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Università di Pisa Dipartimento di Scienze della Terra

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze della Terra

Corso di Laurea magistrale in scienze e tecnologie geologiche

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

DELIMITAZIONE

DELLA ZONA DI PROTEZIONE DEL “CAMPO-POZZI GRETI”: LOCALITA GREVE IN CHIANTI

Anno Accademico 2012-2013

RELATORE

Dott.ssa Patrizia Macera

CORRELATORE

Dott.ssa Brunella Raco CANDIDATO

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INDICE

INTRODUZIONE

1. LA QUESTIONE IDRICA

1.1. Il problema dell'acqua e della sua tutela

1.2. La crescente attenzione internazionale per i problemi legati all’acqua

1.3. La questione idrica in Italia e nel mondo

1.3.1 . La questione idrica in Italia 1.3.2. La questione idrica nel mondo

1.3.3. La situazione idrica in Africa 1.3.4. La situazione idrica in Cina

1.3.5. La situazione idrica in Italia 1.3.5.1 La situazione idrica in Toscana

1.4. Inquinamento delle acque e tutela delle falde idriche

1.4.1 Qualità delle acque destinate al consumo umano 1.4.2. Protezione degli acquiferi dall’inquinamento

2. LA NORMATIVA INERENTE LE AREE DI SALVAGUARDIA 2.1. La tutela delle risorse idriche in Italia

2.2. La tutela delle risorse idriche in Italia

2.1.1 Criteri tecnici di delimitazione delle zone di Tutela Assoluta, Rispetto e Protezione secondo l’Accordo 12 Dicembre 2002

3. NORMATIVA REGIONALE

4. LE PRIORITA’ DELLA REGIONE TOSCANA

4.1. Opere di captazione scelte e contesto idrogeologico in cui si inseriscono

5. L’APPROCCIO METODOLOGICO PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE ZONE DI PROTEZIONE

5.1. La normativa nazionale 5.2. Approccio geologico

5.2.1. I principali complessi idrogeologici della Toscana e loro rapporti strutturali in funzione dell’evoluzione geologica regionale

5.3. Approccio idrogeologico

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5.4.1. Carichi piezometrici 5.4.2. Parametri idrodinamici

5.5. Indagini idrogeochimiche

5.5.1. Chimismo delle acque sotterranee

5.5.2. Rappresentazione dei dati idrogeochimici 5.5.2.1. Rappresentazione dei dati idrogeochimici 5.5.3. Gli isotopi dell’acqua

6. ACQUISIZIONE DEI DATI GEOLOGICI, IDROGEOLOGICI ED IDROGEOCHIMICI

7. ELABORAZIONE DATI ED ESEMPIO DI DELIMITAZIONE DI UNA ZONA DI PROTEZIONE: IL CAMPO-POZZI “GRETI”

8. INQUADRAMENTO GEOLOGGICO REGIONALE DELL'READI STUDIO

9. INQUADRAMENTO GEOLOGICO E IDROGEOLOGICO LOCALE

9.1. Elaborazione e presentazione dei dati chimici 9.2. Elaborazione e presentazione dei dati isotopici 9.3. Studio dell'idrodinamica

10. La zona di protezione del Campo pozzi Greti.

CONCLUSIONI RINGRAZIAMENTI

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI RIFERIMENTI NORMATIVI

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Introduzione

L’acqua è una risorsa indispensabile per la vita, per lo sviluppo e per l’ambiente. Essa è una risorsa finita e vulnerabile, parzialmente rinnovabile visti i tempi necessari a ripristinare situazioni di eventuale sovra-sfruttamenti, e che richiede un’efficiente gestione per la sua difesa, per la sua salvaguardia, e per garantire il suo approvvigionamento alle generazioni future. Essa viene soggetta a emergenze sia dal punto di vista qualitativo che dal punto di vista quantitativo. Dal punto di vista qualitativo, le acque sono soggette a emergenze quali quelle dovute alle eventuali situazioni di inquinamento originato da svariate sostanze utilizzate sui terreni, scarichi di rifiuti di vario genere e composti di origine industriale. Dal punto di vista quantitativo, le acque possono essere soggette a problemi tipo, il sovra-sfruttamento, l’abbassamento del livello della falda, la mancanza o la riduzione di nuovi apporti idrici alle sorgenti. E’ importante notare che il manifestarsi delle contaminazioni dell’acqua delle falde idriche dipende non solo dalla vulnerabilità degli acquiferi, ma anche dalla suscettibilità di un acquifero nel processo di interazione acqua-roccia ad assorbire i contaminanti e permettere la loro propagazione lungo l’acquifero.

Tale vulnerabilità degli acquiferi sottende a vari fattori quali la capacità di auto-depurazione del terreno, la soggiacenza della falda, la connessione tra falda e i corsi d’acqua e soprattutto al grado di protezione degli acquiferi.

La difesa degli acquiferi dall’inquinamento è rivolta ad aree che sono già interessate da inquinamento, oppure a quelle che potrebbero esserlo ad esempio in aree di urbanizzazione, mediante piani di tutela elaborati dalle Regioni.. Per questo motivo, devono essere messi in atto degli interventi che privilegino la tutela delle opere di captazioni degli acquiferi e del territorio circostante, lasciando inalterata la qualità delle acque sotterranee, oltre che sul controllo delle possibili fonti di contaminazioni. Il D.P.R 236/88 è il primo esempio di attuazione di una direttiva comunitaria ( la direttiva 80/778 CEE, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano) da parte dello stato italiano. Questa legge regolamenta la qualità delle acque destinate al consumo umano e definisce le concentrazioni massime ammissibili (CMA) e i valori guida (VG) per differenti parametri chimici e microbiologici, indicati nella norma stessa. Inoltre stabilisce aree di salvaguardia della risorsa idrica, distinguendo zone di tutela assoluta, zona di rispetto e di protezione.

Le zone di protezione sono lo strumento pianificatorio più incisivo per la tutela delle acque sotterranee. Devono essere ben definite attorno a tutte le captazioni di interesse pubblico.

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L’area di salvaguardia rappresenta lo strumento della risorsa idrica captata, tramite pozzi, sorgenti od opere di presa in genere, ed ha proprio lo scopo di determinare l’estensione della tutela mediante vincoli d’uso e controlli sulle attività umane per garantire, nel tempo, un sicuro accesso all’approvvigionamento idrico potabile.

In questo lavoro di tesi, si affronta quello che riguarda gli aspetti scientifici sulla delimitazione delle zone di protezioni intorno ai campi-pozzi, che insieme a quelle di tutela assoluta vanno a formare le aree di salvaguardia. I criteri che sono stati utilizzati per la delimitazione delle zone di protezione, indicati dalla normativa sono quelli di tipo geologico che riguardano la presentazione dell’ubicazione del campo pozzi, il riconoscimento delle strutture geologiche e dell’individuazione dei processi geologici che hanno interessato l’area di studio; quelli idrogeologici che prevedono lo studio dell’intera area di ricarica della falda, che consistono nel definire le aree di salvaguardia mediante considerazioni tecnico scientifiche basate sulle conoscenze esistenti sull’idrochimica sotterranea e sulle caratteristiche stratigrafico - strutturale dell’acquifero; quelli geochimici che si basano su analisi idrogeochimiche e isotopiche e vengono finalizzati non solo alla definizione degli aspetti qualitativi, ma anche alla ricostruzione dei diversi circuiti idrici.

L’obbiettivo della mia tesi è quello di analizzare le metodologie da seguire per l’individuazione delle zone di protezioni mediante l’elaborazione dei dati geologici, idrogeologici, idrodinamici e geochimici, al fine di proporre un esempio di delimitazione delle zone di protezione introno al Campo-pozzi oggetto di studio ubicato nel territorio della regione Toscana.

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1-LA QUESTIONE IDRICA

1.1-

Il problema dell’acqua e della sua tutela

L’acqua è una risorsa finita e vulnerabile, essenziale per la vita sulla terra, per lo sviluppo e per l’ambiente. La percezione, tradotta recentemente in norma nazionale ed europea, che l’acqua sia anche un bene economico e sociale ha portato alla consapevolezza del suo ruolo e della sua importanza nei sistemi socio-economici, culturali e politici; l’acqua è una risorsa scarsa che richiede un’efficiente gestione per difenderla e garantirla in misura adeguata per le generazioni future. La tutela e l’uso nazionale delle risorse idriche rappresentano obiettivi molto impegnativi da raggiungere, considerate la varietà e la complessità delle problematiche da affrontare e, soprattutto, le difficoltà nell’ avviare politiche che riservino particolare attenzione all’attuazione operativa del nuovo indirizzo.

