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Socrate (Atene 470/469-399 a.C) non pare essersi mai interessato di Astronomia, ma non ha lasciato

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Socrate

(Atene 470/469-399 a.C)

non pare essersi mai interessato di Astronomia, ma non ha lasciato niente di scritto e il suo pensiero ci è stato tramandato da Platone (Atene 427-348/347 a.C.) suo

discepolo.

I dialoghi platonici (o socratici) vedono spesso Socrate

protagonista, ma non è chiaro

quanto sia egli a parlare o quanto invece sia il pensiero di Platone ad emergere per bocca del

“maestro”.

(2)

Troviamo qualcosa di astronomico nella conclusione del Fedone.

Poco prima di bere la cicuta Socrate pronuncia questo discorso :

Io, prima di tutto, mi sono convinto di una cosa: che se la Terra è al centro 

dell'universo ed è sferica, essa, per non cadere, non ha bisogno né dell'aria, né di alcun  altra forza del genere, ma ciò che basta a reggerla è l'omogeneità costante dell'universo  e il perfetto equilibrio della Terra stessa.Infatti, una cosa equilibrata, posta al centro  di una sostanza omogenea, non potrà mai inclinarsi da nessuna parte, né poco né  tanto ma, risultando essa stessa omogenea, resterà immobile.Prima di tutto, dunque,  di questo sono convinto”.

Giiustamente ,” riconobbe Simmia. [ndA: Simmia di Tebe pitagorico allievo

(3)

Poi,” riprese, “ sono convinto che la Terra sia grandissima e che noi, […] 

non ne abitiamo che una ben piccola parte, abitando in prossimità del Mare,  come formiche o rane intorno a uno stagno; e che molti altri uomini vivono in  molti altri luoghi simili al nostr o .

Infatti, sparse su tutta la Terra vi sono cavità di ogni specie,[...]  nelle quali  si raccolgono l'acqua, la nebbia e l'aria. Ma la Terra vera e propria si libra  pura nel Cielo limpido, dove sono gli Astri, in quella parte chiamata Etere  da coloro che sogliono discutere di queste cose, e ciò che confluisce 

continuamente nelle cavità terrestri non è che un suo sedimento. 

(4)

Noi che viviamo in queste fosse non ce ne accorgiamo e crediamo di abitare in alto  sulla Terra, come uno che stando in fondo al Mare credesse di abitare in superficie  e vedendo il Sole e le altre Stelle attraverso l'acqua, scambiasse il Mare per il Cielo  e non essendo mai riuscito, per inerzia o debolezza, a giungere alla superficie del  Mare, non avesse mai perciò potuto osservare, emergendo dal Mare e sollevando il  capo verso la nostra dimora, quanto essa fosse più pura e più bella della sua, né  avesse sentito mai parlarne da qualcuno che l'avesse vista. 

È quello che capita anche a noi: relegati in qualche cavità della Terra, crediamo di  abitare in alto, sopra di essa e chiamiamo Cielo l'Aria come se essa fosse lo spazio  dove si volgono gli Astri.

Anche per noi è la stessa cosa: per debolezza e inerzia, siamo incapaci di 

attraversare l'aria, fino al limite estremo. 

(5)

Se la nostra natura fosse in grado di sostenerne la vista, noi riconosceremmo  che il vero Cielo è quello, quella la vera Luce e la vera Terra.

Perché questa nostra terra, le sue pietre e tutta quanta la regione che abitiamo,  sono guaste e corrose come lo sono dalla salsedine quelle sommerse dal mare, e  nulla nasce nel mare di cui valga la pena parlare, nulla che sia, per così dire, 

perfetto, bensì vi sono dirupi e sabbie e distese di fango e pantani ovunque, anche  dove c'è terra e, insomma, cose che non si possono per nulla paragonare alle 

bellezze che abbiamo noi. 

Ma, a loro volta, quelle di lassù sono di gran lunga superiori alle nostre.

E se è veramente bello narrare una favola, varrà la pena ascoltare, Simmia, come 

sono le cose sopra la Terra, appena al di sotto del Cielo.”

