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Gesù, maschile singolare

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Academic year: 2022

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Simona Segoloni Ruta

Gesù,

maschile

singolare

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I

Il ripensamento del maschile e la crisi globale:

per introdurre la questione

LE RELAZIONI FRA I SESSI COME PROBLEMA

Che cosa significhi essere maschio e femmina è oggi fortemente in discussione. Non c’è bisogno di ricordare lo scandalo e la paura suscitati in ambiente ecclesiale dalla «questione gender», basta l’ov- via consapevolezza che negli ultimi cinquant’anni le relazioni fra i sessi, almeno nei paesi «ricchi» e democratici, sono state sconvolte.

Il femminismo ha messo in discussione il sistema sociale e culturale che prevedeva il maschile come prototipo dell’umano e guida degli altri umani «depotenziati»: donne e bambini. Questa struttura socia- le, che viene chiamata patriarcale e di cui ci occuperemo in seguito, ha visto sgretolarsi i presupposti ideologici, culturali e religiosi che la tenevano in piedi e la rendevano ovvia, per cui se perdura, come effettivamente accade, lo fa con fatica, senza potersi più legittimare e guardando aprirsi falle sempre più evidenti in un sistema che pure si è dimostrato coriaceo.

Le donne si sono emancipate. Pur non avendo rinunciato a figli, relazioni e cura della casa, controllano il proprio corpo, determinano le proprie gravidanze, limitano le cure filiali a un periodo ristretto della propria vita e si dedicano a interessi e impegni professionali al- tamente specializzati. Non dipendono più dagli uomini: vivono sole, crescono figli da sole, si mantengono da sole. Se una relazione non le soddisfa, la rompono. Indubbiamente esse hanno fatto i conti con il proprio lato «maschile»: non temono incarichi pubblici, dimostrano di avere talenti, prendono decisioni e assumono responsabilità.

Di fronte a questo stravolgimento delle loro donne, gli uomini sono andati in crisi, anche se questa crisi ha diversi volti. Alcuni si sono intimoriti, si sono ritirati dalla relazione o la vivono all’ombra della loro compagna, altri – e questa è una tipologia che ecclesial-

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mente si trova più di frequente – preferiscono donne non emancipa- te o che vivono senza consapevolezza della propria emancipazione, convinte di essere definite nella loro femminilità dalla relazione con un maschio e dalla relazione con i figli, lasciando in secondo piano o escludendo ogni altro aspetto della loro vita (o facendo finta che sia così, perché poi non rinunciano né al lavoro né all’impegno sociale o ecclesiale). Tali uomini (e tali donne) di solito gettano discredito sui cambiamenti che il femminismo ha portato, ritenendolo un pericolo per la società e per la famiglia. Se gli uomini intimoriti lasciano che le donne vadano avanti da sole, questi altri vorrebbero tornare indietro e spesso si aspettano dalla Chiesa che si faccia portatrice dei «sani»

valori di una volta. Benché questi non esistano, nella mente dei no- stalgici rivangano un sistema radicalmente patriarcale in cui ruoli e gerarchie erano chiare e non vedevano mai un maschio in posizione paritaria o subalterna rispetto a una donna.

C’è poi una terza categoria di uomini: quella che si lascia interro- gare dai mutamenti che avvengono, uomini che spesso amano donne emancipate e, per stare di fronte a queste in una relazione costruttiva, si mettono alla ricerca di un nuovo modello di maschilità, adeguato al contesto di oggi. Purtroppo – lo dico da donna emancipata – questi sono ancora troppo pochi e si sente che mancano all’appello, perché senza di loro non si può e non si deve andare avanti. Il contesto socia- le è in stallo: se le donne hanno ridefinito il loro essere femmine, gli uomini non hanno ridefinito il loro essere maschi. Il disagio è grave e troppo spesso arriva alla violenza, che – come giustamente avverte Stefano Ciccone – non va pensata come un’eccezione, ma come una conseguenza strutturale del sistema.1

