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ETOILEPEDIA LICOPENE. Salse di pomodoro, ricche di licopene e cancro alla prostata.

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Academic year: 2022

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LICOPENE

Salse di pomodoro, ricche di licopene e cancro alla prostata.

Le diete ricche di salse di pomodoro sembrano ridurre il rischio di cancro alla prostata, secondo uno studio della Medical School di Harward. La ragione più probabile pare sia l'alta percentuale di licopene contenuta nei pomodori , sostanza apparentemente della famiglia dei beta-carotene.

In una ricerca scientifica ancora in atto , Edward Giovannucci ha esaminato le abitudini alimentari e lo stato di salute di 47.894 uomini , veri e propri professionisti nella salvaguardia delle propria salute.

Tra il 1986 e 1992 , in 812 di questi è stato riscontrato un cancro alla prostata.

Quando Giovannucci esaminò i tipi di ortaggi e la frutta presenti nella dieta di questi sfortunati scoprì quattro cibi associati ad un basso rischio di sviluppo di cancro alla prostata : la salsa di pomodoro (sugli spaghetti), la pizza (con la salsa di pomodoro) , i pomodori stessi e le fragole.

Gli uomini che mangiavano la maggior parte di questi cibi erano quelli più al riparo dal cancro alla prostata.

Quelli , invece , che seguivano una dieta povera di pomodori avevano il rischio più alto di cancro alla prostata, secondo l'articolo di Giovannucci pubblicato nel giornale dell'istituto nazionale del cancro.

Nonostante il loro colore rosso le fragole non contengono licopene. I benefici alla prostata per l'assorbimento di fragole sono probabilmente dovuti quindi ad un caso statistico o al più ad alcune sue componenti nutrizionali.

Gli uomini che mangiavano dieci o più pietanze alla settimana , correlate col pomodoro, risultavano meno a rischio di un cancro alla prostata di circa il 45%. Per coloro i quali mangiavano da quattro a sette pietanze al pomodoro, la percentuale scendeva al 20% .

Le scoperte di Giovannucci collimano molto bene con altri studi che hanno evidenziato una bassa incidenza del cancro alla prostata nei paesi mediterranei come l'Italia e la Grecia dove il consumo del pomodoro è elevato.

Le diete abbondanti in pomodori cucinati in olio, così come la salsa di spaghetti erano più facilmente assorbite che altre forme. Anche la pizza risultava proteggere contro il cancro, non altrettanto la salsa di pomodoro. La ragione secondo Giovannucci era duplice. Per prima cosa la cottura rompeva i legami chimici del pomodoro rilasciando una quantità maggiore di licopene . L'olio poi migliorava l'assorbimento .

Sebbene i pomodori contengano molti altri micronutrienti ulteriori analisi di Giovannucci confermano iil legame tra il licopene e un basso rischio di cancro alla prostata . Le diete povere in pomodoro non conferiscono all'organismo del licopene.

Pomodoro e licopene.

La storia racconta che il pomodoro fu importato in Europa solo nel XVI secolo dopo il ritorno di Cristoforo Colombo dal viaggio che gli permise di scoprire l'America meridionale. Spagna, Francia e Italia furono i principali mercati di sbocco. Il suo arrivo in Europa però non coincise con i suo utilizzo in cucina. Per qualche decennio, infatti, il pomodoro venne considerato come un fiore e per questo motivo riservato alle decorazioni. Senza contare che per qualche tempo fu considerato un frutto velenoso tanto è vero che a questo proposito si racconta un episodio sulla cui veridicità alcuni polemizzano: si narra che negli Stati Uniti, durante il periodo della presidenza Lincoln, la Casa Bianca fosse arredata e rallegrata da molte piante che nel periodo della loro maturazione davano frutti rossi, luminosi, bellissimi per il contrasto che offrivano con l'intenso verde delle foglie.

