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Il Piano attestato e gli accordi di ristrutturazione dei debiti: novità aziendalistiche e fiscali Prof. Giuliano Buffelli

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CONVEGNO

CRISI DI IMPRESA NELLA RECENTE EVOLUZIONE NORMATIVA

(D.L. n. 83/2012 CONVERTITO NELLA LEGGE N. 134/2012)

Bergamo, 13 dicembre 2012

Il Piano attestato e gli accordi di ristrutturazione dei debiti:

novità aziendalistiche e fiscali

Prof. Giuliano Buffelli

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Indice PREMESSA ... pag. 1 IL PIANO ATTESTATO ... pag. 3

Inquadramento generale/Note di sintesi ... ›› 3

Le novità introdotte dal DL. 83/2012 conv. in L. 134/2012 ... ›› 5

Decorrenza ... ›› 5

Indipendenza del professionista ... ›› 5

Pubblicità ... ›› 8

Il piano attestato quale strumento per proporre ai creditori pagamenti percentuali ... ›› 8

Novità di carattere fiscale ... ›› 9

Sopravvenienze attive da esdebitamento ... Attività per imposte anticipate ... Esempi ... Irap ... Perdite su crediti ... ›› ›› ›› ›› ›› 9 10 11 12 14 GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI... pag. 15 Inquadramento generale/Note di sintesi ... ›› 15

Le novità introdotte dal DL. 83/2012 conv. in L. 134/2012 ... ›› 15

Decorrenza – sintesi delle novità ... ›› 17

Il professionista negli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 67 terzo comma, lett. d) (art. 182bis, 1 co.) ... ›› 19

Il pagamento dei creditori estranei all’accordo ... ›› 20

Il ricorso anticipato o preventivo con riserva di concordato e la successiva proposizione dell’accordo ex art. 182 bis ... ›› 21

Nuova finanza (art. 182 quinquies co. 1 l.f.) ... ›› 21

Pagamenti anticipati (art. 182 quinquies co. 5 l.f.) – esenzione da azione revocatoria ... ›› 22

Sospensione dall’obbligo di ricapitalizzazione negli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182 sexies 1 co.) ... ›› 23

Novità di carattere fiscale ... ›› 23

Art. 88 Tuir sopravvenienze attive da esdebitamento... ›› 24 Art. 101 Tuir perdite su crediti ...

Perdite su crediti ... ››

›› 25

26 IVA ... pag. 27 GLI ASPETTI CONTABILI NELLA RISTRUTTURAZIONE

DEL DEBITO ... pag. 27 CONCLUSIONI ... pag. 30 Libro collegato: Le crisi di impresa: Gestioni Concorsuali e Precoconcorsuali.

Aspetti fallimentari, civilistici, aziendalistici, fiscali e penali.

Edizione 2012 – Gruppo 24 Ore – G. Buffelli – P. D’Andrea.

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Il piano attestato e gli accordi di ristrutturazione dei debiti: novità aziendalistiche e fiscali

Prof. Giuliano Buffelli

PREMESSA

Il contesto economico nel quale le imprese si devono confrontare, reso sempre più difficile dalla negativa e persistente contingenza dell’economia reale, unitamente alle istanze di revisione avanzate dal mondo delle imprese, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, hanno indotto il legislatore a rivedere l’insieme delle regole a base della gestione concorsuale o preconcorsuale della crisi dell’impresa.

In questa direzione si sono mosse le numerose revisioni apportate alla legge fallimentare a partire dalla riforma di cui al DL 35/2005 convertito nella L 80/2005, passando, per l’intervento di cui al D.Lgs. 169/2007, al DL 78/2010 convertito nella L.

122/2010 e da ultimo al DL 83/2012 convertito nella L. 134/2012. Il percorso che ha portato alla vigente versione e soprattutto all’attuale operatività è frutto di un costante processo di rinnovamento compiutosi parallelamente, da un lato, come osservato, per l’intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale e dall’altro per l’esperienza acquisita dagli operatori nell’utilizzo dei nuovi strumenti di gestione delle crisi d’impresa.

Gli strumenti messi a disposizione dalla disciplina fallimentare per gestire, con taglio negoziale e pattizio, la situazione di crisi afferente l’impresa in ambito per così dire, preconcorsuale, sono gli accordi di ristrutturazione dei debiti ed i piani attestati.

Entrambi gli strumenti consentono l’instaurazione di un percorso volto al tentativo di salvaguardare la continuità dell’impresa. L’aspetto innovativo è da rinvenire nella flessibilità di tali strumenti, che si esprime nell’esaltazione dell’autonomia negoziale dell’imprenditore debitore, tesa a comporre la situazione di crisi con i creditori: le risultanze non sono altro che il concerto di volontà tra l’interesse del debitore di proseguire la propria attività e risanare la propria esposizione debitoria, e l’interesse dei creditori di ottenere il migliore soddisfacimento per i loro crediti (rispetto al

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fallimento o al concordato preventivo) e garantirsi la prosecuzione del rapporto con il cliente nel più ampio disegno di difesa del tessuto economico esistente.

Tuttavia le cd. procedure pre concorsuali di gestione della crisi e cioè sia gli accordi di ristrutturazione dei debiti che i piani attestati, hanno avuto inizialmente scarsa o difficile applicazione. Come è anche evidenziato dallo studio di Assonime, in collaborazione con il Ministero della Giustizia pubblicato nell’aprile 2012 circa il

“rapporto sull’attuazione della riforma della legge fallimentare e sulle sue più recenti modifiche” tale indagine, pur riscontrando negli operatori la convinzione che questi mezzi rappresentano “uno strumento fondamentale per risolvere in tempi rapidi una situazione di crisi reversibile” ha constatato come nella prassi, gli accordi di ristrutturazione “vengano scarsamente utilizzati sia per l’assenza di misure fiscali di favore, sia per la difficoltà dell’imprenditore di accedere a nuovi finanziamenti necessari durante la fase delle trattative con i creditori e nella fase dell’esecuzione dell’accordo” ecc..

Non rilevano indicazioni (nel detto studio) per i piani attestati “in ragione del carattere esclusivamente stragiudiziale di questo tipo di accordi”.

E la recente revisione alla disciplina di cui al DL 83/2012 conv. in L.134/2012, ha appunto operato in questa direzione, con la finalità di migliorare l’efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi d’impresa, cercando di superare le criticità emerse in sede applicativa.

Tale ultimo provvedimento introduce novità, sempre con le medesime finalità, anche in ambito di imposte dirette.

Rammento che le opportunità offerte dalla legge fallimentare per salvare le imprese e gestire le crisi aziendali sono fruibili esclusivamente dagli imprenditori commerciali cd fallibili.

Va conclusivamente, in premessa, osservato che, spesso, tali strumenti sono difficili da realizzare in considerazione della rilevante dilatazione dei tempi di risposta da parte dei creditori.

