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33 Capitolo secondo. I curdi tra le due Guerre Mondiali. Nascita e sviluppo del sentimento nazionale

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Capitolo secondo.

I curdi tra le due Guerre Mondiali. Nascita e sviluppo del sentimento nazionale

O nemico!

O nemico, vive ancora il popolo dei Kurdi, non lo hanno infranto i colpi del tempo. La gioventù curda, coraggiosa, insorge, ha tracciato con il sangue una corona viva. Che nessuno osi dire: sono scomparsi i Curdi! Essi vivono! Vivono! E mai abbasseremo la bandiera. Veniamo dai Medi e da Kal Koshow. È il Kurdistan la nostra religione, il nostro credo. Veniamo dalle bandiere rosse e dalla rivoluzione guardate il nostro passato, quanto nostro sangue! Che nessuno osi dire: i Curdi sono scomparsi! Essi vivono! E mai abbasseremo la bandiera. Ecco la gioventù curda, è pronta, pronta ad offrire la vita all'ultimo sacrificio. Kurdistan o morte! Kurdistan o morte!

(Inno nazionale della Repubblica di Mahabad, 1946)

1. La nascita della questione etnica curda

Alla fine della Prima Guerra Mondiale apparvero in modo evidente due fenomeni importanti riguardo al popolo curdo. In primo luogo si era venuta a creare una situazione assai tesa tra le famiglie curde provenienti da zone differenti, che influiva sulla gestione dei rapporti tra curdi e stati in cui essi si trovavano. In secondo luogo, invece, tra gli intellettuali sorse il problema del metodo da utilizzare per far passare la popolazione dal semplice sentimento di appartenenza all'etnia curda alla volontà di creare una vera e propria nazione.

Già all'inizio del XX secolo, ancora prima della Grande Guerra, il progressivo crollo dell'Impero Ottomano stava mettendo in crisi l'identità curda. A seguito della modernizzazione i curdi si posero come difensori della tradizione, per lo più religiosa e tribale, contro ai riformatori ottomani, considerati quasi degli infedeli per il loro tentativo di occidentalizzazione. Questo senso di rigetto delle nuove politiche della Sublime Porta rappresentò la prima scintilla nazionalista, destinata immediatamente a divampare in due direzioni differenti. Le comunità curde infatti si divisero tra i sostenitori di una soluzione “alla pari” con l'Impero Ottomano, capeggiate dalla dinastia Sayyide di Nihri, e tra coloro i quali invece premevano per una vera e propria

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indipendenza, guidati dalla dinastia Badr Khan1. In realtà nessuna delle due famiglie riuscì ad ottenere qualche risultato concreto, complice anche la guerra ormai prossima e gli stretti contatti tra i Badr Khan e i russi che, come già esposto in precedenza, non portarono mai avanti la causa curda, né tanto meno sostennero l'applicazione del trattato di Sévres.

Il senso di appartenenza alla comunità per i curdi era un concetto molto ampio. Fino al 1908 parlare di cittadini curdi equivaleva a parlare di cittadini delle campagne; il passaggio dal panottomanesimo al panturchismo determinò una forte reazione identitaria da parte degli abitanti delle regioni curde. I dignitari cercarono di ottenere una forte legittimazione a livello territoriale locale, mentre gli intellettuali, esuli e non, cercarono di diffondere l'ideale dell'etnia curda come alternativa alla turchizzazione forzata e al panislamismo2.

Nella Persia il sentimento nazionale curdo sembrava avere più speranze di evolversi rispetto all'Impero Ottomano. Tra il 1901 e il 1902 i possidenti curdi chiesero ai Qajar di porre fine al continuo aumento delle tasse e di poter scegliere autonomamente il governatore di Sawj Buleq3. Ovviamente il governo di Teheran non si limitò ad accogliere negativamente queste richieste, ma fece arrestare lo shaykh Qazi Fatah, che si occupò di far pervenire tutte le istanze curde alla capitale. La peculiarità del caso persiano, tuttavia, si manifestò dal 1906 in poi, nel momento in cui le tribù sunnite iniziarono ad entrare in conflitto con quelle sciite in Azerbaijan perché fomentate dai curdi. Ma la questione non si caratterizzava per essere religiosa, quanto piuttosto si andava configurando come una questione di classe. Da un lato gli anjuman4, fedeli a Teheran, che si insediarono nei distretti curdi di Khoi, Sanandaj, Urumiya, e Sawj Buleq; dall'altro gli agha curdi insieme agli abitanti delle campagne e ai cittadini, stanchi del

1Le due dinastie inizialmente trattarono insieme con la Sublime Porta per ottenere maggiori garanzie di

autonomia dal governo centrale, ma successivamente si divisero del tutto. I Sayyidi iniziarono a chiedere di non essere più sottomessi ai governatori delle province, in moda da essere essi stessi a decidere chi avrebbe dovuto amministrare i loro territori di residenza. Non volevano in alcun modo diventare indipendenti da Istanbul, tuttavia non volevano neppure essere considerati inferiori o incapaci di governarsi da soli. D. McDowall, A modern history of the Kurds, I. B. Tauris, London-New York, 1995, pp. 87-90.

2Il panturchismo, oltre a reprimere qualsiasi attività curda (dai giornali all'utilizzo della lingua), si

caratterizzava per essere profondamente avverso alla presenza inglese nelle province dell'Impero. Dall'altro lato, i panislamisti, benché non ostili alla Gran Bretagna, erano assolutamente contrari alla formazione di uno stato armeno indipendente, perché non musulmano. I curdi presero una posizione intermedia, almeno fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, non opponendosi né agli inglesi né all'idea di un'Armenia indipendente. W. Jwaideh, The Kurdish national movement: its origins and

development, Syracuse University Press, Syracuse-New York, 2006, pp. 131-133.

3Cfr. D. McDowall, op. cit. pp. 101-102.

4Gli anjuman erano associazioni di persone il cui intento era portare a compimento le istanze della loro

classe di appartenenza principalmente attraverso l'islam, l'unico vero elemento in comune dei membri dei gruppi. Si caratterizzavano per essere organizzazioni di tipo politico, economico e socio-politico guidate da esponenti della classe media. Ibidem, p. 102.

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potere e dell'influenza dei latifondisti vicini alla capitale. I Qajar, rispetto agli ottomani, si dimostrarono incapaci nell'opera di creazione di un unico popolo persiano. I vari gruppi etnici non si erano minimamente integrati tra loro, anche perché i cagiari non avevano tentato di mescolare i popoli, provocando così un rafforzamento dell'identità curda. Le tradizioni persiane e la storia culturale condivisa tra curdi e persiani finirono per favorire l'etnia curda rispetto alle altre5.

In Siria e Iraq le circostanze per un risveglio identitario curdo erano sicuramente più avverse. Il Bilad ash Sham era diventato ufficialmente Suriya con la turchizzazione, anche per distinguere, in seguito a scontri molto violenti a sfondo religioso, i sunniti dai “cosiddetti” laici. L'utilizzo del termine “cosiddetti” non è assolutamente casuale, in quanto chiunque inneggiasse alla Suriya, di fatto, inneggiava alla nascita di stati che avrebbero dovuto essere di stampo laico ma che diventarono presto espressioni di un proto-nazionalismo arabo, professante la religione cristiana ortodossa. Più che una presa di coscienza di un seme di sentimento nazionale curdo, in Siria si ebbe una vera e propria epifania su come il nazionalismo arabo avrebbe potuto liberare il vecchio Sham dai turchi. Le spinte autonomiste, già molto forti, finirono per essere esasperate e per sfociare in veri e propri movimenti indipendentisti molto radicali6.

Infine, per quanto riguarda l'Iraq, la situazione non era di gran lunga differente da quella siriana. Ad eccezione della regione di Mosul, a maggioranza curda e decisamente conscia della propria identità culturale, il territorio iracheno era frammentato e privo di un'unica autorità a controllarlo. La Sublime Porta si era sempre occupata marginalmente dei vilayet di Bassora, Mosul e Baghdad (ad eccezione della costruzione della ferrovia di Baghdad affidata ai tedeschi), al punto che la penetrazione inglese nel territorio risultò essere estremamente rapida nel radicarsi all'interno delle tribù irachene. Non fu pertanto difficile per la Gran Bretagna, alla fine della Grande Guerra, instaurare il mandato sulla regione mesopotamica.

2. La nascita della Repubblica Turca.

2.1 Kemal Atatürk e l'abolizione del califfato

Il primo novembre 1922, una volta conclusa la Guerra d'Indipendenza, Mustafa

5D. Natali, The Kurds and the state: evolving national identity in Iraq, Turkey and Iran, Syracuse

University Press, Syracuse-New York, 2005, pp. 23-25. L'autrice fornisce l'esempio del khan di Ardala, sunnita, che fece propri alcuni riti pre-islamici, reclamati dalla dinastia cagiara come aspetti caratterizzanti la monarchia degli shah.

