• Non ci sono risultati.

CAP 4 TECNICHE DI DECONTAMINAZIONE E APPARECCHIATURA PHADEC

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAP 4 TECNICHE DI DECONTAMINAZIONE E APPARECCHIATURA PHADEC"

Copied!
38
0
0

Testo completo

(1)

CAP 4

TECNICHE DI DECONTAMINAZIONE E APPARECCHIATURA PHADEC

4.1 TECNICHE DI DECONTAMINAZIONE

Aspetti generali della decontaminazione degli impianti

Le tecniche impiegate per la decontaminazione degli impianti nucleari sono estremamente diversificate in funzione di fattori quali tipologia di impianto, modalità e tempi e criticità di esercizio, materiali di costruzione e geometrie interne. L’individuazione di una tecnica di decontaminazione per il trattamento delle superfici, la decontaminazione e l’allontanamento dei componenti è una attività complessa che richiede una fase di studio preventiva e che di fatto è specifica per ciascun impianto. La scelta della migliore soluzione tecnica sarà valutata tenendo conto degli aspetti gestionali, di sicurezza e dei costi.

Le tecniche usualmente più impiegate possono essere riassunte nel seguente schema [8],[9]:

Decontaminazione on line  Metodi chimici

Decontaminazione off line  Metodi meccanici  Metodi chimici  Metodi elettrici

Decontaminazione on-line

I metodi decontaminazione vengono generalmente distinti tra processi in linea e fuori linea.

La decontaminazione in linea riguarda il piping dell’impianto, in cui si trova la grande maggioranza della contaminazione superficiale.

Esistono sul mercato vari processi di questo tipo, come CAN-DEREM, CAN-DECON, LOMI, CORD, etc.

Si tratta di metodi chimici, in cui si fa uso di acidi deboli, o comunque debolmente concentrati, per sciogliere esclusivamente gli strati di ossido superficiale più esterni. Sono metodi classificati come decontaminazione chimica debole.

(2)

È fondamentale non intaccare in alcun modo la struttura metallica sottostante, questo perché, essendo una tecnologia molto usata negli impianti in esercizio, è assolutamente prioritario mantenere le funzionalità delle strutture interessate al processo. Anzi, poiché quello che si rimuove è lo strato protettivo anti-corrosione, in molti casi è necessario riformare i suddetti film protettivi prima di rimettere in servizio i componenti trattati.

Si realizza un circuito chiuso, attraverso l'uso di “tappi” che consentono di bypassare le parti di piping non interessate al trattamento. La scelta classica è quella di bypassare il fondo del vessel, si ritiene che la contaminazione sia tale da rischiare inizialmente di diffondere i radioisotopi nel resto dell'impianto più pulito. Si fa circolare un solvente che con la sua azione scioglie l’ossido in cui è contenuta la maggior quantità di contaminazione. Il tutto attraversa poi delle resine che trattengono i radioisotopi.

Si realizza in genere un unico ciclo, in caso d’elevata contaminazione se ne possono prevedere anche due o tre.

Troppi cicli diventano fortemente antieconomici, con la stessa quantità di materiale usato si ha sempre minore efficacia, visto che gli strati più interni sono molto meno contaminati.

Attualmente si approfitta delle normali fermate operative per realizzare dei cicli di pulizia. Questo ha consentito di ridurre notevolmente la dose al personale durante il periodo d’esercizio.

Si possono immaginare di utilizzare queste tecnologie anche per decontaminare gli impianti direttamente in esercizio. Si potrebbe realizzare una derivazione sulle linee del fluido di processo nella quale effettuare la decontaminazione. Il fluido decontaminato, rientrando in ciclo, diluisce la contaminazione complessiva. Questa è una soluzione che può essere presa in considerazione in particolare per gli impianti di nuova realizzazione.

Pregi

La decontaminazione chimica debole è particolarmente indicata per sistemi di tubazioni e per effettuare il trattamento in modo remotizzate. Il trattamento viene effettuato direttamente in situ. Limitandosi a dissolvere il film contaminato, questi metodi non alterano la funzionalità dei componenti trattati.

Per queste ragioni, è l’unica metodologia realmente indispensabile se si vuole decontaminare un impianto nucleare, sia in esercizio sia in fase di smantellamento. In decommissiong queste procedure sono l’unico modo per abbattere le radiazioni delle tubazioni prima delle necessarie operazioni di smontaggio e movimentazione.

(3)

Queste tecniche sono quelle che hanno avuto il più forte sviluppo tecnologico, i miglioramenti all’efficacia sono all’ordine del giorno. Le aziende all’avanguardia in questo settore dichiarano di poter raggiungere fattori di decontaminazione elevatissimi (>100000) senza intaccare il metallo base.

Il processo produce una quantità molto limita di rifiuti; il materiale di scarto, ad ogni modo limitato, non è tossico o comunque nocivo.

Limiti

Le discontinuità nella geometria dei sistemi di piping presentano difficoltà al trattamento.

Il problema è dato dalle zone di ristagno come valvole, o tubi ad U oppure rami morti, interstizi, punti bassi ed in generale tutte le regioni a bassa velocità.

L’azione di rimozione è, infatti, in parte chimica ma soprattutto dovuta allo scorrimento. I metodi sono molto meno efficaci in punti singolari dove il fluido è fermo. Non solo si ha una peggiore azione di decontaminazione, il rischio è anche quello di provocare una ridistribuzione della contaminazione, con la formazione di possibili accumuli localizzati.

Va esaminata con cura la geometria dell’impianto, escludendo dal trattamento i punti di discontinuità più pericolosi.

Questo, come la stessa collocazione delle apparecchiature necessarie, può essere una complicazione notevole, visto che le centrali nucleari, in larga maggioranza, non sono state progettate prevedendo operazioni di decontaminazione.

Se l’impianto è in smantellamento, per ottenere una decontaminazione completa, ad un metodo in linea ne va comunque associato almeno uno fuori linea, per pulire le parti che il metodo on-line non può trattare.

La contaminazione radioattiva viene trattenuta, alla fine del processo, in resine a scambio ionico, di volume piuttosto contenuto. La contaminazione rimossa si trova concentrata tutta nelle resine. Quanto più l’impianto è contaminato, tanto più si pone il problema del trattamento delle resine.

Decontaminazione off-line

Nel decommissioning di una centrale nucleare, pur non potendo prescindere dall’utilizzo di metodi di decontaminazione on-line, diventa indispensabile la decontaminazione fuori linea.

I metodi più in impiegati sono tutti mutuati dalle normali procedure di pulitura dei componenti negli impianti convenzionali; l’aggravante è ovviamente la presenza di materiale radioattivo.

(4)

Può essere paradossalmente un vantaggio, per l’efficacia dell’azione di pulizia, operare su materiale proveniente da una centrale nucleare.

I materiali trattati, in particolare nel caso di decommissiong, non vengono generalmente riutilizzati; non è fondamentale mantenerne la funzionalità dopo il trattamento di pulizia, questo consente trattamenti più aggressivi.

Se i metodi on-line sono tutti metodi di decontaminazione chimica debole, quelli off-line si possono distinguere in tre grandi gruppi in base al tipo di processo:

Meccanico Chimico Elettrico

Metodi meccanici

Per metodi meccanici si suole intendere l’asportazione fisica degli strati superficiali contaminati di una struttura o di un elemento.