Tuttavia, non si sa bene perché questi grossi frutti erano considerati altamente velenosi e quando,

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raggiunta la maturità cadevano dalla pianta venivano usate mille accortezze per non esserne contaminati. Della presunta velenosità del pomodoro cercarono di approfittarne i nemici di Abramo Lincoln, il primo presidente americano dopo la guerra di secessione che raccoglieva tanto amore dai suoi compatrioti quanto odio da parte degli abitanti del sud appena sconfitto. E proprio un gruppo di ex sudisti avvicinarono il cuoco del presidente e lo minacciarono sino al punto che questi decise di collaborare con i cospiratori per uccidere il presidente. Così decise di utilizzare quello strano fiore o frutto per preparare un piatto originale.

Ma dopo avere preparato il piatto e averlo visto servire in tavola preso dai rimorsi scrisse una lettera dove svelava la congiura e si uccise. L'indomani il presidente si svegliò in piena forma commentando positivamente la cenetta gustata la sera prima. Poi il suo umore cambiò quando gli giunse notizia del suicidio del cuoco e della lettera grazie alla quale però sgominò i criminali, sventò la congiura e il pomodoro entrò a pieno titolo a fare parte dei cibi commestibili. L'Italia, a ragion veduta, può essere ritenuta la seconda patria di questo ortaggio: le prime coltivazioni le troviamo nella zona del parmense e in Liguria, mentre la prima industria di trasformazione del pomodoro, la Cirio, fu aperta a Torino nel 1856 e trasferita solo successivamente a Napoli. Oggi il pomodoro è coltivato in tutte le regioni temperate: a seconda delle varietà sono consumati crudi, in insalata, impiegati per l'estrazione del succo utilizzato come bevanda, oppure cotti per preparazioni casalinghe. Anche le industrie alimentari ovviamente si sono occupate del pomodoro lanciando sul mercato le versioni al naturale; i pelati, pelati e salsati e i concentrati di pomodoro.

Il processo produttivo dei pomodori al naturale e di quelli pelati prevede che la materia venga scottata e, dopo l'aggiunta del succo di pomodoro leggermente salata, e quindi inscatolata; i concentrati sono ottenuti grazie a un procedimento che prevede il passaggio dai pomodori in cilindri scaldati a vapore. Il succo ottenuto da questa operazione viene poi concentrato sotto vuoto. A loro volta questa ulteriore diversificazione si propone con denominazioni diverse a seconda della percentuale del residuo secco: semiconcentrato, quello con residuo secco non inferiore al 12%;

concentrato, residuo non inferiore al 18%; doppio concentrato con residuo non inferiore al 28%;

triplo concentrato, con residuo non inferiore al 36%; sestuplo concentrato, con residuo non inferiore al 55%. Queste definizioni vanno tutte sotto la definizione generica di conserve. Il frutto pomodoro è una bacca globosa, o allungata, di colore rosso più o meno intenso, dovuto alla presenza di due pigmenti, il licopene (rosso) e il carotene (giallo). La buccia può essere completamente liscia o costoluta, solitamente poi si assottiglia e si fa più fragile nel frutto più maturo; l'interno è diviso in logge che contengono piccoli semi appiattiti e reniformi immersi in una mucillagine. Durante la fase di maturazione nella polpa, inizialmente verde, si sviluppa il licopene, che dà la colorazione rossa, nello stesso tempo alcuni acidi scompaiono per lasciare posto all'acido ascorbico (la vitamina C) e all'acido citrico, presenti soltanto nel frutto ben maturo, che tuttavia ha un pH massimo pari a 1. Tenendo conto delle principali varietà e delle classificazioni, in linea di massima distinguiamo i pomodori cosiddetti da mensa, più grossi, tondi, lisci, polposi ma compatti, e pomodori da industria, adatti alla trasformazione conserviera.

