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Il settore cosmetico si contraddistingue

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Academic year: 2022

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Le materie prime di derivazione biotecnologica sono sempre più di attualità nella formulazione dei cosmetici.

Sono frutto della moderna ricerca scientifica che tende a valorizzare sostenibilità, tradizione e innovazione.

Uno dei processi maggiormente impiegati nella produzione di questi ingredienti è la chimica della fermentazione.

I

l settore cosmetico si contrad- distingue per una continua e instancabile ricerca di pro- dotti innovativi che soddisfano le esigenze del consumatore per funzionalità ed estetica, in linea con i sempre più dinamici e fluidi trend di mercato, non dimenti- cando tuttavia l’importanza delle proprie responsabilità sociali e ambientali. Il prodotto cosmeti- co, dunque, è il risultato di una strategia per nulla lasciata al caso che volge lo sguardo verso pro- dotti tecnicamente complessi, sostenibili e frutto di studi all’a- vanguardia, un esempio sono i

“cosmetici fermentati”, presenti ormai da alcuni anni sul mercato mondiale, in particolare quello orientale. Esaminando il termine in sé si può intuire l’azzardo lin- guistico, infatti il cosmetico fer- mentato finito e pronto all’acqui- sto non è fermentato come può far pensare il termine, bensì è caratterizzato da uno o più ingre- dienti ottenuti da biotecnologie, più precisamente dalla chimica della fermentazione. La presenza di queste materie prime ottenute da biotecnologie è spesso il claim accattivante dell’intero prodotto, spesso è il focus di un’intera li- nea con un’inclinazione più com- merciale, tuttavia il valore della materia prima di derivazione bio- tecnologica è il riflesso di una co- scienza più ampia, che abbraccia

**Francesca Masin

*Stefano Manfredini

**Silvia Vertuani

I COSMETICI “FERMENTATI”

TRA CLAIMS, SCIENZA E WEB

I COSMETICI “FERMENTATI”

TRA CLAIMS, SCIENZA E WEB

Bioreattore

Foto di Umberto Salv

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FOCUS - COSMESI

ricerca scientifica, sostenibilità e tradizione.

Il nostro gruppo di ricerca è da diversi anni impegnato nello stu- dio di nuovi ingredienti cosmeti- ci più sostenibili, che derivano in particolare da fonti biotecnologi- che, come per esempio lo studio dell’antiossidante verbascoside (Vertuani et al., 2011), il cui otte- nimento consente di risparmiare centinaia di litri di acqua rispet- to alla coltivazione in terreno.

Nell’ambito dei fermentati il no- stro interesse si è rivolto in que- sti ultimi anni ai polisaccaridi, in particolare all’acido ialuronico, con l’ottenimento di forme semi- sintetiche, in particolare crosslin- kate, al fine di valorizzarne le pro- prietà salutistiche. (Fallacara et al., 2018; Fallacara et al., 2019).

Infine i nostri sforzi sono rivolti non solo all’ottenimento di “spe- cialties” ma anche di “commodi- ties” utili a sostituire, con forme sostenibili, i tradizionali ingre- dienti da petrolchimica partico- larmente impattanti sull’ambien- te: es. emulsionanti, viscosizzanti e conservanti da via fermentativa.

È nostra premura chiarire il ter- mine biotecnologie oggi utilizzato per identificare unicamente pro- cessi connessi alle tecniche del DNA ricombinante e OGM, in re- altà secondo Unite Nations Con- vention on Biological Diversity “è qualsiasi applicazione tecnologi- ca che utilizza sistemi biologici, organismi viventi, o derivati, per fabbricare o modificare prodot- ti o processi per uso specifico”

(Taussig et al., 2008) e dunque comprende anche quelle tecniche che producono cellule microbiche come prodotto (biomassa), enzi- mi microbici, metaboliti micro- biologici e prodotti ricombinanti attraverso varie e complesse tec- nologie tra cui anche la fermen- tazione. L’utilizzo delle tecniche biotech ha determinato un impat- to positivo sia economico che so- ciale nel tessuto lavorativo, infatti osservando il rapporto sulle bio- tecnologie in Italia, realizzato da

Assobiotec, Associazione naziona- le per lo sviluppo delle biotecno- logie, in collaborazione con ENEA circa i dati forniti dalle imprese biotech a fine 2018, si delinea un crescente interesse socio econo- mico, un fatturato in crescita del 16% e un numero di addetti pari a 13.000 unità, riportando un in- cremento significativo di un set- tore caratterizzato da un’intensa attività di ricerca e una popolazio- ne di impresa sempre più in au- mento. Da questi dati emerge il potenziale umano ed economico di un settore dedito alla ricerca, alla sperimentazione e allo svilup- po di molteplici tecnologie, pur essendo eterogeno nei diversi am- biti di applicazione.

