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4. ANALISI STRUTTURALE

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Academic year: 2021

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4. ANALISI STRUTTURALE

In questo capitolo saranno analizzati i dati derivati dall’analisi strutturale delle deformazioni alla micro e alla mesoscala, che caratterizzano l’Unità Toscana non metamorfica nell’area rilevata in questa tesi.

Durante il rilevamento geologico è stata effettuata una raccolta sistematica della giacitura di tutti gli elementi strutturali delle varie fasi deformative riconoscibili in campagna, ovvero della stratificazione S0, dei piani assiali e degli assi delle pieghe, delle foliazioni e, quando possibile, delle lineazioni mineralogiche e di estensione. Tali dati sono stati poi elaborati con uno studio statistico, e mediante lo stereonet si è analizzata la distribuzione di queste misure nello spazio.

Sulla base dei risultati del rilevamento geologico, sono stati analizzati in dettaglio gli affioramenti in cui era possibile riconoscere la cronologia delle deformazioni. Sono stati scelti alcuni affioramenti in base alla migliore esposizione dei caratteri strutturali; su questi sono state prese misure di strato, misure di elementi quali foliazione, asse e piano assiale di pieghe, direzioni di lineazioni, e da qui è stata condotta un’analisi mirata alla ricostruzione temporale di tutti gli eventi deformativi riconosciuti.

Infine abbiamo raccolto campioni per l’analisi strutturale al microscopio ottico, in modo da ricostruire i rapporti tra le varie fasi deformative e descrivere più dettagliatamente le paragenesi associate alle diverse foliazioni riconosciute.

Da queste analisi, come sarà spiegato nei prossimi paragrafi, si è ricostruito un quadro tettonico in cui compaiono quattro fasi deformative, di cui la prima, la seconda e la quarta hanno carattere compressivo, mentre la terza ha carattere estensionale. Si ha perciò un sistema costituito da pieghe di diverse fasi che interferiscono tra loro, deformate in maniera fragile da

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faglie trascorrenti legate alla terza fase deformativa, ulteriormente piegate dall’ultima fase compressiva e infine tagliate da un evento distensivo che ha dato origine a faglie dirette a direttrice appenninica, tipiche di tutta la Toscana. Questo è il quadro generale emerso dalle evidenze di campagna e dal lavoro di laboratorio. Nel capitolo successivo sarà affrontato anche l’aspetto tettonico e sarà proposta un’interpretazione dei dati elaborati nell’analisi strutturale.

4.1 CARATTERISTICHE DELLA PRIMA FASE DEFORMATIVA

La prima fase deformativa D1 è caratterizzata da strutture riconoscibili principalmente nei litotipi argillitici e marnosi della formazione della Scaglia toscana. Queste strutture sono rappresentate da una foliazione relitta S1 penetrativa, alla quale sono associate rare pieghe (F1). Per la scarsità degli affioramenti e per la loro cattiva conservazione, non sono sempre visibili strutture associate al piegamento quali lineazioni mineralogiche, di estensione, e boudin; sono stati riconosciuti, invece, lineazioni di intersezione e vene sintettoniche.

La figura 4.1 mostra proprio i rapporti esistenti fra le strutture legate alla prima fase deformativa e l’ellissoide dello strain. L’orientazione di tale ellissoide è sempre ben riconoscibile in campagna qualora si riconoscano la S0 piegata (piano XZ), le lineazioni di intersezione LS0-S1 (lungo l’asse Y nel piano YZ) e le lineazioni mineralogiche e di estensione (lungo l’asse x di massima estensione nel piano XY o di foliazione S1). Grazie a questo riconoscimento possiamo prendere campioni che verranno poi sezionati secondo un preciso piano dell’ellissoide della deformazione.

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Fig 4.1 Schema dei rapporti esistenti tra le strutture legate alla prima fase deformativa e

l’ellissoide dello strain.

FOLIAZIONE S1: La foliazione relitta S1 risulta sempre parallela alla stratificazione S0 o

alla fissilità, ed è particolarmente evidente lungo i fianchi delle pieghe F1 in litologie pelitiche e/o marnose. È il carattere strutturale più importante della fase deformativa D1, e risulta evidente alla scala meso- e microscopica. Ha carattere penetrativo, ed è piegata dalle fasi deformative successive. Poichè la fase D1 è caratterizzata anche da pieghe isoclinali, la foliazione S1 risulta coinvolta nelle strutture deformative legate a questo piegamento, e dunque avvolge i boudins ed è diffratta negli strati più competenti piegati.

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Le misure di questa foliazione, analizzate tramite stereonet, si disperdono su un grande cerchio, a causa delle interferenze con le fasi deformative successive, passando da suborizzontali a subverticali.

