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Sezione controllo affari comunitari e internazionali

17 – Sezione controllo affari comunitari e interna- zionali; deliberazione 19 dicembre 2016; Pres.

Granelli, Rel. Polito, Rucireta, Dammicco, Man- cinelli.

Unione europea – Rapporti finanziari tra l’Italia  e l’Unione – Esercizio finanziario 2015 – Rela- zione al Parlamento.

La Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali ha approvato la relazione annuale al Parlamento sui rapporti finanziari dell’Italia con l’Unione europea e sull’utilizzo dei fondi europei nel 2015.

La prima parte del documento è relativa ai dati e alle problematiche concernenti i rapporti finanziari con l’Unione europea. L’esame dei flussi finanziari intercorsi tra l’Italia e l’Unione nell’esercizio 2015 pone in evidenza, da un lato, l’incremento, rispetto al 2014, dell’apporto dell’Italia (0,2 per cento, cor- rispondente a +15.914,1 miliardi in valore assoluto) al bilancio dell’Unione; dall’altro lato, l’incremento (+15,7 per cento, corrispondente a +1,6 miliardi in valore assoluto) dei c.d. accrediti di cui l’Italia ha beneficiato da parte dell’Unione, con una inversione della flessione registrata nel 2014. Il saldo tra ver- samenti e accrediti è pari, nel 2015, a -3,9 miliardi, in netto miglioramento rispetto al precedente eser-

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cizio, quando era stato di -5,4 miliardi. Tali ultimi dati debbono, tuttavia, essere corretti per effetto dell’entrata in vigore (1 ottobre 2016) della decisio- ne 2014/335/Ue che, lasciando inalterato l’ammon- tare complessivo del finanziamento europeo, ha però modificato gli apporti relativi di ciascun paese, con effetto retroattivo dall’1 gennaio 2014; pertanto, con riguardo all’Italia, il saldo tra versamenti e accrediti per il 2015 va rideterminato in -4,4 miliardi e, per il 2014, in -5,7 miliardi.

La seconda parte riguarda la politica di coesio- ne socio-economica. Essa analizza l’andamento dei programmi relativi ai tre obiettivi strategici (Con- vergenza, Competitività regionale e occupazione, Cooperazione territoriale), nonché lo stato di uti- lizzo dei fondi strutturali negli anni 2007-2013. La sezione rileva come le amministrazioni, sia a livello centrale che regionale, siano state impegnate a recu- perare i ritardi iniziali nell’avvio dei progetti, non- ché a superare le problematiche emerse nella loro attuazione, attraverso una revisione strategica dei programmi finalizzata ad evitare il rischio di perdita dei fondi europei.

La terza parte del documento ha ad oggetto il settore della pesca e dell’acquacoltura, che risulta essere in difficoltà, seppur con valori significativa- mente differenziati, nelle diverse regioni, sia per quanto concerne la fase di chiusura della program- mazione 2007-2013, sia per l’avvio della program- mazione 2014-2020.

La quarta parte esamina gli effetti prodotti dal- la Politica agricola comune (Pac). Gli operatori agricoli hanno beneficiato, nell’esercizio finanziario 2015, di contributi per 4.435 milioni, a fronte dei quali i rimborsi comunitari, al netto di riduzioni e sospensioni di pagamenti, sono ammontati a 4.424 milioni, con una differenza negativa di 11 milioni.

Nel settore lattiero-caseario, si evidenzia come il 2015 abbia rappresentato un anno di svolta grazie al passaggio dal sistema delle quote latte ad un sistema di sostegno più articolato e flessibile e all’attivazio- ne, sia a livello europeo che a livello nazionale, di incentivi per la riduzione volontaria della produzio- ne del latte attraverso finanziamenti ad hoc per gli allevatori.