Oltre la metà delle imprese italia- ne censite è rappresentata dalle biotecnologie dedite alla salute dell’uomo; si parla di biotecnolo- gia rossa o della salute, caratte- rizzata da un’ampia e consolidata categoria di prodotti, come i far- maci biotecnologici, finalizzati a raggiungere in modo mirato un singolo bersaglio, una proteina, un recettore o anche una sequen- za del DNA. Si pensi per esempio agli anticorpi monoclonali, come gli inibitori del TNF-α (per esem- pio l’INFLIXIMAB), o ai prodotti

ottenuti dalla tecnica del DNA ricombinante, questi ultimi sono caratterizzati dal trasferimento di un gene di interesse, per esempio un gene umano, codificante per una specifica proteina che si vuole utilizzare come farmaco, questo è inserito in un organismo ospite che viene successivamente fatto crescere in un fermentatore e sarà capace di secernere la proteina codificata dal gene inserito. Sono moltissimi gli esempi che hanno sfruttato questa tecnica come per esempio l’insulina, si pensi al far- maco pionieristico Humulin, otte- nuto utilizzando l’Escherichia coli (Walsh et al., 2005; Wick et al., 2017) o al farmaco per la terapia dell’acromegalia Pegvisomant, antagonista del recettore dell’or- mone della crescita ottenuto uti- lizzando ancora una volta E. coli (Goeddel et al., 1979; Trainer et al., 2000), o all’interferone per la terapia dell’epatite C.

Tuttavia le biotecnologie coin- volgono moltissimi altri settori come quello dell’agricoltura, si parla in questo caso di biotecno- logia verde rivolta in particolare a una maggiore aderenza alla so- stenibilità, al biologico o ancor meglio all’idroponico. Le biotec- nologie bianche invece sono ri-

Biotecnologia è “qualsiasi applicazione tecnologica che utilizza sistemi biologici, orga- nismi viventi o derivati per fabbricare o mo- dificare prodotti o processi per uso specifico”

Courtesy of www.mysticalbiotech.com

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volte alla produzione di sostanze e prodotti di consumo di massa, per esempio biotecnologie che guardano allo sviluppo di prodotti innovativi nell’ambito alimentare, cosmetico, energetico. La scelta di questo tipo di tecnologie deter- mina in primis un notevole rispar- mio in termini di denaro, tempo e infrastrutture riducendo allo stesso tempo scarti inquinanti e l’uso di acqua, dal momento che si avvale prevalentemente di enzi- mi, lieviti e di cellule vegetali. Sa- rebbe tuttavia limitante ed errato affermare, come già premesso, che le biotecnologie si avvalgono esclusivamente di modifiche ge- nomiche e tecniche di ingegne- ria genetica Negli ultimi anni in particolare nell’ambito delle bio- tecnologie verde e bianca stanno acquisendo sempre più interesse tecniche note nel passato, stori- camente inserite nel contesto cul- turale, specie italiano, come per esempio la fermentazione.

Meccanismi ossidativi e tecnologia

Il concetto di fermentazione può essere considerato secondo due modalità che non si escludono tra loro, una biochimica, l’altra rivol- ta a un’ottica più industriale. Il

termine fermentazione indica un processo biochimico catabolico dei composti organici, funziona- le alla rigenerazione del NADH, ossia alla sua ossidazione. Il ca- tabolismo degli zuccheri infatti è un processo ossidativo che pro- duce, durante alcune tappe della glicolisi piridin nucleotidi ridotti (NADH), i quali devono essere ri- ossidati per continuare il processo catabolico. In presenza di ossige- no, l’equivalente riducente, cioè la coppia di elettroni, immagazzi- nato nel NADH, è ceduto tramite un sistema di trasporto al mito- condrio, dunque in questo caso grazie all’ossigeno si ossida. Al contrario se l’ossigeno non è suffi- ciente, condizione di anaerobiosi, il NADH rimane ridotto bloccan- do il processo di produzione di energia nella cellula. Per evitare ciò ha inizio la fermentazione che è finalizzata proprio all’ossidazio- ne del NADH a NAD+; in questo caso l’equivalente riducente è ac- cettato dal piruvato, che sarà ri- dotto fungendo da ossidante nei confronti del NADH. Durante un intenso sforzo muscolare, in caso di basse concentrazioni di ossige- no, la produzione di ATP sarebbe compromessa, perciò le cellu- le del muscolo hanno creato un