Un’ efficiente tutela dell’ambiente, in particolare delle risorse idriche, condizione primaria della sostenibilità dello sviluppo, non si può realizzare con il tradizionale approccio di emergenza, ma richiede una politica preventiva che incida sulle cause e porti quindi ad una revisione delle politiche economiche e sociali che determinano le trasformazioni dell’ambiente.

Il tema della tutela delle risorse idriche destinate all’uso idropotabile resta ancora un problema da risolvere in alcuni paesi, soprattutto in quelli africani. Nella maggior parte dei paesi africani l’acqua destinata all’imbottigliamento non è acqua idropotabile, perché non vengono rispettate le condizioni previste per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento delle acque.

La prevenzione e la protezione dall’inquinamento delle risorse idriche sotterranee (RIS) viene garantita attraverso l’applicazione di “sistemi di difesa” a tutto campo insistenti sull’intera area di alimentazione dei corpi idrici sotterranei.

Un gruppo di scienziati ha valutato che le riserve di acqua potabili contenute nel sottosuolo africano siano nell’ordine di oltre mezzo milione di chilometri quadrati, con un range variabile tra 0,36 e 1,76 milioni di chilometri quadrati. Ovvero la quantità di acqua dolce contenuta nei laghi africani.

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La distribuzione dei bacini sotterranei, ovviamente, non è uniforme nel Continente: le riserve più grandi sono sotto i paesi nordafricani e del Sahel, che però sono anche quelli più minacciati dalla penuria idrica: Algeria, Libia, Egitto, Chad e Sudan occidentale, in pratica, riposano su un enorme acquifero custodito dalle sabbie del Sahara, il deserto per antonomasia.

Un secondo grande bacino giace tra la Repubblica democratica del Congo e la Repubblica centrafricana, mentre un terzo è nel sud, a cavallo della Namibia, Botswana, Angola e Zambia.

Già oggi nel continente africano, si stima che sono 300 milioni le persone senza un accesso all’acqua potabile e dove solo il 15 per cento delle terre coltivabili è effettivamente e regolarmente irrigato. Nel continente Africano, le risorse idriche sotterranee risultano la più ampia e distribuita riserva d’acqua disponibile, affermano alcuni scienziati. La conoscenza dei sistemi di formazione di questi enormi bacini risulta ancora limitata ed ha bisogno di essere approfondita sia a livello locale sia su scala continentale,. Ciò per capire se e come questi grandi bacini interagiscono tra loro e con il resto dell’ambiente naturale, anche tenendo conto dei cambiamenti climatici, delle trasformazioni dell’ambiente da parte degli essere umani ma anche dalle modificazioni legate al sovrasfruttamento che potrebbero colpire queste risorse idriche.

1.2. La crescente attenzione internazionale per i problemi legati all’acqua

Il fabbisogno minimo biologico pro-capite per la sopravvivenza umana è di 5 litri di acqua nelle 24 ore; l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilevato che al di sotto della soglia di 5 litri d’acqua al giorno si può già parlare di sofferenza per carenza di acqua e che il 40% della razza umana vive in condizioni igieniche precarie.

Si aggiunga che nel Mondo si passa da una disponibilità media di 425 litri al giorno per un abitante degli stati uniti ai 10 litri al giorno per un abitante del Madagascar, da 267 litri in Italia a 150 litri in Francia. Attualmente un abitante della Terra su cinque non ha acqua potabile a sufficienza e oltre un miliardo beve acqua non sicura. Però finora non è stato rivolto molta attenzione al problema dell’inquinamento delle falde acquifere.

L’emergenza non riguarda soltanto i paesi in via di sviluppo, ma anche quelli già sviluppati come alcuni del continente europeo e del continente asiatico. Secondo l’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) il 16 % della popolazione del vecchio continente non ha acqua potabile.

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Già nel 1968, con la Carta Europea dell’acqua, il consiglio europeo ha confermato i principi fondamentali di tutela della risorsa idrica, sottolineandone l’indispensabilità, il carattere di risorsa finita da preservare quantitativamente e qualitativamente e la necessità di una corretta gestione, anche a livello internazionale, per il bene comune e per l’ambiente.

In questo senso si muovono anche le indicazioni dell’Agenzia Europea dell’ambiente ai Paesi membri, affermando la necessità di pianificare un uso diverso dell’acqua, tenendo in considerazione che il tasso di utilizzo non deve essere superiore a quello di rigenerazione, che l’inquinamento a carico dell’ambiente non deve essere superiore alle sue capacità auto-depurative e che le riserve di risorse non rinnovabili devono rimanere costanti nel tempo.

Più recentemente, a livello internazionale, la conferenza delle nazioni Unite (Dichiarazione di Dublino ) affronta la questione idrica nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile durevole dal momento che la scarsità ed il cattivo utilizzo dell’acqua dolce minacciano in modo crescente la possibilità di uno sviluppo sostenibile e della protezione dell’ambiente. La relazione finale della dichiarazione di Dublino raccomanda l’intervento locale nazionale e internazionale indicando dei principi-base. Il primo afferma che l’acqua è una risorsa limitata e fragile, indispensabile per la vita, lo sviluppo e l’ambiente; un’efficace gestione delle risorse idriche esige perciò un approccio globale che concili lo sviluppo socio-economico con la protezione delle risorse naturali.

I problemi legati all’acqua sono stati discussi nel corso di diversi forum mondiali tra i quali:

Quello del 2000 , che fu il secondo Forum Mondiale sull’acqua svolto a Ajas. Questo evento si era concluso con la dichiarazione ministeriale “La sicurezza dell’acqua nel XXI secolo”, ove si legge che: l’acqua è essenziale per la vita e la salute dell’uomo e dell’ambiente naturale ed è una condizione fondamentale per lo sviluppo dei Paesi, ma nel mondo donne, uomini e bambini soffrono della mancanza di accesso ad acqua sana sufficiente a soddisfare bisogni primari. Pertanto, obiettivo comune è quello di assicurare la protezione e il miglioramento delle risorse idriche attraverso una gestione sostenibile dell’acqua e opportune politiche di protezione dall’inquinamento.

Dal 12 al 17 marzo 2012 a Marsiglia si è svolto il 6 Forum Mondiale dell’Acqua. Questo è stato il più importante Forum ad occuparsi dei problemi dell’acqua che si succedono ogni 3 anni, dal 1997. L’obbiettivo centrale del dibattito è stato quello di porre il diritto all’acqua al centro delle agende politiche internazionali, affrontando le sfide mondiali attuali. Non ce sviluppo sostenibile senza che sia affrontato e risolto il problema dell’acqua.

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Il Forum fu aperto con la parola “Time for solutions” che verrà declinata in 12 obiettivi e 3 direzioni strategiche, definendo inoltre priorità specifiche per ogni continente.

1.3 .La questione idrica in Italia e nel Mondo

1.3.1.La questione idrica in Italia

L’acqua copre il 70 per cento della superficie del nostro pianeta. Il corpo umano è composto di acqua al 65 per cento. Essa si trova ovunque non solo sulla terra e invade ogni spazio anche nella nostra agenda politica. L’acqua è effettivamente al centro di quasi tutte le sfide globali: mutamenti climatici, sanità, alimentazione, ambiente, trasporto, conflitti politici e quant’altro, sono tutte questioni che hanno legami diretti con l’acqua. L’acqua è un bene limitato sulla terra, essenzialmente per ogni essere umano, risulta utile sia per conservarne la salute che per sviluppare le attività. L’acqua è un bene prezioso perché né facilmente, né ugualmente accessibile a tutti.

