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Le membrane cellulari sono componenti importanti di tutte le cellule. Ogni cellula è circondata da una membrana plasmatica che separa il citoplasma

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Le membrane cellulari sono componenti importanti di tutte le cellule. Ogni cellula è circondata da una membrana plasmatica che separa il citoplasma dall’ambiente extracellulare. La

membrana plasmatica funge da barriera di permeabilità che consente alle cellule di mantenere una composizione citoplasmatica assai diversa da quella dei liquidi extracellulari.

Chiaramente nelle cellule degli eucarioti le membrane racchiudono anche diversi organelli.

Queste membrane dividono le cellule in compartimenti separati all’interno dei quali si svolgono particolari processi biochimici. Molti processi cellulari di vitale importanza hanno luogo

all’interno o sulla superficie delle membrane degli organelli, esempi noti sono i meccanismi di trasporto di elettroni e la fosforilazione ossidativa che avvengono alla superficie, all’interno e nello spessore della membrana mitocondriale interna.

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Il corpo umano è costituito da miliardi di cellule che devono collaborare e comunicare l’una con l’altra pur mantenendo distinta la loro identità. La membrana cellulare gioca un ruolo chiave in questo processo poiché costituisce la barriera che separa il compartimento intracellulare dai segnali provenienti dall’esterno.

Ogni cellula, infatti, è circondata da una membrana plasmatica che separa il citoplasma dal liquido extracellulare. La membrana plasmatica funge da barriera di permeabilità che consente alle cellule di mantenere una composizione citoplasmatica assai diversa da quella dei liquidi extracellulari. Contiene enzimi, recettori e antigeni che svolgono un ruolo fondamentale nell’interazione con le altre cellule, con ormoni e con altre sostanze regolatrici presenti nel liquido extracellulare.

FUNZIONE CONTENITIVA racchiude la cellula, ne definisce i confini, mantiene le differenze tra l’ambiente intracellulare e quello extracellulare

FUNZIONE BIOCHIMICA offre sulla sua superficie interna ed esterna siti di supporto per enzimi che così possono lavorare in modo ordinato e sequenziale

FUNZIONE FISIOLOGICA DI BARRIERA SELETTIVA seleziona in vario modo i diversi materiali in transito tra esterno ed interno e viceversa

FUNZIONE FISIOLOGICA DI COMUNICAZIONE presenta sulla sua superficie esterna recettori per gli ormoni e per qualsiasi altro segnale chimico, oltre che marcatori per farsi riconoscere dalle cellule vicine

FUNZIONE STRUTTURALE alcune proteine della membrana cellulare sono ancorate a proteine del citoscheletro che mantiene la forma della cellula

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Le membrane cellulari e tutte le membrane presenti all’interno delle cellule sono costituite da una combinazione di lipidi e proteine con una piccola quantità di carboidrati.

Il rapporto tra lipidi e proteine varia largamente e dipende dall’origina della membrana.

Generalmente tanto più la membrana cellulare è metabolicamente attiva tanto maggiore è il suo contenuto di proteine.

Per esempio la membrana mitocondriale interna, che contiene enzimi per la fosforilazione ossidativa, è costituita per ¾ da proteine.

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La struttura delle mp è stata argomento di enorme interesse sin dal momento in cui sono state osservate per la prima volta con un microscopio. Già dalla fine del 1800 si era giunti alla conclusione che la membrana più esterna delle cellule fosse costituita da uno strato sottile di lipidi che agiva da barriera tra l’interno cellulare e l’ambiente esterno. Infatti nel 1899 Overton aveva constatato che la velocità di penetrazione all’interno della cellula delle varie molecole che andava saggiando aumentava all’aumentare del coefficiente di ripartizione olio/acqua: ciò indicava che la superficie cellulare doveva essere protetta da una barriera idrofobica. Inoltre successivamente si osservò che attaccando la cellula con solventi dei lipidi o con lecitinasi (che idrolizzano i fosfolipidi) o con complessanti del colesterolo come la digitonina si aveva come risultato la distruzione della cellula.

Però questa struttura semplice e uniforme non è tuttavia sufficiente per spiegare le proprietà molto variabili delle membrane presenti nei vari tipi cellulari. Come mai l’acqua è capace di attraversare la membrana cellulare dei GR ma non in alcune cellule del tubulo renale? La spiegazione doveva risiedere nella struttura della membrana cellulare.

Per isolare e analizzare le membrane cellulari i ricercatori del primo decennio del ventesimo secolo fecero omogenati di cellule. Scoprirono che le membrane cellulari e tutte le membrane presenti all’interno delle cellule sono costituite da una combinazione di lipidi e proteine con una piccola quantità di carboidrati. Il rapporto tra lipidi e proteine varia largamente e dipende dall’origine della membrana. Generalmente tanto più la membrana cellulare è

metabolicamente attiva tanto maggiore è il suo contenuto di proteine. Per esempio la membrana mitocondriale interna, che contiene enzimi per la fosforilazione ossidativa, è costituita per ¾ da proteine. L’analisi della composizione chimica delle membrane non spiega ancora come i lipidi e le proteine siano strutturalmente disposti in una membrana. Studi compiuti negli anni 1920 hanno suggerito che in una data area di membrana c’erano abbastanza lipidi da formare un doppio strato

