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(1)CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA SEDUTA POMERIDIANA DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEL 24 SETTEMBRE 2003 Sono intervenuti alla seduta: VICE PRESIDENTE Prof

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CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA SEDUTA POMERIDIANA DELL’ASSEMBLEA PLENARIA

DEL 24 SETTEMBRE 2003

Sono intervenuti alla seduta:

VICE PRESIDENTE

Prof. Avv. Virginio ROGNONI

COMPONENTI DI DIRITTO

Dott. Nicola MARVULLI

Dott. Francesco FAVARA

COMPONENTI ELETTI DAI MAGISTRATI E DAL PARLAMENTO

Prof. Giuseppe DI FEDERICO

Prof. Luigi BERLINGUER

Avv. Mariella VENTURA SARNO

Avv. Emilio Nicola BUCCICO

Dott. Paolo ARBASINO

Dott. Wladimiro DE NUNZIO

Dott. Giuseppe SALME’

Prof. Giorgio SPANGHER

Dott. Carmine STABILE

Avv. Antonio MAROTTA

Dott. Giovanni MAMMONE

Avv. Gian Franco SCHIETROMA

Dott. Giovanni SALVI

Dott. Leonida PRIMICERIO

Dott. Luigi MARINI

Dott. Ernesto AGHINA

Dott. Luigi RIELLO

Dott. Francesco MENDITTO

Dott.ssa Maria Giuliana CIVININI

Dott. Giuseppe MELIADO’

Dott. Giuseppe FICI

Dott. Francesco LO VOI

Dott. Lanfranco Maria TENAGLIA

S E G R E T A R I O

Dott. Fulvio BALDI

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Il Consiglio,

- vista la circolare consiliare n. 15207/1987 e considerato che l'istanza è conforme ai requisiti formali e sostanziali ivi previsti;

- osservato che l'espletamento del richiesto incarico non incide negativamente né sull'esercizio delle funzioni giurisdizionali del magistrato né sul prestigio dell'Ordine giudiziario;

- considerato che l'istanza è stata trasmessa anche al competente Consiglio giudiziario;

- preso atto del parere favorevole espresso dal Capo dell'Ufficio;

- considerato che la partecipazione dei magistrati ad iniziative come quella in esame rientra fra gli obblighi di cooperazione in materia giudiziaria assunti dall'Italia in sede internazionale e che l'instaurazione di rapporti di collaborazione fra Stati in tale settore è suscettibile di positive ricadute sulla funzionalità dell'Amministrazione della giustizia;

- ritenuto che conseguentemente l'autorizzazione, stante l'urgenza, può essere concessa a condizione che sia garantito lo svolgimento delle funzioni assegnate al magistrato ed in particolare quelle connesse ai turni prestabiliti di servizio urgente ed alla partecipazione alle udienze;

delibera di autorizzare l'incarico richiesto.

Il dott. SALVI chiede ed ottiene che l’ultima delibera riguardante il dott. SPATARO sia emendata con l’aggiunta del dispositivo favorevole, che allo stato manca.

A questo punto il PRESIDENTE esprime l'avviso che sia più opportuno trattare le proposte di particolare urgenza presentate dalla Settima e Ottava Commissione nella seduta di domani, prendendo atto della loro presentazione.

Non facendosi osservazioni, rimane così stabilito.

Si passa all'esame della seguente pratica della PRIMA COMMISSIONE concernente il dott. Agostino CORDOVA:

11/RR/2001 - Procedura ex art. 2 R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511 nei confronti del dott.

Agostino CORDOVA, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.

Dott. Agostino CORDOVA: proposta di trasferimento di ufficio a norma dell’art. 2 R.D.L.

n. 511 del 31 maggio 1946

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Il Consiglio Superiore della Magistratura, su proposta della Prima Commissione Referente, con cinque voti a favore e un’astensione, ha assunto la seguente deliberazione:

“dispone il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale, ex art. 2 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, del dott. Agostino CORDOVA, Procuratore della Repubblica di Napoli.

A tale decisione questo Organo è pervenuto dopo un’istruttoria durata circa due anni e mezzo, le cui fasi devono essere riassunte.

SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA

Nel presente procedimento sono confluiti, per deliberazione adottata dalla Prima Commissione Referente il 22 gennaio 2002, anche fascicoli originati da vicende diverse, tutte però attinenti ai rapporti tra il dott. CORDOVA, le Istituzioni giudiziarie del Distretto di Napoli e i magistrati del suo ufficio.

All’origine della procedura è la delibera del 4 gennaio 2001, con la quale il Comitato di Presidenza trasmetteva alla Prima Commissione la nota in data 27 dicembre 2000 del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Napoli, dott. Renato DE TULLIO.

Il Procuratore Generale segnalava la vicenda del parere redatto dal Consiglio Giudiziario di Napoli, in relazione alla domanda per Procuratore Nazionale Antimafia del Procuratore della Repubblica, dott. Agostino CORDOVA; allegava la documentazione a ciò relativa, ivi comprese “le richieste redatte ed inviate dal dott. CORDOVA al Consiglio giudiziario, il cui contenuto, rilevante per il tono e la forma adottata (intestazione e firma del Procuratore della Repubblica, protocollazione al protocollo dell’Ufficio, etc.), ha determinato la sua audizione innanzi al Consiglio giudiziario”.

Il Procuratore Generale segnalava anche che la vicenda era stata resa nota dalla stampa e aveva determinato reazioni anche all’interno dell’Ufficio.

Infatti i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, con nota del 30 novembre, pervenuta al Consiglio Superiore il 18 dicembre 2000, avevano segnalato il “disagio per

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i rilievi mossi sull’operato dell’Ufficio e per la loro genericità”, con conseguente “rischio di delegittimazione dell’intero operato della magistratura inquirente del Distretto”.

Dal canto suo il dott. CORDOVA, con nota diretta al Consiglio Superiore il 22 novembre 2000, aveva lamentato che il rapporto informativo del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Napoli da un alto fosse carente di qualsiasi riferimento ai precedenti pareri formulati dal Consiglio Giudiziario di Napoli il 19 ottobre 1998 ed il 22 febbraio 1999, dall’altro introducesse

“riferimenti a fatti imprecisati e generici non ancorati a dati concreti” con “affermazioni tanto gravi quanto sorprendenti” in ordine sia agli esiti dibattimentali delle indagini svolte, che alla lamentata eccessiva burocratizzazione dell’ufficio.

Con nota del 12 dicembre 2000 (e ribadita nel contenuto sostanziale dalle note del 28 dicembre 2000 e del 30 gennaio 2001) il dott. CORDOVA criticava la procedura di deliberazione e formulazione del parere che lo aveva riguardato, dubitando della legittimità dell’iter procedurale seguito (in particolare per la sottoscrizione successiva e in forma individuale del verbale da parte dei membri del Consiglio giudiziario; per le modalità di redazione del verbale in forma sintetica;);

egli si doleva, infine, del fatto che dell’intera vicenda fossero già trapelate indiscrezioni sugli organi di stampa.

Egli inoltre rilevava che l’audizione, di cui s’è detto innanzi, era del tutto superflua, atteso il tenore delle note inoltrate al Presidente della Corte d’Appello di Napoli il 24 novembre 2000 il 1°

dicembre 2000, con le quali si limitava a sollecitare spiegazioni circa lo svolgimento della seduta del 20 novembre 2000 (in cui era stato reso il parere favorevole alla sua nomina a Procuratore Nazionale Antimafia).

Con nota del 12 marzo 2001, pervenuta al Consiglio Superiore il 15 marzo 2001 ed a quest’ultimo indirizzata, il dott. CORDOVA rappresentava che l’assemblea distrettuale dell’A.N.M.

napoletana tenutasi il 1° marzo 2001 aveva a maggioranza denunciato: che “ancora una volta all’interno del Consiglio giudiziario si è creato un preoccupante clima di tensione nelle occasioni in cui si sono dovute affrontare pratiche aventi ad oggetto la Procura della Repubblica di Napoli ed in particolare i suoi criteri organizzativi ed il parere per il Dirigente di quell’Ufficio, a testimonianza dell’insofferenza di talune aree culturali … al legittimo controllo operato dall’organo di autogoverno locale che si è espressa anche attraverso inusuali interferenze sul suo corretto funzionamento ed ha altresì determinato un rallentamento della sua regolare attività, cessato solo a

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seguito del provvedimento del Consiglio Superiore della Magistratura del 22.01.2001 che ha ritenuto legittime le prassi costantemente seguite dal Consiglio Giudiziario di Napoli”; ed inoltre che si registrava “l’esistenza di un orientamento culturale teso a sottrarre la Dirigenza degli Uffici, in particolare quelli requirenti, al legittimo controllo degli organi di autogoverno”, orientamento questo che – sempre ad avviso dell’organo sindacale distrettuale - “ha radicato una crisi dell’indipendenza interna, in particolare in taluni uffici giudiziari del distretto, che appaiono caratterizzati da profondo disagio e malessere al loro interno”.