Come detto sopra, l’insieme delle acque giunge a coprire più di due terzi della superficie del pianeta. Essa, infatti è presente sia sulla superficie del suolo che nel sottosuolo; inoltre una parte si trova nell’atmosfera sotto forma di vapore, di nebbia o di aerosol. Il volume totale di acqua (idrosfera) risulta cosi riportato: il 96% negli oceani, l’1,74% nei ghiacciai e nei ghiacci polari, l’1,7% nelle acque sotterranee e la restante parte si trova nei fiumi, nei laghi, nell’atmosfera e nella biosfera.

Ogni anno, una piccolissima parte ( circa 500 mila km3 dei 1400 milioni presenti sulla terra) entra nel ciclo atmosferico di evaporazione e precipitazione. Il ciclo dell’acqua è fondamentale per la sopravvivenza della vita sulla superficie terrestre, ed è un meccanismo che interessa l’idrosfera , l’atmosfera, e la litosfera, il cui motore è costituito dall’energia solare e dalla gravità. L’acqua della superficie marina e terrestre è costantemente soggetta ad evaporazione e passa nell’atmosfera per effetto dell’energia solare, qui il vapore si condensa e, per azione della forza di gravità, ricade sotto forma di precipitazioni in parte sull’idrosfera e in parte sulle superficie continentali. Le acque che cadono sulla litosfera possono rimanere sia in superficie ( acque di evaporazione e di ruscellamento) oppure infiltrarsi nel sottosuolo (acque di evaporazione e di infiltrazione efficace). Anche essendo la sostanza più abbondante sulla superficie del pianeta, alla

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diminuita disponibilità delle risorse idriche negli ultimi decenni si è accavallato un ulteriore problema che riguarda l’inquinamento delle risorse idriche sia superficiali che sotterranee. Il fatto è che se le acque sono inquinate, sarà necessario procedere a sistemi di depurazione e a piani di risanamento, che non sono sempre efficaci. Oltre un miliardo di persone, nel mondo, non può fare affidamento su una fornitura continua d’acqua potabile e i dati sul trend mondiale dei consumi e della disponibilità prefigurano una situazione di esteso deficit idrico. Si tratta di un fenomeno recente, prodotto dal triplicarsi della domanda d’acqua degli ultimi cinquanta anni che ha superato in molte regioni la capacità di ricarica delle falde acquifere.

1.3.2.La questione idrica nel mondo

Il risanamento è una componente fondamentale nella gestione dell’acqua. Nel mondo intero, il 40 per cento dell’acqua utilizzata nell’agricoltura va sprecata a causa delle perdite dovute all’inefficienza dei sistemi di irrigazione.

Per tutte queste ragioni, la questione dell’accesso alle risorse idriche è destinata a condizionare la struttura delle relazioni e alleanze politiche. In vari bacini fluviali si osserva l’emergere di nuove regole di comportamento politico. E’ urgentemente necessario comprendere meglio queste tendenze.

La lotta contro la crisi idrica è una questione che tocca la sicurezza nazionale, la crescita economica, la salute pubblica, i servizi ambientali, lo sviluppo sociale, la pianificazione urbanistica, la scienza e la tecnologia.

Inoltre, la gestione delle risorse idriche, le decisioni politiche e le negoziazioni devono poter essere fondate sui fatti e poggiare su informazioni meteorologiche e geografiche di buona qualità.

L’acqua è indispensabile per lo sviluppo umano e quindi deve assolutamente far parte degli obiettivi di sviluppo sostenibile post 2015:

Per questo, il 2013 è stato proclamato Anno internazionale della cooperazione nel settore idrico. E’ fondamentale considerare la questione idrica come punto essenziale nell’agenda della sicurezza umana e non solo come bene economico e sanitario. In questo contesto, la Svizzera si adopera affinché la questione dell’acqua e della sicurezza

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siano integrate nell’agenda politica globale delle nazioni unite. Sosteniamo gli sforzi di UN Water, non solo per il 2013 ma anche oltre.

1.3.3. La situazione idrica in Africa

Il continente più assestato della Terra giace su una distesa di abbondanti riserve idriche; in base ad una ricerca del British Geological Survey e dell’University College of London, i primi ad analizzare il quantitativo complessivo di acqua presente nel sottosuolo africano, risulta che sotto alla superficie del continente ci sarebbero riserve idriche 100 volte superiori al volume d’acqua presente esternamente. I paesi con riserve idriche più vaste sono quelli che giacciono su grandi bacini sedimentari del Nord Africa, in Libia, Egitto, Algeria, Niger, Chad e Sudan occidentale; qui, secondo gli esperti, ci sarebbe un bacino idrico di 75 metri di spessore, una riserva che non viene ricaricata quotidianamente attraverso le piogge, ma che è stata riempita per l’ultima volta 5 mila anni fa, quando il clima in Africa era più umido.

Il vero problema è arrivare a quell’acqua. Non si può, come verrebbe subito da pensare, trivellare all’impazzata e prosciugare in breve tempo bacini che si sono riempiti nel corso di migliaia di anni (e che, data la scarsità delle precipitazioni, non si potrebbero facilmente ripristinare). Prima di procedere allo sfruttamento delle acque, è importante promuovere studi che accertino la natura del suolo, le caratteristiche strutturali e i ritmi di rinnovo delle falde.

Gli esperimenti svolti finora mostrano che l’acqua rimane nel terreno abbastanza a lungo da provare metodi estrattivi su piccola scala, con pozzi adeguatamente collocati che consentano di riportare l’acqua in superficie e di studiare pause inter-annuali per non prosciugare definitivamente i bacini. Una sperimentazione potrebbe essere fatta nelle falde meno ricche, collocate in zone semiaride visto che l’acqua rimane nel terreno da 20 a 70 anni, secondo gli esperti.

Basta studiare una gestione intelligente, per non depauperare una fonte di ricchezza cosi importante.

Ogni giorno donne e bambini trasportano acque da pozzi lontani dalle case dove vivono. Migliaia di persone usano delle taniche gialle che portano sulla testa. Sono comunque 228 milioni le persone - il 42% della popolazione- che nel continente nero attingono l’acqua che usano ogni giorno da fonti contaminate o non protette.

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Al giorno d’oggi l’acqua è diventata un bene prezioso come il petrolio, di conseguenza l’acqua provoca come il petrolio, conflitti tra nazioni. Una delle regioni più a rischio è il Nord-Africa. Il Nilo rifornisce d’acqua nove paesi in modo sproporzionato. Per questo sono nate tensioni tra Egitto e Sudan.

Il problema dell’acqua in africa può essere risolto avendo la possibilità di ricercare col telerilevamento le falde acquifere sotterranee e , una volta trovate, scavare, fare dei pozzi, proteggere i pozzi tutt’intorno per impedire la contaminazione; in più fare in modo che le popolazioni e i villaggi dispersi possono averne accesso.

1.3.4 La situazione idrica in Cina

La mancanza di quantità di acqua potabile in Cina settentrionale, costituisce un rischio allarmante. Attualmente nell’immensa zona settentrionale che va da Shangai a Pechino che ospita il 40% dell’intera popolazione cinese, la quantità media di acqua disponibile pro-capite in un anno, è di soli 1.100 metri cubi e la falda freatica dell’intera regione sta calando.

Tra le minacce affrontate dalla Cina in questo terzo millennio per proteggere il proprio ecosistema, oltre a quelle dell’energia, dell’erosione del suolo e dell’inquinamento, vi è il pericolo di carenza d’acqua. La sfida più seria è di trovare possibilità di accesso a risorse idriche utilizzabili in quantità adeguate. L’agricoltura dispone della maggiore quantità delle risorse idriche cinesi, come tutte quelle di qualsiasi parte del mondo. La Cina inoltre, spreca più acqua degli altri paesi sviluppati in quanto ben il 25% della stessa viene sprecata a causa di perdite nelle tubature. In paragone, il Giappone e gli Stati Uniti ne perdono soltanto l’8% e il 14%. In confronto alla situazione idrica in Cina, il governo cinese sta investendo decine di miliardi di dollari nella definizione di due progetti di deviazione del corso del fiume Yangtze per portarne le acque verso la regione di Pechini-Tianjin. Ciononostante, è molto improbabile che gli impianti di depurazione lungo il percorso, soprattutto quelli del canale orientale, operino efficientemente o che le aziende inquinanti vengano allontanate permanentemente dal corso del fiume. In tutto il territorio nazionale, solo il 45% dell’acqua di superficie può essere purificato attraverso dei sistemi di depurazione utilizzabili dalla maggior parte delle aziende. Circa il 40% è cosi inquinato da essere inutilizzabile per qualsiasi uso umano, industriale o agricolo.