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Le interazioni idrofobiche tra le catene carboniose di glicolipidi e fosfolipidi creano una lamina contenente i due strati di fosfolipidi le cui teste polari sono rivolte verso il mezzo acquoso circostante e le catene degli acidi grassi formano uno strato continuo idrofobico interno dallo spessore di circa 4 nm. Ogni strato fosfolipidico di questa struttura lamellare prende il nome di foglietto. Sfingomieline, galattolipidi e tutti i fosfolipidi che costituiiscono i doppi strati

contengono 2 catene di acidi grassi di lunghezza media di 16 – 18 atomi di carbonio. Le catene aciliche insature hanno di solito un solo doppio legame ma possono averne 2, 3, 4 o additittura 6. Di solito i doppi legami si trovano in posizione cis e questo produce una considerevole torsione della catena alifatica che come vedremo può avere degli effetti considerevoli sulla fluidità della membrana. Un’altra importante differenza tra i fosfolipidi riguarda le teste polari, che a pH neutro non possiedono carica elettrica fatta eccezione per la fosfatidilserina la cui testa polare è negativa. Sfingomielina e glicolipidi pur essendo

chimicamente diversi dai fosfolipidi hanno una struttura simile e formano con loro doppi strati misti.

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Oltre alla temperatura, altri fattori possono determinare la fluidità del doppio strato lipidico. In generale i lipidi con catene aciliche corte raggiungono lo stato di transizione a temperature più basse di lipidi con catene lunghe. Le catene corte infatti presentano una superficie inferiore per formare interazioni di van der Waals con altre catene vicine e ciò aumenta lo stato di fluidità della membrana. Un aumento di fluidità è determinato anche dall’aumento delle insaturazioni degli acidi grassi. Questo è il risultato di un aumento del volume occupato da ogni singola coda idrofobica che si ripercuote su un minore grado di impaccamento dei fosfolipidi

La presenza di insaturazioni (doppi legami) di tipo cis, aumenta il volume libero della catena di acido grasso, aumentandone la fluidità, ancora una volta per riduzione delle forze di van der Waals. L’aumento dell’insaturazione degli acidi grassi è una strategia che cellule batteriche o organismi ectotermi, la cui temperatura fluttua in relazione a quella ambientale, mettono in atto per mantenere un adeguata fluidità del doppio strato lipidico di membrana anche a bassa temperatura. Organismi ectotermi come i teleostei Antartici adattati evolutivamente alla sopravvivenza a temperature inferiori agli 0°C, presentano tale adattamento omeoviscoso del doppio strato lipidico per evitare l’irrigidimento delle membrane cellulari. Un altro elemento che influenza la fluidità del doppio strato è il colesterolo. Questo lipide è troppo idrofobico per costituire una struttura a foglietto, ma si intercala tra i fosfolipidi. Il suo gruppo idrossilico polare è in contatto con la soluzione acquosa vicino alle teste polari dei fosfolipidi; gli anelli steroidei interagisce con le catene aciliche. Il colesterolo limita il movimento casuale della regione fosfolipidica che si trova sulla superficie esterna dei foglietti, ma separa e allontana tra loro le code delle catene aciliche inducendo una maggiore fluidità nelle regioni più interne del doppio strato. A temperature di 37 °C il colesterolo rende le membrane complessivamente meno fluide. A basse temperature il colesterolo ha un effetto opposto in quanto impedendo le interazioni tra catene di acidi grassi adiacenti mantiene la membrana allo stato fluido ed impedisce la cristallizzazione.

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Infine anche una maggiore quantità di proteine ha generalmente una diminuzione della fluidità delle membrane cellulari

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Come si può osservare in figura la struttura dei diversi fosfolipidi è abbastanza variegata. A pH neutro solo la fosfatidil-serina ha una carica negativa mentre gli altri fosfolipidi sono

elettricamente neutri a pH fisiologico. Ci si può chiedere allora quali sono le ragioni per le quali le membrane delle cellule eucariotiche contengano una tale varietà di fosfolipidi con teste polari che differiscono per dimensioni, carica e forma. Le ragioni sono da ricercare nella funzione dei lipidi di agire come solvente bidimensionale per le proteine di membrana così come l’acqua è un solvente tridimensionale per le proteine. Alcune proteine di membrana possono funzionare solo in presenza di specifiche teste di fosfolipidi, proprio come molti enzimi in soluzione acquosa richiedono per la loro attività uno ione particolare.

Oltre al fatto che i vari fosfolipidi sono diversamente rappresentati nelle membrane cellulari, esistono enormi differenze tre i due foglietti del doppio strato differiscono in termini di

composizione fosfolipidica. In particolare i glicolipidi, la sfingomielina e la maggior parte della fosfatidilcolina, con le loro teste cariche positivamente sono localizzate sul foglietto

esoplasmatico. I lipidi con teste polari cariche negativamente o neutre, come la

fosfatidiletanolammina e la fosfatidilserina sono localizzati prevalentemente sul foglietto citoplasmatico. I glicolipidi sono assolutamente asimmetrici in quanto sono localizzati sul foglietto esoplasmatico della membrana plasmatica ed in quello luminale del reticolo endoplasmatico. Il colesterolo è distribuito uniformemente tra i due foglietti.