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Kemal provvide all'abolizione del califfato, scatenando una vera e propria rivoluzione all'interno del mondo islamico. Il califfo era una figura sacra tra i musulmani di tutto il mondo, e la sua esautorazione non venne accolta positivamente. Anche all'interno dei confini turchi quest'azione destò non poche perplessità: nonostante il califfo non fosse rimasto altro che un capo religioso, una grande parte della popolazione continuava a considerarlo come il vero capo dello stato. Inoltre, la mancanza di un'accurata riforma istituzionale non faceva altro che favorire l'attaccamento all'unica figura che da sempre aveva unito il mondo sunnita. A questo proposito, con un'abile manovra politica, Mustafa Kemal riuscì a far proclamare la nascita della repubblica il 23 ottobre 19237.

Come per l'abolizione del califfato, anche la decisione di trasformare la Turchia in una repubblica non venne accolta positivamente dalla parte della popolazione. L'estromissione dalle cariche istituzionali di molti ex combattenti della Guerra d'Indipendenza contro la Grecia e le potenze europee, e, soprattutto, lo spostamento della capitale da Istanbul ad Ankara, insieme al timore di un'eventuale condanna a morte del califfo, favorirono la nascita di un potente sentimento antirepubblicano8. Per evitare che scoppiassero tumulti, il parlamento turco il primo marzo 1924 promulgò la legge che decretava l'abolizione totale del califfato, e che costringeva all'esilio tutti i membri della dinastia ottomana ancora residenti in Turchia, ma garantendo loro la totale incolumità. Così, tranquillizzata l'opinione pubblica musulmana, l'Assemblea Costituente provvide alla pubblicazione della nuova costituzione turca, che inizialmente sembrò essere la manifestazione di una reale apertura democratica e pluralista della nuova Turchia. Oltre al partito kemalista, il Cumhuriyet Halk Partisi (Partito Repubblicano del Popolo), vedeva la luce il Partito Progressista Repubblicano, e per le prima volta dall'inizio del XX secolo la Turchia usciva dal regime a partito unico9.

7Nel settembre del 1923, durante alcune interviste con testate europee, Mustafa Kemal dichiarò di voler

instaurare un regime repubblicano in Turchia. Per far sì che ciò avvenisse, tuttavia, occorreva che le condizioni fossero propizie. A tale proposito, i kemalisti sfruttarono l'occasione della nomina di Hüsein Rauf Orbey e Sabitsağiroğlu rispettivamente a vicepresidente dell'Assemblea Nazionale e ministro dell'Interno, in completa contrapposizione alle indicazioni governative. Mustafa Kemal convinse il primo ministro Fethi Okyar a chiedere una mozione di sfiducia nei loro confronti, provocando, di fatto, il crollo del governo, e intimò ai suoi sostenitori più importanti di non accettare alcun incarico governativo loro proposto dall'Assemblea Nazionale. A questo punto divenne evidente che il piano iniziale di Kemal era giunto a compimento: il presidente dell'Assemblea, onde evitare pericolosi vuoti di potere, fu praticamente costretto a proclamare la nascita della repubblica alla fine del mese di ottobre. E. J. Zürcher,

Storia della Turchia, Donzelli editore, Roma, 2007, pp. 203-204.

8La decisione di spostare la capitale ad Ankara fu un atto simbolico, fortemente voluto dai kemalisti.

Istanbul per secoli era stato il riferimento sia del potere temporale che di quello spirituale dell'Impero Ottomano, ma allo stesso tempo rappresentava anche la fazione contro cui Mustafa Kemal aveva combattuto durante la Guerra d'Indipendenza, e che, tramite il califfo, si era legata all'Europa per combattere i Giovani Turchi, la cui città di riferimento era proprio Ankara.

9Il Partito Progressista Repubblicano, istituito nel 1924, venne messo al bando l'anno successivo. Con il

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Nonostante l'apparente apertura politica in senso pluralista, il malcontento non si era arrestato. Il 15 giugno 1926 Mustafa Kemal subì un attentato a Smirne. Nonostante ne fosse uscito illeso, decise immediatamente di ripristinare i Tribunali dell'Indipendenza, corti di giustizia sommaria che vennero utilizzati principalmente per eliminare figure importanti dell'opposizione ai kemalisti10. La repressione turca del partito unico tornava a farsi sentire.

2.2 Le rivolte curde e la nascita dell'Hoybun (1925, 1930)

Al termine della Prima Guerra Mondiale, Grecia e Turchia effettuarono uno scambio di cittadini. Questo, secondo il pensiero turco, era un passo necessario per giungere all'omogeneizzazione della popolazione. Dopo lo sterminio armeno e assiro, pertanto, ed eliminata anche la componente greca ortodossa, l'etnia curda rimaneva l'unica eccezione alla completa turchizzazione della futura repubblica11. I curdi si trovarono così, secondo la volontà degli ideologi kemalisti, ad essere sì considerati una minoranza, ma tale stato non venne loro riconosciuto. Piuttosto, il Kurdistan iniziò a venire considerato come una vera e propria colonia, e ad essere amministrato come tale dalle autorità turche. L'ideologia repubblicana kemalista prevedeva l'assimilazione delle etnie a quella dominante turca, esaltando il legame tra i cittadini turchi e l'Anatolia12. Il che, ovviamente, portava ad una inevitabile tensione con i curdi: se, al momento del Patto Nazionale, turchi e curdi combatterono insieme contro gli europei, dalla nascita della repubblica l'etnia curda non venne più riconosciuta e iniziò a venire nuovamente perseguitata13. L'apparente apertura turca intercorsa tra il 1920 e il 1924 era motivata dal contemporaneo svolgimento delle discussioni sul futuro trattato di Losanna. Se,

ripresero rapidamente.

10H. Bozarslan, La Turchia contemporanea, il Mulino, Bologna, 2006, pp. 36-37.

11In seguito alle deportazioni del popolo armeno, turchi e curdi si trovarono privi di un nemico comune, e

cominciarono nuovamente ad avere tensioni tra loro. Nel 1918 era nato ad Istanbul il Kürdistan Teali

Cemiyeti (Società per l'ascesa del Kurdistan), caratterizzato dalla partecipazione trasversale di gruppi

kurmanji, zaza e sunniti. La Società trovò rapidamente seguito, e molti tra i suoi aderenti furono coloro i quali combatterono durante la rivolta di Shaikh Said nel 1925. Cfr. E. J. Zürcher, op. cit., pp. 207-208.

12Cfr. M. Galletti, op. cit., p. 101. Lo sciovinismo turco, come scrive Galletti, si esplicò attraverso le

politiche revisioniste messe in atto da Mustafa Kemal. La concezione dell'Anatolia come territorio d'origine dell'etnia turca fece sì che i curdi venissero identificati come approfittatori, se non addirittura parassiti, della culla della cultura turca.

13Il Patto Nazionale turco, stipulato il 26 gennaio 1926, sanciva il coinvolgimento, da parte del

movimento kemalista, della componente curda nella lotta di liberazione nazionale. Per riuscire a convincere i curdi all'alleanza, nel Patto venne promesso il rispetto dei diritti etnici curdi in nome della vecchia cittadinanza ottomana. Il concetto di fondo era che, essendo stati sia curdi che turchi cittadini dell'Impero Ottomano, ed essendo entrambi musulmani, dovevano combattere insieme gli invasori cristiani. A partire dal 1925 circa, le politiche kemaliste subirono una brusca inversione, e i curdi tornarono ad essere identificati come il nemico da combattere per la costruzione della repubblica turca, formata da cittadini turchi.

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infatti, la compagine turca si fosse mostrata divisa in sede di trattative con gli europei, avrebbero perso forza le loro rivendicazioni. Inonü, allora capo della delegazione diplomatica turca, davanti all'assemblea della Società delle Nazioni, arrivò ad affermare che la Grande Assemblea Nazionale era il governo di turchi e curdi, i due gruppi etnici in grado di garantire la stabilità allo stato14.

Dopo l'entrata in vigore del trattato di Losanna la situazione mutò. Il movimento curdo si divise in due fazioni. La prima, prevalentemente rurale e ancora attaccata all'ideale ottomano, sosteneva il kemalismo ed era favorevole alla formazione di uno stato curdo entro i confini della Turchia. Gli intellettuali formarono la seconda fazione, che chiedeva espressamente l'indipendenza ed inneggiava al nazionalismo. Con il volgere al termine della questione di Mosul, e l'affermazione della repubblica turca nella scena internazionale, Mustafa Kemal ebbe mano libera per iniziare le deportazioni dei capi tribali curdi.