0 0

S0 di stratificazione Foliazione S1 relitta

N° misure: 270

Max dens. = 8.55 (at 180/72) Min dens. = 0.00

N° misure = 240

Max dens. = 17.41 (at 180/72) Min dens. = 0.00

Fig 4.2 Diagramma della distribuzione della percentuale relativa alla S0 e alla foliazione

relitta S1 nella formazione della Scaglia Toscana dell’intera zona rilevata.Come si estrapola

dallo stereonet, questa foliazione ha una dispersione di direzione e di immersione dovuta alle fasi deformative successiv, che non permette di darne una misura media.

PIEGHE F1:Le pieghe legate alla fase deformativa D1 sono classificate come

isoclinali-subisoclinali (Fleuty, 1964), in relazione ai diversi tipi di roccia interessati. Secondo la classificazione di Ramsey sulla variazione dello spessore degli strati dai fianchi alla cerniera, le pieghe F1 risultano approssimativamente simili, con geometria appartenente alla classe 2 o 3 (diagramma t’α – α di Ramsey, 1967). Infine secondo la classificazione armonica visiva di Hudlestone del 1973, che tiene conto della forma ma anche del rapporto esistente tra ampiezza e lunghezza d’onda della piega, le F1 cadono nella classe C/D 4.

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Fig Metodi per la determinazione degli spessori.

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Fig A) Principali classi di pieghe; B) grafico degli spessori tα rispetto all’angolo α.; C) Altri tipi dipieghe

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Fig 4.2 Piega subisoclinale legata alla prima fase deformativa, in un affioramento sulla strada che dal

paese di Arcidosso va verso Monte Aquilaia. La matita evidenzia la direzione del piano assiale di queste pieghe, qui sviluppatesi all’interno del membro delle Argilliti di Brolio appartenente alla formazione della Scaglia Toscana.

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Fig 4.3 Un altro esempio di piega isoclinale dovuta alla prima fase deformativa, in un affioramento

sulla strada che dal paese di Stribugliano va verso Monte Buceto. Si può vedere come il piegamento interessi livelli a diversa competenza all’interno del membro delle Marne del Sugame, appartenente anch’esso alla formazione della Scaglia Toscana.

LINEAZIONE DI INTERSEZIONE : L’intersezione della S0 con la S1 dà origine ad una lineazione L S0-S1 talvolta evidente alla mesoscala. Nei livelli ricchi in fillosilicati, dove tale intersezione è più evidente, si formano note strutture di intersezione note come intersection pencil structures. La L S0-S1 è materializzata anche lungo l’asse maggiore dei boudins, e sui fianchi delle pieghe. Poichè la S1, per trasposizione durante la D1, si è parallelizzata alla S0, gli unici punti in cui si può osservare un’intersezione tra queste due superfici risultano le cerniere delle pieghe F1 . Tali strutture sono però poco evidenti alla mesoscala, vista la scarsità degli affioramenti in cui le pieghe F1 sono realmente ben conservate.

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LINEAZIONI: Sono evidenti solo là dove consideriamo le ricristallizzazioni di minerali nelle vene sintettoniche di tipo antitassiale e all’interno delle strain fringes intorno ai granuli detritici. Alla mesoscala queste vene sono ben evidenti, e caratterizzate da calcite e/o quarzo. Se osservate sulla superficie di foliazione S1, corrispondente al piano XY dell’ellissoide dello strain, materializzano la direzione di massima estensione. Alla microscala, come approfondiremo successivamente, si ha la conferma della natura antitassiale di queste vene.

Anche le strain fringes, come detto sopra, rappresentano lineazioni mineralogiche poichè conservano al loro interno ricristallizzazioni di calcite e/o quarzo ( si veda la figura 5....). Se osservate sul piano XY di S1 rappresenterebbero anche queste strutture la direzione di massima estensione. Alla mesoscala però non sono evidenti strain fringes che, sebbene rare, si ritrovano invece alla microscala.

A causa delle litologie sfavorevoli e della scarsità degli affioramenti utili, le lineazioni di estensione L1 risultano praticamente mai evidenti.

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STRUTTURE LEGATE AL BOUDINAGE : Queste strutture risultano molto spesso presenti sui fianchi delle pieghe F1, soprattutto nelle formazioni in cui il grande contrasto di competenza fra i livelli pelitici e quelli calcilutitici porta questi ultimi a fratturarsi e separarsi in singoli blocchi. È il caso del membro delle Argilliti di Brolio e delle Argilliti di Monte Cintoia nella formazione della Scaglia Toscana lo spazio tra i boudines è costituito da materiale che è fluito plasticamente o da ricristallizzazioni di quarzo e/o calcite. Quando invece il contrasto di competenza è basso, i livelli interessati da boudinage vengono sottoposti ad un processo chiamato necking; ossia prima gli strati si assottigliano in maniera duttile nelle zone di debolezza; solo successivamente si fratturano e danno origine ai boudins. Inoltre nella maggior parte delle sezioni tagliate perpendicolarmente alla foliazione S1 e contenenti l’asse X di massima estensione (piani XZ dell’ellissoide dello strain), l’asse X risulta materializzato dalla direzione di estensione dei boudins, tuttavia non sono rari esempi di boudins ruotati rispetto a questa direzione.

