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Il ruolo della logica nel contesto della spiritualità indiana

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Academic year: 2021

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Il ruolo della logica

nel contesto della spiritualità indiana

Prof. Carlo Perini

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1) Introduzione alla Tradizione induista

Primato della spiritualità in quanto unione cosciente (yoga) con l’Essenza spirituale, grazie ad una conoscenza intuitiva; disprezzo per la logica fine a sé stessa, nonché per l’erudizione e il nozionismo.

Si dice infatti che “lo yoga è l’arresto delle funzioni mentali” (Yogasutra, I, 2)

L’autorità spirituale dei Veda, la Scienza sacra del Sanatana Dharma (termine sanscrito per ‘Induismo’) ossia dell’Ordine perenne

Il Sanatana Dharma non è stato creato o stabilito da alcun individuo o da una Divinità, ma è il fondamento originario, sovra-storico e immutabile dell’universo.

Struttura della Tradizione induista:

1) Śruti Tradizione ‘udita’ e rivelata (non ‘creata’!), spesso in forma simbolica, dai Ṛṣi, cioè i santi risvegliati, o ‘veggenti’, grazie ad una conoscenza sopra-mentale, ed è composta dai quattro Veda:

Ṛg

Veda, Sāma Veda, Yajur Veda e Atharva Veda

Ogni Veda è formato da 4 sezioni:

 Mantra o Saṃhitā (Inni rivolti agli dei, dedicati ai giovani studenti)

 Brāhmaṇa(istruzioni rituali-sacrificali per i capifamiglia)

Āraṇyaka (meditazioni simboliche per gli anacoreti in luogo del sacrificio)

 Upaniṣad o Vedānta (distillato filosofico-spirituale per i rinuncianti, a volte espresso in forma simbolica ed ermetica)

2) Smṛti Tradizione ‘rammentata’, fondata sui Veda, di cui costituisce una chiarificazione più concettuale.

La Smṛti è rappresentata dai 6 Darśana ortodossi, ossia i diversi punti di vista filosofici che indagano l’insegnamento vedico, ai quali si deve essere iniziati:

Nyāya: realismo analitico, mezzi validi di conoscenza

Vaiśeṣika: realismo atomistico, classificazione dell’esperienza

Samkhya: dualismo cosmologico ed elencazione degli elementi essenziali della manifestazione universale

Yoga: accetta la cosmologia del Samkyha, ma pone come principio supremo Isvara, esponendo il metodo per giungere all’unione (’yoga’) con l’Essenza spirituale

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Pūrva-Mīmāṃsā: studio del rituale sacrificale

Uttaramīmāsā o Vedānta: dottrina metafisica e metodo di liberazione

3) Vedanga e Upaveda: scienze ed arti tradizionali (ad es: l’ermeneutica filologica Nirukta o la scienza medica Ayurveda).

Letteratura epica (Mahabarata, Ramayana) e mitologica (Purana)

Le scuole eterodosse (indiane ma non ‘induiste’): Buddhismo (i monaci buddhisti studiano logica prima di prendere i voti definitivi!) e Jainismo

Singolarità: la logica non è tenuta in grande considerazione, anzi a volte è temuta come possibile sviamento dagli insegnamenti tradizionali, ma di fatto abbiamo una grandissima produzione intellettuale, dovuta soprattutto ai commenti (e sub-commenti) dei testi sacri. Con il tempo la logica diventa uno studio specifico, Tarka Śāstra, preliminare ad ogni altro nell’ambito degli studi classici.

Concezione strumentale della logica. Tre funzioni:

- Ermeneutica per l’interpretazione dei Testi sacri (insieme alla filologia) - Dialettica nei dibattiti orali pubblici (e/o nei commenti scritti)

- Introspettivo-discriminativa nella sādhanā (disciplina spirituale) dell’iniziato vedāntico

2) Esempi di logica per cenni Nyāya, Vaiśeṣika e Pūrva-Mīmāṃsā

Scuole realiste, atomiste e, in un secondo momento storico, teiste.

Approccio logico-analitico: il Nyāya indaga le modalità della conoscenza, il Vaiśeṣika analizza gli oggetti dell’esperienza, entrambe studiano le regole del corretto argomentare.

In generale, la conoscenza è composta da: soggetto, oggetto e mezzo conoscitivo  importanza dello studio sui mezzi validi di conoscenza (pramāṇa)

4 pramāṇa: percezione diretta, inferenza, comparazione, testimonianza verbale (che rimanda alle Scritture)

- La percezione diretta è quella che avviene immediatamente per mezzo dei sensi, ma diventa chiaramente consapevole grazie alla mente, che è considerata il ‘sesto senso’, o ‘senso interno’.

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- L’inferenza è la conoscenza di A, che non è direttamente percepibile, per mezzo della conoscenza diretta di B con il quale A è in connessione.

Presuppone la concomitanza invariabile (uniformità delle leggi di natura).

Es: vedo direttamente del fumo su di una collina e inferisco che ci deve essere del fuoco (che non vedo) in quanto l’esperienza insegna, sempre, la concomitanza reciproca di fuoco e fumo.

Su questa base si modella il sillogismo. L’esempio classico è appunto quello del fumo e del fuoco:

“C’è fuoco su quella montagna (pratijna, tesi). C’è fumo su quella montagna (hetu, la ragione). Dove c’è fumo là c’è fuoco, come in una cucina e al contrario che su un lago (udaharana o drstanta, esemplificazione). C’è fumo su quella montagna (upanaya, applicazione: così è per la montagna che vedo direttamente qui ed ora). Quindi c’è fuoco su quella montagna (nigamana, conclusione)”.