La quinta parte è dedicata alla tematica delle ir- regolarità e delle frodi nella gestione delle risorse erogate dall’Unione. Anche nel 2015, il fenomeno, oltre ad aver interessato tutte le tipologie di fondi (ma, in particolare, i fondi strutturali: circa il 90 per cento), è risultato diffuso, soprattutto, nelle regioni (dove si è verificato circa il 60 per cento dei casi, a fronte del 40 per cento registrato nelle amministra-

zioni dello Stato), in prevalenza meridionali (48 per cento dei casi). (1)(1)

Sintesi – Nello svolgimento della propria fun- zione di analisi dei rapporti finanziari tra l’Italia e l’Unione europea e di valutazione dell’utilizzo dei fondi europei, la Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali ha esaminato, nella re- lazione annuale relativa all’anno 2015, le tipologie di risorse e i flussi finanziari in entrata e in uscita, nonché la politica di coesione socio-economica, la politica agricola comune e le irregolarità e le frodi.

I rapporti finanziari tra l’Italia e l’Unione europea L’analisi dei flussi finanziari intercorsi tra Italia e Ue nell’esercizio 2015 conferma il consistente ap- porto italiano al finanziamento del bilancio dell’U- nione: 15,9 miliardi nell’esercizio considerato, che corrispondono a un incremento dello 0,2 per cento rispetto al 2014.

Ove si consideri, poi, l’impatto finanziario della decisione 2014/335/Ue sulle risorse proprie, entra- ta in vigore l’1 ottobre 2016 con effetto retroattivo dall’1 gennaio 2014, l’apporto dell’Italia in valore assoluto può essere quantificato in 16,4 miliardi per il 2015 (pari a +1,8 per cento sull’esercizio prece- dente), che rappresentano il 12 per cento del totale delle risorse versate dagli Stati membri.

Tale risultato è determinato in misura diversa dal- le tre fonti che compongono il sistema delle risorse proprie.

La risorsa basata sull’Iva conosce, infatti, una flessione del 15,5 per cento, mentre le risorse proprie tradizionali (dazi doganali e contributi sulla produ- zione dello zucchero) e la risorsa basata sul Rnl au- mentano rispettivamente del 12 e del 2,9 per cento, rispetto ai valori dell’esercizio precedente, che già tengono conto degli effetti della predetta decisione.

Le risorse destinate a finanziare la correzione britan- nica subiscono anch’esse un incremento, in misura pari a +3,5 per cento.

Anche sul versante delle somme di cui l’Italia ha beneficiato a titolo di accrediti per le politiche eu- ropee, si è registrato un incremento rispetto al pre- cedente esercizio (+15,7 per cento, corrispondente a +1,6 miliardi in valore assoluto), che inverte la flessione del 2014, ripristinando un valore di poco superiore ai 12 miliardi, comparabile a quello rico-

(1) Il testo integrale della relazione si legge in Rivista web Corte conti, fasc. n. 13/Dicembre 2016, <www.rivistacortecon- ti.it>. La relazione per il 2014 si legge (per estratto) in questa Rivista, 2016, fasc. 1-2, 93, con nota di richiami.

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nosciuto al nostro paese nel 2013. La dinamica de- gli accrediti è funzione del migliore assorbimento di risorse europee collegato all’accelerazione dei pagamenti in prossimità della chiusura del ciclo di programmazione 2007-2013 (cfr. le analisi svolte nei capitoli settoriali). Soltanto Francia, Spagna e Polo- nia hanno ricevuto di più, superando l’importo dei 13 miliardi di assegnazione nel 2015.

La somma algebrica delle due voci – versamen- ti e accrediti – fa registrare un miglioramento della posizione di contributore netto, nella quale il nostro paese si trova ormai da tempo. Pur restando al quinto posto fra i contributori netti, dopo Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi, il saldo fra versamenti e accrediti è ora negativo per 4,4 miliardi, mentre era pari a -5,7 miliardi nel 2014 (sempre tenendo conto dell’onere finanziario ulteriore causato dalla citata decisione del 2014). Il saldo cumulato nel settennio 2009-2015 ammonta a -38,6 miliardi.