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IL PIANO ATTESTATO

> Inquadramento generale/Note di sintesi

L’art. 67 al terzo comma lett. d) L.F. prevede che un impresa in crisi/insolvente possa predisporre un piano che le consenta di risanare l’esposizione debitoria e di riequilibrare la situazione finanziaria facilitando i creditori nel recupero del proprio credito. Il piano, da definirsi attestato – in quanto un professionista doveva garantirne, nella formulazione originaria, la ragionevolezza, risponde all’esigenza di esaltare l’autonomia privata ovvero la regolazione autonoma e negoziale, di stampo pattizio, della crisi. La disposizione in esame garantisce per detto piano – ovvero per il suo contenuto – il beneficio dell’esenzione dall’azione revocatoria fallimentare (oltre all’esenzione di alcuni reati di bancarotta) salvaguardando così i soggetti coinvolti nell’operazione di risanamento dagli effetti del possibile fallimento del debitore con il quale si sono intrattenuti rapporti. Il tenore letterale della norma presuppone, per realizzare tali benefici, la forma scritta del piano di risanamento - che permetta all’attestatore professionista l’espletamento documentale del proprio adempimento - nonché la sua data certa, in modo da poterlo rendere opponibile al curatore in caso di eventuale successivo fallimento dell’impresa debitrice. Quanto al contenuto del piano di risanamento (attestato) è certamente opportuno il rispetto dei criteri contabili ovvero della prassi di redazione dei bilanci di previsione che dovranno rilevare tanto nel piano finanziario quanto in quello industriale. In particolare nel piano dovranno essere indicate:

- le cause della crisi;

- le sue caratteristiche generali e cioè le ipotesi poste a base, nonché le metodologie utilizzate per la sua predisposizione;

- le misure operative finalizzate al risanamento e al raggiungimento dell’equilibrio finanziario;

- la durata del processo di risanamento;

- ecc..

In tema di attestazione dei piani di risanamento in generale tra gli standard professionali e i principi contabili cui il professionista attestatore deve attenersi,

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rilievo assume, l’Isae 3400 emesso dall’IFAC nell’aprile 2007 che, definisce uno standard di comportamento atto a guidare l’analisi di giudizio rispetto a proiezioni finanziarie previsionali basate su assunti ipotetici. Da adottare quale codice di comportamento, esso individua un’ottima best – practice per l’effettuazione dell’

attestazione del professionista. La struttura del documento approfondisce temi quali l’accettazione dell’incarico, la conoscenza del business, l’esame del periodo temporale di previsione, l’esame delle procedure utilizzate per l’elaborazione prospettica nonché l’informativa ad essa connessa. Vanno svolte l’analisi preventiva della qualità dei dati a base dell’elaborazione previsionale nonché la verifica degli assunti di partenza che devono risultare credibili, appropriati, sostenibili e non irrealistici. Il professionista attestatore, nel compiere il proprio incarico, deve preliminarmente effettuare un’indagine per acquisire un sufficiente livello di conoscenza del business dell’impresa ovvero dei suoi sistemi di organizzazione, gestione e controllo interni. Una corretta attestazione deve anche prestare la dovuta attenzione all’arco temporale preso a riferimento dal piano previsionale prospettico;

partendo dal presupposto che più il periodo di previsione cresce più decresce l’attendibilità della previsione medesima; l’arco temporale di riferimento deve essere congruo, sostenibile nonché coordinato con la struttura finanziaria dell’impresa.

Infine si ritiene opportuno un accenno alla disclosure, sulla necessità che essa permetta la comprensione degli assunti posti a base dell’informativa finanziaria prospettica e l’approfondimento dei criteri di elaborazione della stessa e delle modalità di previsione applicate nonché – da evidenziare in quanto particolarmente rilevante – una informativa di merito rispetto alle differenti scelte contabili e di bilancio effettuate.

Con l’attestazione, il professionista rende un giudizio critico e motivato sulla concreta capacità del piano a consentire il superamento della crisi.

La legge nella sua versione ante DL 83/2012 non prevedeva alcun onere pubblicitario per detto piano che, a ben vedere, poteva e può, come vedremo, rimanere riservato.

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> Le novità introdotte dal DL.83/2012 conv. in L. 134/2012

L’art. 67, terzo comma, lett. d) L.F. riguardante i piani attestati di risanamento, interessato dalle modifiche apportate dal recente DL. 83/2012 conv. in L. 134/2012 recita:

3. Non sono soggetti all’azione revocatoria:

d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse sui beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’art. 28, lettere a) e b) deve attestare veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti all’art. 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo; il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore.

(In neretto le modifiche apportate dal DL 83/2012 conv. in L. 134/2012)

* * * Decorrenza

Le novità introdotte si applicano, per espressa previsione normativa, ai piani di risanamento ex art. 67, terzo comma, lett. d) L.F. elaborati dopo il 30mo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione e cioè la L.

134/2012, entrata in vigore il 12.08.2012. Il 30mo giorno successivo è il 10.09.2012 e quindi la decorrenza è dall’11.09.2012.

Le novità introdotte, come osservato, hanno quale finalità quella di intervenire su alcune criticità evidenziatesi nella previgente normativa.

Indipendenza del professionista

Ai fini della esclusione dall’azione revocatoria, e della esenzione dai reati di bancarotta, il piano dev’essere attestato da un professionista designato dal debitore, con il requisito dell’indipendenza. La designazione quindi compete al debitore; il legislatore ha accolto le indicazioni della prevalente giurisprudenza e dottrina che sul

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tema si erano già espresse in tal senso. Le caratteristiche richieste a tale professionista sono quindi:

- Che sia iscritto nel registro dei revisori legali;

- Che sia in possesso dei requisiti per la nomina a curatore fallimentare di cui all’art. 28 lettere a) e b) LF;

- Che sia indipendente ex art. 2399 c.c.

Rispetto all’oggetto dell’attestazione rilevano importanti novità; in luogo della previgente disposizione normativa che definiva come il professionista dovesse attestare solo la ragionevolezza del piano, ora l’attestazione deve avere ad oggetto la veridicità del dati aziendali in esso inseriti e la fattibilità del piano stesso con ciò ampliando notevolmente l’ambito connesso alla attestazione.

Con riferimento all’ indipendenza, si tratta di un requisito generalizzato, perchè attiene ai rapporti sia con il debitore che con i creditori.

L’art. 67 co. 3 lett. d), L.F., nella versione integrata, chiarisce che il professionista, può essere considerato indipendente quando non è legato all’impresa in crisi da rapporti personali o di lavoro e, in generale, non ha interessi di sorta all’operazione di risanamento.