Fig 4.5 Esempio di boudinage in un affioramento appartenente alla formazione della Scaglia

Toscana. Si può notare come lo strato più competente si sia fratturato e in questi spazi sia fluito il materiale meno competente.

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In un sistema deformativo complesso come questo è facile che i boudins siano associati alle pieghe. Questo si spiega con una deformazione progressiva in cui gli oggetti sottoposti a stress sono stati sottoposti prima ad un campo di compressione, e poi di estensione. Questa successione di eventi si ha per somma di uno stato di deformazione finita ed uno di deformazione incrementale, che può dare origine perciò a boudins piegati se si ha prima un’estensione e poi un raccorciamento, o viceversa a pieghe boudinate se prima avviene un raccorciamento e solo dopo un’estensione.

4.1.1 Caratteristiche microscopiche della prima fase deformativa

Come si è detto nel paragrafo precedente, alla scala dell’affioramento la superficie di stratificazione S0 risulta trasposta fino a diventare parallela alla foliazione di piano assiale S1. Per essere certi della natura della S1 è perciò necessario analizzare campioni di roccia prelevati in campagna, che possano mantenere alla microscala le caratteristiche della foliazione di piano assiale. Di seguito verranno riportati i risultati ottenuti dall’analisi microscopica dei campioni scelti, con le foto degli elementi più caratteristici e le relative descrizioni microstrutturali.

Uno dei campioni che più ci ha chiarito la natura della superficie S1 è stato prelevato nelle Marne a Posidonomya, a SE di Monte Aquilaia. Macroscopicamente presenta una anisotropia data dall’alternanza di letti a composizione diversa, che danno origine a livelli di materiale più chiaro.

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Dal punto di vista microscopico, l’anisotropia planare è determinata da livelli lepidoblastici costituiti da fillosilicati, ossidi, idrossidi e materiale a granulometria fine, principalmente di mica bianca, che si alternano a letti granoblastici costituiti prevalentemente da minerali quali calcite e feldspato anch’essi a granulometria fine - molto fine. In generale i letti granoblastici possono essere costituiti anche da quarzo, fillosilicati, ossidi e subordinatamente da plagioclasi. La paragenesi riferibile alla prima fase deformativa è data da quarzo, calcite, feldspati, mica bianca, ossidi e idrossidi. Sono presenti anche vene costituite da cristalli subedrali-anedrali di calcite. La foliazione S1 è quindi data dall’allineamento dei minerali di neoformazione e, in parte, dalla riorientazione dei minerali.

0.07 mm

Fig Sezione sottile del campione Arc 54 preso all’interno dell’affioramento di Marne a

Posidonomya presso Monte Aquilaia. Come descritto nel testo, risulta ben evidente la foliazione S1 grazie all’alternanza di letti lepidoblastici e granoblastici, e all’isorientazione

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Nei livelli più fini (pelitici), che per le caratteristiche reologiche registrano meglio la deformazione, la foliazione di piano assiale S1 può essere classificata, sebbene risulti abbastanza spaziata, come slaty cleavage.

Lo slaty cleavage, secondo la definizione di Passchier & Trouw (1998) è una foliazione secondaria, ossia sviluppata in risposta alla deformazione permanente della roccia, è continua o spaziata, ed è tipica di rocce a granulometria fine (slates e filladi). Quando osservato sulle

0.04 mm

Fig Particolare dell’immagine precedente, ingrandimento 40X. In questa figura risulta

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sezioni XZ dell’ellissoide dello strain, risulta penatrativo e molto fitto anche a scala microscopica. Si tratta dunque di una anisotropia planare, come visto nei campioni descritti precedentemente, determinata da livelli lepidoblastici che, nelle sezioni tagliate perpendicolarmente al clivaggio e contenenti l’asse di maggiore allungamento, costituiscono una fitta rete anastomizzata che individua domini lenticolari allungati lungo i piani di clivaggio. Questi domini sono quelli che si notano anche all’osservazione macroscopica del vetrino, hanno dimensione e forma variabili, e sono costituiti da aggregati policristallini, se di dimensioni più elevate (da qualche mm a 1 mm), o da singoli cristalli se più piccoli (sotto il mm). In questi ultimi la deformazione porta allo slittamento lungo i piani cristallografici (001), permettendo così ai singoli cristalli di allungarsi secondo la direzione di massima estensione. Nel caso degli aggregati policristallini, invece, ciò che accade ad esempio al quarzo, è l’estinzione ondulata e la grain boundary migration per ricristallizzazione dinamica; ciò porta al trasferimento delle dislocazioni dal cristallo più deformato a quello meno deformato, con conseguente crescita del cristallo meno deformato a spese di quello più deformato. La ricristallizzazione dinamica provoca anche la formazione, secondo l’asse di massima estensione, di strain shadows ai lati opposti dei singoli cristalli detritici e degli aggregati policristallini: in genere si tratta di strain shadows debolmente asimmetriche, non sempre evidenti, riempite principalmente da quarzo e fillosilicati microcristallini in seguito alla pressione e dissoluzione dei granuli.

