• Non ci sono risultati.

Capitolo tre Materiali e tecniche sperimentali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo tre Materiali e tecniche sperimentali"

Copied!
10
0
0

Testo completo

(1)

45

Capitolo tre

Materiali e tecniche sperimentali

Il presente lavoro di tesi si pone l’obiettivo di indagare il grado di miscelamento finale raggiunto da una soluzione acqua – Carbopol che simula una soluzione d’interesse industriale per l’azienda Chemineer Ltd, UK, della quale erano state fornite le sole proprietà reologiche. È stato quindi necessario tramite prove reometriche ricalcare l’andamento della soluzione target e inseguito costruire un apparato d’alimentazione che permettesse l’analisi in continuo per utilizzare la tecnica PIV in modalità PLIF per lo studio del miscelamento. Nonostante questo tipo di tecnica sia ormai consolidata, è solo ultimamente che è stata accostata a problemi di mixing per le sue ampie potenzialità investigative.

Sono di seguito descritte le tecniche d’analisi utilizzate ed è infine proposta un’analisi accurata dell’intero apparato sperimentale.

3.1 Particle Image Velocimetry PIV

La particle image velocimetry è nata dalla necessità di ottenere la misurazione dell’intero campo di velocità allo stesso tempo, a differenza di altre tecniche come ad esempio l’LDA (laser doppler velocimetro) dove la misurazione avviene puntualmente. La tecnica di PIV è quindi una tecnica ormai consolidata nella misurazione del campo della velocità istantanea sia in sistemi macroscopico (R.J. Adrian, 1991), che microscopici (Santiago et. al., 1998). La tecnica PIV segue quindi le particelle di tracciante presenti

all’interno del flusso: in condizioni ideali le particelle sono perfettamente distribuite nel flusso e la loro presenza non altera le proprietà del fluido.

(2)

46 Come si può osservare dalla figura 32 un doppio impulso laser va a colpire il nostro piano d’interesse a un Δt prestabilito dall’utente, in genere nell’ordine del 0.1 ms. E’ importante che l’intervallo di tempo sia abbastanza ampio da catturare le particelle poiché un intervallo troppo piccolo ridurrebbe la qualità di risoluzione.

Per ogni misurazione, le immagini A e B (ognuna scattata a seguito di un doppio impulso laser) sono acquisite dal software del PC per essere analizzate. Ogni immagine è sovrapposta una griglia regolare di celle d’interrogazione che ha dimensioni tipiche di 32 x 32 pixels. Per garantire una buona qualità d’analisi e evitare rumori di fondo (SNR), le particelle all’interno di ogni singola cella d’interrogazione dovrebbero essere almeno 5 (Raffel et. al., 1998). Nel presente lavoro di tesi è stata usata la cross-correlation e

quindi una zona d’interesse di 32 x 32 pixels. Una esemplificazione della cross-correlation è data dalla figura 33.

L’analisi delle immagini è basata su una correlazione che mette in relazione la disposizione delle particelle nell’immagine acquisita, la frequenza di acquisizione e la velocità reale delle particelle nella regione di interesse. Esistono due metodi principali per analizzare le immagini ottenute dalla CCD: la cross-correlation e l’auto-correlation.

Per un singolo frame con esposizione multipla si preferisce l’auto correlation per ottenere la disposizione di un gruppo di particelle in una zona d’interrogazione. L’auto correlation è descritta dall’equazione 33.

(eq. 33)

dove I è l’intensità del laser, x è la posizione nell’immagine e x0 è il vettore spostamento.

Nella cross correlation si utilizzano invece due foto contemporaneamente per ottenere il vettore spostamento in modo più preciso:

(eq. 34)

dove I è l’intensità del laser nella prima immagine e J è l’intensità del laser nella seconda immagine, x e y sono rispettivamente le coordinate di posizione con i loro vettori spostamento x0 e y0.