Nel 1925 gli abitanti delle zone rurali, insieme agli intellettuali e alla borghesia, dettero vita alla prima grande rivolta del Kurdistan turco del XX secolo. Capeggiata da Shaikh Said, importante figura della società curda, la fazione curda mise in atto una vera e propria contrapposizione tra il laicismo kemalista e il sentimento religioso curdo, minacciato dalle politiche statali. La rivolta si estese rapidamente, grazie anche agli aiuti provenienti dai comitati di Aleppo e Erzurum, ed arrivò a coinvolgere tredici province tra Van, Dyarbakir, Bitlis e Dersim. Il sentimento di solidarietà pancurdo si manifestava per la prima volta nella storia: anche se le rivendicazioni erano quelle della frangia più moderata del movimento, i curdi siriani e iracheni compresero l'importanza della sollevazione. Anche la Gran Bretagna, impegnata nella gestione della crisi di Mosul, accolse favorevolmente l'insurrezione curda, sperando in un indebolimento della Turchia. Ma, vista la situazione emergenziale, Mustafa Kemal corse ai ripari; Inonü venne nominato primo ministro, così da promulgare un'apposita legge sul mantenimento dell'ordine per “reprimere legalmente” la rivolta in atto15.

La rivolta di Shaikh Said vennne sedata il 26 giugno 1925. Le conseguenze per il popolo curdo furono devastanti: la Turchia utilizzò l'aviazione per bombardare il

14Inonü dichiarò che “(...) il governo della Grande Assemblea Nazionale in Turchia è il governo dei curdi

così come dei turchi, in quanto i veri e legittimi rappresentanti dei curdi siedono nell'Assemblea Nazionale e partecipano, nella stessa misura dei rappresentanti dei turchi, al governo e amministrazione del paese”. Cfr. M. Galletti, op. cit., p. 103. Inoltre, gli artt. 38 e 39 del trattato di Losanna

15La legge sul mantenimento dell'ordine del 1925 prevedeva la proclamazione dello stato di emergenza

per due anni, che venne rinnovato nel 1927, finendo ufficialmente solo nel 1929. I kemalisiti, sostanzialmente, legalizzarono la giustizia sommaria. La legge, infatti, era fondamentale per avere una giustificazione agli occhi della scena internazionale: l'immagine della repubblica non doveva uscirne danneggiata.

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Kurdistan, provocando la morte di 2400 persone. Ma il numero delle vittime fu estremamente più alto a causa delle deportazioni, perché, solo nei mesi della rivolta, si contarono più di centomila morti. Ma ci fu comunque un aspetto positivo. La repressione turca determinò la quasi completa alienazione dei curdi dalla repubblica, ma fece nascere ufficialmente il movimento nazionalista separatista. La parte moderata del movimento comprese l'inutilità delle proprie richieste, e si unì alla frangia più estremista. Sviluppare una protesta incentrata sul fattore religioso per chiedere quella che, di fatto, si configurava come una semplice autonomia (e non indipendenza) entro i confini turchi, si era rivelata una mossa politica estremamente superficiale. Con l'acuirsi della repressione i sentimenti mutarono, e l'elemento religioso venne sostituito con il fattore nazionalista, ottenendo molto più seguito. Pertanto, persi tutti i legami con la vecchia società ottomana, il movimento curdo subì una profonda riorganizzazione, che sfociò nella costituzione dell'Hoybun e nella conseguente rivolta del 1930.

La nuova base politica alla base dell'insurrezione del 1930 si caratterizzò per la profonda coordinazione tra curdi turchi e curdi iracheni. Consci dell'impossibilità di scatenare una guerra che coinvolgesse contemporaneamente quattro stati, i capi curdi attuarono una strategia basata sull'insurrezione localizzata, in modo da liberare piccole porzioni di territorio e, progressivamente, giungere alla totale sollevazione popolare. Venne creata una rete di solidarietà transfrontaliera: i gruppi curdi turchi, in caso di attacco, trovano rifugio in Iraq, e viceversa. Partendo da questa base, fu facile giungere alla stipulazione dell'accordo del monte Ararat nella primavera del 1927, durante in quale venne stabilito un vero programma di lotta globale per tutti i curdi16. Il 5 giugno dello stesso anno vedeva la luce l'Hobyun, la struttura di addestramento prevista dal congresso dell'Ararat, guidata da Ishan Nuri Paşa. All'inizio del 1928 l'Hoybun iniziò ad arruolare uomini e ad addestrarli, scatenando i timori di Ankara. Il governo turco, a causa dell'altissimo costo sostenuto per la repressione della precedente rivolta, tentò la via diplomatica, e propose l'amnistia generale a tutti i combattenti curdi se l'Hoybun avesse cessato di esistere. Chiaramente la proposta non venne accettata da né da Nuri

16Tutti coloro che si erano rifugiati sulle montagne del Kurdistan presero parte all'incontro. La compagine

era molto varia: erano presenti rappresentanti di tribù, organizzazioni nazionaliste, abitanti di città e campagna e anche patrioti delle precedenti rivolte. Il programma che venne concepito durante il congresso gettò la base ufficiale per la costituzione, finalmente, di un unico movimento di lotta unitario. I suoi punti, infatti, prevedevano: la dissoluzione di tutte le organizzazioni patriottiche, in modo da crearne una che fosse comprensiva di tutte le fazioni; il proseguimento della lotta armata affinché i soldati stranieri venissero allontanati dal Kurdistan; la creazione di una forza militare curda organizzata, con sede delle operazioni nelle montagne turche; la risoluzione delle tensioni con il popolo armeno; il mantenimento di relazioni di buon vicinato con la nazione persiana; il rispetto del mandato inglese in Mesopotamia in merito ai diritti concessi in Siria ai curdi, in modo da continuare ad avere relazioni amichevoli con Damasco. Cfr. M. Galletti, op. cit., pp. 110-111.

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Paşa, né tanto meno dai suoi uomini, aumentando il prestigio della struttura militare curda. Nonostante la Turchia avesse decido di sospendere le deportazioni, continuava a non manifestarsi la possibilità di instaurare trattative con i capi curdi, e questo indusse Ankara ad inviare sessanta mila uomini, protetti dall'aviazione, sulle montagne del Kurdistan. Prevedibilmente, gli scontri iniziarono il 12 giugno 1930.

La rivolta venne sedata il 17 settembre 1930, con numerose perdite in entrambi gli schieramenti. Tuttavia, l'immagine che la Turchia si era costruita agli occhi dell'Europa si stava sgretolando. Dopo gli ammonimenti della Gran Bretagna del 1925, iniziarono ad alzarsi altre voci, che condannavano le atrocità commesse verso il popolo curdo17. Solo durante la rivolta dell'Ararat vennero uccisi più di cento intellettuali curdi, vennero rasi al suolo più di duecento villaggi e vennero torturati e uccisi prevalentemente donne, bambini e anziani. L'unico fattore positivo, come nella precedente insurrezione, fu l'aiuto fornito dai curdi degli stati confinanti: siriani e iracheno inviarono contingenti militari e aiuti per la popolazione. Ma l'appoggio più rilevante arrivò dal Kurdistan iraniano, che, oltre ad agire come Siria e Iraq, fornì ospitalità agli esuli e cercò di proteggerli dalle rappresaglie di Ankara. Teheran, infatti, per evitare tensioni con il governo turco, concesse l'utilizzo del proprio territorio per le operazioni militari, facendo così in modo che i curdi venissero stretti in una morsa e determinando la soppressione dell'insurrezione.

2.3 La rivolta di Dersim (1937) e le leggi anticurde

L'ultima delle grandi rivolte curde fu quella del 1937. La città di Dersim, e i territori circostanti, per un decennio erano stati quelli più colpiti dalle deportazioni e dalle torture turche. Tutta la zona, infatti, oltre ad aver sperimentato la durezza della repressione, subì un vero e proprio attacco aereo atto a far uscire allo scoperto tutti coloro che si erano rifugiati nelle montagne. In seguito ai feroci bombardamenti, a cui avevano fatto seguito anche interventi della fanteria, la protesta scoppiò rapidamente, diventando una vera e propria rivolta in tempi brevissimi. I curdi stavolta vennero guidati da Said Reza, membro della tribù di Abbasushaghi, che riuscì ad unire qualche migliaio di uomini per combattere l'esercito turco. Arrivarono aiuti dai curdi siriani e iracheni; questi ultimi chiesero al loro governo e ai rappresentanti stranieri presenti a Baghdad di intervenire contro lo sterminio operato dai turchi. Ma questa volta Ankara,

17La Seconda Internazionale Operaia Socialista di Zurigo del 1930 condannò fortemente il governo turco

e le torture a cui i curdi venivano sottoposti. In particolare, denunciò le deportazioni e il tentativo di etnicidio che Ankara stava mettendo in atto.