In termini relativi, nel 2015 l’Italia “ha speso”

per la sua appartenenza all’Ue lo 0,27 per cento del proprio Rnl. L’onere finanziario è pari, nel settennio considerato, allo 0,34 per cento circa del Rnl, valore che colloca il nostro paese al di sotto di altri contri- butori netti, quali i Paesi Bassi, la Germania, la Sve- zia e il Regno Unito (tutti oltre lo 0,40 per cento del Rnl), e lo approssima alla Francia.

La mera considerazione dei saldi finanziari non esaurisce l’analisi economica dei costi e dei benefici derivanti dalla partecipazione al progetto europeo. A rendere più evidenti i benefici, potrebbe contribuire in futuro un più diretto collegamento tra risorse de- volute all’Europa e finanziamento di “beni pubblici europei”, nel quadro della riforma del sistema delle risorse proprie attualmente in corso di discussione.

L’elevato numero di procedure d’infrazione pen- denti contro l’Italia a fine 2015, e, in particolare, l’irrogazione di sanzioni per mancata ottemperanza ad una prima sentenza di condanna, indicano che la tempestiva e corretta applicazione del diritto dell’Ue continua a presentare per il nostro paese aspetti di notevole criticità, con possibili conse guenze anche molto gravose a carico della finanza pubblica.

La Politica di coesione socio-economica La Programmazione 2014-2020

Nell’elaborare l’Accordo di partenariato con la Commissione europea, adottato il 29 ottobre 2014, le autorità italiane si sono proposte di superare le cri- ticità emerse nei cicli di programmazione precedenti e fonte di ritardi nell’utilizzo delle risorse dei fondi strutturali.

Tali criticità sono state individuate nella program- mazione inadeguata, nelle diffuse carenze di ordine istituzionale, amministrativo e tecnico, nell’assenza di piani settoriali nazionali di riferimento.

A tali situazioni l’Accordo ha inteso ovviare at- traverso, tra l’altro: una programmazione più traspa- rente e verificabile; un monitoraggio permanente e un supporto all’attuazione ad opera della Agenzia per la coesione territoriale; piani settoriali nazionali di riferimento; piani di rafforzamento amministrati- vo per le amministrazioni centrali e per le regioni.

All’Italia sono stati assegnati, nel complesso, cir- ca 44 miliardi di euro, cifra che ne fa il secondo Stato membro dell’Ue per dotazione di bilancio, dopo la Polonia.

Il pacchetto normativo dell’Ue sulla politica di coesione, relativamente alla Programmazione 2014- 2020, è sostanzialmente incentrato sulla cultura dei risultati, per cui l’utilizzo dei finanziamenti dei fondi sarà costantemente monitorato e valutato, in modo da favorire il raggiungimento dei risultati previsti.

L’erogazione delle risorse sarà, inoltre, subordinata ad alcuni prerequisiti destinati a porre in essere le condizioni richieste per massimizzare l’impatto de- gli investimenti.

La concentrazione tematica in quattro settori chiave (ricerca e innovazione, piccole e medie im- prese, trasporti sostenibili, economia a bassa emis- sione di carbonio), l’orientamento ai risultati e la condizionalità ex ante figurano in primo piano tra i nuovi principi introdotti nei regolamenti comunitari.

Al 30 giugno 2016 il livello di attuazione ha raggiun- to il 14,9 per cento, per gli impegni, e l’1,6 per cento, per i pagamenti.

La Programmazione 2007-2013: lo stato di attuazione Nell’ambito della Politica europea di coesione socio-economica, la sezione ha analizzato lo stato di utilizzo dei fondi strutturali della Programmazione 2007-2013, programmazione per la quale le opera- zioni di chiusura dovranno concludersi il 31 marzo 2017, avendo riguardo ai pagamenti effettuati entro il 31 dicembre 2015.