Il dott. CORDOVA, nel richiamare i documenti e le osservazioni di cui s’è già dato conto, rappresentava anche la gravità del contenuto del documento dell’ANM sia perché strumentale, a suo avviso, ad una sua delegittimazione, sia perché imperniato su affermazioni non corrispondenti al vero, quale quella relativa all’avvenuto riconoscimento da parte del Consiglio Superiore stesso della legittimità dell’operato del Consiglio Giudiziario di Napoli, in contrasto con la delibera adottata dall’Organo centrale di autogoverno il 22 febbraio 2001.

Con deliberazione del 19 aprile 2001, la Prima Commissione Referente acquisiva l’intero carteggio intercorso tra il Procuratore della Repubblica di Napoli ed il Consiglio giudiziario in ordine ai rilievi che alcuni sostituti ed il locale organo di autogoverno in varie sedute avevano espresso sull’organizzazione interna dell’ufficio requirente napoletano nonché il programma organizzativo relativo alla Procura presso il Tribunale di Napoli, approvato con precisazioni ed osservazioni del Consiglio Superiore della Magistratura nella seduta dell’11 aprile 2001.

Il dott. CORDOVA, con due note, entrambe del 16 gennaio 2002, trasmetteva copia di vari articoli di stampa, tra cui un articolo, pubblicato sulla pagina napoletana del quotidiano

“Repubblica” del 16 gennaio 2002, a firma del Procuratore Aggiunto di Napoli dott. Paolo MANCUSO, con il quale il magistrato, prendendo spunto da notizie di stampa relative a deliberazioni della Prima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, replicava all’articolo e alle interviste rilasciate dal dott. CORDOVA nel mese precedente al quotidiano Il Giornale.

Questa nota, peraltro, dava origine a un diverso fascicolo, sempre presso la Prima Commissione, in considerazione della segnalazione del Procuratore.

Il contenuto dell’originario fascicolo n. 345/01

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Con nota del 3 luglio 2001 il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Napoli comunicava di avere appreso che il dott. CORDOVA aveva trasmesso alla Commissione Parlamentare Antimafia il rapporto informativo del 18 novembre 2000, dal medesimo Procuratore Generale redatto nell’ambito della procedura concernente la domanda del Procuratore della Repubblica di Napoli finalizzata a ricoprire l’incarico di Procuratore Nazionale Antimafia.

Egli osservava che il dott. CORDOVA non avrebbe dovuto trasmettere ad organi estranei all’amministrazione giudiziaria documenti “di ufficio riservati e relativi ad una sua vicenda esclusivamente personale”.

Il dott. CORDOVA, con nota del 12 settembre 2001, trasmetteva l’intero incartamento relativo alla vicenda della sua aspirazione a ricoprire l’incarico di Procuratore Nazionale Antimafia, comprendente anche un carteggio intercorso tra i dottori CORDOVA e DE TULLIO circa la trasmissione del parere di cui s’è detto alla Commissione parlamentare.

Il contenuto dell’originario fascicolo n. 391/01

Il carteggio relativo ai rapporti tra il dott. CORDOVA e il dott. DE TULLIO dava luogo al fascicolo n. 391/01

In particolare, il 16 luglio 2001 il dott. DE TULLIO portava a conoscenza del Consiglio Superiore del fatto che fin dal 26 aprile aveva richiesto al dott. CORDOVA notizie sui motivi per i quali vi fossero vistose differenze di pendenze e carichi di lavoro tra alcuni magistrati in servizio presso la Procura della Repubblica di Napoli e che, a tale richiesta, non aveva ricevuto alcuna risposta.

Da parte sua il dott. CORDOVA, con nota del 4 dicembre 2001, investiva il Consiglio Superiore dell’intero carteggio intercorso tra lo stesso ed il dott. Renato DE TULLIO a partire dall’8 maggio 2001 fino al 3 dicembre dello stesso anno. In tale missiva il Procuratore della Repubblica lamentava “le continue, incalzanti, martellanti iniziative del dott. DE TULLIO, peraltro molte di esse altamente significative per i contenuti, i modi, le forme ed i toni di cui sono pervase”, chiedendo al Consiglio le valutazioni del caso.

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In particolare si trovavano allegate a detta nota le richiamate missive a firma del dott. DE TULLIO, tra le quali quelle del 22 maggio 2001 e del 5 luglio 2001 riguardanti dei chiarimenti in ordine all’esecuzione di una misura cautelare nei confronti di un candidato alle elezioni amministrative di quell’anno, quella del 6 novembre 2001, sempre in tema di chiarimenti in ordine a undici procedimenti penali in corso, nonché quella del 3 dicembre 2001, dello stesso tenore.

Il contenuto dell’originario fascicolo n. 392/01

Alle note del maggio/luglio 2001 si collega anche la vicenda dell’avvenuto rilascio di autorizzazione, da parte della Procura Generale presso la Corte d’Appello di Napoli ed a favore di una troupe televisiva RAI, ad accedere all’interno dell’ufficio del G.I.P. di Napoli in occasione dell’interrogatorio dall’on. Riccardo MARONE fissato per le ore 15.00 del 19 giugno 2001, che aveva determinato la reazione della dott.ssa RIBERA e una segnalazione del dott. CORDOVA al Presidente della Corte d’Appello di Napoli, dott. Aldo APONTE

Il contenuto dell’originario fascicolo n. 393/01

Sempre alla vicenda MARONE si riferisce un’ulteriore carteggio tra il dott. CORDOVA e il Procuratore Generale, iscritto nel registro della Prima Commissione con il n. 393/01, a seguito della nota in data 16 luglio 2001 del Procuratore della Repubblica. In questo fascicolo sono contenuti in copia gli atti originati dalla missiva in data 8 maggio 2001 del dott. CORDOVA, con la quale il Procuratore chiedeva al Procuratore Generale se fosse legittimo procrastinare l’esecuzione della misura cautelare interdittiva della sospensione dai pubblici uffici nei confronti di un candidato alle imminenti elezioni amministrative.

Il contenuto dell’originario fascicolo n. 394/01

Il dott. Agostino CORDOVA inviava al Procuratore Generale (e per conoscenza a diversi Organi, tra cui il Consiglio Superiore della Magistratura, presso cui dava origine al fascicolo n.

394/01) una nota di risposta alle sollecitazioni del dott. DE TULLIO concernenti richieste informazioni circa le doglianze del padre del vice prefetto Ennio BLASCO, sig. Enrico BLASCO, relative a indagini bancarie sul suo conto e all’asserita sospensione di una sua carta di credito.

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Nel carteggio allegato alla missiva il dott. CORDOVA includeva la nota del 28 maggio 2001 nella quale, rispondendo al dott. DE TULLIO, sottolineava che “la disattivazione (della carta di credito del Sig. Enrico BLASCO) era stata, in violazione del segreto delle indagini, un’iniziativa esclusiva (ed, aggiungasi, pretestuosa), trattandosi (evidentemente) di un espediente per mettere

“ufficialmente” a conoscenza l’interessato degli accertamenti sui movimenti bancari”. Il dott.

CORDOVA sottolineava poi che “sempre in violazione del segreto delle indagini era stato rilevato a BLASCO Enrico … il numero del procedimento ed il nome del P.M.”.

Il dott. CORDOVA riteneva inoltre che il Procuratore Generale non avesse titolo a prendere cognizione delle informazioni richieste. A seguito del carteggio derivatone, trasmetteva infine la nota in data 23 novembre 2001, cui era allegata, in busta chiusa, la documentazione richiesta, rimettendosi al Procuratore generale “ogni valutazione e determinazione circa l’accesso a essi, o la trasmissione del plico che li contiene alla Procura Generale presso la Corte di Cassazione”.

Il contenuto dell’originario fascicolo n. 401/01

Con nota del 17 luglio 2001, il dott. Agostino CORDOVA portava a conoscenza dell’organo centrale di autogoverno il carteggio intervenuto tra lui ed il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Napoli in ordine alla problematica delle tutele e delle scorte, denunciando “la natura, la forma ed il tono degli apprezzamenti del Procuratore Generale”. Al fascicolo venivano allegate le successive note aventi il medesimo argomento. Con un’ultima nota del 14 settembre 2001, il dott.

CORDOVA portava a conoscenza dei destinatari un’ulteriore missiva del dott. DE TULLIO, datata 7 agosto 2001, con la quale lo stesso ribadiva il suo punto di vista circa la necessità della guida delle autovetture da parte dei soli appartenenti all’amministrazione della Giustizia. Nel far ciò il dott.

CORDOVA insisteva nella sua richiesta di intervento finalizzato a “far cessare tale stato di cose”.

Il fascicolo n. 419/01 concerne i rapporti con il Consiglio giudiziario e i suoi rappresentanti.