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1.3.5. La situazione idrica in Italia

L’Italia è uno dei paesi potenzialmente più ricchi d’acqua. Il volume medio delle precipitazioni piovose è stimata in circa 300 miliardi di metri cubi (mc) all’anno, cioè tra i più elevati in Europa e nel mondo.

La percentuale più elevata di queste precipitazioni, poco più del 40% si dovrebbe concentrare nelle regioni settentrionali, il 22% in quelle centrali, il 24% nelle regioni meridionali e appena il 12% nelle isole maggiori, cioè Sicilia e Sardegna.

L’abbondanza di pioggia dà origine ad una disponibilità di risorse idriche, da noi oggi effettivamente utilizzabile, stimata pari a 58 miliardi di metri cubi, di cui il 72 % derivabile da risorse superficiali (sorgenti, fiumi e laghi) ed il 28 % da risorse sotterranee (falde non profonde).

Quasi il 53% delle risorse superficiali utilizzabili sono localizzate nell’Italia settentrionale, il 19% in quella centrale, il 21% in quella meridionale ed il 7% nelle isole maggiori.

Si stima, inoltre, che circa il 70% delle risorse sotterranee sia collocato nelle grandi pianure alluvionali dell’Italia settentrionale e che poche siano le falde utilizzabili nell’Italia meridionale, tutte confinate nei brevi tratti di pianura costiere ed in poche zone interne: la più sfruttata ed estesa pare essere quella pugliese, accreditata per oltre 500 milioni di metri cubi all’anno, mentre la meno sfruttata e forse la più limitata appare quella sarda con una capacità di non più di 80 milioni di metri cubi all’anno.

In Italia l’acqua viene sprecata perché non sono conosciuti i reali costi per poterne usufruire e non se ne valuta il reale valore d’uso: l’acqua oggi costa poco e si è persa la memoria della sua indisponibilità in tempi non molto lontani.

Il consumo d’acqua in Italia è di 267 litri al giorno, mentre quello europeo medio è di 150 litri al giorno. Nonostante tutto questo, il 15% della popolazione italiana vive sotto la soglia normale del fabbisogno idrico minimo di 50 litri al giorno a persona, durante i mesi di (giugno-settembre). La disponibilità d’acqua diminuisce ogni anno, le località in emergenza idrica crescono di numero, i costi e i prezzi dell’acqua sono in rapido aumento.

Il 30% di acqua che entra nelle condotte idriche si perde e non arriva nelle abitazioni, mentre il 40% dell’acqua che è destinata all’agricoltura (pari a circa il 70% medio dei consumi totali) si perde lungo le reti di adduzione.

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Inoltre, la cattiva gestione delle acque di scarto contaminate con sostanze chimiche e microbiologiche sta provocando situazioni di inquinamento delle riserve idriche, che localmente possono essere accentuate dal sovra-sfruttamento delle falde acquifere e dall’incapacità delle stesse di rigenerarsi.

Nel recente passato l’acqua era gestita da 7 mila enti e soggetti diversi;

L’Ambito Territoriale Ottimale (ATO), istituito dalla Legge n. 36 del 5/01/94(Legge Galli), rappresenta l’unità territoriale ottimale dove devono essere attuati i processi di riorganizzazione dei servizi idrici, attraverso il superamento della frammentazione delle gestioni dei pubblici servizi (acquedotto, fognatura e depurazione). In attuazione della Legge Galli, oggi superata dal D.lgs. 152/06 (Norme in materia ambientale), che ne ha recepito i contenuti, la Regione Lombardia, con LR n. 26 del 12/12/03, ha provveduto alla suddivisione del territorio regionale in 12 ATO, 11 dei quali corrispondenti ai confini amministrativi delle Province lombarde ed 1 alla Città di Milano.

Oggi oltre 700 gestori, suddivisi in 5 tipologie di soggetti giuridici e 72 affidamenti fatti da circa 90 Autorità d’ambito Territoriale (AATO). Questi sono i numeri che descrivono la giungla del servizio idrico italiano. Nella gestione dell’acqua, gli attori di primo piano sono le AATO, ciascuna con competenza nel proprio Ambito Territoriale Operativo (le porzioni di territorio che riflettono la mappa idrografica dei bacini d’acqua e che coincidono spesso con le province). Fino ad oggi in Italia sono presenti oltre 90 AATO.

1.3.5.1. La gestione idrica in toscana

La Regione Toscana è suddivisa in sei Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) (figura 1). Ambito territoriale n.1 – Toscana Nord

Ambito territoriale n.2 – Toscana Valdarno Ambito territoriale n.3 – Medio Valdarno Ambito territoriale n.4 – Alto Valdarno Ambito territoriale n.5 – Toscana Costa Ambito territoriale n.6 – Ombrone

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La suddivisione è stata fatta in recepimento della normativa nazionale, con legge regionale n.81/95[2].

Fig. 1 Gli Ambiti Territoriali Ottimali in Toscana.

Nella figura 1.1, sono riportati gli ATO e le province della Toscana. Dell’ATO 1, Toscana Nord, fanno parte 51 comuni appartenenti alle province di Massa-Carrara, Lucca e Pistoia. Il gestore a cui è affidato, dal primo gennaio 2005, il servizio idrico integrato è la società Gaia SpA. Nel Comune di Lucca, attualmente, il S.I.I. è gestito dalla società GEAL SpA (Gestione Esercizio Acquedotti Lucchesi).

L’Autorità di Ambito Territoriale Ottimale n. 2, Basso Valdarno, regola un territorio che comprende 57 comuni appartenenti alle province di Pisa, Firenze, Pistoia, Lucca e Siena. Il Gestore Unico d’Ambito è Acque SpA.

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L'Autorità di Ambito del Medio Valdarno, n. 3, comprende 53 Comuni, un ampio territorio che racchiude la valle dell'Arno, da Montevarchi fino all’ area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia, il Mugello e la Valdisieve e nel quale dal 2002 opera il gestore Publiacqua SpA.

L’AATO n. 4, denominata Alto Valdarno, è un consorzio costituito da 37 Comuni appartenenti alle province di Arezzo (32) e di Siena (5), la gestione idrica è affidata a Nuove Acque SpA.

L’Autorità d’Ambito Toscana Costa n. 5 comprende 33 comuni appartenenti alle province di Livorno, Pisa e Siena, dislocati lungo la costa che va da Livorno a Piombino. ASA Spa, dal 2002, è il gestore unico del servizio idrico nell'ATO 5 Toscana Costa.

L'Autorità di Ambito Territoriale n. 6, Ombrone, si è costituita nel 1997 ed è formata da 56 Comuni, di cui 28 costituiscono l'intera Provincia di Grosseto e 28 appartenenti alla Provincia di Siena. All’interno di questa AATO opera il gestore unico Acquedotto del Fiora SpA.

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L’Italia è ai primi posti tra i paesi con riferimento alla domanda complessiva di acqua. Rispetto ad una media dei paesi dell’EU di 604 metri cubi per abitante all’anno, il nostro paese registra un valore stimato intorno ai 908 metri cubi per abitante all’anno.

L’acqua non arriva “da sola” ai nostri rubinetti, nei nostri orti, nelle nostre officine, ma bisogna “accompagnarla”, cioè captarla, trasportarla e distribuirla a chi ne fa uso. Per ottenere ciò, non solo sono necessari i “soldi” per costruire le dighe lungo i fiumi, trivellare i pozzi nelle pianure, raccogliere le sorgenti in montagna, stendere grandi tubi di collina in collina e reti idriche nel sottosuolo delle nostre città, ma, soprattutto, usare tecnologie efficienti per mantenere tali infrastrutture e gestirne efficacemente l’esercizio, nonché salvaguardare l’ambiente che le accoglie. Per anni non ci siamo occupati di tale problema, sperando che tutto continuasse a “funzionare”.