(6)

“Ecco, amico mio, per prima cosa si dice che questa vera Terra, a chi la guardi  dall'alto, appare come una di quelle nostre palle di cuoio, divise in dodici spicchi,  dai colori diversi, a cui somigliano appena quelli che di solito usano quaggiù i  pittori. 

E si dice che quella Terra lassù, è tutta dipinta con questi colori, ma molto più  luminosi e più puri dei nostri. 

Infatti, ora è purpurea, di una meravigliosa bellezza, ora è color dell'oro o tutta 

bianca, più bianca del gesso e della neve, e gli altri colori di cui è composta sono 

assai più numerosi e più belli di quanti noi mai ne abbiamo visti…”

(7)

Nelle parole di Socrate (che ho sottolineato) cogliamo 2 riferimenti importanti:

Il primo è al mito della Caverna (illustrato nel Libro VII de La Repubblica) :

L' idea è eterna, universale e definita, le cose materiali corrispondenti

per Platone il nostro mondo (quello che vediamo) è soltanto un riflesso

(o un'ombra) delle idee che costituiscono la realtà.

(8)

La realtà pertanto non si può conoscere attraverso i sensi, ma solo con la mente che non deve essere distratta dai fenomeni naturali che sono imperfetti e temporanei.

La vera conoscenza è razionale; l'esperienza del mondo sensibile è soltanto uno strumento per risvegliare alla prima, che è innata data la universalità ed eternità del suo soggetto.

Il secondo è al dodecaedro come forma caratteristica associata all'universo.

Il dodecaedro è uno dei 5 solidi platonici (quello preferito da

Platone).

(9)

l solidi platonici sono poliedri convessi regolari le cui facce sono dei poligoni regolari congruenti e per i quali tutti gli spigoli e tutti i vertici sono equivalenti.

Solo il triangolo equilatero il quadrato e il pentagono possono essere le

facce di un solido platonico e si può dimostrare che i solidi platonici non

possono essere più di 5.

(10)

Nel Timeo, Platone affronta il problema delle origini e del funzionamento del Cosmo.

Per voce di Timeo (filosofo pitagorico di Locri del V sec a.C.di cui si sa talmente poco che si dubita persino che sia realmente esistito) egli

formula l’ ipotesi che la materia sia composta da 4 particelle fondamentali aventi la forma dei primi 4 poliedri regolari e corrispondenti ai 4 elementi tradizionali.

Al tetraedro avente 4 facce in forma di triangolo

equilatero è associato il fuoco

(11)

All esaedro (il cubo) aventi 6 facce di forma quadrata è associata la terra.

All'ottaedro aventi 8 facce a forma di triangolo equilatero è associata

l'aria.

(12)

All'icosaedro aventi 20 facce a forma di triangolo equilatero è associata l'acqua.

Al dodecaedro aventi 12 facce a forma di pentagono è associato l’etere

o quinta essenza.

(13)

Chi ha assegnato queste forme alla materia è stato il Demiurgo (divino artefice) mediatore fra mondo delle idee e mondo delle cose,.

Il Demiurgo ha plasmato e ordinato la materia preesistente, puro caos e necessità ( νάγκη), ad immagine e somiglianza delle idee.

Per fare questo ha utilizzato i numeri, mediatori tra la realtà mutevole e quella eterna, e ha dato vita al Cosmo attraverso un'anima del mondo.

Ed alla terra diamo la figura cubica, appunto perchè fra le quattro specie la terra è  la più difficile a mettersi in moto, ed è fra tutti i corpi il più plasmabile, ed infatti  è assolutamente necessario che tale sia quel corpo che ha le basi più salde [….]  E  dunque, attribuendo questa forma alla terra, ci manterremo sul piano della 

verosimiglianza, così come attribuendo all'acqua la forma meno mobile, la più 

mobile al fuoco ed all'aria quella intermedia fra queste due […] 

(14)

