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La malattia di Parkinson
La MP è una patologia neurodegenarativa che causa principalmente disturbi a livello del sistema motorio somatico e colpisce in misura maggiore le persone di età oltre i 65 anni (Dorsey et al., 2007). Dal punto di vista clinico la patologia è caratterizzata da deficit motori che includono bradicinesia (movimenti lenti), rigidità e tremori che tendono a peggiorare con l’avanzare dell’età fino al raggiungimento della paralisi. Sebbene la patologia colpisca a livello cerebrale (Braak et al., 2003), le caratteristiche fenotipiche motorie dei pazienti affetti da MP sono inequivocabilmente correlate alla perdita dei neuroni dopaminergici della substantia nigra pars compacta del mesencefalo che, attraverso le fibre nervose, entra in contatto con lo striato. La deplezione della dopamina (DA) striatale comporta infatti una riduzione del sistema nigro-striatale, non permettendo al paziente di eseguire movimenti coordinati adeguati. Dal punto di vista istopatologico, la MP è spesso associata alla presenza di inclusioni intracitoplasmatiche eosinofile, conosciute come corpi di Lewy, nelle aree cerebrali affette e nei restanti neuroni del sistema nervoso (Braak et al., 2003). Si ritiene che, sia i corpi di Lewy che le neuriti di Lewy, siano presenti nella substantia nigra, nel nucleo motore
dorsale del nervo vago (DMV), nei nuclei basali di Meynert, nel locus coeruleus, nei nuclei del rafe, nel mesencefalo, nei nuclei di Edinger-Westphal, nel bulbo olfattivo e in alcuni gangli autonomici (Braak et al., 1996). Tali formazioni sono presenti anche in alcuni casi di morbo di Alzheimer, insieme alle placche amieloidi e alle lesioni neurofibrillari. Sebbene questi siano stati descritti per la prima volta nel 1912 da Lewy (Lewy, 1912), la loro composizione biochimica è tuttora sconosciuta. Quelle che si ritrovano nel tronco encefalico sono inclusioni intracitoplasmatiche con un diametro compreso tra i 5 e i 25 mm, con un denso core eosinofilo e un alone più chiaro che li circonda. Sia l’alone che il core sono costituiti da filamenti di 5-20 nm di diametro (Duffy and Tennyson, 1965; Roy and Wolman, 1969).
Il principale componente che ritroviamo all’interno di questi corpi è un derivato di aggregati fibrillari di α-sinucleina (α-syn) (Spillantini et al., 1997; Spillantini et al., 1998). Il ruolo di questa proteina nella MP è stato scoperto grazie a tre mutazioni del gene dell’α-syn (Polymeropoulos, 1998). Le mutazioni sono: A53T (sostituzione dell’alanina con una treonina nella posizione 53) (Polymeropoulos et al., 1997),
30) (Krüger et al., 1998) e E46K (sostituzione del glutammato con una lisina in posizione 46) (Zarranz et al., 2004). Le tre mutazioni si riscontrano nel sito N-terminale della proteina causando un aumento della velocità nel processo di aggregazione oligomerica e nella formazione delle protofibrille (Brandis et al., 2006) determinando così la formazione dei corpi e delle neuriti di Lewy.
L’aspetto interessante è che si possono distinguere caratteristiche cliniche diverse tra i pazienti con la mutazione A53T e i pazienti affetti da MP idiopatico come: la progressione più veloce della patologia, demenza e la riduzione del tremore (Kotzbauer et al., 2004). Al contrario invece, il caso della mutazione A30P presenta un quadro clinico molto simile al Parkinson idiopatico. I pazienti con mutazione E46K manifestano Demenza con Corpi di Lewy (DLB) e allucinazioni, nonché parkinsonismo.
In accordo con studi su base genetica e clinica, i modelli animali transgenici hanno rivelato un’associazione tra α-syn e MP. Nella Drosophila ad esempio, quando la α-syn A30P e A53T mutante sono sovra-espresse si manifestano disfunzioni motorie, perdita dei neuroni dopaminergici e la presenza di inclusioni filamentose intraneuronali che contengono α-syn
(Dawson et al., 2002). Al contrario, i topi α-syn knock-out presentano un’attività dopaminergica anormale con riduzione di dopamina a livello dello striato; ciò implica che queste proteine possano avere un ruolo nella regolazione del rilascio dei neurotrasmettitori (Abeliovich et al., 2000). L’ α-syn presente nel liquido cefalorachidiano e nel plasma suggerisce che essa sia rilasciata da neuroni dopaminergici (El-Agnaf et al., 2003) e che possa essere utilizzata come marcatore per la diagnosi precoce di MP.
Ad oggi la terapia della MP consiste sostanzialmente nella somministrazione di L-DOPA che rappresenta il miglior trattamento sintomatologico per i pazienti, soprattutto durante le fasi iniziali della patologia, nonostante la sua attività farmacologica non rallenti o arresti il processo degenerativo. La natura debilitante e la morbilità della patologia determinano un notevole interesse medico, sociale ed economico che tenderà ad aumentare nel corso degli anni, anche a causa dell’aumento progressivo dell’età media mondiale.
La MP è considerata un disturbo del sistema motorio somatico, sebbene ad oggi particolare attenzione si sia rivolta ai disturbi di natura non motoria, includendo la disfunzione del tratto gastrointestinale (GI) (Poewe, 2008; Jost, 2010). In particolare,
perdita di peso, deterioramento dentale, eccessiva salivazione, disfagia, alterazione dello svuotamento gastrico, riduzione della peristalsi e difficoltà nella defecazione sono sintomi che possono manifestarsi nei pazienti con MP. Queste alterazioni a livello del tratto GI, oltre a determinare la sintomatologia di cui sopra, si ipotizza rappresentino la genesi del morbo. E’ stato visto che in effetti il sistema nervoso enterico (SNE) potrebbe rappresentare l’origine del processo patologico che culmina poi nel quadro clinico del MP. Tra i pazienti, infatti, spesso l’insorgenza di costipazione precede di molti anni i disturbi motori e questo ha reso interessante lo studio di questo aspetto della patologia in prospettiva delle sue potenzialità come marcatore della malattia (Abbott et al., 2001; Gao et al., 2011; Lebouvier et al., 2010). Tuttavia, rimane ancora poco chiaro se le alterazioni del tratto GI siano associate alla riduzione dopaminergica centrale o periferica, o se sia dovuta ad alterazioni dopaminergiche a livello enterico. A questo proposito, sono stati recentemente studiati diversi modelli sperimentali di MP. In particolare, esiste un modello sperimentale descritto da Mori (1988), che prevede l’iniezione intraperitoneale di 1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina (MPTP) determinando alterazioni della motilità intestinale. A
differenza dei primati e dei topi, nel ratto il modello che prevede la somministrazione di MPTP non causa parkinsonismo (Kalaria et al., 1987) rappresentando così un fattore limitante negli studi sperimentali. È stato studiato un ulteriore modello che prevede l’iniezione della neurotossina 6-idrossidopamina (6-OHDA) (Ungerstedt, Arbuthnott, 1970) nella substantia nigra del ratto, con conseguente lesione nigro-striatale e perdita dei neuroni dopaminergici, caratteristica della MP.