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CAPITOLO III

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Academic year: 2021

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CAPITOLO III

L’AREA DELL’EX CHIESA DI S. LORENZO ALLA

LUCE DELLE INDAGINI ARCHEOLOGICHE

1-

Introduzione

L’archeologia medievale fa il suo ingresso nelle città verso i primi anni Ottanta del secolo scorso, con la realizzazione delle prime carte del rischio archeologico e soprattutto grazie ad un’estesa ed intensa attività di ricerca.96

A Pisa l’archeologia urbana ha senza dubbio vissuto e vive ancora, negli ultimi anni, importantissimi momenti volti alla produzione di un patrimonio di nuove conoscenze, soprattutto relative all’età medievale.

La città infatti è stata interessata da numerosi interventi di scavo, sia preventivi che d’emergenza, collegati a lavori di riqualificazione urbanistica di aree pubbliche e/o private, resi possibili grazie ad una profonda collaborazione tra la Soprintendenza Archeologica della Toscana, il Comune di Pisa e le cattedre di Archeologia Medievale e di Metodologia della ricerca archeologica dell’Università di Pisa.

Negli ultimi quindici anni sono stati circa 83 gli interventi effettuati ed una buona metà hanno riguardato contesti compresi tra il VI ed il XVI secolo. Solo in alcuni di questi interventi è stato però possibile raggiungere ed indagare depositi non disturbati da interventi postdeposizionali.

Questi vari cantieri hanno di conseguenza prodotto una vasta mole di informazioni e dati relativi alla storia medievale dell’abitato, confluiti

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recentemente in un progetto GIS legato all’elaborazione di una carta di rischio archeologico urbano.97

L’area di Chinzica è stata una delle zone della città nella quale si sono concentrati nell’ultimo decennio i più significativi interventi di archeologia urbana, in quanto per quest’area non si disponeva di indagini stratigrafiche estensive. Gli scavi effettuati in coincidenza con le chiese di S. Cristina, dei SS. Andrea e Vincenzo e della stessa S. Lorenzo hanno consentito l’acquisizione delle prime sequenze stratigrafiche in quest’area della città medievale.

Il grave problema e forse anche il limite per una ricerca ed uno studio dei contesti tardo antichi ed altomedievali pisani è rappresentato sia dalle caratteristiche idrogeologiche della città stessa e sia dalla distruzione di buona parte della stratificazione anteriore al X secolo dovuta alla intensa fase costruttiva che interessò la città a partire dall’XI secolo.98

La campagna di scavo svoltasi a Pisa nell’attuale piazza Chiara Gambacorti (già piazza La Pera) tra i mesi di aprile e luglio 2004 è nata con l’obbiettivo del recupero e della valorizzazione di un ambito urbano molto significativo per la storia dell’abitato pisano.

Le ricerche archeologiche sono state rese possibili grazie ad una precisa e costante collaborazione tra il Comune di Pisa, la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana e la Cattedra di Archeologia Medievale diretta dal prof. Marco Milanese in collaborazione con l’antropologo prof. Francesco Mallegni, entrambi del Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa. Allo scavo hanno partecipato inoltre numerosi studenti, laureati e specializzati, della medesima Università, il cui impegno e serietà sono stati fondamentali per l’esito della ricerca.

97 Gattiglia, Milanese 2006a, p. 25

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Fig. 14 Foto area degli anni ’70. Il cerchio rosso indica l’attuale piazza Gambacorti dove, all’epoca, era situato il mercato coperto

(Immagine tratta da Milanese 2005, Piazza Gambacorti: archeologia e urbanistica a Pisa: scavi e ricerche 2004, p. 13)

Le indagini archeologiche si sono concentrate nel settore settentrionale della piazza (AREA 1000), per un estensione di circa 300m², nella zona in cui insistevano le fondazioni della chiesa di S. Lorenzo in Chinzica.99

Le indagini hanno interessato tale area in due settori distinti, 100 e 500, ubicati rispettivamente nella porzione occidentale e nord-orientale della piazza per un totale di circa 200m². La parte centrale della piazza invece non

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è stata oggetto di scavo, in quanto tale settore ha subito nel corso dell’età moderna una serie di interventi che l’hanno pesantemente intaccata; si è proceduto quindi solo ad effettuare una documentazione grafica e fotografica.

I dati finali dello scavo hanno reso possibile la ricostruzione delle principali fasi di vita della chiesa di S. Lorenzo, restituendo una scansione progressiva di quattro piani pavimentali e di varie attività di ristrutturazioni, collocabili cronologicamente tra la fine del XII secolo e tutto il XVIII.

E’ stato possibile definire l’estensione dell’edificio ecclesiastico solo in seguito alla rimozione dei marciapiedi presenti sui quattro lati della piazza stessa, che ha fatto emergere i perimetrali della chiesa.

A tale proposito va infatti segnalato che l’unica rappresentazione visiva della chiesa giunta sino a noi è contenuta in un manoscritto del canonico Paolo Tronci relativo alla prima metà del XVII secolo, nel quale sono riportati fedelmente tutti gli edifici ecclesiastici cittadini.

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Fig. 15 La chiesa di S. Lorenzo in un manoscritto di P. Tronci della prima metà del XVII secolo, TAV. XCVI.100

Dal disegno si può osservare che l’edificio risulta costituito da tre navate e sulla base delle indagini archeologiche è emerso che era privo di abside. La chiesa presenta una facciata a salienti con una successione di spioventi posti a differenti altezze. Non si riscontra nessun elemento decorativo, tranne la serie di archetti pensili che ornano gli spioventi e in facciata sottili lesene

100 Le immagini sono tratte dal manoscritto conservato a Pisa presso la Biblioteca della S.B.A.P.S.A.E., Palazzo Reale

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che si profilano sulla superficie superiore, ai lati dell’apertura centrale circolare. L’accesso principale è sormontato da un protiro presumibilmente ligneo.

Il campanile, a pianta quadrata e tetto a capanna, sembra caratterizzato nella parte superiore visibile, da una divisione a tre piani, due dei quali evidenziati da un cornicione accentuato e da aperture a bifora con capitello.

Lo scavo stratigrafico ha confermato la pianta rettangolare dell’edificio e le tre navate scandite da quattro pilastri, testimoniati dalle basi ancora in situ. Le murature della chiesa erano realizzate con conci squadrati di pietra calcarea ed inserti di panchina livornese nei filari più bassi.101

Fig. 16 L’area degli scavi in una visuale dall’alto

(Immagine tratta da Milanese 2005, Piazza Gambacorti: archeologia e urbanistica a Pisa, cit., p. 20)

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La facciata, lunga 15.70 m, era sul lato ovest, dove risultano ancora visibili tre aperture tamponate. Quella posta in posizione più centrale costituiva l’ingresso principale all’edificio, mentre le altre due, più piccole, costituivano gli accessi secondari.