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Da quanto detto la composizione del doppio strato lipidico può influenzare enormemente le caratteristiche fisiche delle membrane. Mediante tecniche di frazionamento cellulare e analisi chimiche come la gas-cromatografia e la cromatografia su strato sottile è stato possibile evidenziare che le membrane cellulari hanno differente composizione. Tutte le membrane, indipendentemente dalla loro origine contengono proteine e lipidi. Il rapporto proteine-lipidi può variare notevolmente; ad esempio la le membrane interne dei mitocondri sono costituite per il 76 % da proteine mentre la mielina ne ha solo il 18%, poiché ha funzione di isolare

elettricamente la cellula nervosa dal suo ambiente. Anche la composizione lipidica è molto variabile. Tutte le membrane contengono una certa quantità di fosfolipidi. Alcuni fosfolipidi come gli inositolo-fosfolipidi sono presenti in quantità minori rispetto a fosfatidil-colina e fostatidil-etanolammina ma sono funzionalmente importanti ad esempio nella trasduzione del segnale La sfingomielina, derivato dall’ammino alcool sfingosina è anfipatica come i fosfolipidi ed è contenuto nelle membrane plasmatiche in alta percentuale. Le membrane delle cellule eucariotiche contengono colesterolo in percentuale molto elevata (30-50%), mentre questo lipide è praticamente assente nella maggior parte dei batteri. Alcuni lipidi come i glicolipidi sono presenti in un gruppo ristretto di membrane, ad esempio nella mielina. Il fosfolipide cardiolipina è abbondantemente presente nella membrana interna mitocondriale. I carboidrati rappresentano un componente importante di molte membrane. Essi sono legati sia alle proteine per formare glicoproteine che ai lipidi per formare glicolpidi, costituenti molto

rappresentati nelle membrane plasmatiche delle cellule eucariotiche mentre sono assenti nelle membrane mitocondriali interne. Il legame con i carboidrati aumenta il carattere idrofilico di lipidi e proteine e stabilizza molte strutture proteiche di membrana. Nei mammiferi alcuni glicolipidi formano gli antigeni dei gruppi sanguigni.

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Una delle vie più comuni di segnalazione intracellulare si basa sull’uso di secondi messaggeri derivati dal fosfolipide di membrana fosfatidilinositolo 4,5 bifosfato. PiP2. Agli inizi degli anni 80 quando si dimostrò che l’aumento del calcio citosolico è preceduto dall’idrolisi di questo fosfolipide di membrana, in risposta ai segnali cellulari. Questo fosfolipide appartiene ad una famiglia di inositolo fosfolipidi, con inositolo fosforilato (con 1 o 2 fosfati). Sebbene tutti e tre gli inositolo fosfolipidi possono essere degradati in risposta al segnale, la demolizione critica è quella del PIP2, anche se è il meno abbondante costituendo il 10% di tutti gli inositolo fosfolipidi e meno dell’1% di tutti i fosfolipidi. L’idrolisi di questo fosfolipide operata dalla fosfolipasi Cporta a 2 prodotti: 1,2 diacil-glicerolo che resta nella membrana e l’inositolo 1,4,5 trifosfato (IP3) idrosolubile. Una proteina G accoppia i recettori ormonali con la fosfolipasi C; il trattamento con la tossina della pertosse inattiva Ge abolisce

l’attivazione della fosfolipasi C. L’IP3 diffonde nel citosol, si lega a suoi recettori sul reticolo endoplasmico e promuove il rilascio del calcio. Il diacil-glicerolo rimane nella membrana e aiuta ad attivare la protein chinasi C.

Vi sono tre classi di fosfolipasi C (, , ) la classe beta viene attivata da recettori legati a proteine G. La classe gamma contiene domini SH2 che ne mediano l’attivazione da parte di recettori tirosin chinasici. Quindi questo è una seconda via di segnalazione che utilizza ’inositolo fosfolipide senza una proteina G intermediaria. Dopo un secondo dalla sua formazione l’IP3viene idrolizzato a inositolo 1,4-difosfato, molecola che non determina rilascio di altri ioni calcio. In pochi minuti gli store vengono esauriti ed il mantenimento di elevati livelli di calcio citosolico richiede l’ingresso dall’ambiente extracellulare. Nelle cellule pancreatico tale ingresso è mediato dall’inositolo 1,3,4,5 tetrafosfato (IP4) derivante dalla fosforilazione di IP3.

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Le molecole lipidiche che mostrano la > asimmetria di distribuzione sono i glicolipidi. Essi si trovano nel foglietto esoplasmatico e si associano tra loro in microaggregati tramite legami idrogeno. I glicolipidi costituiscono il 5 % dello monostrato lipidico esterno; quelli più complessi, gangliosidi, contengono oligosaccaridi con uno o più residui di acido sialico (componente più comune,

acido N-acetilneuramminico (NANA),

e sono più abbondanti nelle membrane delle cellule nervose dove costituiscono sino al 10% della massa lipidica totale. Sono stati identificati sino ad ora 40 gangliosidi diversi.

Ruolo fisiologico:

Data la loro localizzazione verso l’ambiente extracellulare essi possono intervenire nella:

protezione della membrana contro condizioni estreme; basso pH; enzimi degradativi; e ad esempio protezione delle membrane dal congelamento; i glicolipidi carichi possono alterare il campo elettrico e di conseguenza la concentrazione esterna di ioni come il calcio; possono avere un ruolo nell’isolamento elettrico data la loro abbondanza nella membrana mielinica;

possono avere un ruolo nei processi di riconoscimento cellulare: ad esempio il ganglioside GM1 agisce come recettore per la tossina colerica che si lega solo alle cellule che hanno GM1 sulla superficie cellulare. Possono avere funzione di recettori per normali molecole

extracellulari ed infine prendere contatto con la matrice extracellulare

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Le Gm2 gangliosidosi sono gruppo di patologie genetiche letali,autosomiche recessive causate dall’eccessivo accumulo lisosomiale del ganglioside GM2, un costituente delle membrane di questi organuli.