Con nota del 7 agosto 2001, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Napoli segnalava che il dott. CORDOVA aveva adottato un ordine di servizio in materia sostanzialmente tabellare (il n. 39/2001 del 2 aprile 2001, allegato alla nota predetta, col quale veniva istituito il nuovo “Ufficio impugnazioni”) omettendo di sottoporlo al vaglio del Consiglio giudiziario e che quest’ultimo, essendo venuto a conoscenza dell’emissione di detto ordine solo a seguito delle osservazioni di alcuni dei magistrati della Procura di Napoli, nella seduta del 12 luglio 2001 aveva

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reso sullo stesso parere negativo. Secondo il dott. CORDOVA, invece, non si verteva in tema di materia tabellare in quanto il citato ordine non aveva ad oggetto “né i criteri generali di organizzazione, né regole per l’assegnazione dei procedimenti ai magistrati o ai gruppi di lavoro o, all’interno di questi ultimi, ai singoli magistrati”.

Con nota del 3 ottobre 2001, il Presidente della Corte d’Appello di Napoli, dott. Aldo APONTE, rimetteva all’Organo destinatario l’intero carteggio intercorso tra lui ed il dott.

CORDOVA e contenente le richieste, da quest’ultimo inoltrategli l’11 ed il 18 settembre 2001, di ottenere copia del parere con l’indicazione dei relatori e dell’intero ordine del giorno delle sedute del Consiglio giudiziario del 12 luglio e del successivo 18 luglio 2001. Lo scrivente ravvisava, esplicitandola, la singolarità di siffatte richieste.

Il 5 ottobre 2001 il dott. CORDOVA rimetteva alla valutazione del Consiglio Superiore (e degli organi di disciplina) il carteggio intercorso tra lui ed il Procuratore Generale sulla vicenda dell’ordine di servizio n. 39/200, ribadendo “la richiesta di tempestivi interventi per evitare la protrazione di siffatta situazione, iniziata nel novembre 2000 e che si reitera con le stesse modalità, forme e toni”; egli sollecitava l’adozione di provvedimenti, sottolineando che il dott. DE TULLIO sarebbe andato in pensione entro pochi mesi.

Il contenuto dell’originario fascicolo n. 467/01

Con nota del 10 settembre 2001 il dott. CORDOVA lamentava il contenuto di una missiva indirizzatagli dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Napoli, dott. Renato DE TULLIO, in data 2 agosto 2001 in riscontro alla nota del 31 luglio 2001, concernente il ritardo con cui il dott. BORRELLI, magistrato in servizio presso la DDA, aveva informato il Procuratore della Repubblica di una notizia di reato emersa nel corso di indagini preliminari e relativa a fattispecie di voto di scambio.

In risposta il dott. DE TULLIO aveva richiesto ulteriori chiarimenti, lamentando il fatto che le indicazioni del dott. CORDOVA fossero infarcite di inspiegabili “omissis” e di “oscuri riferimenti tanto da somigliare più ad un esercizio di enigmistica che ad un’informativa disciplinare” e riferendo la sensazione di “una non giustificata, ma più volte rimarcata ritrosia a rendere conto” dell’attività dell’ufficio nonché l’impressione di un’ “ostinazione a tenere segreti”.

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Il contenuto dell’originario fascicolo n. 482/01

Parallelamente ai fascicoli sin qui citati, si sviluppava il fascicolo n. 482/01, nel quale in realtà confluivano vicende diverse, tra cui alcune delle più significative ai fini della presente procedura.

- § 1 La vicenda del c.d. procedimento dei Prefetti

Nel settembre 2001 la Procura di Napoli aveva eseguito alcune misure cautelari nei confronti di diversi indagati, tra cui il Prefetto di Napoli e vari funzionari. Il clamore suscitato da alcuni aspetti del procedimento determinava richieste di apertura di pratica in Prima Commissione Referente, da parte sia di Consiglieri che del Procuratore di Napoli, quest’ultimo in conseguenza di interviste rilasciate da un magistrato della Procura di Napoli, il dott. Vittorio RUSSO.

In particolare il dott. RUSSO si era lamentato pubblicamente della decisione del Procuratore di revocargli "inopinatamente" la delega nell'indagine sugli autoparchi, con conseguente assegnazione alla collega RIBERA; che l' indagine iniziata nel 1999 aveva ottenuto la bonifica dei territori in cui giacevano abbandonate migliaia di auto sotto sequestro da parte dell'autorità amministrativa, proprio attraverso la collaborazione della Prefettura; che di tali iniziative era stato informato il Procuratore il quale aveva anche avuto un incontro col Prefetto ROMANO e si era congratulato per l'iniziativa assunta; che pertanto vi era profondo sconcerto per l'arresto del Prefetto e dei suoi collaboratori e per le modalità con cui erano state condotte le indagini da parte della dott.ssa RIBERA, che ad esempio lo aveva convocato come persona informata dei fatti, pur essendo egli il titolare dell'indagine.

Con la nota del 27 settembre 2001 il Procuratore di Napoli ricostruiva la vicenda processuale, sotto il profilo dei rapporti interni all’Ufficio, trasmettendo anche numerosi documenti (così come avverrà poi, con altre note riguardanti la medesima vicenda).

Tali complesse vicende hanno formato oggetto anche di procedimento penale, a seguito della trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Roma, ex art. 11 c.p.p., di procedimenti disciplinari (a carico del dott. RUSSO e della dott.ssa RIBERA), di procedure pendenti in Prima Commissione.

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Di conseguenza nella delibera se ne darà conto nei ristretti limiti che hanno attinenza con l’odierna procedura, oltreché in quelli più ampi derivanti dalle prospettazioni difensive.

Con diverse note successive il dott. CORDOVA segnalava numerose anomalie ascrivibili al dott. RUSSO, alcune delle quali attinenti al suo incarico di responsabile dell’Ufficio esecuzioni della Procura circondariale. Tali aspetti formano oggetto di separato procedimento.

§ 2 Il malcontento di alcuni magistrati della Procura di Napoli: la cd. “eccessiva burocratizzazione” dell’ufficio

a) In data 28 settembre 2001 perveniva via fax al Consiglio Superiore della Magistratura una nota a firma di quarantasei magistrati della Procura della Repubblica di Napoli con la quale gli stessi esprimevano “vivo sconcerto per la vicenda che ha coinvolto il collega Vittorio RUSSO”. Nel manifestare a quest’ultimo “piena solidarietà”, si dicevano “costretti a lavorare in un clima di profonda difficoltà organizzativa e gestionale, che ostacola di fatto l’efficace esercizio dell’azione penale”, auspicando un intervento del Consiglio Superiore “al fine di fare immediata chiarezza sulla vicenda e più in generale sui meccanismi che regolano l’assetto organizzativo della procura della Repubblica”.

b) In data 10 ottobre 2001 giungeva al Consiglio Superiore della Magistratura una nuova missiva, indirizzata anche al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Napoli, con la quale sessanta magistrati della Procura napoletana rappresentavano il loro disagio per l’andamento generale dell’ufficio in cui operavano. In particolare gli stessi lamentavano primariamente l’“eccesso di burocratizzazione” dell’organizzazione dell’ufficio introdotto dal Procuratore dott. CORDOVA, autore – secondo i sessanta sottoscrittori – di un “penetrante controllo formalistico esteso a tutti i più remoti momenti della complessa attività in cui si esplica la funzione del pubblico ministero”.

I firmatari si dolevano della pressante richiesta, sia veicolata attraverso circolari, sia attraverso ordini di servizio, di “continui, onerosi e sempre nuovi adempimenti che, lungi dal costituire un controllo sostanziale dell’attività investigativa…, si traducono in un effettivo ostacolo all’esercizio dell’azione penale”. Detti adempimenti, inoltre, sempre ad avviso dei sottoscrittori, traevano origine da una serie di ordini che, oltre ad essere numerosi, si presentavano di complessa interpretazione e di difficile comprensione.

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Parimenti i sottoscrittori si dolevano della sperequazione dei carichi di lavoro nell’assegnazione degli affari penali tra i vari reparti dell’ufficio, non poche parti del quale erano caratterizzate da “inefficienza” e “neghittosità”, aspetti questi – a loro dire - favoriti dal tipo di sindacato, solo formale e non qualitativo e sostanziale, effettuato dal Procuratore. Uno dei profili di tale fenomeno era rappresentato, ad avviso degli scriventi, dall’avvenuta istituzione di un Ufficio impugnazioni.

Altro aspetto oggetto di doglianza era costituito dal ridimensionamento del ruolo dei Procuratori Aggiunti, “di fatto depauperato nei contenuti”. Ugualmente non soddisfacenti erano ritenute dai firmatari la gestione dei cd. affari semplici e la mancata instaurazione di un dibattito allargato a tutti i sostituti, piuttosto che demandato all’unico componente dell’Ufficio Studi, in relazione alle più attuali e scottanti problematiche applicative nascenti dalle numerose riforme dell’ultimo periodo.