reazione è catalizzata dall’enzima lattato deidrogenasi, il piruvato è trasformato in lattato e contem- poraneamente il NADH è ossida- to. Anche i microrganismi sono in grado di ridurre il piruvato a una vasta gamma di prodotti finali: il piruvato che si forma dal catabo- lismo del glucosio è successiva- mente metabolizzato a seconda di meccanismi che sono caratteristi- ci dei particolari microrganismi.

Dunque in questo caso il termi- ne fermentazione viene usato in stretto senso biochimico e indi- ca un processo di produzione di energia.

I microbiologi industriali invece considerano il termine fermen- tazione nella sua accezione più ampia, usando questo termine per descrivere tutti quei proces- si che portano a nuovi prodotti per mezzo di colture di micror- ganismi. Ancor più esaustiva la definizione di fermentazione data da Hussain et al. (2016), definita come un processo guidato da un microrganismo che, partendo da un substrato di basso valore (low grade), lo converte e lo elabora sotto l’azione di enzimi microbici, creando nuovi composti bioattivi.

Come premesso all’inizio di que- sta trattazione, la definizione di cosmetico fermentato, per i non addetti al settore può essere con- fuso, senza colpa, con un imma- ginario cosmetico contenente cellule biologicamente attive e vi- tali alla stregua di alcuni prodotti alimentari, come per esempio lo yogurt, che per definizione è latte fermentato. Ma lo yogurt, come è noto, è ottenuto attraverso una serie di step controllati e succes- sivi tra cui l’aggiunta di micror- ganismi, nello specifico Lactoba- cillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus, coltivati diretta- mente sul latte precedentemente pastorizzato e lasciati fermenta- re. Durante il processo avvengono profonde trasformazioni di natu-

Durante la fer- mentazione del latte a opera dei lattobacilli (nella foto) avven- gono profonde trasformazioni di natura chimica, fisica, organolettica e nutrizionale che portano all’ottenimento

dello yogurt

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FOCUS - COSMESI

ra fisica, chimica, batteriologica, organolettica e nutrizionale che modificano le caratteristiche del latte e portano all’ottenimento dello yogurt. È necessario consi- derare che le proprietà del pro- dotto ottenute durante la fer- mentazione, come per esempio l’abbassamento del ph a 4,5 o la presenza dell’acido lattico nella percentuale dello 0,8-1,4%, sono legate alla presenza, fino all’atto del consumo dei suddetti micror- ganismi; essi infatti devono essere vivi e vitali in quantità totale non minore di 10 milioni (107) per grammo di prodotto. Negli ulti- mi anni inoltre sono addizionati probiotici, cioè veri e propri ceppi batterici, che conferiscono all’o- spite, non più al prodotto, bene- fici specifici (Parvez et al., 2006).

Da questa breve descrizione della fermentazione per l’ottenimento dello yogurt è chiara la condi- zione completamente differente rispetto a un prodotto cosmetico contenente ingredienti o attivi di derivazione biotecnologica. Il termine “cosmetico fermentato”

manifesta la scelta di una tecno- logia biotech, basata sulla chimi- ca delle fermentazioni, in cui è stata preferita la fermentazione come tecnica di produzione di alcuni componenti. Il cosmetico non può contenere cellule biolo- gicamente attive, sarebbe di certo instabile a livello chimico, orga- nolettico, microbiologico e anche poco accattivante tuttavia può caratterizzarsi di materie prime ottenute da un processo fermen- tativo. Dunque il comune deno- minatore tra prodotti alimentari fermentati e cosmetici fermentati è l’utilizzo di una tecnica antica e resa oggigiorno sempre più all’a- vanguardia in cui i microrganismi guidano l’intero processo di otte- nimento della materia in oggetto.

