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I PROGETTI GENERATORI DI ENTRATE NELLA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI

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Academic year: 2022

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I PROGETTI GENERATORI DI ENTRATE

NELLA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI

Francesco Natale

Titoli e istituzione di appartenenza:

Francesco Natale: Professore Aggregato di Economia e Management delle Aziende e dei Servizi Pubblici presso la Facoltà di Economia dell’Università del Salento e componente del Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici della Regione Puglia

Corrispondenza, Autore e Indirizzo: Francesco Natale c/o Ecotekne, Via per Monteroni, 73100 LECCE – francesco.natale@unisalento.it

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I PROGETTI GENERATORI DI ENTRATE

NELLA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI

The revenue generating projects in the assessment of public investments

In quest’articolo si propone un’analisi degli aspetti tecnici e metodologici inerenti i progetti generatori di entrate nell’ambito della valutazione degli investimenti pubblici. Partendo dal ruolo dei finanziamenti comunitari a sostegno degli investimenti pubblici, si delinea l’importanza dell’Analisi Costi-Benefici nella valutazione dell’efficacia delle politiche di investimento, approfondendo il caso dei progetti generatori di entrate e della metodologia per determinare il livello di contributo pubblico da assegnare a questi iniziative. L’obiettivo del lavoro è fornire elementi di riflessione, nonché strumenti e metodologie, previsti dalla regolamentazione comunitaria, per facilitare ed incentivare le amministrazioni pubbliche ad intraprendere politiche di investimento capaci di autofinanziarsi, riducendo di fatto l’utilizzo di risorse pubbliche.

In this article we propose an analysis of the technical and methodological aspects concerning the revenue-generating projects in the evaluation of public investments. Starting from the role of EU funding to support public investments, the importance of Cost-Benefit Analysis in assessing the effectiveness of investment policies is outlined, investigating the case of revenue- generating projects and the methodology for determining the level of contribution public to be assigned to these initiatives. The objective of the work is to provide elements of reflection, as well as tools and methodologies, foreseen by the community regulation, to facilitate and incentivize public administrations to undertake investment policies capable of self-financing, effectively reducing the use of public resources.

KEYWORDS: public investments, assessment, european funds, cost/benefit analysis, revenue generating projects, funding gap.

SOMMARIO: 1. La valutazione degli investimenti pubblici. Considerazioni introduttive - 2. I finanziamenti europei a sostegno degli investimenti pubblici - 3. L’Analisi Costi- Benefici nel quadro dei Fondi europei per gli investimenti - 4. I progetti generatori di entrate. Inquadramento comunitario - 5. Il “deficit di finanziamento” e le modalità di determinazione del contributo pubblico - 6. Le variabili e gli indicatori da utilizzare nei metodi di determinazione del contributo pubblico - 7. Riflessioni conclusive

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I PROGETTI GENERATORI DI ENTRATE

NELLA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI

1. La valutazione degli investimenti pubblici. Considerazioni introduttive

L’Italia, solo negli ultimi anni, ha evidenziato un confortante incremento dei flussi di spesa destinati agli investimenti pubblici1. Tutto ciò a margine di un lungo periodo caratterizzato da una strutturale contrazione della spesa di investimento. Tale fenomeno è stato dovuto in parte alle tensioni finanziarie e alle azioni di risanamento dei conti pubblici e in parte all’insufficiente capacità di elaborazione progettuale, peculiare caratteristica della pubblica amministrazione italiana che, spesso, è risultata incapace di adattarsi alle logiche e ai principi organizzativi e gestionali dettati dal New Public Management.

Pertanto, il ritardo infrastrutturale evidenziato dall’Italia, rispetto ad altri paesi della cosiddetta “Area Euro”, è stato determinato, oltre che dalla fievole dinamicità delle politiche di investimento pubblico anche da una fase recessiva, dovuta alla crisi finanziaria, che è stata più lunga e severa e dalla quale il nostro Paese sta cercando ancora oggi di uscire.

Le ripercussioni più evidenti si sono manifestate soprattutto negli enti locali, che rappresentano i destinatari diretti della quota più rilevante di spesa pubblica per infrastrutture. L’Italia continua a soffrire di gravi squilibri territoriali e di un importante fabbisogno di crescita e sviluppo infrastrutturale, condizione che non gli permette di essere sufficientemente competitiva.

Il fabbisogno di finanziamento delle infrastrutture per lo sviluppo richiede, dunque, grandi risorse sia in termini finanziari che di capitale umano. Gli investimenti devono riguardare innanzitutto le reti connettive dei sistemi economici, a partire dalle infrastrutture di telecomunicazione (banda larga), dell’energia (reti elettriche e del gas, incluse quelle “intelligenti” le cd. smart grids) e di trasporto di persone e merci (reti e nodi, logistica integrata, trasporti pubblici di massa), e ulteriormente comprendere anche i servizi idrici e ambientali, i sistemi scolastici, sanitari e della giustizia, nonché la rigenerazione delle aree urbane.

La ripresa italiana è, dunque, più lenta e faticosa anche per il peso dell’eredità lasciata dalla crisi. Gli investimenti pubblici, però, possono rappresentare l’elemento chiave per mettere alle spalle i retaggi del passato e per tentare di accelerare la ripresa.

Ciò premesso, è facile comprendere come il solo aumento della quota di risorse destinate agli investimenti pubblici sia di per sé insufficiente per ridurre il gap accumulato in questi anni dall’Italia, perciò devono aggiungersi ulteriori azioni, in grado di premiare una più attenta e trasparente selezione delle alternative di investimento, fondamentali per evitare la dispersione delle già scarse risorse pubbliche e di individuare preventivamente gli ostacoli che potrebbero ritardare, impedire o stravolgere gli interventi da realizzare. La valutazione si rivela un utile strumento di

1 Nel 2014 la percentuale di spesa per investimenti fissi lordi dell’Italia (2,2%) è stata inferiore della media europea. Guardando agli enti locali, gli investimenti fissi lordi sono passati dai 15 miliardi del 2005 ai poco più di 8 miliardi del 2014. Nel 2015 gli impegni in conto capitale hanno segnato una ripresa decisa + 1,3 miliardi. Nel 2016 si è determinato un ulteriore incremento del 10%. Mentre, il 2017 ha evidenziato una leggera flessione negli investimenti, portando l’Italia nella stessa posizione della Spagna.

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supporto del processo decisionale degli investimenti pubblici, consente di ridurre sia l’inefficienza nell’impiego delle risorse e sia i tempi di realizzazione dei progetti.

La decisione dell’amministrazione pubblica deve tenere conto di due fattori:

a. il primo consiste nel riconoscimento di un’effettiva convenienza sociale dell’investimento, fondamentale per fare una scelta nell’interesse della collettività;

b. il secondo fattore da considerare è l’opportunità economica di un progetto di investimento che rappresenta la possibilità di creare valore per la collettività.

Quindi è evidente come la valutazione di un investimento pubblico non abbia soltanto valenza interna, in quanto l’investimento prescelto produrrà effetti che si riverbereranno su tutti i portatori di interessi sia interni che esterni. Si potrebbe, infatti, verificare il caso in cui una scelta non ponderata adeguatamente, utilizzando dati oggettivi, o percepita in maniera deviata dalla collettività, risulti insostenibile. Si evidenzia, dunque, l’importanza del riferimento a informazioni il più possibile oggettive, in maniera tale che il processo di valutazione-decisione non sia inficiato da informazioni arbitrarie e ampiamente soggettive, le quali potrebbero compromettere il fine stesso della valutazione e cioè l’ottimizzazione dell’uso delle risorse e il raggiungimento del consenso da parte dei cittadini. Viene in questo modo messa in risalto l’importanza della valutazione degli investimenti pubblici nell’ottica dell’effettiva convenienza sociale.