E’ previsto che il professionista debba possedere i requisiti prescritti per la carica di sindaco dall’art. 2399 c.c.; in particolare non possono ricoprire tale incarico:

l’interdetto, l’inabilitato, il fallito o chi è stato condannato a una pena che comporta l’interdizione anche temporanea dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi (art. 2382 c.c.), il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società o delle società da questa controllate o delle società controllanti e di quelle soggette a comune controllo, dei soggetti legati alla società o alle società controllate o alla controllante o a quelle soggette a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettono l’indipendenza.

Inoltre l’articolo citato precisa che il professionista non deve avere prestato negli ultimi 5 anni, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, attività di lavoro autonomo o subordinato in favore del debitore

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ovvero avere partecipato agli organi di amministrazione e controllo dello stesso debitore.

Quanto al richiamo previsto dalla lett. d) co. 3 dell’art. 67 L.F., all’art. 2399 c.c., sul requisito dell’indipendenza, sembra qualificante l’esame della norma di comportamento n. 1.4 del CNDCEC del 1° gennaio 2012 secondo cui la compromissione dell’indipendenza del sindaco può derivare da:

 rischi derivanti da interesse personale nel caso in cui il sindaco ha interessi economici, finanziari o di altro genere nella società o in altre società facenti parte del gruppo tali da influenzare la propria azione di vigilanza nella stessa.

 rischi derivanti da auto-riesame nel caso in cui il sindaco si trovi in condizione di valutare o esprimere giudizio rispetto a prestazioni svolte da lui stesso o da altro soggetto della rete alla quale il professionista appartiene.

 rischi derivanti da prestazione di attività di patrocinio o assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie ovvero di consulente tecnico di parte nel caso in cui il sindaco si trovi con funzione di consulente tecnico di parte contro la società o contro/sostegno di una società del gruppo.

 rischi derivanti da eccessiva familiarità o confidenza nel caso in cui il sindaco sia influenzabile per rapporti di ordine personale che lo legano alla società.

 rischi derivanti da intimidazione, nel caso in cui il sindaco possa essere oggetto di condizionamenti causati da influenze esercitate nei suoi confronti da parte della stessa società ovvero da altre società del gruppo.

Il legislatore conscio della notevole carenza della originaria norma ha, di fatto, cercato di bilanciare la designazione lasciata al debitore, con il requisito dell’indipendenza richiesto al professionista attestatore. (Rilevano perplessità:

personalmente avrei preferito che la designazione fosse attribuita al Tribunale).

Il professionista attestatore – attesa la sua ribadita centralità nella gestione della crisi d’impresa – assume responsabilità specifiche nell’espletamento del suo mandato responsabilità che il Dl 83/2012, all’art. 236-bis l.f., ha esteso anche all’ ambito penale, (ne tratterà in prosieguo il Prof. Amodio) per attestazioni e relazioni nelle quali espone informazioni false od omette di fornire informazioni rilevanti. E’

prevista la pena della reclusione da due a cinque anni e della multa di importo

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variabile compresa tra 50.000 e 100.000 euro; da aumentarsi se il fatto viene commesso dal professionista attestatore con l’intento di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri ovvero in caso di conseguente danno alla massa creditoria.

Pubblicità

In tema di pubblicità, il legislatore nella versione riformata sancisce la possibilità, per il debitore, di pubblicare il piano stesso nel registro delle imprese. Detta previsione permette di superare la criticità operativa riconducibile alla esigenza di dare data certa al documento, necessaria per fissare il confine tra gli atti revocabili e non. L’esclusione dalla azione revocatoria opera infatti solo per gli atti compiuti dopo l’attestazione del professionista.

Il piano attestato quale strumento per proporre ai creditori pagamenti percentuali

La pubblicità di cui si è detto è inoltre elemento necessario per poter beneficiare della non tassabilità delle sopravvenienze attive da bonus da piano attestato ai sensi dell’

art. 88 co. 4 Tuir. (differenza tra l’originario debito e ciò che è proposto dal piano - sopravvenienze attive da esdebitamento). Detta previsione, apre le porte ad una nuova interpretazione circa la natura da attribuire ai piani attestati di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d),L.F. sulla possibilità di prevedere o meno la riduzione in conto capitale dell’esposizione debitoria del debitore. Prima dell’introduzione della modifica apportata all’art. 88 co. 4 Tuir dal DL 83/2012, si riteneva che nell’ambito degli strumenti di gestione preconcorsuale delle crisi d’impresa, di cui vi sto parlando, una rilevantissima distinzione consistesse nel fatto che, mentre il risanamento del debito finalizzato al riequilibrio finanziario tramite il piano attestato ex art. 67 L.F. perseguiva, nei tempi e con le modalità del piano, il ristorno totale del debito in conto capitale, gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F.

prevedevano espressamente, sulla base di uno specifico contratto con una maggioranza qualificata di creditori, la possibilità di ridurre il debito in conto capitale. L’introduzione della de-tassazione delle sopravvenienze attive derivanti da riduzioni del debito per effetto del piano attestato consente la possibilità, anche per detto strumento, di proporre la riduzione dei debiti in conto capitale.

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Ritengo peraltro necessaria, a tal fine, la formalizzazione contrattuale dell’accordo.

La formalizzazione contrattuale già rileva quando con il piano ci si prefigge, ad esempio, riscadenziamenti con il sistema bancario.

> Novità di carattere fiscale

- Art. 88, comma 4, Tuir così come integrato dall’art. 33 DL 83/2012 recita:

4. Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni, né la riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell’associato in partecipazione.

In caso di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art.

182 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d) del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84.

(In neretto le modifiche apportate dal DL 83/2012 conv. in L. 134/2012)

Sopravvenienze attive da esdebitamento

La revisione dell’art. 88 co. 4 Tuir, che si ricorda tratta delle sopravvenienze attive da esdebitamento, ad opera del DL 83/2012 conv. in L.134/2012 ha modificato la disciplina riguardante la de-tassazione delle sopravvenienze attive risultanti dalla riduzione dei debiti in seguito a pregressa procedura concorsuale. Prima prevista solo per il concordato fallimentare e il concordato preventivo, ora viene estesa anche alle riduzioni di debiti derivate da “procedure preconcorsuali” di gestione della crisi e cioè: accordi di ristrutturazione dei debiti e piano attestato.

Il beneficio (non tassabilità del cd bonus – sopravvenienza attiva) , va ricordato, opera “per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’art. 84 TUIR” ed è finalizzato, a mio parere – precisando che sul tema, considerata la sintetica portata normativa, le prime interpretazioni non sono del tutto concordanti - ad escludere che la perdita fiscale possa emergere o incrementarsi per effetto della esenzione da tassazione della sopravvenienza attiva.

