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PARTE TERZA: DIMENSIONI QUANTITATIVE E QUALITATIVE DELLA POVERTÀ Persone in difficoltà ed interventi: i dati dei Centri d’ascolto della Rete Caritas

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Caritas Italiana – Fondazione “E.Zancan” Rassegnarsi alla povertà? Rapporto 2007 su povertà ed esclusione sociale in Italia

PARTE TERZA: DIMENSIONI QUANTITATIVE E QUALITATIVE DELLA POVERTÀ

Persone in difficoltà ed interventi: i dati dei Centri d’ascolto della Rete Caritas Scheda di sintesi

I dati riferiti a 30.453 persone in difficoltà che nel semestre aprile-settembre 2006 si sono rivolte a 264 centri di ascolto della “rete Caritas”, appartenenti a 134 diocesi italiane, consentono di delineare un quadro significativo delle loro principali caratteristiche anagrafiche e socio-economiche, dei loro bisogni, delle richieste formulate e degli interventi effettuati dai centri. E, insieme, dei tratti che in Italia assume un’area di povertà materiale e di esclusione sociale, spesso non intercettata dalle rilevazioni ufficiali.

I due terzi degli utenti rilevati dai centri sono risultati cittadini stranieri (66,7%), in gran parte provenienti dall’Europa orientale (34,1% degli immigrati), in particolare dalla Romania, o dal continente africano, soprattutto dall’Africa settentrionale (18,8%); quasi i due terzi dei cittadini stranieri (65,2%) sono risultati in possesso di permesso di soggiorno o in attesa di riceverlo. Ai centri di ascolto del nord e del centro si sono presentati soprattutto stranieri (70,6% e 78,1%), mentre in quelli del mezzogiorno si è verificata una prevalenza di italiani (54,6%): tale dato è da mettere in relazione soprattutto alla forte presenza di immigrati nelle regioni centro-settentrionali, ma anche alle maggiori difficoltà economiche della popolazione italiana nelle regioni meridionali.

Lavoro, problema più grave

Fra gli utenti italiani si riscontra una maggiore incidenza di problemi familiari dovuti a separazioni e divorzi (19,9%, fra gli stranieri 12,1%). Il livello di istruzione degli utenti italiani è inferiore a quello degli stranieri (solo il 9,8% è risultato in possesso almeno della licenza media superiore, a fronte del 31,6%

di immigrati): tale dato conferma la relazione tra scarso livello di istruzione e povertà, e d’altro canto il fatto che gli immigrati sono generalmente in possesso di bagaglio formativo di un certo livello.

Meno della metà degli utenti stranieri viveva con i propri familiari (46,7%), mentre la maggioranza di essi viveva con conoscenti o soggetti esterni alla propria rete familiare, se non da solo. Ma la percentuale di italiani che viveva stabilmente da solo è risultata quasi doppia rispetto agli stranieri (31,6% contro il 17%). Va inoltre considerato che il 13,9% degli utenti (uno su sette) è risultato in condizioni di grave precarietà abitativa (15,2% di stranieri e 11,6% di italiani).

Tra i problemi riscontrati, il più grave riguarda la condizione lavorativa: due terzi degli utenti sono risultati in situazione di disoccupazione (71,5% di stranieri, 57,6% di italiani). La maggioranza delle persone si sono rivolte ai centri di ascolto per chiedere beni e servizi materiali per far fronte alle necessità quotidiane (47,1% degli italiani, 54% degli stranieri), ma molte persone hanno formulato richieste di sussidi economici (soprattutto tra gli italiani, 24,3%) e lavoro (in particolare gli stranieri, 28,8%). Gli interventi effettuati dai centri sono stati in gran parte corrispondenti alle richieste, tranne che per il lavoro, non essendo né qualificati né abilitati in tal senso. Ma una buona parte degli interventi è consistita in un orientamento ad altre realtà presenti nei territori, più qualificate a fornire risposte adeguate.

I dati rilevati manifestano la persistenza della povertà “classica”, legata alla mancanza di lavoro, all’insufficienza (o alla mancanza) del reddito, alle difficoltà abitative. Si tratta di questioni molto spesso legate profondamente tra loro e che hanno cause in parte diverse, soprattutto a seconda del fatto che la cittadinanza è italiana o straniera.

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