• Terapia della sostituzione enzimatica
• Terapia di aumento enzimatico, mediante chaperones.
• Terapia di riduzione del substrato
• Trapianto di midollo osseo
• D’altro canto la terapia genica anche alla luce di promettenti risultati ottenuti mediante l’utilizzo di vettori adeno-associati in modelli murini di patologia potrebbe rappresentare l’intervento terapeutico definitivo in quanto in grado di ripristinare l’attività enzimatica della beta esosaminidasi. Inoltre l’iniezione
intracerebrale del vettore virale che consente l’espressione dell’enzima funzionale direttamente nel SNC e quindi nei neuroni, dovrebbe superare il limite della BEE.
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La componente proteica della membrana è altamente variabile sia in funzione del tipo di cellula e del tipo di membrana cellulare. Le proteine della membrana mitocondriale sono estremamente diverse dalle proteine della membrana plasmatica; anche i componenti della membrana plasmatica di una cellula epatica o intestinale sono differenti. Tali proteine possono avere strutture e funzioni diverse. Alcune posseggono funzione di trasporto di nutrienti o ioni come quella rappresentata in Figura, che corrisponde alla struttura tridimensionale di un sistema di scambio Na/H in un batterio, il controtrasporto NHaA; altre hanno funzione di canali ionici come quello riportato in figura corrispondente al canale per il potassio. Altre ancora hanno funzione recettoriale come il recettore a sette eliche correlato alle proteine G nella trasduzione del segnale; altre ancora come la glicoforina intervengono nelle interazioni tra citoscheletro e la membrana cellulare.
Come sono integrate queste proteine con il doppio strato lipidico; alcune sono legate solo superficialmente alla membrana e sono denominate per questo motivo estrinseche, altre presentano una regione immersa nella membrana e domini su 1 o ambedue i lati di essa e sono denominate proteine intrinseche di membrana.
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Le proteine di membrana svolgono un ruolo importantissimo nel mantenimento della struttura e dell’attività cellulare e si stima che rappresentino circa un terzo di tutte le proteine codificate dal DNA. Ogni cellula esprime da 10 a 50 tipi diversi di proteine di membrana che posso essere raggruppate in tre grandi classi.
Le proteine integrali interagiscono fortemente con il doppio strato lipidico e possono essere rimosse soltanto dopo la distruzione della membrana con l’uso di detergenti. Alle proteine integrali appartengono le proteine transmembrana composte da uno o più segmenti che attraversano l’intero spessore della membrana e le rendono accessibile da entrambi i lati.
Le proteine estrinseche interagiscono debolmente con le regioni polari del doppio strato lipidico e con le proteine integrali di membrana. Sono accessibili da un solo lato (interno o esterno) e possono essere rimosse facilmente senza distruggere l’integrità di membrana. Ad esse appartengono vari enzimi di membrana (es. enzimi del lume dell’intestino tenue, l’adenilato ciclasi, la fosfolipasi C, l’anidrasi carbonica, ecc.) e alcune proteine strutturali che ancorano il citoscheletro alla membrana cellulare.
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La > parte delle proteine integrali sono trattenute nella membrana dalle catene laterali aminoacidiche non polari.
Esse contengono domini che si estendono nel mezzo acquoso su ogni lato del doppio strato. Nella > parte dei casi i segmenti che attraversano il doppio strato formano un alfa-elica. Questo configurazion è energeticamente favorita dall’assenza di acqua nel doppio strato lipidico; di conseguenza tutti i legami peptidici compresi nel doppio strato tendono a formare legami idrogeno tra loro e non con molecole di acqua. La necessità di formare legami idrogeno a distanze regolari è anche la ragione per cui una catena polipeptidica attraverserà sempre integralmente il doppio strato lipidico. Le proteine integrali sono tenute incastrate nella membrana da due principali interazioni: le interazioni ioniche con i gruppi polari dei lipidi e quelle idrofobiche con i lipidi interni di membrana. Ambedue i tipi di interazione favoriscono l’ancoraggio della glicoforina, proteina della membrana eritrocitaria, al doppio strato lipidico. La parte della glicoforina che prende contatto con la membrana consiste in 34 residui (62-95) compresa una sequenza di 23 aacidi altamente idrofobica comprendente, fenilalanina, leucina, isoleucina, valina, triptofano, tirosina. Il grafico di idropatia della glicoforina è riportato in figura; in questo grafico il segno positivo indica che è necessaria energia libera per il trasferimento del segmento in questione all’acqua e quindi si tratta di un segmento idrofobico, viceversa se l’indice è negativo si tratta di regioni idrofiliche. Nel caso della glicoforina la regione positiva cade proprio nell’intervallo compreso tra 62- 95 aacidi che viene di conseguenza essere reputato il segmento della proteina che attraversa il doppio strato lipidico.