Il lato nord misurava circa 25.85 metri mentre quello sud 26.50 metri. Lungo quest’ultimo perimetrale vi erano due piccoli accessi laterali, che vennero tamponati in seguito alla loro defunzionalizzazione.

Il lato est, di circa 15.50 metri, era rettilineo e privo di abside. Nella parete interna da segnalare la presenza di due lesene.

In generale la planimetria dell’edificio ecclesiastico rimase invariata nel corso dei secoli, mentre a subire delle modifiche fu l’organizzazione degli spazi interni a seconda delle diverse esigenze dei proprietari.

Il più antico strato di pavimentazione rinvenuto è stato datato al XIII secolo ma come vedremo non costituisce la pavimentazione originaria, in quanto sotto il pavimento stesso sono state rinvenute tracce di intonaco che rimandano alla presenza di un più antico piano pavimentale purtroppo non pervenutoci, e per la sua realizzazione venne utilizzata una malta gialla, ottenuta dall’impasto di panchina livornese triturata, laterizi e ghiaia, con l’aggiunta di sabbia ed acqua e con uno spessore totale di diversi centimetri. Tale pratica costruttiva non era affatto sconosciuta a Pisa per tutto il medioevo, in quanto si cercava di evitare eventuali risalite dell’acqua di falda.102

Per quanto riguarda la fase cimiteriale più antica (XII secolo), attestata anche dalle fonti scritte103, abbiamo una documentazione archeologica solo parziale, perché l’area cimiteriale di questo periodo doveva sicuramente insistere nella parte meridionale dell’attuale piazza, in una zona nella quale non si è potuto procedere con le indagini, sia per motivi di tempo e di risorse economiche.104

Nel 1784 la chiesa venne soppressa e tutta l’area fu lottizzata e venduta a privati cittadini. Nello spazio della chiesa sono attestate dalle fonti tre famiglie di cittadini che si spartirono l’edificio creando tre unità abitative, di cui due al pian terreno ed una al primo piano. I perimetrali dell’edifico rimasero intatti,

102

Santucci 2005, p. 28

103 Garzella 1990, p. 117, nota 64 104 Milanese 2005a, p. 22

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mentre è al suo interno che avvengono significati lavori di risistemazione, con la costruzione di tramezzi interni in mattoni, che andarono inevitabilmente ad intaccare e distruggere il piano pavimentale della chiesa.105

Fig. 17 Ricostruzione planimetrica della chiesa di S. Lorenzo

(Immagine tratta da Milanese et alii 2005, Intervento archeologico in Piazza Chiara Gambacorti, 13 aprile – 13 luglio 2004 )

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2- Lo scavo

SETTORE 100

Il settore 100, individuato nella zona ovest dell’area 1000, presenta un’estensione di circa 90m². Tale settore è ubicato più precisamente nella zona immediatamente adiacente la facciata di quello che era l’edificio ecclesiastico, ricalcando lo spazio antistante l’entrata per 1/3 dell’intera lunghezza della chiesa che aveva orientamento ovest-est.106

Per prima cosa si è proceduto con l’asportazione del manto stradale (US 101) tramite l’ausilio di scavatori meccanici. Al di sotto di esso è stato individuato un deposito di macerie identificato come US 100.

Le indagini stratigrafiche hanno permesso di identificare sei periodi diversi, collocabili, come vedremo, in un quadro cronologico che va dalla fine del XII a tutto il XX secolo. Purtroppo però, in correlazione con quanto accennato prima sulla presenza della falda freatica, le indagini si sono dovute arrestare ad una quota di -140 cm dal piano stradale, impedendo di documentare le primissime fasi di vita della chiesa di S. Lorenzo.

I periodo: fine XI-prima metà XIII secolo

A questo periodo è riconducibile la costruzione del perimetrale meridionale (A1, US 144, 381), con orientamento ovest-est e realizzato in conci squadrati di pietra calcarea con inserti in panchina livornese nei filari più bassi. Nella parte centrale del settore, la cresta di rasatura di una struttura presenta lo stesso orientamento e la stessa tecnica costruttiva del perimetrale (A2, US 396; A5, US -398), ma non è ben chiara la funzione originaria. Sappiamo solo che poco dopo l’edificazione della chiesa venne sfruttata come appoggio per la base litica quadrangolare di uno dei pilastri centrali che scandivano le navate.107

106 Anichini 2005a, p. 7 107 Anichini 2005a, p. 8

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Fig. 18 Parte del muro perimetrale

(Immagine tratta da Milanese 2005, Piazza Gambacorti: archeologia e urbanistica a Pisa, cit., p. 26)

II periodo: seconda metà XIII-XIV secolo

Agli inizi del 1200 è attestata una nuova consacrazione dell’edificio, probabilmente in seguito ad un incendio.108 Il nucleo architettonico originale non sembra subire danni rilevanti e la parte interna è ricoperta da una pavimentazione in malta. Tale piano pavimentale restò in uso sino al XIV secolo quando un grave evento traumatico, molto probabilmente un incendio, ne provoca il cedimento e la conseguente obliterazione.

Dalla lettura della stratigrafia sono state individuate quattro fasi distinte. La prima fase è costituita da una successione di strati ricchi di cenere e carbone (US 389, 391, 392) estesi nella parte centrale del settore, che obliterano quello che sembra apparire come il crollo di una copertura in scisti e laterizi (US 390, 394). I materiali ceramici rinvenuti sono costituiti da ceramica grezza e priva di rivestimento.

Nella seconda fase non è chiaro se ad essa appartiene il tamponamento di una parte del perimetrale: un paramento in laterizi legati con della malta gialla oblitera una precedente apertura verso l’esterno (A6, US 376). Un piano pavimentale costituito da uno strato di malta gialla cementata e

108

Numerosi incendi sono documentati a Pisa tra XI e XIII secolo ed in particolar modo in Chinzica. Tale frequenza si spiega col largo utilizzo del legno nell’edilizia, anche all’interno di strutture lapidee; cfr. B. Maragone, Annales Pisani.

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ricavata da un impasto di panchina livornese triturata, laterizi e ghiaia, si appoggia sia al perimetrale che al tamponamento. Nella parte meridionale del settore, all’esterno della chiesa, si addossa al perimetrale un allineamento di pietre legate con sola terra e visibili per due filari ma al momento di incomprensibile lettura.

La fase di vita del piano pavimentale in malta (US 361), documentata nella

terza fase, è testimoniata da diverse tracce109, quali il piano di calpestio rinvenuto su tutta l’estensione della pavimentazione, una piccola buca di palo (A13, US 365, -366) nella porzione centro orientale del settore e la realizzazione, nella parte nord-orientale, di una struttura quadrangolare in laterizi per uso sepolcrale con orientamento ovestest (A11, US 376, 297, -387). Purtroppo non siamo in grado di capire se tale struttura sia stata realizzata contemporaneamente al piano pavimentale o in una fase successiva.