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per evitare perdite di soldati, decise di intervenire con l'aviazione e di utilizzare gas asfissiante. Il numero dei morti fu nuovamente altissimo, e la repressione, purtroppo, era appena iniziata. Ankara dette l'ordine di deportare tutti i clan curdi implicati nella rivolta18. I pochi superstiti di Dersim scrissero anche alla Società delle Nazioni denunciando un vero e proprio etnicidio, ma non ottennero risposta. Piuttosto, l'allora ministro dell'Interno turco, Celal Bey dichiarò che il problema curdo non esisteva, in quanto i curdi stavano venendo assimilati con la forza19.

Dal 1937 venne a mancare una vera e propria legislazione verso i curdi, in quanto, sostanzialmente, erano stati talmente indeboliti da non essere in grado di organizzare insurrezioni per molti anni. Tuttavia, la Turchia, proprio quello stesso anno, non mancò di stipulare un patto in funzione anticurda con Iraq e Iran, mentre l'anno precedente aveva aggiunto al codice penale due articoli riguardanti la persecuzione autorizzata in caso di ragioni di ordine pubblico. Questi atti, insieme all'articolo 57 della costituzione turca che vietava ogni attività dannosa verso la repubblica, colpivano direttamente qualsiasi tipo di azione i curdi volessero mettere in atto. Oltre all'impossibilità di usufruire dei diritti costituzionali riguardanti le libertà individuali, i curdi, in maggioranza comunisti, vennero accusati di attuare azioni distruttive nei confronti dell'unità statale20.

Inoltre, il governo turco analizzò a fondo le ragioni del mancato controllo sulle regioni curde. Il problema principale venne individuato nella mancanza di un rapido sistema di comunicazioni, mancando, nel Kurdistan, una rete di infrastrutture adatta al raggiungimento della maggioranza dei villaggi21. Inoltre, le numerose deportazioni avevano lasciato il territorio quasi disabitato. Per tali ragioni, Ankara decise di installare avamposti militari e di costruire strade e ferrovie e di ripopolare il Kurdistan tramite

18Il numero delle vittime della rivolta arrivò a circa venticinque mila, ma le persone che vennero deportate

alla fine delle ostilità furono il doppio. Le atrocità commesse nel 1937 dalla Turchia furono peggiori di quelle messe in atto nelle azioni precedenti. I soldati turchi murarono vivi donne e bambini davanti ai loro familiari fatti prigionieri, cercarono i rifugi costruiti in seguito ai bombardamenti per uccidere personalmente quanti più curdi riuscissero a trovare. Quanto più era alta l'attenzione con cui venivano cercati e sterminati i curdi, tanto più il governo turco concedeva onorificenze. Il caso emblematico fu quello dell'aviatrice Sabiha Gökçen, che rischiava la sua vita volando a quote bassissime per di mitragliare quanti più rifugi potesse, a cui è stato (ed è ancora) intitolato uno dei due aeroporti di Istanbul. Cfr. M. Galletti, op. cit., p. 113.

19Ibidem, p. 114.

20Il solo fatto di parlare di lotta di classe costituiva una minaccia agli occhi di Ankara. Le attività curde, di

qualsiasi tipo esse fossero, costituivano una forma di propaganda che poteva nuocere la vita dello stato perché foriera di germi anarchici e comunisti. In questo periodo la legislazione turca prese largamente ad esempio quella corporativa fascista. Non a caso, infatti, il codice penale turco venne modellato sul codice Rocco, e anche molte altre leggi vennero praticamente copiate da quelle italiane.

21Dagli anni trenta agli anni Quaranta la Turchia si dotò di tre nuove linee ferroviarie, con lo scopo di

collegare direttamente l'Anatolia al Kurdistan. Oltre alla facilitazione nel controllo dei territori curdi, le nuove ferrovie sarebbero state estremamente utili in caso di guerra contro l'URSS, perché avrebbero velocizzato la mobilitazione delle truppe.

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l'invio di immigrati turchi. Ma la conformazione fisica del territorio e, soprattutto, la sua povertà, spinsero presto i turchi a fare ritorno nelle zone occidentali.

Le deportazioni, la turchizzazione, le leggi palesemente liberticide impedirono ai curdi di riorganizzarsi in tempi brevi e dare vita a nuove insurrezioni, ma di certo non annientarono l'opposizione, che continuava a resistere, anche se silenziosamente. Inoltre, gli ingenti costi che le azioni curde provocarono ad Ankara fecero aumentare il malcontento tra la popolazione turca. Per questo motivo, temendo che i curdi potessero trovare sostegno in Anatolia, la Turchia iniziò a dialogare con i paesi confinanti per stringere alleanze più profonde e vincolanti rispetto al patto di Sa'dabat. Queste discussioni ebbero come esito la stipulazione del Patto di Baghdad del 1955, nel quale Iraq, Iran e Turchia si impegnavano ad aiutarsi vicendevolmente per bloccare qualsiasi tipo di insurrezione curda.

2.4 Il culto di Atatürk e le sue ripercussioni (1936-1955)

Mustafa Kemal Atatürk morì nel 193822. Il padre della repubblica turca aveva profondamente influito sulla Turchia per svariati aspetti, al punto tale che l'insieme degli ideali da lui propugnati e delle teorie da lui esposte acquisirono il valore di veri e propri

hadith. Questo complesso ideologico prese il nome di kemalismo (Kemalizm o

addirittura Atatürçülük, ataturkismo) ed ebbe un'evoluzione graduale. A partire dall'enunciazione del Nutuk23 nel 1927 e della teoria delle sei frecce24 nel programma del CHP del 1931, si creò una sorta di culto di stato destinato a sopravvivere per decenni. Ma allo stesso tempo nacque una pesantissima eredità per i futuri presidenti della repubblica. Inonü, designato erede di Atatürk, instaurò un regime che, per alcuni versi poteva ricordare i regimi autoritari che stavano nascendo in Europa negli anni Trenta. Ma la differenza fondamentale della Turchia, rispetto al Portogallo o alla Spagna, era la mancanza di un'ideologia politica reale; l'unica ideologia della Turchia di quegli anni

22Mustafa Kemal cambiò il suo nome in Atatürk nel 1934, in seguito all'approvazione della legge sui

cognomi (Soyadı Kanunu). I musulmani, al contrario di ebrei e cristiani, non prevedevano l'utilizzo del cognome nella loro cultura perché venivano utilizzati titoli onorifici o appellativi relativi al luogo d'origine. Il cognome che Mustafa Kemal si attribuì aveva un'importanza particolare in quanto Atatürk letteralmente significa “padre dei turchi”.

23Il Discorso, conosciuto come Nutuk, venne pronunciato da Mustafa Kemal nel 1927. Esso vene

presentato come una sorta di compendio della storia turca dal 1919 al 1927, ma in realtà si caratterizzò per le critiche di Mustafa Kemal agli ex leader del Partito Progressista Repubblicano, in modo tale da giustificare le epurazioni del 1925-1926. Nella memoria collettiva turca il Nutuk sancì l'indissolubile legame tra il presidente della repubblica e la nuova Turchia, segnando un importante punto di rottura con la storia ottomana. Di fatto, non fu altro che la sintesi del revisionismo storico messo in atto dai kemalisti.

24Le cosiddette “sei frecce” (Altı Ok) erano: il repubblicanesimo, il nazionalismo, il laicismo, lo

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era il kemalismo. La vera peculiarità della presidenza di Inonü fu il rafforzamento, se non addirittura l'esasperazione, del culto della personalità del padre dei turchi, che venne paragonato a quello di Mussolini. Inonü mostrò un profondo interesse verso il regime fascista, soprattutto per gli aspetti riguardanti il rifiuto del conflitto di classe. Le analogie tra il kemalismo e il fascismo erano numerose: il revisionismo storico, la costruzione di un monopolio del potere da parte del partito nello stato e nella società, l'accento sull'unità nazionale accompagnato da una profonda dose di razzismo. Ma le differenze superavano di gran lunga le somiglianze. La Turchia viveva sotto il regime del partito unico kemalista dal 1925, non era un paese in cui si creò una frattura sociale a causa della rivoluzione industriale e del conseguente avvento del socialismo. Inoltre, benché il rivoluzionarismo fosse una delle sei frecce, non era certamente paragonabile al concetto di rivoluzione corporativista, e non poteva essere in grado di favorire la costante mobilitazione della popolazione25.