Oggi però la precomprensione necessaria a questo sistema, cioè che il maschile sia superiore al femminile, non è più ovvia e così quelle donne che si trovano in posizioni marginali a causa di questa infondata precomprensione lottano contro il sistema che ne deriva:

o ottengono quanto chiedono e il sistema si ridefinisce o le tensioni non possono che crescere. Non è la differenza fra maschi e femmi- ne però a creare tensione, a farlo è piuttosto il sistema oppressivo che ha sfruttato la differenza per sottomettere le donne e così ha descritto la maschilità con categorie funzionali a tale sottomissione, ma che ora mettono in sofferenza proprio gli uomini. Le donne rie- scono a sentirsi femmine più di prima rinnegando il modello sessista

1 P. Cavallari (a cura di), Non solo reato, anche peccato. Religioni e violenza sulle donne, Effatà, Cantalupa (TO) 2018.

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e patriarcale del femminile, ma troppi uomini non riescono a sen- tirsi maschi mettendo in discussione il modello maschile trasmesso dal passato, molti non vogliono nemmeno sentirne parlare. Non per niente gli studi sulla maschilità sono una realtà molto recente anche in ambito culturale (nella Chiesa poi sono rarissimi).

La messa in discussione del sistema patriarcale, la liberazione del- le donne e la ridefinizione dell’identità maschile vanno insieme, però.

Fino a ora le femministe hanno lavorato sui primi due temi, le legisla- zioni nazionali di molti paesi hanno recepito i diritti delle donne e mi- gliorato le loro condizioni di vita e le concrete possibilità di accedere a risorse e ruoli, ma troppo pochi hanno lavorato sul maschile. Invece è questo il nodo decisivo: senza gli uomini non possiamo ristrutturare un sistema nel quale loro sono quasi la metà. Non è possibile e non è giusto. Questa mancata elaborazione dell’identità maschile d’altra parte sostiene il sistema iniquo, fa il suo gioco, lo rafforza, impedisce i mutamenti e così fomenta tensioni, ingiustizie reiterate, violenze, re- gressioni: impedisce di camminare. Gesù direbbe che ci è di scandalo.

Bisognerebbe cominciare piuttosto a sottolineare le conseguen- ze sui maschi del sistema che tanto strenuamente difendiamo e che determina l’identificazione del maschile col potere impoverendo la personalità degli uomini e causando frustrazioni e violenza nel caso in cui, per i più diversi motivi, questo potere non arrivasse.

Nella «costruzione sociale» della maschilità l’uomo acquisisce la cosiddetta libido dominandi, il desiderio di dominare gli altri, che assume il carattere cristallizzato di «istituzione», che può condurre tanto alle violenze estreme dell’egotismo virile quanto ai sacrifici ultimi e dell’abnegazione e dell’altruismo.2

A complicare il tutto sta poi il fatto che questa potenza maschile deve essere riconosciuta e comprovata da altri maschi e questa ne- cessità può diventare un vero tormento.3

Il mondo del lavoro, le attività più diverse (comprese quelle eccle- siali), da sempre ambito di espressione maschile – mentre le relazioni e l’ambito domestico venivano intesi come femminili – vengono vissu- ti sulla base della libido dominandi. Nell’imprenditoria,4 per esempio,

2 A. Spallacci, Maschi, Il Mulino, Bologna 2012, 49.

3 Basta ricordare che cosa sono stati capaci di pensare gli uomini in contesto tribale per iniziare i giovani maschi e i bambini alla vita adulta, per capire fino a che punto si possa arrivare per soddisfare questi bisogni profondi di identità.

4 A. Bruni – S. Gherardi – B. Poggio, All’ombra della maschilità. Storie di im- prese e di genere, Guerini e Associati, Milano 2000.