Al riguardo, le amministrazioni italiane, a livel- lo centrale e regionale, hanno cercato, nel 2015, di recuperare i ritardi iniziali nell’avvio dei progetti e le difficoltà attuative sorte in itinere. Il “Piano di azione coesione”, elaborato nel 2011, d’intesa con la Commissione europea, ha portato ad una revisione strategica dei programmi.

Con essa, si è inteso accelerare l’attuazione della programmazione, al fine di evitare il rischio di perdita

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di fondi comunitari, ma anche riorientare gli interventi, concentrare le risorse e avviare nuove azioni. Nel com- plesso, sono state effettuate cinque riprogrammazioni, che hanno trasferito a favore degli interventi ricompresi nel Piano di azione coesione oltre 13 miliardi di euro, con una corrispondente riduzione della quota di finan- ziamento nazionale, mentre sono rimaste invariate le ri- sorse comunitarie attribuite. Tale riduzione è stata quasi interamente applicata all’Obiettivo Convergenza.

Per quanto riguarda l’attuazione finanziaria nell’Obiettivo Convergenza, grazie anche alle cita- te riprogrammazioni, al 30 giugno 2016 gli impegni assunti hanno raggiunto il 141,5 per cento del contri- buto totale (30,7 miliardi) mentre i pagamenti si sono attestati al 96,8 per cento. Soltanto dopo la chiusura definitiva dei pagamenti della programmazione sarà possibile trarre un bilancio definitivo sull’effettivo utilizzo delle risorse.

Con riferimento ai singoli fondi, l’attuazione fi- nanziaria al 30 giugno 2016 risultava essere per il Fesr del 149 per cento, in termini di impegni, e del 97 per cento, in termini di pagamenti.

Le vicende del complesso processo di attuazione della Programmazione 2007-2013 dimostrano che il più efficace utilizzo delle risorse della politica di coesione è strettamente collegato ad un effettivo mi- glioramento della capacità progettuale e delle com- plessive capacità istituzionali, amministrative e ge- stionali, a livello centrale e locale.

A tali esigenze ha inteso anche rispondere la cre- azione dell’“Agenzia per la coesione territoriale”, istituita con d.l. 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla l. 30 ottobre 2013, n. 125.

Tale struttura ha il compito di svolgere verifiche e monitoraggi più sistematici dell’utilizzo delle risor- se, di fornire maggior sostegno e assistenza tecnica alle amministrazioni e alle regioni interessate e di as- sumere, in alcuni casi, poteri sostitutivi. Essa è dive- nuta operativa il 4 novembre 2014, in concomitanza della firma dell’Accordo di partenariato tra l’Italia e la Commissione europea relativo alla Programma- zione 2014-2020. Al fine di rilanciare le politiche del lavoro e organizzare una rete nazionale dei servizi per le politiche attive del lavoro con il d.lgs. 14 set- tembre 2015, n. 150 è stata creata l’Agenzia naziona- le per le politiche attive del lavoro (Anpal).

L’impianto e la metodologia della nuova pro- grammazione, assieme alle misure attuative con- cordate nel citato Accordo di partenariato, mirano a superare le carenze emerse nei cicli precedenti e a rendere più efficaci e produttivi gli interventi della politica di coesione.

I Programmi dell’Obiettivo Competitività regio- nale e occupazione hanno lo scopo di assistere le re- gioni nel miglioramento del proprio tessuto produt- tivo e nella creazione di nuove attività e gestiscono, nel complesso, una dotazione finanziaria che supera i 15 miliardi di euro ed è relativa a 33 programmi operativi (16 sul Fesr, 17 sul Fse di cui uno, il Pon

“Azioni di sistema”, a livello nazionale).