Biopolimeri e applicazioni nell’industria

Tra i biopolimeri presenti nel panorama delle applicazioni tec- nologiche cosmetiche e biomedi-

che la gommma xantana è tra gli esempi più noti e conosciuti. La sua scoperta infatti risale al 1950, da parte di Allen Rosalind Jeanes del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti, il suo potenzia- le è da subito riconosciuto prima in ambito alimentare tant’è che è approvato come polimero non tossico e sicuro da FDA nel 1969, trovando principale applicazione come agente viscosizzante e stabi- lizzante, poi anche in ambito co- smetico e biomedico. La gomma xantana è, di fatto, il secondo po- lisaccaride, ottenuto da microrga- nismo dopo il destrano (inizi del 1940) e commercializzato in sca- la industriale. In Europa la gom- ma xantana è prodotta su larga scala da Jungunzlauer Autria AG e Solvay, tuttavia dal 2005 il prin- cipale produttore al mondo è la Cina. Il polimero è tra i gli esem- pi di ingredienti ottenuti da fer- mentazione con una consolidata storia di applicazioni in differenti ambiti tra loro trasversali, e pur essendo conosciuta da anni è an- cora molto fervida la ricerca per nuove applicazioni. Come noto è un polisaccaride, il cui nome deri- va dalla fermentazione del gluco- sio usando il batterio Gram nega- tivo del genere Xanthomonas, che presenta numerose specie, tutta- via X. campestris è il più utilizza- to a livello industriale. (Kumar et al., 2018)

La struttura principale è costi- tuita da una backbone di unità ripetute di cellobiosio mentre le ramificazioni sono caratterizzate da un trisaccaride di D-mannosio, D-acido glucuronico e D-man- nosio, circa metà dei mannosi terminali contengono residui di acido piruvico legati in posizione 4 e 6, tuttavia la loro distribuzio- ne è sconosciuta, mentre è certa la presenza di un acetile in posi- zione 6 del primo mannosio della catena laterale. La composizione della xantana, in particolare del- le sue ramificazioni, dipende dal- le condizioni di fermentazione e dalle caratteristiche del batterio

in uso, che andranno a influen- zare le differenti caratteristiche del prodotto, poiché la struttura ramificata favorisce non solo la costruzione di reti fisiche ma an- che quelle chimiche (Petri et al., 2015). A fermentazione conclusa segue un processo di pastorizza- zione per eliminare i microrgani- smi, la gomma è fatta precipitare in alcol, spry-dried o risospeso in acqua e fatta riprecipitare. Tut- tavia per le applicazioni in vivo è purificata secondo un protocollo in cui sono previsti step precisi (adsorbimento, enzimolisi, filtra- zione e precipitazione) al fine di

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raggiungere un alto grado di pu- rificazione.

Questo prodotto di derivazione biotech, ottenuto da fermenta- zione microbica, ha svariate ap- plicazioni tecnologiche. È prin- cipalmente utilizzato nel settore alimentare e cosmetico come vi- scosizzante acquoso, con range di utilizzo tra 0,05 e 0,7%. La sua versatilità è data anche dalla sta- bilità in un ampio range di pH, di temperatura e di forze ioniche. In ambito cosmetico è utilizzato nei dentifrici, negli shampoo, lozioni, geli acquosi ed emulsioni olio in acqua, ritardando in questi ultimi i fenomeni di coalescenza. Recen-

temente è stata utilizzata anche nei prodotti da forno per evitare la migrazione dell’acqua dal ripieno alla sfoglia. È stato aggiunto nei prodotti gluten-free grazie all’e- lasticità che riesce a conferire a tali prodotti. In ambito farmaceu- tico la gomma xantana è presente come eccipiente principalmente nelle compresse e all’interno di idrogeli come viscosizzante (Petri et al., 2015).

Le sue applicazioni eterogenee sono date principalmente dalla conformazione della gomma che può alternarsi da una conforma- zione a bobina (coil) a una strut- tura a doppia elica. La persistenza