Infine, nella quarta fase la pavimentazione (US 361) subisce un cedimento che provoca il distaccamento dal perimetrale meridionale ed il conseguente scivolamento verso il basso di tutta la porzione sud con un abbassamento di circa 25 cm della quota originaria. Tutto il piano è ricoperto da uno strato di carboni e macerie con tracce di bruciatura (A14, US 353). Tale deposito sembra con ogni probabilità da collegare all’incendio che colpì la chiesa alla fine del XIV secolo.110

III periodo: XV secolo-1783

Questo periodo è caratterizzato da una serie di risistemazioni molto significative. Anzi tutto sono attestate due nuove fasi pavimentali che rialzano i livelli di vita e parte delle strutture di circa 40 cm, abbiamo la realizzazione, all’esterno, di una prima struttura voltata in laterizi interpretata come cisterna o bottino per i liquami ed inoltre sono collocabili in questo periodo le due più consistenti fasi sepolcrali che occupano la fascia lungo il perimetrale e la zona nord.

In una prima fase si colma il dislivello formatosi a seguito dell’incendio della fine del XIV secolo.111 Vengono impiegati laterizi, pietre, frammenti di

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Vedi tav. 1, p. 66 110 Anichini 2005a, pp. 8-10 111 Vedi tav. 2, p. 67

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intonaco e grumi di malta e si ha un rialzamento di tutta l’area di circa 40 cm (A15, US 346=347=363). Su questo nuovo livello si imposta quindi il cantiere per la trasformazione ed il rialzamento delle strutture della chiesa. Della nuova pavimentazione resta solo un lacerto e le tracce relative alla preparazione rinvenute nella parte centro meridionale (A28, US 341, 342, 336). Contemporaneamente si ha l’innalzamento della colonna centrale (A30, US 136) e della struttura sepolcrale settentrionale (A21, US -358, 359). Nel settore orientale del settore è attestata la presenza di un gradino orientato in senso ovest-est e parallelo al perimetrale (A29, US 339), ipotizzabile come l’alloggiamento di un altare laterale.112

All’esterno, probabilmente in relazione con la casa canonicale citata dalle fonti come edificio addossato alla parte sud-occidentale della chiesa113, viene costruita una struttura voltata in laterizi orientata in senso nord-sud, creando così una nicchia all’interno del perimetrale (US -286) e sfruttando parte della tamponatura descritta sopra (US 376). Il bottino così realizzato, è costituito da due spallette laterali sulle quali si imposta la copertura a volta: quella occidentale (A19, US 235, 285, -286) rappresenta l’innalzamento di un precedente muretto in mattoni (US 388) mentre quella orientale (A25, US 232, 213, 207, 231, -248) è invece realizzata ex-novo in tecnica mista. Il taglio nel muro, tamponato lateralmente ricollocando alcuni dei conci rimossi (US 285), asporta parte di una precedente struttura in mattoni costituita da un muretto ad un unico filare (A23, US 214), appoggiato a quello che sembra essere un piccolo pilastro (A17, US 276) e forse riferibile ad una struttura sepolcrale esterna.114

Nella seconda fase è collocabile una prima attività sepolcrale, attestata dal rinvenimento di alcuni inumati nella struttura sepolcrale settentrionale (A31, US -334, 375, 369, 368).

Nella terza fase l’interno della chiesa subisce un nuovo cambiamento.115 Si ha la rasatura e la quasi completa asportazione del gradino interno nella

112 Dalle visite pastorali emerge che all’interno della chiesa vi erano almeno tre altari, dedicati rispettivamente a S. Lorenzo, a S. Andrea ed alla Madonna; vedi A.A.P., Visite Pastorali, n. 25, 1736-1737

113 In una visita pastorale del 1597 viene menzionata una casa canonicale ed un gran orto con alberi da frutta, vedi Monaco 1982/83, vol. 2, p. 7; in un’altra visita del 1623 la chiesa ha una “domus canonicale con orto annesso a detta ecclesia contigua”, vedi A.A.P., Visite Pastorali, n. 10, 1622-1657 114 Anichini 2005a, pp. 10-11

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parte meridionale insieme al pavimento (A32, US -340). Si imposta una nuova fase di cantiere con un piano di calpestio (A34, US 313, 314, 315) realizzato immediatamente sopra uno strato di frammenti di intonaco e sabbia (A33, US 316=317) ed usato come preparazione per il nuovo piano pavimentale. I materiali spoliati vengono reimpiegati per la realizzazione di una griglia di suspensurae, fatte di tre mattoni sovrapposti e tenute insieme da uno strato di argilla, col doppio compito di legante per i mattoni e di isolante per il terreno umido (A35, US 253=225=226, 254=163=224). L’unico lacerto di pavimentazione che si è conservato è ubicato nella sezione occidentale dello scavo (A42, US 268).

E’ in questo arco cronologico che si colloca la fase cimiteriale più complessa rinvenuta all’interno della chiesa. Due sepolture vengono alloggiate lungo il perimetrale sud. Della prima (A36, US -196, -340, 269, 239, 195), che è stata scavata a fossa, è stata individuata solo la parte inferiore dell’inumato (di sesso femminile), collocato in una cassa lignea della quale rimangono i chiodi.

La seconda sepoltura invece si presenta più complessa (A37, US -303, 306, 307, 308, 302; A39, US 291, 255, 265, 258; A43, US 256, 198). Scavata nella terra lungo la parte orientale del perimetrale, presenta una struttura molto articolata, formata da una spalletta settentrionale in mattoni, ubicati di taglio e legati con la malta, due riempimenti in terra sopra l’inumato ed una copertura in mezzane poste di piatto, anch’esse legate ed appoggiate al rialzamento della tamponatura del perimetrale (A44, US 274) fino alla quota del piano pavimentale (US 268).

La struttura sepolcrale settentrionale subisce ora l’ennesimo rifacimento: viene rialzata solo la porzione occidentale e ridotta l’estensione fino a creare una sorta di pozzetto usato come ossario e butto di materiali di scarto (A40, US -320, 187; A41, US 295, 296).116 Con ogni probabilità, durante la fase di ristrutturazione, alcune sepolture sono state smantellate in una porzione della chiesa diversa dal settore 100 e le ossa sono state gettate all’interno di questa struttura che contemporaneamente perde la sua originaria funzione sepolcrale. Due degli scheletri rinvenuti all’interno presentano una particolarità, in quanto le ossa erano forate alle estremità e tenute insieme

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con un filo metallico. Le ipotesi avanzate per fornire una spiegazione di tale fenomeno sono due: il loro utilizzo come modello per lo studio anatomico delle ossa, in quanto a Pisa in quel periodo l’Università era già attiva, oppure che si tratti delle reliquie di un santo e che siano state ricomposte per essere esposte.117

Nel limite orientale del settore è stata rinvenuta un’altra sepoltura di sesso femminile, collocata all’interno di una cassa lignea e di cui è stato possibile documentare solo la parte sommitale fino alle scapole (A38, US -283, 282, 284).