Si possono considerare tali anche le semplici operazioni di pulizia con stracci o tamponi, oppure la cosiddetta “asportazione meccanica localizzata” che rimuove la contaminazione mediante utensili od elettro-utensili manuali.

Generalmente, però, i procedimenti meccanici principali sono quelli che si possono indicare con il termine inglese “Blasting”.

Si tratta, nella concezione più classica, di una pistola ad aria compressa che invia un getto verso la superficie del componente da decontaminare. L’aria, che in questo caso funge da fluido vettore, viene miscelata con un agente abrasivo che con la sua azione pulente consente di rimuovere l’ossido.

I diversi metodi utilizzano vari abrasivi, ed in alcuni casi il vettore può essere acqua piuttosto che aria.

Il metodo più noto, usato normalmente nelle centrali termiche per la pulizia delle turbine è la sabbiatura. Il flusso d’aria ad alta velocità trasporta particelle di un materiale duro ed abrasivo, il corindone bianco (Al2O3). Tecniche analoghe impiegano come abrasivo, ad esempio, corindone rosso-bruno, particelle metalliche od anche particelle di ghiaccio secco (Dry CO2 Blasting).

(5)

Un caso particolare è la decontaminazione idrodinamica, detta anche “Hydrolaser” o “Hydroblasting” per le pressioni più elevate.

Le superfici vengono trattate con getto d’acqua ad alta o anche altissima pressione (fino a 2.500 bar). L’acqua in questo caso è sia vettore che abrasivo.

Pregi

I metodi meccanici sono i più disparati, ciascuno con le proprie caratteristiche peculiari. Nel capitolo successivo vi è un necessario approfondimento sulle caratteristiche delle tecniche principali.

Sicuramente la decontaminazione idrodinamica fornisce i migliori risultati, per quanto riguarda la pulizia delle superfici metalliche dal film di ossido esterno. Non vi sono, tra l’altro, problemi dovuti alla manipolazione di sostanze chimiche, il rifiuto secondario prodotto è acqua contaminata, che il sistema trattamento rifiuti di ciascun impianto è facilmente in grado di trattare.

Le sabbiature sono comunemente utilizzate nell’industria convenzionale e sembrano essere più che sufficienti per pulire efficacemente grossi componenti a bassa contaminazione, senza un costo troppo elevato.

Limiti

Essendo metodi off-line, vale lo stesso discorso fatto per i metodi chimici riguardo alla movimentazione di materiale radioattivo, anche se in genere queste procedure sono utilizzate per livelli di contaminazione più bassi.

A meno di prevedere costose soluzioni remotizzate, sono tutti metodi che richiedono la diretta presenza di un operatore che deve, usando una specie di pistola ad aria compressa, investire con il flesso decontaminante la superficie sporca. Va verificata la sicurezza dell’ambiente di lavoro, che va comunque mantenuto separato dagli spazi adiacenti. Vengono realizzate strutture ad hoc, mantenute in leggera depressione.

In caso di sabbiatura si hanno problemi di polverosità e scarsa visibilità dell’ambiente. A tutto ciò si aggiunge la presenza di materiale radioattivo sospeso. Sono fondamentali l’impiego di autorespiratori da parte dell’operatore e l’installazione di sistemi di ventilazione adeguati.

Vanno fatte verifiche sui tempi di trattamento e sulle quantità di rifiuti prodotti.

La soluzione che prevede l’utilizzo di pellets di ghiaccio secco è interessante, in quanto non produce quantità significative di rifiuti liquidi o solidi. Le pellets di CO2 si scaldano trasformandosi

(6)

I Fattori di Decontaminazione ottenibili non sono elevatissimi.

L’hydrolaser non pare adatto per rimuovere la contaminazione se questa è penetrata nel metallo. Uno dei difetti più rilevanti, comune a tutti questi metodi, è che si hanno difficoltà a raggiungere interstizi, insenature e comunque le geometrie più complesse.

L’Hydroblasting, in particolare, va verificato anche con geometrie che presentano un certo grado di curvatura.

Metodi chimici

È la tecnica più usata per la decontaminazione di superfici metalliche. Si possono usare solventi diluiti o concentrati.

In base al tipo di solvente si può parlare di decontaminazione chimica debole o decontaminazione chimica forte.

L’utilizzo di solventi diluiti è più che sufficiente per un’efficace azione di pulizia superficiale ma in caso di decommissiong, poiché il componente non deve essere più reimpiegato, si possono usare solventi più concentrati. Viene rimossa anche la base metallica del componente sottoposto al trattamento. In termini di rifiuti prodotti non si ha una grossa differenza, a fronte di una decontaminazione sicuramente più efficace.

Sono esempi di decontaminazione chimica debole, quindi, i metodi in linea; fuori linea si utilizza esclusivamente la decontaminazione chimica forte.

La quantità di metodi presenti in commercio è innumerevole.

Gli acidi più usati, con concentrazioni anche piuttosto elevate (fino al 40%), sono acido nitrico, fluoridrico, citrico e fosforico.

Il componente viene rimosso e spostato nell’area dell’impianto preposta per effettuare il lavoro. Qui si trovano delle vasche contenenti le soluzioni già predisposte. Nel caso in cui le dimensioni dell’oggetto contaminato siano eccessive, vanno previste operazioni di taglio per ottenere una pezzatura adeguata.

La durata del trattamento dipende da un insieme di fattori come:

Il tipo di materiale da trattare (il metodo è adatto ai metalli ed in particolare, unitamente all’electropolishing per gli inox, agli acciai);

(7)

La penetrazione della contaminazione nella base metallica sottostante (è importante per conoscere se e quanto metallo va asportato);

Il livello di rilascio incondizionato; Pregi

Il vantaggio rispetto a qualunque altro metodo è quello di non dipendere in alcun modo dalla geometria del componente da trattare.

Rimuove facilmente anche il metallo base, e ciò consente di ottenere i fattori di decontaminazione più elevati, eliminando, virtualmente, tutta la contaminazione presente nel sistema.

La quantità di rifiuti prodotta è piuttosto limitata. Limiti

Sono metodi fuori linea, prima di poter essere applicati richiedono , quindi, lo spostamento di materiale radioattivo, che va eseguito con tutte le relative precauzioni

Il componente post-trattato non è in genere riutilizzabile.

Vengono manipolati prodotti chimici aggressivi, che richiedono trattamenti adeguati per la neutralizzazione e lo smaltimento. I migliori processi attualmente sono rigenerativi, riciclano cioè la soluzione acida di attacco. Ciò, oltre a ridurre ovviamente i costi, minimizza la quantità di acido da gestire nel processo, riducendo i rischi ad esso connessi.

Un notevole problema è rappresentato dall’enorme quantità di offerte presenti sul mercato, senza che vi sia un criterio universalmente riconosciuto che consenta di discriminare tra i vari processi.

Metodi elettrici

I metodi elettrici sono l’electropolishing (anodico) e l’electrolytic cleaning (catodico).

L’unico metodo che viene realmente utilizzato nell’industria della decontaminazione è l’electropolishing.

Si sfrutta il principio dell’elettrolisi per rimuovere gli strati contaminati.