Tipicità della logica indiana: espone subito la tesi da sostenere; ricorre spessissimo all’esempio tratto dal mondo fenomenico, anche se si stanno discutendo verità che riguardano la dimensione sovra-sensibile; sottolinea anche l’aspetto del negativo, del non-essere e dell’assenza (‘al contrario che su un lago’).

Una formulazione vagamente ‘aristotelica’ potrebbe essere: “C’è fumo su quella montagna. Ovunque c’è fumo, c’è fuoco. Quindi, c’è fuoco su quella montagna”. Né la formulazione stoica sarebbe molto differente: “Se c’è fumo allora c’è fuoco. In effetti, c’è fumo su quella montagna. Quindi, c’è fuoco su quella montagna”.

- La comparazione è il mezzo tramite cui otteniamo la conoscenza più definita di una cosa per similarità e per dissomiglianza con un’altra conosciuta già distintamente: in tal modo si stabiliscono le caratteristiche essenziali di un ente, proprio grazie al confronto con quelle, in parti simili e in parte dissimili, di un altro. Ad es. comparazione tra un cammello e una giraffa.

- Per gli indiani ortodossi una delle fonti principali di conoscenza è l’autorità della testimonianza verbale. La testimonianza dei saggi viventi è importante, ma ancora più importante è l’autorità dei Veda che per queste scuole e per la Pūrva-Mīmāsā esprimono significati- insegnamenti eterni, ‘incorporati’ nelle lettere, nelle parole e nelle proposizioni appunto dei Veda eterni. Le parole che compongono i Veda sono quindi esse stesse eterne, e sono semplicemente manifestate (non create!) dai suoni articolati per pronunciarle-cantarle.

Un’altra forma di conoscenza è la prova indiretta, o l’argomentazione per assurdo: si ammette inizialmente una teoria (erronea) e si mostra

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come le sue logiche conseguenze siano in contraddizione con le premesse.

La definizione stabilisce la natura essenziale di una cosa, specificandola e differenziandola dalle altre

Gli universali (ad es. ‘umanità’) sono reali tanto quanto gli individui percepiti, in cui gli universali sono presenti per relazione di inerenza (e tale relazione è essa stessa percepita). Si dibattono gli analoghi problemi metafisici di Platone.

Le categorie del Vaiśeṣika sono sia predicati di altre cose, sia i soggetti di cui si predica qualcosa: sostanza (il soggetto), qualità, azione, l’universale, particolarità, inerenza e non-esistenza.

In generale, l’impostazione realistica di queste scuole sostiene che la validità della conoscenza non si trova negli atti conoscitivi, ma nell’oggetto che rimane comunque indipendente dalle cognizioni e che dunque costituisce il metro della loro veridicità.

3) La logica dell’Advaita Vedānta codificata da Śri Adi Śaṃkaracarya L’Assoluto (Brahman) è l’unica Realtà non-duale (sat), quale pura Coscienza (cit) essenziata di Beatitudine (ānanda).

Il mondo, manifestazione dell’Assoluto nell’Assoluto stesso, è fenomeno

‘apparente’ che in realtà non ha alcuna esistenza indipendente dall’Assoluto, sia nello stato di veglia, sia in quello di sogno sia nel sonno profondo.

Assoluto/Mondo = Sognatore/Mondo onirico = Attore/Personaggio

L’Assoluto è dunque la vera identità, cioè il Sé (ātman) di tutti gli esseri.

A causa dell’ignoranza il Sé – che pervade tutti i fenomeni – ‘crede’ di essere il fenomeno (corpo fisico, sentimenti, pensieri, anima individuale) da Lui stesso manifestato, cadendo nell’illusione dualistica (maya) di essere un ego separato e contrapposto agli altri e al mondo, e quindi sperimentando la sofferenza.

Il sommo fine della vita: la liberazione (moksa) dall’ignoranza e dalla sofferenza, grazie alla conoscenza intuitiva della vera natura non-duale del Sé (=Assoluto).

Limite della logica: ultimo velo duale di concetto/cosa concepita, necessità del suo trascendimento  conoscenza spirituale  chi conosce e ciò che è

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conosciuto sono lo stesso (non-dualità)  essere (coscientemente) la Realtà assoluta che si conosce

“Colui che conosce il Brahman supremo diviene egli stesso Brahman” (dalla Muṇḍaka Upaniṣad)

Metafisica apofatica: l’Assoluto non si può de-finire concettualmente (brahman nir-guna), a livello logico-razionale si può affermare ciò che l’Assoluto non è:

Esempio dal VII sutra dalla Mandukya Upanishad:

“[Brahman] non è cosciente né del mondo sottile né di quello di veglia, non è il sonno profondo, non è cosciente di cose separate né non-cosciente; non è percepibile con i sensi, ineffabile, impensabile concettualmente, indescrivibile;

è l’unica essenza dell’atman senza alcuna traccia di manifestazione; è pacificato, benefico e non-duale. I saggi lo considerano il Quarto. Questo è l’atman e come tale deve essere conosciuto”

Sādhanā (disciplina spirituale) dell’iniziato vedāntico:

Śaṃkara, parafrasando un brano di una scrittura śruti, afferma:

“Perciò il Sé [l’Assoluto], mia cara Maitreyī, deve essere realizzato, è opportuno che sia realizzato, dovrebbe essere considerato la meta da realizzare. Si dovrà per prima cosa ascoltare di Lui dal maestro e dalle Scritture. Poi si dovrebbe riflettere su di Lui tramite la ragione (manana), e infine si dovrà contemplarLo fermamente.”

Letture laboratoriali:

Dalla Chāndogya Upaniṣad (II khanda, VI adhyaya) con il commento di Śri Adi Śaṃkaracarya

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