All’esterno viene costruita una nuova struttura in laterizi all’interno della preesistente cisterna (A19), riducendo quest’ultima in ampiezza. Il nuovo bottino ha un suo volume definito per intero sui quattro lati da muri in mattoni legati con malta ed intonacati all’interno (A45, US -249, 204, 236, 150, 272, 273, 208). La parete del bottino viene addossata alla tamponatura del perimetrale ed il fondo è costituito da un piano di laterizi e la copertura è a volta. In ultimo vengono tamponate lateralmente parte delle spallette della precedente struttura (US 272, 273).

Dell’ultimo periodo di vita della chiesa, quarta fase, non abbiamo tracce materiali. La ceramica rinvenuta negli strati immediatamente precedenti a questa fase ci consente di affermare che l’ultimo piano pavimentale (US 268) viene utilizzato dagli inizi del XVIII secolo e rimase in vita sino al 1784, data della sconsacrazione della chiesa di S. Lorenzo.

IV periodo: 1784-primi decenni XX secolo

Dopo la sua sconsacrazione, l’edificio ecclesiastico venne venduto in due lotti a cittadini privati, i quali ne modificarono sostanzialmente sia la destinazione d’uso che la planimetria interna.

Da alcuni documenti fotografici sembra emergere che le colonne divisorie delle navate rimangano in piedi, forse inglobate nei muri che dividono lo spazio in più vani.

Sempre in questo periodo viene realizzato un bottino interno, quello esterno viene riutilizzato e altre due strutture quadrangolari vengono utilizzate come scarico per i liquami.

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Una fonte del 1913 ci attesta l’abbandono ed il crollo della copertura muraria dell’edificio.118

Nella prima fase di questo IV periodo l’edificio è interessato da una serie di lavori significativi. L’ultima pavimentazione viene spoliata ed i materiali sono riutilizzati per costruire una serie di tramezzature interne all’edificio (A46, US 377). E’ una fase in cui le quote pavimentali, sia all’interno che all’esterno della chiesa (A47, US 289=220=184; A52, US 287, 292, 215; A53, US 241, -242; A50, US 189, 227, 230, 219, 159, 221, 267; A51, US 261; A48, US 199; A57, US 210, 293, -301; A58, US 244, -247, 245, 246, 266, -243; A36, US 188; A56, US 155), vengono continuamente rialzate e livellate, a seguito di vari scarichi disomogenei.119

Da quest’ultimo nuovo livello partono i tagli di fondazione dei muri interni, il cui materiale impiegato per la loro costruzione è in mattoni o in opera mista. Di essi rimangono visibili solo le fondazioni di diversa tipologia: due strutture nella parte settentrionale ed una in quella centrale con andamento nord-sud presentano una fondazione costituita da archi pieni in pietre e laterizi sovrastati da archi con mattoni posti di taglio che si appoggiano a parti strutturali originarie, quali il pilastro centrale ed il perimetrale, scaricando in questo modo la spinta e formando una solida base per l’imposta dei muri sovrastanti (A63, US 149, 277, 134; A62, US 271, 201, 138; A60, US -170, 143); tre strutture orientate ovest-est hanno fondazione a sacco gettata in un taglio a filo (A65, US 130; A64, US 132; A59, US 145); un’ altra struttura in pietre e laterizi posta sul limite nord ha una fossa di fondazione e reimpiega un architrave in pietra come sostegno a colmare il vuoto sopra la sepoltura in laterizi (US 297) che in parte viene rasata (A66, US -186, 373, 128, 185).

Nella parte centrale del settore viene realizzato un nuovo bottino, caratterizzato da una struttura quadrangolare con copertura a volta, realizzata in mattoni legati con della malta intonacata internamente, fornita di un’apertura quadrata sul lato occidentale per l’immissione degli scarichi mediante una tubatura e di una più grande apertura sulla sommità per l’evacuazione periodica dei liquami (A61, US -181, 141, 142, 263).

118 Anichini 2005a, p. 14 119 ibidem

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Altre due strutture simili sono state rinvenute più a nord, entrambe prive di copertura e parzialmente danneggiate.

Il limite orientale del settore presentava invece una grossa buca scavata per gettarvi numerose ossa umane, probabile intercettazione di più sepolture durante i lavori intrapresi per i cambiamenti strutturali dell’edificio (A49, US 252, 300, -251; A55, US 197, 179). Questo scarico era stato obliterato da una spessa colata di calce e dal suo interno proviene una serie consistente di reperti metallici di tipo devozionale (medagliette, crocifissi, rosari) simili a quelli trovati nelle sepolture primarie.120

I reperti ceramici rinvenuti nel riempimento del bottino esterno e collocabili nella seconda fase attestano l’utilizzo continuativo della struttura fino alla fine del XIX secolo.121 Di notevole importanza il sedimento organico recuperato, il quale rappresenta un importante campione utile a ricostruire uno spaccato di storia dell’alimentazione dell’epoca.

V periodo: seconda metà del XX secolo

Purtroppo in questa fase è da segnalare l’abbandono ed il veloce degrado a cui andò incontro la chiesa di S. Lorenzo, assumendo ben presto l’aspetto di un rudere. Nel 1932 venne completamente abbattuta e l’area venne trasformata in mercato delle verdure.

Negli anni ’70 lo spazio viene adibito a mercato ittico e provvisto di una copertura sorretta da sedici pilastri in cemento armato.

Quindi nella prima fase l’edificio venne raso al suolo (A74, US 126, 129, 385, 131, 133, 135, 386, 262=264, 238, 237, 380, 378; A80, US 217, -218); si verifica il crollo della copertura a volta del bottino esterno mentre gli altri bottini vengono obliterati di macerie (A75, US -229, 259, 288, 309; A82, US 206, 222, 223, 228, 278; A78, US 172, 173=174, 148, 160) e l’apertura sommitale del bottino centrale viene ulteriormente tamponata con una colata di malta (A79, US 171, 156).122

Tutta l’area quindi viene colmata da una serie di strati di riporto fino a livellare il terreno alla quota delle creste di rasatura (A84, US 192, 193; A81, US 161, 162, 168, 164, 165; A83, US 178; A16, US 176, 175, 194, 177, 169). 120 Anichini 2005a, p. 15 121 Vedi tav. 4, p. 69 122 Anichini 2005a, p. 16

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La struttura sepolcrale US 279, ubicata nella parte settentrionale del settore viene intaccata da una buca di spoliazione (A76, US 182, -183).

Nella seconda fase il primo mercato, quello delle verdure, doveva essere dotato di una pensilina in ghisa, non fissa. In relazione con essa potrebbero essere due buche circolari (A89, US 158, -260; A85, US 167, -166).