Il componente da trattare è immerso, dopo opportune fasi di preparazione, in una vasca in cui è presente una soluzione di acido, di solito acido fosforico. Il pezzo viene collegato ad una tensione positiva e costituisce l’anodo del sistema. Il catodo spesso è la vasca stessa.

Il processo di “Electropolishing” rimuove principalmente le asperità microscopiche superficiali, ma aumentando i tempi di lavoro si arriva a rimuovere completamente lo strato di ossido, fino ad attaccare il metallo base. La durata di un trattamento medio è di qualche ora e, oltre che dal livello e

(8)

dalla profondità della contaminazione, dipende dalle dimensioni del pezzo, dalla composizione esatta del materiale e da spessore e consistenza dello strato di ossido esterno. Una volta che il componente è pulito gli ossidi, in cui sono depositati i radioisotopi, si trovano disciolti nella soluzione acida.

Questo metodo è utilizzato quando il materiale da trattare è acciaio inossidabile; è in pratica un caso particolare dei tradizionali metodi chimici basati su acidi forti, in cui la dissociazione elettrolitica è utile per accelerare il processo di corrosione del componente contaminato, che con acciaio inox sarebbe troppo lento.

4.2 CONFRONTO TRA LE VARIE TECNICHE DI DECONTAMINAZIONE

Al fine di confrontare varie tecniche impiegate per la decontaminazione di componenti di impianti nucleari sono stati di seguito riportati alcuni dati disponibili da decommissioning di impianti tedeschi. Lo studio è stato fatto come propedeutico a quello condotto presso la centrale di Caorso per individuare le migliori soluzioni per quest’ultimo impianto. In particolare i dati sono riferiti al decommissioning dell’impianto di Gundremmingen (Germania). L’impianto di Gundremmingen presenta di fatto alcune analogie impiantistiche/gestionali con l’impianto di Caorso anche se è necessario ricordare che i valori di attività specifica dell’impianto italiano sono generalmente inferiori ai valori del’impianto tedesco e lo stato di conservazione è molto migliore a rcausa del ridotto tempo di esercizio. Il confronto è stato fatto tra metodologie di decontaminazione impiegate scegliendo tra quelle il cui impiego è applicabile anche alle tipologie dei componenti presenti presso il sito di Caorso. Tutti i dati riportati sono stati estratti dalla documentazione Sogin rif [20] cui si rimanda per approfondimenti

Sono stati individuati i procedimenti più efficienti e competitivi a livello industriale, applicabili alle tipologie di componenti presenti a Caorso. In particolare:

CORD UV (Siemens AG KWU - Ge) , idoneo per decontaminazioneo chimica in linea di sistemi o in vasca di singoli componenti;

EPRI DfD (PnC/Westinghouse - USA, BNFL - GB) , analogo al precedente;

Steel Blasting (Siemens), idoneo per tratti rettilinei di tubazione, lamiere, ecc.. Il metodo comprende anche la decontaminazione chimica, in vasca (CORD UV) per i raccordi ed i componenti (metodo misto)

(9)

Metodo in vasca. Il metodo consiste nel trattamento in vasca con soluzioni di acido fosforico

Inoltre dalle seguenti società sono state acquisite informazioni circa ulteriori metodi:

o Corpex (Jordan E.Ltd – GB), trattamento chelante per decontaminazione chimica di estese pareti metalliche a vista;

o Ultra High Pressure Water Jet (AEA Technology – GB), idoneo per singoli componenti in vasca o sistemi in linea;

o Sistemi abrasivi (Westinghouse USA)

Le comparazioni sono state fatte sui dati ricavati dallo smantellamento dei componenti relativi alla turbina e in particolare sono stati presi a riferimento i seguenti dati:

Decontaminazione miscellanea di tubi e valvole provenienti dall’ed. turbina

(L’attività comprende l’eliminazione manuale di “hot spot” e lavaggio finale) Spessore (mm) Contaminazione (Bq/cm2) Peso (t) Tempi (ore/uomo) (*) Rifiuti (kg) (vari) 1 - 30 35 300 525

Decontaminazione tubi strutturali e lamiere del condensatore principale

(con elevati spessori di vernice) Spessore (mm) Contaminazione (Bq/cm2) Peso (t) Tempi (ore/uomo) (*) Rifiuti (kg) 20 (medio) 6 - 25 104 3500 1560

(10)

Decontaminazione cassa superiore turbina di alta pressione.

(L’attività comprende l’eliminazione manuale di “hot spot” e lavaggio finale) Spessore (mm) Contaminazione (Bq/cm2) Peso (t) Tempi (ore/uomo) (*) Rifiuti (kg) 80 (medio) n.d. 22 350 (**)

Note: (*) I tempi sono relativi alla sola operazione di decontaminazione. (**) Non dichiarati ma sicuramente inferiori a 15 kg/t

Nella tabelle che seguono sono stati riportati i dati disponibili

Costi (M$) Tempi (h/uomo) Waste (m3) No te Decontaminazione tubazioni ed accessori 4.14 1200 21 m3 1 Metodo CORD - UV Smantellamento finale n.d. 10000 n.d. 2 Decontaminazione tubazioni ed accessori 4.69 1200 24 m3 1 Metodo

EPRI - DfD Smantellamento finale n.d. 10000 n.d. 2

Smantellamento tubazioni ed accessori 0.80 14400 n.d. 3

Steel blasting tratti rettilinei 2.16 600 0.31 m3 4

Metodo misto

Decontaminazione chimica (CORD UV) 0.70 2500 18 m3 5

Smantellamento tubazioni ed accessori 0.35 8300 n.d. 6

Segmentazione tubazione ed accessori 0.33 6100 n.d. 6

Metodo In vasca

(Gundremmingen) Decontaminazione n.d. 2200 3600 Kg 5

(11)

Costi (M$) Tempi (h/uomo) Waste (m3) No te Decontaminazione MSRH AeB,

LP 1 A-B-C, HP A&B.Cond. princ.(pozzo caldo) 3.17 1200 418 1 Metodo CORD-UV Smantellamento finale n.d. n.d. n.d. 2 Decontaminazione componenti 3.59 1200 421 1 Metodo

EPRI-DfD Smantellamento finale n.d. 10000 n.d. 2

Metodo misto

Decontaminazione chimica in vasca(CORD UV) dei componenti

4.75 n.d. 418 3

Smontaggio cassa superiore turbina HP n.d. 95 n.d.

Segmentazione cassa superiore turbina HP 0.33 215 n.d. 4

Metodo in vasca

(Gundremmingen)

(*) Decontaminazione cassa superiore turbina

HP

n.d. 350 n.d. 1

Sintesi indagine di decontaminazione componenti

Si evidenzia che dalla comparazione dei dati risultati che il metodo in vasca risulta sia nel caso di decontaminazione delle tubazioni che dei componenti piuttosto vantaggioso sia in termini di costi, tempi e anche di rifiuti prodotti. E’ comunque necessario osservare che tale considerazione ha una validità solo indicativa in quanto è strettamente dipendente dal tipo di impianto che è soggetto a decontaminazione e alle modalità con cui lo stesso è stato esercito. Anche i limiti di rilasci abilità hanno la loro influenza sulla scelta della metodologia.