Inonü durante la Seconda Guerra Mondiale adottò una politica estera duplice. Inizialmente stipulò un trattato di difesa comune con Gran Bretagna e Francia il 19 ottobre 1939, per ottenere assistenza in caso dell'apertura di un fronte nel Mediterraneo. Per tutelarsi anche nei confronti dell'Asse, il presidente turco firmò un trattato di amicizia e non aggressione con la Germania nazista il 18 giugno 1941, quattro giorni prima dell'invasione dell'URSS. Questa mossa venne giudicata dagli Alleati quasi come una dichiarazione di avvicinamento alle posizioni naziste, benché Inonü stesse solamente cercando di garantire la neutralità della Turchia nel secondo conflitto mondiale. La repubblica non poteva permettersi i costi di una guerra di tale portata,

25Il concetto di rivoluzione corporativista in senso fascista, ovviamente, non deve essere confuso con

l'idea di rivoluzione permanente marxista-trotzkista. Gli ideologi del corporativismo ne dettero un'interpretazione molto peculiare. L'aspetto rivoluzionario nel fascismo si collocava nella volontà di superare i precedenti modelli economici che avevano condotto all'affermazione della lotta di classe e all'instabilità sociale, ovvero liberismo e socialismo. La scuola corporativa pisana elaborò un concetto molto particolare riguardo la rivoluzione: questa doveva essere intesa in senso antropologico, doveva essere presente negli animi degli uomini nuovi fascisti per fare in modo che il regime fosse condiviso e sopravvivesse. Per quanto riguarda la Turchia, invece, l'idea di una mobilitazione permanente, fisica o morale, della popolazione era completamente assente. Il rivoluzionarismo kemalista non era poi così differente da quello che in occidente si poteva definire riformismo: la repubblica turca aveva rotto drasticamente con il suo passato imperiale e si stava modernizzando, così da avvicinarsi all'Europa. Per un paragone più accurato si consultino L. Trockij, La rivoluzione permanente, Einaudi, Torino, 1967,

passim e F. Amore Bianco, Il cantiere di Bottai. La scuola corporativa pisana e la formazione della classe dirigente fascista, Cantagalli, Siena, 2012, passim.

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soprattutto a seguito delle ingenti spese dovute alla repressione dei curdi. A seguito della battaglia di Stalingrado la politica estera di Inonü si dimostrò efficace per l'esclusione della repubblica dal conflitto. La Turchia ruppe i rapporti diplomatici con la Germania nel 1944, ma secondo il parere di Churchill e Roosevelt attese troppo tempo a dichiararle guerra. Inoltre, venne giudicato scorretto il comportamento di Ankara in merito alla concessione del diritto di navigazione attraverso i Dardanelli alla flotta tedesca, in contraddizione con la Convenzione di Montreux del 193626. Per cercare di non perdere ulteriore credibilità visti gli incontri che si stavano svolgendo tra Gran Bretagna e USA, e che avrebbero presto condotto a Bretton Woods, Inonü decise di dichiarare guerra alla Germania il 23 febbraio 1945. Nonostante Churchill considerasse tardiva la dichiarazione di guerra turca ai nazisti, questo non impedì l'ingresso della Turchia nell'ONU, che avvenne il 25 ottobre 1945.

Inonü considerò la sua condotta durante la guerra come una vittoria personale, pensando di riscuotere successo anche tra la popolazione. In realtà, il suo governo era diventato molto impopolare, perché aveva aumentato il risentimento contro l'apparato istituzionale. Dal 1925 la società turca si era divisa tra sostenitori e oppositori del kemalismo; i primi erano principalmente ufficiali, burocrati, latifondisti e ceti ricchi, mentre i secondi erano contadini e operai. Il presidente riuscì a unire i due schieramenti a causa dell'avversione provocata dalle sue scelte politiche27. Il CHP iniziò ad essere identificato con gli apparati dello stato, provocando l'ascesa di un profondo risentimento verso entrambi. Inonü, timoroso di perdere completamente il consenso popolare, decise di concedere il pluralismo politico, per la seconda volta nella storia della repubblica, in modo da concedere una sorta di “valvola di sfogo” del malcontento ed evitare lo scoppio di una protesta28. Fondamentali in questo contesto si rivelarono le pressioni fatte ad Ankara da parte dell'opinione pubblica internazionale. Il fatto che la Turchia figurasse tra i membri dell'ONU determinò una necessaria apertura democratica, che si

26La Convenzione di Montreux venne sottoscritta da Gran Bretagna, Unione Sovietica, Grecia, Francia e

Romania per regolamentare la navigazione attraverso i cosiddetti stretti turchi (Bosforo, Dardanelli e Mar di Marmara). Il governo di Ankara venne accusato di non aver rispettato gli articoli concernenti il transito delle navi da guerra, concedendo alla Germania di attraversare i Dardanelli per recarsi in Grecia in aiuto dell'Italia. Testo della Convenzione di Montreux reperibile all'indirizzo http://sam.baskent.edu.tr/belge/Montreux_ENG.pdf, data ultima consultazione 11 maggio 2015.

27I kemalisti, ovvero la parte più ricca della società, erano stati duramente colpiti dalla tassazione sui

redditi. Per contenere le spinte inflazionistiche provocate dalla Seconda Guerra Mondiale il governo nel 1942 aveva approvato la Varlık Vergisi, una legge che, oltre a stabilire un tetto massimo dei prezzi ed un loro ferreo controllo, prevedeva una tassazione punitiva sui redditi elevati. I contadini e gli operai, invece, non ottennero alcun miglioramento delle proprie condizioni di vita, come promesso da Inonü. Piuttosto, l'approvazione della tassa sui prodotti agricoli e la legge sulla redistribuzione delle terre del 1945 fecero nascere una forte opposizione politica. Vennero colpiti anche diversi esponenti del partito, tra cui Menderes.

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concretizzò nel 1946, con la nascita del Demokrat Parti, fondato da Bayar, fuoriuscito dal CHP, e del Milli Kalkınma Partisi, fondato da Demirağ29.

L'apertura al multipartitismo ebbe la principale conseguenza di costringere il governo ad indire le elezioni, che si svolsero nel 1946, qualche mese dopo la fondazione del DP. Inonü decise appositamente di far svolgere le consultazioni con così poco preavviso, in modo da ostacolare il più possibile il partito di Bayar. Ma tale mossa non funzionò, e il CHP fu costretto a ricorrere a brogli elettorali per mantenere i seggi nell'Assemblea Nazionale. La popolazione sostenne largamente il DP e si schierò con il partito nel denunciare i brogli; Inonü, così, decise di lasciare l'opposizione in mano al partito democratico, lasciando la guida del governo a Recep Peker, uno dei più intransigenti membri del CHP. Per quattro anni i due partiti convissero, anche se con molte difficoltà e continue tensioni30. Alle elezioni del 1950 il DP riuscì a vincere, determinando un fenomeno nuovo nella vita politica turca. Per la prima volta nella storia della repubblica saliva al potere un partito politico che non fosse quello di Atatürk, anche se composto da kemalisti della prima ora, e che poteva vantare un reale seguito di massa.

3. La Persia dei Pahlavi e la nascita dell'Iran (1920-1960)

3.1 La fine della Persia e il risveglio del sentimento nazionale curdo

La dinastia cagiara, mantenendo le divisioni etniche all'interno della società persiana, contribuì alla preservazione dell'egemonia tribale su determinate porzioni di territorio. La Persia appariva divisa in micro-società di tipo feudale, difficilmente eliminabili dall'Impero. In particolar modo, le regioni curde del nord furono le più solide espressioni di queste micro-realtà. Questo assetto politico-territoriale si dimostrò essere estremamente longevo nella storia politica persiana prima e iraniana poi. Né la rivoluzione costituzionale del 1906, né tanto meno la Prima Guerra Mondiale riuscirono a facilitare l'instaurazione di un regime più democratico in Iran. Il primo dopoguerra provocò l'ascesa di una situazione di anarchia a livello governativo, che sfociò nell'affermazione della diversità e della forza delle autorità tribali, e di quella curda in

29Bayar, ex primo ministro, insieme ad altri tre esponenti del CHP (Menderes, Koraltan e Köprülü),

firmarono il “Memorandum dei Quattro”, un documento in cui veniva richiesta l'applicazione in toto della costituzione turca. La mancanza di democraticità era percepita anche nelle gerarchie del partito; ma nonostante l'intento del Memorandum fosse quello di ottenere una riforma del CHP, questo indusse Inonü a concedere il multipartitismo. Ibidem, pp. 256-257.

30I due partiti, in realtà, non si differenziavano moltissimo. Considerando che entrambi erano formati da

ex combattenti della Guerra d'Indipendenza, quindi da uomini fedeli ad Atatürk che condividevano i principi kemalisti, non sembrò così strano che essi riuscissero a governare congiuntamente.

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particolar modo31. Va sottolineato il fatto, tuttavia, che la nascita dei movimenti nazionali, sia iraniano che curdo, avvenne anche grazie all'occupazione anglo-russa del territorio persiano e alla loro ingerenza nella politica interna cagiara.