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Si evidenzia come al fine del calcolo del reddito imponibile e delle perdite riportabili dell’esercizio in cui rileva la sopravvenienza attiva da esdebitamento necessita procedere nelle seguenti fasi:

1) determinazione del reddito di impresa imponibile comprensivo della sopravvenienza attiva esente;

2) determinazione della sopravvenienza attiva da esdebitamento;

3) individuazione per differenza tra 1 e 2 del reddito fiscale al netto della citata sopravvenienza attiva esente;

4) determinazione dell’imponibile fiscale operando in due fasi

a) attraverso la determinazione della variazione in diminuzione fiscale ammessa considerando le perdite fiscali pregresse e di periodo;

b) rilevando il reddito imponibile e le perdite riportabili sottraendo al reddito di impresa come individuato sub 1) la variazione in diminuzione ammessa sub 4a) ed evidenziando l’utilizzo delle perdite e il residuo perdite pregresse.

In presenza di perdite fiscali pregresse e di periodo, considerato il generico riferimento che il secondo periodo del quarto comma dell’art. 88 Tuir fa a dette perdite, non richiamando in particolare il limite dell’80%, le stesse rilevano (a mio parere) interamente rispetto alle sopravvenienze attive esenti.

Le eventuali perdite fiscali residue sono riportabili ex art. 84 Tuir, senza limiti di tempo in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascun esercizio.

Non potranno in ogni caso rilevare le cd perdite teoriche e cioè quelle perdite generate dalla eccedenza della sopravvenienza esente rispetto al risultato di bilancio.

Ricorrendo perdite fiscali pregresse o di periodo potrebbe rilevare la necessità di stanziare attività per imposte anticipate.

Le condizioni richieste per tale rilevazione sono disciplinate dall’OIC 25 secondo cui le attività per imposte anticipate devono essere contabilizzate se vi è la ragionevole certezza che negli esercizi futuri vi saranno imponibili fiscali positivi in entità sufficiente per assorbire tali evidenze.

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In presenza di perdite necessiterà che la ragionevole certezza attenga al fatto che in futuro tali negatività non rilevino e che le imposte riferite alle perdite fiscali saranno assorbite da imponibili positivi.

Nelle procedure di gestione preconcorsuale delle crisi, i piani di risanamento sono sviluppati prospetticamente su più esercizi, e sono attestati da professionista indipendente evidenziando l’andamento previsionale dei risultati con la conseguente possibile ricorrenza degli elementi a base di tale iscrizione.

ESEMPI:

Caso A Caso B Caso C Caso D Perdita fiscale esercizio pregresso -100.000 -400.000 -100.000

Reddito d'impresa imponibile comprensivo della

sopravvenienza attiva da esdebitamento 2.500.000 -300.000 100.000 300.000 Sopravvenienza attiva da esdebitamento 1.500.000 500.000 200.000 300.000 Reddito fiscale di periodo senza tener conto della

sopravvenienza attiva da esdebitamento 1.000.000 -800.000 -100.000 -

Determinazione imponibile fiscale:

Fase 1) Variazione in diminuzione ammessa

Sopravvenienza attiva da esdebitamento 1.500.000 500.000 200.000 300.000 Perdite fiscali pregresse e di periodo senza tener

conto della sopravvenienza attiva da

esdebitamento -100.000 -1.200.000 -100.000 -100.000

Variazione in diminuzione ammessa 1.400.000 0 100.000 200.000

Fase 2) Reddito imponibile e perdite riportabili Reddito d'impresa imponibile comprensivo della

sopravvenienza attiva da esdebitamento 2.500.000 -300.000 100.000 300.000

Variazione in meno -1.400.000 0 -100.000 -200.000

Reddito d'impresa imponibile 1.100.000 -300.000 0 20.000

Utilizzo perdite pregresse -100.000 0 0 0

Residuo perdite pregresse 0 -700.000 0 -20.000

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- Caso A: perdita fiscale utilizzabile 100.000;

- Caso B: la perdita fiscale dell’esercizio (€ 300.000) già comprende la sopravvenienza attiva: senza tale elemento la perdita salirebbe a € 800.000. Le perdite fiscali riportabili rimangono di € 700.000 (300.000 + 400.000);

- Caso C: non si ritiene rientrare nello spirito della norma la situazione in cui la perdita teorica (200.000 -100.000) possa essere riportata;

- Caso D: il reddito imponibile è pari a 100.000 – 80% x 100.000= 20.000; perdita pregressa riportabile 20.000 pari alla differenza tra 100.000 e l’80% di 100.000.

- Perdite fiscali pregresse: considerato il generico riferimento che il secondo periodo del 4° comma dell’art. 88 Tuir fa alle perdite pregresse, non richiamandone il limite dell’80%, le stesse rilevano interamente rispetto alle sopravvenienze attive esenti; le perdite residue, riportabili illimitatamente, sono utilizzabili in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascun esercizio.

- Rileverà, ricorrendone le condizioni, la possibilità di iscrivere attività per imposte anticipate.

Si tratta, in estrema sintesi, della preventiva determinazione dell’imponibile fiscale prima della variazione in diminuzione della sopravvenienza attiva, così da definire l’esatta quantificazione della sopravvenienza esente.

Quanto precede con riferimento ai soggetti Ires.

Considerato l’esplicito riferimento che la norma fa all’art. 84 Tuir (applicabile solo ai soggetti Ires) si è portati a ritenere che la limitazione quantitativa alla quota esente della sopravvivenza attiva non operi nel caso in cui il debitore sia una società di persone con la conseguente totale esclusione da tassazione della sopravvenienza attiva senza tener conto dell’effetto delle perdite.

***

Irap

Riguardo all’Irap nessuna modifica rileva per effetto del DL 83/2012 norma che però aumenta il numero dei soggetti che, generando sopravvenienze attive da esdebitamento, devono confrontarsi con tale tributo con particolare riferimento alle dette componenti straordinarie (quanto segue per i soggetti non IAS).

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Le poste di tale natura vanno rilevate, sulla base del principio contabile OIC12 (richiamato dal documento interpretativo 1 del principio contabile 12 Par. E) alle voci E20 o E21, voci che normalmente non concorrono alla formazione della base imponibile dell’imposta.

Tuttavia si ricorda che, per il principio di correlazione (presupposto su cui si fonda l’Irap) i componenti positivi e negativi classificabili in voci del conto economico diverse da quelle che costituiscono la base imponibile, partecipano alla formazione della stessa se correlati a componenti che hanno concorso alla formazione della base imponibile in periodi di imposta precedenti o successivi.

Ne consegue che i proventi straordinari, quali quelli originati dalle sopravvenienze attive da esdebitamento, se di natura finanziaria, non sono soggetti all’Irap in quanto i connessi proventi straordinari non sono correlati a costi dedotti in precedenti esercizi, eccezion fatta per gli interessi passivi.

