1 Polimeri cristallini
1.1 Cristallizzabilità dei polimeri
Per cristallizzabilità si intende la capacità che ha un polimero di formare una fase solida ordinata, il cristallo. Lo stato cristallino comporta una distribuzione regolare, nelle tre direzioni dello spazio, degli elementi strutturali costituenti il composto. Affinché ciò accada occorre che la molecola abbia già un elevato grado di regolarità al suo interno. In particolare ([29] Cap. 11):
I. La simmetria di una catena influenza sia la temperatura di fusione Tm che la capacità di
cristallizzare. Molecole come il polietilene (PE) o il politetrafluoroetilene che sono lineari hanno, infatti, la capacità di muoversi piuttosto liberamente all’interno del cristallo quando sono termicamente agitate: ciò comporta una stabilizzazione del cristallo e quindi un aumento di Tm. Molecole prive di tale simmetria non sono in grado di muoversi in questo
modo senza distruggere il cristallo. Inoltre molecole contenenti unità che comportano allontanamenti dalla simmetria lineare rendono più complessa la possibilità di formare cristalli. Un esempio può essere la presenza di un cis-doppio legame (I in Fig. 1.1): tale legame obbliga infatti la catena ad essere incurvata in quel punto. Altri esempi sono visibili in Fig. 1.1.
II. Ogni interazione intermolecolare tra le molecole favorisce la cristallizzabilità in quanto aiuta a tenere la struttura assieme. In molecole come il PE gli effetti intermolecolari sono dovuti a forze di van der Walls, ma molecole come le poliammidi hanno la possibilità di formare legami ad idrogeno. In quest’ultimo caso si osserva un fenomeno interessante: la competizione tra i legami ad idrogeno e la tendenza della molecola ad avere una conformazione lineare di minima energia (Fig. 1.2-a e b). Una molecola di nylon-6,6 ha la possibilità di soddisfare entrambe le condizioni; la stessa cosa non può essere detta per la
Figura 1.1. Gruppi
che impediscono la linearità della catena
energetico è però tale che la molecola preferisce piegarsi per generare tutti i legami ad idrogeno possibili.
III. Se una catena ha dei gruppi laterali diventa importante la tatticità della catena. La presenza di tali gruppi, infatti, rende più difficile alle catene di “incastrarsi” le une con le altre: tale difficoltà è ovviamente minore se i gruppi sono disposti in modo regolare. Un esempio di ciò è il polipropilene isotattico in cui la singola molecola acquista una conformazione ad elica (Fig. 1.2-c).
IV. Catene ramificate rendono più difficile l’impacchettamento e quindi abbassano il grado di cristallinità nei polimeri.
V. Un aspetto importante è il peso molecolare: il numero di gruppo terminali totali aumenta all’abbassarsi del peso molecolare. Poiché tali gruppi sono molto mobili occorre una temperatura più bassa per stimolare il moto termico delle molecole e quindi fondere il cristallo.
1.2 Impaccamento delle molecole
Il principio generale che regola l’aggregazione delle macromolecole di un polimero per formare un cristallo è quello del massimo impaccamento: le catene si devono avvicinare tra loro a distanze intermolecolari dello stesso ordine di grandezza di quelle che si riscontrano nei composti a basso peso molecolare, in modo da riempire lo spazio nel migliore modo possibile.
Figura 1.2. a) molecola di nylon-6,6; b) molecola di nylon-7,7; c) molecola di polipropilene isotattico: la fascia è messa solo per evidenziare la struttura ad elica.
Ne consegue che se la catena ha un ingombro pressoché cilindrico un modo favorevole di disporsi è quello mostrato in Fig. 1.3-a, con numero di coordinazione 6. Per molecole che adottano la conformazione ad elica è preferibile la Fig. 1.3-b, dove si compenetrano 5 catene, con quella centrale che ha un senso di spiralizzazione opposto a quello delle quattro circostanti.
Frequentemente, come avviene per molti composti a basso peso molecolare la struttura cristallina non è univocamente determinata dalle caratteristiche delle unità di ripetizione: celle cristalline di tipo diverso possono ottenersi da uno stesso polimero, variando le condizioni di cristallizzazione[27]. Il polimorfismo è attribuibile alla possibilità di esistenza di strutture sostanzialmente isoenergetiche. Strutture diverse possono risultare sia dall’impaccamento di catene con differenti conformazioni, che da diversi modi di impaccamento di catene con identica conformazione.
A condizionare quale delle strutture si formi durante la solidificazione del polimero contribuiscono diversi fattori; un ruolo determinante è giocato dalla temperatura di cristallizzazione, ma altrettanto importanti sono la presenza di campi di forze, sia di tipo meccanico (idrostatico o tensile) che elettromagnetico, e la presenza di altre sostanze quali solventi, diluenti polimerici, agenti nucleanti.