Al fine di ottimizzare l’impiego delle risorse pubbliche, nel tempo si sono susseguiti autorevoli richiami ai policy makers, diretti ad accertare la fattibilità tecnica, finanziaria ed economica dei progetti. In primis, la Banca Centrale Europea ha evidenziato più volte come l’opportunità di consolidare i benefici della spesa infrastrutturale sul PIL dipenda necessariamente dalla qualità dell’accumulazione pubblica, che può esistere solo se verificata da una rigorosa valutazione dei progetti. La Banca Mondiale ha continuamente sottolineato il ruolo fondamentale della valutazione nel processo decisionale degli investimenti pubblici fondato sull’analisi delle alternative progettuali e sulla valutazione dell’efficacia della soluzione prescelta sulla base di indicatori verificabili.

È di fondamentale importanza l’esecuzione di istruttorie fondate su metodologie standardizzate che permettano di individuare una o più soluzioni in relazione ai bisogni da soddisfare e che incorporino nello studio di fattibilità, un’analisi costi-benefici, le valutazioni d’impatto ambientale e l’apprezzamento di eventuali rischi.

Pertanto, accanto a queste nuove tendenze nelle metodologie valutative è necessario che le amministrazioni pubbliche si dotino di una innovata capacità di programmare e gestire il finanziamento degli investimenti, attraverso la diffusione di strumenti finanziari rivolti a progetti di opere e di servizi potenzialmente generatori di entrate.

Questi strumenti non sono in grado di sostituire i finanziamenti “a fondo perduto”, ma piuttosto di integrarli in un’ottica di “blended funding” dei piani di investimento locali:

più fonti di finanziamento e più soggetti possono essere mobilitati ed indirizzati verso obiettivi di investimento per lo sviluppo.

È evidente che, privilegiare progetti di investimento generatori di entrata, da un lato, riduce il ricorso a risorse strettamente pubbliche, da l’altro, però, richiede un processo di analisi ed un iter valutativo particolarmente puntuale tendente a validare la sostenibilità finanziaria del progetto che, nel caso specifico, è garantita oltre che da una quota di finanziamento pubblico anche dalle entrate nette che si generano dalla gestione dell’opera. Su questo argomento, come vedremo nell’ambito di questo studio, i

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Regolamenti europei sono particolarmente puntuali, essendo i finanziamenti comunitari la modalità più ricorrente di sostegno agli investimenti pubblici.

2. I finanziamenti europei a sostegno degli investimenti pubblici

Gli investimenti pubblici sono diretti alla realizzazione o all’implementazione di opere (infrastrutture, strade, ponti, ospedali, scuole, ecc.) o di servizi (educazione, sanità, trasporto) che hanno utilità pubblica. L’investimento richiede, dunque, la disponibilità di mezzi di finanziari che possono provenire sia da fonti interne (autofinanziamento) che da fonti esterne.

In specifico, le diverse alternative di finanziamento di un investimento pubblico sono riferibili alla diversa natura delle fonti di finanziamento, ovvero:

a. risorse proprie (entrate in conto capitale e in conto corrente, operazioni di cartolarizzazione dei cespiti, privatizzazione di beni immobiliari pubblici, impiego di risorse pubbliche anche attraverso il cambiamento di destinazione d’uso dei beni privati, etc.);

b. trasferimenti a fondo perduto in conto capitale e in conto esercizio erogati da altre istituzioni pubbliche nazionali (CIPE – Fondo di Coesione e Sviluppo) e sovranazionali (Unione Europea – Fondi a gestione diretta e Fondi strutturali);

c. indebitamento presso istituzioni finanziarie pubbliche (per esempio, la Cassa depositi e prestiti, la Banca europea degli investimenti, etc.) o presso operatori finanziari privati (banche ed altri intermediari);

d. ricorso al mercato finanziario (emissione di buoni ordinari degli enti locali - BOC e delle regioni - BOR);

e. finanziamenti basati sulle partnership pubblico/privato (project finance).

Nell’ambito dei finanziamenti a fondo perduto, assumono particolare importanza le misure messe a disposizione dall’Unione Europea, attraverso la strategia “Europa 2020”

nata per uscire dalla crisi economica e rilanciare la crescita e l’occupazione. “Europa 2020” intende creare le condizioni favorevoli a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva attraverso il conseguimento di cinque ambiziosi obiettivi quantitativi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, clima ed energia.

Per perseguire i su menzionati obiettivi strategici l’Unione Europea agisce attraverso due diverse modalità di intervento:

1. i fondi a gestione diretta, ovvero gestiti a livello centrale direttamente dalla Commissione Europea, di cui la misura più importante è “Horizon 20202”;

2. i fondi strutturali di investimento (Fondi SIE), ossia gestiti indirettamente tramite un sistema di “responsabilità condivisa” tra la Commissione Europea e le autorità degli Stati Membri.

Normalmente i programmi a gestione diretta non prevedono la realizzazione di opere a carattere strutturale su base nazionale o regionale (competenza peculiare dei Fondi strutturali), ma la realizzazione di progetti innovativi elaborati secondo il principio del

2 Horizon 2020 è il nuovo principale strumento di finanziamento europeo nel settore della ricerca e dell’innovazione, chiamato ad assicurare l’attuazione dell’iniziativa faro “Unione dell’Innovazione”, nell’ambito della strategia Europa 2020. Garantisce la competitività globale dell’Unione, attraverso l’incentivazione di una nuova crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro.

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partenariato: i programmi tematici finanziano essenzialmente idee innovative, scambi di esperienze, migliori pratiche da realizzare in partenariato con altri Paesi.

Invece, circa l’80% del bilancio dell’UE è gestito in collaborazione con le amministrazioni nazionali e regionali con un sistema di “gestione concorrente”, mediante i cosiddetti Fondi SIE che operano congiuntamente per lo sviluppo equilibrato delle diverse regioni europee e, per il periodo 2014-2020, contribuiscono a mettere in atto la strategia Europa 2020. I Fondi SIE, pertanto, rappresentano il principale strumento della politica di investimenti della UE e sono disciplinati dal Regolamento 1303/2013.

In questo caso, La Commissione europea mantiene la responsabilità finale nell’esecuzione del bilancio, attuando procedure di liquidazione dei conti o meccanismi di rettifiche finanziarie, mentre i Ministeri e le Regioni hanno il compito di programmare gli interventi, stilare e applicare le procedure di selezione e i criteri di sovvenzionabilità, occuparsi della gestione finanziaria e delle attività di controllo sui programmi.

Fanno parte dei Fondi SIE: il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR).

Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) si prefigge di rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale nell’Unione Europea agendo sugli squilibri tra le regioni. Il FESR sostiene lo sviluppo regionale e locale, al fine di contribuire al conseguimento di tutti gli obiettivi tematici, attraverso la definizione di priorità che pongano l’accento su:

- il sostegno alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione;

- lo sviluppo urbano sostenibile;

- il miglioramento dell’accesso e della qualità delle tecnologie ICT;

- il cambiamento climatico e la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio;

- la competitività delle piccole e medie imprese;

- il potenziamento delle infrastrutture e dei servizi di pubblico interesse.