Diversamente il citato bonus, generato da esdebitamento di debiti di natura commerciale, dovrebbe partecipare alla base imponibile Irap posto che attiene a proventi correlati ad oneri dedotti in precedenti esercizi (es. fatture acquisti); non si è del tutto concordi su tale interpretazione posto che, se è vero che i costi di acquisto riferiti ad anni precedenti sono stati dedotti ai fini Irap, anche i relativi ricavi, espressi dalle rimanenze di magazzino, hanno partecipato alla formazione della detta base imponibile.

Rileva poi un’altra riflessione strettamente connessa al principio di derivazione che fa propendere per una interpretazione circa la non imponibilità: come previsto dall’OIC12 paragrafo E sono proventi/oneri straordinari, iscrivibili nelle voci E20 ed E21 del conto economico le sopravvenienze attive e passive derivanti da fatti per i quali la fonte del provento o dell’onere è estranea alla gestione ordinaria dell’impresa posto che rappresentano esclusivamente un beneficio che l’ordinamento tributario offre in particolari situazioni, nel caso in esame previste dal citato art. 88 Tuir; in tale ipotesi sembra pacifica la non partecipazione alla base imponibile Irap di tali componenti.

La norma del Tuir (art. 88) è concettualmente valida, a mio parere, anche ai fini Irap.

Di conseguenza per i motivi in precedenza citati le sopravvenienze attive da

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esdebitamento generate da procedure di gestione preconcorsuale delle crisi, non dovrebbero partecipare alla formazione della base imponibile Irap.

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Perdite su crediti

E’ da osservare poi che la norma (Art. 88 Tuir), regola esclusivamente la situazione del debitore e nulla prevede in merito alla deducibilità della perdita ex art. 101 Tuir per il creditore; la ragione, non condivisa, dovrebbe risiedere nel fatto che nel procedimento di cui al piano attestato manca la fase giudiziale.

A mio parere, al contrario anche per il creditore, gli elementi certi e precisi richiesti dal comma 5 dell’art. 101 Tuir per la deducibilità delle perdite dovrebbero ugualmente ricorrere in presenza di un piano pubblicato nel registro imprese, la cui veridicità e corretta fattibilità siano attestate da esperto indipendente e di un accordo contrattuale con i creditori (accordo ritenuto necessario nel caso in cui il piano preveda una riduzione del debito in conto capitale; nella pratica, come già ricordato, tale documento rileva normalmente in ambito accordi con il sistema bancario).

Rilevante risulta la decorrenza di tale nuova disciplina di favore/di incentivo.

Mentre per le novità normative riferite alla materia fallimentare, la decorrenza rileva per i piani elaborati dall’ 11.09.2012, per quelle di cui alla disciplina fiscale la decorrenza, secondo quanto stabilito dall’articolo 70 del DL 83/2012 si ha dal giorno stesso della pubblicazione di detto decreto nella Gazzetta Ufficiale; e cioè dal 26/06/2012, con la conseguenza che le novità di cui al’art. 88 Tuir dovrebbero entrare in vigore da tale data e quindi con effetto sull’esercizio 2012.

Tale interpretazione trova conforto, a mio parere, nella circostanza che l’art. 3 c. 1 L.

212/2000 (statuto del contribuente), secondo cui la modifica dovrebbe applicarsi dal periodo di imposta successivo (2013), si propone di tutelare il contribuente da immediati aggravi di imposta non sussistenti nel caso in esame, con la conseguenza che la decorrenza dovrebbe appunto rilevare dall’esercizio 2012.

Importante ricordare, al fine di poter beneficiare della norma fiscale di favore, la necessità: che il piano sia attestato da un professionista indipendente e che sia pubblicato nel registro delle imprese.

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Il piano attestato potrebbe prevedere il semplice riscadenziamento del debito con riduzione del pagamento degli interessi; in tale ipotesi non riducendosi, in ossequio all’OIC 19 il valore del debito, non rileverà alcun provento attivo nel conto economico.

GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI

> Inquadramento generale/Note di sintesi

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182bis l.f. rappresentano uno strumento extraconcorsuale di risanamento al quale l’impresa in crisi/insolvente può ricorrere per ridurre la propria esposizione debitoria e tentare così il recupero della propria continuità gestionale e si sostanziano in una pluralità di accordi di stampo privatistico/negoziale, supportati da specifico piano, che il debitore raggiunge con tanti creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti e sulla relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma lett. d) L.F., che attesti la veridicità dei dati aziendali in tale piano espressi, nonché l’attuabilità dell’accordo con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei. Il contenuto degli accordi con i creditori aderenti è liberamente determinabile mentre ai non aderenti deve essere garantito il pagamento integrale di quanto dovuto.

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono caratterizzati da due fasi:

- quella prettamente stragiudiziale nella quale l’imprenditore in crisi negozia con il ceto creditorio la sua situazione debitoria;

- quella giudiziale, in cui l’accordo con i creditori, per divenire produttivo di effetti legali, deve essere omologato dal Tribunale.

Quanto al piano e alla connessa attestazione professionale si fa riferimento a quanto detto a proposito del piano attestato ex art. 67 L.F..

Tale strumento si ritiene possa essere attivato anche con finalità prettamente liquidatoria.

> Le novità introdotte dal DL.83/2012 conv. in L. 134/2012

L’art. 182 bis l.f. interessato dalle modifiche /integrazioni di cui all’art. 33 del DL 83/2012 conv. in L. 134/2012 recita:

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1) L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’art.

67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini:

a) entro cento venti giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

b) entro cento venti giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.

2) L’accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.

3) Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, né acquisire titoli di prelazione se non concordati. Si applica l’art. 168 secondo comma.

4) Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato.

5) Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell’art. 183, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese.

6) Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale competente ai sensi dell’art. 9 la documentazione di cui all’articolo 161, primo e secondo comma, lettere a), b), c), e d) una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell’imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), circa l’idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.

L’istanza di sospensione di cui al presente comma è pubblicata nel registro delle imprese e produce l’effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione.

7) Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l’udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza di cui al sesto comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire ad un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle condizioni per l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria

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disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati, assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a norma del primo comma. Il decreto del precedente periodo è reclamabile a norma del quinto comma in quanto applicabile.

8) A seguito del deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. Se nel medesimo termine è depositata una domanda di concordato preventivo, si conservano gli effetti di cui ai commi sesto e settimo.

(In neretto le modifiche apportate dal DL 83/2012 conv. in L. 134/2012)

* * * Decorrenza – sintesi delle novità

Le novità normative entrano in vigore il 10/09/2012 (trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. 134/2012 in G.U. 187 del 11/08/2012) e riguardano gli accordi di ristrutturazione dei debiti (“introdotti”), depositati per l’omologa (anche ai sensi del comma 6 dell’articolo in commento) a decorrere dal giorno 10/09/2012 presso la cancelleria del tribunale competente. Le modifiche apportate da tale revisione, perseguono il chiaro intento di rimuovere alcune carenze evidenziatesi nella pratica applicazione.