1.4.Inquinamento delle acque, tutela delle falde idriche

Per inquinamento delle acque si intende una contaminazione che porta ad una modifica nella qualità dell’acqua e che la rende inadatta per l’uso agricolo, industriale o potabile per l’uomo e gli animali. Diversi possono essere sia i modi di inquinamento, che i materiali inquinanti. L’inquinamento può essere provocato dall’immissione di sostanze organiche o inorganiche, oppure all’aumento di temperatura oltre determinati limiti,. L’entità dell’inquinamento varia in funzione dell’utilizzazione delle acque stesse. Una acqua può essere definita inquinata o no a seconda degli usi alle quali essa è destinata. Le acque destinate al consumo umano dovranno avere requisiti dettati dalla normativa per la tutela dell’ambiente.

L’inquinamento idrico può avere diverse origini: quello naturale non avviene per opera dell’uomo ma a causa di eventi atmosferici particolarmente intensi che provocano frane, alluvioni, ecc.…. Questo fenomeno non dovrebbe creare problemi particolari, perché l’acqua è in grado di autodepurarsi, entro certi limiti. Però spesso le precipitazioni contengono sostanze inquinanti come polveri e microrganismi che una volta depositati sul suolo in forma di rifiuti organici e microrganici, ne determinano l’inquinamento. Inquinamento urbano: fa riferimento alle acque che derivano dagli scarichi di abitazioni, uffici e altre strutture che se non vengono sottoposte a trattamenti di depurazione andranno ad incidere nell'inquinamento idrico. È stato principalmente l’aumento della popolazione a rendere il problema dei rifiuti e degli scarichi di fogna un problema

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alquanto ingente, in quanto sovente vengono inseriti nelle acque per via diretta, senza alcun trattamento di depurazione. Fu la storica Rivoluzione Industriale a determinare l’incipit di un processo di dimensioni mirabili e che non trova un termine: l’urbanizzazione forse la causa principale dell’aumento eccessivo di ogni tipo di inquinamento. Tutt’oggi, infatti, nelle grandi megalopoli formatisi in seguito a questo processo, non esiste ancora un adeguato sistema di smaltimento dei rifiuti e si genera, così, un ammasso di rifiuti vari (metalli, plastiche, carte e sostanze organiche) non smaltibili e che contribuiscono a contaminare le falde acquifere.

Inquinamento industriale: quotidianamente vengono scaricate sostanze inquinanti in quantità elevate da parte delle industrie, provocando danni all'intero ecosistema acquatico. Si evidenziano tra le maggiori responsabili dell'inquinamento idrico le industrie chimiche, esse producono: acido nitrico, soda, acido fosforico, ammoniaca, acido solforico, acido cloridrico ecc. Inoltre, industrie quali cartiere, segherie e caseifici, liberano residui in grado di favorire l’accrescimento di muffe e batteri. Questi rifiuti industriali causano la morte dei molti organismi viventi che si trovano in acque che ricevono questi scarichi, spesso accompagnati da acque calde utilizzate per i cicli produttivi.

Inquinamento termico: è un tipo di inquinamento che va diffondendosi sempre più. Ne è causa l’eccessivo impiego dell’acqua per raffreddare gli impianti delle industrie, in particolar modo nelle centrali termoelettriche. In questi casi vengono rilasciate nell’ambiente enormi quantità di acqua a temperatura più elevata di quella naturale con conseguente alterazione delle condizioni fisiche dell’acqua e moria degli organismi viventi presenti, giungendo così al fenomeno dell’eutrofizzazione.

Inquinamento agricolo: deriva dall'utilizzo di fertilizzanti e pesticidi in quantità notevoli, e inoltre dallo spandimento di liquami provenienti dagli allevamenti. Queste sostanze possono arrivare alle falde acquifere sotterranee e ai fiumi per dilavamento dei terreni.

Inquinamento da idrocarburi: è causato soprattutto dal petrolio che fuoriesce dalle petroliere, danneggiate o naufragate, o che è presente negli scarichi delle acque usate per lavare le cisterne petrolifere.

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1.4.1.Qualità delle acque destinate al consumo umano

La qualità delle acque destinate al consumo umano è una delle problematiche più importanti dei nostri tempi, in quanto in essa convergono le esigenze di tutela della salute pubblica, di sviluppo sostenibile, di tutela ambientale, di pianificazione territoriale, di amministrazione locale.

La qualità delle acque destinate al consumo umano è data dai risultati dei controlli eseguiti sulle acque distribuite dalla rete dell’acquedotto per evidenziare il rispetto dei requisiti minimi di qualità previste dalla legge (D.lgs. 31/2001). Il decreto n.31/2001 ha stabilito che i gestori del servizio idrico integrato debbono eseguire autocontrolli esterni con frequenza minima di campionamento ed analisi delle acque. Le acque destinate al consumo umano sono quelle che vengono usate per la preparazione delle bevande e cibi, e per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine e quelle utilizzate dalle imprese alimentari per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano.

Il D.lgs. 31/2001, recepisce la direttiva europea 98/83/CE e disciplina il campo delle acque potabili definendo anche i parametri chimici ai quali un’acqua deve corrispondere per potere essere definita potabile.

La potabilità di una acqua deve soddisfare alcuni parametri microbiologici e chimici di cui alle parti A e B dell’allegato I del decreto e essere conformi ai parametri indicatori di cui alla parte C dello stesso allegato (tabella 1).

Per rispettare i requisiti microbiologici stabiliti dalla normativa suddetta, l’acqua potabile non deve contenere microrganismi patogeni che possono rappresentare un rischio per la salute dei consumatori.

Il controllo analitico di un acqua destinata al consumo umano deve accertare se le loro caratteristiche sono tali da consentirne l’utilizzo senza alcun trattamento, dopo idoneo trattamento, oppure da non consentirne l’utilizzo neanche dopo trattamento.

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PARAMETRO VALORE DI PARAMETRO UNITA’ DI MISURA Acrilammide 0,1 µg/l Antimonio 5 µg/l Arsenico 10 µg/l Benzene 1 µg/l Benzo(a)pirene 0,01 µg/l Boro 1 µg/l Bromato 10 µg/l Cadmio 5 µg/l Cromo 50 µg/l Rame 1 mg/l Cianuro 50 µg/l 1,2 dicloroetano 3 µg/l Epicloridina 0,1 µg/l Fluoruro 1,5 mg/l Piombo 10 µg/l Mercurio 1 µg/l Nichel 20 µg/l Selenio 10 µg/l

Nitrato (come NO3) 50 mg/l

Nitrito (come NO2) 0,5 mg/l

Antiparassitari 0,1 µg/l

Antipaarassitari Totale 0,5 µg/l

Idrocarburi policiclici aromatici 0,1 µg/l

Tetracloroetilene-Tricloroetilene 10 µg/l

Trialometani-Totale 30 µg/l

Cloruro di vinile 0,5 µg/l

Clorito 200 µg/l

Vanadio 50 µg/l

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PARAMETRO VALORE DI PARAMETRO UNITA’ DI MISURA Alluminio 200 µg/l Ammonio 0,5 mg/l Cloruro 250 mg/l Clostridium perfringens 0 Numero/100ml (spore comprese)

Colore Accettabile per i consumatori e senza variazioni anomale

Conduttività 2500 µS/cm a 20°C

Concentrazione ioni idrogeno >= 6,5 e <=9,5 Unità pH

Ferro 200 µg/l

Manganese 50 µg/l

Ossidabilità 5,0 mg/l O2

Odore Accettabile per i consumatori e senza variazioni anomale

Solfato 250 mg/l

Sodio 200 mg/l

Sapore Accettabile per i consumatori e senza variazioni anomale Conteggio delle colonie a 22°C Senza variazioni anomale

Batteri coliformi a 37 °C 0 Numero/100ml

Carbonio organico totale (TOC) Senza variazioni anomale

Torbidità Accettabile per i consumatori e senza variazioni anomale Durezza Valori consigliati: 15-50°F

Residuo secco a 180°C Valore massimo consigliato: 1500 mg/l

Disinfettante residuo Valore minimo consigliato: 0,2 mg/l (se impiegato)

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1.4.2.Protezione degli acquiferi dall’inquinamento

La protezione e la prevenzione dell’inquinamento delle risorse idriche sotterranee (RIS) viene garantita attraverso l’applicazione di sistemi di difesa a tutto campo insistenti sull’intera area di alimentazione dei corpi idrici sotterranei.