Poiché è possibile fare un grafico del genere per regioni superiori a 10 aacidi (un’alfa elica è generalmente di 20-30 aacidi idrofobici), l’inserimento di proteine integrali che spannano il doppio strato tramite foglietti beta che sono in genere costituiti da meno di 10 aacidi, non può essere analizzato tramite studi di idropatia.
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Il canale del potassio di s. l. è una proteina integrale tetramerica con sequenza omologa a tutti i canali del potassio conosciuti, particolarmente nella regione del poro. L’analisi a raggi X con risoluzione di 3.2 angstroms ha dimostrato che 4 identiche sub-unità creano un cono, che contiene il filtro di selettività del poro verso il lato extracellulare. Sia l’ingresso intra- che quello extracellulare sono carichi negativamente per la presenza di aacidi acidi, questo comporta un aumento della concentrazione locale dei cationi ed una diminuzione della concentrazione locale degli anioni. La lunghezza complessiva del poro è di circa 45 angstrom, nel cui interno vi è lLo stretto filtro di selettività, lungo solo 12 angstrom, mentre la parte restante del poro è ampia e delimitata da aminoacidi idrofobici probabilmente inerti. Un grande cavità riempita di acqua e dipoli ad elica sono posizionate in modo da impedire la destabilizzazione elettrostatica di uno ione in un poro al centro del doppio strato lipidico a basso capacità dielettrica. Infatti gli ioni potassio permeano nel poro interno rimanendo idratati. Al contrario il filtro di selettività è così stretto che gli ioni devono perdere il mantello acquoso per entrarvi. La composizione chimica della parete delimitante la parte interna del poro è in maniera predominante idrofobica. Al contrario il filtro di selettività è limitato esclusivamente da catene polari che appartengono alla caratteristica sequenza dei canali per il potassio.
Gli atomi di ossigeno della catena principale delimitano il filtro di selettività, che è tenuto aperto da costrizioni strutturali, in modo da coordinare ioni potassio anziché ioni Na di dimensione minore. Il filtro di selettività contiene 2 ioni potassio a distanza di circa 7.5 angstroms. Tale configurazione permette la conduzione degli ioni sfruttando le forze elettrostatiche repulsive per superare le forze attrattive tra gli ioni potassio ed il filtro di selettività. L’architettura del poro stabilisce i principi fisici che sono alla base della selettiva conducibilità del potassio.
L’architettura del poro probabilmente riflette quella posseduta da altri canali del sodio e del calcio.
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La mappa 3D di NhaA a risoluzione di 7 vista normale al piano della membrana. Si possono vedere i 12 profili di densita con forma a bacchetta corrispondenti alle eliche trans-membrana, con una densità per ciascuna delle eliche non continua attraverso il bilayer. Due possibilità per la collocazione del patway di traslocazione sono evidenziate con gli asterischi. Nell’inset, sezioni orizzontali prese dal centro della mappa 3D con la proteina nello stesso orientamento e le eliche arbitrariamente numerate da 1 a 12 (non corrispondenti all’assegnazione). La vista dal lato delle eliche mostrata in Fig.3 corrispondono alla prospettiva del punto X nell’inset. L’eliche blue sono mostrate in Fig.3a, eliche magenta in Fig.3b ed eliche gialle in Fig.3c.
Fig.2 Sezioni orizzontali attraverso i dimeri di NhaA. I monomeni sono mostrate in giallo e blue. A. 8 A sopra il centro della membrana; b. al centro della membrana; c; sotto il centro della membrana. In ciascuna sezione, si vedono 12 picchi per ciascun monomeno di NhaA.
Fig.3 Sezioni verticali attraverso la mappa 3D di NhaA. La molecola è ruotata di 90° per rivelare le eliche perpendicolari alla membrana dalla prospettiva di X di Fig.1 (inset). a. Le sei eliche che mediano i contatti intra ed inter dimero (blue nell’inset di Fig.1); b. le tre lunghe eliche inclinate (magenta nell’inset di Fig.1) che si rivelano quando il primo strato delle 6 eliche viene rimossi; c. il gruppo di tre eliche non completamente risolto (gialle nell’inset di fig.1) che si vedono quando lo strato delle tre eliche in b è rimosso.
Fig.4 Interazione tra dimeri adiacenti di NhaA. La mappa è contornat in magenta. La frecce bianca mostra i contatti interdimerici tra eliche di dimeri adiacenti.