Nel concludere gli scriventi opinavano che l’unificazione della Procura Circondariale alla Procura presso il Tribunale ingiustamente veniva indicata come il vero motivo delle disfunzioni dell’Ufficio, mentre veniva nel contempo riferita anche l’impressione di una certa diffidenza nei confronti dei sostituti che facevano originariamente parte del soppresso organo requirente.

c) In data 4 febbraio 2002 sessantaquattro magistrati della Procura presso il Tribunale di Napoli, in gran parte già firmatari del documento del 10 ottobre 2001, sottoscrivevano un nuovo ed articolato documento, munito di relativi allegati, con il quale denunciavano l’acuirsi, nell’Ufficio di cui facevano parte, degli inconvenienti già qualche mese avanti rappresentati. In particolare essi riferivano di “una progressiva degenerazione di rapporti in Procura” ben evidenziata dalla

“crescente proliferazione di iniziative, di natura disciplinare e/o paradisciplinare, o comunque di segnalazioni agli organi gerarchicamente sopraordinati” e confermata dalle dichiarazioni rese al quotidiano “Repubblica” in data 12 gennaio 2002 dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Napoli.

I firmatari del documento, alla luce di quanto rappresentato, ravvisavano “l’imprescindibile necessità di un intervento quanto più possibile sollecito ed incisivo dell’organo di autogoverno, al fine di individuare in maniera obiettiva ed imparziale e rimuovere le cause della preoccupante situazione in cui versa la Procura della Repubblica di Napoli”.

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Nel seguito della nota i firmatari ricostruivano la vicenda dei contrasti col dott. CORDOVA che, a loro dire, avevano formato “un solco tra Procuratore e sostituti”. In particolare segnalavano che il dott. CORDOVA aveva mal accolto le osservazioni formulate dai magistrati del suo ufficio al Consiglio giudiziario scambiandole “come dei veri attacchi personali cui rispondere”. Ricordavano, al riguardo, le osservazioni presentate avverso l’ordine di servizio n. 159/2000 del 15 febbraio 2000 in merito al quale essi deducevano il mancato rispetto dei criteri di integrazione dei sostituti e delle materie appartenenti ai due Uffici di Procura, l’iniqua distribuzione dei carichi di lavoro nonché l’eccessiva discrezionalità nei criteri di assegnazione degli affari. Ricordavano altresì che a dette osservazioni il dott. CORDOVA aveva risposto con memorie, molto critiche, a difesa della legittimità ed opportunità del proprio operato, basate sulla preoccupazione di non estendere al nuovo Ufficio di Procura la “ben nota situazione di paralisi già determinatasi nell’Ufficio di Procura Circondariale”.

I sottoscrittori del documento, inoltre, esplicitavano di aver avvertito “insofferenza del Procuratore della Repubblica ad ogni voce di dissenso”, richiamando al riguardo la vicenda dell’ordine di servizio n. 39/2001 in materia di istituzione di un Ufficio impugnazioni, ritenuto dai firmatari “assai poco funzionale ed essenzialmente inutile” e censurato dal Consiglio Giudiziario di Napoli, e la vicenda del parere reso dal dott. De TULLIO in relazione alla domanda del dott.

CORDOVA finalizzata a ricoprire il ruolo di Procuratore Nazionale Antimafia.

Nel contempo i sottoscrittori lamentavano che le direttive del Procuratore della Repubblica

“non sono finalizzate ad impartire disposizioni sulle problematiche concrete dell’attività giudiziaria” ma che le stesse “appaiono funzionali soprattutto al controllo dell’operato dei sostituti”, adducendo a sostegno di detta asserzione che non erano state, di converso, adottate determinazioni di sorta in relazione a importanti modifiche legislative. Sempre su tale scia, i sottoscrittori si dolevano della mancata istituzione di un “ufficio affari semplici” per la definizione di una mole notevole di procedimenti di scarsa offensività, il quale avrebbe invece consentito “la concentrazione dell’attività lavorativa verso le indagini più delicate e complesse”; si dolevano dell’uso eccessivo dei visti da parte degli Aggiunti; lamentavano il proliferarsi, attraverso i numerosi ordini di servizio, di obblighi la cui inosservanza “si traduce inevitabilmente in altrettante, scontate e pressoché generalizzate mancanze disciplinari ad orologeria”; lamentavano, infine, “una sperequazione fortissima e non giustificabile fra i carichi di lavoro dei sostituti, quali risultano dalle più recenti rilevazioni statistiche. E ciò, addirittura, fra sostituti appartenenti alla medesima sezione”.

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Tale quadro complessivo comportava, a dire dei firmatari, “l’inevitabile sterilizzazione dell’attività investigativa dell’Ufficio”, dovendo i magistrati “dedicare buona parte del proprio tempo agli affari burocratici”, ed era oggettivamente aggravato dai clamori di stampa che sulla crisi interna si moltiplicavano a dismisura. In particolare, a tale ultimo riguardo, facevano rilevare che certa stampa attribuiva alla crisi interna un significato politico, sostenendo che il malcontento dei sostituti era fittizio e che esso era in realtà strumentale a sovvertire un Procuratore indipendente e capace di colpire “eminenti esponenti della politica e dell’amministrazione locale” (citavano, esemplificativamente, gli articoli apparsi su “Il Giornale” i giorni 1, 2, 3 ed 11 dicembre 2001 e su

“Roma” il 25 gennaio 2001).

Affermavano, inoltre, che il Procuratore CORDOVA aveva dato spazio a dette polemiche con dichiarazioni rese al quotidiano “Il Giornale” in data 21 novembre 2001, nelle quali il malessere dei magistrati dell’Ufficio veniva ricondotto a insofferenza per i controlli e a motivazioni politiche.

d) Sempre in relazione alla vicenda dei contrasti con altri Magistrati del suo Ufficio, il dott.

Agostino CORDOVA, intanto, con altre note indirizzate al Consiglio Superiore della Magistratura ed ai titolari dell’azione disciplinare oltre che ai Presidenti della Prima e Settima Commissione Referente del Consiglio medesimo, segnalava che la vicenda del nuovo documento di doglianze nei suoi confronti aveva suscitato un grosso clamore di stampa, allegando i più rilevanti articoli apparsi sui quotidiani locali in relazione ai fatti sopra descritti.

e) Dal canto loro i Procuratori della Repubblica Aggiunti firmavano in data 7 febbraio 2002 una nota, diretta al Consiglio Superiore della Magistratura, con la quale portavano a conoscenza dell’Organo di autogoverno un articolo a firma del Sen. Emiddio NOVI, apparso sul quotidiano

“Roma” del medesimo giorno, in cui lo stesso stigmatizzava l’operato dei magistrati, dall’articolista definiti “di sinistra”, contro il dott. CORDOVA, usando nei confronti degli stessi espressioni quali

“parassiti in toga nera”, “maneggioni che insabbiavano o deviavano le inchieste sui rapporti tra sinistra imprenditrice e camorra”.

f) Nel contempo la Giunta distrettuale napoletana dell’Associazione nazionale Magistrati, all’esito della riunione del 5 febbraio 2002, deliberava l’approvazione di un documento, successivamente inviato al Consiglio Superiore della Magistratura ed al Consiglio Giudiziario di Napoli, mediante il quale stigmatizzava tutti quegli interventi di stampa tesi a ricondurre il malcontento dei magistrati della Procura di Napoli ad una logica di attacco premeditato e

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strumentale contro il Procuratore dott. CORDOVA, preoccupandosi di salvaguardare in via di affermazione di principio la libertà dei magistrati di un ufficio di manifestare liberamente il loro dissenso circa le scelte organizzative del capo.

§ 3 Le altre vicende di cui al fascicolo n. 482/01

Con nota del 19 novembre 2001, inviata anche ai titolari dell’azione disciplinare, il dott.

CORDOVA denunciava il clamore che sui quotidiani principali aveva destato l’audizione del dott.

AVECONE presso l’Organo centrale di autogoverno.

Intanto lo stesso giorno il dott. CORDOVA spediva ai medesimi destinatari di cui sopra il fax inviatogli dagli Avvocati Giuliana QUATTROMINI, Pierluigi PANICI e Silvia MANDERINO, rappresentanti della “Iniziativa Democratica Forense”, mediante il quale gli stessi esprimevano solidarietà nei confronti del Procuratore della Repubblica di Napoli in relazione “a quello che si rileva da subito un attacco strumentale”, osservando che “analoghe iniziative non si registrano nei confronti di altri uffici giudiziari del distretto che sono ben lungi dal brillare per ordine, efficienza, risultati e garanzie per i cittadini”.

Con note del 23 e del 29 novembre 2001, dirette anche ai titolari dell’azione disciplinare, il dott. CORDOVA lamentava ancora una volta che fossero trapelate notizie riservate sull’inchiesta a carico dei Prefetti e sull’audizione del dott. DE TULLIO.

Con nota del 5 dicembre 2001, diretta anche ai titolari dell’azione disciplinare, il dott.

CORDOVA rappresentava che il S.I.U.L.P. (Sindacato italiano unitario lavoratori Polizia) il 2 dicembre immediatamente precedente gli aveva esternato la propria solidarietà in relazione ai

“continui attacchi” subiti, affermando che appariva “opportuno … ricordare che (il dott.

CORDOVA) è stato un uomo sempre pronto a difendere la giustizia e la legalità”.

Con nota del 6 dicembre 2001, diretta anche ai titolari dell’azione disciplinare, il dott.

CORDOVA, prendendo atto che la stampa aveva riferito le doglianze, esternate dal dott.