In sintesi, le novità, di maggior rilievo possono così essere sintetizzate:

- Anzitutto, il richiamo all’art. 161 LF introduce una novità specifica del concordato preventivo anche negli accordi di ristrutturazione: si tratta della disposizione contenuta nel co. 2 lett. e) dell’art. 161 LF in forza della quale il debitore è tenuto a presentare, unitamente alla domanda di omologazione, un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.

- Al primo comma viene stabilito che il professionista attestatore degli accordi designato dal debitore, debba essere indipendente e sia anche penalmente responsabile ex art. 236 bis l.f. (sul punto valgono le considerazioni svolte trattando del piano attestato).

- Ancora al primo comma viene statuito come il professionista incaricato debba farsi carico di attestare la veridicità dei dati aziendali (novità) e l’attuabilità dell’accordo con particolare riferimento alla sua idoneità ad

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assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei, ovvero non aderenti agli accordi di ristrutturazione dei debiti, in un termine espressamente previsto dalla novellata norma, di cento venti giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data, ovvero cento venti giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione. L’aggettivo integrale (che ha sostituito il meno chiaro “regolare”) delinea sicuramente in modo più efficace l’estinzione della obbligazione del debitore in crisi e lascia intendere, a mio parere, che l’attestazione del professionista debba riguardare anche gli eventuali interessi.

- Nel terzo comma è previsto che il blocco delle azioni dei creditori sul patrimonio del debitore opera automaticamente per 60 giorni dalla data di pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese, inibendo, per lo stesso periodo, l’acquisizione di titoli di prelazione se non concordati.

- Nel settimo comma viene ripreso il concetto dell’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.

- Nell’ottavo comma (che è stato sostituito integralmente) si definisce il coordinamento con la disciplina di cui all’art. 161 co. 6 l.f. – circa la possibilità di depositare una domanda di concordato preventivo senza la documentazione richiesta della citata norma e beneficiare del termine compreso tra 60 e 180 gg previsto per il suo deposito, per richiedere, in alternativa, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis mantenendosi la garanzia della protezione per il patrimonio del debitore sin dal deposito di detto ricorso di concordato.

- L’art. 182quinquies LF in tema di finanziamenti e continuità aziendale, prevede al primo comma che il tribunale possa autorizzare il debitore - nell’ambito della presentazione di una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero di concordato preventivo - a

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contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 111 se “un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lett d) …. attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori”.

- Al quinto comma dell’art. 182quinquies l.f., in subordine all’autorizzazione del tribunale e in presenza dei presupposti di cui al quarto comma dell’articolo, si consente al debitore – che abbia presentato domanda di omologazione di un accordo ex art. 182bis l.f. – di pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi; pagamenti esenti da azione revocatoria.

- Il nuovo art. 182sexies l.f. regola infine la non applicazione degli articoli 2446 commi secondo e terzo, 2447, 2482 bis commi quarto, quinto e sesto e 2482 ter del c.c. circa la riduzione e perdita del capitale sociale e la non operatività della causa di scioglimento delle società di cui agli articoli 2482 co. 4 e 2545 duodecies del c.c. nel periodo intercorrente tra la data di deposito della domanda per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero della proposta di accordo a norma del comma 6 dell’art. 182 bis LF e l’omologazione dell’accordo stesso.

Osservo come, pur apprezzando l’intervento normativo, lo strumento presupponga tempi di rilievo e si renda, nella pratica più operativo, per situazioni in cui nelle mani di pochi creditori si concentri la percentuale minima del 60%.

La rilevanza di alcune delle novità poc’anzi sintetizzate necessita un maggiore approfondimento.

Aspetti particolari:

Il professionista negli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 67 terzo comma, lett.

d) (art. 182bis, 1 co.)

L’apporto normativo, oltre a chiarire definitivamente che il professionista deve essere designato dal debitore, prevede che egli attesti – la veridicità dei dati aziendali e l’ attuabilità dell’accordo con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei. Questa previsione, a mio avviso di

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particolare rilevanza pratica, chiarisce che l’attività del professionista attestatore deve estendersi all’analisi della rispondenza al vero dei dati indicati negli accordi. Ne conseguono più pregnanti doveri e responsabilità, anche di carattere penale, non potendosi egli limitare a un controllo formale di attuabilità ma dovendo preventivamente accertare l’attendibilità e la realtà dei dati ivi indicati. E’ richiesta inoltre, per il professionista, per il richiamo all’art. 67, terzo comma, lett. d) la medesima caratteristica di indipendenza prevista per attestare i piani ex art. 67 l.f..

Torneranno utili per l’espletamento dell’incarico del professionista le indicazioni fornite circa il piano attestato.

Il pagamento dei creditori estranei all’accordo

L’integrazione normativa chiarisce definitivamente come il pagamento dei creditori estranei debba avvenire integralmente. A risoluzione dei dubbi circa la previgente locuzione “regolare pagamento” – nella quale la dottrina maggioritaria già ravvisava un pagamento del dovuto per l’intero – ora non sussiste in merito alcuna incertezza. La revisione in questione definisce inoltre le tempistiche – prima non previste dalla norma (ma di cui la dottrina prevalente prevedeva l’immediato pagamento a seguito dell’omologa) – per il soddisfacimento di detti debiti “estranei”, che sono:

- entro cento venti giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

- entro cento venti giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti all’omologazione.

La previsione di un termine per la soddisfazione dei creditori estranei potrebbe facilitare il ricorso a detta procedura di composizione negoziale della crisi garantendo all’imprenditore, così come esposto dalla relazione illustrativa al decreto, di “beneficiare del cosiddetto scaduto fisiologico”. Nell’ottica di garantire la concreta ed operativa esecuzione degli accordi, questa disposizione, consente di non gravare nell’immediato la situazione societaria, lasciando all’imprenditore il tempo per reperire le risorse necessarie per pagare i creditori estranei secondo i termini sopra esposti.

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Il ricorso anticipato o preventivo con riserva di concordato e la successiva proposizione dell’accordo ex art. 182bis

Con questa importante integrazione la norma scardina uno degli elementi di disincentivazione attinenti la mancata protezione automatica del debitore e del suo patrimonio nel momento di composizione delle trattative.

Le modifiche apportate all’art. 161 LF in tema di “domanda di concordato” che interessano, per l’esplicito richiamo, anche gli accordi di ristrutturazione, permettono di anticipare la tutela da azioni esecutive e cautelari sul patrimonio dell’imprenditore consentendogli di presentare ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo e riservarsi di presentare la proposta definitiva, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo (aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria; stato analitico ed estimativo delle attività; elenco dei titolari di diritti reali; il valore dei beni e creditori particolari;

il piano e la relazione di attestazione del professionista) entro un termine fissato dal giudice compreso:

- tra sessanta e centoventi giorni

- prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre 60 gg.