D'altra parte, fra tutte queste figure, quella che ha il minor numero di basi è  naturale che abbia la proprietà di essere quanto mai mobile, perchè è la più  tagliente ed in ogni sua parte la più acuta di tutte, non solo, ma è la più  leggera poichè è costituita del minor numero delle medesime parti. E così la  seconda di queste figure possiede in secondo grado tutte queste qualità di cui  abbiamo parlato per la prima, e in terzo grado la terza. Ne segue, dunque, 

logicamente e verisimilmente, che la figura solida della piramide sia elemento e  semenza del fuoco (tetraedro), mentre la seconda, in ordine di generazione,  diciamo che sia l'elemento dell'aria (ottaedro), terza quello dell'acqua 

(icosaedro). Certo, tutte queste figure bisogna concepirle tanto piccole che 

nessuna delle singole parti di ciascuna specie, appunto per la sua piccolezza, 

possa essere veduta da noi, mentre, agglomerandosene molte insieme, si vedono 

le loro masse. Quanto poi ai rapporti matematici relativi ai loro numeri, ai loro 

movimenti e a tutte le altre loro proprietà, Dio dopo avere ovunque compiuto 

queste cose esattamente, nella misura in cui la natura della necessità si lasciava 

spontaneamente persuadere, le unì tutte in proporzione e armonia. [...], 

(15)

Il Demiurgo ha poi creato il tempo, immagine mobile dell'eternità, e gli astri, che sono dèi visibili.

A queste divinità create ha attribuito il compito di forgiare i corpi delle creature mortali; in questo modo il Cosmo è stato creato nella miglior maniera possibile per un mondo in divenire.

A questo proposito è interessante l'affermazione che essendo il

Cosmo soggetto al divenire le conclusioni a cui si giungerà su di esso non saranno certe ma probabili.

Per Platone quindi le stelle erano esseri viventi divini ed eterni e Colui che aveva creato il mondo (il Demiurgo) aveva dato loro forma visibile fatta principalmente di fuoco.

La cosmologia di Platone (moto di stelle sole e pianeti) è abbastanza

difficile da comprendere. Il problema principale che il filosofo si pone e

(16)

Il suo modello a due sfere (una in

rotazione da est a ovest per il moto diurno del sole e delle stelle, l'altra in rotazione da ovest a est per il moto annuo del sole e dei pianeti) non riesce a giustificare il moto retrogrado dei pianeti.

Platone ritiene che il moto dei pianeti sia apparenza che riflette una diversa

sostanza, ossia che esista un sistema complesso di sfere (rappresentanti

l'immutabilità del moto e dell'universo) che producano l'effetto che si osserva ovvero il moto disordinato dei pianeti.

Così almeno scrive, Simplicio (filosofo e matematico bizantino 490-560) nel suo commento al De Caelo di Aristotele, a proposito di una richiesta che Platone avrebbe fatto agli astronomi greci :

Partendo dal fatto che c'è qualcosa che uniforma e ordina i movimenti, possono

Il moto retrogrado dei pianeti si deve al fatto che dalla Terra, in moto essi (Marte in figura) paiono

(17)

Eudosso di Cnido (408-355 a. C. circa)

Si tratta di un sistema complesso in cui ad ogni pianeta viene assegnato un discepolo di Platone fu il primo a elaborare in un modello concreto la richiesta che Simplicio attribuisce a Platone.

(Eudosso non ha lasciato nulla di scritto e le informazioni sul suo modello provengono

oltre che da Simplicio da quanto scrive Aristotele nella Metaphysica)

(18)

La Terra è immobile al centro dell’Universo.

La sfera più esterna è quella delle stelle fisse e si muove di moto circolare uniforme.

Gli altri corpi celesti sono localizzati su 7 gruppi di sfere: 3 per il Sole, 3 per la Luna, 4 per ciascuno dei cinque pianeti, per un totale di 27 sfere.

Con la combinazione di tutti questi moti circolari si ottengono traiettorie che paiono in grado di

descrivere il moto reale dei corpi celesti .