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Oltre alla pressure solution, i meccanismi deformativi che agiscono durante la prima fase D1 sono dunque il grain boundary sliding (soprattutto per i granuli detritici) e la crystal plasticity, ossia la suddivisione in subgrain per i cristalli di quarzo, e la formazione di twin lamellae e twin bands per i cristalli di calcite e plagioclasio, descritti nel paragrafo successivo.

0.04 mm

Fig Sezione sottile del campione Arc 54. Al centro è stato fotografato un cristallo con

strain fringes ben evidenti, asimmetriche, indicanti una importante ricristallizzazione ed un debole senso di taglio sinistro.

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Fig Due sezioni sottili del campione Arc 51. L’isorientazione dei minerali rende possibile

anche in questo litotipo individuare una foliazione principale. In queste due figure, inoltre, è ben evidente l’azione della pressure solution sui minerali detritici, che ha portato in alcunicasi al saldamento di essi tra loro.

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4.1.2 Analisi della geminazione della calcite secondo il metodo di Burkhard

La presenza di geminazioni nei cristalli di calcite è importante per determinare l’orientazione dei principali assi del paleostress e la temperatura alla quale la roccia ha subito una deformazione coassiale (Turner, 1953; Laurent et alii, 1981; Dietrich & Song, 1984; Borradaile & McArthur, 1990; Shelley, 1992; Ferril, 1991; Burkhard, 1993). Alcuni autori estendono questo metodo anche ad altri minerali : la dolomite (Christie, 1958), i pirosseni (Raleigh & Talbot, 1967), l’olivina (Carter e Raleigh, 1969) e i plagioclasi ( Lawrence, 1970).

La geminazione è un importante meccanismo di deformazione intracristallina generata come risposta ad un campo di stress caratterizzato da temperature e pressioni confinanti molto basse (2-12 Mpa). L’orientazione dei geminati indica le principali direzioni di raccorciamento e di estensione del paleostress, ma solamente in materiali isotropi l’orientazione dello stress e dello strain coincidono. In base, invece, alle caratteristiche geometriche di tali elementi si può risalire indicativamente alla temperatura alla quale si è sviluppata la deformazione.

Secondo la classificazione proposta da Burkhard nel suo lavoro del 1993 le geminazioni nella calcite possono distinte in quattro classi:

- TIPO I : geminazioni sottili, diritte, di dimensioni inferiori a 1 µm, 1-2 o 3 set per granulo. Indicano piccole deformazioni e temperature molto basse ( inferiori a 200°C) tipiche di un post-metamorfismo o di una tettonica tardiva.

- TIPO II : geminazioni di dimensioni superiori a 1 µm, diritte, leggermente a forma di lente. Indicano una deformazione con temperature comprese tra 150-200°C; il

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passaggio dalla classe I alla classe II avviene forse per ragioni termodinamiche, ma non è chiaro;

- TIPO III : geminazioni a fiamma, o di due famiglie che formano angoli di 60° tra loro. Indicano una temperatura superiore ai 200°C;la facies metamorfica è l’anchizona; lo sviluppo degli elementi di questa classe può essere dovuto all’onset di meccanismi di deformazione intracristallini, oltre che ad e-geminazioni e particolari glide di piani r- e f-, entrambi meccanismi noti per essere fortemente dipendenti dalla temperatura;

- TIPO IV : geminazioni con margini serrati per grain boundary migration. Indicano temperature superiori a 250°C, legate a ricristallizzazione dinamica, sintettonica.

Fig Rappresentazione schematica delle quattro classi di geminazioni suggerite da Burkhard e adottate

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Nelle sezioni sottili eseguite per questa tesi sono presenti cristalli di calcite a granulometria variabile, ma sempre caratterizzati da geminazioni piuttosto sviluppate.

0.07 mm

Fig Sezione sottile del campione Arc 54, ingrandimento 20X. Inquesta foto si possono oseervare entrambe

le famiglie di geminazioni descritte nel testo: la geminazione tipo I, nel cristallo al centro dell’immagine, ela geminazione tipo II nei cristalli circostanti.

In base alle caratteristiche geometriche riconoscibili al microscopio ottico, possiamo classificare tali geminazioni come appartenenti al tipo I e al tipo II precedentemente descritti, secondo la classificazione di Burkhard (1993). La calcite, infatti, presenta sia 2 set di geminazioni sottili, sia geminazioni più evidenti, con spessori maggiori e geminati paralleli. Si presume perciò, secondo lo schema proposto da Burkhard, che tali geminazioni siano riferibili a deformazioni avvenute tra 150°C e 200°C.