Quelli destinati al consumo fresco e nelle insalate si distinguono in tre tipi principali: tondi e lisci (Comet, Money Maker, Sunrise e altri ancora); a forma allungata, meglio detta a lampadina (San Marzano, Fiaschetto e Roma); costoluti (Fiorentino e Marmande). Secondo l'attuale legislazione i pomodori extra, di prima e seconda scelta devono presentarsi interi, sani, puliti, privi di umidità. Il calibro è obbligatorio solo per la categoria extra: minimo per i pomodori allungati trenta millimetri, per i tondi, lisci e costoluti trentacinque millimetri. I costoluti della categoria extra non possono avere calibro superiore a settanta millimetri. In ogni caso non devono presentare difetti di forma e colore, scottature e picchiettature da grandine, screpolature fresche o cicatrizzate e malformazioni.

L'attuale produzione industriale, in genere, propone alimenti assolutamente naturali, privi di sostanze conservanti e di condimenti grassi, e come tali possono non solo agevolare il lavoro nelle moderne cucine ma pronti e idonei a essere adattati a ogni esigenza del professionista.

Va tenuto presente, nell'ottica di conoscere più da vicino i prodotti e gli alimenti che vengono utilizzati nello svolgimento professionale, che la salsa di pomodoro e il suo succo possono essere

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utilizzati già entro il primo anno di vita, sia per condire le minestre, dopo la cottura, sia come succo per il considerevole apporto vitaminico e salino; è sottinteso che nei due casi devono essere allontanati i semi e la mucillagine e il pomodoro deve presentarsi perfettamente maturo. In genere ben sopportato e apprezzato, questo ortaggio ha però alcune controindicazioni che potrebbero creare delle complicanze durante la sua digestione. Nel nostro caso, a un cliente che soffre di ulcera duodenale è sconsigliato proporre una pizza con il pomodoro: si andrebbe ad aggravare la sintomatologia con l'acidità del pomodoro, soprattutto se non fosse perfettamente maturo. Il cliente potrebbe sottovalutare il pericolo, ma soprattutto l'operatore si prenderebbe l'accusa di aver proposta una pizza che ha creato dolori e cattiva digestione. La polpa di pomodoro e i pelati industriali, qualche volta proposti anche a tocchetti, non vanno utilizzati da soli, ma conditi per insaporirne il gusto e l'aroma. Alcuni operatori usano miscelare la polpa o i pelati a un concentrato, per arricchire la sostanza; è importante ricordare che il tutto deve essere tradizionalmente condito con un po' di sale, pepe olio e basilico. A questo punto bisogna rimescolare il tutto con gentilezza e lasciare così a macerare almeno per un paio d'ore prima di adoperarlo. Qualche volta il pomodoro irrancidisce:

attenzione a non intervenire, nel tentativo di recuperarlo, aggiungendo dello zucchero. Nonostante questo sistema sia consigliato in alcune preparazioni culinarie, è disdicevole in pizzeria.

COSA C'E' NEL POMODORO

100 GRAMMI DI POMODORO FRESCO CONTENGONO Acqua gr 94,0/100 gr

Proteine gr 0,9/100 gr Lipidi gr 0,3/100 gr Glucidi gr 3,3/100 gr

KCal/100 gr di sostanza edibile 19 Parte edibile gr 100,0/100 gr Vitamine Carotene, B1, B2, C, PP

Sali minerali Potassio, fosforo, calcio, sodio, ferro

100 GRAMMI DI POMODORI PELATI CONTENGONO Acqua gr 93,5/100 gr

Proteine gr 1,2/100 gr Lipidi gr 0,1/100 gr Glucidi gr 5,2/100 gr

KCal/100 gr di sostanza edibile 25 Vitamine B2, B1, C, PP

Sali minerali Potassio, fosforo, calcio, sodio, ferro

Il licopene

Studi recenti hanno dimostrato che il licopene, componente tipico e praticamente esclusivo del pomodoro, è, al tempo stesso, uno dei più abbondanti carotenoidi presenti nel plasma sanguigno e, tra i carotenoidi, il più efficace disattivatore di ossigeno singoletto. L'ipotesi che esso contribuisca a prevenire e a limitare, in vivo, gli effetti degli stress ossidativi è pertanto ben fondata. Pur nell'indeterminazione e nella complessità di tali studi, una sperimentazione condotta nell'ultimo decennio sembra provare che il regolare consumo di pomodoro abbia un certo effetto protettivo nei riguardi di alcune forme di tumore e delle malattie cardiovascolari. Si tratta di informazioni sufficienti per giustificare una rinnovata attenzione a questo prodotto.