AVECONE in sede di audizione dinanzi alla Prima Commissione Referente, replicava a dette dichiarazioni.

Con nota del 16 dicembre 2001, inviata anche ai titolari dell’azione disciplinare, il dott.

CORDOVA denunciava il clamore che sui quotidiani principali aveva destato l’audizione presso

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l’organo di autogoverno dei Procuratori Aggiunti dottori MANCUSO, MASTROMINICO, ROBERTI e TRAPUZZANO. In relazione a ciò lamentava che di quello che era divenuto un autentico caso, il “cd. Caso Napoli” appunto, non lui ma altri avrebbero dovuto essere i veri incolpati. Detto concetto era meglio specificato nella successiva nota del 17 dicembre 2001, inviata anche ai titolari dell’azione disciplinare, nella quale il dott. CORDOVA denunciava il non ortodosso comportamento professionale tenuto da alcuni di detti Procuratori Aggiunti (MARMO, TRAPUZZANO, MASTROMINICO) allegando copiosa documentazione. Altra segnalazione veniva operata con la nota del 28 dicembre 2001. La Prima Commissione Referente provvedeva ad aprire autonome pratiche, così stralciandole dal fascicolo n. 11/01, cui veniva dato autonomo seguito.

Con ulteriore nota del 28 dicembre 2001, inviata anche ai titolari dell’azione disciplinare, il dott. CORDOVA portava a conoscenza dei destinatari che, da un sondaggio eseguito dal gestore della televisione privata “Telelibera” su politica, giustizia e sport, era emerso che il Procuratore della Repubblica di Napoli era in “pole position” in quanto lo stesso manteneva “intatto il suo carisma ad onta di tutte le polemiche”.

Con nota dell’8 gennaio 2002, inviata anche ai titolari dell’azione disciplinare, il dott.

CORDOVA, facendo seguito al documento in cui evidenziava dei comportamenti professionali non ortodossi di alcuni dei suoi Aggiunti, faceva rilevare alcune anomalie emerse nella gestione dell’Ufficio Esecuzione della ex Pretura Circondariale, curata dal dott. Vittorio RUSSO.

Con nota del 16 gennaio 2002, inviata anche ai titolari dell’azione disciplinare ed al Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, il dott. CORDOVA si doleva del contenuto dell’articolo firmato dal Procuratore Aggiunto dott. Paolo MANCUSO sull’edizione di Napoli di

“Repubblica” del 16 gennaio 2002 (detto articolo prendeva spunto da notizie di stampa relative ai lavori della Prima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura e polemizzava con precedenti articoli e interviste del dott. CORDOVA). Anche nella nota datata 18 gennaio 2002, ed indirizzata agli stessi organi, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli allegava altri articoli di stampa, relativi ad un possibile imminente suo trasferimento alla funzione di Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano, che interpretava come un effetto immediato delle dichiarazioni riportate dal dott. MANCUSO nel citato articolo.

Con nota del giorno 11 febbraio 2002, indirizzata anche agli organi dell’azione disciplinare, il dott. CORDOVA si doleva delle dichiarazioni contenute in una missiva del 31 gennaio

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precedente a firma del dott. Diego MARMO, nell’ambito della quale quest’ultimo, in relazione all’incendio verificatosi il 28 gennaio 2002 nei locali della Procura della Repubblica di Napoli al quinto piano dell’edificio Isola E 5, asseriva che “a distanza di quattro giorni dall’incendio non era stato adottato alcun provvedimento per far fronte all’emergenza”, segnalando di conseguenza le misure che aveva ritenuto di adottare direttamente.

L’attività istruttoria della prima Commissione Referente

Un prima fase delle attività istruttorie ha riguardato l’audizione di alcuni magistrati in relazione al procedimento che aveva portato all’emissione di provvedimenti cautelarti nei confronti del Prefetto ROMANO e di altri pubblici funzionari.

Venivano auditi il Procuratore Generale, dott. Renato DE TULLIO, il Procuratore della Repubblica, dott. Agostino CORDOVA, i Procuratori Aggiunti dott. Felice DI PERSIA, dott. Pio AVECONE, dott. Giuseppe MADDALENA, dott. Camillo TRAPUZZANO, dott. Diego MARMO, i Sostituti Procuratori dott. Vittorio RUSSO e dott.ssa Maria Cristina RIBERA

Un secondo filone istruttorio ha riguardato il malcontento di alcuni magistrati della Procura di Napoli in relazione agli aspetti organizzativi ed ai rapporti con il dott. CORDOVA

Dopo l’audizione del dott. DE TULLIO si procedeva all’audizione dei Procuratori Aggiunti e di alcuni Sostituti.

Venivano dettagliatamente esaminati i P.A. Pio AVECONE, Roberto D’AJELLO, Diego MARMO, Giuseppe MADDALENA, Camillo TRAPUZZANO, Paolo MANCUSO, Luigi MASTROMINICO, Franco ROBERTI.

La Prima Commissione Referente deliberava poi di effettuare le audizioni di tre sostituti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, individuati dalla Commissione stessa nelle persone dei magistrati dott. Manuela MAZZI, dott. Luciano D’ANGELO e dott. Giuseppe NARDUCCI, in quanto i più anziani fra i sostituti firmatari del documento in data 10 ottobre 2001 in precedenza ricordato. Gli stessi venivano quindi sentiti nella seduta del 5 febbraio 2002.

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Del contenuto delle dichiarazioni rese dai predetti si darà conto dettagliatamente nel corso della parte motiva della presente delibera, anche in considerazione della loro complessità.

Si disponeva quindi l’audizione del Presidente della Camera Penale di Napoli.

L’avv. CERABONA preliminarmente consegnava alla Commissione il documento redatto dalla Camera Penale di Napoli l'11 Ottobre 2001. Rappresentava che la Camera Penale di Napoli viveva una fase di grave preoccupazione in quanto risentiva del “conflitto evidente tra il capo dell'ufficio ed un gran numero di Magistrati appartenenti a quell'ufficio”, il quale non poteva essere

“ritenuta cosa di poco conto”, anche perché, aggiungeva, “oggi questo scontro si sta traducendo in un vero e proprio scontro di piazza. Basta passeggiare per le strade di Napoli per leggere affisso sui muri un manifesto: "CORDOVA non si tocca" ed è un manifesto sponsorizzato da una certa area politica”.

Precisava che detto conflitto “si è tradotto, in realtà, in uno scontro politico perché apertamente alcuni Partiti si sono schierati a sostegno di CORDOVA, altri viceversa sembrerebbero utilizzare un atteggiamento di critica nei confronti del capo dell'ufficio”. Aggiungeva che l’opinione della classe forense era nel senso che “la situazione nel suo complesso non possa non incidere su quella che è la giurisdizione, su quella che è una corretta, trasparente e serena giurisdizione”.

Riteneva che ormai si fosse nel pieno di “certe logiche … che oggi turbano, naturalmente, l'avvocatura e che turbano la cittadinanza, perché riteniamo che questi argomenti finiscono inevitabilmente col realizzare un momento di giusta inquietudine. C'è nell'opinione pubblica, nella città un momento di sconcerto rispetto a questi avvenimenti”.

Quanto agli aspetti organizzativi, criticava l’istituzione dell’Ufficio impugnazioni che – a suo dire - appare stridere con l’attuale carenza di organici e si traduce in un ufficio che distoglie i sostituti dalle indagini. Proponeva, dunque, che del compito di impugnare fossero investiti gli aggiunti, oltre al Procuratore generale che se ne occupa per legge.

Affermava, infine, che i rapporti tra dott. CORDOVA e l’avvocatura erano di recente migliorati, a partire da un incontro organizzato dagli Avvocati con tutti i capi degli uffici alla fine del quale il Procuratore volle trattenersi per porgere un saluto all’Avvocatura.

Deliberazioni della Prima Commissione

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A seguito dell’istruttoria espletata, il 7 maggio 2002 il cons. SMIRNE, all’epoca relatore, depositava una proposta di archiviazione al plenum, votata anche dai consiglieri prof. RONCO, Presidente, e dott. VISCONTI. Gli altri tre componenti (i consiglieri dottori VIAZZI, NATOLI e avv. DI CAGNO), invece, depositavano il 13 maggio 2002 una proposta di ritorno della pratica in Commissione finalizzata all’apertura dell’art. 2 L.G., con la contestazione al dott. CORDOVA di capi di contestazione ivi indicati.

Prima, però, che potesse giungersi a una deliberazione sulle proposte suddette, fu deliberata l’apertura della procedura di trasferimento, a seguito delle dichiarazioni rese dal Procuratore della Repubblica dinanzi alla Commissione Antimafia.