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0.14 mm

0.14 mm

Fig Vene di calcite all’interno del campione Arc 54, ingrandimento 10X. Si possono

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4.2 CARATTERISTICHE DELLA SECONDA FASE DEFORMATIVA

La seconda fase deformativa (D2) risulta più evidente nei litotipi più competenti, a tutte le scale. Nell’area rilevata se ne possono osservare le caratteristiche in litotipi quali i Diaspri, rocce duttili e reologicamente adatte a conservare deformazioni di questo tipo. Si tratta principalmente di pieghe alle quali è associata una foliazione di piano assiale S2 che, per la competenza della formazione nella quale questo piegamento risulta più chiaro, non è ben sviluppata. Anche per questa fase deformativa a causa della scarsità degli affioramenti e per la loro mal conservazione, non sono sempre visibili strutture associate al piegamento quali lineazioni mineralogiche, di intersezione, boudins, lineazioni di estensione, vene sintettoniche e rocce di faglia lungo le zone di taglio.

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PIEGHE F2 : Le pieghe F2 hanno uno stile che varia da chiuso ad aperto secondo la

classificazione di Fleuty (1964), con angoli di apertura o di inflessione che variano tra i 40° e i 100°. Sono quasi sempre asimmetriche, hanno una cerniera non ispessita che varia da subangolosa a subarrotondata. Secondo la classificazione di Ramsey del 1967 sulla variazione dello spessore degli strati dai fianchi alla cerniera, le pieghe F2 hanno geometria parallela o simile, ossia appartengono alla classe 1B o 2 del diagramma t’α-α. Infine secondo la classificazione armonica visiva di Hudlestone del 1973, che tiene conto della forma ma anche del rapporto esistente tra ampiezza e lunghezza d’onda della piega, le F2 cadono nella classe D/E 3.

Sono quasi sempre caratterizzate alla mesoscala e alla microscala da pieghe tipo chevron, tipo kink asimmetriche e tipo conjugate kink folds molto caratteristiche. L’angolo compreso tra i fianchi delle pieghe tipo kink è circa 120°. Un ottimo esempio di queste pieghe F2 si può vedere nell’affioramento delle Marne del Sugame a Sud del rilievo morfologico dei Diaspri, che si trova a SE di Stribugliano.

Queste pieghe hanno piano assiale PA2 verticale che, facendo una media dei valori misurati in campagna, risulta avere un valore medio di N 10 verticale. Gli assi A2 allo stesso modo risultano suborizzontali, e in particolare il loro valore medio corrisponde a N 10 20 SW.

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Fig 4.9 Slickenfibres associate al piegamento per flexural slip (Hobbs, 1976)

Presso Pietra Sorbella, lungo la strada che da Stribugliano sale verso Monte Aquilaia, è stata eseguita una stazione di strutturale per analizzare le caratteristiche strutturali delle deformazioni registrate dalle rocce affioranti.

Questo rilievo morfologico è costituito esclusivamente da rocce appartenenti alla formazione dei Diaspri, che hanno registrato perfettamente la seconda e la terza fase deformativa.

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Fig 4.10 Affioramento di

Diaspri presso Pietra Sorbella, ad Ovest di monte Aquilaia. Qui è stata eseguita un’analisi di dettaglio poichè è stato possibile riconoscere la

cronologia delle deformazioni. Da queste

analisi si è perciò potuto ricostruire la storia deformativa dell’intera area, proponendo il modello di deformazione illustrato in questo capitolo.

L’affioramento raggiunge una potenza di circa 25m, per una larghezza di circa 15m. Per la natura dei Diaspri, rocce reologicamente adatte a conservare deformazioni di questo tipo, questa deformazione è decisamente la più conservata nei suoi caratteri strutturali.

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Fig 4.11 Un’altra immagine dell’affioramento presso Pietra Sorbella. Si può vedere il fianco

lungo delle pieghe associate alla seconda fase deformativa D2.

Il piegamento avviene prevalentemente tramite il meccanismo di flexural slip, ossia la deformazione dovuta al piegamento è controllata dal taglio semplice parallelo alle strutture planari, ed è discontinua e localizzata alle interfacce del layering planare. Questo tipo di piegamento si ha quando ci sono strati con litologie ben distinte, separate da superfici nette, come nel caso della formazione dei diaspri, costituita da strati di rocce silicee.

La deformazione in questo modello di piegamento è concentrata lungo superfici parallele, ed avviene per flessione intorno ad un asse con spostamento lungo superfici parallele al multilayer. Lo scivolamento strato su strato è perciò sempre maggiore spostandoci dalla cerniera ai fianchi. Nei casi più generici, dunque, il flexural slip dà origine a pieghe con geometria tipo chevron, armoniche o addirittura, là dove il rapporto tra lo spessore dello

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strato competente e quello dello strato meno competente è alto, pieghe tipo kink o chevron irregolari, che si avvicinano molto al tipo di piega che vedimo nell’affioramento scelto per rappresentare questa fase deformativa.