Il FESR contribuisce, dunque, al finanziamento di:

- investimenti produttivi che permettono di creare e salvaguardare posti di lavoro durevoli;

- investimenti nel settore delle infrastrutture dei trasporti e dell’ambiente;

- investimenti in strutture per l’istruzione e la sanità;

- misure di animazione e di sostegno alle iniziative per lo sviluppo locale e l’occupazione, nonché alle attività delle PMI, anche attraverso incentivi ai servizi;

- attività di trasferimento tecnologico e di accesso al credito.

Il Fondo Sociale Europeo (FSE), oltre a contribuire alla coesione sociale, territoriale ed economica, rappresenta il principale strumento finanziario a disposizione dell’Unione Europea per investire nelle risorse umane. Tale fondo, consente di accrescere le opportunità di occupazione dei cittadini europei, promuovere lo sviluppo dell’istruzione e migliorare la situazione dei soggetti più vulnerabili e a rischio di povertà. Tra il 2014 e il 2020 sono previsti, negli Stati membri, investimenti in capitale umano per oltre 80 mld di euro, di cui 3,2 mld a beneficio dell’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile. In particolare, gli obiettivi del FSE nel periodo 2014-2020 sono:

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- l’inserimento lavorativo: il FSE collaborerà con le organizzazioni di tutta l’Unione Europea, al fine di avviare progetti mirati a formare i cittadini e ad aiutarli a trovare un’occupazione. Troveranno appoggio anche le iniziative tese a sostenere gli imprenditori tramite fondi di avviamento e le aziende che devono affrontare una riorganizzazione o la mancanza di lavoratori qualificati;

- l’inclusione sociale: assicurare ai cittadini un posto di lavoro è il metodo più efficace per garantire loro indipendenza e sicurezza finanziaria;

- gli investimenti in istruzione, competenze e apprendimento permanente: il FSE finanzia progetti volti a migliorare l’istruzione e la formazione e ad assicurare che i giovani completino il loro percorso di studio e ottengano competenze necessarie per trovare lavoro;

- il miglioramento della capacità istituzionale e dell’efficienza della amministrazione pubblica: tale fondo, asseconderà gli sforzi degli Stati membri per il miglioramento della qualità della governance e dell’amministrazione pubblica.

Il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) sostiene la politica europea in materia di sviluppo rurale e, a tal fine, finanzia i programmi di sviluppo rurale svolti in tutti gli Stati membri e nelle regioni dell’Unione. Nel ciclo di programmazione 2014- 2020 il FEASR, per la prima volta, è stato specificamente inserito nel quadro politico dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE). Il FEASR ha tre obiettivi principali:

1. migliorare la competitività del settore agricolo;

2. garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali e promuovere azioni per il clima;

3. raggiungere uno sviluppo territoriale equilibrato delle economie e delle comunità rurali, compresa la creazione e il mantenimento di posti di lavoro.

Con riferimento ai criteri di allocazione dei Fondi SIE, viene di fatto operata la seguente distinzione tra le Regioni Europee:

- regioni meno sviluppate: PIL pro-capite inferiore al 75% della media del PIL UE27 (in Italia: Calabria, Sicilia, Campania e Puglia);

- regioni di transizione: PIL pro-capite compreso tra il 75% e il 90% della media del PIL UE27;

- regioni meno sviluppate: PIL pro-capite superiore al 90% della media del PIL UE27.

Per garantire la concentrazione degli investimenti dell’Unione Europea sulle priorità indicate, vengono definiti stanziamenti minimi per alcune aree prioritarie. Ad esempio, per i fondi FESR, nelle regioni più sviluppate e in quelle di transizione, almeno l’80%

delle risorse a livello nazionale deve essere stanziato per interventi in efficienza energetica, energie rinnovabili, innovazione e sostegno alle PMI, di cui almeno il 20%

solo per le prime due voci. Nelle regioni meno sviluppate, che hanno interesse anche per altre tematiche, lo stanziamento richiesto sugli stessi obiettivi scende al 50%.

Le modalità di accesso ai finanziamenti dell’Unione Europea si differenziano a seconda che si tratti di Fondi diretti o di Fondi SIE.

Con riferimento ai fondi diretti, le proposte di progetto vanno presentate direttamente alle Direzioni Generali della Commissione europea che gestiscono le singole linee di finanziamento o alle Agenzie esecutive da essa delegate. In questo caso i contributi finanziari della Commissione europea possono essere erogati sotto forma di sovvenzioni o appalti. Le sovvenzioni (grants) vengono assegnate a sostegno di progetti od organizzazioni che portano avanti gli interessi dell'Unione europea, o contribuiscono

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alla realizzazione di un programma o di una politica dell’UE. I progetti e le organizzazioni sono selezionati tramite inviti a presentare proposte (call for proposals).

Per presentare, invece, una proposta di progetto nell’ambito dei Fondi SIE, trattandosi di fondi indiretti, è necessario rivolgersi alle singole Autorità di gestione dei Programmi operativi: normalmente le Amministrazioni regionali nel caso di Programmi operativi regionali (POR) o i Ministeri nei casi dei Programmi operativi nazionali (PON).

L’Autorità di gestione, attraverso i Nuclei di valutazione e verifica, sono gli organismi incaricati di valutare i progetti ricevuti e di decidere se accordare il finanziamento sulla base di uno studio di fattibilità3 corredato da un’Analisi Costi-Benefici (ACB).

3. L’Analisi Costi-Benefici nel quadro dei Fondi europei per gli investimenti La politica di coesione dell’Unione Europea persegue gli obiettivi di crescita e occupazione contenuti nella strategia Europa 2020. La scelta di progetti di elevata qualità, che garantiscano il miglior rapporto costi-benefici e il maggior impatto sulla crescita e sull’occupazione, rappresenta un fattore chiave di successo per la strategia complessiva.

Pertanto, l’Analisi Costi-Benefici (ACB), anche insieme ad altri strumenti, rappresenta uno degli elementi fondamentali per il processo decisionale relativo al finanziamento dei progetti strategici all’interno dei Programmi Operativi (PO) del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e del Fondo di Coesione e Sviluppo.

L’Analisi Costi-Benefci è, dunque, parte integrante dello Studio di Fattibilità, il quale si articola in quattro parti:

1. individuazione delle fonti dell’idea-progetto;

2. specificazione e descrizione delle alternative progettuali;

3. analisi di fattibilità (attivabilità);

4. analisi di convenienza.

È nell’ambito dell’analisi di convenienza economica e sociale di un investimento che si colloca l’ACB, che rappresenta una metodologia analitica in grado di studiare e prevedere gli effetti prodotti da un progetto, da un programma o da un investimento, verificando se, con la realizzazione dell’intervento, la società/collettività, a fronte di un costo, ottenga un reale beneficio in termini economici e sociali (soddisfazione di un bisogno, aumento della qualità della vita, ecc.). È uno strumento di supporto alle decisioni pubbliche, poiché attraverso il calcolo dei costi e dei benefici, associati alla realizzazione di un investimento, evidenzia la proposta migliore fra più alternative progettuali. Essa è costituita, dunque, da un set di regole operative volte a guidare le scelte del decisore pubblico tra diverse ipotesi alternative di intervento, al fine di identificare, valutare e confrontare i vantaggi e gli svantaggi di un dato investimento.