Infatti il 7 maggio 2002, il Procuratore CORDOVA aveva reso dichiarazioni dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia, lamentando, tra le altre cose, le difficoltà ambientali sorte nella Procura di Napoli, a seguito dell’unificazione tra i due uffici di Procura, comportamenti anomali di diversi magistrati, inefficienze dell’Ufficio Gip. Queste dichiarazioni determinavano un forte allarme nei componenti della Commissione Antimafia, che nel corso dell’audizione rivolgevano domande, richieste di chiarimenti e che, in alcuni casi, polemizzavano apertamente con l’audito. Le dichiarazioni, peraltro, erano rese nel corso di una audizione pubblica, cosicché venivano immediatamente riprese dai mezzi di informazione e diffuse con ampio risalto, determinando nuove e ulteriori tensioni nell’ambiente giudiziario napoletano, con prese di posizione di singoli magistrati e di rappresentanze associative.

Per effetto di tali dichiarazioni in data 16 maggio 2002 il precedente relatore della pratica, cons. SMIRNE, unitamente al cons. VISCONTI, ritirava la proposta di archiviazione (quindi mai giunta dinanzi al plenum). Col voto contrario del solo Presidente cons. prof. RONCO, veniva quindi votata, nella seduta di Commissione del 16 maggio 2002, l’apertura dell’art. 2 L.G. con riferimento alle dichiarazioni rese dal dott. CORDOVA dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia.

In particolare venivano contestati al dott. CORDOVA i seguenti capi di incolpazione appresso riportati per esteso:

“Nel corso di una audizione pubblica dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia del 7 maggio 2002 (audizione il cui regime di pubblicità Le era noto e rispetto al quale non ha ritenuto

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di chiedere la segretazione della seduta) Ella rendeva dichiarazioni non inerenti l’oggetto dell’audizione stessa e comunque lesive del prestigio delle funzioni di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e gravemente pregiudizievoli dell’autorevolezza dell’Ordine Giudiziario e, in particolare dei magistrati del distretto di Napoli nonché dell’immagine dell’attività giudiziaria del distretto.

In particolare:

1) Ella rendeva dichiarazioni obiettivamente idonee a rappresentare l’insieme dei magistrati del distretto di Napoli come un ostacolo all’azione di ripristino della legalità e, quindi, gravemente pregiudizievoli dell’autorevolezza e dell’immagine di trasparenza degli uffici giudiziari ivi operanti e segnatamente di magistrati addetti alla Procura di Napoli ed all’Ufficio del g.i.p. presso il Tribunale di Napoli.

Le dichiarazioni concernenti magistrati ed uffici giudiziari del distretto di Napoli venivano rese allo scopo di illustrare il contesto nel quale Ella assume di operare; di evidenziare che “tutte queste vicende incidono negativamente sul nostro tentativo di ripristinare la legalità nel territorio e di affrontare i problemi derivanti dalla cappa camorristica che da secoli incombe in Campania”; di segnalare che “visto che non mi è concesso, comincio a coltivare l’idea di chiedere un’altra sede, così questa storia finirà e si riporterà la pace sociale nel territorio di Napoli”.

2) Ella, inoltre, rendeva dichiarazioni circa sue perplessità in ordine all’indagine condotta dal Suo ufficio nei confronti di appartenenti alla Polizia di Stato in particolare sulla attendibilità delle fonti di prova: tali dichiarazioni, per il contesto pubblico nel quale sono state rilasciate, hanno comportato la diffusione di notizie che sarebbero dovute rimanere riservate in quanto attinenti ad un procedimento penale in corso, per di più pochi giorni prima dell’udienza relativa a detto procedimento dinanzi al Tribunale del Riesame di Napoli, così determinando una grave delegittimazione dell’attività inquirente svolta dai magistrati della Procura di Napoli.

3) Nel contesto di cui sopra, Ella rendeva dichiarazioni circa vicende concernenti alcuni magistrati della Procura della Repubblica di Napoli, già oggetto di sue segnalazioni agli organi competenti; tali dichiarazioni, per i loro contenuti e per l’irritualità della sede nella quale sono state rilasciate, hanno determinato un grave ed ingiustificato pregiudizio all’immagine di trasparenza della Procura della Repubblica di Napoli.

4) Con riferimento al procedimento concernente l’allora Prefetto di Roma, Ella dichiarava di non averlo seguito (“Riguardo la vicenda del Prefetto di Roma, non l’ho seguita”), dichiarazione non solo non corrispondente a quanto già risultante a questa Commissione, ma anche obbiettivamente idonea a delegittimare l’attività svolta dal Suo Ufficio.

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5) Ella rendeva altresì dichiarazioni polemiche e fuorvianti in ordine alla pronuncia della Corte di Cassazione relativa al procedimento concernente l’allora Prefetto di Roma (sentenza n. 836 R.G. 2002), dichiarazioni obiettivamente idonee a delegittimare l’Ufficio e l’attività della Suprema Corte”.

Il dott. CORDOVA veniva, quindi, audito in qualità di sottoposto alla procedura ex art. 2 L.G., con l’assistenza difensiva del dott. Carlo NORDIO, nelle date del 4, 11 e 18 giugno 2002, rilasciando le dichiarazioni che meglio saranno evidenziate in seguito nella parte motiva di questo provvedimento.

All’esito delle audizioni “di garanzia”, la Prima Commissione Referente, nella composizione immediatamente precedente quella attuale, dava corso alle ulteriori attività istruttorie, procedendo all’audizione, in data 1 luglio 2002, del dott. Felice DI PERSIA, Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Napoli, e del dott. Renato VUOSI, Presidente della sezione Gip- Gup del Tribunale di Napoli.

Una volta deliberata l’apertura della procedura di trasferimento continuavano ad entrare a far parte del fascicolo n. 11/01, definitivamente arricchito di tutti gli altri incartamenti sopra citati e ad esso riuniti, note provenienti sia dal dott. CORDOVA, sia da altre Autorità, oltre naturalmente agli atti relativi all’attività istruttoria condotta dalla Prima Commissione Referente (di cui si è detto), tra i quali i verbali di audizione ed i loro allegati.

Con nota del 14 maggio 2002, il dott. CORDOVA si doleva del fatto che il dott.

MANCUSO aveva tenuto una conferenza stampa non autorizzata dal Procuratore della Repubblica all’esito del deposito del dispositivo della decisione adottata dal Tribunale del Riesame di Napoli circa le misure cautelari emesse nei confronti dei poliziotti arrestati in occasione del G8. Tale segnalazione dava luogo anche a una separata pratica.

Con nota del 17 dicembre 2002, il dott. CORDOVA si doleva delle continue notizie di stampa, apparse su vari quotidiani campani e nazionali, a suo dire finalizzate alla creazione di un’artificiosa incompatibilità ambientale, dalle quali trapelava che la Prima Commissione Referente stesse decidendo di formulare nuovi capi di incolpazione. In proposito lo scrivente chiedeva al Consiglio Superiore della Magistratura, prima di eventualmente elevare nuove incolpazioni nei suoi

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confronti, di tenere in debita considerazione le anomalie da lui segnalate a suo tempo e relative al suo ufficio nonché le documentazioni depositate.

Con nota del 18 dicembre 2002, relativa allo sciopero deliberato dalla Camera penale degli Avvocati di Napoli il 9 ottobre del 2002, il dott. CORDOVA contestava punto per punto che presso il suo ufficio la situazione fosse veramente quella descritta nel documento col quale si deliberava l’astensione. In quest’ultimo, infatti, i penalisti parlavano di una “situazione di sfascio, causa di disservizi ed inefficienza”, di “laceranti conflittualità, imperante anarchia e conseguente ingovernabilità” in cui verserebbe la Procura di Napoli, di “scadente qualità delle indagini”, di

“quotidiana mortificazione ed emarginazione del difensore” e lamentavano la mortificazione dei diritti di difesa, criticando la “rovinosa scelta non interventista del Consiglio Superiore della Magistratura”.

Nell’ambito dell’istruttoria di carattere documentale, il 1° luglio 2002 veniva disposta l’acquisizione delle dichiarazioni rese dal dott. CORDOVA alla Commissione Antimafia e, in data 4 luglio 2002, veniva acquisita la relazione ispettiva del Ministero della Giustizia sul Tribunale di Napoli.

La consiliatura 1998-2002 terminava senza che fossero espletate altre attività di carattere istruttorio e senza, dunque, alcuna definizione della procedura.

La Prima Commissione Referente, nell’attuale composizione conseguente all’insediamento della nuova consiliatura 2002-2006, studiati gli atti, riteneva che le richiamate contestazioni fossero da integrare ed estendere anche a fatti, quali la gestione dell’ufficio ed i rapporti con i magistrati dello stesso, originariamente fatti oggetto della proposta di archiviazione, anche sulla base del ponderoso materiale istruttorio acquisito dopo quella proposta e di cui si è dato sommario conto.

Pertanto, col voto favorevole di cinque componenti e con l’astensione del solo Presidente prof. SPANGHER, la Commissione deliberava, nella seduta del 19 dicembre 2002, di aprire nei confronti del dott. CORDOVA la procedura di trasferimento d’ufficio ex art. 2 R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511 “per avere (lo stesso) tenuto comportamenti lesivi del prestigio e dell’autorevolezza e delle funzioni di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e contrari ai doveri di ufficio imposti dall’ordinamento giudiziario. Tali comportamenti sono risultati pregiudizievoli del buon funzionamento e della credibilità della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e hanno profondamente incrinato i rapporti di fiducia e collaborazione che devono intercorrere tra il

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Procuratore della Repubblica e i magistrati dell’Ufficio. Inoltre, da tali comportamenti sono risultati gravi e ripetuti conflitti con i magistrati dell’Ufficio e con le istituzioni giudiziarie del distretto, con l’effetto di determinare un’incompatibilità con la sede di Napoli e con le funzioni di Procuratore della Repubblica”.

