la loro richiesta, rimasero profondamente delusi dalla reazione della nonna Rosetta.

Infatti, mentre il nonno sembrava abbastanza d’accordo, la nonna si mostrò risoluta nel negare ai ragazzi a realizzazione del loro desiderio.

“I cani sono sporchi! In casa non possono stare! E noi non abbiamo un giardino in cui farlo vivere.” In effetti Ginevra e Alessandro avevano dimenticato il più grande difetto della nonna Rosetta, quello di essere un po’ maniaca dell’igiene.

Perfino loro due, che lei adorava, dovevano stare sempre attenti a non sporcare mentre giocavano!

Il giorno dopo, a scuola, una compagna di Ginevra di nome Ludovica la vide un po’ triste, seduta da sola sui gradini davanti all’aula mentre gli altri bambini scorrazzavano in giardino. Quando Ludovica scoprì il motivo per il quale Ginevra era così abbacchiata, le fece una proposta: “Chiediamo alla mia nonna di invitare te e tua nonna un pomeriggio da lei!”.

La nonna di Ludovica aveva un simpatico cagnolino, affettuoso e ubbidiente, perfetto per mostrare alla nonna Rosetta che i cani non erano demoni dediti a creare sporcizia intorno a loro!

Allora, con la scusa di un compito da fare insieme, Ginevra e la nonna Rosetta, che era andata a prenderla a scuola, furono invitate a casa della nonna di Ludovica.

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Nonna Rosetta fece presto amicizia con la nonna della compagna di Ginevra, che era una dolce signora socievole e garbata. Apprezzò anche la sua casa, elegante ma sobria. Si divertì perfino a fare qualche moina e a dare qualche biscottino al cagnolino buffo che dormiva nel suo lettino, ma che era sempre pronto a correre da chi voleva coccolarlo e a giocare con le due bambine. Chiacchierando con la nonna di Ludovica, capì che un cane può anche essere educato a non saltare sul tavolo e a non salire sul letto; comprese che un cane non necessariamente cerca di scavare nella terra, di triturare le piante ornamentali o di infilare il muso nei contenitori della spazzatura. Il cagnolino che

aveva appena conosciuto, anzi, mostrava di apprezzare quando la sua padrona cambiava il lenzuolino del suo lettino, mettendone uno pulito!

Tonata a casa, la nonna Rosetta chiamò i nipoti in cucina e disse loro che quel pomeriggio si era resa conto che un cane poteva non essere anti- igienico come credeva. Ma disse loro anche che, purtroppo, aveva fatto una considerazione che le impediva di prendere un cane: al contrario della nonna di Ludovica, lei non aveva un

“pezzetto di giardino” dove il suo

cane avrebbe potuto farsi una corsetta o i fare i suoi bisognini. Lei e il nonno vivevano in un appartamento, anche piuttosto piccolo. Per il bene dell’animale, non si poteva farlo rimanere sempre chiuso in un piccolo appartamento. Ginevra scoppiò a piangere perché si sentiva egoista: non aveva pensato alle esigenze del cane, ma solo alle proprie. Alessandro, invece, non era troppo convinto che le riflessioni della nonna fossero corrette. Pensava a tutte le volte che, giocando nel campetto di calcio, aveva visto delle persone che portavano il loro cane nell’area cani recintata che si trovava non lontano.

I padroni restavano molto tempo nel recinto a chiacchierare, mentre i loro cani correvano, annusavano l’erba o giocavano a fare la lotta o a riportare palline e legnetti.

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Alessandro raccontò alla nonna Rosetta tutto quello che aveva osservato. Fece anche una riflessione

interessante: forse queste aree dedicate ai “quattrozampe”

potevano sostituire il giardino, anzi, forse erano perfino meglio di quei giardini dove, anche se avevano tanto spazio, i cani venivano lasciati soli soletti per tutto il giorno a sonnecchiare sullo zerbino nella

speranza di poter entrare in casa o ad abbaiare isterici ad ogni passante che camminava oltre il loro cancello.

Fu a quel punto che, inaspettatamente, intervenne il nonno. Il nonno Antonio, che aveva ascoltato tutto, si mostrò ben felice di offrire il suo contributo alla causa e promise di portare il cane al “parchetto dei cani” tutti i giorni. La sera stessa nonni e nipoti parlarono con i genitori dei bambini.

A quel punto, però, Ginevra stupì tutti ponendo una condizione: non voleva che acquistassero un cucciolo in un allevamento. Con molto buon senso e sensibilità affermò che c’erano tanti trovatelli senza una famiglia nei canili e nei rifugi e che desiderava salvare uno di loro.

Il giorno del suo ottavo compleanno tutta la famiglia (nonni, bambini e genitori) si recò al canile più vicino.

Fu molto difficile scegliere tra tanti cagnolini che li guardavano con occhi umidi e speranzosi, ma grazie alle indicazioni dei volontari che conoscevano bene ogni animale presente nella struttura,

portarono a casa una dolce cagnolina di cinque anni, di taglia media, che aveva il pelo morbidissimo. La chiamarono Belinda, come una canzone di Gianni Morandi, che piaceva tanto alla nonna.

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Ginevra pensò di essere al colmo della felicità: finalmente aveva realizzato un desiderio

che coltivava da lungo tempo.

Eppure quello fu solo l’inizio. Perché tutta la famiglia si affezionò presto a Belinda. La nonna riuscì a viziarla preparando tante squisite pappe e finì per tenerla accanto a sé sul divano mentre guardava le soap del pomeriggio (dimenticandosi completamente le sue ansie iper- igieniste).

Il nonno si fece molti nuovi amici all’area cani, con cui chiacchierava e organizzava lunghe passeggiate in campagna con i cani al seguito.

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Ginevra, dopo aver fatto i compiti, coccolava Belinda e la spazzolava con cura.

Anche Alessandro, tra due calci al pallone e un giro in bicicletta, correva all’area cani per tirare un bastoncino a Belinda e mostrare ai suoi amici quanto fosse bravo ad addestrare “il suo cane”.

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Anche i genitori di Ginevra collaborarono, portando Belinda dal veterinario con l’automobile e occupandosi di lei quando i nonni non si sentivano in forma.

Certo, Belinda era un impegno per tutti, ma era diventata parte della famiglia! E l’amore che dimostrava a tutti era ricambiato e unì ancora di più i membri di quella bella famiglia.

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Il cane da cui i bambini hanno preso spunto per disegnare Belinda si trovava presso il canile della Lega per la Difesa del cane di Segrate. Si chiamava Luna ed è stato adottato.

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