L’ACB di progetti e/o programmi pubblici ha come regola guida quella di massimizzare i benefici sociali. Diviene perciò evidente che la valutazione di un progetto pubblico di investimento si traduca, sostanzialmente, nell’esclusiva considerazione dei costi e dei

3 Lo Studio di Fattibilità è un elaborato tecnico di natura interdisciplinare finalizzato ad individuare una o più soluzioni in relazione ai bisogni da soddisfare. Esso deve essere impostato e realizzato in modo da raggiungere l’obiettivo di trasformare l’iniziale idea-progetto in una specifica ipotesi di intervento, attraverso l’identificazione, la specificazione e la comparazione di due o più alternative, atte a evidenziare modalità diverse di realizzazione dell’idea originaria e idonee a produrre un insieme di informazioni di carattere tecnico ed economico-finanziario, che consentano all’amministrazione pubblica competente di elaborare una decisione di investimento fondata e motivata.

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benefici sociali generati dal progetto, ovvero nella formulazione di un giudizio di

“desiderabilità” del progetto stesso.

Obiettivo metodologico dell’ACB è, dunque, la determinazione del cosiddetto

“beneficio netto”, che si ottiene con la massimizzazione della differenza tra i benefici e i costi associati alla realizzazione di un progetto. In altre parole, il confronto tra queste due grandezze (costi e benefici) deve produrre un incremento (beneficio netto) nel livello di benessere di una collettività tale da consigliare la realizzazione dell’investimento. Si può cioè considerare l’ACB come un metodo utile per organizzare le informazioni disponibili sui vantaggi (benefici) e gli svantaggi (costi), sia individuali che sociali, associati ad una particolare decisione pubblica. Tali informazioni è necessario che siano espresse in termini numerari, affinché tutte le grandezze considerate siano omogenee e direttamente comparabili.

La decisione pubblica deve poter essere messa in relazione ad una molteplicità di alternative progettuali; infatti, anche quando sembra esistere un’unica alternativa, la valutazione è fatta comparando le situazioni “con” o “senza” intervento, considerando lo scenario “senza progetto” una vera e propria alternativa all’ipotesi di realizzazione di un investimento.

Pertanto, la metodologia prevede che la decisione sia presa sulla base della migliore alternativa possibile, garantita dalla più adeguata convenienza economica e sociale del progetto prescelto. A tal proposito, le principali fasi dell’ACB sono:

1. la definizione dei costi e dei benefici;

2. la valutazione dei costi e dei benefici;

3. il confronto tra i costi e i benefici associati ad un determinato progetto di investimento.

In generale, nella definizione e valutazione dei costi e dei benefici bisogna tenere conto della distinzione in primari e secondari. I primi sono valori determinati da effetti diretti del progetto. I secondi, invece, scaturiscono da effetti indiretti e per tale motivo difficili da individuare. Inoltre, in questa categoria ricadono generalmente voci difficilmente monetizzabili quali, per esempio, gli effetti sull’ambiente.

Una volta individuati e stimati, in termini monetari, tutti i costi e i benefici, la valutazione vera e propria avviene aggregando le rispettive voci e confrontandole. In linea di principio, per ciascun anno di vita del progetto, si calcola un beneficio economico-sociale totale a cui va sottratto il corrispondente costo economico-sociale totale, ottenendo così un beneficio economico-sociale netto. L’insieme di tutti i benefici economico-sociali netti, riferibili a ciascun anno di vita del progetto, non potendo essere sommariamente addizionati al fine di ottenere un valore complessivo, in quanto vi è una generale disomogeneità temporale dei valori, devono essere attualizzati, in modo che i valori rilevati in tempi recenti (t1) abbiano un “peso” maggiore rispetto a quelli rilevati in tempi remoti (t3). Il “peso” varia a seconda dell’anno di vita del progetto e prende il nome di “tasso di sconto4”:

4 Per l’analisi finanziaria si utilizza un tasso di sconto finanziario, mentre per l’analisi economica un tasso di sconto sociale. Il tasso di sconto finanziario è rappresentato dal costo opportunità del capitale, cioè il mancato guadagno di un suo impiego alternativo. Il tasso di sconto sociale riflette, invece, la preferenza sociale su come valutare costi e benefici presenti rispetto a quelli futuri.

1 Sn =

(1 + i) ͭ

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dove t è il numero di anni che distanziano t3 da t0. Mentre la scelta del valore i è fondamentale in quanto influenza i valori dei costi e dei benefici del progetto.

Una volta attualizzati e aggregati i valori, la comparazione fra i costi e i benefici rilevati si sviluppa ricorrendo a criteri diversi, detti appunto “criteri di investimento”, il cui risultato determina l’opportunità o meno della realizzazione del progetto stesso.

Pertanto, è possibile definire i criteri di investimento come gli indicatori sintetici finali dell’ACB, il cui obiettivo è quello di permettere al decisore pubblico di definire un ordine di preferibilità tra più alternative di progetto.

I principali indicatori di convenienza economico-sociale sono quindi:

- il Valore attuale netto (VAN);

- il Tasso interno di rendimento (TIR);

- il Rapporto Benefici/Costi (B/C);

- il Payback period, ovvero il tempo di recupero dell’investimento.

Il Valore attuale netto (VAN) è il valore dato dalla somma dei flussi di cassa futuri attesi dal progetto attualizzati. È l’indicatore più utilizzato perché considera contemporaneamente i flussi di cassa, la loro distribuzione temporale e il valore finanziario nel tempo. Il VAN può essere finanziario (VANf) o economico (VANe) a seconda che si utilizzino i flussi di cassa dell’analisi finanziaria o di quella economica.

Esso, dunque, è calcolato come somma algebrica di tutti i flussi di cassa (FC) del progetto, attualizzati al tasso i e dove t è la durata complessiva del progetto.

VAN (S) =

Σ

Il criterio di decisione basato sul VAN prevede l’accettazione di un progetto di investimento qualora il VAN sia positivo, ovvero nel caso in cui l’investimento sia in grado di generare ritorni superiori alle risorse impiegate nel progetto. Tra più progetti di investimento con un valore netto positivo è ovviamente preferibile quello con il VAN più elevato;

VAN > 0 → progetto accettabile VAN < 0 → progetto da scartare

Il Tasso interno di rendimento (TIR) è il tasso che rende nullo il valore attuale netto (FC) del progetto ed esprime il rendimento dei flussi di cassa di un investimento.

Rispetto agli altri indici, il TIR è una misura più accurata in quanto considera i flussi monetari e la loro distribuzione temporale; esso ha, inoltre, il pregio di essere espresso in termini percentuali e di essere quindi di immediata interpretazione. Il calcolo del TIR viene utilizzato per valutare la convenienza o meno di un investimento, attraverso il confronto con un tasso di rendimento soglia. In generale, il tasso soglia preso come riferimento è dato dal costo medio del capitale (WACC). Quindi, vengono presi in considerazione i progetti con un TIR5 superiore al WACC.

TIR → VAN (S) =

Σ

= 0

5 Se “i” rappresenta il costo opportunità del capitale, il TIR può essere interpretato come il massimo valore che “i” può assumere senza generare una perdita netta rispetto ad utilizzi alternativi del capitale investito.

n

t =1

FCt

(1+i) ͭ

n

t=1

FCt

(1+ i) ͭ

™™²

(11)

Il Rapporto Benefici/Costi di un progetto di investimento è un indicatore che, operativamente, richiede la divisione, scontata al tempo presente e a un tasso determinato, tra i benefici e i costi futuri derivanti dall’intervento:

Σ

B/C =

Σ

Se tale rapporto è maggiore di 1, il progetto risulta accettabile.