Tale accumulo è causato dalla sua mancata degradazione da parte dell’enzima lisosomiale -esosaminidasi e colpisce principalmente le cellule neuronali.

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L’enzima beta esosaminidasi è espresso in 3 differenti isoforme:

L’isoforma HexA,è un eterodimero costituito da una subunità alfa e una beta e rappresenta l’unica isoforma in grado di idrolizzare il GM2.

Nello specifico la -esosaminidasi A, insieme a un co-fattore, la proteina attivatore del GM2(GM2-AP) sono in grado di legare questo substrato. L’interazione con il GM2 favorisce la conformazione chiusa della proteina attivatrice (GM2-AP) che può essere quindi riconosciuta dalla subunità alfa dell’isoforma HexA con la conseguente

degradazione del GM2.

Le isoforme HexB ed HexS, sono invece omodimeri costituiti rispettivamente da due subunità beta e da due sub alfa.

Ciascuna subunità è codificata da geni specifici, HEXA che codifica per alfa e HEXB per beta.

Le mutazioni nei geni HEXA , HEXB e GM2-AP causano rispettivamente la malattia di Tay-Sachs, il morbo di Sandhoff e il deficit proteico dell’attivatore del GM2.

Le malattie di Tay-Sachs e Sandhoff danno luogo a sintomi clinici pressoché identici, che includono l'esordio nell'infanzia, la rapida progressione e la morte, di solito prima dei 4 anni. A livello biochimico, queste malattie sono associate a una totale mancanza di attività enzimatica.

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Allo stato attuale non è disponibile una cura per le gangliosidosi GM2. Uno degli ostacoli principali nel trattamento di queste patologie che determinano

principalmente disturbi a livello del sistema nervoso centrale è rappresentato dalla difficoltà di attraversare la barriera emato-encefalica (BEE).

Vari approcci sono stati messi a punto senza ottenere un reale beneficio terapeutico.

Tra questi si evidenziano:

• Terapia della sostituzione enzimatica

• Terapia di aumento enzimatico, mediante chaperones.

• Terapia di riduzione del substrato

• Trapianto di midollo osseo

• D’altro canto la terapia genica anche alla luce di promettenti risultati ottenuti mediante l’utilizzo di vettori adeno-associati in modelli murini di patologia potrebbe rappresentare l’intervento terapeutico definitivo in quanto in grado di ripristinare l’attività enzimatica della beta esosaminidasi. Inoltre l’iniezione

intracerebrale del vettore virale che consente l’espressione dell’enzima funzionale direttamente nel SNC e quindi nei neuroni, dovrebbe superare il limite della BEE.

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La componente proteica della membrana è altamente variabile sia in funzione del tipo di cellula e del tipo di membrana cellulare. Le proteine della membrana mitocondriale sono estremamente diverse dalle proteine della membrana plasmatica; anche i componenti della membrana plasmatica di una cellula epatica o intestinale sono differenti. Tali proteine possono avere strutture e funzioni diverse. Alcune posseggono funzione di trasporto di nutrienti o ioni come quella rappresentata in Figura, che corrisponde alla struttura tridimensionale di un sistema di scambio Na/H in un batterio, il controtrasporto NHaA; altre hanno funzione di canali ionici come quello riportato in figura corrispondente al canale per il potassio. Altre ancora hanno funzione recettoriale come il recettore a sette eliche correlato alle proteine G nella trasduzione del segnale; altre ancora come la glicoforina intervengono nelle interazioni tra citoscheletro e la membrana cellulare.

Come sono integrate queste proteine con il doppio strato lipidico; alcune sono legate solo superficialmente alla membrana e sono denominate per questo motivo estrinseche, altre presentano una regione immersa nella membrana e domini su 1 o ambedue i lati di essa e sono denominate proteine intrinseche di membrana.

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Le proteine di membrana svolgono un ruolo importantissimo nel mantenimento della struttura e dell’attività cellulare e si stima che rappresentino circa un terzo di tutte le proteine codificate dal DNA. Ogni cellula esprime da 10 a 50 tipi diversi di proteine di membrana che posso essere raggruppate in tre grandi classi.

Le proteine integrali interagiscono fortemente con il doppio strato lipidico e possono essere rimosse soltanto dopo la distruzione della membrana con l’uso di detergenti. Alle proteine integrali appartengono le proteine transmembrana composte da uno o più segmenti che attraversano l’intero spessore della membrana e le rendono accessibile da entrambi i lati.

Le proteine estrinseche interagiscono debolmente con le regioni polari del doppio strato lipidico e con le proteine integrali di membrana. Sono accessibili da un solo lato (interno o esterno) e possono essere rimosse facilmente senza distruggere l’integrità di membrana. Ad esse appartengono vari enzimi di membrana (es. enzimi del lume dell’intestino tenue, l’adenilato ciclasi, la fosfolipasi C, l’anidrasi carbonica, ecc.) e alcune proteine strutturali che ancorano il citoscheletro alla membrana cellulare.