Le equazioni descritte sono risolte mediante una trasformazione di Fourier ( FFT ): in questo modo la cross correlation diviene una funzione di probabilità del vettore spostamento nella regione di interesse:

(3)

47 Figura 33: Cross-correlation

Questa tecnica è superiore all’auto correlazione avendo la possibilità di eliminare i disturbi di fondo, non avendo alcuna ambiguità di direzione e avendo la possibilità di misurare velocità nulle.

In generale comunque nella tecnica PIV per avere i risultati migliori, è necessario che la durata dell’impulso laser sia breve abbastanza da ottenere una chiara immagine delle particelle, ma è importante regolare il tra i due impulsi laser in maniera tale da avere una chiara distribuzione delle particelle nelle due immagini. Un tempo di esposizione troppo lungo aumenta la possibilità che le particelle abbandonino la zona d’interesse, allo stesso tempo un intervallo di tempo troppo corto riduce la risoluzione della misurazione.

In particolare attraverso la figura 34 possiamo visualizzare il meccanismo di ricostruzione del campo di moto.

(4)

48 L'idea base come detto in precedenza è quella di suddividere le due immagini in una griglia di "aree di interrogazione" (griglia in rosso in figura 34), sufficientemente piccole in modo tale che risulti plausibile assumere una velocità uniforme al loro interno. In altri termini l'insieme di tracce presenti nella stessa area viene trattato come un'unica particella che si muove con una velocità pari al valor medio di velocità delle particelle in essa contenute. Ciascun’area d’interrogazione della prima immagine viene traslata sulla seconda lungo le direzioni x ed y. Ad ogni spostamento corrisponde un valore della funzione, che raggiunge un picco in corrispondenza della posizione in cui ho statisticamente la massima sovrapposizione tra le particella della prima e della seconda immagine. Tale valore rappresenta dunque lo spostamento medio delle particelle di una finestra di interrogazione. Estendendo tale procedura a tutti i sottodomini di interrogazione si ottiene la distribuzione degli spostamenti nell'area di misura tra gli istanti t1 e t2, e, dunque, il campo istantaneo di velocità.

3.2 Planar laser-induced fluorescence (PLIF)

È una misurazione ottica usata per conoscere l’intero campo di concentrazione o temperature in una determinata sezione all’interno di un flusso liquido. La PLIF è utilizzata in processi ingegneristici (mixing in serbatoio agitati, sistemi di raffreddamento o di riscaldamento), e in processi di ricerca fluidodinamici (mixing turbolento e trasferimento di calore). Ha la caratteristica di non essere intrusiva e se usata in concomitanza con tecniche di misurazione di velocità (PIV) permette d’indagare le proprietà di trasporto del sistema.

Come detto quindi può essere usata in insieme alla PIV come illustrato in figura 35. la differenza fondamentale tra PIV e PLIF è che quest’ultima lavora su un singolo fotogramma dal quale vengono estratte le informazioni a seguito di una calibrazione necessaria per poter legare la scala di luce emessa dal tracciante alla concentrazione.

Nel presente lavoro di tesi sono state ottenute tramite telecamera CCD TSI PIVCam 10-30 (TSI Inc.) delle sequenza di foto per ogni singola portata: questo ci ha permesso di indagare il sistema in continuo e indagare quindi le proprietà del moto all’interno dello static mixer.

Limitazioni della tecnica sono:

 L’aggiunta di particelle fotosensibili nel fluido le quali devono poter essere accessibili al fascio laser.

 L’attenuazione dell’intensità del laser attraverso la sezione può portare a errori sistematici nella misurazione. Questo fenomeno è conosciuto come quenching.

(5)

49 La strumentazione necessaria nell’uso della PLIF sono:

 Una sorgente laser capace di attraversare l’intera sezione. Nel presente lavoro di tesi è stato usato un Nd:YAG laser (New Wave Research, Fremont, CA).

 Una componente fluorescente capace di marcare il fluido. Questo componente assorbe l’energia del laser e emette a una frequenza maggiore capace di essere catturata da un photodetector. Solitamente si usa rhodamine 6G (per la misurazione della concentrazione), rhodamine B (per la misurazione della temperatura).

 Una camera CCD equipaggiata con un filtro particolare in modo che solo la luce fluorescente sia identificata.