La Gran Bretagna e la neonata Unione Sovietica furono i due attori principali durante il passaggio tra i Qajar e i Pahlavi. La Rivoluzione d'Ottobre influì pesantemente sulle importazioni persiane, principalmente provenienti dalla Russia; la Gran Bretagna, preoccupata dal pericolo bolscevico, cercò di concentrarsi più sul contenimento dell'avanzata sovietica che su un reale rafforzamento della presenza inglese in loco. Inoltre, la preoccupazione maggiore dell'Inghilterra appariva essere il controllo delle ex province ottomane e non l'affermazione di una maggiore influenza in Persia; dopotutto gli inglesi potevano ancora vantare un ingente numero di introiti provenienti dalla Anglo Iranian Oil Company e, soprattutto, risultando vincitori nella Prima Guerra Mondiale, avevano ancora un ruolo di primo piano in Persia. Testimonianza dell'importanza inglese fu l'accordo anglo-persiano del 1919, sottoscritto dal giovane Shah Ahmad, con il quale Lord Curzon, al tempo segretario degli esteri, cercò di far diventare la Persia un protettorato della Gran Bretagna32. Ma la presenza inglese non si esauriva solo a livello istituzionale: l'esercito britannico aveva preso il comando, o per meglio dire la gestione, delle brigate cosacche, togliendone per altro il controllo all'Unione Sovietica. La ristrutturazione delle brigate venne affidata al generale Ironside che, contrariamente agli ordini ricevuti (e anche alla volontà dello Shah), licenziò tutti gli ufficiali russi e li sostituì con uomini di origine persiana. Inoltre, occorre ricordare che fu proprio Ironside a far promuovere Reza Khan, futuro Shah, da semplice sergente a comandante. L'intento del generale si configurava, semplicemente, nel tentativo di arginare una possibile convergenza tra brigata cosacca e esercito sovietico in caso di avanzata russa sul territorio persiano, in modo tale da essere in grado di far rientrare le truppe inglesi al più presto in patria33.

31H. Ahmadzadeh, G. Stansfield, The Political, Cultural, and Military Re-Awakening of the Kurdish

Nationalist Movement in Iran, “Middle East Journal”, Vol. 64, N. 1, 2010, pp. 12-14.

32M. Axworthy, Breve storia dell'Iran, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2008, pp. 227-228.

L'inesperienza del giovane Shah lo condusse a non analizzare in modo profondo ed esaustivo tutte le clausole dell'accordo. Ahmad si accorse di quali fossero le reali implicazioni solo nel momento in cui tutti i dettagli emersero e giunsero a conoscenza dell'opinione pubblica, provocando notevoli critiche dai democratici fino ad arrivare agli ulama. Nonostante le proteste che si scatenarono, gli inglesi cercarono in ogni modo di far rispettare l'accordo e di farlo entrare in vigore; in realtà l'unico effetto che l'accordo sortì fu quello di provocare le immediate dimissioni del governo di Teheran nel 1920.

33Ibidem, pp. 229-230. L'intento di Ironside era quello di far capire che gli inglesi non avevano alcun

interesse a rimanere nel territorio, neppure nel caso in cui la brigata cosacca si fosse mossa contro Teheran. Non sarebbe stato leso in alcun modo alcun interesse britannico. Il generale non consultò né Londra né tanto meno Teheran al momento della sua decisione, ma gli eventi dimostrarono la sua lungimiranza nel promuovere Reza Pahlavi, in quanto Ironside probabilmente capì che solo persone provenienti dall'esercito avrebbero potuto governare la Persia e traghettarla verso la modernità.

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L'uomo che seppe sfruttare al meglio questa situazione di confusione istituzionale fu Reza Khan, che nel 1921 mise in atto un colpo di stato marciando con la sua brigata verso Teheran. Lo Shah, evitando di scatenare una guerra civile, concesse immediatamente la formazione di un nuovo governo, guidato dal nazionalista Seyyed Zia Tabatai, nel quale Reza Khan assunse il ruolo di ministro della guerra. Grazie alla sua capacità di disciplinare con la repressione tutte le tribù che si opponevano al nuovo governo, Reza Khan riuscì a guadagnarsi il favore del Parlamento e a far accettare la sua auto nomina a primo ministro nel 1923. Nel 1925 Reza Khan fu nominato Shah di Persia e assunse il cognome Pahlavi, dopo la deposizione da parte del Parlamento della dinastia Qajar. L'intento del nuovo Shah, su modello di Mustafa Kemal, inizialmente fu quello di instaurare una repubblica; ma si rese conto che i tempi non erano ancora maturi, e non lo sarebbero stati per molto tempo, e fu quindi costretto ad abbandonare il suo progetto.

Reza Khan cercò di porre i curdi in diretto confronto con il governo persiano. Ma tra i capi curdi emerse subito la figura dell'oppositore allo Shah: Ismail Agha Simko, della tribù di Shikak. Simko riuscì a unificare un vasto numero di leader curdi per insorgere contro Teheran, ma tuttavia la sua azione si dimostrò priva di intenti nazionalisti34. Ben conscio della propria appartenenza etnica, e della forza che i curdi detenevano rispetto ad altre società tribali, Simko si mosse cercando alleanze in modo trasversale con l'intento di ottenere il controllo di una vasta area territoriale. Riuscì a liberare dal controllo di Teheran le aree ad occidente del lago di Urmia nel 1920; alla fine dello stesso anno iniziò anche a parlare di indipendenza curda e a sconfiggere l'esercito persiano. La crescente instabilità all'interno dei confini nazionali lo spinse a cercare contatti anche al di fuori dello stato, specialmente con lo Shaykh Mahmud Hafid, che aveva instaurato un governatorato curdo nel nord dell'Iraq35. Durante il 1926 il movimento di ribellione lanciato da Simko raggiunse apici così importanti da costringere i persiani a richiedere l'aiuto turco per la repressione dei curdi. Reza Khan, per evitare la nascita di un vero e proprio movimento di resistenza contro di lui, riuscì ad ingannare Simko e a farlo uccidere nel 193036. Successivamente, altri capi curdi vennero imprigionati e la popolazione venne privata dei diritti nazionali. La situazione

34Cfr. D. McDowall, op. cit., p. 219. La natura tribale della politica interna persiana fu ciò che determinò

il fallimento dell'intento di rivolta di Simko.

35I contatti tra curdi iraniani e curdi iracheni furono una costante del XX secolo e si manifestarono in

modo palese con la nascita del PDK (Partito Democratico Curdo) in entrambi gli stati. La peculiarità della situazione fu la successiva strumentalizzazione messa in atto da parte di Teheran e Baghdad delle sezioni del PDK per mantenere il controllo sulle aree abitate in maggioranza da curdi.

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nei confronti dei curdi rimase inalterata fino alla Seconda Guerra Mondiale37.

Indubbiamente Simko fu colui che organizzò un primo movimento di resistenza contro l'ennesimo sovrano che avrebbe mantenuto rapporti con l'Europa, continuando a svendere lo stato. Molti curdi lo eressero a paladino dell'autodeterminazione, anche se in realtà le sue azioni furono dettate principalmente da ambizioni tribali più che da un ideale nazionale, e molti persiani lo dipinsero invece come colui che aveva rischiato di mettere a repentaglio l'integrità territoriale persiana. Sicuramente, tuttavia, la figura di Simko fu fondamentale per gettare le basi di quello che fu il successivo movimento nazionale curdo, che, diversamente rispetto ad altri stati, non nacque da uno scambio dialogico e da un confronto di idee tra le varie tribù e i vari intellettuali, ma emerse come reazione alle politiche dello Shah38.

Fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale Reza Khan fu in grado di mettere in atto politiche accentratrici in modo da gettare le basi per garantire la stabilità dello stato. Il primo dei Pahlavi disprezzava la precedente dinastia regnante, e cercò di arrivare a prendere il potere per controllare, sviluppare e rafforzare il paese. Ovviamente la prima riforma messa in atto fu quella dell'ampliamento dell'esercito e del suo potenziamento, per garantire la stabilità necessaria alla continuità del suo comando. Il secondo passo fu il miglioramento delle infrastrutture e del sistema industriale, nel tentativo di modernizzare il paese e cercare di portarlo ad un livello di competitività maggiore nella scena internazionale. Come conseguenza del miglioramento della qualità della vita di buona parte della popolazione, anche l'istruzione subì un forte incremento: la frequenza scolastica più che raddoppiò in soli cinque anni. Andò di pari passo, tuttavia, un inasprimento del controllo sul dissenso interno alla Persia. Alla fine degli anni Venti iniziarono ad emergere molti oppositori del regime autocratico, tra i quali spiccarono Mohammad Mossadeq e Seyyed Hasan Modarres, rappresentanti degli ulama e membri del parlamento, fortemente critici verso lo Shah per le sue politiche che, secondo loro, alla lunga avrebbero eroso gli elementi liberali della costituzione persiana. Mossadeq venne arrestato e, successivamente, rischiò di essere ucciso nel 1949; Modarres tentò di trattare con Reza Khan per ottenere un maggiore spazio del

37M. Galletti, op. cit, pp. 135-136.