L’impianto del mercato ittico invece comportò la costruzione della copertura su pilastri e lo sventramento quasi totale della porzione centrale dell’area 1000. Nel settore 100, a seguito ed a testimonianza di questa ridefinizione dello spazio, restano nella zona nord parte della rete fognaria per il convoglio delle acque bianche (A90, US 146, 112, -113; A88, US 379, -139; A86, US 383, -180) ed al centro alcuni lacerti di pavimentazione in cemento (A87, US 140, 202).

VI periodo: epoca contemporanea

Viene smantellato anche il mercato ittico e si procede prima a colmare l’area con uno strato di 50 cm di materiale macerioso e successivamente ad asfaltarla (A92, US 100, 101), diventando così l’attuale piazza Gambacorti.

SETTORE 500

Il settore 500 è ubicato nella parte orientale dell’area 1000 e si estende per una superficie di circa 100m². Le indagini di scavo hanno interessato soltanto l’area interna alla chiesa di S. Lorenzo, in particolare l’area del presbiterio, con tutta probabilità situata nella zona antistante a via della Pera.

Anche in questo caso le indagini sono state ostacolate dalla presenza della falda freatica, che ha impedito di documentare dal punto di vista stratigrafico questa parte della piazza. Nonostante ciò sono stati individuati cinque diversi periodi di vita dell’area, compresi in un arco di tempo che va dal XIII al XXI secolo.123

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I periodo: XI-XII secolo

Dell’impianto originario della chiesa di S. Lorenzo è riconoscibile il perimetrale sud (A3, US 527), ben visibile sul limite meridionale dello scavo e realizzato in conci di pietra calcarea e panchina livornese, con le basi squadrate dei pilastri in pietra (A4, US 641; A5, US 737; A6, US 762; A7, US 502, 667, 666) che scandiscono la divisione in tre navate.

In seguito all’asportazione dello strato in prossimità della base del pilastro identificato come US 641, è stata portata alla luce una struttura muraria (A1, US 765) con andamento est-ovest, in conci di pietra calcarea, analoghi a quelli del perimetrale meridionale e ad una struttura, ad essa allineata, individuata nel settore 100.124

Dalla scarsità dei dati è difficile comprendere quale relazione vi fosse tra tale opera e le altre strutture in questa prima fase di vita della chiesa.

II periodo: fine XIII-XIV secolo

E’ da collocare in questo arco cronologico la costruzione della pavimentazione in malta e panchina livornese, che come abbiamo precedentemente avuto modo di vedere non costituisce la pavimentazione originaria. Il rinvenimento di alcuni reperti ceramici significativi (depurate prive di rivestimento e soprattutto maiolica arcaica) rinvenuti nella preparazione del pavimento, permettono comunque di ipotizzarne una datazione al XIII secolo.

Durante una prima fase un grande deposito sabbioso (A8, US 756) si estende su gran parte dell’intero settore. Sulla sua formazione sono state fatte due ipotesi; la prima è che sia di origine alluvionale, mentre la seconda propende per un riporto terroso utilizzato per il rialzamento delle quote del piano rispetto.125 Al di sopra di tale strato viene sistemata una struttura muraria (A9, US 750) con andamento est-ovest, della quale rimane solo un filare di pietre, intonacato su ambo i lati. Probabilmente è da mettere in connessione con i pilastri della navata centrale (US 737, 641) ai quali si appoggia.126

124 Santucci 2005a, p. 18 125

Nel 1332 Pisa fu vittima di una grande alluvione. Un cronista dell’epoca narra che soltanto a cavallo o in barca si potevano percorrere le strade di Chinzica; vedi Herlihy 1990, p. 76

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Fig. 19 L’ interno della chiesa con in evidenza il pavimento in malta e panchina livornese

(Immagine tratta da Milanese 2005, Piazza Gambacorti: archeologia e urbanistica a Pisa, cit., p. 27)

In una seconda fase la chiesa subisce dei significativi lavori di risistemazione: la struttura muraria US 750 viene demolita, una serie di piani di cantiere (A11, US 747, 748) obliterano la sua rasatura e documentano la costruzione del piano pavimentale (A12, US 743, 744, 745, 668=642=663) spesso circa 10 cm.

Al di sopra di due strati di argilla (US 744, 745), utilizzati forse per regolare le quote del piano, viene collocato un vespaio di pietre, prive di legante, con lo scopo di isolare e proteggere il pavimento dalla falda freatica.127

Nella terza fase l’utilizzo e la vita del pavimento sono solo ipotizzabili, in quanto non sono state rinvenute attività in tal senso. Sulla base dei confronti con i materiali rinvenuti nel livello di calpestio del settore 100 e su quella dei reperti ceramici (maiolica arcaica e anforette pisane) contenuti nel consistente deposito macerioso subito soprastante (A24, US 543, 542, 672, 719, 702, 662) si può ipotizzare l’utilizzo del piano pavimentale per tutto il XIV secolo.128

Nel perimetrale sud, ed in fase col pavimento, è stata individuata un’apertura (A13, US -753), con ogni probabilità una porta, ma rimane difficile capire se

127 Santucci 2005a, p. 20 128 Vedi tav. 5, p. 70

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fu realizzata contemporaneamente al piano pavimentale o se fosse già presente e quindi riutilizzata.

A questa risistemazione interna sono da collegare due strutture funerarie con andamento est-ovest, ubicate ad ovest del muro del presbiterio. La prima (A14, US 634, -635) collocata lungo il perimetrale meridionale, mentre la seconda (A15, US 623, 664, -763) in prossimità del perimetrale settentrionale dell’edificio. Solo la US 634 è stata indagata, ma non sono stati rinvenuti reperti umani. Molto probabilmente vi era anche una terza sepoltura (A16, US -670, 671), posta in posizione centrale, la quale è stata però demolita da interventi successivi.

Nella quarta fase la pavimentazione A12 sprofonda di circa 12 cm rispetto al piano di calpestio originario.

III periodo: XV secolo-1784

Il cedimento del piano pavimentale sembra dovuto, anche sulla base di un’elevata concentrazione di carbone nel deposito macerioso, ad un incendio. Tuttavia non va esclusa l’ipotesi di uno spostamento del pavimento in seguito ad un’ alluvione o ad una risalita dell’acqua di falda.129

In una prima fase si documentano quindi una serie di attività volte a riorganizzare lo spazio interno della chiesa ed a dotarla di una nuova pavimentazione.130 Nella zona del presbiterio si ha l’innalzamento, direttamente sul vecchio piano pavimentale, di una struttura muraria con andamento nord/est-sud/ovest (A17, US 519), la quale si appoggia al perimetrale meridionale e che forse correva fino al perimetrale settentrionale. Per la sua costruzione furono utilizzati laterizi posti di piatto e legati con malta e fu realizzata successivamente al distacco del pavimento, con l’obbiettivo di pareggiare le quote e di isolare la zona presbiteriale dal resto della chiesa. In ogni caso non si tratta di una struttura portante e dato che terminava in quota con il nuovo pavimento non si esclude che sorreggesse una balaustra o un gradino, che divideva il presbiterio dal resto della chiesa. Nel tratto del perimetrale sud compreso nell’area presbiteriale viene chiusa

129 Santucci 2005, p. 29 130 Vedi tav. 6, p. 71

(21)

l’apertura in fase con il vecchio pavimento, attraverso una tamponatura in laterizi legati con malta (A22, US 754).131

Il limite orientale dello scavo venne interessato dal collocamento di una base rettangolare in laterizi e scisti (A18, US 746), ma di difficile interpretazione in quanto l’unica porzione visibile nascosta dal limite dello scavo stesso. Forse era la base di un altare laterale, insieme ad una serie di pietre squadrate (A19, US 695, 734), poste di fronte e prive di legante, a formare un risparmio rettangolare direttamente sul pavimento. Tutte queste attività di ristrutturazione sono ulteriormente testimoniate, all’interno della zona di rispetto del presbiterio, da una buca circolare (A21, US 739, -738) e da una traccia rossa di termotrasformazione sul pavimento (A20, US 752).