(6)

50

3.3. Reometro

Figure 36 Reometro modello CVO usato nelle prove di caratterizzazione della soluzione polimerica

In figura 36 è rappresentato il reometro CVO della Bohlin Instruments utilizzato nel lavoro di tesi. Lo strumento permette la determinazione delle caratteristiche reologiche di liquidi. Le tecniche di misura si basano sull’applicazione di uno sforzo di taglio che permette di calcolare l'entità e la velocità della deformazione o viceversa nell'applicazione di una deformazione con una certa velocità e nel misurare lo sforzo.

Lo strumento è stato usato per caratterizzare la reologia del fluido usato (soluzione polimerica di Carbopol a diversa percentuale in peso) durante le prove trattandosi di una soluzione “shear thinning” dove quindi all’aumentare del gradiente di velocità la viscosità diminuisce.

In generale quindi per un fluido non Newtoniano a cui è applicato uno sforzo di taglio segue la seguente relazione del tipo “power-law”:

= (eq. 35)

Dove:

K è il “flow consistency index” (Pa•sn),

∂u/∂y è lo “shear rate” o il gradiente di velocità perpendicolare al piano di “shear” ( s−1)

(7)

51 La quantità:

= (eq. 36)

rappresenta la viscosità apparente o effettiva in funzione dello shear rate (Pa•s).

Conosciuta come legge di Ostwald – de Waele, questa relazione matematica è di facile utilizzo e fornisce risultati congrui nonostante sia solo un’approssimazione del comportamento di un fluido non newtoniano. Per esempio, se n è minore di uno, possiamo osservare dalla relazione proposta come la viscosità effettiva decresca all’aumentare dello sforzo di taglio in modo indefinito, a simulare un fluido a viscosità infinita a sforzo zero e a viscosità zero per sforzi infiniti, ma un fluido ha una viscosità minima e massima determinati dalla sua fisica chimica. Per questo la power law è solo un’approssimazione che ha il vantaggio di essere molto semplice da usare.

Il reometro a disposizione era del tipo Cono e piastra:

 Il liquido è disposto sulla piastra orizzontale e un cono poco profondo è disposto in esso. L'angolo fra la superficie del cono e la piastra era nel nostro caso di 4 gradi.

 La scale di valori di stress da applicare è decisa attraverso il software di controllo in precedenza.

 Le prove hanno durata variabile: dopo un primo step in cui viene raggiunto un equilibrio termico a seconda del numero di valori scelti le prove possono avere durata diversa. Nel nostro caso hanno avuto una durata di circa 10 minuti.

 I dati ottenuti vengono riportati dal software sotto forma di grafico e da questi è poi possibile estrapolare i valori di K e n per il fluido in considerazione.

(8)

52

3.4 Descrizione dell’apparecchiatura sperimentale

Figura 37: Apparecchiatura sperimentale zona d’alimentazione

Per poter svolgere le prove in laboratorio è stato necessario costruire una apparecchiatura che permettesse di alimentare la soluzione in quantità nota ai due miscelatori statici. Come mostrato in figura 37 si è utilizzato un contenitore rialzato per la soluzione di acqua – Carbopol, da qui la miscela viene movimentata attraverso una pompa volumetrica, poiché le portate sono basse (max 230 l/hr), di tipo rotativo ai due miscelatori. La portata massima come detto è di circa 230 l/hr che corrisponde a una velocità nella tubazione di 0.5 m/s avendo il tubo un diametro di 1,27 cm. Questa inoltre è la velocità massima testata dalla casa produttrice (Chemineer Ltd, UK).

La portata è monitorata attraverso un flussimetro digitale tipo Krohne IFM5020K/D. Come è possibile osservare in figura 38 prima dell’ingresso ai miscelatori è alimentato il tracciante tramite pompa dosatrice. Poiché l’interesse è nella misurazione della concentrazione in uscita come tracciante abbiamo usato la Rhodamina 6G particolarmente adatta allo scopo. La soluzione passa quindi attraverso i due miscelatori statici modello Kenics a 12 elementi per ogni unità per un totale di 24 elementi.