Il procedimento di decontaminazione mediante vasca con impiego di acido fosforico per materiali in acciaio al carbonio, si producono mediamente 15 Kg di ossidi, per tonnellata di acciaio, trattato.

4.3 ATTIVITA’ DI INDAGINE SPECIFICA CONDOTTA PRESSO L’IMPIANTO DI CAORSO PER LA SCELTA DELLE METODOLOGIE DA IMPIEGARE PER LA DECONTAMINAZIONE DEI COMPONENTI

Al fine di individuare la tecnologia migliore per garantire la decontaminazione dell’impianto sono state condotte una serie di indagini specifiche prendendo in esame diversi campioni di impianto e

(12)

diverse tecniche di decontaminazione tra quelle applicate a livello mondiale e direttamente utilizzate sul sito dell’impianto di Gundremmingen.

Sono state riportate di seguito le prove che sono state condotte propedeutiche alla scelta delle metodologie di decontaminazione da utilizzarsi per l’attività che poi è stata condotta sull’impianto di Caorso.

I dati sotto riportati sono stati estratti dalla analisi condotta da Sogin [20].

Il gruppo di campioni che è stato preso a riferimento nello studio relativo alla parte impiantistica è stato il seguente:

Campione 1 G33 Otturatore della valvola a saracinesca F052A Campione 2 N22 Otturatore della valvola di ritegno FF031A Campione 3 G41 Otturatore della valvola di ritegno FF005 Campione 4 G11 Otturatore della valvola di ritegno FF187 Campione 5 N21 Otturatore della valvola di ritegno FF002A

Gli studi sonro stati condotti tenendo conto di componenti estratte da vari sistemi.

I campioni 1 e 2 sono in acciaio inox mentre i campioni 3,4,5 sono in acciaio al carbonio.

Per il campione n° 1 è stato definito lato A e lato B quelli di tenuta della valvola mentre per i campioni n° 2,3,4,5 è stato definito lato A quello opposto alla superficie di tenuta dell’otturatore e lato B quello rivolto al flusso.

Per ciascun campione sono state condotte prove meccaniche e prove di trattamenti chimici nel seguente ordine:

Prove meccaniche per la valutazione dell’aderenza dell’ossido

o Valutazione della aderenza dell’ossido mediante flusso d’aria (AR) o Valutazione dell’aderenza dell’ossido mediante sfregamento (STR) o Valutazione dell’aderenza dell’ossido tramite ultrasuoni in acqua (UT)

Prove chimiche per la valutazione del fattore di decontaminabilità del campione

o Decontaminazione chimica debole o Decontaminazione chimica forte

(13)

o Decontaminazione chimica forte con supporto di ultrasuoni

Elettrodecontaminazione

Di seguito sono sinteticamente riportati i risultati ottenuti. In particolare sono indicate valutazioni di tipo qualitativo dei risultati delle prove e quantitative con l’individuazione di parametri di de contabilità

Prove meccaniche

Flusso d’aria (AR)

Prove condotte sottoponendo il campione ad un flusso d’aria perpendicolare alla superficie contaminata con velocità crescenti da 17 fino a 46 m/s per un tempo di prova di 30 min. La prova fornisce indicazioni sulla possibilità di dispersione in aria di parte della contaminazione in assenza di protezioni.

Sfregamento (STR)

La prova è stata condotta mediante sfregamento del campione con nastro ruvido di carta. La prova è stata condotta garantendo per ciascuna prova l’abrasione con una data superficie, con una determinata velocità di avanzamento e carico medio. La prova è significativa per valutare la possibilità di sportare contaminazione attraverso azioni meccaniche di tipo abrasivo.

Ultrasuoni in acqua (UT)

Azione meccanica più importante rispetto alle prove precedenti: il provino viene immerso all’interno di apposita vasca con potenza specifica pari a 25 W/l. Il tempo di permanenza del provino nella vasca è stato pari a 60 minuti.

Prove di decontaminabilità

Decontaminazione chimica debole (CH-OX)

Le prove sono state condotte immergendo i provini all’interno di vasche contenente una soluzione acquosa di un acido debole a basse concentrazioni. La temperatura del bagno è pari a circa 85°C, il tempo di trattamento avviene in due fasi distinte per un totale di 360 minuti.

(14)

Decontaminazione chimica forte (CH)

Le prove sono state condotte immergendo i provini in una soluzione acquosa di un acido forte (fluoridrico per acciaio al carbonio e nitrico per acciaio inox). La temperatura del bagno è pari a circa 85°C, il tempo di trattamento avviene in tre fasi distinte per un totale di 120 minuti.

Decontaminazione chimica forte con supporto di ultrasuoni (CH-UT)

Le prove sono state condotte immergendo i provini all’interno in una soluzione acquosa di acidi forte nelle condizioni in cui sono state condotte le prove della decontaminazione chimica forte. E’ stato inoltre aggiunto un trattamento con ultrasuoni con potenza pari a 25 W/l (temperatura di esercizio pari a 23-40°C). L’esecuzione è avvenuta in tre step diversi per un totale di 90 minuti complessivi.

Elettrodecontaminazione (ELP)

Le prove sono state condotte tramite immersione dei provini all’interno di vasca acida con densità di corrente pari a 60 mA/cmq per un tempo totale di 60 minuti alla temperatura di 30°C

Per i provini trattati è stata calcolata la percentuale di decontaminazione determinata con la seguente relazione attraverso la determinazione dell’attività iniziale e finale:

) / ) 100 (( 100 %DE= Af Ai

I risultati ottenuti dalle prove sono riportati all’interno delle seguenti tabelle

Flusso d’aria (AR)

Campione %DE lato A Co-60 % DE lato B Co-60

G33 7.9 8.2

N22 59.3 46.2

G41 5.4 3.8

G11 / 3.3

(15)

Sfregamento (STR)

Campione %DE lato A Co-60 % DE lato B Co-60

G33 87.3 86.4

N22 / 76.9

G41 75.6 87.1

G11 95.8 82.1

N21 72.7 72.7

Ultrasuoni in acqua (UT)

Campione %DE lato A Co-60 % DE lato B Co-60

G33 88.0 79.7

N22 50.0 76.9

G41 11.7 84.7

G11 97.5 88.0

N21 / 81.8

Decontaminazione chimica debole (CH-OX)

Campione %DE lato A Co-60 % DE lato B Co-60

G33 54.1 40.4

N22 41.1 50.0

G41 69.1 50.8

G11 79.0 55.5

N21 46.7 /

Decontaminazione chimica forte (CH)

Campione %DE lato A Co-60 % DE lato B Co-60

G33 94.1 22.1

N22 80.6 90.6

(16)

G11 91.4 88.0

N21 90.9 63.6

Decontaminazione chimica forte con supporto di ultrasuoni (CH-UT)

Campione %DE lato A Co-60 % DE lato B Co-60

G33 99.5 98 N22 90.9 90.9 G41 99.7 99.9 G11 94.4 97.1 N21 90.9 90.9 Elettrodecontaminazione (ELP)

Campione %DE lato A Co-60 % DE lato B Co-60

G33 99.5 92.2

N22 90.9 90.9

G41 99.7 99.9

G11 94.4 97.1

N21 90.9 90.9

Di seguito sono riportate le conclusioni ottenute dall’analisi dei dati relative alla tipologia e distribuzione della contaminazione e all’efficacia delle varie tecniche di decontaminazione impiegate

La contaminazione non è uniformemente distribuita sulla superficie dei campione

In generale l’ossido sul lato B è aderente e ha uno spessore inferiore di circa un ordine di grandezza rispetto a quello sul lato A che invece si presenta più friabile

(17)

della contaminazione (superiore al 70%).