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La > parte delle proteine integrali sono trattenute nella membrana dalle catene laterali aminoacidiche non polari.

Esse contengono domini che si estendono nel mezzo acquoso su ogni lato del doppio strato. Nella > parte dei casi i segmenti che attraversano il doppio strato formano un alfa-elica. Questo configurazion è energeticamente favorita dall’assenza di acqua nel doppio strato lipidico; di conseguenza tutti i legami peptidici compresi nel doppio strato tendono a formare legami idrogeno tra loro e non con molecole di acqua. La necessità di formare legami idrogeno a distanze regolari è anche la ragione per cui una catena polipeptidica attraverserà sempre integralmente il doppio strato lipidico. Le proteine integrali sono tenute incastrate nella membrana da due principali interazioni: le interazioni ioniche con i gruppi polari dei lipidi e quelle idrofobiche con i lipidi interni di membrana. Ambedue i tipi di interazione favoriscono l’ancoraggio della glicoforina, proteina della membrana eritrocitaria, al doppio strato lipidico. La parte della glicoforina che prende contatto con la membrana consiste in 34 residui (62-95) compresa una sequenza di 23 aacidi altamente idrofobica comprendente, fenilalanina, leucina, isoleucina, valina, triptofano, tirosina. Il grafico di idropatia della glicoforina è riportato in figura; in questo grafico il segno positivo indica che è necessaria energia libera per il trasferimento del segmento in questione all’acqua e quindi si tratta di un segmento idrofobico, viceversa se l’indice è negativo si tratta di regioni idrofiliche. Nel caso della glicoforina la regione positiva cade proprio nell’intervallo compreso tra 62- 95 aacidi che viene di conseguenza essere reputato il segmento della proteina che attraversa il doppio strato lipidico.

Poiché è possibile fare un grafico del genere per regioni superiori a 10 aacidi (un’alfa elica è generalmente di 20- 30 aacidi idrofobici), l’inserimento di proteine integrali che spannano il doppio strato tramite foglietti beta che sono in genere costituiti da meno di 10 aacidi, non può essere analizzato tramite studi di idropatia.

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Il canale del potassio di s. l. è una proteina integrale tetramerica con sequenza omologa a tutti i canali del potassio conosciuti, particolarmente nella regione del poro. L’analisi a raggi X con risoluzione di 3.2 angstroms ha dimostrato che 4 identiche sub-unità creano un cono, che contiene il filtro di selettività del poro verso il lato extracellulare. Sia l’ingresso intra- che quello extracellulare sono carichi negativamente per la presenza di aacidi acidi, questo comporta un aumento della concentrazione locale dei cationi ed una diminuzione della concentrazione locale degli anioni. La lunghezza complessiva del poro è di circa 45 angstrom, nel cui interno vi è lLo stretto filtro di selettività, lungo solo 12 angstrom, mentre la parte restante del poro è ampia e delimitata da aminoacidi idrofobici probabilmente inerti. Un grande cavità riempita di acqua e dipoli ad elica sono posizionate in modo da impedire la destabilizzazione elettrostatica di uno ione in un poro al centro del doppio strato lipidico a basso capacità dielettrica. Infatti gli ioni potassio permeano nel poro interno rimanendo idratati. Al contrario il filtro di selettività è così stretto che gli ioni devono perdere il mantello acquoso per entrarvi. La composizione chimica della parete delimitante la parte interna del poro è in maniera predominante idrofobica. Al contrario il filtro di selettività è limitato esclusivamente da catene polari che appartengono alla caratteristica sequenza dei canali per il potassio.

Gli atomi di ossigeno della catena principale delimitano il filtro di selettività, che è tenuto aperto da costrizioni strutturali, in modo da coordinare ioni potassio anziché ioni Na di dimensione minore. Il filtro di selettività contiene 2 ioni potassio a distanza di circa 7.5 angstroms. Tale configurazione permette la conduzione degli ioni sfruttando le forze elettrostatiche repulsive per superare le forze attrattive tra gli ioni potassio ed il filtro di selettività. L’architettura del poro stabilisce i principi fisici che sono alla base della selettiva conducibilità del potassio.

L’architettura del poro probabilmente riflette quella posseduta da altri canali del sodio e del calcio.

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La mappa 3D di NhaA a risoluzione di 7 vista normale al piano della membrana. Si possono vedere i 12 profili di densita con forma a bacchetta corrispondenti alle eliche trans-membrana, con una densità per ciascuna delle eliche non continua attraverso il bilayer. Due possibilità per la collocazione del patway di traslocazione sono evidenziate con gli asterischi. Nell’inset, sezioni orizzontali prese dal centro della mappa 3D con la proteina nello stesso orientamento e le eliche arbitrariamente numerate da 1 a 12 (non corrispondenti all’assegnazione). La vista dal lato delle eliche mostrata in Fig.3 corrispondono alla prospettiva del punto X nell’inset. L’eliche blue sono mostrate in Fig.3a, eliche magenta in Fig.3b ed eliche gialle in Fig.3c.

Fig.2 Sezioni orizzontali attraverso i dimeri di NhaA. I monomeni sono mostrate in giallo e blue. A. 8 A sopra il centro della membrana; b. al centro della membrana; c; sotto il centro della membrana. In ciascuna sezione, si vedono 12 picchi per ciascun monomeno di NhaA.