Come sopraesposto il fluido all’interno del miscelatore viene continuamente orientato imponendo cambi di rotazione di 90° tra un elemento ed un altro. La soluzione arriva quindi a una cella, evidenziata in figura 38, dove il tubo diventa di vetro e la cella riempita d’acqua per evitare fenomeni di riflessi o rifrazione. Il laser in questa zona attraversa il tubo e cattura le particelle traccianti, queste emettono a una lunghezza d’onda che è catturata della telecamera equipaggiata con un filtro speciale.

Il laser è dotato di una lente da 200 mm e posto quindi alla stessa distanza dalla cella per un funzionamento ottimale. La telecamera scatta foto di 4Mpixel di risoluzione in bianco e nero e lavora in sincronia con il laser, ed è perfettamente allineata, tramite un supporto mobile, al tubo e messa a fuoco sul piano d’intersezione del laser con il tubo. L’ultima parte del tubo è realizzata in maniera tale da garantire

(9)

53 un battente e assicurare così che il tubo sia sempre pieno. La soluzione infine esce e smaltita in un secondo contenitore.

Figura 38: Apparecchiatura sperimentale

Le soluzioni usate sono di diversa composizione: la prima 0.1% wt di Carbopol, la seconda di 0.2% wt di Carbopol. Il Carbopol è un polimero le cui proprietà sono descritte nel capitolo successivo, ha la caratteristica di dare soluzioni altamente viscose, ed è stato quindi necessario utilizzare un miscelatore meccanico, come visibile in figura 38, per favorire il miscelamento nel contenitore iniziale. Il Carbopol è, infatti, disponibile in polvere e ha la caratteristica di aggregarsi immediatamente a contatto con acqua se non mantenuto in movimento.

Procedura:

Durante le prove quindi la soluzione era alimentata al sistema a portata nota. Tramite un bilancio di materia all’ingresso del miscelatore è stata calcolata la portata di colorante in maniera tale da avere in uscita sempre la stessa concentrazione fissata a 4,4 *10^-4 g/l valore che permette di assestarsi a metà scala dei valori di grigi misurabile come visibile nel grafico 11. Per ogni portata d’interesse si è quindi aspettato che il sistema si assestasse e giungesse allo stazionario. A questo punto veniva scatta una sequenza di 10 foto a intervallo di tempo predeterminato. Fondamentale in questa fase è che l’esposizione del laser e della telecamera erano sincronizzate in modo da ottenere immagini nitide e chiare. Le immagini erano quindi acquisite e processate tramite programma appositamente scritto in codice Mathlab per l’estrazione dei dati.

(10)

54

Figura

Figura 32: Sistema PIV
Figura 34: Esemplificazione della ricostruzione del campo di moto tramite tecnica PIV
Figura n.35: Sistema PLIF integrato con PIV
Figure 36 Reometro modello CVO usato nelle prove di caratterizzazione della soluzione polimerica
+4

Riferimenti

Documenti correlati

I have analyzed firstly the customization level based on the dimensional class of the firms (Table 23), then on the geographical area (Table 24) and finally I compared

1) Aportar la cantidad de palabras y de vocablos en cada centro de interés de la encuesta en español. 3) Analizar cuantitativamente las encuestas según la

By using a dynamic two-sector model of directed technical change, we establish and estimate a relationship between rela- tive energy prices and relative innovation between

In our IS logic the tactical burden is automatically captured by the dialectical asymmetry of the argument game: the party who has the burden of persuasion is proponent and

The maintenance of endogenous marriage among Hindus living in Portugal and their contexts of origin and Hindu communities established in other countries perpetuates a logic

Even more interestingly, the Minister makes a further extrapolation by linking the fact that IIAs allow foreign investors to bring their claims to investment arbitration

However, the harmonization of the European Market will increase competition among insurance companies and will force some degree of deregulation of insurance

To further investigate HFN dynamics, we calculated temporal and nodal network similarity using a network nodes × time windows matrix (580 × 81) for all GTA measures.. We found