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la maschilità si configura come un processo simbolico sotteso all’at- tività imprenditoriale ed è caratterizzato da autoritarismo, paternali- smo (l’imprenditore si identifica con l’azienda e tutti gli si affidano in un rapporto di totale fiducia), capacità di conquista (con l’esclusione dalla squadra di quelli che non si mostrano abbastanza uomini da es- sere predatori), cameratismo (per compattare il gruppo degli uomini), carrierismo (spirito di competizione e allo stesso tempo rafforzamento dell’identità maschile tramite la capacità di mantenere la famiglia).

L’affermazione di sé tramite la capacità di conquista in spazio lavo- rativo, misurata in successi e capacità di guadagno, è il luogo simbolico in cui sembra che i maschi tentino di prendersi la rivincita di fronte a una presunta inferiorità corporea rispetto alle donne. Poiché queste partoriscono figli, non hanno bisogno di trovare se stesse: l’esperienza corporea le segna in modo evidente. Gli uomini invece sembrano do- ver rincorrere la propria identità in costrutti sociali che nell’antichità coincidevano con la guerra, poi si sono spostati sul dominio parenta- le e oggi tendono a esprimersi in vari modi, ma dicono comunque il bisogno di affermare se stessi nei diversi ambiti dell’attività umana, dimostrando la propria capacità di potere. Vivendo queste dinamiche insieme alla mortificazione del proprio lato femminile (o percepito come tale), sensibile ai sentimenti e alle relazioni, moltissimi uomini finiscono per vivere anche la sessualità come un ambito di attività in cui dimostrare di valere. E tutto questo in un contesto in cui le donne svolgono le stesse attività degli uomini, al loro pari e spesso anche meglio, contraddicendo l’idea che gli uomini siano migliori in quanto tali. Chiaramente è facile smarrirsi: non solo i maschi non riescono ad affermarsi come superiori alle donne, ma questo minaccia il loro stesso essere maschi, che consisterebbe appunto in questa superiorità.

Da qui le sofferenze e anche le violenze cui abbiamo già accennato e per questi motivi da più parti si incoraggiano gli uomini a «riscoprire il proprio lato femminile», a vivere il mondo della relazione e della cura,5 a ridefinire diversamente la propria mascolinità.

Al contrario il modello patriarcale incoraggia gli uomini a distac- carsi dal proprio corpo e dalla propria emotività dominandosi fino alla negazione e vantandosi di essere autonomi e controllati, distinguendo-

5 Solo qualche esempio: M. Gauchet, La fine del dominio maschile, Vita e Pen- siero, Milano 2019; S. Deiana – M.M. Greco, Trasformare il maschile. Nella cura, nell’educazione e nelle relazioni, Cittadella, Assisi 2012; S. Ciccone, Essere maschi.

Tra potere e libertà, Rosenberg & Sellier, Torino 2009; E. Badinter, XY. De l’identité masculine, Odile Jacob, Paris 1992; A. Zatti, La psicologia maschile spiegata alle don- ne, Liguori, Napoli 2012.

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si così dalle donne, che sarebbero da disprezzare proprio perché inca- paci di questa autonomia, soggette ai sentimenti e ai ritmi biologici del corpo. Pochi decenni fa, mentre si discuteva in Parlamento l’accesso delle donne in magistratura, un deputato sostenne che non era pos- sibile che una donna facesse il magistrato perché nei giorni del ciclo mestruale sarebbe stata inaffidabile. Questa idea più che delle donne, le quali sanno bene che lavorano e si occupano di tutto in tutti i giorni del mese con la stessa solerzia e la stessa fatica, ci dice qualcosa degli uomini, che hanno bisogno di sentirsi diversi, definiti dal proprio auto- controllo, garantito da un corpo più forte e meno soggetto a mutamen- ti e influenze dei più diversi tipi. Il gioco è sempre lo stesso: disprezzare il femminile è funzionale ad affermare la propria maschilità come un non-essere-femmina. Le conseguenze sono il disprezzo/violenza con- tro le donne e la mortificazione/regressione della persona maschile.