Fig.3 Sezioni verticali attraverso la mappa 3D di NhaA. La molecola è ruotata di 90° per rivelare le eliche perpendicolari alla membrana dalla prospettiva di X di Fig.1 (inset). a. Le sei eliche che mediano i contatti intra ed inter dimero (blue nell’inset di Fig.1); b. le tre lunghe eliche inclinate (magenta nell’inset di Fig.1) che si rivelano quando il primo strato delle 6 eliche viene rimossi; c. il gruppo di tre eliche non completamente risolto (gialle nell’inset di fig.1) che si vedono quando lo strato delle tre eliche in b è rimosso.

Fig.4 Interazione tra dimeri adiacenti di NhaA. La mappa è contornat in magenta. La frecce bianca mostra i contatti interdimerici tra eliche di dimeri adiacenti.

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Nelle cellule eucariote un gran numero di proteine sono legate alla membrana tramite lipidi legati covalentemente.

Si dividono in tre classi:

Le proteine della superficie cellulare appartenenti alla prima classe come thy-1, fosfatasi alcalina, trealasi, sono ancorate alla superficie esoplasmatica tramite complesso fosfolipidico glicosilato che contiene N-

acetilglucosammina ed inositolo. l trattamento con fosfolipasi C, enzima che rompe il legame fosfato- glicerolo, stacca le proteine dalla superficie cellulare. A questa schiera appartengono diverse proteine coinvolte nei meccanismi di adesione cellulare ed in particolare la caderina, localizzata tra le altre sulla membrana cellulare dei miocardiociti dove oltre ad avere un ruolo nel riconoscimento cellulare importante per la crescita del tessuto potrebbe secondo alcune ipotesi funzionare come spugna del calcio, favorendo così i processi di contrazione miocardica.; Una seconda classe di proteine è ancorata alla faccia citoplasmatica della membrana tramite l’acido miristico, acido grasso saturo a 14 atomi di carbonio (legame ammidico al residuo di glicina presente sull’azoto terminale di queste proteine). Fa parte di questo gruppo la v-src, mutante della c- src; entrambe sono tirosina protein-chinasi (aggiunge gruppi Pi a tirosine di alcune proteine). V-src è una proteina trasformante in quanto determina la trasformazione o cancerogenesi di cellule in coltura, fosforilando altre proteine, solo se è legata alla membrana plasmatica. Infine un terzo gruppo di proteine a cui appartiene la P21 ras, GTPasi monomerica sono ancorate alla faccia citoplasmatica della membrana tramite residuo farnesilico legato con legame tioestere ad un residuo di cisteina localizzato vicino all’estremità

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Come i lipidi di membrana le proteine non passano attraverso il doppio strato ma possono invece ruotare intorno ad un asse perpendicolare al piano del doppio strato (diffusione rotazionale); molte proteine sono capaci di muoversi lateralmente nella membrana (diffusione laterale). La prova diretta di ciò si ebbe nel 1970 tramite un esperimento in cui le cellule di topo vennero fuse artificialmente con cellule umane per produrre cellule ibride (eterocarionti).

Due anticorpi diversi marcati con rodamina o fluresceina, distinguibili al microscopio a fluorescenza furono usati per distinguere proteine umane da quelle di topo. Sebbene inizialmente le proteine umane e quelle di topo fossero confinate nelle rispettive metà dell’eterocarionte appena formato, le due serie di proteine diffondevano e si mescolavano nel giro di mezz’ora.

I valori dei coefficienti di diffusione per le proteine di membrana sono molto variabili, ma variano in genere da 1 decimo ad un 100 dei valori corrispondenti per le molecole fosfolipidiche di una stessa membrana. Questi dati confermano ancora una volta la validità del modello a mosaico fluido proposto da Nicolson nel 1972.

La visione della membrana come un mare lipidico in cui tutte le proteine galleggiano liberamente è una semplificazione eccessiva. Molte cellule sono infatti in grado di confinare le proteine di membrana entro domini specifici del doppio strato continuo di lipidi. Nelle cellule epiteliali intestinali e renali alcuni enzimi o sistemi di trasporto sono localizzati sulla porzione apicale altri su quella basolaterale della membrana plasmatica. Questa separazione avviene solo tra lipidi del monostrato esterno tramite l’esistenza di giunzioni intercellulari le tight junctions. La membrana plasmatica degli spermatozoi consiste in almento tre domini distinti, al di fuori dei quali lipidi e proteine appartenenti ad un domino, non possono diffondere.

Le cellule hanno modi ancora più drastici per impedire la diffusione laterale delle proteine. I grossi aggregati come la molecola di batteriorodopsina diffonde molto lentamente. Un modo ancora più comune per evitare la diffusione è quello di agganciare i complessi proteici al citoscheletro interno