Tali sistemi, basati sulla conoscenza approfondita della suscettibilità all’inquinamento degli acquiferi e delle attività presenti nel territorio, permettono di redigere le carte di vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento; queste ultime offrono uno scenario statico capace di territorializzare la suscettibilità specifica dei sistemi acquiferi ad ingerire e diffondere, sia pure mitigandone gli effetti, un inquinante idroveicolato tale da produrre impatto sulla qualità delle acque nello spazio e nel tempo (CIVITA, 1987).

Come sappiamo, l’inquinamento delle acque sotterranee, quindi la degradazione della loro qualità, dipende dalla vulnerabilità dell’acquifero, cioè dalla difficoltà dell’acquifero di difendersi da eventuali inquinamenti

Per prevenire eventuali inquinamenti delle falde idriche è necessario avere un livello conoscitivo qualitativo e quantitativo dell’area da delimitare in cui bisogna eseguire la prevenzione. A questo punto è necessario avere conoscenze sull’idrogeologia del territorio interessato, ovvero sulla geometria dell’acquifero, idrodinamica sotterranea, avere conoscenze dei rapporti con gli acquiferi adiacenti e dell’utilizzazione della risorsa.

Per la protezione degli acquiferi è inoltre necessario provvedere alla limitazione delle fonti di contaminazione, impedire la loro propagazione nell’acquifero e salvaguardare la qualità delle acque scegliendo in modo razionale le risorse da preservare e quelle che dovranno essere sottoposte ad inquinamento controllato.

Per la valutazione delle vulnerabilità intrinseca, in Italia si è adottato il sistema parametrico a punteggio e pesi S.I.N.T.A.C.S. perché è un metodo ampiamente riconosciuto a livello internazionale ed è quello che più si adatta alle realtà idrogeologiche, climatiche e di impatto che si riscontrano sul territorio italiano.

Grazie alla strutturazione a parametri e pesi è possibile distinguere diverse situazioni idrologiche e d’impatto in una valutazione indicativa del grado di vulnerabilità di un sito e tale da consentire comparazioni tra situazioni molto diverse anche distanti fra loro, cosi da offrire indicazioni facilmente interpretabili alle Pubbliche Amministrazioni.

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Il metodo consiste nella valutazione quantitativa, commutata in un punteggio, di una serie di parametri d’ingresso e in una serie di pesi, moltiplicatori che consentono di amplificare l’importanza che si vuole dare ai singoli parametri.

I parametri SINTACS sono:

La soggiacenza: è la profondità della superficie piezometrica misurata rispetto al piano campagna. A parità di condizioni idrogeologiche dell’insaturo, da essa dipende il tempo di transito di un contaminante idroveicolato dalla superficie all’acquifero e quindi la durata delle azioni di autodepurazione e attenuazione fra le quali in particolare l’azione ossidante dell’atmosfera.

L’infiltrazione efficace determina il trascinamento in profondità dei contaminanti e la loro diluizione nell’insaturo e nella zona di saturazione.

L’effetto di autodepurazione si verifica nella zona non satura (quella compresa tra la base del suolo e la zona satura). In essa avvengono gli spostamenti prevalentemente verticali dell’acqua.

SINTACS Soggiacenza

Infiltrazione efficace

Non saturo – l’effetto di autodepurazione Tipologia di copertura

Acquifero – caratteristiche idrogeologiche Conducibilità idraulica – mezzo saturo Superficie topografica - acclività

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La tipologia di copertura; il suolo riveste un ruolo importante nella mitigazione dell’inquinante: al suo interno si esplicano processi che possono attenuare l’importanza dell’impatto.

Le caratteristiche idrogeologiche dell’acquifero. Il parametro descrive il comportamento di un contaminante liquido o idroveicolato quando, dopo aver superato le due linee di difesa costituite dalla copertura e dall’insaturo, ha raggiunto la zona satura (falda acquifera) e viene a mescolarsi con l’acqua sotterranea per defluire verso i punti di recapito.

La conducibilità idraulica: la conducibilità idraulica è la capacità di un acquifero di lasciarsi attraversare dall’acqua e quindi anche da un contaminate con caratteristiche di densità non troppo diverse da quelle dell’acqua stessa.

L’acclività della superficie topografica: L’acclività incide sulla vulnerabilità intrinseca perché da essa dipende la velocità di scorrimento e la quantità d’acqua piovana che, a parità di precipitazione, è soggetta a ruscellamento. SINTACS attribuisce punteggi elevati alle celle con pendenza media blanda, bassi nelle aree a forte pendenza.

Il parametro SINTACS ci permette di ricostruire la mappa di vulnerabilità intrinseca di un acquifero, alla quale è possibile sovrapporre i centri di pericolo presenti nella zona ed ottenere una mappa del rischio di inquinamento, ovvero della probabilità che un evento inquinante interessi la falda. Per la ricerca e l’attuazione di efficaci sistemi di protezione delle acque da eventuali contaminazioni è indispensabile il riconoscimento delle aree più o meno vulnerabili di un acquifero.

L’analisi della vulnerabilità rappresentato dalle aree di salvaguardia intorno ai pozzi e sorgenti, contribuisce a raggiungere un buon grado di protezione dell’acquifero (insieme di interventi necessari ad ampio raggio, par salvaguardare ed eventualmente migliorare le caratteristiche qualitative delle acque sotterranee (Celico P., 1986).

Nel caso delle acque da destinare al consumo umano, rientra nei suddetti interventi proprio la delimitazione delle Aree di Salvaguardia delle opere di captazione, siano esse sorgenti, pozzi, o punti di derivazione da corpi idrici superficiali.

Nel caso in cui si tratti di una risorsa idrica contaminata, si può procedere al risanamento dei corpi idrici e quindi ad intervenire per cercare di ripristinare le caratteristiche originarie dell’acqua sotterranea o comunque garantire caratteristiche che ne consentano l’utilizzo in funzione degli usi previsti.

Tutto ciò comporta la necessità di avere sempre conoscenze dettagliate dell’intero sistema idrogeologico mediante le quali si può lavorare su tre diversi fronti, che rappresentano la prevenzione, la protezione e il risanamento delle falde idriche.

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2- Normativa inerente le aree di salvaguardia.

2.1- Evoluzione della normativa europea per la protezione delle acque

Le modalità di governo dell’acqua, sancite dalla legislazione comunitaria, possono essere suddivise in tre fasi.

All’inizio degli anni sessanta, a seguito delle prime Convenzioni sulla protezione delle acque, si è dato maggior peso alla protezione dall’inquinamento causato da alcune sostanze pericolose, per le quali vennero fissati valori limiti di concentrazione per gli scarichi industriali e /o obiettivi di qualità ambientale per i ricettori finali.

In seguito, si è ritenuto utile definire criteri di qualità per i diversi usi dell’acqua adottando, ad esempio, le direttive sulla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione d’acqua potabile, sulla qualità delle acque di balneazione, sul consumo umano, ecc., e fissando valori limite per i diversi parametri fisici, chimici, e biologici. La classificazione dei diversi corpi idrici è stata fatta, di conseguenza, in funzione del loro uso potenziale.

Negli anni seguenti è andata maturando la consapevolezza che una legislazione così complessa, basata sul concetto di obiettivi di qualità ambientale, non fosse comunque sufficiente per la protezione dell’ambiente acquatico.

Le norme comunitarie più recenti, ad esempio le Direttive sul trattamento delle acque reflue urbane (91/271/CEE) e la 91/676/CEE (direttiva nitrati) che combinano la definizione degli obiettivi di qualità ambientale con la fissazione di valori limiti d’emissione, confermano l’applicazione dell’approccio combinato alla protezione delle acque. Anche la Direttiva 96/61/CEE sulla prevenzione e riduzione integrale dell’inquinamento, che fissa valori limiti di emissione per le industrie interessate basandosi sul BAT (Best Available technology), indica che, quando le concentrazioni locali consentono l’adozione di misure meno rigorose, i valori limiti d’emissione possono tener conto della ubicazione geografica e delle condizioni ambientali locali.