Il periodo di recupero del capitale investito (Payback Period), rappresenta, invece, il numero di periodi o frazioni di periodo necessari, affinché i flussi di cassa positivi (entrate) del progetto eguaglino i flussi di cassa negativi (uscite). Questo indicatore suggerisce di scegliere, tra più progetti alternativi, quello che consente di raggiungere, nel più breve tempo possibile, il pareggio tra uscite ed entrate di progetto. Questo metodo può essere utilizzato solo per la valutazione iniziale e per la descrizione del progetto, in quanto non tiene conto di diversi fattori: quali i risparmi realizzati dopo il tempo di payback, il tasso di ritorno dell’investimento, ecc.. Però affiancato ad altri indicatori fornisce un’ulteriore base per consolidare le scelte relative ad una operazione di investimento.

Come fin qui dimostrato, dunque, l’ACB comporta un certo livello di incertezza derivante dalle ipotesi effettuate sull’andamento delle variabili esaminate. È evidente come in una analisi ex ante sia richiesta una capacità previsionale che implica necessariamente o purtroppo una dose di rischio. L’incertezza di stima dei dati e dei parametri, utilizzati come base per i calcoli, deve essere anch’essa valutata insieme agli altri criteri di giudizio. Pertanto, gli strumenti a supporto dell’ACB per il trattamento dell’incertezza sono l’analisi del rischio e l’analisi di sensibilità. L’analisi del rischio consiste nello studio delle probabilità che il progetto ottenga una performance soddisfacente, nonché della variabilità del risultato rispetto alla migliore stima effettuata. La procedura consigliata per lo studio del rischio prevede, però, che esso sia preceduto e basato sull’analisi di sensibilità, ovvero su quella metodologia che consente di identificare le variabili “critiche” del progetto, ovvero quelle fra tutte le variabili del progetto, le cui variazioni, positive o negative, hanno il maggiore impatto sulle sue performance finanziarie e/o economiche. L’analisi viene condotta modificando i valori associati a ciascuna singola variabile e valutando l’effetto di tale cambiamento sul VAN.

Una componente particolarmente rilevante dell’analisi di sensibilità è il calcolo dei

“valori soglia”. Si tratta di quei valori che le variabili analizzate dovrebbero assumere, affinché il VAN di progetto diventi pari a zero, o più in generale, il risultato del progetto scenda al di sotto del livello minimo di accettabilità. L’impiego dei valori soglia nell’analisi di sensibilità consente di giudicare il rischio del progetto e l’opportunità di intraprendere azioni di prevenzione del rischio.

Infine, l’analisi di sensibilità deve essere completata con un’analisi di scenario che studi l’impatto generato sul progetto dalle combinazioni di valori delle variabili critiche, assunte contemporaneamente. In particolare, può risultare utile considerare combinazioni di valori “ottimistici” e “pessimistici” delle variabili critiche, al fine di

n

t =1

Bt

(1+i) ͭ

n

t =1

Ct

(1+i) ͭ

(12)

costruire scenari realistici estremi in negativo e positivo. Per definire gli scenari ottimistici e pessimistici è necessario scegliere, per ciascuna variabile, i valori estremi (minimi e massimi) entro una scala realistica di valori (range). Per ogni scenario sono quindi calcolati gli indicatori di performance incrementali del progetto. Sulla base dei risultati dell’analisi, è possibile formulare ulteriori giudizi circa i rischi del progetto.

Orbene, se quanto sopra esposto evidenzi come l’utilità dell’ACB, nella definizione della fattibilità finanziaria e della sostenibilità economica e sociale di un progetto di investimento, sia elemento imprescindibile per l’efficacia delle decisioni pubbliche, è altrettanto vero che, l’ACB è anche lo strumento attraverso il quale si può quantificare, grazie al suo livello di analisi, il contributo massimo concedibile, a valere sui Fondi SIE, per quelle operazioni di investimento che generano entrate nette. Il principio di fondo su cui si basa questo ulteriore obiettivo dell’ACB è stabilire se il progetto di investimento genera entrate proprie nette; in tal caso, è giusto non fare incidere l’intero investimento su fondi pubblici, ma creare un adeguato equilibrio tra risorse pubbliche e flussi finanziari prodotti dell’operazione di investimento.

4. I progetti generatori di entrate. Inquadramento comunitario

Il sostegno agli investimenti pubblici nel nostro Paese, come nel resto dei Paesi membri dell’Unione Europea (UE), è garantito dai Fondi SIE. Per impiegare nel modo migliore questi fondi, bisogna fare in modo che si eviti la possibilità di sovra-finanziare progetti che generano entrate nette. Di solito, gli interventi infrastrutturali di interesse pubblico non generano entrate, non hanno quindi sostenibilità economica autonoma (ad esempio strade locali, interventi per la difesa dell’ambiente, ecc.). Pertanto, il loro peso finanziario grava interamente sulle risorse pubbliche.

Tuttavia, però, sono presenti, nei processi di investimento, interventi che invece generano entrate nette. Ai sensi dell’art. 61 del Regolamento UE 1303/2013, per entrate nette si intendono “i flussi finanziari in entrata pagati direttamente dagli utenti per beni o servizi forniti dall’operazione, quali le tariffe direttamente a carico degli utenti per l'utilizzo dell’infrastruttura, la vendita o la locazione di terreni o immobili o i pagamenti per i servizi, detratti gli eventuali costi operativi e costi di sostituzione di attrezzature con ciclo di vita breve sostenuti durante il periodo corrispondente. I risparmi sui costi operativi generati dall’operazione sono trattati come entrate nette a meno che non siano compensati da una pari riduzione delle sovvenzioni per il funzionamento”. Ciò premesso, per progetto generatore di entrate si intende invece:

- qualsiasi operazione che comporti un investimento in infrastrutture il cui utilizzo sia soggetto a tariffe direttamente a carico degli utenti;

- qualsiasi operazione che comporti la vendita o la locazione di terreni o immobili;

- qualsiasi altra fornitura di servizi contro pagamento di un corrispettivo.

I progetti generatori di entrate, dunque, sono progetti capaci di produrre – grazie agli oneri tariffari direttamente sostenuti dagli utenti – entrate finanziarie nette derivanti dalla gestione dell’intervento (Tabella 1.), in grado di remunerare il soggetto che ha sostenuto il costo del progetto. In tal modo, i rientri finanziari netti generati riducono il costo dell’investimento sostenuto dall’investitore e conseguentemente la quota parte dell’investimento che può fruire di un contributo pubblico a carico delle risorse dei programmi comunitari.

(13)

Al fine di evitare che un progetto generatore di entrate sia finanziato oltre il necessario (sovra-finanziamento) garantendo, allo stesso tempo, la disponibilità di risorse necessarie e sufficienti per la sua attuazione, è fondamentale fare in modo che il contributo pubblico copra esclusivamente il costo effettivamente sostenuto per la realizzazione del progetto (definito al netto delle entrate nette che ne derivano e che rappresentano il margine lordo di auto finanziamento).