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Beta carotene, licopene, epigallo catechingallato.

A Pavia si studia come restare sempre giovani: il lavoro di Vannio Vannini potrà contribuire anche alla lotta contro i tumori

Scoperta la cura Faust. L’elisir di lunga vita sembra un sogno destinato a realizzarsi? I laboratori pavesi dell’istituto di patologia generale dell’Università hanno dato una mano a chi sogna di mantenere la giovinezza per tutta la vita o, quantomeno, rallentare la vecchiaia. Uno studio rivoluzionario sulle proprietà degli antiossidanti naturali ha dato la decisiva iniezione di fiducia ai ricercatori. L’elisir anti-vecchiaia è ormai una realtà, il betacarotene e alcune sostanze affini sono i responsabili di tale “miracolo”. Gli scienziati che si occupano del progetto sono soddisfatti dei risultati raggiunti ma non si sentono di fare promesse sul futuro delle ricerche e la loro applicazione sul corpo umano.

“Abbiamo raggiunto risultati apprezzabili, molte case che producono cosmetici si sono interessate alle nostre ricerche - spiega Vannio Vannini, direttore dell’istituto e ordinario della cattedra di patologia generale - Non definirei il progetto una “scoperta”, le applicazioni sull’uomo sono ancora lontane. Abbiamo, però, aperto una porta importante nel campo della ricerca cellulare”.

Cautela e piedi di piombo, quindi, per non illudere la popolazione, ma i risultati ci sono e gli studi proseguono per migliorare le applicazioni. Le ossidazioni cellulari sono i principali responsabili dell’invecchiamento. Il betacarotene, il licopene e il epigallo catechingallato hanno proprietà antiossidanti, combattono la divisione cellulare rallentandola.

“Le sostanze naturali vengono messe a contatto con le cellule, studiando gli effetti al microscopio - continua Vannini - Abbiamo rallentato l’invecchiamento cellulare ma rimangono ancora alcuni problemi. La cura con gli antiossidanti è reversibile. In poche parole l’effetto anti vecchiaia scompare eliminando il betacarotene”.

Le ricerche del laboratorio pavese iniziarono con il professor Santamaria, adesso si è creato un vero e proprio gruppo di ricerca nazionale, con trenta studiosi in rappresentanza di almeno dieci università italiane.

Le lesioni ossidative sono molto più importanti nelle patologie acute - continua il direttore- Trascurando i tumori, nell’uomo l’arteriosclerosi ha come caratteristica peculiare la proliferazione delle micro-cellule muscolari. Non è da escludere che i nostri studi possano risolvere anche questi problemi”.

L’azione biologica del betacarotene è stata testata su sistemi cellulari, rimangono da osservare eventuali effetti negativi sul corpo umano. Le maggiori preoccupazioni interessano, però, i fondi economici per continuare la ricerca. Il laboratorio pavese, che nel 1800 ospitò il genio di Camillo Golgi, premiato col il Nobel, ha una grossa attività didattica che prosegue parallelamente agli studi del laboratorio.

“L’iniziale impiego degli antiossidanti sull’uomo ha dato risultati discordanti - conclude Vannini- Le prime ricerche di Santamaria, legate soprattutto alle forme tumorali, hanno dato rilievi efficaci solo in alcuni soggetti, il betacarotene non è mai stato tossico. Le case cosmetiche sono interessate alle sostanze naturali che usiamo per gli esperimenti. Il nostro compito rimane quello di testare le proprietà delle sostanze citate in sistemi cellulari. Bisogna capire, poi, se non vi siano effetti tossici sulle persone. L’industria dovrà applicare le nostre ricerche come meglio crede”.