catene, oltre che dalla presenza di ioni Ca2+ che stabilizzano la strut- tura a elica, ma soprattutto la for- mazione di network fra le singole catene. Il numero di connessioni nel network può aumentare con l’aggiunta di un crosslinker come l’acido citrico, il glicerolo o la glutaraldeide, creando ponti con altri polimeri come la cellulosa, il chitosano o i poliacrilati. (Bueno et al., 2014). Inoltre può essere utilizzata come carriers per far- maci e biomolecole, grazie alla sua elevata stabilità a pH acidi protegge il farmaco dalla degra- dazione nello stomaco e il rilascio è controllato in funzione del pH dell’ambiente (in condizioni alca- line i legami esterei sono idroliz- zati), si creano dunque network che veicolano farmaci, proteine e attivi. Ogni sistema sarà ovvia- mente influenzato dal pH della matrice, dalla forza ionica e altri parametri. Un esempio in ambito medico è la veicolazione di omega 3, curcumina e quercetina attra- verso idrogeli e microsfere a base di gomma xantana per il rilascio a livello colon rettale, al fine di trasmettere gli adiuvanti nella te- rapia del cancro al colon. (Trom- bino et al., 2019). Infine idrogel a base di gomma xantana sono studiati per l’ottenimento di scaf- folds celluari data la sua natura biocompatibile e biodegradabile.

(Del Agua et al., 2018) Dunque una molecola semplice ma, grazie alle sue caratteristiche e sicurez- za, decisamente poliedrica.

Altro polimero particolarmente noto in ambito biotecnologico è l’acido ialuronico (HA), molecola molto attrattiva per elevata igro- scopicità, natura viscoelastica, biocompatibilità, non immuno- genicità e assenza di tossicità du- rante la degradazione. La scoper- ta dell’acido ialuronico risale alla fine del 1800, quando il chimico francese Portes notò nel corpo vitreo, una mucina che chiamò

Alcuni studi su Panax ginseng fermentato con Bacillus subtilis hanno rivelato un contenuto to-

tale di zuccheri, polisaccaridi, polifenoli e acido cumarico maggiore rispet- to a quello non fermentato

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FOCUS - COSMESI

“hyalomucine” perché differente da altre sostanze mucoidi. Suc- cessivamente, nel 1934, Meyer e Palmer descrissero la procedura di isolamento dall’occhio bovino di una nuova glicosaminoglicana, e la denominarono acido ialuroni- co. Il polimero è presente in tutto l’organismo, per la maggior parte nella pelle e in un uomo di 70 kg rappresenta circa 15 mg del peso totale (Boeriu et al., 2013).

Tradizionalmente è estratto dal- la cresta del gallo, però questa metodica presentava diversi svan- taggi tra cui la perdita di HA per degradazione da parte dell’enzi- ma endogeno ialuronidasi, ele- vati costi durante l’estrazione e una complessa purificazione del biopolimero poiché il tessuto ani- male poteva presentare contami- nanti virali. Scoraggiati da questa pratica si sono sviluppati percorsi alternativi per la produzione del biopolimero come la fermentazio- ne microbica, l’acido ialuronico infatti è presente non solo in tutti i vertebrati ma anche nelle capsu- le di numerosi microrganismi pa- togeni come Pasteurella multoci- da e nelle capsule dei gruppi A e C dello Streptococco in particolare in Streptococcuss pyogenes, pato- geno per l’uomo, e in due batteri patogeni per gli animali come S.

equi e S. uberis. I batteri produt- tori di HA si caratterizzano da una struttura saccaridica a livello del- la capsula che favorisce l’adesione del batterio, segue la sua coloniz- zazione e l’assenza di una risposta immunitaria da parte dell’ospite, se così fosse ci sarebbero in quel caso complicazioni autoimmuni (De Angelis et al., 1999). Pasteu- rella multocida è un Gram nega- tivo, patogeno delle vie aeree di maiali e vitelli, nonostante sia un produttore naturale di HA a oggi non è utilizzato a livello in- dustriale probabilmente per la sua patogenicità (De Angelis et al., 1998). Al contrario sono una fonte eccellente per la produzio- ne del biopolimero i batteri del genere Streptococcus. Già dai

primi anni di sviluppo industriale la produzione attraverso fermen- tazione batterica con strepto- cocchi si è rivolta a ottimizzare i mezzi di coltura, le condizioni di coltivazione, la resa ialuronica e la qualità del prodotto, tuttavia vi sono alcune sfide a oggi irrisol- te come il tentativo di aumentare la resa per far fronte alla crescen- te richiesta del mercato, uno dei fattori limitanti è per esempio l’alta viscosità del brodo di fer- mentazione (De Oliveira et al., 2016).