Un’ultima osservazione riguardo i danni prodotti sulle persone maschili dalla mentalità patriarcale riguarda la sessualità. Indubbia- mente la fisiologia del rapporto sessuale – il fatto per esempio che un uomo non possa subirlo perché deve avere un’erezione, oppure il fatto che l’eccitazione sia più facile e che nessun rapporto sessuale sia in grado di causare sulla loro persona conseguenze nemmeno lonta- namente paragonabili a una gravidanza – influisce su come gli uomini sentono la propria sessualità: in qualche modo devono essere «abili»

proprio perché l’atto è reso possibile dalla modificazione del proprio corpo, inoltre devono sapersi controllare perché l’atto sia soddisfacen- te, infine possono avere rapporti con grande leggerezza e semplicità, perché non provano dolore fisico, non si sentono violati, non rimango- no incinti. Ora queste differenze, come molte altre che si potrebbero notare, si sono unite con l’idea che il maschio sia in posizione gerar- chica di preminenza rispetto alla donna, quindi avere un’erezione e penetrare una donna diventa un atto di potere e di affermazione di sé, mentre metterla incinta un vanto della propria potenza, ma può essere del tutto accessorio per la propria vita se non si è interessati alla donna e al bambino in questione.

Si è finito così per perdere la sessualità come relazione, abbando- no all’altra, intimità, desiderio e quindi debolezza. L’uomo misura la propria sessualità – che a sua volta è un indicatore del proprio essere maschi – come una prestazione: la capacità di avere un’erezione, la sua tenuta, la durata del rapporto, il numero di volte che si riesce ad avere, le dimensioni del pene. Sembra quasi che quest’ultimo non sia corpo del maschio come tutto il resto, ma abbia vita a sé e che da esso dipenda l’onore stesso della persona. Il danno più grave che deriva da

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questo insieme è la seria difficoltà per i maschi di raggiungere l’intimi- tà con l’altra persona, di incontrarla e consegnarsi a essa. Il patriarcato li ha così privati della parte più profonda di sé, li minaccia in ciò che rende umani, cioè la capacità di relazioni. La ricerca del potere, nelle sue diverse forme, si prende gran parte delle risorse della persona.

La donna in questo quadro da una parte è passiva, perché da possedere e da invadere, ma allo stesso tempo provoca rabbia perché l’uomo la sente come necessaria per dimostrare la propria potenza.

Va da sé che la relazione non viene certo facilitata. Si può pensare che nella Chiesa questo non accada, perché i ministri e i religiosi vi- vono il celibato e gli altri si sposano dando alla relazione uno spazio umanizzante, ma non è affatto vero. Il matrimonio, anche fra cristia- ni, risente purtroppo della struttura patriarcale e quindi non libera i maschi dal definirsi in base al potere e alla prestazione. E nemmeno i ministri celibi o i religiosi vivono in condizioni migliori sotto questo punto di vista, anzi può capitare che, dovendo comunque ribadire la propria identità maschile come distinta dal femminile in un contesto in cui non hanno relazioni quotidiane con le donne, la rimozione di una parte di sé sia più intensa e quindi l’impoverimento personale e il risentimento verso le donne maggiori, sfociando in ogni tipo di abusi.

In questo contesto i maschi hanno guadagnato in possibilità di vita, salute, impegno, realizzazione fattuale, decisioni politiche, insegna- mento, elaborazione della cultura, ma quello che hanno subito è un danno enorme, del quale nemmeno si accorgono perché, al contrario, a loro sembra solo di aver allontanato ciò che vengono istruiti a di- sprezzare: il mondo femminile. Il problema storico è che questo siste- ma ha i giorni contati, quello umano è che maschi e femmine pagano un prezzo personale altissimo, il problema ecclesiale infine è che i ma- schi che vogliono seguire Gesù devono prendere coscienza di aver in- troiettato un modello di maschilità che è loro di ostacolo nella sequela, altrimenti non potranno assumere la sua logica né conformarsi a lui.