L’attacco chimico con acidi forti e ultrasuoni e l’elettrodecontaminazione sono metodi molto efficenti e permettono di asportare la contaminazione in maniera quasi totale.

Le conclusioni sopra esposte confrontate anche con i risultati delle prove condotte bibliografia [15],[16],[17],[18],[19],[20] hanno permesso di avere utili informazioni per definire i contorni delle attività all’interno della stazione di gestione dei materiali per quanto riguarda l’attività di decontaminazione facendo sostanzialmente ricadere la scelta sull’impiego di una tecnica mista con azioni meccaniche di tipo abrasivo per tutti i componenti contaminati ad eccezione per le parti più critiche dove è stato deciso l’affiancamento con un impianto di decontaminazione chimica con l’impiego di attacco con acidi deboli costituito dall’impianto PHADEC (l’impianto è stato installato all’interno della Stazione di Gestione dei Materiali nell’area lasciata libera dopo l’allontanamento della turbina)

Solo condizioni molto particolari hanno determinato la necessità di individuare soluzioni più radicali come la macinazione del campione e successiva vetrificazione (l’attività non è stata condotta presso la stazione di Gestione dei Materiali del sito di Caorso.

La priorità dei sistemi meccanici rispetto a quelli chimici nell’impianto di Caorso è stata dettata dai seguenti motivazioni:

Maggiore economicità di gestione

Minori problematiche di gestione del sistema di trattamento Minore quantità di rifiuto prodotto

Minori rischi per la sicurezza degli operatori addetti alle attività di decontaminazione

I processi di decontaminazione chimica sono caratterizzati da tempi di decontaminazione generalmente molto più brevi rispetto ad altri metodi (il tasso di rimozione è generalmente importante), per contro presenta criticità legate a problematiche di sicurezza legate alla presenza di vasche acide e alla formazione di idrogeno come sottoprodotto di reazione e criticità legate alla gestione e trattamento dei reflui del processo (problematiche legate alla separazione dei radioisotopi rispetto alla soluzione acida).

(18)

Come ricavabile da letteratura è necessario comunque sottolineare che le soluzioni tecniche condotte presso il sito di Caorso sono di fatto comuni a molti impianti similari che sono fino ad ora stati decontaminati nel mondo.

4.4 ATTIVITA’ DI DECONTAMINAZIONE ON LINE CONDOTTA PRESSO

L’IMPIANTO DI CAORSO

Presso il sito di Caorso sono state condotte, prima della fase di decommissioning generale anche una serie di campagne di decontaminazione on line di alcuni sistemi del reattore. In particolare i sistemi che hanno subito questo tipo di decontaminazione sono il G33 e B31 [18] [19]. In particolare il circuito b31 è costituito da sistema di ricircolazione del reattore mentre il sistema G33 è costituito da gruppo di depurazione del refrigerante del reattore.

Le campagne di decontaminazione sono state condotte mediante l’impiego di apparecchiatura AMDA (Automated Mobile Decontamination Appliance),L’apparecchiauta è contituita da uno skid principale con installato un sistema di pompe e serbatoi per la movimentazione e preparazione della soluzione decontaminante e un sistema di filtri a resina (anioniche e cationiche) Inoltre sono presenti due skid per il trattamento UV della soluzione decontaminante. L’impianto di trattamento è completato dal sistema di piping e valvole di collegamento con il circuito che viene decontaminato. L’apparecchiatura AMDA è stata installata in parte all’interno del contenitore primario, per le apparecchiature maggiormente attive da un punto di vista radiologico, ed in parte immediatamente all’esterno di esso in prossimità dell’accesso materiali.

Il processo di trattamento del decontaminante si basa sul metodo HP-CORD UV è un trattamento con acido ossalico dello strato ossidato contaminato e successivo trattamento del contaminato all’interno di vasche UV in cui si ha la decomposizione della molecola dell’acido ossalico in CO2 ed acqua in presenza di perossido di idrogeno (H2O2).Successivamente sia ha il processo di filtrazione con la separazione del contaminante.

Il processo può inoltre prevedere anche una fase (generalmente fase di pretrattamento) di preossidazione ottenuta mediante l’impiego di acido permanganico (HP) che sugli ossidi caratteristici dell’acciaio inossidabile con presenza di Fe, Cr e Ni permette di ossidare il cromo da CrIII a CrVI, che risulta notevolmente più solubile e che, una volta rimosso, provoca il collasso della struttura dell’ossido stesso e che può essere successivamente rimosso dall’acido ossalico.

(19)

Lay out dell’impianto AMDA all’interno del reattore

Particolare di una linea di collegamento al sistema G33

La fase di preparazione ha implicato, in particolare, l’esecuzione delle seguenti attività:

o Apertura accesso materiali contenitore primario o Accoglimento e controllo dei materiali in ingresso

o Installazione del trasformatore 6KV/400V e quadro elettrico di alimentazione apparecchiature

o Installazione dell’apparecchiatura AMDA all’interno del contenitore primario o Marcatura, taglio tubazioni e preparazione dei cianfrini

(20)

o Installazione di connessioni temporanee flessibili

Parallelamente sono state svolte le seguenti attività:

o Supporto logistico e di manutenzione per le attività di trasporto, sollevamento ed installazione apparecchiature

o Supporto di fisica sanitaria durante tutte le fasi di lavorazione (dosimetria, controlli ambientali, mappature radiologiche, decontaminazione di superfici, controllo materiali,ecc.) o Installazione del sistema di teledosimetria (SOGIN: 16 detectors, Framatome: 10detectors) o Rilievo dei ratei di dose iniziali per la determinazione del DF

Risultati ottenuti per l’attività di decontaminazione del sistema G33

Il primo ciclo di decontaminazione ha determinato l’iniezione del solo acido ossalico. Nel secondo ciclo Il secondo ciclo è stato invece condotto preossidazione realizzata con acido permanganico seguita da decontaminazione con acido ossalico.