Sono noti anche alcuni micror- ganismi eucarioti capaci di sin-

tetizzare il polimero, come il lievito Cryptococcus neoformans e l’alga verde unicellulare Chlo- rella. In quest’ultima la produzio- ne di HA si verifica solo durante l’infezione virale da Chlorovirus, un virus a doppio filamento di DNA che permette l’espressione di un particolare gene dell’alga che causa la secrezione esterna di HA a livello della membrana cellulare (Mohammed Ali et al., 2005). Cryptococcus neoformans invece è un fungo patogeno, che causa meningoencefaliti letali in pazienti immuocompromessi, è però capace di secernere acido

Dalla fermenta- zione di Rapha- nus sativus con Leuconostoc kimchii si ottie- ne un conser- vante di grado alimentare e cosmetico

FOCUS - COSMESI

Foto di H. Toyama

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al.2007); vista la sua pericolosità non è utilizzato per la produzione del polimero.

Data la presenza dell’enzima HAS, enzima responsabile nella sintesi del biopolimero, e il suo ottimo profilo di sicurezza, tra le specie più utilizzate in ambito industriale emerge Streptococcus zooepidermicus tuttavia il pro- cesso di produzione del polimero attraverso fermentazione con S.

zooepidermicus è proprietaria la società giapponese Shiseido, dun- que non accessibile al mercato se non su vendita diretta dell’azien- da nipponica che ora non lo rende disponibile perché utilizzato per i propri consumi interni. In questo periodo è condotta una fervida ri- cerca al fine di migliorare la tec- nica eterologa, che consta nello sfruttare un ospite geneticamente modificato reso capace di produr- re HA, il fine primo è utilizzare microrganismi non patogeni, più facilmente manipolabili durante il processo industriale di fermen- tazione e produrre un acido ialu- ronico di qualità simile o supe- riore rispetto a quello coperto da brevetto di Shiseido. L’evoluzione di questa metodica, utilizzando in particolare Escherichia coli, ha consentito di sopperire alla domanda di acido ialuronico, tut- tavia presenta maggiori proble- matiche a livello di purificazione.

Infatti, mentre S. zooepidermicus produce HA come parte della cap- sula, il batterio Gram negativo E. coli lo produce internamen- te, rappresentando dunque un problema di purificazione. Sono numerosi i microrganismi geneti- camente modificati utilizzati per la produzione di acido ialuronico per esempio: Lactobacillus lactis, Enterococcus faecalis, Escheri- chia coli, Streptomyces albulus, Saccharomyces cerevisiae, Cory- nebacterium glutamicum, Pichia pastoris (De Oliveira et al., 2016).

Tuttavia a oggi la resa e la qualità

Ricerche in corso

Da alcuni anni sono condotti nu- merosi studi per valutare le diffe- renze quali e quantitative tra pro- dotti non fermentati e fermentati, in questi ultimi è stata riscontra- ta una maggiore presenza di at- tivi come peptidi, pigmenti, po- lisaccaridi, fenoli ecc. rispetto ai composti non fermentati, spesso accompagnati da proprietà biolo- giche e fisiologiche interessanti.

Alcuni studi sul ginseng fermen- tato, in particolare Panax ginseng Meyer fermentato con Bacillus subtilis, hanno rivelato un conte- nuto totale di zuccheri, polisacca- ridi, contenuto fenolico e di acido cumarico maggiore rispetto al ginseng non fermentato e come ci si può aspettare anche una mag- giore attività antiossidante (Lee et al., 2015).

Anche la fermentazione della soia confrontata con quella non fermentata ha dato dei risultati interessanti, è stato valutato il contenuto di attivi della soia fer- mentata con Bacillus subtilis e l’e- stratto non fermentato. La valuta- zione dell’attività antiossidante attraverso DPPH ha evidenziato alla concentrazione 1 μl/mL un valore percentuale per l’estratto fermentato pari a 72.60±3.71, per l’estratto non fermentato 55.44±0.26 e per il controllo po- sitivo (vitamina C) 66.79±1.02. I dati ottenuti avvalorano l’utilizzo della soia nei prodotti skin aging proprio per le sue note proprietà antiossidanti riconosciute. (Cha et al.,2011)

Tra gli aspetti che influenzano maggiorente il fermentato, an- dando a ripercuotersi sulle carat- teristiche quali e quantitative del prodotto finito in termini di pro- prietà, vi è la composizione del brodo utilizzato nella fermenta- zione, dunque del medium. Ripor- tiamo questo report che analizza la capacità antiossidante e le mo-

dium di coltura. È stata valutata la composizione amminoacidica, fenoli totali, flavonoidi e antocia- nine, infine le proprietà antios- sidanti. I risultati indicano che l’utilizzo dei tre differenti brodi ha determinato prodotti che, pur caratterizzati da un’attività an- tiossidante, presentano valori dif- ferenti e lo stesso vale per il con- tenuto di amminoacidi essenziali, fenoli, flavonoidi e antocianine (Lin et al., 2012).