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Nelle cellule eucariote un gran numero di proteine sono legate alla membrana tramite lipidi legati covalentemente.
Si dividono in tre classi:
Le proteine della superficie cellulare appartenenti alla prima classe come thy-1, fosfatasi alcalina, trealasi, sono ancorate alla superficie esoplasmatica tramite complesso fosfolipidico glicosilato che contiene
N-acetilglucosammina ed inositolo. l trattamento con fosfolipasi C, enzima che rompe il legame fosfato-glicerolo, stacca le proteine dalla superficie cellulare. A questa schiera appartengono diverse proteine coinvolte nei meccanismi di adesione cellulare ed in particolare la caderina, localizzata tra le altre sulla membrana cellulare dei miocardiociti dove oltre ad avere un ruolo nel riconoscimento cellulare importante per la crescita del tessuto potrebbe secondo alcune ipotesi funzionare come spugna del calcio, favorendo così i processi di contrazione miocardica.; Una seconda classe di proteine è ancorata alla faccia citoplasmatica della membrana tramite l’acido miristico, acido grasso saturo a 14 atomi di carbonio (legame ammidico al residuo di glicina presente sull’azoto terminale di queste proteine). Fa parte di questo gruppo la v-src, mutante della c-src; entrambe sono tirosina protein-chinasi (aggiunge gruppi Pi a tirosine di alcune proteine). V-src è una proteina trasformante in quanto determina la trasformazione o cancerogenesi di cellule in coltura, fosforilando altre proteine, solo se è legata alla membrana plasmatica. Infine un terzo gruppo di proteine a cui appartiene la P21 ras, GTPasi monomerica sono ancorate alla faccia citoplasmatica della membrana tramite residuo farnesilico legato con legame tioestere ad un residuo di cisteina localizzato vicino all’estremità
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Come i lipidi di membrana le proteine non passano attraverso il doppio strato ma possono invece ruotare intorno ad un asse perpendicolare al piano del doppio strato (diffusione rotazionale); molte proteine sono capaci di muoversi lateralmente nella membrana (diffusione laterale). La prova diretta di ciò si ebbe nel 1970 tramite un esperimento in cui le cellule di topo vennero fuse artificialmente con cellule umane per produrre cellule ibride (eterocarionti).
Due anticorpi diversi marcati con rodamina o fluresceina, distinguibili al microscopio a fluorescenza furono usati per distinguere proteine umane da quelle di topo. Sebbene inizialmente le proteine umane e quelle di topo fossero confinate nelle rispettive metà dell’eterocarionte appena formato, le due serie di proteine diffondevano e si mescolavano nel giro di mezz’ora.
I valori dei coefficienti di diffusione per le proteine di membrana sono molto variabili, ma variano in genere da 1 decimo ad un 100 dei valori corrispondenti per le molecole fosfolipidiche di una stessa membrana. Questi dati confermano ancora una volta la validità del modello a mosaico fluido proposto da Nicolson nel 1972.
La visione della membrana come un mare lipidico in cui tutte le proteine galleggiano liberamente è una semplificazione eccessiva. Molte cellule sono infatti in grado di confinare le proteine di membrana entro domini specifici del doppio strato continuo di lipidi. Nelle cellule epiteliali intestinali e renali alcuni enzimi o sistemi di trasporto sono localizzati sulla porzione apicale altri su quella basolaterale della membrana plasmatica. Questa separazione avviene solo tra lipidi del monostrato esterno tramite l’esistenza di giunzioni intercellulari le tight junctions. La membrana plasmatica degli spermatozoi consiste in almento tre domini distinti, al di fuori dei quali lipidi e proteine appartenenti ad un domino, non possono diffondere.