 Attività totale rimossa (Co-60): 6,6 E+10 Bq

 Attività specifica rimossa (Co-60)5: 4,8 E+04 Bq/cm2  Spessore ossidi rimossi: 18,9 m

 Spessore metallo base rimosso: 0,9 m  Resine utilizzate:

Cationiche: 229 l Anioniche: 93 l

Risultati ottenuti per l’attività di decontaminazione del sistema B31  Attività totale rimossa (Co-60): 8,7 E+10 Bq

 Attività specifica rimossa (Co-60)4: 4,6 E+04 Bq/cm2  Spessore ossidi rimossi: 11,7 m

 Spessore metallo base rimosso: 0,77 m  Resine utilizzate:

(21)

Cationiche: 209 l Anioniche: 18 l

Si può notare la differenza di spessore di metallo rimosso tra l’impiego di questa tecnica di decontaminazione on line rispetto alla tecnica di decontaminazione off line impiegata in seguito per la decontaminazione finale dell’impianto (tecnica mista in vasca)

4.5 L’IMPIANTO PHADEC E LA TECNICA DI DECONTAMINAZIONE CHIMICA OFF LINE IMPIEGATA PRESSO IL SITO DI CAORSO

L’impianto PHADEC [20], [21] è installato (per la parte relativa al trattamento dei componenti con le vasche e la cabina di lavaggio finale) all’interno dell’area riservata alla Stazione di Gestione dei Materiali è allestita presso il piano governo turbina ed è costituita da:

Area per il sezionamento secondario dei componenti (il sezionamento principale viene eseguito direttamente sull’impianto sulla base delle indicazioni fornite dal progetto di demolizione del sistema specifico: i pezzi tramite un sistema di movimentazione vengono quindi avviati alla Stazione Gestione dei Materiali)

Area per il trattamento e la decontaminazione dei componenti (sono presenti vari sistemi di decontaminazione meccanica-es. sistemi per la sabbiatura e il taglio oltre a sistemi per la decontaminazione chimica-tra cui l’impianto PHADEC)

Zona di misura e controllo (stazione di misura pressol’area di trattamento dei componenti e una zona per il controllo finale allestita a quota campagna prima del rilascio finale dei componenti.

(22)

Lay-out della stazione di gestione dei Materiali allestita presso il sito di Caorso

Il PHADEC (PHosforic Acid DEContamination) è un impianto per il trattamento di componenti metallici di grandi dimensioni (lunghezze fino a 10 metri) con decontaminazione chimica che prevede un trattamento in vasca mediante acido fosforico concentrato ed è già stato sperimentato con successo in un BWR da 250 MWe presso Gundremmingen, in Germania.

E’ progettato espressamente per la decontaminazione di materiali metallici derivanti dallo smantellamento d’installazioni nucleari.

L’impianto è suddiviso nelle seguenti sezioni:

Vasche per l’immersione dei componenti contenenti contenenti soluzione di acido fosforico al 40% e mantenute ad una temperature di 60°C. La movimentazione dei prodotti nelle vasche viele effettuata attraverso un sistema di gru dedicate. Una delle vasche è attrezzata anche con un sistema ;

Una cabina di lavaggio per la pulizia finale dei pezzi dopo la fase di trattamento. La pulizia viene eseguita con getti d’acqua ad alta pressione ed eseguita manualmente da un operatore.

IMPIANTO PHADEC STAZIONE TAGLIO (SEGA A NASTRO) STAZIONE SABBIATURA DEPOSITO MATERIALE CONTAMINATO AREA MISURA MATERIALE

STAZIONE GESTIONE MATERIALI (SGM) STAZIONE TAGLIO PLASMA DEPOSITO MATERIALE PULITO AREA MISURA MATERIALE

(23)

(Fig. 5);

Impianti ausiliari necessary per la separazione dell’acido rispetto al ferro, filtrazione dell’acido per il riuso all’interno dellle vasche e impianto di termilisi per la separazione definitive del ferro contaminato per avvio alla fase di stoccaggio definitivo all’interno del deposito scorie previo trattamento.(Fig. 6).

Posizione dell’impianto PHADEC all’interno dell’area SGS

L’impianto PHADEC consente il trattamento sia di acciaio al carbonio sia di acciaio inossidabile, in abbinamento all’electropolishing (la ricerca condotta ha riguardato essenzialmente la problematica del trattamento dell’acciaio al carbonio; non sono state studiate le problematiche relative all’acciaio inox)

I principi fondamentali a cui si è inspirata la progettazione della tecnologia dell’impianto sono quelli di garantire l’impiego di acidi deboli (per garantire livelli di sicurezza adeguati dei lavoratori in considerazione della difficoltà di realizzazione di sistemi fissi di coperture di vasche e anche di sistemi efficaci di cappe –almeno durante l’attività di lavoro) e contemporaneamente l’impiego di prodotti che permettano cicli di riseparazione e conseguente tassi di recupero abbastanza alti in modo da ridurre al minimo la produzione di rifiuto.

La società tedesca Noell ha usato a Gundremmingen una soluzione di acido concentrata al 40% ed ha brevettato un processo per la rigenerazione dell’acido stesso, usando acido ossalico, ed il recupero dei rifiuti radioattivi.

Il metodo sviluppa una ridotta massa di residui radioattivi, in forma di ossidi metallici essiccati. La Noell ha riscontrato, per pezzi in acciaio al carbonio, che il residuo corrisponde mediamente in peso al 1,5 % del materiale di partenza.

(24)

La metodologia è mutuata direttamente dalle tecniche di decapaggio dell’industria meccanica. L’acido fosforico viene usato come decapante, in particolare, perché produce sulle superfici trattate una specie di film passivo, dovuto a fosfati di ferro. Questo film funge da strato protettivo anti-corrosione.

Il trattamento chimico dissolve lo strato superficiale di ossido ed è, anche, in grado di rimuovere un sottile strato di metallo base, dove possono essersi infiltrati, in microfenditure, gli isotopi radioattivi.

L’electropolishing viene usato con una soluzione acida assolutamente analoga a quella del PHADEC convenzionale.

Attacco acido all’interno delle vasche

Componenti all’interno della cabina di lavaggio alta pressione

I pezzi di acciaio inossidabile presentano una maggiore resistenza all’azione di pulizia dell’acido. La dissoluzione elettrolitica favorisce, allora, la velocità del processo, consentendo trattamenti più rapidi anche per questi componenti. L’electropolishing, d’altra parte, non è conveniente per acciai

(25)

basso legati, perché la velocità di corrosione sarebbe in questo caso eccessiva.

A seguito della separazione l’ossalato di ferro viene inviato al reattore di termolisi dove avviene la riduzione del ferro e il convogliamento delle scorie a fusto per il successivo trattamento e avvio a stoccaggio.

Reattore di termolisi

4.4 IL PROCESSO CHIMICO PHADEC

Lo strato di ossido in un BWR è sostanzialmente composto da ossido ferroso (Fe2O3) e la reazione

che avviene è la seguente:

O H FePO O Fe PO H3 4 2 3 2 4 3 2 2 + = +

Considerando la reazione del metallo con l’acido, tra i sottoprodotti chimici del processo appare l’idrogeno, secondo la reazione:

O H H FePO Fe O Fe PO H3 4 2 3 4 2 3 2 2 3 3 3 + + = + + .

Gli isotopi radioattivi si disciolgono, in forma ionica, nella soluzione acida.

L’attacco acido avviene in temperatura, a 60 °C. Questo contribuisce a velocizzare ulteriormente il processo.

Quando la concentrazione della soluzione scende sotto ad una determinata soglia si procede alla rigenerazione dell’acido.

La soglia di rigenerazione è scelta quando la concentrazione di ferro raggiunge 100 g/l

(26)

Parallelamente alla rigenerazione dell’acido fosforico, si ha il recupero dei residui radioattivi che, passando attraverso alcune fasi intermedie (tra cui il processo di termolisi), alla fine del processo si presentano sotto forma di ossidi metallici anidri.