Al dott. CORDOVA venivano, dunque, mosse le seguenti incolpazioni:

1) Ella ha rivelato inadeguate capacità di direzione e di organizzazione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, emerse particolarmente a seguito dell’unificazione degli uffici di Procura:

1.1 ha realizzato un’impostazione eccessivamente formale e macchinosa dell’attività dell’Ufficio, concretizzatasi nell’instaurazione di un rapporto con i magistrati dell’Ufficio fondato, prevalentemente, su note e risposte scritte, nella adozione di un ingente numero di circolari e di ordini di servizio e nella predisposizione di penetranti controlli di natura prettamente formale sull’attività del pubblico ministero; di conseguenza, i magistrati dell’Ufficio sono stati gravati dell’osservanza di una complessa e mutevole normativa interna, dell’esecuzione di numerosi ed onerosi adempimenti e dell’osservanza di prescrizioni suscettibili anche di interpretazioni tali da imporre ai magistrati comportamenti inesigibili a causa delle modalità organizzative previste;

1.2 ha realizzato un assetto organizzativo dal quale sono scaturiti rilevanti sperequazioni nei carichi effettivi di lavoro dei singoli magistrati, nonché nel lavoro delle singole sezioni;

1.3 non ha adottato – fino all’emanazione dell’o.d.s. n. 28/2002 del 14 marzo 2002 - moduli organizzatori adeguati alla gestione delle sopravvenienze e, segnatamente, dei procedimenti suscettibili di rapida definizione, così determinando, anche alla luce dell’ingente numero di procedimenti pendenti presso la ex Procura circondariale al momento dell’unificazione, un ulteriore rilevante aggravio del carico di lavoro dei sostituti;

1.4 ha introdotto un farraginoso meccanismo finalizzato all’impugnazione delle sentenze che, seppur motivato dall’esigenza reale ed obiettivamente esistente di sviluppare tale settore di attività del suo ufficio, generava da un lato dispersione di attività e di energie dei magistrati e, dall’altro, sottoponeva l’attività di alcuni Procuratori Aggiunti al controllo di altri Procuratori Aggiunti o addirittura di Sostituti;

2) ha attuato una direzione dell’Ufficio fortemente accentrata, riducendo il ruolo dei Procuratori Aggiunti ad un’attività meramente formalistica, essendo preposti in larga misura all’espletamento di attività amministrative e di carattere routinario, come ad esempio l’apposizione

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di un enorme numero di “visti” e ad altre attività di scarso rilievo, anziché ai precipui compiti di impulso e coordinamento dell’attività dei sostituti.

Tale impostazione si rivelava sintomatica di una spiccata tendenza formalistica ed accentratrice nei rapporti interni di ufficio, incompatibile con le dimensioni dell’ufficio stesso, con le esigenze di agilità e speditezza della sua azione e con ripercussioni negative sull’efficienza della attività interna e dell’azione esterna della Procura della Repubblica di Napoli. La situazione sopra delineata determinava anche uno stato di forte disagio tra i magistrati della Procura di Napoli e l’assoluta mancanza di coesione tra gli stessi, così pregiudicando la necessaria serenità nella vita dell’Ufficio e l’efficace espletamento dell’attività inquirente ed in particolare:

2.1 si sono determinate le condizioni per l’affermarsi di tendenze alla trattazione burocratica dell’attività inquirente, a discapito di approcci alla gestione del ruolo orientati all’approfondimento dei temi di indagine ed al confronto professionale tra i magistrati finalizzato al miglior funzionamento dell’Ufficio;

2.2 sono state, di fatto, integralmente attribuite a responsabilità dei sostituti le difficoltà organizzative della gestione del rilevante carico di lavoro;

2.3 i poteri di vigilanza attribuiti al Procuratore della Repubblica, anche in relazione alle molteplici incombenze sopra indicate, sono stati esercitati in maniera formalistica, per la moltiplicazione di iniziative finalizzate alla censura, così da determinare il diffondersi tra un numero considerevole di magistrati dell’Ufficio della preoccupazione di essere costantemente esposti a tali iniziative censorie, preoccupazione gravemente pregiudizievole dei rapporti di fiducia e di collaborazione che devono intercorrere tra il Procuratore della Repubblica e i magistrati dell’Ufficio; si è inoltre determinato il diffondersi tra i magistrati dell’Ufficio della preoccupazione che l’esercizio dei poteri di vigilanza suddetto fosse di fatto condizionato da fattori esterni ai presupposti di tale potere, quali l’avere espresso opinioni ovvero svolto osservazioni critiche, anche in sede di procedimento tabellare, sulla conduzione dell’Ufficio;

2.4 in occasione di procedimenti di particolare rilievo teneva condotte improprie rispetto ai suoi doveri di Procuratore della Repubblica, in un caso inviando al Procuratore Generale una nota urgente con la quale esprimeva “perplessità in relazione al contesto elettorale” circa l’esecuzione di una misura interdittiva nei confronti di un candidato alle elezioni; in un altro (c.d. dei Prefetti) delegando il visto su richieste di misure cautelari ad Aggiunto diverso da quello tabellarmente previsto.

3) Ella assumeva atteggiamenti di insofferenza e di delegittimazione nei confronti delle procedure previste dalle circolari consiliari in tema di formazione dei criteri e del programma organizzatorio degli uffici di Procura, nonché delle istituzioni giudiziarie del distretto preposte alla

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valutazione del suo operato, atteggiamenti pregiudizievoli della funzione e dell’immagine di trasparenza ed imparzialità di tali procedure e di tali istituzioni. In particolare:

3.1 in una memoria in data 1.6.1999, successiva alle riunioni che precedettero l’ordine di servizio n. 52/99 del 5.7.1999:

a) con riferimento alla indicazione della dott.ssa SANSEVERINO, quale affidataria per la raccolta di firme delle osservazioni di alcuni sostituti, successivamente depositate in data 26.5.1999, testualmente parlava di “ignota promanazione e provenienza” di tale documento, espressione sintomatica di formale chiusura e di pregiudiziale, quanto ingiustificata, diffidenza verso una iniziativa di alcuni magistrati del Suo Ufficio che pur si muoveva nei corretti canali istituzionali;

b) qualificava l’interpello rivolto ai magistrati, al fine di conoscere l’eventuale gradimento nell’assegnazione ad una delle sezioni di indagine, non come atto di una corretta procedura per la migliore allocazione delle risorse, ma quale “propria e personale manifestazione di trasparenza e disponibilità”, espressione che sviliva il significato della partecipazione dei magistrati alle scelte organizzative dell’ufficio;

c) qualificava le osservazioni critiche rivolte dai magistrati del Suo ufficio, alle determinazioni in tema di composizione quantitativa delle singole sezioni, quale tentativo di condizionare la composizione numerica delle sezioni “per assicurare equilibri interni”, espressione, questa, sia sintomatica di una diffidenza di fondo rispetto ad una iniziativa che, come detto, si muoveva nel rispetto di prerogative tabellari, sia di per sé chiaramente allusiva a presunte ed indimostrate ragioni di potere interno all’Ufficio poste a base dell’iniziativa stessa;

3.2 in occasione del parere del Consiglio Giudiziario di Napoli relativo alla sua domanda per la nomina a Procuratore Nazionale Antimafia – parere, dal contenuto ampiamente positivo, che, tuttavia, recepiva uno dei profili critici contenuti nel rapporto informativo del Procuratore Generale di Napoli in data 18 novembre 2000 (e, segnatamente, quello concernente l’eccessiva burocratizzazione della Procura di Napoli) – Ella inviava al Presidente della Corte di Appello di Napoli una serie di note ingiustificatamente lesive dell’immagine di trasparenza ed imparzialità del Consiglio giudiziario; trasmetteva copia di tali atti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Mafia e – richiesto dal Procuratore Generale di conoscere gli atti inviati a tale ultimo Organo – li inviava in busta chiusa, allegata a una missiva nella quale rimetteva al destinatario la decisione (e le conseguenti responsabilità) circa l’apertura della busta, così violando i doveri di leale cooperazione tra Uffici.