La disarticolazione della dotazione dell’Obiet- tivo in base alle tematiche prioritarie conferma la preponderanza delle politiche finalizzate alla ricerca e sviluppo tecnologico e al miglioramento dell’oc- cupazione; tali due settori assorbono, da soli, il 40 per cento delle risorse programmate; la restante quo- ta di risorse risulta parcellizzata in una serie di altre categorie residuali nell’ambito delle quali soltanto gli interventi a sostegno del capitale umano e dei la- voratori/imprese/imprenditori riescono a superare la soglia del 10 per cento.

L’attuazione finanziaria, a giugno 2016 (fonte:

Rgs-Igrue), risulta pari, complessivamente, al 115,5 per cento per gli impegni e al 103,5 per cento per i pagamenti. Il quadro appare ampiamente migliorato rispetto alle precedenti rilevazioni.

Il dato relativo agli impegni è il risultato, per en- trambi i programmi, del ricorso all’overbooking ed evidenzia il permanere della situazione di difficoltà congiunturale che caratterizza il paese. Tale fenome- no interessa in misura maggiore il Fesr proprio in ra- gione degli interventi cofinanziati, che hanno, per la maggior parte, natura infrastrutturale.

L’intero settennio 2007-2013 è stato caratteriz- zato da una logica emergenziale, con assestamenti finanziari – indubbiamente necessari (si pensi ai due eventi sismici del 2009 e del 2011) – che hanno no- tevolmente influito su una capacità programmatoria e gestionale, non in linea con le aspettative della Ue, non sempre adeguata e spesso poco aderente alle esi- genze dei territori.

Entrambi i programmi operativi sono stati carat- terizzati da un andamento alquanto lento: soprattut- to il Fesr, a causa della tipologia degli interventi, ha risentito maggiormente delle difficoltà di accesso al credito e della dimensione progettuale richiesta per la gestione degli stessi. Il Fse (la cui gestione – ca- ratterizzata da attività di natura immateriale – ha presentato minori problemi anche perché agevolato dalla normativa europea sulla semplificazione della rendicontazione della spesa) ha registrato difficoltà a perseguire completamente i propri obiettivi (anche in presenza di iniziative progettuali adeguate alle necessità del territorio). In linea generale, però, il

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primo semestre del 2016 ha evidenziato un’accelera- zione della spesa che lascia intravedere la possibilità di conseguire il raggiungimento del 100 per cento della spesa.

L’Obiettivo Cooperazione territoriale europea è articolato in tre sezioni: cooperazione transfronta- liera, cooperazione transnazionale e cooperazione interregionale.

Esso è finanziato – per quanto riguarda la parte di provenienza comunitaria – principalmente con il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr).

La cooperazione territoriale coinvolge anche paesi non facenti parte degli Stati membri dell’Ue e opera anche attraverso finanziamenti diretti dalla Commissione; ciò avviene, ad esempio, per i pro- grammi “Enpi” e “Ipa”, che operano negli ambiti delle politiche, rispettivamente, di prossimità e di preadesione.

L’Obiettivo è articolato in programmi operativi.

Per quanto riguarda quelli che vedono la partecipa- zione italiana, la dotazione finanziaria complessiva è di circa 2,7 miliardi di euro, comprensivi anche della quota di cofinanziamento nazionale.

In considerazione del fatto che il periodo di pro- grammazione si è chiuso con il 31 dicembre 2013, e tenendo conto della possibilità di arrivare con i paga- menti – per la cooperazione transfrontaliera – fino al 31 dicembre 2016, si evidenzia che sul fronte degli impegni il livello si attesta in linea quasi generale attorno al 100 per cento, mentre quello relativo ai pagamenti mostra un buon incremento rispetto al 31 dicembre 2014, attestandosi intorno all’83 per cento (dato precedente: circa 69 per cento), con punte, per alcuni programmi, anche superiori al 90 per cento.