Residuo prove di decontaminazione al termine della fase di termolisi

Schema generale del processo PHADEC

O H O FeCO O H O C Fe 2 4 2 2 2 4.2 2 3 + + = Q O H CO CO FeO O H O FeC2 4.2 2 = + + 2+2 2

(27)
(28)

4.5 SCHEMI FUNZIONALI

L’impianto PHADEC è costituito dai seguenti sistemi

o SISTEMA DI DECONTAMINAZIONE o SISTEMA DI PRECIPITAZIONE o SISTEMA DI FILTRAZIONE o SISTEMA DI EVAPORAZIONE o SISTEMA DI TERMOLISI

o SISTEMA FORNITURA E CONSUMI o SISTEMA FOGNARIO

o SISTEMA ARIA

Di seguito sono riportati alcuni schemi semplificatidi processo dei sistemi principali dell’impianto PHADEC

(29)

PRECIPITAZIONE

DECONTAMINAZIONE CON H3P04 TAL QUALE

DECONTAMINAZIONE H3P04 CON ELETTROPOLISHING

SERBATOIO POLMONE SITUATO FRA’ LE CABINE DI H3PO4E IL SISTEMA DI PRECIPITAZIONE 02

TALE SERBATOIO SERVE PER RICEVERE L’ACIDO DALLE CABINE DIDECONTAMINAZIONE NEI CASI DI RIGENERAZIONI E PULIZIERIGENERAZIONI QUANDO IL LIMITE E’ DI 100g/l IL CONTENUTO DI FE E POI SUSSEGUENTE ALL’ EVENTUALE PULIZIA

SERBATOI 02 B0012-13 SISTEMA 02 DI PRECIPITAZIONE PER RIGENERAZIONE H3P04 CON ACIDO OSSALICO ACQUA SCARTO DESTINATA AL SISTEMA 07 FOGNARIO RADWEST CAORSO SERBATOIO D1 B003-03 H3PO4 40% SERBATOI OD1 B005-05 H3PO4 40% SERBATOIO D1 B004-04 H3P04 40% SERBATOIO D1 B002-02 H3P04 40% SERBATOI O BD001-01 NAOH 10 A R I A A C Q U A A C Q U A A R I A

DECONTAMINAZIONE SCARTI CON H3P04 AL 40 % Tempo in base al materiale da 280 a 430 minuti tempo medio 360 minuti

CONTROLLO ATTIVITA’ SCARTI

CONTAMINA TI

LAVAGGI FINALI CON ASCIUGATURA PRIMA CONTROLLO SGRASSATUR A SCARTI NAOH Tempo 15 minuti

SCARTI RISULTATI ANCORA CONTAMINATI LAVAGGI SCARTI E ASCIUGATURA SCARTI PULITI PASSANO ULTIMO CONTROLLO PRIMA DEL RILASCIO IMPIANTO Serbatoio 02 b001-11 H3PO4 40% Serbatoio 07b001-09 NAOH 10% PER RABBOCCHI BACINO NAOH Serbatoio 07B001-10 H3P04 40% PER RABBOCCHI E RIEMPIMENTI BACINI ACQUA SCARTO DESTINATA AL SISTEMA 07 FOGNARIO RDWEST CAORSO ANALISI CONTROLLI CHIMICI

-DENSITA H3P04 -CONTENUTO FE Con spettrofotometro Limite 100g/l di fe

(30)

FILTRAZIONE SERBATOIO 02b001-11 H3PO4 40% SERBATOIO 02 B 002-13 SERBATOIO 03 B 001-13 06 Serbatoio 06 B003 -20 Ricevente Supernatanti dopo

Lavaggi del precipitato 06 Serbatoio 06 B002-19 H20 di condensa Per lavaggi precipitato SERBATOIO DI PRECIPITAZIONE TRASFERITO H3P04 40% DA RIGENERARE VIENE INSERITO H2C204 (ACIDO OSSALICO) VIENE PRECIPITATOIL FE IN FEC204 IL PRECIPITATO DOPO LAVAGGI VIENE TRASFERITO ALLA TERMOLISI IL SURNATANE AL SISTEMA DI FILTRAZIONE

PRECIPITATO DI FEC204 OSSALATO DI FERRO DOPO LAVAGGI DESTINATO IN TERMOLISI

Serbatoio acido ossalico Supernatante di acido fosforico Rimanente dopo successiva precipitazione , trasferito nel sistema

Filtrazione 03 serbatoio b 001-13 H3P04 PROVENIENTE UNITA’

DECONTAMINAZIONE DA RIGENERARE

IL QUANTITATIVO CHIMICO DI ACIDO OSSALICO DA INSERIRE PER RIGENERARE H3PO4 DA TABELLE - CALCOLI SPECIFICHE PHADEC SERBATOIO 02 B 002-13

POMPA A VUOTO PER INVIARE IL FILTRATO ACIDO AL SISTEMA DI EVAPORAZIONE SISTEMA DI EVAPORAZIO NE FILTRO 03 N001-14 Il surnatante viene filtrato Serbatoio Post sedimentazione TANK 03 b001-13 Surnatante di H3PO4 Proveniente dal serbatoio di precipitazione con acido ossalico dopo rigenerazione

Serbatoio FILTRATO

(31)

EVAPORAZIONE

TERMOLISI

EVAPORATORE ---- --- RISCALDANDO IL FILTRATO ACIDO LA PARTE DI CONDENSA VA AL SERBATOIO DI CONDENSA 06 B 002-19 DOVE TALE CONDENSA VIENE AGGIUNTA ALLA PARTE ACQUOSA E USATA PER I VARI SISTEMI

EVAPORATORE 04 b001-15--- RISCALDANDO IL FILTRATO ACIDO LA PARTE ACIDA RIGENERATA VA AL SERBATOIO 06 B001-18 HCL

TALE PARTE ACIDA SERVIRA’ PER LA PULIZIA DEI BACINI DI H3PO4

FILTRATO ACIDO DAL SISTEMA DI FILTRAZIONE SERBATOIO 03 b002-14 SERBATOIO DI CONDENSA 06 B002-19 CONDENSATE TANK SERBATOIOHC L 06 B001-18 HCL AI BACINI DECONTAMINAZIONE PER PULIZIA E LAVAGGI D1 B003-03/05/02/04 E SERBATOIO 02 B001-11 TANK

(32)

4.6 ATTIVITA’ DI LABORATORIO CONDOTTA PER VALUTARE IL PROCESSO PHADEC

Lo scopo di questo test effettuato all’interno del laboratorio chimico caldo dell’impianto di Caorso è stato quello di verificare il processo impiegato dall’impianto PHADEC nel suo insieme e di caratterizzare il prodotto finale acquisendo informazioni che consentono anche di mettere a punto una ‘ricetta’ di condizionamento (cementazione) dei rifiuti ottenuti.

Si ricorda che la durata media di un processo di decontaminazione del tipo PHADEC è di circa 4÷6 ore. È evidente come l’eventuale possibilità di ridurre i tempi, sfruttando valori di attività già poco distanti dal rilascio, contribuisca a ridurre i costi ma anche l’intera durata complessiva del processo di decommissiong, qualora fosse il chimico il metodo di decontaminazione più usato.