Tabella 1. – Esempi di progetti generatori di entrate

Generatori di flussi finanziari Tipologie di investimento pubblico

Tariffe per utilizzo strutture

 Strade con pedaggio

 Parcheggi

 Approvvigionamento idrico

 Aeroporti

 Porti

 Ferrovie

 Piscine

 Impianti sportivi Introiti per locazione di terreni e immobili

 Sale per convegni

 Edifici per eventi

 Aree per ospitare manifestazioni e spettacoli

Tariffe per servizi

 Scuole

 Musei

 Teatri

 Asili nido

 Mense

 Strutture sanitarie

La normativa comunitaria, comunque, definisce, al paragrafo 7 dell’art.61 del Reg. UE 1303/2013, i casi in cui il calcolo delle entrate nette è escluso, ovvero:

- operazioni o parti di operazioni sostenute esclusivamente dal FSE;

- assistenza rimborsabile soggetta all’obbligo di rimborso completo e ai premi;

- assistenza tecnica;

- sostegno da o a strumenti finanziari;

- operazioni per le quali il sostegno pubblico assume la forma di somme forfettarie o tabelle standard di costi unitari;

- operazioni eseguite nell’ambito di un piano d’azione comune;

- operazioni per le quali gli importi o i tassi del sostegno sono definiti nell’Allegato II del regolamento FEASR;

- operazioni per le quali il sostegno nell’ambito di un programma costituisce:

a. aiuti “de minimis6”;

6 Lo Stato e le altre amministrazioni pubbliche possono erogare aiuti alle imprese solo nel limite di determinati massimali, fissati in percentuale sugli investimenti, autorizzati espressamente dalla Commissione Europea. L’importo totale massimo degli aiuti di questo tipo ottenuti da una impresa non può superare, nell’arco di tre anni, i 200.000 euro. Ciò significa che per stabilire se un'impresa possa ottenere una agevolazione in regime de minimis e l’ammontare della agevolazione stessa, occorrerà sommare tutti gli aiuti ottenuti da quella impresa, a qualsiasi titolo (per investimenti, attività di ricerca,

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b. aiuto di Stato7 compatibile alle PMI, con applicazione di un limite all’intensità o all’importo dell’aiuto commisurato all’aiuto di Stato;

c. aiuto di Stato compatibile a condizione che sia stata effettuata una verifica individuale del fabbisogno di finanziamento conformemente alle norme applicabili in materia di aiuti di Stato.

Un altro criterio di esclusione è l’importo. In particolare, nel caso delle operazioni che si suppone generino entrate in misura prevalente dopo l’attuazione dell’investimento (art.

61 Regolamento UE 1303/2013), sono da considerarsi escluse dal calcolo delle entrate nette le operazioni caratterizzate da costi totali ammissibili pari o inferiori al milione di euro, mentre nel caso delle operazioni che ricadono sotto l’art. 65 Regolamento (UE) 1303/2013, sono da considerarsi escluse le operazioni caratterizzate da costi totali ammissibili pari o inferiori a 50.000 euro.

La disciplina relativa all’utilizzo dei fondi SIE 2014-2020 ha introdotto, inoltre, alcune novità nella gestione dei progetti generatori di entrate, rispetto al ciclo di programmazione precedente (2007-2013), che constano principalmente:

- nella distinzione tra operazioni che generano entrate nette esclusivamente durante la loro implementazione (art. 65 Reg. UE 1303/2013) e operazioni che generano entrate nette prevalentemente in seguito alla loro implementazione (art. 61 Reg. UE 1303/2013);

- nella previsione, per le seconde, di tre modalità di calcolo del contributo massimo concedibile, due delle quali aggiuntive rispetto al metodo del deficit di finanziamento (funding gap), già definito nel precedente ciclo;

- nella variazione della durata del periodo di follow-up dei ricavi generati da un’operazione, per interventi che generano entrate nette dopo il loro completamento (tre anni invece di cinque anni dal completamento).

5. Il “deficit di finanziamento” e le modalità di determinazione del contributo pubblico I progetti generatori di entrate si distinguono, dunque, in due gruppi a seconda che le entrate possano o meno essere generate da operazioni durante o in seguito alla loro implementazione. In quest’ultimo caso, si delinea un’ulteriore distinzione tra:

- progetti generatori di entrate che possono essere stimate in anticipo;

- e progetti generatori di entrate che non possono essere stimate in anticipo.

In relazione alle due sopraindicate tipologie di progetti, vengono definite diverse modalità di calcolo del contributo comunitario:

a. per i progetti generatori di entrate, le cui entrate possono essere stimate in anticipo, l’entità della spesa ammissibile al contributo dei fondi SIE è definita mediante tre metodi:

promozione all’estero, ecc.), in regime de minimis, nell'arco di tre esercizi finanziari (l’esercizio finanziario in cui l’aiuto è concesso più i due precedenti).

7Per “Aiuto di Stato” si intende qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcune imprese o produzioni che, attribuendo un vantaggio economico selettivo, falsa o minaccia di falsare la concorrenza. Gli aiuti sono ammessi quando (articolo 107/2 del Trattato sul funzionamento dell’UE):

- consentono di realizzare obiettivi di comune interesse (servizi di interesse economico generale, coesione sociale e regionale, occupazione, ricerca e sviluppo, sviluppo sostenibile, promozione della diversità culturale, ecc.);

- rappresentano il giusto strumento per correggere taluni “fallimenti del mercato”.

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1. il metodo del funding gap o deficit di finanziamento. Una volta definita la dimensione del funding gap, si procede a quantificare il contributo dei Fondi SIE moltiplicando la spesa ammissibile attualizzata (o funding gap) per la percentuale di cofinanziamento programmata con il POR;

2. il metodo del flat rate o della percentuale forfettaria di entrate nette;

3. il metodo della riduzione dell’aliquota di cofinanziamento;

b. per i progetti generatori di entrate, le cui entrate non possono essere stimate in anticipo, non essendo possibile quantificarle ex ante, non può essere applicato né il metodo del funding gap, né tanto meno gli altri due metodi per la determinazione della spesa ammissibile a cofinanziamento. Si procede quindi alla detrazione, dalla spesa ammissibile delle entrate effettive generate dal progetto nei tre anni successivi al suo completamento.

Quella del deficit di finanziamento (o funding gap) è la metodologia più complessa, perché richiede un vero e proprio computo delle entrate nette dell’operazione8. Il tasso di cofinanziamento viene applicato alla parte del costo attualizzato dell’investimento iniziale non coperta dalle entrate nette attualizzate del progetto.

Se definiamo le entrate nette attualizzate come il saldo fra i valori attualizzati dei ricavi, dei costi di gestione e del valore residuo, abbiamo che il deficit di finanziamento viene determinato in questo modo:

- =

Il costo ammissibile dell’investimento può però divergere dal costo complessivo (ad esempio se sono presenti spese, come gli espropri, in misura superiore rispetto a quanto ammesso dai regolamenti comunitari). A questo proposito, l’art. 61 c.1 del Regolamento 1303/2013, stabilisce che “Qualora il costo d’investimento non sia integralmente ammissibile al cofinanziamento, le entrate nette sono imputate con calcolo pro rata alla parte ammissibile e a quella non ammissibile del costo d'investimento”. In questo caso, il calcolo del deficit di finanziamento andrà ridefinito tenendo conto solo di una quota di entrate nette:

- =

Il rapporto percentuale fra deficit di finanziamento e costo dell’investimento attualizzato è definito come il tasso di deficit di finanziamento (funding gap rate).

/ =

8 L’art. 61 paragrafo 1 punto b del Regolamento UE 1303/2013 prevede che il calcolo delle entrate nette attualizzate si effettui tenendo conto del periodo di riferimento adeguato per il settore o sotto-settore applicabile all’operazione, della redditività normalmente attesa per la categoria di investimento in questione e, se del caso, di considerazioni di equità collegate alla prosperità relativa allo Stato membro o Regione interessata.