In positivo si può evidenziare la buona realizza- zione media per i programmi di cooperazione tran- sfrontaliera “Frontiere interne”, che sono ad autorità di gestione italiana, fatta eccezione per i program- mi Ipa ed Enpi, che soffrono di ritardi rispetto alle scadenze naturali. Va considerato, peraltro, che per il programma Enpi-Bacino del Mediterraneo è stata accordata una proroga fino al 31 dicembre 2018.

Per quanto riguarda i programmi della coopera- zione transnazionale e interregionale, la situazione appare leggermente più critica, in quanto i pagamenti avrebbero dovuto raggiungere il 100 per cento al 31 dicembre 2015, mentre invece la percentuale media sfiora soltanto il 90 per cento, soprattutto a causa di un programma operativo che presenta una percentua- le di pagamenti inferiore al 79 per cento al 30 giugno 2016. Peraltro, a parziale giustificazione delle ragio- ni del ritardo, si rammenta che tali programmi, con

autorità di gestione non italiana, interessano aree ge- ografiche estremamente vaste e differenziate, com- prendenti anche paesi non membri dell’Ue, quindi con livelli di sviluppo anche molto differenziati.

Si richiama, infine, l’attenzione sul fenomeno della decertificazione delle spese irregolari, che può portare a ricadute anche di rilievo sul bilancio regio- nale o nazionale, a causa della necessità di procedere ai recuperi delle somme.

Il Fondo europeo per la pesca

Il settore della pesca e dell’acquacoltura sta at- traversando con difficoltà la fase di chiusura della programmazione 2007-2013 e di avvio della nuova programmazione. Concorrono alla difficoltà della transizione alcune carenze del coordinamento e dei controlli. Il quadro del livello di attuazione della pro- grammazione in chiusura, nelle diverse regioni, alla data del 30 giugno 2016, presenta valori significati- vamente differenziati, con risultati meno apprezzabi- li nelle regioni dell’Area Convergenza, con impegni pari al 96,5 per cento del contributo disponibile e pagamenti pari all’88,7 per cento, rispetto alla media nazionale, che alla stessa data riporta rispettivamen- te il 97,5 per cento e il 90,5 per cento. Il livello di attuazione della Programmazione 2014-2020 risulta scarso al 30 giugno 2016, con impegni pari al 12 per cento del contributo totale, e pagamenti pari al 4,1 per cento.

La Politica agricola comune

Nel settore della Politica agricola comune (Pac), gli operatori agricoli italiani hanno beneficiato, nell’esercizio finanziario 2015, di contributi relativi al Feaga per 4.435 milioni di euro, che sono stati loro liquidati dagli organismi pagatori italiani. A fronte di tale importo, i rimborsi comunitari spettanti all’Ita- lia, al netto di riduzioni e sospensioni di pagamenti, sono ammontati a 4.424 milioni di euro, con una dif- ferenza negativa di 11 milioni di euro.

Per il settore vitivinicolo, si segnala che col 2015 è venuto a cessare il regime dei “diritti d’impianto” e della loro compravendita, sostituito ora da un regime autorizzatorio di contemperamento tra liberalizza- zione e gestione delle produzioni, e da un meccani- smo di richiesta gratuita da parte dei viticoltori, sulla base della disponibilità dei singoli Stati. Per il 2015 il totale del sostegno pagato ai viticoltori ha subito un lieve calo, passando da 337 milioni di euro a 323, con persistenza del maggior peso fra le misure di so- stegno, di quella relativa alla ristrutturazione e ricon- versione dei vigneti, con 160 milioni spesi.