NELLA CRISI GLOBALE

Credo sia il caso di prendere atto che la ricomprensione dei rap- porti fra i sessi, e la conseguente destrutturazione dell’oppressivo sistema ancora in atto, sia una questione sociale mondiale ed epoca- le, come la crisi ecologica, la povertà, le migrazioni. Uomini e don- ne sono attualmente in guerra, anche se molti non se ne accorgono, e nessuno può sperare che questa finisca con una rinnovata sotto- missione delle donne, quindi, se vogliamo la pace, occorre ridefinire

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l’identità maschile. Nella lettera enciclica Laudato si’ papa Francesco esorta ad accorgersi che la crisi ambientale è una crisi sociale, perché colpisce i più deboli insieme all’ambiente e crea ingiustizia, guerre, violenze, povertà, che a loro volta si ripercuotono sull’ambiente de- vastandolo. Non cita espressamente le donne fra i poveri, ma si può certamente estendere anche a loro quanto detto su questi, perché le donne sono sempre in fondo alla possibilità di accedere alle risorse e quindi in contesti di povertà sono povere due volte. Il papa attribui- sce al paradigma tecnocratico la responsabilità del declino morale e quindi sociale e ambientale del mondo: possiamo vedere sull’ambien- te gli effetti di un modello per cui il soggetto in posizione di potere tratta gli altri e la natura come un oggetto da sfruttare e come que- sto atteggiamento «colpisce la vita umana e la società in tutte le loro dimensioni».6 L’uomo che si erige a soggetto assoluto, dominatore sciolto da ogni relazione con Dio e con gli altri – così come lo descrive il papa – non è certo il prototipo del femminile, quanto dell’uomo ma- schio descritto secondo un modello maschile patriarcale che è ora di mettere in discussione. Quando infatti papa Francesco fa riferimento all’antropocentrismo deviato,7 richiama un modello che le nostre so- cietà propongono ai maschi, perché diventino potenti a qualunque costo. Nello stesso paragrafo si indica la possibile via di uscita:

Se la crisi ecologica è un emergere o una manifestazione ester- na della crisi etica, culturale e spirituale della modernità, non possiamo illuderci di risanare la nostra relazione con la natura e l’ambiente senza risanare tutte le relazioni umane fondamentali.

Quando il pensiero cristiano rivendica per l’essere umano un pe- culiare valore al di sopra delle altre creature, dà spazio alla valo- rizzazione di ogni persona umana, e così stimola il riconoscimento dell’altro. L’apertura a un «tu» in grado di conoscere, amare e dia- logare continua a essere la grande nobiltà della persona umana.8 Poteri economici e politici hanno interesse a nascondere la gra- vità di questa crisi sociale e ambientale che riguarda tutti i poveri e la cui soluzione passa per la capacità di vivere in modo relazionato.

Ciò che deve essere curato per interrompere il circolo vizioso dello sfruttamento e dell’ingiustizia sono le relazioni: fra esseri umani, fra

6 Francesco, lettera enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, 24 maggio 2015, n. 107.

7 Cf. ivi, n. 119.

8 Ivi.

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popoli, con la natura, fra classi sociali e anche fra maschi e femmine, fra i quali si dà un conflitto trasversale a ogni contesto umano e più sommerso degli altri. Le relazioni fra maschi e femmine non vengono ridefinite, perché le identità sessuali sono avvinghiate a un sistema che garantisce un vantaggio a quelli che sono in posizione di potere e che sono sempre maschi: lo stesso meccanismo si verifica per lo sfruttamento ambientale, per le guerre, per la povertà.

Il sistema di potere qui sfrutta i nuclei profondi della persona, perché essere sessuati e il significato attribuito alla propria sessualità definisce l’identità personale e coinvolge tutti gli aspetti relazionali, emotivi e sociali della persona. Per mettere in discussione l’identità sessuale conquistata in un complesso e faticoso processo, nonché so- cialmente approvata, ci vuole molto coraggio e una fortissima moti- vazione, come quella che l’amore di Dio riversato nei cuori può dare.

Se però non avviene il passaggio della ridefinizione dell’identità ma- schile, la guerra fra i sessi non finirà o finirà in tragedia.