Le sfere sono tutte concentriche e ciascuna di

esse, all’interno del proprio gruppo, ruota intorno a

un asse differente. Il corpo celeste relativo ad un

gruppo è fissato alla sfera più interna (cfr. esempio

nell'immagine qui accanto) e partecipa alla rotazione

di tutte le sfere del gruppo.

(19)

Il modello di Eudosso costituisce il primo tentativo di rappresentare matematicamente il complesso moto dei pianeti.

Callippo di Cizico (370- 300 a.C. circa), allievo di un allievo di Eudosso, modificherà il sistema aggiungendo altre 7 sfere (2 per il Sole e per la Luna e 1 ciascuna per Mercurio, Venere e Marte) .

Simplicio afferma che le sfere aggiuntive per il Sole e per la Luna avevano lo scopo di correggere le anomalie

(ossia le variazioni di velocità angolare). La variazione di velocità, apparente annuale del Sole si deve al fatto che l’orbita della Terra non è

circolare ma ellittica e che la Terra si sposta più

rapidamente al perielio che

(20)

La stagione fredda dell’emisfero boreale (autunno ed inverno) è più breve di circa 7 giorni di quella calda (primavera ed estate) per lo stesso emisfero, in quanto la Terra si trova più vicina al perielio. La situazione è inversa per l’emisfero australe e sarà inversa anche per quello boreale tra 13 000 anni.

Callippo si era accorto di questa “anomalia” perché aveva misurato con precisione la durata delle diverse stagioni.

La variazione di velocità angolare della Luna si deve invece alla complessa interazione gravitazionale tra essa Il Sole e la Terra.

A Callippo si deve anche la definizione del ciclo che porta il suo nome (ciclo callippico) un periodo di 76 anni di 365.25 giorni ciascuno corrispondenti a 940 mesi lunari.

A proposito di cicli abbiamo visto che i babilonesi utilizzavano uno schema per i mesi intercalari, ossia i mesi che dovevano aggiungere ogni tanto per far sì che il calendario lunare di 354 giorni (29x6+30x6= 354) tornasse ad essere in fase col calendario solare, che si fondava su di un ciclo di 19 anni solari

(corrispondenti con buona approssimazione a 235 mesi lunari).

La scoperta di tale ciclo è attribuita a Metone, astronomo e matematico vissuto

ad Atene nel V secolo a.C. (il ciclo Metonico).

(21)

Aristotele

(Stagira 384- Calcide 322 a.C)

(22)

Allievo di Platone. Sviluppò i propri concetti sul mondo secondo linee meno spirituali.

Mentre per Platone le Idee rappresentano la realtà e i fenomeni visibili soltanto una loro “rappresentazione” per Aristotele la vera realtà è data dai fenomeni in cui le Idee si manifestano secondo la loro essenza.

I fenomeni sono soggetti a variazione ma le idee (la loro essenza) restano invariate e spetta alla scienza e alla filosofia riconoscerle avvalendosi della capacità di astrazione della mente umana.

I concetti astratti sono desumibili

dall'osservazione attenta

dei fenomeni naturali.

(23)

I l basso assoluto corrisponde al Centro dell’universo, pertanto il pianeta Terra, composto principalmente di terra e acqua può trovarsi solo in quella posizione.

Negli strati dove aria e fuoco sono mescolati i vapori si uniscono e quando prendono fuoco assumono la forma di comete e meteore.

Il moto dei corpi celesti non è rettilineo e finito ma circolare immutabile ed eterno e per questo motivo essi stessi devono essere eterni inalterabili e divini.

Non sono composti dei 4 elementi ma di un quinto (l'etere o quinta essentia) il cui dominio si estende fino alla Luna sotto cui si trova una regione mista (sub lunare) da cui inizia il mondo dei 4 elementi

L'etere è

privo di massa, invisibile, incomposto, ingenerato, eterno, inalterabile e avente

movimento circolare, sempre uguale a se stesso, lo stesso moto impresso alle

(24)

Per Aristotele la Terra è al centro intorno ad essa si trovano in successione le sfere dell’acqua, dell’aria e del fuoco. La sfera dell’etere racchiude le sfere dei quattro elementi.