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Anche per il settore lattiero-caseario il 2015 ha rappresentato un anno di svolta, con la transizione dal sistema delle quote latte ad un sistema più artico- lato e flessibile di sostegno. Ma una severa crisi del settore, aggravata dagli effetti dell’embargo russo sui prodotti Ue, ha imposto all’Unione una riconsi- derazione di alcuni aspetti del nuovo regime dando maggiore impulso ad alcuni strumenti, quali i con- tratti obbligatori e il raggruppamento dei produtto- ri in associazioni e in cooperative, e predisponendo un pacchetto di aiuti, dei quali 150 milioni di euro sono indirizzati ad incentivare la riduzione della pro- duzione del latte con un premio agli allevatori che effettueranno volontariamente le riduzioni. A livello nazionale, con il d.l. 24 giugno 2016, n. 113, conver- tito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2016, n. 160, si è attivata la programmazione riduttiva volontaria dell’offerta con un finanziamento ad hoc di 10 mi- lioni di euro.

Sul fronte dei recuperi connessi agli “sforamen- ti” del cessato regime delle quote latte, occorre di- stinguere gli importi connessi all’ultima campagna, ancora in corso ma di ridotta entità, da quelli più cospicui risalenti alle campagne precedenti. Per que- sti ultimi, pur essendo stata accettata in sede Ue la concessione della rateizzazione per i produttori ecce- dentari tenuti al pagamento, resta in corso la proce- dura d’infrazione relativa all’accusa all’Italia di aver adottato provvedimenti e comportamenti inefficaci per il recupero stesso. Fra questi, segnatamente la paralisi dei recuperi dovuta all’impugnazione degli ordini di pagamento, emessi dall’Agenzia delle en- trate, da parte dei produttori destinatari degli stessi, con quasi automatica concessione della sospensiva in sede giudiziaria e la lentezza nella definizione del- le controversie (l’importo di tale procedura ammonta in totale a mln 2.305 di euro somma a cui vanno però sottratti 282 mln già recuperati presso chi non ha beneficiato delle rateizzazioni, altri 211 mln di euro dichiarati ormai irrecuperabili e mln 469 costituenti oggetto del programma di rateizzazione). Con riferi- mento al Fondo europeo per lo sviluppo rurale (Fe- asr), si deve segnalare che, alla data di chiusura della presente relazione, era ancora in bozza la decisio- ne della Commissione di liquidazione dei conti del 2015 degli organismi pagatori, che dovrà comunque essere adottata entro il 2016 in uno con la decisione relativa ai conti dell’intera programmazione 2007- 2013. La bozza disponibile, in ogni caso, mostra già un consistente stralcio per i conti Agea per la mag- gior parte dei programmi regionali e una liquidazio- ne immediata all’Italia nel 2015 di soli 486 milioni

di euro. La quota di esecuzione, a tutto il 2015, del Programma settennale 2007-2013 ha raggiunto per l’Italia il 98,3 per cento del totale dei fondi Ue attri- buiti. La quota di spesa di tutte le risorse pubbliche destinate allo sviluppo rurale italiano si è attestata, al 31 dicembre 2015, al 98,9 per cento con signifi- cativi scostamenti da una regione all’altra e con due regioni (Calabria e Campania), al di sotto del 97 per cento. Pur essendosi scongiurato il verificarsi di un massiccio disimpegno per la regola “n+2”, restano margini consistenti per un miglioramento nelle capa- cità di programmazione e spesa.

La nuova programmazione Feasr 2014-2020 attri- buisce all’Italia un valore complessivo di fondi Ue di 20,85 miliardi di euro nel settennio, di cui 18,6 de- stinati all’attuazione dei programmi regionali e 2,2 destinati a misure nazionali. La liquidazione, da parte della Commissione, dei conti degli organismi pagatori italiani per il 2015 ha preso in considerazione soltanto i pagamenti effettuati dai tre organismi più solerti nel programmare e nell’impegnare, ossia quelli di Lom- bardia, Veneto e Provincia autonoma di Trento. I valo- ri sono ancora parziali per consentire una valutazione dell’avanzamento della nuova programmazione.

Le irregolarità e le frodi

Con riguardo alle irregolarità e alle frodi nell’an- no di comunicazione 2015 la spesa irregolare è re- lativa per l’88,8 per cento ai fondi strutturali, per il 10,9 per cento alla Politica agricola e per lo 0,3 per cento alla Pesca.