All’esterno del presbiterio è invece visibile una riorganizzazione delle strutture funerarie preesistenti (US 634, 623), con il loro rialzamento fino alla quota del nuovo piano.

Prima di posare il nuovo pavimento si ha quindi l’innalzamento delle quote con un deposito molto eterogeneo, costituito da laterizi, scisti, malta in grumi e frammenti di intonaco (A24, US 543, 542=719=702=662, 672, per uno spessore totale di circa 50 cm), ma preceduto prima da un livellamento delle quote con un sottile strato argilloso (A25, US 660) testimoniato solo da lievi tracce della sua preparazione (A25, US 632), costituita da un sottile strato di malta ubicata immediatamente a sud dell’US 519, all’esterno del presbiterio. Sono visibili comunque sulla malta le tracce di una pavimentazione in mattoni a spina di pesce, di cui probabilmente rimane un solo laterizio frammentario (US 653).

Gli unici elementi di datazione rinvenuti all’interno dell’A24 sono soltanto degli esigui frammenti di maiolica arcaica e di ceramica depurata priva di rivestimento.

Della seconda fase invece è impossibile documentarne la vita e il conseguente utilizzo del piano pavimentale a causa della successiva rasatura dell’effettivo livello di calpestio.

Nella terza fase l’asportazione totale dei laterizi procede parallelamente alla posa di una nuova pavimentazione e ad una riorganizzazione interna delle

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sepolture.132 E’ adesso che si colloca la fase sepolcrale più significativa ed allo stesso tempo più complessa rinvenuta all’interno della chiesa, forse in relazione all’aumento del numero dei familiari inumati.133

Questo nuovo piano pavimentale (A31, US 630, 629, 715) è testimoniato da un’esigua porzione venuta alla luce nell’angolo nord del settore. Tuttavia è stato possibile confrontarla ed uguagliarla con quella del settore 100 (A42, US 268; A35, US 254=163=224=253=225=226), dove invece era più estesa. Si tratta comunque di un piano realizzato al di sopra di una serie di laterizi di reimpiego, non integri, e sistemati a file parallele in gruppi di tre per volta, in modo da creare una sorta di intercapedine tra il calpestio e gli strati sottostanti. Da segnale inoltre la presenza di uno strato argilloso (US 630) sistemato tra i laterizi e sostenuto da una preparazione di malta e laterizi frammentari (A30, US 717, 718, 721), che fungeva sia da legante che da impermeabilizzante. Questa complessità della tecnica costruttiva va spiegata ancora una volta con la necessità di isolare e proteggere la pavimentazione dalla continua risalita della falda freatica.134

Come brevemente accennato assistiamo in questo momento anche ad una riorganizzazione dell’attività funeraria, testimoniata da due sepolture lungo il perimetrale settentrionale e meridionale; sono entrambe due deposizioni lignee, collocate in fosse scavate a terra con andamento est-ovest . La prima (A28, US 638, 640, 697, -637) è stata ricavata sfruttando la parete del muro meridionale, la quale viene rivestita con un frammento di macina reimpiegata (US 755). Il lato est di tale sepoltura è stato realizzato tagliando la parte sommitale del muro del presbiterio, quello nord è scavato nel terreno mentre quello ovest è stato successivamente intaccato dal taglio di fondazione di una struttura muraria relativa all’edificio di XIX secolo. Per tale motivo dell’inumato erano soltanto conservati gli arti inferiori.

La seconda sepoltura invece (A29, US 730, 731, -729, 758) era situata sul limite settentrionale dello scavo e sfruttava anch’essa, ad est, il muro del presbiterio, mentre a sud ed a nord poggiava su una serie di laterizi posti di piatto (US 758) che disegnavano un rettangolo. Anche questa sepoltura, a seguito degli interventi distruttivi del XIX secolo, non ci è pervenuta integra.

132

Vedi tav. 7, p. 72 133 Santucci 2005, p. 31 134 Santucci 2005a, p. 23

(23)

Nella quarta fase la vita e l’utilizzo del piano pavimentale non sono purtroppo documentabili, in seguito alla successiva asportazione dell’effettivo piano di calpestio.

IV periodo: 1784-primi decenni XX secolo

Come detto in precedenza nel 1784 l’edificio ecclesiastico viene sconsacrato e venduto ai nuovi proprietari, con conseguente modificazione della destinazione d’uso. I perimetrali dell’antico edificio vengono mantenuti, mentre è da registrare una notevole riorganizzazione degli spazi interni.

Prima fase: l’ultimo piano pavimentale viene quasi interamente asportato

(A32, US -639) mentre le colonne ed i muri portanti dell’edifico vengono preservati. La costruzione di nuove strutture murarie, pervenuteci tutte in fondazione e non in elevato, è collocabile cronologicamente tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, come attestano dei frammenti di ceramica a taches

noires rinvenuti nei tagli di fondazione delle strutture stesse. A questa fase

appartengono quindi tutte le strutture in vista nella parte nord del settore (A33, US 504; A34, US 508; A35, US 512, 561; A40, US 688) e disposte una accanto all’altra con andamento nord/est-sud/ovest, in modo da formare una serie di bacini stratigrafici di non facile interpretazione. Queste costruzioni hanno la particolarità di essere costruite tutte con la stessa tecnica, ossia paramenti in laterizi su cui poggiano archi pieni, sui quali dovevano presumibilmente scaricare il peso delle strutture di cui non è stata trovata traccia.135

Nella parte ad ovest dell’US 519 vengono realizzate due strutture portanti, sempre ad arco (A41, US 524; A44, US 525), con andamento nord/est-sud/ovest e che dovevano sostenere le US 523 e 526, oggi totalmente rasate.

In fase con questo contesto sono due pilastri (A46, US 611; A45, US 643) ubicati al centro del settore nel limite est dello scavo, tra i quali viene costruita una fondazione ad arco in laterizi (A47, US 520).