Ricordiamo infine che la fermen- tazione può aumentare l’attività fisiologica e biochimica dei sub- strati, a dimostrazione è stato condotto uno studio sulla radice di Angelica dahurica, una pianta medicinale cinese, caratterizzata da un’interessante attività antios- sidante. Lo studio ha previsto il confronto tra l’estratto acquoso fermentato con Lactobacillus aci- dophilus e l’estratto non fermen- tato. È stato valutato il contenuto di melanina di una determinata linea cellulare (B16F10), l’attivi- tà antitirosinasi e l’attività antios- sidante. Il prodotto fermentato è in grado di inibire le tirosinasi e ridurre il contenuto di melanina, in particolare a 1.5mg/mL riduce in maniera significativa l’attività delle tirosinasi a livello cellulare, riducendo quindi il contenuto di melanina. I risultati hanno eviden- ziato che L. acidophilus è il mi- glior ceppo batterico tra i quattro testati a inibire l’attività delle ti- rosinasi, IC50 0.07±0.03 mg/mL, decisamente migliore rispetto al non fermentato, IC50 8.20±0.35 mg/mL e più basso rispetto al controllo dell’acido kojico, IC50 0.02±0.008 mg/mL. Il contenuto di melanina delle cellule B16F10 è dose dipendente, a 1,5 mg/mL di estratto acquoso fermentato con L. acidophilus è stata regi- strata una riduzione fino allo 0%

di melanina. Esso rappresenta dunque un candidato interessan- te per lo sviluppo di formulazioni

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FOCUS - COSMESI

cosmetiche skin-whitening.

Per quanto concerne l’attività antiossidante, valutata mediante DPPH, i risultati hanno eviden- ziato per il campione estratto in acqua distillata e fermentato con L. acidophilus, il valore più alto IC50 0.12±0.01 mg/mL, più alto anche del controllo BHT IC50 1.13±0.31mg/mL. È stato poi ri- scontrato una modifica del potere riducente in funzione del solvente di estrazione e dal tipo di batterio utilizzato per la fermentazione, il campione, estratto con il solven- te etanolo al 70% non fermenta- to, ha dato il valore peggiore tra tutti i solventi di estrazione uti- lizzati pari a 2.806 mg/mL, men- tre il valore del potere riducente dei campioni fermentati variano a seconda del ceppo batterico, Bifidobacterium bifidum (IC50 1.80±0.08 mg/mL), Bifidobacte- rium lactis (IC50 2.75±0.10mg/

mL), Lactobacillus acidophilus (IC50 1.02±0.03mg/mL), Lacto- bacillus brevis (IC50 1.26±0.10 mg/mL), come è possibile notare hanno valori più alti rispetto al non fermentato IC50 2.80±0.36 mg/mL. Infine è stata valuta- ta la componente fenolica degli estratti fermentati e non, tramite HPLC: entrambi sono caratteriz- zati dalla predominanza di acido caffeico e acido rosmarinico, tut- tavia i fermentati contengono ben undici composti fenolici contro i cinque del campione non fermen- tato (Wang et al., 2017).

Da questi dati è possibile conclu- dere che la fermentazione ha de- terminato modifiche sia dei com- posti fenolici biosintetizzati che della loro quantità. Dunque, la se- lezione della specie utilizzata nel- la fermentazione e il solvente di estrazione è fondamentale per la qualifica dei prodotti fermentati.

Claim e prospettive

Negli ultimi anni è sempre più frequente ritrovare prodotti con- tenenti attivi derivanti da fer- mentazione spesso valorizzati in etichetta con claim accattivanti,

esaltando gli effetti ottenibili da questi prodotti. Purtroppo non sempre sono condotti test di ef- ficacia o accertamenti del con- tenuto e della concentrazione delle molecole a cui è imputabile l’attività che sostiene il claim, in alcuni casi non sono eseguiti con metodo prettamente scientifico in altri casi si assiste a vere e pro- prie adulterazioni.