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E’ questo il caso di alcune proteine di membrana dei globuli rossi. L’ Eritrocita ha una forma di disco biconcavo di 7 micrometri di diametro. E’ nella sua forma matura, privo di nucleo. Il citoscheletro sostiene la membrana ed è unita ad essa in molti punti. Due principali proteine integrali sono presenti:

glicoforina e proteine della banda 3 o scambio anionico. La banda 3 è un dimero costituito da 2 catene di 929 aacidi ognuna; il segmento C-terminale di ogni catena è inserito nella membrana plasmatica che attraversa molte volte formando 14 eliche trans-membrana. Il segmento N-terminale si ripiega in filamenti idrosolubili che sporgono nel citosol ed ancorano il citoscheletro alla membrana. I maggiori costituenti del citoscheletro sono le spettrine alfa e beta (bande 1 e 2), i polipeptidi che hanno peso molecolare più alto. Si combinano a formare tetrameri (alfa-beta)2 ; le terminazioni libere dei tetrameri sono tenute insieme da corte catene di actina (banda 5); il filamento di actina è costituito da 13 monomeri di actina ed un filamento di tropomiosina. La proteina della banda 4.1 e l’adducina, altre due proteine del citoscheletro, favoriscon interazione actina – spettrina. Una singola fibra di actina si lega a più molecole di spettrina, costituendo un reticolo. L’ancoraggio alla membrana eritrocitaria avviene tramite l’anchirina che ha due domini: uno si lega strettamente e specificamente ad un sito beta della spettrina vicino al centro del tetramero, l’altro ad un dominio citosolico della banda 3. La proteina della banda 4.1 si lega al domino carbossi-terminale della glicoforina e anche della banda 3. Anche queste interazioni possono contribuire all’unione dello scheletro della spettrina alla membrana. Patologie ereditarie come la sferocitosi e l’ellittocitosi sono determinate da mutazioni geniche. Il difetto si verifica a causa di peptidi anomali di spettrina che si legano male a proteina 4.1 ed anchirina. In altri casi

l’anchirina è difettosa o assente. Tali eritrociti difettosi sono più rapidamente eliminati dalla milza e di conseguenza in questi pazienti si possono verificare anemie.

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E’ ormai accertato che nelle membrane esistono delle zone specializzate, dei microdomini, chiamati raft, in cui predominano alcuni lipidi. Queste zone sono caratterizzate dal non essere solubilizzate da detergenti non-ionici, tanto è vero che hanno acronimi diversi come DRMs (detergent-resistant

membranes) and Digs (detergent-insoluble glycolipid-enriched membrane domains. In alcune zone della membrana, esistono delle regioni le caveole, che sono zone morfologicamente distinguibili come invaginazioni delle membrane plasmatiche, caratterizzate dalla presenza di proteine denominate caveoline. Una delle ragioni per le quali queste regioni della membrana sono attualmente oggetto di studio è che queste possano essere coinvolte nei meccanismi di trasduzione del segnale.

Queste regioni sono ricche di glicosfingolipidi, colesterolo e di proteine che non hanno una forma particolare. La loro dimensione è compresa tra 70 e 300 nm. Oltre a queste molecole nel monostrato esterno sono presenti proteine ancorate al fosfatidil-inositolo. Nel monostrato interno sono invece localizzate proteine tipo Ras, coinvolte nella trasduzione del segnale. Ciò rafforza il concetto che i domini RAFT agiscano come piattaforma per concentrare molecole segnale in una regione particolare della membrana e anche per raggruppare specifiche proteine ancorate al fosfatidil-inositolo. Questi raft non rimangono stazionari nella membrana, ma si muovono lateralmente, e la loro mobilità è fortemente infuenzata dal contenuto di colesterolo della membrana. In particolare la riduzione del colesterolo riduce la mobilità dei raft.

Le caveole sono caratterizzate dalla loro associazione con le caveoline. Queste proteine interagiscono con parecchie molecole segnale nella membrana e costituiscono l’impalcatura per organizzare i preassemblati complessi della segnalazione. Differenti molecole segnalanti sono associate a Digs e caveole. Digs si associano a Ras e molecole correlate a Ras. Domini ricchi di caveoline contengono src, proteine G, protein chinasi C e RhoA.

I lipidi di membrana possono assumere anche delle configurazioni non-lamellari. Questo determina una regione micellare nel piano trasversale della membrana che aumenta lo spessore locale e la curvatura della membrana, in relazione alla morfologia piatta e planare del resto della membrana. L’organizzazione biochimico e fisica dei non-bilayer lipid è differente dagli altri lipidi, in particolare per la grandezza della loro testa polare e delle loro catena acilica. Generalmente, in regioni non a doppio strato, molecole lipidiche con una testa polare più piccola e catene alifatiche più lunghe (fosfatidil-etanolammina) sono

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impaccate densamente sul piano laterale, determinando un incremento della curvatura su uno o su entrambi gli strati. Questa alterazione nel doppio strato lipidico esercita una pressione laterale o stress di curvatura, sulle proteine presenti in quella zona, che è stato dimostrato essere essenziale per il

funzionamento della batteriorodopsina e della protein chinasi C. Infatti fosfatidiletanolammnina è stata rinvenuta in strutture cristalline di diverse proteine di membrana.

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E’ ormai accertato che nelle membrane esistono delle zone specializzate, dei microdomini, chiamati raft, in cui predominano alcuni lipidi. Queste zone sono caratterizzate dal non essere solubilizzate da detergenti non-ionici, tanto è vero che hanno acronimi diversi come DRMs (detergent-resistant membranes) and Digs (detergent- insoluble glycolipid-enriched membrane domains. In alcune zone della membrana, esistono delle regioni le caveole, che sono zone morfologicamente distinguibili come invaginazioni delle membrane plasmatiche, caratterizzate dalla presenza di proteine denominate caveoline. Una delle ragioni per le quali queste regioni della membrana sono attualmente oggetto di studio è che queste possano essere coinvolte nei meccanismi di trasduzione del segnale.