Costo di investimento ammissibile attualizzato

Entrate nette attualizzate

Deficit di finanziamento

Costo di investimento ammissibile attualizzato

Entrate nette attualizzate pro-rata

Deficit di finanziamento

Deficit di finanziamento

Costo di investimento ammissibile attualizzato

Tasso di deficit di finanziamento

(16)

Possiamo, pertanto, calcolare il contributo dei fondi SIE. Per ottenere la spesa effettivamente ammissibile (decisional amount), tenendo conto del principio del deficit di finanziamento, dovremo moltiplicare il tasso del deficit di finanziamento per il costo ammissibile.

x =

La determinazione dell’importo massimo della sovvenzione comunitaria si effettua applicando all’importo contemplato dalla decisione il tasso di cofinanziamento massimo definito a livello di asse prioritario del Programma Operativo Regionale.

x =

Il metodo del flat rate rappresenta, invece, un approccio più semplificato del deficit di finanziamento. Lo Stato membro può optare per l’applicazione di percentuali di entrate nette forfettarie (flat rate) generate da operazioni nei settori o sotto-settori definiti nell’allegato V del Regolamento 1303/2013:

Settore Tasso forfettario

Strade 30%

Ferrovie 20%

Trasporto urbano 20%

Acqua 25%

Rifiuti solidi 20%

Ricerca & Sviluppo 20%

Il vantaggio di questo metodo è che non è necessario calcolare il flusso delle entrate nette. Infatti, in questo caso, la spesa effettivamente ammissibile al finanziamento (decisional amount) è calcolata decurtando i costi di investimento ammissibili pari ad un ammontare corrispondente al tasso forfettario (che sostituisce quindi il funding gap rate). La determinazione dell’importo massimo della sovvenzione comunitaria avviene poi nello stesso modo descritto a proposito del metodo del deficit di finanziamento, ovvero applicando all’importo contemplato dalla decisione il tasso di cofinanziamento massimo definito a livello di asse prioritario del Programma Operativo Regionale.

Il metodo della riduzione dell’aliquota di co-finanziamento rappresenta, a sua volta, una variante del metodo del flat rate. Questo metodo può essere deciso ex ante dallo Stato membro in fase di programmazione (diviene quindi parte integrante della Decisione di approvazione del Programma Operativo) e prevede di applicare un unico tasso tariffario a tutte le operazioni di una particolare priorità. Di conseguenza per la priorità individuata viene fissato un tasso massimo di cofinanziamento ridotto.

Come per il metodo del flat rate, tutte le entrate nette generate durante l’esecuzione e dopo il completamento dell’operazione si considerano rientranti nell’applicazione del tasso di cofinanziamento ridotto e, pertanto, non devono essere successivamente dedotte dalle spese ammissibili delle operazioni.

Costo di investimento ammissibile

Tasso di deficit

di finanziamento Spesa ammissibile

Tasso massimo

di co-finanziamento Spesa ammissibile Importo massimo

della sovvenzione

(17)

Per quanto riguarda, invece, i progetti generatori di entrate non quantificabili ex ante, come affermato in precedenza, non si applicano il metodo del deficit di finanziamento e i metodi finora descritti. Nello specifico, si tratta di operazioni in cui:

a. è la stessa (nuova) offerta che determina la domanda;

b. non esistono dati storici ed esperienza pregressa;

c. l’opinione degli esperti di settore è fortemente soggettiva.

Per cui, sempre l’articolo 61 del Regolamento UE 1303/2013 stabilisce che qualora sia obiettivamente impossibile valutare le entrate in anticipo (sulla base di uno dei tre metodi indicati in precedenza), le entrate nette generate entro i tre anni successivi al completamento di un’operazione o entro il termine per la presentazione dei documenti per la chiusura del programma fissata nelle norme specifiche di ciascun Fondo, se precedente, sono detratte dalla spesa dichiarata alla Commissione.

Veniamo ora al caso delle operazioni che generano ricavi esclusivamente durante la fase di implementazione. Nel periodo 2007-2013 questi ricavi erano considerati al di fuori dell’ambito di applicazione dell’articolo 55 del Regolamento 1083/2006. Gli Stati membri erano invitati ad applicare il principio di una buona gestione finanziaria sulla base delle Linee Guida del COCOF 07/0074/09.

Nel ciclo di programmazione 2014-2020, questa tipologia di operazioni, assieme a tutte quelle non riguardanti l’art. 61 del Regolamento 1303/2013, ricadono invece sotto al dettato dell’art. 65 dello stesso Regolamento, in base al quale “Le spese ammissibili dell’operazione da cofinanziare attraverso i fondi SIE sono ridotte delle entrate nette non considerate al momento dell’approvazione dell’operazione e generate direttamente solo durante la sua attuazione, non oltre la domanda del pagamento del saldo presentata dal beneficiario”.

La normativa che accompagna il ciclo di programmazione 2014-2020 prevede, dunque, una più esplicita indicazione in merito a questa fattispecie di operazioni.

Più in particolare, l’Implementation Guidance 2014-2020 presenta un esempio pratico di applicazione della normativa, che si riporta di seguito.

“Nel caso in cui i beneficiari di un corso di formazione debbano corrispondere una quota di partecipazione, il costo ammissibile totale è ridotto, all’approvazione del finanziamento, di un importo corrispondente al totale delle quote pagate. Se il costo ammissibile è pari a 100, mentre il totale delle quote di partecipazione da corrispondere è pari a 10 euro, il costo ammissibile ridotto sarà pari a 100€ - 10€ = 90€, sulla base di questo sarà dunque effettuato il rimborso relativo al contributo UE.

In via alternativa, l’importo delle quote potrà essere dedotto nel corso dell’implementazione dell’operazione ma non più tardi che nella richiesta di pagamento finale presentata dal beneficiario. In questo caso, l’accordo iniziale prevedrà un rimborso pari a 100€. Nel caso in cui la richiesta finale di rimborso sia pari a 95€ con 10€ di quote, il costo ammissibile ridotto sarà pari a 95€ - 10€ = 85€. I ricavi netti non possono essere utilizzati come fonte di cofinanziamento per calcolare il rimborso UE (riducono le spese ammissibili)”.

Anche in questo caso, come nel caso delle operazioni che generano entrate nette prevalentemente dopo l’implementazione, qualora non tutti i costi siano ammissibili al cofinanziamento, le entrate nette sono imputate con calcolo pro rata alla parte dei costi ammissibili e a quella dei costi non ammissibili.

(18)

6. Le variabili e gli indicatori da utilizzare nei metodi di determinazione del contributo pubblico

Le indicazioni e le riflessioni sin qui espresse evidenziano come la partecipazione dei fondi SIE deve essere adeguata al reale deficit finanziario di un investimento, pertanto, ove un progetto sia generatore di entrate si deve tenere conto del suo deficit finanziario (funding gap) ai fini della determinazione dell’ammontare del finanziamento.

La quantificazione della spesa ammissibile, intesa come deficit di finanziamento del progetto (funding gap), richiede, come già dettagliatamente rappresentato, un preciso calcolo basato su elementi stimati, ma di elevato grado di approssimazione alla realtà. A tal fine, è necessario disporre di una metodologia che definisca le procedure per la determinazione degli elementi da prendere a base del calcolo, nonché le modalità per il calcolo della capacità di autofinanziamento dell’operazione considerata.

Il primo passo da compiere per la determinazione della spesa ammissibile è la verifica della sostenibilità del progetto. A tal fine è necessario acquisire alcuni elementi che sono la base di riferimento sia per il calcolo e sia per la verifica della congruità dello stesso, quali:

- il periodo di riferimento (orizzonte temporale), cioè il lasso di tempo corrispondente alla vita utile del bene;

- la redditività del progetto;

- i costi generati dalle cosiddette diseconomie;

- l’equità delle tariffe che dovranno essere pagate dai cittadini;

- il tasso di sconto da applicare;

- il valore residuale del bene.