38Cfr. H. Ahmadzadeh, G. Stansfield, op. cit., p. 13. Reza Shah intendeva costruire uno stato fondato

sull'etnia persiana e sulle sue caratteristiche linguistiche e culturali. Si noti l'analogia con l'operato di Mustafa Kemal, il quale letteralmente costruì lo stato turco e il popolo turco. Allo stesso modo, infatti, Reza Khan operò una revisione linguistica, eliminando ogni inflessione non persiana dal lessico ufficiale dello stato, proibì l'utilizzo del vestiario tradizionale per favorire l'immagine di uno stato più moderno e occidentalizzato e arrivò perfino a cambiare il nome della Persia in Iran, durante il newroz del 1935. Tuttavia rimase sempre una profonda differenza tra il nuovo Iran e la repubblica Turca, vale a dire la totale assenza di sfruttamento e presenza estera nel territorio turco. Cfr. M. Axworthy, op. cit., p. 239.

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parlamento e stabilire un governo costituzionale. Ovviamente il tentativo di raggiungere un compromesso non ebbe buon esito, perciò lo Shah non esitò prima a far arrestare anche Modarres, nel 1928, e poi a farlo giustiziare dieci anni dopo39.

3.2 L'Iran e la Seconda Guerra Mondiale. La nascita della repubblica di Mahabad

L'inizio delle ostilità, e l'immediata occupazione del territorio iraniano da parte delle truppe inglesi e sovietiche a causa delle simpatie dello Shah per l'Asse, cambiarono la situazione interna del neonato Iran. L'intervento armato anglo-sovietico in Iran, tuttavia, non era semplicemente limitato alle tendenze ritenute filonaziste di Reza Khan40, quanto piuttosto mirava ad un rafforzamento strategico nell'area mediorientale. Dopo le vittorie tedesche nel Balcani, in Russia e nel nord Europa, gli unici approvvigionamenti (anche energetici) degli Alleati risiedevano nelle zone adiacenti il Mar Caspio e il Mar Nero; era pertanto palese l'interesse di Unione Sovietica e Gran Bretagna sul controllo del territorio iraniano. Il casus belli che mobilitò gli eserciti alleati fu la mancata esecuzione dell'ordine di espulsione di tutti i cittadini tedeschi dall'Iran. Nell'agosto del 1941 iniziò l'invasione, e le truppe anglo-sovietiche non incontrarono grandi resistenze durante la loro avanzata. Il 17 settembre gli alleati entrarono a Teheran, “liberando” ufficialmente tutto l'Iran e costringendo Reza Khan ad abdicare nei confronti del figlio Mohammad Reza.

Mohammad Reza non fu esattamente della stessa levatura del padre. Risultava più essere una sorta di tecnico estraneo sia alle condizioni della popolazione, a causa del trascorrere della sua giovinezza in Svizzera, sia al modo di conduzione della politica nazionale del padre. Al momento della sua incoronazione non era minimamente in grado di condurre l'Iran fuori dalla crisi provocata dalla guerra. Non fu difficile per Gran Bretagna e URSS spartirsi nuovamente il territorio della vecchia Persia e ristabilirvi il controllo.

Nel 1943 i “tre grandi”, Stalin, Churchill e Roosevelt, indissero la conferenza di Teheran, per decidere sulle ultime operazioni della Seconda Guerra Mondiale. Contemporaneamente, a Mahabad si sviluppò un processo destinato a sfociare nell'unico esperimento riuscito di creazione di uno stato curdo. Il 16 agosto venne fondato il

39Cfr. M. Axworthy, op. cit., pp. 236-237.

40Lo Shah era in contatto con la diplomazia tedesca a partire dai primi anni Trenta. Durante quel decennio

arrivarono in Iran molti ingegneri e tecnici tedeschi, ritenuti più affidabili degli inglesi, per il miglioramento delle infrastrutture e le costruzioni industriali. Tuttavia, Reza Khan non intendeva farsi sottrarre il controllo dello stato, ragione per la quale gli studiosi si sono divisi nell'interpretare le azioni dello Shah nei confronti della Germania come apertamente filonaziste.

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Khomala i Zhian i Kurdistan, ovvero il Comitato della Vita del Kurdistan, un partito

talmente conservatore da consentire l'affiliazione solo in caso di discendenza totalmente curda o, al massimo, in parte curda o assira. L'organizzazione nacque clandestinamente e inizialmente operò tramite cellule segrete; due anni dopo, nell'agosto del 1945, il

Komala diventò PDK, sostenuto da vasti settori della popolazione e guardato con

ammirazione anche oltreconfine41. La nascita della repubblica democratica filosovietica dell'Azerbaijan, sempre nel 1945, provocò l'interesse dell'URSS verso i curdi. La proposta che arrivò a Mahabad da Mosca fu infatti quella dell'annessione dei territori curdi alla repubblica azera, ma i capi del PDK si rifiutarono categoricamente, auspicando la nascita di uno stato che fosse unicamente curdo. I leader curdi cercarono anche di prendere contatto con il console britannico di Tabriz, per cercare di stabilire preventivamente un canale privilegiato di relazioni tra il futuro Kurdistan e la Gran Bretagna; la risposta, ovviamente, fu negativa. Il 22 gennaio 1946 nacque la repubblica curda di Mahabad, che comprendeva le città di Bokan, Naqadeh, Oshnavieh e, chiaramente, Mahabad, sostenuta dall'Unione Sovietica42. Il presidente della repubblica eletto fu Qadi Muhammad, capo religioso, aderente prima al Komala e, successivamente, al PDK. Venne costituito un parlamento formato da 13 membri e un esercito, in cui il ruolo preponderante venne assunto da Barzani43, valido comandante e capo del partito. Il governo della repubblica, tuttavia, rimase nelle mani delle classi altolocate; le autorità locali che controllavano le tribù non erano molto differenti dai vecchi feudatari. In ogni caso rimase innegabile l'opera estremamente liberale dell'istruzione, accessibile a tutti e con degli standard elevatissimi rispetto ai paesi circostanti. Inoltre, espressione puramente democratica della repubblica, fu indubbiamente la cosiddetta “libertà nazionale”, che determinò un incremento del numero di giornali che vennero aperti, e la nascita del primo teatro curdo44. Le pressioni sovietiche, tuttavia, non tardarono a farsi sentire. Mosca negò la possibilità di annessione della città di Sanandaj alla repubblica di Mahabad, e costrinse il governo curdo a firmare una entente di amicizia con la vicina repubblica azera.

41Il programma del PDK contemplava l'autogoverno entro i confini dello stato iraniano, la possibilità di

utilizzare la lingua curda e di poterla insegnare nelle scuole, lo sviluppo economico del territorio curdo.

42Cfr. M. Galletti, op cit., pp. 137-138.

43Mustafa Barzani fu un'importantissima figura all'interno del movimento curdo di lotta per la sua

autoaffermazione. Nacque nel Kurdistan iracheno, e già dal 1931 spiccò per il suo ruolo di guida alla ribellione del popolo curdo. Venne esiliato a Sulimaniyya in Iraq, da cui scappò nel 1945 per recarsi in Iran. Dall'anno successivo venne nominato capo del Partito Democratico Curdo.

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Fonte: http://www.worldstatesmen.org/Iran.htm#Kurdistan

Tra l'aprile e il maggio del 1946 le truppe inglesi e l'Armata Rossa si ritirarono dall'Iran. Non occorse molto tempo al governo di Teheran per iniziare a premere su azeri e curdi. Qadi Muhammad cercò di trattare con gli iraniani, ma non riuscì a raggiungere alcun accordo; piuttosto, l'esercito iraniano cominciò a riconquistare tutti i territori precedentemente liberati. All'inizio di dicembre cadde la repubblica dell'Azerbaijan, alla metà del mese cadde anche Mahabad. Nonostante la sua breve durata, la repubblica di Mahabad fu l'unico esperimento riuscito di creazione di un reale stato nazionale curdo indipendente. Ovviamente, essendo uno stato appena nato avrebbe necessitato di appoggio da parte di qualcuna delle grandi potenze; nemmeno l'URSS la sostenne mai apertamente, piuttosto si poteva affermare che i sovietici avessero simpatizzato con i curdi iraniani, ma che avessero indebolito la loro affezione nel momento in cui Mahabad si rifiutò di unirsi con la repubblica azera. Ma il problema insito nella popolazione curda rimaneva il medesimo delle insurrezioni del XIX secolo: la mancata convergenza di tutta la popolazione nel movimento di indipendenza nazionale. Nel bene o nel male, anche Mahabad era stata guidata da un'élite, mentre l'esercito era composto da appartenenti a strati della popolazione più poveri e, soprattutto, poco istruiti, ragione per cui questi rimasero molto gelosi delle proprie prerogative. In sostanza, la repubblica si affidò alla classe più progressista, destinata a sopravvivere nel tempo, e venne contemporaneamente osteggiata (anche se magari involontariamente) dalla parte della popolazione destinata a scomparire. Ma la sua

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peculiarità vera e propria fu il tentativo di democratizzazione del movimento nazionale curdo, tentativo che avvenne a livello pancurdo, vista la partecipazione di curdi siriani e turchi.