In questi stessi termini il debitore, invece della proposta definitiva di concordato preventivo, può depositare domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182bis LF .

Nuova finanza (art. 182 quinquies co. 1 l.f.)

La norma richiamata interviene per risolvere una delle maggiori criticità del sistema pre riforma di cui al D.L. 83/2012, e cioè la difficoltà di una corretta gestione della crisi di impresa per la quasi assoluta mancanza del cosiddetto mercato della

“Finanza Ponte”, finanza che serve all’impresa per superare il periodo intercorrente tra l’evidenziarsi della crisi/insolvenza e la presentazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182bis. Con la previgente previsione normativa (art.

182 quater L.F.), era arduo ottenere nuova finanza nel citato periodo dal momento che la prededucibilità era ed è riconosciuta in funzione della presentazione dell’accordo di ristrutturazione e purché la prededuzione sia espressamente disposta

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nel provvedimento con cui il Tribunale omologa l’accordo di ristrutturazione dei debiti.

Al fine di accedere alla citata finanza ponte è ora necessario che l’imprenditore in crisi che presenta l’accordo di ristrutturazione dei debiti (anche e soprattutto nella forma della cd. proposta di accordo di cui al co. 6 dell’art. 182 bis LF) richieda contestualmente al tribunale – che provvede assunte nel caso sommarie informazioni – l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili (previsione all’evidenza di grande importanza soprattutto in ottica di continuità d’impresa). E’ tuttavia necessario che un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d) LF attesti, previa verifica del complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, che tali finanziamenti siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. L’autorizzazione del tribunale e la relazione del professionista possono riguardare anche finanziamenti individuati solo per tipologia ed entità e non ancora oggetto di trattative, nonché la concessione di pegno od ipoteche a garanzia di detti finanziamenti.

Pagamenti anticipati (art. 182 quinquies co.5 l.f.) – Esenzione da azione revocatoria

Nel caso di presentazione di domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti è previsto che l’imprenditore che ne presenti domanda - anche nella forma di cui al co. 6 - possa chiedere in tale contesto al tribunale l’autorizzazione a pagare crediti anteriori per prestazione di beni o servizi. La domanda dovrà ovviamente essere adeguatamente motivata e supportata da elementi oggettivi.

Condizione necessaria per concedere detta autorizzazione è che un professionista, in possesso dei requisiti di cui all’art. 67 co. 3 lett. d) LF attesti che tali pagamenti siano essenziali e pertanto funzionali alla prosecuzione della attività di impresa sino alla omologa dell’accordo di ristrutturazione e che la prosecuzione della attività di impresa sia funzionale ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.

Il professionista dovrà procedere quindi all’esame del piano di recupero dell’impresa posto a base degli accordi, valutando la sua fattibilità dal punto di vista industriale, economico, patrimoniale e finanziario. I pagamenti così effettuati, se autorizzati dal

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tribunale, godono dell’esenzione da azione revocatoria in caso di successivo fallimento dell’impresa.

Sospensione dell’obbligo di ricapitalizzazione negli accordi di ristrutturazione dei debiti (art.

182sexies 1 co.)

Dalla data di deposito della domanda di omologa (o dell’istanza ai sensi del sesto comma dell’art. 182 bis) e sino alla omologa non operano, ai sensi dell’articolo 182 sexies L.F.:

- Le disposizioni civilistiche sulla riduzione del capitale per perdite (artt.

2446 co. 2 e 3, 2447, 2482 bis co. 4, 5 e 6, e 2482 ter c.c.);

- Le cause di scioglimento per perdita o riduzione del capitale (artt. 2482 n. 4 e 2545 duodecies c.c.).

Per effetto di questa disposizione, la presenza di perdite “qualificate” ovvero la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, non produce gli effetti della relativa causa di scioglimento ad essa connessa sino all’omologa dell’accordo.

Successivamente alla omologa le norme citate riacquisteranno operatività ma potrà soccorrere il cd bonus da esdebitazione nella determinazione della perdita.

> Novità di carattere fiscale

Il DL 83/2012 conv. nella L. 134/2012 apporta alla disciplina fiscale inerente gli accordi di ristrutturazione dei debiti rilevanti novità. I fronti di intervento attengono all’estensione del beneficio dell’art. 88, comma 4 Tuir (sopravvenienze attive da esdebitamento) e all’integrazione dell’art. 101, comma 5, Tuir in tema di deducibilità delle perdite su crediti con riferimento alla procedura di cui agli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182bis l.f.

Con riferimento alla decorrenza delle norme fiscali sopracitate, si è portati a ritenere che le stesse siano operative sin dall’esercizio 2012 tenuto conto che la previsione contenuta nell’art. 3 c. 1 della L. 212/2000 (statuto del contribuente secondo cui la decorrenza sarebbe dall’esercizio 2013) si pone a tutela del contribuente da aggravi di imposta nel caso, a mio parere, non ricorrenti.

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- Art. 88, comma 4, Tuir così come integrato dall’art. 33 DL 83/2012 recita:

4. Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni, né la riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell’associato in partecipazione.

In caso di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art.

182 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d) del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84.

(In neretto le modifiche apportate dal DL 83/2012 conv. in L. 134/2012)

* * * Sopravvenienze attive da esdebitamento

La novità normativa conferma il principio generale di irrilevanza impositiva dei componenti positivi (sopravvenienze), imputati a conto economico, per effetto della riduzione delle passività conseguenti a procedure di concordato fallimentare e di concordato preventivo.

La variazione rispetto al passato consiste nel fatto che la norma di favore si estende anche:

- ai piani attestati ex art. 67 co. 3 lett. d) LF pubblicati nel registro delle imprese;

- agli accordi di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis LF omologati;

con la precisazione che “ … la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’art. 84”.

Rileva peraltro una particolarità: infatti mentre per il concordato fallimentare e il concordato preventivo le sopravvenienze attive da esdebitamento sono escluse dalla tassazione senza alcun limite, per gli altri strumenti di gestione della crisi, il piano attestato e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, le sopravvenienze attive da riduzione dei debiti beneficiano della non

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imponibilità solo per la parte che eccede le perdite fiscali pregresse e di periodo di cui all’art. 84 Tuir.

La sopravvenienza attiva sarà fiscalmente esente a condizione che:

- l’accordo di ristrutturazione sia omologato dal Tribunale;

- il piano attestato sia stato pubblicato nel registro imprese.