Associate a questo modello di piegamento, ci sono strutture secondarie lungo le superfici di strato S0, che si generano proprio in seguito a questa deformazione: innanzitutto le superfici slickensides, con strie di movimento e vene di taglio fibrose ( slickenfibres ) ortogonali alla linea di cerniera A2, che indicano la direzione di scivolamento reciproco degli strati, testimoniando il movimento per taglio semplice che si viene a creare parallelamente alla stratificazione durante il piegamento per flexural slip.

In secondo luogo, altre strutture tipiche di questo modello di piegamento sono le tension gashes, ossia vene di deformazione che si formano durante lo stress, con geometria legata alla direzione degli assi di massima deformazione istantanea. Infine altre strutture riferibili al flexural slip sono le pieghe parassite di piccole dimensioni che si trovano sui fianchi e in zona di cerniera delle F2 di scala maggiore: le pieghe parassite, che interessano i livelli più competenti, e che nascono come pieghe asimmetriche per effetto del taglio semplice associato al meccanismo di piegamento di flexural slip.

Sono però presenti anche pieghe, legate a questa fase deformativa, con piano assiale suborizzontale, come quella che vediamo nella figura 4.8 .

Fig 4.12 Piega legata alla fase

deformativa D2 nella formazione della

Scaglia Toscana. Il piano assiale di queste pieghe risulta suborizzontale, e sono evidenti la foliazione relitta S1 e la

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FOLIAZIONE S2 :La foliazione S2 legata alla seconda fase deformativa non risulta di

chiara evidenza poichè il piegamento al quale è associata affiora in litologie estremamente competenti quali i Diaspri. Possiamo comunque dire che questa foliazione è parallela al piano assiale delle pieghe di seconda fase, ha carattere disgiuntivo, un andamento subverticale e una dispersione di ± 30°.

CATACLASITI FOLIATE: Nella formazione della Scaglia toscana, e in particolare nel membro delle Argilliti di Brolio, è stata osservata una importante zona di taglio sin-fase D1. L’affioramento si trova alle pendici dell’alto strutturale dei diaspri a SE di Stribugliano, lungo la s.v. dei Fontanili che dalla strada provinciale di Stribugliano porta verso Mt. Buceto.

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La cataclasite presenta frammenti di strato troncati, contatti indentati che perciò fanno escludere uno scivolamento per sovrascorrimento, e piani su cui si ha deposizione di minerali opachi e micacei, ossia stiloliti.

Fig 4.13 Affioramento lungo la strada che da Stribugliano sale verso Monte Buceto. La

cataclasite nella foto si trova all’interno del membro delle Argilliti di Brolio, nella formazione della Scaglia Toscana. Sono evidenti frammenti di varie dimensioni e composizione. L’affioramento si estende per 10 m circa per un’altezza di 3 m .

Dal punto di vista microstrutturale, il meccanismo deformativo della cataclasi si identifica otticamente per grani - aggregati di grani - frammenti di grani fratturati e di forma angolosa e subangolosa; per microfratture intergranulari, intragranulari e transgranulari; per superfici di scivolamento parallele ed oblique rispetto alla superficie di taglio principale; per allineamenti di grani e talvolta sviluppo di foliazione.

La zona che abbiamo segnalato in questo lavoro ha uno spessore di circa tre metri e risulta sempre parallela o subparallela alla giacitura della foliazione S1.

Ha una granulometria molto variabile, con frammenti isolati che hanno dimensioni da millimetriche a decimetriche senza soluzione di continuità ma con una orientazione preferenziale acquisita durante la prima fase deformativa. I frammenti hanno limiti angolosi, irregolari, e sono presenti anche frammenti di rocce policristalline. Sono immersi in una matrice più fine, argillitica, anch’essa intensamente deformata e foliata.

Alla mesoscala risultano chiaramente evidenti strutture SC, zone di taglio minori, strain cap, strain shadow e strain fringes.

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Caratteristica di queste rocce è infine la presenza di vene sintettoniche di tipo antitassiale intensamente boudinate e piegate. Esse risultano appartenere a più generazioni, sono costituite da calcite e/o quarzo, e sono interpretabili come connesse a circolazione di fluidi lungo le superfici di taglio, con formazione di più generazioni via via deformate durante lo sviluppo della deformazione progressiva.

La classificazione di questo affioramento risulta in parte problematica. Infatti la percentuale di frammenti di materiale indeformato e le loro caratteristiche potrebbero indicare che si tratta di una cataclasite, ma la presenza di una foliazione così ben sviluppata e le ricristallizzazioni probabilmente sincinematiche e non di fase tardiva suggeriscono che siamo nel pieno campo classificativo delle cataclasiti foliate.

GIACITURA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI DELLA FASE D2 : Le misure prese in

campagna relative alla fase deformativa D2 sono state analizzate mediante stereonet con il diagramma di distribuzione percentuale.