3.3 Mossadeq e la crisi per il controllo del corridoio persiano

Dopo il tentativo del suo assassinio nel 1949, in Iran cominciò un periodo di crisi, combattuto dal governo con la legge marziale e la repressione. Mossadeq, conscio dell'importanza delle riserve energetiche iraniane, non condivideva in alcun modo il mantenimento delle concessioni all Gran Bretagna attraverso la Anglo Iranian Oil Company. Nel 1950, in seguito alla nomina a primo ministro di Ali Razmara, Mossadeq creò il Fronte Nazionale, un'ampia coalizione parlamentare (che comprendeva anche il Tudeh, il partito comunista) con l'obiettivo di giungere finalmente alla nazionalizzazione del petrolio. Il governo, sotto pressione del Fronte Nazionale, iniziò a intavolare trattative con l'AIOC per ottenere una revisione sulle concessioni petrolifere, proponendo una divisione dei profitti 50/50, come tutti gli accordi petroliferi del tempo. Ovviamente gli inglesi non si dimostrarono disponibili a rivedere i termini degli accordi, nonostante nel frattempo gli ambienti politici iraniani iniziassero a fremere per ottenere la completa nazionalizzazione. In seguito all'assassinio di Razmara nel 1951 Mossadeq divenne primo ministro, e immediatamente il parlamento votò a favore della nazionalizzazione dei giacimenti petroliferi.

La Gran Bretagna, preso atto della decisione iraniana, fece rientrare i tecnici inglesi in patria, ma il governo di Londra impose un blocco sulle importazioni di petrolio iraniano45. L'Iran si trovò così con le risorse petrolifere a sua disposizione, ma allo stesso tempo anche con costi di mantenimento delle infrastrutture altissimi e con pochissimi tecnici in grado di utilizzarle. In sostanza, la produzione si fermò nel momento in cui gli inglesi se ne andarono e l'Iran si trovò nuovamente sommerso dai problemi economici. Mossadeq decise allora di recarsi negli Stati Uniti per chiedere un prestito, che tuttavia venne rifiutato. Il rifiuto statunitense era motivato principalmente dalla presenza dei comunisti del Tudeh nel parlamento iraniano fautore della

45La situazione che si configurò prese il nome la crisi di Abadan, dal nome della città in cui era presente il

più vasto numero di impianti per l'estrazione del petrolio. La Gran Bretagna sostenne che la nazionalizzazione voluta da Mossadeq fosse illegale secondo il dettato del diritto internazionale. Una volta sentito il parere delle Nazioni Unite, che si espressero contrariamente al volere inglese, Teheran agì indisturbata riappropriandosi delle proprie riserve. A quel punto, agli inglesi non rimasero altre armi, se non quella dell'embargo. La crisi di protrasse per tre anni, dal 1951 al 1953, e finì con l'Operazione Ajax.

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nazionalizzazione46. Gli Stati Uniti, così, si schierarono al fianco della Gran Bretagna per boicottare le esportazioni dell'Iran. Mossadeq non si arrese, e nel 1952 il governo varò riforme volte a modificare i rapporti tra contadini e proprietari terrieri, per avvantaggiare i primi rispetto ai secondi. Inoltre, visto il largo seguito ottenuto dal primo ministro, venne attuato anche un tentativo di limitazione del potere della monarchia: Mossadeq chiese a Mohammad Reza di ottenere anche il ruolo di ministro della guerra. Lo Shah ovviamente rifiutò e Mossadeq fu costretto alle dimissioni.

Alla notizia della volontà della monarchia di scendere nuovamente a patti con la Gran Bretagna per la questione petrolifera, il Tudeh lanciò una fortissima protesta, che costrinse lo Shah a ridare l'incarico di primo ministro a Mossadeq, il quale immediatamente interruppe i rapporti diplomatici con gli inglesi. Rimase, tuttavia, segreto il patto per organizzare un colpo di stato ai danni di Mossadeq, organizzato congiuntamente da Stati Uniti e Gran Bretagna, che prenderà il nome di Operazione Ajax.

Il progetto golpista doveva iniziare ad essere attuato a partire dall'agosto 1953, con la destituzione di Mossadeq e la sua sostituzione con il generale Zahedi. Il ritardo nell'attuazione dell'Operazione Ajax, tuttavia, permise al Tudeh di informare Mossadeq e di smascherare l'operazione. Lo Shah scappò dal paese proprio mentre scoppiavano pesanti rivolte antimonarchiche, che Mossadeq fu costretto a contenere inviando la polizia. Il Tudeh, ovviamente, non reagì positivamente alla scelta del primo ministro, e il suo sostegno al governo iniziò a vacillare. Non a caso, la manifestazione successiva, il 19 agosto, fu rivolta esclusivamente contro Mossadeq, e furono pochi coloro i quali si opposero. In ogni caso, fu particolare la composizione de corteo dei manifestanti: da membri della malavita iraniana, a personaggi politici corrotti dalla CIA, fino ad arrivare a grandi parti dell'esercito47. Zahedi e le forze armate presero il controllo dello stato, Mossadeq venne arrestato e lo Shah ritornò in Iran.

Ovviamente il colpo di stato non sarebbe mai giunto a compimento senza il consistente appoggio esterno del SIS britannico e della CIA, perché la sola monarchia non sarebbe riuscita in alcun modo a far dimettere Mossadeq senza alcun appoggio

46Negli USA gli anni Cinquanta si caratterizzarono per il fenomeno del “maccartismo”, ovvero una

condanna totale al comunismo per paura di infiltrazioni negli ambienti statunitensi, messa in atto dal senatore McCarthy. Durante la presidenza Eisenhower, e il presunto aumento di casi di spionaggio sovietico ai danni degli Stati Uniti, tutti i paesi filosovietici finirono nel mirino statunitense, compreso l'Iran, anche se non si trattava esattamente di un paese compreso nell'orbita di Mosca, ma che presentava un'organizzazione comunista semiclandestina al suo interno. Basti pensare che, in seguito alla crisi di Suez, qualche anno dopo, Eisenhower enunciò la sua dottrina, dichiarando, da un lato, che gli USA si sarebbero impegnati per la stabilità mediorientale, e dall'altro condannando tutti i partiti comunisti filosovietici.

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esterno. Le conseguenze dell'Operazione Ajax furono molto importanti. L'apprezzamento della figura di Mossadeq da parte della maggioranza della popolazione iraniana, senza distinzione di etnia o di religione, fu tale che egli diventò una sorta di eroe nazionale, perché fu il primo politico ad opporsi apertamente all'ingerenza straniera negli affari economici iraniani, intendendo rendere l'Iran uno stato veramente indipendente. Gli Stati Uniti, che dal 1953 diventarono i principali protettori dei Pahlavi, nonostante il successo del golpe si attirarono le antipatie della popolazione, e persero il ruolo di attore superpartes che sembravano aver confermato durante le Guerre Mondiali. Il comportamento statunitense non fu infatti molto differente da quello britannico del XIX secolo, in quanto Washington iniziò a trattare Teheran come l'ennesimo strumento per raggiungere i suoi scopi. Infine, lo Shah con le sue azioni allontanò il sostegno di molti iraniani, apparendo come un burattino nelle mani dell'occidente.

Anche il KDP venne colpito dall'Operazione Ajax, seppur marginalmente. La scomparsa dalla scena politica di Mossadeq e la conseguente repressione monarchica aveva provocato una quasi totale disgregazione del partito, già molto precario al momento del crollo della repubblica di Mahabad. Per sopravvivere, negli anni tra il 1946 e il 1953 il KDP strinse una forte alleanza con il Tudeh, al punto tale da diventare una sorta di cellula segreta comunista che agiva nei territori curdi48. Ma dal 1955 il partito curdo cercò di affrancarsi da quello iraniano, tramite la convocazione di un congresso nel quale venne sancita la totale indipendenza del KDP da qualsiasi altra formazione partitica. Di fatto questa dichiarazione rimase lettera morta, in quanto il Tudeh continuò ad esercitare una forte influenza sul partito democratico fin quasi alla fine degli anni Ottanta. Il governo iraniano, conscio della pericolosità di un nuovo risveglio curdo, perseguitò il KDP al punto da arrivare quasi a disgregarlo nuovamente, arrestando quasi tutti i suoi esponenti di spicco.

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