Sui due argomenti, esenzione dalla tassazione delle sopravvenienze attive da esdebitazione e Irap si ricorda rispettivamente:

- per quanto attiene alla esenzione da tassazione delle sopravvenienze attive, con i limiti delle perdite, tale situazione rileva per i soggetti Ires mentre per le società di persone, essendo il riferimento all’art. 84 Tuir valido solo per le società di capitali, l’esclusione da tassazione dovrebbe rilevare senza limite alcuno;

- per quanto attiene all’Irap la non partecipazione alla formazione della base imponibile di tale imposta dovrebbe, per il principio di derivazione, interessare solo i proventi straordinari riferiti a debiti di natura finanziaria mentre per quelli di natura commerciale tali componenti diverrebbero tassabili posto che trattasi di proventi straordinari correlati a oneri dedotti in precedenti esercizi; sul punto, ricordo rileva anche diversa interpretazione.

L’accordo di ristrutturazione potrebbe prevedere il semplice riscadenziamento del debito con riduzione del pagamento degli interessi; in tale ipotesi non riducendosi in ossequio al principio contabile OIC 19 il valore del debito, non rileverà alcun provento attivo nel conto economico.

- Art. 101, comma 5, Tuir cosi come integrato dall’art. 33 DL 83/2012 recita:

5. Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato

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preventivo o del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all’articolo 27, comma 10, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, della legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese.

Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi.

(In neretto le modifiche apportate dal DL 83/2012 conv. in L. 134/2012)

* * * Perdite su crediti

La norma, nel testo in vigore dal 26.06.2012 (giorno della pubblicazione del DL 83/2012 in Gazzetta Ufficiale) conferma i principi generali della deducibilità della perdita (per il creditore del debitore in crisi) solo se supportata da

“elementi certi e precisi”, oppure se il debitore è stato assoggettato ad una procedura concorsuale (amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, concordato preventivo, fallimento e liquidazione coatta amministrativa) a partire dalla data di apertura della stessa ed estende la deducibilità delle perdite su crediti in modo automatico, senza dovere dimostrare l’esistenza degli elementi certi e precisi, agli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art.

182 bis LF dalla data del decreto di omologazione dell’accordo stesso.

Dal 26/06/2012, quindi, i creditori di imprese che attivano l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis LF potranno adeguarsi a tali principi nel trattamento del loro credito.

Con riferimento al momento da cui rileva l’automatica deducibilità della perdita su crediti, lo stesso si determina con l’omologa dell’accordo a prescindere dal fatto che il decreto divenga definitivo posto che le vicende successive all’omologazione saranno fonte, per i creditori aderenti all’accordo,

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di ulteriori componenti reddituali (sopravvenienze attive o passive) fiscalmente rilevanti.

Va ricordato che il diritto alla deduzione della perdita in un periodo di imposta successivo a quello in cui rileva l’omologa dell’accordo, è possibile, purché in quest’ultimo esercizio rilevino eventi che determinano con certezza l’impossibilità di recupero del credito. (Cassazione 12831/2002 – 22135/2010:

“...il diritto alla deduzione può essere esentato in un esercizio successivo a quello di apertura della procedura concorsuale; ciò tuttavia, non deve tradursi in una facoltà di scegliere a discrezione l’esercizio in cui dedurre la perdita: al contrario, dovrà essere analiticamente documentato che in quel particolare esercizio si sono manifestate le condizioni affinché la perdita stessa assuma carattere di certezza”)

In tal senso anche la norma di comportamento ADC n. 172/2008.

Anche dopo le modifiche introdotte dal DL 83/2012 restano esclusi dagli istituti che consentono la deducibilità ex lege delle perdite su crediti i piani di risanamento ex art. 67 c. 3 lett. d) L.F.

Si rinvia a quanto detto in precedenza sul tema.

IVA

Va osservato come il legislatore non abbia considerato il tema Iva riferito alla parte di credito rimessa dai creditori aderenti all’accordo così come previsto dall’art. 26 secondo comma IVA. Si è portati a ritenere che tale impostazione discenda dal fatto che il richiamato secondo comma dell’art. 26 legge Iva fa riferimento a “...

procedure concorsuali”, procedure tra le quali non sembra rientrare quella di cui alla norma in esame.

GLI ASPETTI CONTABILI NELLA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO

Il principio contabile OIC 6 provvede a disciplinare gli aspetti contabili connessi alla ristrutturazione del debito definendone il trattamento contabile ovvero l’informativa integrativa ad esso relativa con l’intento di consentire una corretta rappresentazione nel bilancio d’esercizio degli effetti prodotti da tale processo. Tale documento di prassi contabile evidenzia nello specifico le regole da adottarsi per il soggetto debitore che utilizza procedure di ristrutturazione del debito.

(30)

L’OIC nel documento di prassi numero 6 definisce la ristrutturazione del debito come un’operazione mediante la quale uno o più creditori effettuano, per ragioni economiche, una concessione ad un debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, concessione che altrimenti non avrebbero accordato. Le risultanze di tali “concessioni”

rappresentano un beneficio per il debitore e per contro una rinuncia in capo al creditore.

La ristrutturazione del debito può avvenire con una molteplicità di modulazioni tra le quali le più rilevanti concernono: la riduzione del debito da rimborsare in conto capitale, la riduzione o la ridefinizione del tasso d’interesse e dei termini di pagamento o ancora la cessione da parte del debitore al creditore di un bene di valore inferiore ad estinzione delle proprie obbligazioni.

Risulta rilevante osservare come l’operazione di ristrutturazione, per i riflessi contabili e d’informativa che essa produce, interessi sia il bilancio dell’esercizio nel quale siano in corso le trattative per giungere ad una ristrutturazione del debito, sia il bilancio dell’esercizio nel quale l’operazione di ristrutturazione produce effettivamente gli effetti risultanti dalle concessioni espresse dai propri creditori e sia i bilanci degli esercizi seguenti all’effettiva operazione nei quali si protrarranno gli effetti di tale operata ristrutturazione del debito.

L’identificazione del momento nel quale si producono gli effetti derivanti dall’operazione di ristrutturazione del debito ovvero del momento nel quale si determina la necessaria rilevazione contabile dell’operazione di ristrutturazione si differenzia in base alla procedura utilizzata:

1) nella procedura riferita ai piani attestati di cui all’art. 67, terzo comma, lett. D) la decorrenza degli effetti rinvenenti dall’operazione di ristrutturazione del debito in essi inclusa opera dalla data di sottoscrizione del contratto su cui si fonda il piano attestato, da parte dei creditori ovvero dalla data di adesione dei creditori allo stesso (Iscrizione nel Registro Imprese del piano attestato).

2) nella procedura degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.f. il momento della rilevazione degli effetti prodotti dalla ristrutturazione del debito in essi inclusa opera dalla pubblicazione dell’accordo nel registro delle

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