Il fine ultimo verso il quale tende l’intero Universo è Dio, dal quale dipendono l’ordine e il movimento del cosmo.

Dio è il primo motore immobile, principio primo causa di tutti gli altri movimenti e non mosso da altro.

L'universo è finito e sferico. Deve essere finito perché se fosse infinito uno degli elementi che lo compone dovrebbe essere infinito e non vi sarebbe spazio per gli altri. Inoltre i suoi moti circolari (stelle fisse) sono su un cerchio e il cerchio non può essere infinito, infine l'infinito non ha centro mentre l'universo lo ha (la Terra).

C'è un ulteriore giustificazione a sostegno di un universo finito: ciò che è finito e

limitato è compiuto e perfetto, ciò che è infinito è incompiuto perchè ad esso si

può sempre aggiungere qualcosa.

(25)

L’opera in cui Aristotele descrive il suo modello di Universo è il De Caelo (quattro Libri) scritta nel 350 a.C.

L'Universo è per lui a simmetria sferica ordinato in sfere e gusci attorno al centro (la Terra) e le uniche forme di moto sono circolari attorno al centro o rettilinee verso l'alto (lontano dal centro) o verso il basso (in direzione del centro).

É la forma sferica stessa della Terra a richiedere che sia sferico e chiuso

anche l'Universo perchè se così non fosse come potrebbe la Terra restare ferma immobile nel suo centro?

Anche Aristotele assume che i 4 elementi fondamentali terra, acqua, aria e

fuoco, (disposti l'uno sull'altro) costituiscano la parte terrestre del mondo e poichè ciascuno di essi vuole tornare al proprio luogo naturale il movimento naturale degli elementi pesanti (terra e acqua) è verso il basso quello degli elementi leggeri (aria e fuoco) verso l'alto.

La gravitas è maggiore per la terra che per l’acqua mentre la levitas è maggiore

per il fuoco che per l’aria per cui la terra tende a stare sotto l’acqua e il fuoco a

(26)

Il Cosmo è composto dal cielo, il cui movimento produce il giorno e la notte.

All’interno di esso sono le sfere concentriche degli astri erranti nell’ordine a partire dalla Terra, immobile al centro del mondo, sono il cielo della Luna, di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove e di Saturno che si muovono di moto circolare uniforme intorno all’asse del mondo e che sono costituiti da etere.

Sole Luna pianeti e stelle sono anch'essi sferici.

Aristotele assume il modello di Eudosso-Callippo, ma mentre per loro le sfere ruotanti erano figure geometriche senza alcun significato fisico, per Aristotele diventano gusci cristallini reali.

Il movimento viene impresso dalla sfera celeste più lontana (quella delle stelle fisse) il primo motore a tutte le altre. Alle 33 sfere di Callippo (4 per Saturno e

Giove, 5 per Marte,Venere, Mercurio Sole e Luna) Aristotele ne aggiunge 22 (con movimento a ritroso).

Il modello di Aristotele è una costruzione caratterizzata da un aspetto più teoretico

che pratico e non può essere utilizzato per calcolare le posizioni attese dei pianeti.

(27)
(28)

Grazie ad Eudosso e ad Aristotele, il sistema astronomico geocentrico ebbe il sopravvento, soffocando le intuizioni eliocentriche che non erano mancate in ambiente pitagorico.

Eraclide Pontico (nato ad Eraclea Pontica nel 385 a.C. ed emigrato ad Atene ove visse fino alla morte avvenuta nel 322 a.C., dove fu probabilmente

discepolo di Platone), per spiegare il moto diurno dei cieli, pensò ad un moto della Terra intorno al proprio asse da occidente ad oriente.

Eraclide a cui si attribuisce (anche se oggetto di controversia) la

teorizzazione di un movimento di Venere e di Mercurio intorno al Sole (per giustificare la loro apparente

oscillazione attorno all'astro), non era un caso isolato .

La rotazione della terra attorno al proprio asse era stata ipotizzata anche da due pitagorici vissuti a

Siracusa, Ecfanto (IV secolo a.C.) e

(29)

Aristarco di Samo (310 -230 a.C.)