LA RISORSA DEL VANGELO

Come la tradizione cristiana e lo studio critico di questa, cioè la teo- logia, possono venire in aiuto in una questione tanto epocale e delicata?

Anche qui prendiamo in prestito le parole della Laudato si’, pa- rafrasandola e riferendo alla questione delle relazioni maschio-fem- mina quello che il papa riferisce alla relazione tra esseri umani e ambiente. Anche se, purtroppo, molti che si occupano di differenza sessuale, di lotta per la liberazione delle donne, di diritti delle per- sone omosessuali, di ridefinizione della maschilità, rifiutano ogni ri- ferimento religioso, che anzi sembra loro di ostacolo, comunque la complessità della crisi è tale che «è necessario ricorrere anche alle diverse ricchezze culturali dei popoli, all’arte e alla poesia, alla vita interiore e alla spiritualità».9 Non si può escludere nessuna forma di saggezza, data la serietà della questione.

D’altra parte, anche se questa enciclica si apre a un dialogo con tutti per cercare insieme cammini di liberazione, voglio mostrare fin dall’inizio come le convinzioni di fede offrano ai cristiani, e in parte anche agli altri credenti, motivazioni alte per prendersi cura della natura e dei fratelli e sorelle più fragili».10

9 Ivi, n. 63.

10 Ivi, n. 64.

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Indice

I. IL RIPENSAMENTO DEL MASCHILE E LA CRISI GLOBALE:

PER INTRODURRE LA QUESTIONE. . . p. 7

Le relazioni fra i sessi come problema . . . » 7

Nella crisi globale . . . » 12

La risorsa del vangelo . . . » 14

Rovesciare i potenti dai troni, innalzare gli umili . . . » 16

La Chiesa e il maschile . . . » 18

II. PENSARE TEOLOGICAMENTE IL MASCHILE: QUESTIONI DI METODO . . . » 23

Discernere ciò che è autentico nella tradizione cristiana . » 23 Il Verbo si è fatto carne, ovvero la storia di Gesù determina la natura . . . » 29

Il riferimento al vissuto di Gesù . . . » 29

Storia, natura e differenza sessuale. . . » 32

Rileggere la realtà alla luce dell’esperienza credente . . . » 37

III. IL VISSUTO MASCHILE DI GESù . . . » 43

Il Verbo si è fatto carne . . . » 44

Nato dal seme di Davide secondo la carne (Rm 1,3) . . . . » 48

Nato da donna . . . » 53

Figlio di Giuseppe . . . » 59

Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo . . . » 63

Farsi piccoli: bambini, servi ed eunuchi . . . » 68

L’impotenza come virtù maschile . . . » 72

Nutrire invece di digiunare. . . » 77

Non è bene che l’uomo sia solo . . . » 85

Discepole/seguaci e apostole . . . » 87

Dalla parte delle donne . . . » 90

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Il vissuto femminile nell’insegnamento di Gesù . . . » 99

Maestre . . . » 101

La logica dello spreco . . . » 107

Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi . . . » 111

Per un maschile evangelico. . . » 117

IV. LUCE DEL MONDO E SALE DELLA TERRA . . . . » 119

Un’antropologia adeguata per maschi e femmine. . . » 120

In principio era la relazione . . . » 120

Ripartire dalla corporeità per un maschile rinnovato. . . » 126

Coppia e genitorialità . . . » 132

Sta scritto ma io vi dico (niente gerarchie e niente ruoli). . » 133

Chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome: contro la paternità virtuale . . . » 138

Per una Chiesa secondo lo stile di Gesù . . . » 146

Dire e rappresentare Dio. . . » 148

Riformare la struttura ecclesiale . . . » 154

Novità cristiana e gender system . . . » 154

Gender system e clericalismo . . . » 160

Risignificare il governo, la presidenza eucaristica e il celibato. . . » 166

CONCLUDERE PER COMINCIARE . . . » 171

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SUL MASCHILE. . . » 173

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