Anche nella recente Dir.2000/60l/CE (Direttiva del Consiglio che istituisce un quadro per la politica comunitaria in materia di acque) si conferma l’adozione di un approccio combinato alla protezione delle acque.

La proposta prevede una serie di obblighi che consentiranno di fissare obiettivi e norme di qualità ambientale fondati su una base comune a tutta la comunità.

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La Direttiva Quadro non fissa di per sé valori limiti per le emissioni, ma coordina quelli stabiliti da altre norme, in particolare la Direttiva 96/61/CEE, facendo proprie anche le norme di qualità ambientale (obiettivi di qualità) fissate dalla direttiva 76/464/CEE sulle sostanze pericolose.

La Dir. 2000/60/Ce rappresenta la base della strategia europea in materia di acqua e mira a :

Proteggere e migliorare la qualità degli ecosistemi acquatici;

Promuovere un uso sostenibile dell’acqua basato su una gestione a lungo termine; Garantire la disponibilità di una giusta quantità di acqua quando e dove necessario.

2.2. La tutela delle risorse idriche in Italia

Negli anni sessanta, con la legge Merli, si avverte per la prima volta l’esigenza di indicare in maniera dettagliata le sostanze inquinanti ponendo dei limiti di concentrazione al loro scarico e disciplinando la materia degli scarichi.

Il D.P.R. 236/88 è il primo esempio di attuazione di una direttiva comunitaria (la direttiva 80/778 CEE, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano) da parte dello stato italiano. Questa legge regolamenta la qualità delle acque destinate al consumo umano e definisce le concentrazioni massime ammissibili (CMA) e i valori guida (VG) per differenti parametri chimici e microbiologici, indicati nella norma stessa. Inoltre stabilisce aree di salvaguardia della risorsa idrica, distinguendo zone di tutela assoluta, zona di rispetto e zone di protezione.

La zona di tutela assoluta è costituita dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibili, per le acque superficiali, deve avere un’estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e deve essere adibita esclusivamente ad opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.

La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazione d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere divisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell’opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa ( in

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assenza dell’individuazione da parte delle Regioni della zona di rispetto, questa si assume con una estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di deviazione. In particolare nella zona di rispetto sono vietati:

1-Dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati; 2-Accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;

3-Dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e strade; 4-Aree cimiteriali;

5-Aperture di cave che possono essere in connessione con la falda;

6-Apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano;

7-Gestione dei rifiuti;

8-Stoccaggio di sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive; 9-Centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli; 10- Pozzi perdenti

11-Pascolo intensivo di bestiame.

Le zone di protezione, finalizzate alla protezione del patrimonio idrico, devono essere delimitate secondo le indicazioni delle Regioni. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione d’uso del territorio coinvolto, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro forestali e zootecnici da inserire negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

Le Regioni individuano e disciplinano all’interno delle zone di protezione le seguenti aree:

1-Area di ricarica della falda;

2-Emergenze naturali e artificiali della falda; 3-Zone di riserve

La legge n.36 del 5 gennaio 1994, (la cosiddetta legge Galli), relativa alle disposizioni in materia di risorse idriche. Stabilisce che tutte le acque superficiali e

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sotterranee sono pubbliche e che il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi. Con questa legge è stato avviato in Italia un profondo processo di modernizzazione e riorganizzazione del settore idrico. Con l’istituzione degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) e dell’Autorità d’Ambito per ciascuno ATO, è stato introdotto un unico soggetto per gestire l’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione dell’acqua ad uso civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue.

Bisogna tuttavia attendere il D.lgs. 11 maggio 1999 n.152 “Disposizione sulla tutela delle acque dall’inquinamento” e recepimento della Direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque inquinate da nitrati provenienti da fonti agricole per giungere ad una regolamentazione organica della disciplina delle acque.

In Italia, la direttiva delle acque è stata recepita dal D.lgs. 152/2006 “Norma in materia ambientale”.

Il decreto si occupa di tutela delle acque dall’inquinamento, tra i cui obiettivi principali c’è quello di “perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili” e di mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:

1) Una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;

2) Ridurre in modo significativo l’inquinamento delle acque sotterranee;

3) Proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali.

Gli obiettivi di tutela delle acque dall’inquinamento sono la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento nonché il loro risanamento; la protezione delle acque destinate a usi particolari; il perseguimento di usi sostenibili delle risorse idriche ed il mantenimento della capacità naturale di auto depurazione dei corpi idrici.

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2.2.1.Criteri tecnici di delimitazione delle zone di Tutela Assoluta, Rispetto e

Protezione secondo l’Accordo 12 Dicembre 2002

I criteri per la delimitazione delle aree di salvaguardia e l'estensione delle diverse zone sono stabiliti in funzione delle caratteristiche geologiche, idrogeologiche, idrologiche e idrochimiche delle sorgenti, dei pozzi e dei punti di presa da acque superficiali.

Le singole zone sono individuate secondo i seguenti criteri:

il criterio geometrico è di norma adottato per la delimitazione della zona di tutela assoluta e della zona di rispetto per le derivazioni da corpi idrici superficiali e, in via provvisoria, per la delimitazione delle zone di rispetto dei pozzi e delle sorgenti in attesa di una delimitazione basata sul criterio temporale o idrogeologico;

il criterio temporale è riferito al tempo di sicurezza, il quale indica l’intervallo temporale necessario perché una particella d'acqua, durante il flusso idrico sotterraneo nel mezzo saturo, raggiunga il punto di captazione. Il valore numerico da attribuire a tale intervallo temporale deve tenere conto anche del tempo utile ad implementare misure d'approvvigionamento idrico alternativo o sistemi di disinquinamento delle acque sotterranee. Il tempo di sicurezza è utilizzato per la delimitazione delle zone di rispetto mediante la definizione delle isocrone. Il criterio temporale si applica, in prevalenza, per la delimitazione definitiva della zona di rispetto di pozzi ed eventualmente di sorgenti, laddove applicabile;

il criterio idrogeologico, basato sugli elementi idrogeologici specifici dell'acquifero e dei suoi limiti, viene usualmente applicato per le zone di protezione e per le zone di rispetto delle sorgenti e dei pozzi, in quest’ultimo caso laddove condizioni idrogeologiche di particolari complessità impediscono l'utilizzo del criterio temporale. Fa parte del presente criterio anche il metodo basato sul tempo di dimezzamento della portata massima annuale delle sorgenti.

Le delimitazioni effettuate utilizzando sia il criterio idrogeologico che il criterio temporale devono basarsi su studi geologici, idrogeologici, idrologici, idrochimici,

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isotopici e microbiologici, nonché sui dati storici delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa interessata.

La durata dell'applicazione del criterio geometrico di individuazione può essere prevista dalle Regioni per le sorgenti di limitata importanza sulla base di studi preliminari che individuino una scarsa urbanizzazione del bacino afferente alla captazione ed in attesa di ulteriori conoscenze sulla circolazione idrica sotterranea.

3. Normativa regionale

Il Consiglio regionale ha approvato una nuova legge che va a modificare la normativa regionale sulla tutela delle acque dall’inquinamento e sulle misure straordinarie in materia di scarichi nei corpi idrici superficiali, migliorando quindi il quadro normativo attuale e adeguandosi a quello statale. Obiettivo principale del disegno di legge è infatti quello di completare l’aggiornamento delle norme per la tutela delle acque dall’inquinamento (LR 20 del 31 maggio 2006), iniziato con alcune disposizioni inserite nella legge di manutenzione 2011 aventi carattere di urgenza e indifferibilità. La legge prevede in particolare:

una nuova disciplina per le aree sensibili che, dando attuazione a quanto già previsto dalla precedente normativa, individua procedure e regole precise per la valutazione della percentuale di riduzione del carico di azoto e fosforo, sia a livello di singolo impianto che a livello di area sensibile e relativo bacino drenante; si definiscono inoltre le condizioni per lo scarico di acque reflue urbane nelle aree sensibili, in modo da dare alle Province il quadro di riferimento necessario per il rilascio delle autorizzazioni di competenza;

la definizione, in attuazione di quanto previsto dal D.lgs. 152/2006, di valori limite di emissione degli scarichi, in funzione dello stato dei corpi idrici presenti in Toscana e del raggiungimento o mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti;

la definizione delle condizioni in presenza delle quali i trattamenti appropriati, cui sono sottoposti gli scarichi derivanti da agglomerati di piccole dimensioni, risultano idonei a garantire il rispetto delle disposizioni del D.lgs 152/2006, nonché la riprogrammazione degli interventi di adeguamento necessari;

la costituzione di un comitato di natura tecnica - con funzioni di raccordo e coordinamento -composto dai dirigenti responsabili degli uffici regionali, provinciali, comunali e dell’AATO o del soggetto che assumerà le relative funzioni;

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la disciplina delle acque di restituzione, con l’inserimento di disposizioni sulle acque prelevate a seguito di perforazioni effettuate per la ricerca di acque minerali e termali, ai sensi della LR 38 del 27 luglio 2004 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell’utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali).