Anche in questo settore vengono realizzati dei bottini per lo smaltimento dei rifiuti organici, di forma rettangolare, con copertura a botte e realizzati in laterizi. Ne sono testimoniati due (A43, US 603; A42, US 578), con

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andamento nord/est-sud/ovest e addossati al muro dell’antico presbiterio, del quale tagliano parte del paramento ovest per incastrare le strutture stesse. Infine sul limite orientale dello scavo, a sud, viene realizzata una canalizzazione in laterizi (A49, US 657, -727, 728), con andamento nord-sud, probabilmente per le acque chiare.

Seconda fase: purtroppo la vita di queste strutture appena descritte non è

documentabile, in quanto gli interventi successivi hanno demolito non solo gli elevati sino alle loro fondazioni, ma hanno anche asportato completamente le pavimentazioni e le tracce d’uso degli ambienti dell’edificio.136

Di conseguenza le uniche informazioni raccolte provengono dallo scavo del riempimento dei bottini, nello specifico dell’US 603. Il suo riempimento (A50, US 713) ha restituito parecchi materiali, soprattutto ceramica, metallo, legno e vetro, sulla base dei quali è stato possibile datare l’utilizzo del bottino alla fine del XIX secolo.137

V periodo: primi decenni-anni ’80 del XX secolo

Negli anni trenta abbiamo la demolizione dell’edificio ecclesiastico e l’area diventa, come già visto, una piazza adibita a mercato.

In una prima fase abbiamo quindi la demolizione delle strutture murarie costruite nel XIX secolo (A51, US 505, 509, 562, 511, 647, 648, 689, -583, -645, -646, -587, -588, -521, -612, -644) e delle strutture originarie della chiesa di S. Lorenzo, quali il perimetrale meridionale (A51, US -572) e le colonne delle navate (A51, US -501, -503) che continuavano a vivere con la diversa destinazione d’uso dell’edificio.

Le numerose attività di cantiere, volte alla realizzazione del mercato, sono testimoniate da una serie di buche di espoliazione in prossimità del pilastro in pietra della chiesa (A61, US -566, 567) e della struttura funeraria in laterizi (US 634) ubicata subito ad ovest di US 519 (A60, US -589, 590); alcuni depositi di cantiere (A55, US 545, 558, 560) ubicati nella parte nord del settore, altri nei livelli soprastanti il bottino non scavato (A59, US 569, 541, 575, 592, 607, 605) e altri ancora per obliterare la canaletta ormai in disuso (A68, US 658, 720, 722, 724, 725) e la rasatura del perimetrale sud della chiesa (A67, US 544, 557, 682).

136 Vedi tav. 8, p. 73 137 Santucci 2005a, p. 26

(25)

Nell’angolo nord del settore, adiacente alla base del pilastro US 500, è stata messa in luce una buca per l’alloggiamento di uno dei sostegni della struttura del mercato (A52, US -628, 613).

Alcune strutture murarie, ubicate sul limite est dello scavo e quindi non chiaramente leggibili, sono sempre da riferirsi alla fase di realizzazione del mercato. Ne rimangono solo delle fondazioni a sacco in cemento e laterizi (A56, US 683; A57, US 684; A69, US 696; A53, US 625).138

Tutta l’area inoltre viene dotata di un adeguato impianto fognario fatto di tubi in cemento che partono dalla fontana con andamento est-ovest.

La seconda fase, relativa alla vita dei mercati, non è documentabile per questo settore.

VI periodo: età contemporanea

Le strutture mercantili vengono demolite (A70, US -759) e viene gettata una massicciata di pietre di grosse dimensioni e ghiaia (A71, US 101), sulla quale verrà posto l’asfalto (A71, US 100) e l’area diviene l’attuale piazza Gambacorti.

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Fig. 20 Foto dell’ex chiesa di S. Lorenzo in Chinzica nel 1932

(Immagine tratta da Tolaini 1979, Forma Pisarum. Storia urbanistica della città di Pisa. Problemi e ricerche, TAV. XIII)

Fig. 21 I ruderi della chiesa di S. Lorenzo durante la demolizione nel 1932

(Immagine tratta da Tolaini 1979, Forma Pisarum. Storia urbanistica della città di Pisa. Problemi e ricerche, TAV. XIII)

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TAVOLE SETTORI 100 - 500

Tav. 1 Settore 100 – Periodo II – Fase III

(Le tavole dei due settori sono state realizzata da Francesca Anichini e fanno parte di Milanese et alii 2005,

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3-“…e di due che erano fattane una…”: nuove ipotesi e

considerazioni sulla base di una fonte seicentesca

Durante la ricerca di fonti e documenti di vario tipo che potessero aiutarmi ad ottenere maggiori notizie sulla chiesa di S. Lorenzo, la mia attenzione è stata catturata dalla lettura di un documento conservato nell’Archivio di Stato di Pisa redatto nel 1678.139

Il notaio che compilò il documento, tale Niccolò Fivizzani, fornisce una serie di informazioni sui beni della famiglia Gambacorti passati poi ai Del Tignoso/Del Testa, e riguardo alla chiesa di S. Lorenzo scrive che “fu

restaurata da Pietro e Gherardo Gambacorti intorno all’anno 1380 e di due che erano fattane una, e segno di che vi si vede ancora oggi l’arme loro nella pietra di sopra alla porta maggiore”.

A questo punto, grazie ai preziosissimi consigli e suggerimenti della professoressa Gabriella Garzella, si è cercato di interpretare questa notizia, di capire cosa si possa intendere con l’affermazione “di due che erano

fattane una”.

Prima di proseguire in questa analisi, vanno però premesse due osservazioni: la prima è che, trattandosi di una fonte posteriore di ben tre secoli rispetto alla notizia riportata, non va accettata immediatamente e con certezza come se fosse una fonte di “prima mano”; la seconda è che dagli scavi archeologici non è emerso nulla che possa rimandare alla presenza di più di un edificio, anche se va detto che proprio sul finire del XIV secolo l’interno della chiesa fu interessato da importanti lavori relativi alla planimetria dell’edificio stesso.

Al momento l’ipotesi più probabile sembrerebbe che le due chiese di cui si parla nel documento siano da intendersi come l’una sopra l’altra, secondo una tipologia molto diffusa a Pisa tra XI e XII secolo, classificata con il termine di chiesa “a loggia”. Questo tipo di chiese sono strutturate sul

139

Si tratta del già citato “Campioncino”, al quale va associata la lettura di un fascicolo, con numerazione XXVII sulla copertina, che riproduce con poche varianti lo stesso “Campioncino”: entrambi sono conservati nel Fondo Del Testa, F. 13

(36)

modello della Torhalle di Lorsch e grazie al lavoro di Fabio Redi sappiamo che a Pisa ne sono documentate almeno quattordici.140

Fig. 22 L’abbazia imperiale di Lorsch

(Immagine tratta da www.wikipedia.it , consultato il 28-03-2009)

Caratteristiche principali di questa tipologia di edifici ecclesiastici sono le dimensioni ridotte, con pianta rettangolare poco pronunciata o tendente al trapezio. Nei due lati, al piano inferiore, le pareti sono sostituite da tre archi a pieno centro su basse colonne e nelle testate ad essi trasversali si possono trovare un unico grande arco, a pieno centro o ogivale, oppure una coppia di archi.141

Il piano inferiore era quindi aperto “a loggia”, dove molto spesso si trovava l’area sepolcrale e nella maggior parte dei casi funzionava anche come spazio ad uso pubblico dove ci si riuniva per contrattare o redigere atti.142 Al piano superiore si accedeva tramite una scala di legno dove, su un solaio a palco, si trovava l’ambiente cultuale vero e proprio.