Solo nei prossimi mesi si potrà affermare con sicurezza che il betacarotene può rallentare l’invecchiamento delle cellule. Per ora gli studiosi pavesi si possono accontentare di aver consegnato alla scienza la chiave dell’eterna giovinezza. L’equipe di Vannini continua gli studi, sperando che le proprietà antiossidanti aiutino anche altri campi della medicina, magari la lotta ai tumori.

“Siamo consci che i nostri laboratori dovranno lavorare ancora per molto tempo. Speriamo che il betacarotene riesca ad attenuare un po’ di rughe e a sconfiggere patologie più gravi”.

Le avanzate tecniche della biologia molecolare, unite alle ricerche sugli effetti anti-ossidanti di sostanze come il betacarotene, il licopene e il epigallo catechingallo, hanno consentito ai laboratori

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dell’Istituto di patologia generale dell’università pavese di rallentare l’invecchiamento delle cellule sottoposte al rivoluzionario trattamento. Dopo anni di ricerche, l’équipe guidata dal professor Vannio Vannini ha ottenuto i primi risultati soddisfacenti. Esplorando scientificamente le proprietà alternative di sostanze naturali affini al betacarotene, l’obiettivo dei laboratori pavesi è quello di definire e approfondire gli effetti degli antiossidanti sulle cellule del corpo umano. Come è noto le condizioni ossidanti possono indurre danni significativi alle nostre cellule, tra questi l’invecchiamento. È chiaro che l’invecchiamento dell’organismo corrisponde a quello delle sue cellule. Una migliore definizione dei meccanismi anti-ossidanti fa prospettare agli scienziati pavesi un impiego delle tecniche adottate in questi mesi sulle culture cellulari, anche sull’uomo.

Azione anticancerogena dei broccoli e dei suoi germogli.

Sarà contento l'ex presidente degli Stati Uniti Bush, e con lui tutti quelli che si tappano il naso ogni volta che in tavola compare un piatto di broccoli fumanti. Già cinque anni fa i ricercatori della Johns Hopkins University avevano scoperto che nel broccolo è contenuta una potente sostanza anticancerogena capace di attivare le autodifese dell'organismo. Gli studi avevano mostrato che il rischio di cancro al colon e alla mammella era ridotto dal 60 all'80 per cento nelle cavie animali trattate con il principio attivo estratto dai broccoli.

Ma la novità è di queste ultime ore. La stessa sostanza anticancerogena è contenuta, in maniera più uniforme e enormemente più concentrata, nei germogli di broccolo, meno antipatici per i palato e quindi più utilizzabili nelle diete e nelle abitudini alimentari. “I germogli di broccolo di appena tre giorni contengono il principio attivo da 20 a 50 volte in più che nella pianta matura, e questo può essere un buon modo per inserire i germogli di broccolo nelle diete”, ha detto Paul Talalay, il professore di farmacologia alla Johns Hopkins che guida il gruppo di ricerca.

Bisognerebbe infatti mangiare circa un chilo di broccoli alla settimana per dare all'organismo una quantità di principio attivo utile a proteggere l'organismo dal rischio di cancro. I germogli di broccolo, fatti crescere dal gruppo di ricerca nelle serre del laboratorio, hanno invece una concentrazione più alta del principio attivo ed è quindi possibile mangiarne una quantità di gran lunga inferiore.

Ma la cosa più importante è che i germogli di broccolo non hanno il sapore sgradevole che ha la pianta adulta, anzi, praticamente non ha quasi nessun sapore, come la maggior parte dei germogli.

Di conseguenza, spiegano i ricercatori, possono essere inseriti in molti cibi, dai sandwiches alle insalate. Oltre tutto i germogli hanno bisogno di appena tre giorni per arrivare alla piena maturazione, contro i 55-70 giorni necessari alle piante di broccolo.

Ora la parola, dicono i ricercatori, passa agli agricoltori e ai commercianti. E quando comincerà una produzione e una distribuzione di massa dei baby broccoli toccherà ai dietologi e ai medici

convincere la gente a mangiare quanti più germogli di broccolo possibile.

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