Un esempio di conservante biolo- gico ottenuto da fermentazione, tuttavia adulterato con compo- nenti di sintesi, è il Leuconostoc/

radish root ferment filtrate. Que- sto conservante di grado alimen- tare e cosmetico è ottenuto da una varietà di ravanello originario dell’Asia, Raphanus sativus, fer- mentato con Leuconostoc kimchii, un batterio Gram positivo, e vanta una spettro d’azione molto ampio comprendente Gram positivi e ne- gativi e funghi.

In letteratura è noto come la fermentazione di Leuconostoc kimchii sia una potenziale ri- sorsa di peptidi antimicrobici, appartenenti alla classe delle batteriocine. Un noto esempio ottenuto dalla fermentazione di batteri dell’acido lattico è la ni- sina A (conservante noto da più di 40 anni), tuttavia la loro atti- vità non permette la copertura di uno spettro d’azione così am- pio quanto dichiarato dai claims commerciali del prodotto. Biso- gna pertanto fare attenzione alle adulterazioni perché alcuni studi effettuati sul conservante Leuco- nostoc/radish root ferment filtra- te hanno rivelato la presenza di acido salicilico e sali di ammonio quaternario (didecyldimethylam- monium), molecole non ottenute chiaramente dalla fermentazione bensì di origine sintetica come ha confermato l’analisi del C14 (Li et al, 2015).

Nonostante vi siano numerosi conservanti ottenuti da fermen- tazione con un reale spettro d’a- zione purtroppo vi sono tutt’oggi adulterazioni: eclatante è caso de- gli estratti di pompelmo adultera-

Azienda Artigianale

di prodotti fitoterapici e cosmetici

Veneta Herbo

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Via Umbria, 24 - 35043 Monselice -PD- www.herboveneta.it info@herboveneta.it ti con cloruro di benzetonio, che

purtroppo non è isolato (Takeoka et al., 2001).

Il futuro riserva grandi spazi alle tecnologie fermentative nella re- alizzazione di ingredienti per uso cosmetico, basandosi soprattut- to su fonti tradizionali ma senza escludere applicazioni innovative che combinino tradizione e inno- vazione. Anche i grandi gruppi in- dustriali hanno rivolto attenzione a queste tecnologie in un’ottica di sostenibilità ambientale: bio- tecnologie controllate possono portare a ottenere, senza consu- mo di terreno utile alle produzio-

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partnership tra GinkgoBioworks e Robertet è stata un primo mo- tore di innovazione negli ingre- dienti in coltura, concentrandosi su prodotti come gli ingredienti dell’olio di rosa e una famiglia di ingredienti a base lattonica. Gli ingredienti in coltura sono un settore in crescita nell’ambito de- gli aromi e dei profumi ma anche di altre industrie come quella ali- mentare e quella cosmetica. Que- sti ingredienti sono prodotti da lieviti durante la fermentazione, un processo simile alla produzio- ne della birra. Dopo la fermen- tazione, l’ingrediente è separato dalle cellule di lievito e può essere utilizzato come altri prodotti con- venzionali.

Lavorando con uno dei loro part- ner, dediti a Flavoring&Fragran- ce, è stata sfruttata una via meta- bolica, già esistente in un lievito, per produrre un ingrediente dal sapore importante in modo più efficiente, sono state migliorate razionalmente le condizioni del ceppo e della fase di fermentazio- ne, superando del 50% il titolo del prodotto desiderato dal cliente.

Inoltre, le condizioni ottimizzate a un volume di soli 250 mL sono state efficacemente tradotte in scala pilota a 300 L e in produzio- ne commerciale a 50.000 L.

Concludendo si può afferma- re che i cosmetici “fermentati”

rappresentano una importante categoria di prodotti caratteriz- zati da ingredienti che derivano dalla biotecnologia fermentativa;

la loro rilevanza risiede sia nelle proprietà intrinseche dei prodotti di fermentazione che dalla tradi- zione della tecnica ottimizzata durante tutta la storia dell’uomo.

Questi prodotti presentano pro- prietà fondamentali largamente sfruttate nel mercato cosmetico e non solo, ma soprattutto vantano un impatto ambientale e sociale rivolto alla sostenibilità, dal mo- mento che sono utilizzate fonti

le colture alimentari.

* Membro del “Tavolo delle Biotec- nologie per la Cosmetica” presso Assobiotech/Federchimica, Milano.

** UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA, Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie, Master di II Livello in Scienza e Tecnologia Cosmetiche, Facoltà di Medicina, Farmacia e Prevenzione

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