140

Redi 1991, p. 372 141 Redi 1991, pp. 372-373

(37)

Per quanto riguarda gli edifici pisani più antichi, il materiale impiegato è il verrucano, mentre troviamo il calcare in quelli databili nella seconda metà del XII secolo.

La chiesa di S. Lorenzo potrebbe quindi essere stata un edificio del tipo “a loggia”, ed i lavori di restauro effettuati alla fine del XIV secolo avrebbero portato alla “chiusura” del piano inferiore così come appare dal disegno del Tronci.143

Questi edifici ecclesiastici, proprio per la loro anomalia strutturale, ebbero una vita piuttosto breve e già nel XII secolo sorsero seri problemi per l’uso improprio che si faceva del piano inferiore.

Fig. 23 La ex-chiesa pisana dei SS. Felice e Regolo in via U. Dini. Si nota ancora il loggiato al piano inferiore con le due colonne

(Immagine tratta da http://picasaweb.google.com/daiphotoalbum/DAIPhotoAlbumToscana#5166384134792664962, consultato il 01-05-2009)

(38)

Nel 1991, durante le indagini archeologiche nella centralissima piazza Dante a Pisa, vennero alla luce i resti della chiesa di S. Isidoro, attestata per la prima volta nel 1030.144 Questa, come dimostrano i documenti, era sicuramente una chiesa del tipo “a loggia” e fu profanata infine nel XVII secolo.145

Fig. 24 La chiesa di S. Isidoro nel manoscritto di P. Tronci, TAV. CCVII146

Dalla figura si può vedere come l’edificio fu “chiuso”, in un secondo momento, al piano inferiore e la doppia fila di finestre testimonia chiaramente la presenza originaria di due solai.

144

Redi 1993, pp. 187-234 145 Redi 1991, p. 377 146 Vedi nota 100

(39)

Altro esempio di chiesa pisana a due piani o, per meglio dire, “a loggia” è S. Pietro in Vinculis, comunemente nota come S. Pierino. Qui il piano inferiore, o cripta, era un tempo “aperto” verso l’Arno e prova di ciò è data dalla presenza di colonne ed archi, ancora visibili, nel lato destro.

Tornando al caso di S. Lorenzo, interessanti notizie provengono da una serie di documenti redatti tra XII e XIV secolo: si tratta di una serie di atti rogati sia in claustro ecclesie sancti Laurentii che super balatorio claustri

dicta ecclesia.147 La prima cosa che colpisce è quella di trovare menzionato

un claustrum presso una semplice chiesa curata come S. Lorenzo. Se per

claustrum intendiamo quella parte costitutiva propria di un monastero o di

una canonica, come sembra, trovarlo menzionato in relazione alla nostra chiesa appare inappropriato e lascia non poche perplessità. L’ipotesi che si potrebbe avanzare è che il claustrum in questione si possa identificare con un eventuale ambiente sottostante, corrispondente cioè al piano inferiore delle chiese “a loggia”.

Una seconda ipotesi interpretativa sulle “due chiese” potrebbe riguardare la presenza di due edifici ecclesiastici distinti e contigui l’uno all’altro, lateralmente o in qualche altro modo. Al momento però questa ipotesi sembra la meno convincente. Edifici ecclesiastici affiancati l’uno all’altro sono documentabili, ma questo non sembrerebbe il caso di S. Lorenzo, perché nelle fonti scritte non è mai presente alcun tipo di rimando ad un secondo edificio ecclesiastico, eccezion fatta per la casa canonicale citata a partire dal XVI secolo. Inoltre bisogna stare attenti a non cadere in errore leggendo il passo del Tronci riguardante S. Lorenzo: egli infatti dice che a questa chiesa era unita anche la chiesa di S. Verano, ma questa “unione” non è da intendersi in senso fisico, bensì soltanto dal punto di vista della giurisdizione ecclesiastica.

147 1151, (Caroti 1965-1966, n. 34): Actum intra claustrum supranominate ecclesie beatissimi

Laurentii martiris; 1195 aprile 28-29, (Dolo 1967-1968, n. 50): Pisis in Kintica in claustro sancti Laurentii; 1199 settembre 2, (De Paola 1966-1967, n. 29): Pisis in claustro ecclesie sancti Laurentii de Chintica; 1305, (A.S.P., Dipl. Primaziale): atto redatto in claustro Sancti Laurentii in Chinzica;

1309, (A.M.A.P., n. 7, c. 104 r): Actum Pisis super balatorio claustri dicta ecclesia; 1315, (A.S.P., Sped. 2072, cc. 40 v e 41 r): Actum Pisis in claustro ecclesia Sancti Laurentii; 1356, (A.S.F., Notar. Antecos., cc. 22 r e 23 v): Actum Pisis in claustro Sancti Laurentii; 1357, (A.S.F., Notar. Antecos.): in

claustro ecclesie Sancti Laurentii K.; 1369, (A.S.F., Notar. Antecos. c. 9 v): Actum Pisis super balatorio dicta ecclesia iuxta dicta ecclesiam; 1382, (A.S.P., Op. Duomo): Actum Pisis in domo et super balatorio dicte ecclesie posito iuxta dictam ecclesiam.

Desidero inoltre ringraziare il prof. Mauro Ronzani per avermi messo a disposizione alcuni suoi appunti riguardanti S. Lorenzo

(40)

Al momento quindi l’ipotesi di S. Lorenzo come chiesa “a loggia” mi sembra la più convincente, ma va ricordato ancora una volta che si è sempre nell’ambito delle ipotesi e che soltanto eventuali future indagini archeologiche più estese potrebbero fornire nuovi dati interpretativi su questo edificio che sorgeva nel cuore di Chinzica.

Figura

Fig.  14    Foto  area  degli  anni  ’70.  Il  cerchio  rosso  indica  l’attuale  piazza  Gambacorti  dove,  all’epoca, era situato il mercato coperto
Fig.  15    La  chiesa  di  S.  Lorenzo  in  un  manoscritto  di  P.  Tronci  della  prima  metà  del  XVII  secolo, TAV
Fig. 16  L’area degli scavi in una visuale dall’alto
Fig. 17  Ricostruzione planimetrica della chiesa di S. Lorenzo
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