Le cellule hanno modi ancora più drastici per impedire la diffusione laterale delle proteine. I grossi aggregati come la molecola di batteriorodopsina diffonde molto lentamente. Un modo ancora più comune per evitare la diffusione è quello di agganciare i complessi proteici al citoscheletro interno
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E’ questo il caso di alcune proteine di membrana dei globuli rossi. L’ Eritrocita ha una forma di disco biconcavo di 7 micrometri di diametro. E’ nella sua forma matura, privo di nucleo. Il citoscheletro sostiene la membrana ed è unita ad essa in molti punti. Due principali proteine integrali sono presenti:
glicoforina e proteine della banda 3 o scambio anionico. La banda 3 è un dimero costituito da 2 catene di 929 aacidi ognuna; il segmento C-terminale di ogni catena è inserito nella membrana plasmatica che attraversa molte volte formando 14 eliche trans-membrana. Il segmento N-terminale si ripiega in filamenti idrosolubili che sporgono nel citosol ed ancorano il citoscheletro alla membrana. I maggiori costituenti del citoscheletro sono le spettrine alfa e beta (bande 1 e 2), i polipeptidi che hanno peso molecolare più alto. Si combinano a formare tetrameri (alfa-beta)2 ; le terminazioni libere dei tetrameri sono tenute insieme da corte catene di actina (banda 5); il filamento di actina è costituito da 13 monomeri di actina ed un filamento di tropomiosina. La proteina della banda 4.1 e l’adducina, altre due proteine del citoscheletro, favoriscon interazione actina – spettrina. Una singola fibra di actina si lega a più molecole di spettrina, costituendo un reticolo. L’ancoraggio alla membrana eritrocitaria avviene tramite l’anchirina che ha due domini: uno si lega strettamente e specificamente ad un sito beta della spettrina vicino al centro del tetramero, l’altro ad un dominio citosolico della banda 3. La proteina della banda 4.1 si lega al domino carbossi-terminale della glicoforina e anche della banda 3. Anche queste interazioni possono contribuire all’unione dello scheletro della spettrina alla membrana. Patologie ereditarie come la sferocitosi e l’ellittocitosi sono determinate da mutazioni geniche. Il difetto si verifica a causa di peptidi anomali di spettrina che si legano male a proteina 4.1 ed anchirina. In altri casi
l’anchirina è difettosa o assente. Tali eritrociti difettosi sono più rapidamente eliminati dalla milza e di conseguenza in questi pazienti si possono verificare anemie.
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E’ ormai accertato che nelle membrane esistono delle zone specializzate, dei microdomini, chiamati raft, in cui predominano alcuni lipidi. Queste zone sono caratterizzate dal non essere solubilizzate da detergenti non-ionici, tanto è vero che hanno acronimi diversi come DRMs (detergent-resistant
membranes) and Digs (detergent-insoluble glycolipid-enriched membrane domains. In alcune zone della membrana, esistono delle regioni le caveole, che sono zone morfologicamente distinguibili come invaginazioni delle membrane plasmatiche, caratterizzate dalla presenza di proteine denominate caveoline. Una delle ragioni per le quali queste regioni della membrana sono attualmente oggetto di studio è che queste possano essere coinvolte nei meccanismi di trasduzione del segnale.
Queste regioni sono ricche di glicosfingolipidi, colesterolo e di proteine che non hanno una forma particolare. La loro dimensione è compresa tra 70 e 300 nm. Oltre a queste molecole nel monostrato esterno sono presenti proteine ancorate al fosfatidil-inositolo. Nel monostrato interno sono invece localizzate proteine tipo Ras, coinvolte nella trasduzione del segnale. Ciò rafforza il concetto che i domini RAFT agiscano come piattaforma per concentrare molecole segnale in una regione particolare della membrana e anche per raggruppare specifiche proteine ancorate al fosfatidil-inositolo. Questi raft non rimangono stazionari nella membrana, ma si muovono lateralmente, e la loro mobilità è fortemente infuenzata dal contenuto di colesterolo della membrana. In particolare la riduzione del colesterolo riduce la mobilità dei raft.
Le caveole sono caratterizzate dalla loro associazione con le caveoline. Queste proteine interagiscono con parecchie molecole segnale nella membrana e costituiscono l’impalcatura per organizzare i preassemblati complessi della segnalazione. Differenti molecole segnalanti sono associate a Digs e caveole. Digs si associano a Ras e molecole correlate a Ras. Domini ricchi di caveoline contengono src, proteine G, protein chinasi C e RhoA.
I lipidi di membrana possono assumere anche delle configurazioni non-lamellari. Questo determina una regione micellare nel piano trasversale della membrana che aumenta lo spessore locale e la curvatura della membrana, in relazione alla morfologia piatta e planare del resto della membrana. L’organizzazione biochimico e fisica dei non-bilayer lipid è differente dagli altri lipidi, in particolare per la grandezza della loro testa polare e delle loro catena acilica. Generalmente, in regioni non a doppio strato, molecole lipidiche con una testa polare più piccola e catene alifatiche più lunghe (fosfatidil-etanolammina) sono
impaccate densamente sul piano laterale, determinando un incremento della curvatura su uno o su entrambi gli strati. Questa alterazione nel doppio strato lipidico esercita una pressione laterale o stress di curvatura, sulle proteine presenti in quella zona, che è stato dimostrato essere essenziale per il
funzionamento della batteriorodopsina e della protein chinasi C. Infatti fosfatidiletanolammnina è stata rinvenuta in strutture cristalline di diverse proteine di membrana.