I provini scelti per l’esecuzione delle prove in oggetto sono stati ottenuti tagliando ( dimensioni cm 15 x cm 25 sp. ) una lamiera rilasciata dal punto di vista radiologico proveniente dallo smantellamento della turbina principale (lamiera di chiusura della cassa turbina interna).

TRASFORMAZIONE

DEL MONOSSIDO DI CARBONIO IN BIOSSIDO DI CARBONIO

PARTE GASSOSA BIOSSIDO DI CARBONIO

AL SISTEMA ARIA 08

RACCOLTA CONDENSA

IL FILTRATO SECCO RIMANENTE DOPO TRATTAMENTO FINALE A 230 C A CADUTA VIENE INSERITO IN FUSTO E CONSIDERATO RIFIUTO

TRASPORTO USCITA SISTEMA PHADEC

CONDENSA REATTORE 05 B001-16 230 ° C ESSICCAZIONE DEL FEC204 SERBATOIO H20 CONDENSA 06 B002 19

PRECIPITATO UMIDO-BAGNATO DI FEC204 PROVENIENTE DAL SISTEMA DI PRECIPITAZIONE DAI SERBATOIB 002-12/13

(33)

Aspetto visivo dei provini sottoposti a decontaminazione

La geometria dei provini è stata scelta per rispettare le dimensioni delle vasche di trattamento adottate e per ottimizzare il rapporto peso superficie.

Ciascun provino è stato pesato.

Attacco acido

Non si sono effettuate operazioni di pre o post lavaggio, in ogni caso previste nei processi effettivi. Questa scelta è dovuta alla volontà di osservare essenzialmente il comportamento dell’acido fosforico, in modo da verificare se lo strato superficiale fosfatato, che si forma al termine del trattamento, possa in qualche modo compromettere il processo e verificare praticamente l’evolversi della reazione con osservazione delle condizioni di visibilità, produzione di aerosol e riduzione del volume di soluzione che caratterizzano il processo in oggetto. Altro obiettivo ricercato era quello di raggiungere in breve tempo le concentrazione richiesta per la rigenerazione della soluzione.

(34)

acido fosforico con concentrazione del 40%.

I provini sono stati mantenuti sospesi nella soluzione interponendo degli spessori al fini di esporre la maggior superficie possibile all’attacco acido.

La soluzione acida è stata portata in temperatura (60°c) utilizzando un fornelletto termostato, sul quale è stato posta la pirofila.

La durata di riferimento prescelta per un trattamento completo è stata di 4 ore, tempo di permanenza medio del pezzo da decontaminare in una vasca di acido nel PHADEC.

Dopo due ore di trattamento si è eseguita una pesata dei provini verificando l’asportazione di circa 40 grammi di materiale.

Bagno al termine della fase di decontaminazione

Precipitazione

La soluzione di acido fosforico del bagno di decontaminazione si arricchisce progressivamente in ioni Ferro la cui concentrazione, è stata periodicamente misurata, al raggiungimento di un valore di concentrazione di 100g/l si è avviata la fase di rigenerazione dell’acido.

(35)

acido ossalico disciolto in acqua (per ogni litro di soluzione da rigenerare sono richiesti due litri di acqua e 0,2 kg di acido ossalico).

Acido ossalico disciolto in acqua

Aggiunta, del residuo ottenuto al termine della fase di decontaminazione, al acido ossalico precedentemente disciolto in acqua

Per garantire la completa miscelazione dei reagenti, la soluzione e stata mantenuta in agitazione per alcuni minuti.

(36)

Fase di miscelazione

Il prodotto è stato lasciato decantare al fine di separare la parte liquida da quella solida dall’esperienza fatta si può ritenere che dopo 3 ore la decantazione sia completata e si è allora provveduto al trasferimento del surnatante.

(37)

Lavaggio del precipitato

Dopo aver provveduto al trasferimento del surnatante ottenuto al termine della fase di precipitazione, come descritto nel paragrafo precedente, si è realizzato un lavaggio con acqua demineralizzata dei fanghi residui.

Lo scopo di questa fase è quello di rimuovere eventuali tracce di acido fosforico che potrebbero compromettere le successive attività di condizionamento in malta cementizia dei rifiuti e per riprodurre esattamente la sequenza delle operazioni che si realizzeranno con il processo PHADEC. La seguente fase si è conclusa con il trasferimento, dopo …..ore di decantazione, del nuovo surnatante ottenuto.

Termolisi

Nell’unità di termolisi avviene la degradazione termica degli Ossalati di Ferro (contenenti anche la contaminazione asportata dai materiali) in Ossidi di Ferro, Ossidi di Carbonio (anidride carbonica ed ossido di carbonio) e vapor d’acqua.

La presente fase si è realizzata inserendo in un forno termostatato il fango residuo ottenuto al termine della fase precedente.

Il composto è stato portato ad un temperatura di 250°c per 4 ore al termine è stato ottenuto un prodotto con aspetto pulverulento di colore marrone che rappresenta i residui finali previsti dal processo PHADEC.

(38)

Residuo prove di decontaminazione al termine della fase di termolisi

Sono state condotte alcune prove sperimentali valutando la quantità di prodotto asportato e conducendo una analisi delle sostanze rimaste disciolte all’interno del precipitato (in allegato sono riportati i risultati delle prove). Nel complesso le prove eseguite hanno fornito i risultati coerenti con quelli previsti teoricamente, sono comunque da tenere in considerazione le seguenti osservazioni che consentiranno di affinare le procedure per l’esercizio industriale del sistema. La quantità di soluzione decontaminante che viene vaporizzata è relativamente elevata e pertanto dovranno essere predisposti dei sistemi di sconfinamento e recupero degli aerosol.

La soluzione durante il trattamento produce una forte quantità di schiuma e il bagno diventa molto torbido.

Durante la fase di sedimentazione si nota che il surnatante rimane torbido pertanto si presume che dopo alcuni cicli di trattamento la soluzione sia totalmente opaca.

Al termine delle prove è possibile trarre le seguenti conclusioni:

• Il processo risponde pienamente a quanto previsto in modo teorico;

• La velocità di attacco dell’ossidi e rispondente a quella prevista in modo teorico; • Il prodotto finale è difficilmente confinabile a causa della particolare volatilità;

Riferimenti

Documenti correlati

11-12 Metodi matematici applicati alle Scienze della Terra.. (6 CFU)

Ecco quindi che i primi Collegi Docenti individueranno tra le “funzioni strumentali” la nomina del docente “Coordinatore dell’Educazione Civica”. Un compito nuovo, impegnativo

[r]

Dai dati rilevati si nota anche come il caso di studio non abbia portato solo benefici immediati, ovvero ristretti alla durata dello stesso, ma secondo gli

Utilizza un foglio protocollo per le prove e trascrivi in ordine tutti i passaggi nel prestampato.. Ricorda di consegnare

Nei testi esaminati dal do- cente il mondo ebraico si presenta sotto varie forme: "Come una delle religioni 'altre', come storia dell’an- tico Israele in relazione al

Il motivo per cui vengono consigliati questi vaccini in gravidan- za è che la rimodulazione del sistema immuni- tario, con prevalenza del pattern secretorio di tipo 2 (shift

Safety and immunogenicity of tetanus diphtheria and acellular pertussis (Tdap) immunization during pregnancy in mothers and infants: a randomized clinical trial. Forsyth K,