Queste regioni sono ricche di glicosfingolipidi, colesterolo e di proteine che non hanno una forma particolare. La loro dimensione è compresa tra 70 e 300 nm. Oltre a queste molecole nel monostrato esterno sono presenti proteine ancorate al fosfatidil-inositolo. Nel monostrato interno sono invece localizzate proteine tipo Ras, coinvolte nella trasduzione del segnale. Ciò rafforza il concetto che i domini RAFT (ZATTERA) agiscano come piattaforma per concentrare molecole segnale in una regione particolare della membrana e anche per raggruppare specifiche proteine ancorate al fosfatidil-inositolo. Queste zattere non rimangono stazionarie nella membrana, ma si muovono lateralmente, e la loro mobilità è fortemente infuenzata dal contenuto di colesterolo della membrana. In particolare la riduzione del colesterolo riduce la mobilità dei raft.

Le caveole sono caratterizzate dalla loro associazione con le caveoline. Queste proteine interagiscono con parecchie molecole segnale nella membrana e costituiscono l’impalcatura per organizzare i preassemblati complessi della segnalazione. Differenti molecole segnalanti sono associate a Digs e caveole. Digs si associano a Ras e molecole correlate a Ras. Domini ricchi di caveoline contengono src, proteine G, protein chinasi C e RhoA.

I lipidi di membrana possono assumere anche delle configurazioni non-lamellari. Questo determina una regione micellare nel piano trasversale della membrana che aumenta lo spessore locale e la curvatura della membrana, in relazione alla morfologia piatta e planare del resto della membrana. L’organizzazione biochimico e fisica dei non- bilayer lipid è differente dagli altri lipidi, in particolare per la grandezza della loro testa polare e delle loro catena acilica. Generalmente, in regioni non a doppio strato, molecole lipidiche con una testa polare più piccola e catene alifatiche più lunghe (fosfatidil-etanolammina) sono impaccate densamente sul piano laterale, determinando un incremento della curvatura su uno o su entrambi gli strati. Questa alterazione nel doppio strato lipidico esercita una pressione laterale o stress di curvatura, sulle proteine presenti in quella zona, che è stato dimostrato essere

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essenziale per il funzionamento della batteriorodopsina e della protein chinasi C. Infatti fosfatidiletanolamina è stata rinvenuta in strutture cristalline di diverse proteine di membrana.

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L’internalizzazione dei ligandi inizia quando per diffusione nella membrana il complesso recettore-ligando si localizza sopra le fossette rivestite; queste poi si separano dalla membrana sotto forma di vescicole rivestite. Nella stessa fossetta rivestita o nella vescicola si possono rintracciare due tipi di ligandi legati a recettori di superficie, la transferrina e le LDL. Il tessuto nervoso ne è particolarmente ricco. Esse possono essere coinvolte nei processi di trasporto di proteine dall’apparato di golgi alla superficie cellulare. Il 2% della superficie cellulare di epatociti e fibroblasti è occupata da fossette rivestite. Dimostrazione al microscopio elettronico delle fasi iniziali

dell'endocitosi mediata da recettore di particelle LDL in fibroblasti in coltura. (a) Una fossetta rivestita; i piccoli punti visibili sopra la stessa rappresentano particelle LDL marcate con ferritina. (b) Una fossetta contenente LDL apparentemente chiusa su se stessa a formare una vescicola rivestita. {c) Una vescicola rivestita contenente particelle LDL. (d) Particelle marcate con ferritina in un endosoma a superficie liscia, 6

minuti dopo l'esposizione delle cellule al composto marcato.

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Biosintesi della fosfatidiletanolammina nelle cellule animali. I precursori sono un acido grasso-acetil CoA (una molecolaanfipatica immersa nella membrana del RE), il glicerolo 3-fosfato e la citidina difosfo-etanolammina (CDP-etanolammina) (due molecole solubili in acqua presenti nel citosol). Nella membrana del RE vengono assemblati altri lipidi tramite analoghe vie metaboliche che partono da acido grasso-acetil CoA e piccole molecole solubili. Per la sintesi della fosfatidiletanolammina, le cellule batteriche utilizzano una diversa via metabolica che parte anch' essa da un acido grasso-acetil CoA e ha luogo nella membrana plasmatica batterica.

Figura 17.4 Test per la rivelazione di una flippasi di fosfolipidi. Il fosfolipide dibutirrilfosfatidilcolina è idrosolubile perche contiene corte catene di acidi grassi a quattro atomi di carbonio. Se addizionato a una sospensione di vescicole composte da fosfolipidi puri (liposomi), esso si inserisce spontaneamente nel foglietto esterno ma, in assenza di un enzima di natura proteica chiamato flippasi, non può spostarsi nel

foglietto interno. la proteina flippasi, come si trova nelle membrane del RE, catalizza i movimenti di questo piccolo fosfolipide verso il foglietto interno (esoplasmatico); da lì, esso può spostarsi spontaneamente nel

lume della vescicola dove trova un ambiente acquoso. Quindi, si può saggiare la presenza di una flippasi

verificando se vi è una proteina che permette alla dibutirrilfosfatidilcolina, aggiunta alI' esterno di una vescicola, di accumularsi nel lume della stessa. (Da W.R. Bishop e R.M. BelI, 19B5, CelI, 42, pp. 50-60; Y. Kawashimae R.M.

BelI, 1987, I. Bio/. Chem., 262. 00. 16495-16502.

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