All’interno della ripartizione il 55,9 per cento ricade sulle amministrazioni regionali e il 44,1 per cento sulle amministrazioni nazionali (tenendo an- che conto che le segnalazioni dell’Agea compren- dono tutte quelle che non rientrano negli organismi pagatori regionali). La spesa irregolare è così ripar- tita all’interno delle amministrazioni regionali: per l’87,7 per cento alle regioni del Sud, per il 10,1 per cento alle regioni del Nord e per il 2,1 per cento alle regioni del Centro.

Dalle comunicazioni del 2016 (agosto) la spesa irregolare è ripartita per il 65,7 per cento sui fondi strutturali, per il 34,3 per cento sulla Politica agrico- la, per la Pesca non risultano segnalazioni.

All’interno della ripartizione tra autorità di ge- stione, rispetto alla precedente annualità, si rileva che il 43,6 per cento ricade sulle amministrazioni nazionali e il 56,4 per cento sulle amministrazioni regionali e, in particolare, il 79,4 per cento sulle re- gioni del Sud, il 16,5 per cento sulle regioni del Nord e il 4,1 per cento sulle regioni del Centro.

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Il monitoraggio evidenzia la diffusione del fe- nomeno, che interessa tutte le tipologie di fondi con conseguente preoccupante estensione dei livelli di ri- schio. Il settore degli appalti continua ad essere un’a- rea di elevata sensibilità, relativamente alla pre senza di errori e irregolarità

Gli importi più rilevanti da recuperare sono rife- ribili alle regioni meridionali inserite nell’Obiettivo Convergenza (già Obiettivo 1), nella specie è ne- cessario tener conto dell’elevato importo ricadente sul Fse, nella Regione Sicilia, per i casi di irregola- rità re lativi alla chiusura di progetti della Program- mazione 2000-2006, attribuibili tutti ad uno stesso soggetto beneficiario. Ciò è riconducibile alla cir- costanza che le regioni inserite nella Convergenza sono destinatarie di rilevanti risorse europee e sono influenzate dalla particolare situazione socio-eco- nomica locale, caratterizzata da vari fattori negativi con nessi alla presenza sul territorio della criminali- tà organizzata e a un più marcato ritardo nella cre- scita economica rispetto alle altre aree. Importi da recuperare, sia pure meno consistenti, per irregola- rità a danno del Fse e del Fesr esistono anche nelle regioni del Nord.

Anche l’ampio ricorso alla decertificazione, ope- rato dalle autorità di gestione, costituisce un vulnus per l’erario nazionale. Le risorse decertificate, in- fatti, non rilevano per il bilancio Ue, mentre il loro recupero rimane totalmente a carico dell’erario na- zionale.

Il fenomeno delle irregolarità desta allarme, an- che in considerazione del fatto che, tra i sistemi di frode utilizzati, è frequente la mancata realizzazio- ne delle attività finanziate, soprattutto nel settore dei contributi pubblici. Tale condotta non solo è stru- mentale all’illecita distrazione dei fondi concessi, ma danneggia le finalità specifiche delle sovvenzio- ni, rivolte alla riqualificazione professionale dei la- voratori e allo sviluppo delle attività imprenditoriali, vanificando l’obiettivo di incentivare la crescita delle regioni interessate. Cospicue sono, quindi, le risorse europee che continuano ad essere sottratte alle finali- tà programmate a causa di irregolarità e frodi.

In generale, si può sottolineare l’efficacia del sistema dei controlli in Italia, in raffronto anche a quanto avviene negli altri paesi membri dell’Ue. Una valutazione comparativa del fenomeno delle irrego- larità in sede europea presupporrebbe un’armoniz- zazione dei sistemi di controllo che, allo stato, non sembra sussistere.

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