0 0

PA2

A2

N° mis = 25

Max dens. = 37.38 (at 195/70) Min dens. = 0.00

N° mis = 25

Max dens. = 37.38 (at 195/70) Min dens. = 0.00

Fig 4.14 Distribuzione dei principali caratteri strutturali della seconda fase deformativa:

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Come mostrano i grafici, la seconda fase deformativa è caratterizzata da piani assiali pressoché verticali ed assi circa orizzontali e ad andamento NNE-SSW, come si può vedere anche a carattere regionale nelle pieghe a grande scala legate alla terza fase deformativa ma concordi con gli andamenti principali di questa seconda fase.

4.3 PATTERN D’INTERFERENZA RELATIVI ALLE FASI D1 E D2

Quando in un sistema geodinamico si ha la sovrapposizione di due diverse deformazioni, l’una successiva all’altra, il pattern di interferenza che si ottiene varia a seconda dell’orientazione dell’ellissoide dello strain di ciascuna delle due deformazioni. Si possono ottenere, perciò, diversi risultati a seconda delle caratteristiche strutturali dei diversi eventi.

Un metodo per definire convenientemente queste orientazioni può essere quello di misurare l’angolo α tra gli assi e l’angolo β fra il piano assiale delle pieghe di prima fase e la normale all’asse delle pieghe di seconda fase, tracciato sul piano assiale di F2. Lo schema di interferenza di due sistemi plicativi più utilizzato rimane quello di Ramsey del 1967, riprodotto nella figura 4.3, sebbene altri autori, come Thiessen e Means (1980), abbiano modificato ed esteso la classificazione di Ramsey, introducendo nuovi parametri angolari, in maniera da descrivere tutte le interferenze. Questi autori, inoltre, hanno messo in evidenza il fatto che una grande varietà di strutture bidimensionali può essere ottenuta sezionando una struttura tridimensionale con piani diversamente orientati.

Secondo la classificazione di Ramsey le interferenze tra la fase D1 e la fase D2 nell’area che abbiamo rilevato, corrispondono al pattern 3, ossia siamo in presenza di due sistemi coassiali con piani assiali ortogonali.

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Nell’area rilevata questi pattern di interferenza sono raramente riconoscibili, tuttavia le strutture derivate dall’interferenza delle due fasi sono sempre evidenti alla megascala, come si può osservare dalla carta del rilevamento e dalle sezioni geologiche. Si tratta di grandi strutture di primo tipo, rappresentate da pieghe isoclinali, ripiegate, secondo gli schemi proposti, in sinformi ed antiformi caratterizzate da forte asimmetria.

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Fig 4.15 Schema classificativo dei vari tipi di interferenza tra due fasi deformative (Ramsey, 1967).

4.4 CARATTERISTICHE DELLA TERZA FASE DEFORMATIVA

La terza fase deformativa D3 risulta evidente poichè, agendo su una struttura già interessata da due fasi deformative precedenti, dà origine ad un sistema deformato in cui la foliazione S1 relitta e i piani assiali delle pieghe F2 subiscono un ulteriore piegamento, dando origine a strutture orizzontali.

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Fig 4.16 Foto di un affioramento di Marne a Posidonomya, alla base di monte Aquilaia.

In evidenza è stata messa una faglia legata alla terza fase deformativa estensionale.

Si possono dunque riferire alla fase deformativa D3 tutte le pieghe isoclinali a piano assiale suborizzontale, ricordando però che nell’intera struttura deformata ci sono altre pieghe isoclinali generatesi durante la prima fase deformativa, che a differenza di queste hanno una dispersione assiale di 90°.

PIEGHE F3:Sono pieghe da aperte a chiuse, secondo la classificazione di Fleuty (1964),

a grande raggio di curvatura, con cerniere acute alle scale più piccole e sempre più arrotondate mano a mano che consideriamo la scala maggiore. Secondo la classificazione di Ramsey sulla variazione dello spessore degli strati dai fianchi alla cerniera, le pieghe F3 risultano debolmente convergenti, con geometria appartenente alla classe 1C (diagramma t’α – α di Ramsey, 1967), mentre secondo la classificazione armonica visiva di Hudlestone del

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1973, che tiene conto della forma e del rapporto esistente tra ampiezza e lunghezza d’onda della piega, le F3 cadono tra la classe C/F 2 e la C/D 4.

Fig 4.17 Esempio di piega F3 a piano assiale suborizzontale nella formazione della Scaglia

Toscana.

Gli esempi migliori di queste strutture si ritrovano nelle litofacies argillitiche della formazione della Scaglia Toscana, ma alcuni esempi, sebbene meno evidenti, sono conservati anche nel membro delle Marne del Sugame, appartenente alla medesima formazione, e nella formazione dei Diaspri.

Le pieghe chiuse associate alla fase deformativa D3 hanno piano assiale PA3 suborizzontale, che facendo una media dei valori raccolti in campagna assume un valore modale di N 80 16 NW. L’asse A3 risulta anch’esso suborizzontale, ed il suo valore modale è di N 170 10 NW.