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E’ ormai accertato che nelle membrane esistono delle zone specializzate, dei microdomini, chiamati raft, in cui predominano alcuni lipidi. Queste zone sono caratterizzate dal non essere solubilizzate da detergenti non-ionici, tanto è vero che hanno acronimi diversi come DRMs resistant membranes) and Digs (detergent-insoluble glycolipid-enriched membrane domains. In alcune zone della membrana, esistono delle regioni le caveole, che sono zone morfologicamente distinguibili come invaginazioni delle membrane plasmatiche, caratterizzate dalla presenza di proteine denominate caveoline. Una delle ragioni per le quali queste regioni della membrana sono attualmente oggetto di studio è che queste possano essere coinvolte nei meccanismi di trasduzione del segnale.
Queste regioni sono ricche di glicosfingolipidi, colesterolo e di proteine che non hanno una forma particolare. La loro dimensione è compresa tra 70 e 300 nm. Oltre a queste molecole nel monostrato esterno sono presenti proteine ancorate al fosfatidil-inositolo. Nel monostrato interno sono invece localizzate proteine tipo Ras, coinvolte nella trasduzione del segnale. Ciò rafforza il concetto che i domini RAFT (ZATTERA) agiscano come piattaforma per concentrare molecole segnale in una regione particolare della membrana e anche per raggruppare specifiche proteine ancorate al fosfatidil-inositolo. Queste zattere non rimangono stazionarie nella membrana, ma si muovono lateralmente, e la loro mobilità è fortemente infuenzata dal contenuto di colesterolo della membrana. In particolare la riduzione del colesterolo riduce la mobilità dei raft.
Le caveole sono caratterizzate dalla loro associazione con le caveoline. Queste proteine interagiscono con parecchie molecole segnale nella membrana e costituiscono l’impalcatura per organizzare i preassemblati complessi della segnalazione. Differenti molecole segnalanti sono associate a Digs e caveole. Digs si associano a Ras e molecole correlate a Ras. Domini ricchi di caveoline contengono src, proteine G, protein chinasi C e RhoA.
I lipidi di membrana possono assumere anche delle configurazioni non-lamellari. Questo determina una regione micellare nel piano trasversale della membrana che aumenta lo spessore locale e la curvatura della membrana, in relazione alla morfologia piatta e planare del resto della membrana. L’organizzazione biochimico e fisica dei non-bilayer lipid è differente dagli altri lipidi, in particolare per la grandezza della loro testa polare e delle loro catena acilica. Generalmente, in regioni non a doppio strato, molecole lipidiche con una testa polare più piccola e catene alifatiche più lunghe (fosfatidil-etanolammina) sono impaccate densamente sul piano laterale, determinando un incremento della curvatura su uno o su entrambi gli strati. Questa alterazione nel doppio strato lipidico esercita una pressione laterale o stress di curvatura, sulle proteine presenti in quella zona, che è stato dimostrato essere
essenziale per il funzionamento della batteriorodopsina e della protein chinasi C. Infatti fosfatidiletanolamina è stata rinvenuta in strutture cristalline di diverse proteine di membrana.
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L’internalizzazione dei ligandi inizia quando per diffusione nella membrana il complesso recettore-ligando si localizza sopra le fossette rivestite; queste poi si separano dalla membrana sotto forma di vescicole rivestite. Nella stessa fossetta rivestita o nella vescicola si possono rintracciare due tipi di ligandi legati a recettori di superficie, la transferrina e le LDL. Il tessuto nervoso ne è particolarmente ricco. Esse possono essere coinvolte nei processi di trasporto di proteine dall’apparato di golgi alla superficie cellulare. Il 2% della superficie cellulare di epatociti e fibroblasti è occupata da fossette rivestite. Dimostrazione al microscopio elettronico delle fasi iniziali
dell'endocitosi mediata da recettore di particelle LDL in fibroblasti in coltura. (a) Una fossetta rivestita; i piccoli punti visibili sopra la stessa rappresentano particelle LDL marcate con ferritina. (b) Una fossetta contenente LDL apparentemente chiusa su se stessa a formare una vescicola rivestita. {c) Una vescicola rivestita contenente
dell'endocitosi mediata da recettore di particelle LDL in fibroblasti in coltura. (a) Una fossetta rivestita; i piccoli punti visibili sopra la stessa rappresentano particelle LDL marcate con ferritina. (b) Una fossetta contenente LDL apparentemente chiusa su se stessa a formare una vescicola rivestita. {c) Una vescicola rivestita contenente