Sostenne che il Sole e le stelle erano fermi e la Terra (e i pianeti) compivano movimenti di rivoluzione circolari attorno al Sole.

Affermò, inoltre, che la Terra ruotava attorno ad un proprio asse inclinato rispetto alla

perpendicolare al piano dell'orbita (così da giustifcare l'alternarsi delle stagioni).

Di questa sua intuizione tuttavia restano solo

frammenti di citazioni fatte da autori successivi

(fra di essi anche Archimede).

(30)

Archimede

(Siracusa 287 - 212 a.C. ca)

Archimede sostenne che gli oppositori di Aristarco obiettavano che se la Terra fosse stata in movimento la posizione delle stelle fisse avrebbe dovuto cambiare nel corso dell'anno e che Aristarco affermava che questo non avveniva perchè le stelle sono molto più distanti da noi di quanto lo sia il Sole.

Archimede (ritratto con le sembianze

(31)

(1 U . A .∼150 000 000 km)

α β

Dalla figura si vede che la tg(a) è pari al rapporto fra la distanza media Terra Sole (1 Unità

Astronomica, 1 U.A.) e la distanza del Sole dalla stella

(a sinistra) (a destra)

β

(32)

1 a .l .=9.46110

12

km299792.5 km/ s×365.25 g×86400 s/ g tg a=150 10

6

/(3.3×9461×10

9

)= 4.8×10

−6

180

0

: π=x

0

:1 → x

0

=180

0

/π → x ' '=180×3600/ π

Da cui si trova che 1 radiante corrisponde a 57.3° circa o a 206264.8”

nel caso di piccoli angoli vale l'approssimazione tg a≃sin a≃a

e il valore ricavato per la tg a corrisponde ad un angolo a

di 0.99” ossia inferiore a 1”

(33)

Di Aristarco è pervenuta una sola opera: il trattato Sulle distanze e dimensioni del Sole e della Luna.

La misura di Aristarco segna un punto di svolta importante per l'astronomia: la possibilità di ottenere dalle osservazioni la distanza dei corpi celesti.

Quando la Luna è illuminata per metà l'angolo fra Terra Luna e Sole è retto, pertanto misurando l'angolo LTS si può dedurre per differenza (la somma degli angoli di un triangolo è 180°) l’angolo TSL e utilizzando la trigonometria (TL/TS = sen TSL) derivareTS in funzione di TL.

(All’epoca di Aristarco la trigonometria non esisteva ancora ed egli utilizzò un metodo basato su delle approssimazioni

successive).

Aristarco sbagliò, comprensibilmente, la misura di LTS (trovò un valore di 87°

mentre in realtà esso è pari a 89° 51'). Poiché il sen(3°) è circa 0.0523, il Sole

risultò 19 volte più lontano della Luna, mentre col valore giusto dell’angolo (9’)

(34)

e di conseguenza sbagliò anche la misura del rapporto dei diametri di Sole e Luna che stabilì essere uguale al rapporto delle distanze (19) avendo Sole e Luna all'incirca lo stesso diametro apparente (32' il Sole e 31.8' la Luna, valori medi).

Aristarco determinò anche il rapporto fra il diametro della Terra e del Sole con una procedura molto complicata, basata sull'ombra della Terra proiettata sulla Luna durante l'eclissi di Luna ma inficiata comunque

dall'errata stima delle distanze e dei diametri veri di Sole e Luna.

(35)

Unico sostenitore del sistema eliocentrico di Aristarco (nell' antichità fu Seleuco di Selucia (190 150 a.C. ca) che aveva anche individuato nei movimenti relativi di Terra e Luna la spiegazione del fenomeno delle maree.

Anche di questo filosofo-astronomo non sono pervenute le opere originali ma solo scarsi

riferimenti ai suoi studi da parte di Plutarco, Aezio (filosofo greco vissuto nel II sec. a.C.) e Strabone.

Quest'ultimo definisce Seleuco uno degli astronomi

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