Oltre a ciò, la legge fa chiarezza e fornisce regole precise sulla gestione degli impianti di depurazione di acque reflue a carattere prevalentemente industriale, a seguito del parere della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche del 21 marzo 2011, n. 7034, in cui si esclude che la gestione di detti impianti rientri nel servizio idrico integrato, e più in generale che costituisca un servizio pubblico, in quanto la depurazione dei reflui industriali risponde ad un preciso obbligo di legge posto in capo ai titolari delle aziende e non costituisce, dunque, svolgimento di un servizio pubblico.

4. Le proprietà della Regione Toscana

La Regione Toscana si è proposta l’obiettivo di individuare le zone di protezione per alcune opere di captazione ritenute prioritarie nell’intero scenario regionale.

Ogni AATO ha selezionato quattro opere o gruppi di captazione di acqua per il consumo umano per le quali saranno individuate le zone di protezione. La scelta è ricaduta su campi-pozzi e sorgenti più significative per quel territorio in funzione della popolazione servita da quella risorsa idrica, oppure in relazione a problematiche di inquinamento e presenza di importanti centri di pericolo.

La Regione si avvale del supporto tecnico-scientifico dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) del CNR di Pisa, nonché della collaborazione delle varie AATO, e relativi enti gestori del servizio idrico integrato, che mettono a disposizione tutti i dati in loro possesso, provvedendo anche ad una integrazione degli stessi sulla base delle esigenze specifiche valutate dal gruppo di lavoro IGG.

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4.1.Opere di captazione scelte e contesto idrogeologico in

cui si inseriscono

Di seguito è riportato l’elenco dei campi pozzo e sorgenti scelti dalle AATO toscane per i quali si intenderà procedere all’individuazione delle zone di protezione.

ATO 1 - Toscana Nord:

 Campo pozzi I Frati, Camaiore (LU)

 Sorgente Torano di Carrara (MS)

 Sorgente Stiava, Massarosa (LU)

 Campo pozzi Sant’Alessio, Lucca

ATO 2 - Basso Valdarno:

 Campo pozzi Bientina (PI)

 Campo pozzi Empoli (FI)

 Campo pozzi Filettole - Vecchiano (PI)

 Campo pozzi Pollino - Porcari (LU)

ATO 3 - Medio Valdarno:

 Campo pozzi Cerbaia, San Casciano in Val di Pesa (FI)

 Campo pozzi Greti, Greve in Chianti (FI)

 Campo pozzi Mantignano (FI)

 Campo pozzi Osmannoro - Ponte a Giogoli, Sesto Fiorentino (FI)

ATO 4 - Alto Valdarno:

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 Campo pozzi Pergine Valdarno (AR)

 Campo pozzi Poppi (AR)

 Campo pozzi San Sepolcro (AR)

ATO 5 - Toscana Costa:

 Campo pozzi Trossa, Santa Clara - Cecina (LI)

 Campo pozzi Macchialta-Amatello, Val di Cornia (LI)

 Campo pozzi Mortaiolo, Collesalvetti (LI)

ATO 6 - Ombrone:

 Sorgenti Santa Fiora - Ermicciolo (GR)

 Campo pozzi Grosseto

 Campo pozzi Scarancione

Nella Figura 4.1 è rappresentata la Toscana con il relativo tematismo geologico e tutte le captazioni scelte dalle varie AATO Toscane per lo studio delle zone di protezione, distinte con simboli diversi in funzione del tipo di punto: pozzo o sorgente.

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Fig. 4.1 – Pozzi e sorgenti scelte dalle relative AATO per l’individuazione delle ZP.

La maggior parte delle captazioni scelte interessa sistemi acquiferi porosi di pianure alluvionali del Valdarno (ATO2, ATO3 e ATO4) e della Versilia (ATO1), poste nei pressi dei fiumi Arno, Serchio e Camaiore, nonché, più a sud, a ridosso dei fiumi Cornia (ATO5) e Ombrone (ATO6).

In certi casi si tratta di acquiferi multistrati che spesso vengono captati a più livelli attraverso pozzi multi finestrati.

Alcuni di questi punti di presa si trovano in sistemi di fondo valle intramontani, è il caso ad esempio del campo pozzi i Frati a Camaiore, del campo pozzi Greti a Greve in Chianti e del campo pozzi a Pergine Valdarno, per i quali, nonostante la circolazione idrica venga intercettata nel mezzo poroso dal quale sono stati ricavati, è probabile che l’alimentazione si sviluppi anche nelle rocce dei rilievi montuosi che incassano il mezzo poroso stesso.

Oltre a ciò è opportuno valutare, nello studio di questi sistemi acquifero, la relazione dei corsi d’acqua che attraversano il mezzo poroso con le falde acquifere sottostanti.

Le altre captazioni scelte interessano acquiferi in roccia, caratterizzati da permeabilità per fessurazione (ad esempio sorgente a Torano di Carrara e a Stiava Massarosa): si tratta di punti di prelievo in cui recapitano circuiti sviluppati in litologie carbonatiche oppure arenacee. Questi due tipi di sistemi acquifero presentano differenze idrodinamiche: gli acquiferi carbonatici sono soggetti a carsismo, fenomeno per il quale le fratture di queste rocce vengono gradualmente allargate dall’azione chimico-fisica delle acque di infiltrazione, per cui la circolazione idrica è veloce e la rete di flusso riesce a

ATO Pozzi Sorgenti 1 - Toscana Nord   2 - Basso Valdarno  -- 3 - Medio Valdarno  -- 4 - Alto Valdarno  -- 5 - Toscana Costa  -- 6 - Ombrone  

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smaltire più o meno rapidamente le acque di ricarica; mentre le rocce arenacee sono caratterizzate da una permeabilità secondaria per fessurazione, spesso di tipo decrescente per l’alterazione dei feldspati che produce minerali argillosi secondari, ciò determina una circolazione idrica più lenta di tipo dispersivo.

A queste diverse tipologie di condizioni idrodinamiche è, quindi, opportuno far fronte con specifiche programmazioni delle indagini da svolgere.

5. L’approccio metodologico per l’individuazione delle zone di protezione

La tecnica per l’individuazione e la gestione delle aree di salvaguardia delle opere di captazione destinate al consumo umano si applica alle aree di salvaguardia delle risorse destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianti di acquedotto che rivestono carattere di pubblico interesse.

L’area di salvaguardia è il territorio che coincide con l’area di alimentazione dell’opera di captazione e che deve essere preservata dal degrado tramite la sua destinazione ad attività, insediamenti e infrastrutture che non rechino pregiudizio alle risorse idriche, nonché tramite il monitoraggio della qualità delle acque e la conservazione dell’area interessata, anche attraverso interventi di manutenzione e riassetto. Tale area può essere suddivisa, ai sensi del DPR 236/88, in zona di tutela assoluta (ZTA), zona di rispetto (ZT ristrette e/o allargate), zona di protezione (ZP).

Criteri generali per l’individuazione e la gestione delle aree di salvaguardia -Le aree di salvaguardia di pozzi, sorgenti e punti di presa di acque superficiali sono identificate con le relative aree di alimentazione; quindi esse devono essere prioritariamente delimitate con il criterio idrogeologico, basato sull’esito degli studi e tenendo conto del grado di vulnerabilità delle risorse idriche; a tal fine, possono essere adottate le metodologie elaborate dal IGG-CNR Pisa per la redazione delle carte di vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento.

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