1.3 Morfologia e struttura
La cristallizzazione dei polimeri può avere luogo sia nel materiale in massa, per raffreddamento di un liquido fuso o per il riscaldamento di un vetro, sia da soluzioni, per raffreddamento o per evaporazione del solvente o anche, simultaneamente alla reazione di polimerizzazione. A seconda della modalità di cristallizzazione si ottengono morfologie diverse, alcune anche molto complesse.
Figura 1.3. a) coordinazione
di 6 elementi ad ingombro cilindrico. b)
compenetrazione di 5 eliche complesse: tratteggiata l’elica che ruota in senso opposto alle altre.
1.3.1 Cristalli da soluzioni diluite
Per raffreddamento di soluzioni così diluite da escludere la compenetrazione tra le molecole, si ottengono morfologie lamellari relativamente semplici in cui, talvolta, sono individuabili i piani cristallografici di crescita.
La morfologia di tali cristalli è stata ampiamente studiata nel caso del polietilene lineare; conviene perciò fare riferimento ai risultati ottenuti con questo polimero.
Lo spessore delle lamelle è di poche centinaia di Å ed aumenta all’aumentare della temperatura di cristallizzazione. La forma geometrica tipica è quella di una losanga più o meno troncata (Fig. 1.4) in cui si possono individuare sei facce laterali (hk0) ed il cui rapporto di troncazione G = d / D aumenta con la concentrazione della soluzione, la massa molecolare del polimero disciolto e la temperatura di cristallizzazione. Il rapporto G è anche influenzato dalle caratteristiche termodinamiche del solvente. Dagli spettri di diffrazione si ricava che l’asse delle macromolecole è pressoché perpendicolare al piano delle lamelle.
Poiché le macromolecole sono lunghe parecchi Å, mentre lo spessore delle lamelle è molto minore, se ne deduce che tali macromolecole sono ripiegate all’interno del cristallo (Fig. 1.5). Il modello di figura 1.5-a (detto adjacent re-entry) prevede una disposizione regolare a segmenti uguali e adiacenti della molecola; tale disposizione è quella da cui prendono il via diverse teorie sulla
(c)
Figura 1.4. A sinistra una
rappresentazione schematica di come si presenta una lamella; a e b indicano gli assi cristallografici della cella elementare. A destra tipico cristallo di polietilene; immagini da microscopio elettronico
Figura 1.5. Immagini di come una catena polimerica si dispone nel cristallo: a) Adjacent-reentry b)
crescita dei cristalli. La figura 1.5-b mostra una seconda possibilità detta switchboard model in cui il rientro della catena nel cristallo non è più adiacente ma completamente casuale. Quale dei due modelli sia più realistico è oggetto di dibattito: cristalli cresciuti da soluzioni si avvicinano di più al primo modello, mentre il secondo è più probabile in cristalli cresciuti da fuso. Si è inoltre osservato che in cristalli cresciuti da fuso si trova un alternarsi di zone cristalline e amorfe (Fig. 1.5-c).
1.3.2 Cristalli da fuso polimerico
Gli elementi caratterizzanti la morfologia dei cristalli cresciuti da fuso polimerico sono gli sferuliti; essi hanno un aspetto sferoidale ed un diametro che può variare in un ampio range di valori, da pochi micron a qualche centimetro, a seconda del tipo di polimero e delle condizioni di crescita.
Gli sferuliti sono costituiti da aggregati di lamelle. Le lamelle crescono in direzione radiale e si avvitano su sé stesse (Fig. 1.6-a); essendo la lamella un materiale anisotropo si possono osservare particolari effetti ottici (Fig. 1.6-b) che danno origine ad una figura a croce maltese. In figura 1.6-a sono indicati anche gli assi cristallografici a, b, c della cella elementare.
Le lamelle sono collegate tra loro da tratti di catena disordinati: infatti, la singola macromolecola può cristallizzare in una o più lamelle adiacenti.
Lo schema di crescita di uno sferulita è visibile in figura 1.7: a partire da un nucleo tridimensionale, le lamelle si dipartono radialmente e si ramificano, sviluppandosi in aggregati di simmetria sferica.
Figura 1.6. a) disposizione delle
lamelle all’interno dello sferulita.
b) effetto di “croce maltese”:
l’immagine rappresenta una sferulita con l’alternanza di bande chiare e scure. L’elissoide che si sposta radialmente vuole invece indicare la rotazione radiale della lamella visibile in a) e la sua relazione con l’intensità luminosa; la lamella è infatti otticamente anisotropa[27].
Figura 1.7. Schema di
1.4 Cristallizzazione
Il processo di cristallizzazione isoterma dal fuso può essere suddiviso in due stadi successivi, ordinariamente indicati con i termini di cristallizzazione primaria e cristallizzazione secondaria. Oltre alla cristallizzazione isoterma esiste la possibilità di cristallizzare molecole orientate.