L’articolo 15 paragrafo 2 del Regolamento Delegato (UE) n. 480/2014 stabilisce che

“Le entrate nette attualizzate di un’operazione sono calcolate su uno specifico periodo di riferimento applicabile al settore dell’operazione elencato nell’allegato I”. Il periodo di riferimento comprende, dunque, il periodo di attuazione dell’operazione.

Settore Periodo di riferimento

Ferrovie 30

Approvvigionamento idrico 30

Strade 25-30

Gestione dei rifiuti 25-30

Porti e aeroporti 25

Trasporto urbano 25-30

Energia 15-25

Ricerca e innovazione 15-25

Banda larga 15-20

Infrastrutture di impresa 10-15

Altri settori 10-15

Nella costruzione del profilo temporale dell’analisi, vanno naturalmente considerati anche gli anni necessari alla realizzazione dell’investimento (fase di cantiere), in cui non c’è ancora erogazione di servizi e quindi non si manifestano né costi di gestione né

(19)

entrate. L’anno iniziale dell’analisi è l’anno corrente, ovvero l’anno in cui viene presentata la proposta di finanziamento.

Definito il periodo temporale di riferimento, si passa all’analisi monetaria delle operazioni che generano entrate nette, nella quale vanno considerati solo i flussi di cassa, ossia l’importo effettivo delle liquidità versate o ricevute dal progetto e, tra l’altro, le entrate devono essere determinate a prezzi (tariffe) costanti.

Per ciò che riguarda il costo totale dell’investimento è necessario tenere in considerazione le seguenti voci di spesa:

- gli studi e le progettazioni;

- i costi per espropri o per acquisizioni di immobili;

- le spese per la costruzione dell’infrastruttura (opere civili, fabbricati, macchinari, impianti, attrezzature, montaggio e messa in opera, eventuali noli di attrezzature per montaggio e messa in opera);

- altre voci di spesa eventuali;

- gli oneri fiscali (per imposizione indiretta).

Succede spesso di dover considerare, nella valutazione delle operazioni, investimenti che hanno già dato luogo a spese negli anni precedenti l’inizio dell’analisi. Queste spese (costi accantonati) vanno ovviamente considerate, perché contribuiscono a determinare la funzionalità dell’investimento. Esse vanno riportate all’anno iniziale dell’analisi ed espresse in valore attuale.

Il flusso delle uscite di cassa, da sottrarre alle entrate lorde per determinare il flusso delle entrate nette, è costituito dai costi di esercizio del progetto (personale, energia, utenze varie, materiali di consumo), ai qual si sommano i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché altri costi assimilabili a questi ultimi, relativi ad esempio all’ammodernamento di apparecchiature e impianti con vita utile più breve di quella del progetto. In coerenza con quanto affermato in precedenza, non vanno inclusi nell’analisi dei progetti generatori di entrate né i costi finanziari (quali interessi e rimborsi di mutui, che non sono generati dal funzionamento del progetto in sé, ma dal suo finanziamento) né gli ammortamenti e la costituzione di riserve (che rappresentano costi contabili ma non vere e proprie uscite di cassa).

La quantificazione delle entrate lorde, nel periodo di riferimento del progetto, si origina dalla domanda attesa per i servizi prodotti dall’infrastruttura e dalle tariffe applicate, queste ultime determinate a prezzi costanti. A tal proposito, non vanno considerati i trasferimenti e i contributi concessi da strutture pubbliche per la gestione della infrastruttura, né eventuali interessi o dividendi derivanti dall’investimento per surplus di cassa, in quanto queste entrate non sono generate dal progetto in sé. Va inoltre considerato che le tariffe devono essere determinate in applicazione dei principi di equità sociale ed accessibilità dei servizi alla popolazione.

Infine, il valore residuo del bene è rappresentato dal valore economico dell’opera alla fine della sua vita utile. Esso va considerato una componente positiva dell’analisi di redditività finanziaria dei progetti generatori di entrate ed inserito nell’ultimo anno dell’analisi. Il valore residuo deve essere calcolato come valore residuo di avviamento, ovvero come valore attuale dei flussi di cassa netti previsti durante gli anni di vita economica che superano il periodo di riferimento. Il valore residuo di norma non deve superare il 5% del costo iniziale dell’investimento.

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7. Riflessioni conclusive

Il principio della sostenibilità economica e finanziaria degli investimenti pubblici cofinanziati dall’Unione Europea è stato centrale nella programmazione dei fondi strutturali sin dalla loro nascita. Tuttavia, il criterio delle entrate nette e del deficit di finanziamento, per la determinazione del sussidio comunitario, spinge le amministrazioni regionali a rivolgere un’attenzione ancora più esplicita alla fase della gestione delle opere e alla quantità e qualità dei servizi prodotti.

Nella pratica, però, si osservano alcuni fenomeni, abbastanza omogeneamente presenti nelle regioni italiane, che sembrano segnalare diverse difficoltà di attuazione di questi obiettivi, ovvero:

- pochi progetti sono stati avviati con stime ex ante del deficit di finanziamento: in alcuni casi i progetti generatori di entrate sono stati intrapresi rinviando la determinazione delle entrate all’osservazione di alcuni anni di gestione e questo non solo nel caso di entrate di difficile previsione riferite alle particolari caratteristiche tecniche settoriali, ma, molto probabilmente, per le difficoltà di applicazione della metodologia di determinazione delle entrate che potrebbe condurre ad alcune deduzioni negative;

- molti progetti non prevedono entrate, pur essendo attuati in settori potenzialmente aperti a pagamenti degli utenti: in taluni casi, la causa potrebbe essere rintracciabile nella necessità di non imporre tariffe tali da escludere categorie deboli di utenti per servizi essenziali, quali servizi alle famiglie, trasporto locale, ecc.. Tuttavia in altri casi non si può escludere un’insufficiente capacità delle amministrazioni di gestire infrastrutture potenzialmente produttive. Infine, una terza possibile causa potrebbe essere la difficoltà per le amministrazioni beneficiarie di attuare progetti con schemi finanziari complessi, che comportano impegni di lungo termine;

- molti progetti sono rivolti al completamento, alla ristrutturazione e all’ampliamento di infrastrutture esistenti. In questi casi le entrate nette attribuibili ai nuovi investimenti sono più difficili da determinare e, soprattutto, non si può parlare quasi mai di un aumento e diversificazione dei servizi offerti, con un impatto “di rottura”

sui ritardi di sviluppo.

Pertanto, la questione della realizzazione delle infrastrutture generatrici di entrate può essere inquadrata nel più ampio dibattito sulla capacità delle regioni italiane e, in particolare, di quelle meridionali, di utilizzare in modo efficiente e rapido le risorse dei fondi strutturali.

La soluzione alle difficoltà metodologiche e procedurali per la selezione, realizzazione e, soprattutto, rendicontazione dei progetti generatori di entrate potrà contribuire ad alleviare il ritardo della attuazione della politica di coesione.

Oltre all’accelerazione della spesa, dunque, la realizzazione di progetti generatori di entrate potrebbe contribuire alla qualità dell’azione dei fondi strutturali. Da questo punto di vista si possono infatti considerare diversi pregi nei progetti generatori di entrate:

- la produzione di servizi chiaramente aggiuntivi, oltre che innovativi e con un effetto significativo sul prodotto locale;

- la sostenibilità finanziaria della gestione e il ridotto fabbisogno di trasferimenti pubblici per la gestione, particolarmente utile di fronte ai limiti di bilancio delle amministrazioni locali;

- la visibilità e il riscontro di mercato nella qualità dei servizi prodotti.

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