4) Ella dimostrava scarsa sensibilità istituzionale non facendosi carico (ovvero totalmente ignorandolo) dell’orientamento espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura in relazione ad

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alcuni Suoi provvedimenti – che pur avrebbe dovuto assumere rilievo per l’assetto organizzativo dell’Ufficio da Ella diretto – ed in particolare:

4.1 dopo avere emanato l’ordine di servizio n. 39/2001 del 2.4.2001 – con il quale veniva istituito un “ufficio impugnazioni” – senza rispettare la procedura prevista dalla circolare del Consiglio Superiore della Magistratura in data 24 dicembre 1999, lo rendeva esecutivo con l’ordine di servizio n. 59 del 3/06/01 nonostante la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura dell’11.4.2001 con la quale si statuiva che anche il programma organizzativo dell’Ufficio doveva essere sottoposto alla procedura sopra menzionata;

4.2 nel corso di un’audizione pubblica dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia in data 7 maggio 2002 rendeva dichiarazioni circa vicende concernenti alcuni magistrati della Procura della Repubblica di Napoli, già oggetto di Sue segnalazioni agli organi competenti, di cui Ella affermava di ignorare l’esito, nonostante da mesi, almeno per quanto riguarda il Consiglio Superiore della Magistratura e relativamente alle segnalazioni nei confronti dei dottori BORRELLI e CANTONE, Le fossero stati comunicati i provvedimenti di reiezione delle Sue richieste di inserimento nei fascicoli personali dei carteggi intercorsi con i medesimi e contenenti note di biasimo.

5) Per effetto dell’impostazione da Ella data alla organizzazione ed alla conduzione dell’Ufficio – che ha evidenziato una scarsa capacità ad interagire con i magistrati dell’ufficio e con le istituzioni giudiziarie - veniva a crearsi una situazione di forte contrasto all’interno della Procura della Repubblica di Napoli.

In tale contesto Ella affermava – anche in interviste giornalistiche – l’esistenza di un’opposizione nei suoi confronti, all’interno del suo ufficio, generata da motivazioni di natura politica o “associativa” contrastanti con la sua totale indipendenza, così attribuendo un indebito carattere extragiurisdizionale all’attività ed una conseguente valutazione di non imparzialità a molti magistrati del suo ufficio. In tale contesto, Ella rilasciava un’ampia intervista in data 21 novembre 2001 al quotidiano “Il Giornale” prospettando una chiave di lettura del disagio di gran parte dei magistrati del Suo ufficio come ascrivibili esclusivamente a motivazioni ideologiche o politiche o all’appartenenza a determinate correnti associative – e non invece ad una naturale dialettica interna di ufficio attivata mediante canali strettamente istituzionali - fatto, questo, che contribuiva a generare ed alimentare ulteriore discredito alla credibilità ed all’immagine di imparzialità della Procura della Repubblica di Napoli.

Ciò posto, il dott. CORDOVA veniva audito, sempre con l’assistenza del dott. Carlo NORDIO, nelle successive sedute dell’11 e 19 febbraio 2003 e del 3 e 11 marzo 2003, sviluppando

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argomentazioni difensive, nell’ordine delle contestazioni che lo riguardavano, che saranno meglio esaminate e riprese nella parte motiva del presente provvedimento.

Con nota del 20 gennaio 2003, il dott. CORDOVA inviava il testo di un’intervista resa dal dott. Vittorio RUSSO, sostituto procuratore in Napoli, al quotidiano “la Repubblica”, pubblicata il 17 gennaio precedente, lamentando il contenuto delle propalazioni in questione.

Con nota del 31 gennaio 2003, il dott. CORDOVA, richiamando precedenti note relative alla già richiamata vicenda delle richieste di archiviazione avanzate dal P.M. Vincenza MARRA per asserita ignoranza della legge penale (in materia urbanistica) da parte dell’indagato, stigmatizzava il fatto che il Procuratore Aggiunto dott. Marmo le avesse condivise, a suo dire, senza un “controllo più attento”.

Con nota del 12 febbraio 2002, il dott. CORDOVA segnalava, dolendosene, che il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Napoli, dott. Vincenzo GALGANO, gli avesse richiesto urgenti informazioni sul “diffuso malessere” del personale dell’ufficio di Procura, malessere appreso dagli organi di stampa e causa della proclamazione di uno sciopero per il successivo 7 febbraio. Il dott. CORDOVA, in proposito, lamentava in buona sostanza l’atteggiamento stesso del Procuratore Generale, che già in passato, a suo dire, gli aveva contestato notizie di stampa senza verificarle a fondo.

Il 26 febbraio 2003, in ottemperanza ad una richiesta istruttoria della Prima Commissione, l’Ufficio dell’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia trasmetteva copia della relazione di inchiesta eseguita presso l’ufficio G.I.P. del Tribunale di Napoli e presso la Procura della Repubblica.

Con nota del 12 marzo 2003, il dott. CORDOVA lamentava le indiscrezioni di stampa emerse a seguito della sua audizione dinanzi alla Prima Commissione Referente del giorno 11 marzo 2003, dolendosi soprattutto delle notizie che si riferivano ad un suo quasi certo trasferimento di ufficio alla luce degli orientamenti assunti, e – a suo dire – inopportunamente anticipati - dalla maggioranza dei commissari.

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All’esito, inoltre, delle audizioni difensive effettuate dal dott. CORDOVA nei mesi di febbraio e marzo 2003, nella seduta del 19 marzo 2003, veniva audito il Procuratore Generale di Napoli, dott. Vincenzo GALGANO.

Con nota del 24 marzo 2003, il dott. CORDOVA si doleva delle indiscrezioni di stampa circa il contenuto dell’audizione dinanzi alla prima Commissione Referente del dott. Vincenzo GALGANO, lamentando in sostanza l’avvenuta anticipazione, da parte degli organi di informazione, dell’orientamento consiliare circa il suo trasferimento.

Nella stessa nota, ribadita poi da quella successiva del 27 marzo 2003, il dott. CORDOVA segnalava diverse “anomalie”, a suo dire riscontrabili nella conduzione dell’Ufficio da parte del dott. GALGANO.

Con nota del 28 marzo 2003 il Procuratore CORDOVA si doleva del fatto che il Consiglio Giudiziario di Napoli avesse dapprima deliberato sulle sue controdeduzioni alle osservazioni alle tabelle della Procura di Napoli relative al biennio 2002-2003 senza l’astensione, che riteneva doverosa, dei dottori GRECO e CATENA e poi, nella seduta del 27 gennaio 2003, avesse rigettato le rimostranze dello stesso dott. CORDOVA, difendendo la scelta dei componenti in questione. Le doglianze venivano reiterate nella nota del 3 aprile 2003, nonché nella nota del 30 marzo 2003, nella quale il dott. CORDOVA, inoltre, esponeva altri quattro casi (di cui aveva avuto conoscenza) di “anomalie” ascrivibili al Procuratore Generale.

Infine, nella seduta del 2 aprile 2003, si disponeva il deposito degli atti, concedendo conseguentemente al dott. CORDOVA termine di venti giorni per il deposito delle memorie difensive.

Il 28 aprile 2003 sia l’assistente, dott. Carlo NORDIO, che il dott. CORDOCA presentavano memorie, il cui contenuto sarà ampiamente esaminato in altra parte della proposta di trasferimento.

All’esito, la Prima Commissione, a maggioranza, con la sola astensione del Presidente SPANGHER, proponeva al plenum il trasferimento del dott. Agostino CORDOVA dall’Ufficio di Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli per incompatibilità ambientale e funzionale.

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MOTIVAZIONE

Questioni preliminari

E’ stata eccepita innanzitutto la inutilizzabilità degli atti compiuti o acquisiti dalla Prima Commissione, sul presupposto che tutti gli atti istruttori posti in essere dalla Commissione nella precedente composizione dovessero essere rinnovati dal Consiglio attuale. Si tratta di un’eccezione fondata sull’erroneo presupposto che quella ex art. 2 sia una procedura di carattere giurisdizionale e non amministrativo.

Il dott. CORDOVA ha poi eccepito la nullità del deposito degli atti (almeno così sembra doversi intendere il generico riferimento di cui a pag. 3 della memoria del 28 aprile 2003) per il diniego del rilascio di copia della bobina delle registrazioni delle audizioni. Il verbale delle sedute della Commissione, contenenti anche la trascrizione delle audizioni, è però quello approvato dalla Commissione stessa e dunque di tale atto può essere autorizzato il rilascio di copia. In ogni caso, nessuna lesione del diritto di difesa può essere individuato nel provvedimento di diniego della copia della registrazione.

E’ stata eccepita in via generale la nullità per genericità delle contestazioni deliberate il 19 dicembre 2002.

Va detto in punto di fatto che le contestazioni sono in realtà chiare e dettagliate e si riferiscono a fatti determinati, cosicché il dott. CORDOVA ha potuto difendersi con ampiezza nel merito. Su questi aspetti si tornerà a proposito delle diverse contestazioni. Qui occorre premettere alcune notazioni di carattere preliminare, attinenti ai parametri che devono essere utilizzati per valutare la completezza e determinatezza delle contestazioni.

La comparazione con il procedimento disciplinare giova a porre in evidenza i caratteri strutturali del procedimento di trasferimento di ufficio per incompatibilità cd. ambientale, ed eventualmente anche funzionale, previsto dall’art. 2 della legge delle guarentigie (R. D. Lgs. 31 maggio 1946, n. 511) e ad essa sovente ricorre la giurisprudenza amministrativa per meglio descriverne le peculiarità funzionali.

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