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Fig 4.18 Esempio di piega aperta, formazione delle Argilliti di Brolio alla base di

monte Aquilaia.

Fig 4.19 Esempio di piega nelle Argilliti di Brolio, a SE di monticello Amiata. 0 0

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a) b)

N° misure = 30

Max dens. = 20.59 (at 72/60) Min dens. = 0.00

N° misure = 30

Max dens. = 20.59 (at 72/60) Min dens. = 0.00

Fig 4.20 a) diagramma della distribuzione percentuale relativo ai piani assiali di tutte le

pieghe chiuse riconosciute alla mesoscala. b) diagramma della distribuzione percentuale relativo agli assi di tutte le pieghe isoclinali riconosciute alla mesoscala.

Le cerniere risultano generalmente arrotondate, o talvolta subarrotondate. Dunque può essere classificata come penetrativa già alla mesoscala. Negli affioramenti dell’area in esame dobbiamo comunque ricordare che sono poche le pieghe di questa fase deformativa che conservano effettivamente tutti gli elementi diagnostici descritti.

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Fig 4.21 Esempio di pieghe isoclinali a piano assiale suborizzontale nella formazione della Scaglia

Toscana, all’interno del Membro delle Argilliti di Brolio.

La figura 4.17 mostra l’andamento della S1 relitta in un affioramento chiaramente interessato anche dalla fase D3, che ha generato la dispersione dei piani assiali e degli assi delle pieghe isoclinali in tutta l’area rilevata.

Una stazione di analisi strutturale è stata eseguita alle pendici di Mt. Aquilaia, lungo la strada che giunge da Ovest e circonda questo rilievo, appartenente al membro delle Argillitit di Brolio, nella formazione della Scaglia Toscana. Si veda la figura 4.19. Sono visibili la foliazione relitta S1, che risulta deformata dalle due fasi deformative successive, e soprattutto le pieghe di terza fase F3, con piano assiale ed asse suborizzontali, a natura isoclinale.

Un altro affioramento sul quale si è potuta eseguire un’analisi strutturale di dettaglio appartiene al membro delle Marne del Sugame, nella formazione della Scaglia Toscana. Si trova lungo la strada che da sud di Stribugliano si dirige verso Monte Buceto. Qui, alle

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pendici del rilievo morfologico dei Diaspri, visibile nella carta redatta, è stato analizzato un affioramento di 15m circa di larghezza per circa 4m circa di potenza, in cui affiora la parte marnosa fine delle Marne del Sugame. Dal punto di vista strutturale sono risultati ben visibili elementi quali pieghe di seconda e terza fase, lineazioni e la foliazione relitta S1

FOLIAZIONE S3: Questa foliazione non risulta evidente come le altre due per la scarsità

degli affioramenti in cui risulta visibile. Ha caratteri simili alla foliazione legata alla seconda fase deformativa, è disgiuntiva, penetrativa e parallela al piano assiale delle pieghe derivanti da questa fase plicativa.

4.5 CARATTERISTICHE DELLA QUARTA FASE DEFORMATIVA

La quarta fase deformativa D4 è osservabile a tutte le scale, ma risulta evidente soprattutto in litotipi poco competenti come le argille delle Marne del Sugame appartenenti alla formazione della Scaglia Toscana. Dal punto di vista strutturale è costituita principalmente da pieghe F4 anch’esse osservabili a tutte le scale, alle quali si associa una foliazione di piano assiale S4 non penetrativa e lineazioni di intersezione.

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PIEGHE F4 : Sono pieghe aperte secondo la classificazione di Fleuty (1964), a grande

raggio di curvatura, con cerniere da acute alle scale più piccole a sempre più arrotondate mano a mano che consideriamo la scala maggiore. Secondo la classificazione di Ramsey sulla variazione dello spessore degli strati dai fianchi alla cerniera, le pieghe F4 risultano debolmente convergenti, con geometria appartenente alla classe 1C (diagramma t’α – α di Ramsey, 1967), mentre secondo la classificazione armonica visiva di Hudlestone del 1973, che tiene conto della forma e del rapporto esistente tra ampiezza e lunghezza d’onda della piega, le F4 cadono nella classe C/F 2.

Le strutture plicative legate alla D4 sono quasi sempre caratterizzate a grande scala da pieghe blande con cerniera arrotondata. I piani assiali risultano verticali o subverticali, e si sovrimpongono sempre su un edificio già strutturato e polideformato. Infatti l’effetto principale della deformazione D4 è dato dall’accentuazione della dispersione degli elementi strutturali delle fasi precedenti.

Figura

Fig 4.2  Diagramma della distribuzione della percentuale relativa alla S 0  e alla foliazione
Fig   Isogone caratteristiche delle principali classi di pieghe.
Fig   Schema della classificazione di Hudlestone.
Fig 4.2 Piega subisoclinale legata alla prima fase deformativa, in un affioramento sulla strada che dal
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