1.4.1 Cristallizzazione primaria
La cristallizzazione primaria si realizza attraverso due fasi:
I. Nucleazione primaria: in questa fase vengono creati gli elementi capaci di funzionare da germi di cristallizzazione; può essere di due tipi, omogenea o eterogenea, a seconda che i germi cristallini abbiano o meno la stessa natura chimica del materiale che cristallizza. II. Accrescimento: una volta formati i germi di cristallizzazione, il nucleo cristallino comincia
ad accogliere altro materiale su di esso aumentando di dimensione. Questa fase è molto complessa e vari effetti possono influire su di essa; ciò ha fatto fiorire diverse teorie e interpretazione a seconda di quale (o quali) di questi effetti si ritiene essere preponderante. Queste due fasi saranno trattate in dettaglio nei capitoli successivi, quindi si rimanda ad essi per approfondimenti.
Per quantificare l’andamento del grado di cristallinità nel tempo si usa l’equazione (fenomenologica) di Avrami:
( )
1
exp[
Kt
]
x
t
x
=
n (1.1)dove x(t) e xOsono, rispettivamente, il grado di cristallinità espresso in frazione di volume al tempo
t e dopo un tempo infinitamente lungo; K è la costante di Avrami e n è un esponente intero legato al tipo di nucleazione primaria (omogeneo o eterogeneo) e alla geometria del cristallo[27].
1.4.2 Cristallizzazione secondaria
La cristallizzazione isoterma dei polimeri fusi ordinariamente non è mai completa: si osserva un progressivo aumento della cristallinità per tempi così lunghi che è sperimentalmente impossibile apprezzare l’istante a cui si ha la conclusione del fenomeno.
+
=
1
t
t
log
D
C
x
0 (1.2)con x grado di cristallinità espresso in frazione di volume e t0 l’istante di tempo a cui comincia la
cristallizzazione secondaria; C e D sono due costanti; l’equazione è del tutto empirica[27].
Si deve attribuire la cristallizzazione secondaria sia ad un miglioramento della perfezione dei cristalli già esistenti che ad un aumento della quantità di materiale cristallino presente nel campione.
1.4.3 Cristallizzazione di macromolecole orientate
La cristallizzazione di un insieme di macromolecole orientate, come ad esempio le macromolecole di un campione sottoposto all’azione di uno sforzo di elongazione, procede in modo sostanzialmente diverso dalla cristallizzazione in condizioni normali. Dal punto di vista morfologico, con il crescere dell’orientazione molecolare si può rilevare una progressiva variazione del tipo di organizzazione delle entità cristalline che si vengono a formare: si passa dagli sferuliti, tipici della cristallizzazione di sistemi isotropi, ad una morfologia fibrillare, in cui le catene polimeriche risultano organizzate in cristalliti orientati lungo la direzione di deformazione (Fig.
1.7).
Figura 1.7. Effetti sulla
forma degli sferuliti dovuto all’applicazione di uno sforzo; la freccia indica la direzione dello sforzo.
grandezza superiori a quelle corrispondenti a sistemi non orientati nelle stesse condizioni di temperatura.
1.5 Ricottura (annealing)
A livello molecolare i fenomeni che hanno luogo durante la ricottura sono del tutto analoghi a quelli che avvengono durante la cristallizzazione secondaria; essi tendono a portare il materiale in uno stato più vicino all’equilibrio di quello, cineticamente più favorito, che si ottiene al termine della cristallizzazione primaria.
Questa trasformazione avviene attraverso un movimento di segmenti di catena all’interno del cristallo ed una riorganizzazione delle superfici di ripiegamento; il che comporta una distruzione parziale e temporanea di piccole zone del cristallo. Parallelamente si può avere una fusione locale vera e propria di zone particolarmente difettose, cui fa seguito una ricristallizzazione epitassiale sulle superfici cristalline disponibili. I movimenti molecolari all’interno della parte amorfa portano ad un rilassamento di eventuali tensioni all’interno del materiale; inoltre segmenti di catena nella parte amorfa possono depositarsi sul cristallo, facendone aumentare le dimensioni.
1.6 Fusione
A priori la fusione di un polimero cristallino dovrebbe essere del tutto analoga a quello di un composto molecolare semplice, con una transizione del primo ordine ad una temperatura ben definita. In realtà essa ha luogo ad una temperatura inferiore a quella termodinamica di fusione (cioè quella per cui PG=0); tale comportamento viene spiegato sulla base del fatto che i cristalli polimerici sono ricchi di difetti e sono costituiti da lamelle sottili. La fusione di tali cristalli dà perciò origine ad un liquido sottoraffreddato che può ricristallizzare subito in cristalli più perfetti. Per ottenere temperature di fusione elevate e intervalli di fusione stretti si ricorre all’annealing del campione.