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LE POSSIBILI COMPLICANZE DEI TRAUMI IN GRAVIDANZA: CONSIDERAZIONI E VALUTAZIONI MEDICO LEGALI. Descrizione di un caso clinico.

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TAGETE 3 -2013 Year XIX

ISSN 2035 – 1046

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LE POSSIBILI COMPLICANZE DEI TRAUMI IN GRAVIDANZA: CONSIDERAZIONI E VALUTAZIONI

MEDICO LEGALI.

Descrizione di un caso clinico.

POSSIBLE COMPLICATIONS OF TRAUMA IN PREGNANCY: MEDICAL LEGAL CONSIDERATIONS

AND EVALUATIONS.

Description of a clinical case.

Angelo Porrone 1

ABSTRACT

Una delle principali cause non ostetriche di mortalità e morbilità materna e fetale in gravidanza è data dai traumi addominali, specie conseguenti ad incidenti stradali.

In tal caso le più gravi e frequenti complicanze dei traumi sono soprattutto date dal distacco placentare, in larga prevalenza, ovvero dal parto pretermine e dalla rottura anticipata delle membrane, oltre alla menzionata possibile morte fetale e a quella materna.

Fra gli eventi lesivi esterni spiccano, per incidenza, ovvero gravità e numerosità, sicuramente i traumi della strada.

Il presente lavoro scientifico vuole essere un contributo di conoscenza sull’importante problema in questione, da affrontare, principalmente sotto il profilo della dimostrazione del nesso di causalità materiale e della valutazione medico legale conseguente.

Viene anche riportato, a mero titolo esemplificativo, un caso clinico di presumibile distacco placentare e di parto prematuro, da rottura anticipata delle membrane, nel terzo trimestre di gravidanza, verosimilmente collegabili alle conseguenze traumatiche di un incidente stradale da poco occorso.

1 Angelo Porrone - Coordinatore Medico Centrale – Responsabile U.O.C. Area Studi, Ricerca e Procedure Medico Legali – Coordinamento Generale Medico Legale INPS - Roma

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INTRODUZIONE

Il tema dei traumi in gravidanza è di estrema attualità vista l’alta incidenza degli incidenti stradali, con possibili gravi conseguenze a carico sia del feto che della madre, soprattutto nel terzo trimestre di gravidanza e specie dopo la 20^

settimana di gestazione.

Interessanti spunti di conoscenza sull’argomento dei traumi in gravidanza si possono trarre da un articolo emblematico dal titolo “Trauma and Pregnancy” di S. D.

Schwaitzberg, tratto dal sito web di internet emedicine.medscape.com, aggiornato al 05 giugno 2013.

I traumi, sia legati a fatti violenti, in generale, che ad incidenti stradali, rappresentano una comune quanto rilevante complicanza nel corso della gravidanza, potendo verificarsi dal 5 al 20 % di tutte le gravidanza, secondo i vari autori.

In casi estremi gli stessi possono portare a morte la madre con il prodotto del concepimento ovvero provocare gravi complicazioni sul normale decorso della gravidanza.

In base a recensioni risalenti al periodo 1986 – 89, fattori ostetrici diretti e indiretti, non traumatici, avevano provocato, su una casistica di 95 casi osservati, la morte materna nel 31,5 % dei casi.

I traumi avevano invece provocato la morte materna in ben il 46,5 % dei 95 casi considerati, con un 34 % delle morti traumatiche dovuto ad incidenti, un 57

% dovuto ad omicidi e un 9 % dovuto a suicidi.

Riguardo al meccanismo di danno della percentuale delle morti materne da trauma, era possibile rinvenire, nell’ordine:

• un 23 % legato a ferite da arma da fuoco;

• un 21 % dovuto ad incidenti stradali;

• un 14 % conseguente a ferite da armi bianche;

• un 14 % legato ad uno strozzamento;

• un 9 % dovuto a trauma cefalico;

• un 4 % collegabile a cadute;

• un 4 % per esposizione a sostanze tossiche;

• un 2 % ad annegamento;

• un 9 % ad altre cause traumatiche.

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In un altro studio effettuato presso la città di New York nel periodo 1987 – 91 le donne incinte morte per evento traumatico avevano un’età compresa fra 15 e 44 anni con una prevalenza di omicidi, 63 %, poi di suicidi, 13 %, poi di incidenti stradali, 12 %, e infine di abuso di sostanze stupefacenti, 7 %.

In uno studio più recente, effettuato presso il dipartimento di emergenza di un Ospedale di Miami, risultava, invece, che gli incidenti stradali erano responsabili del 72 % delle morti materne e le ferite penetranti erano a loro volta responsabili del 18 – 19 % delle morti materne.

Lo scopo inziale del trattamento delle gestanti subito dopo il trauma è la loro stabilizzazione clinica.

L’uso di cinture di sicurezza è associato ad una mortalità inferiore.

Il trattamento varia sicuramente fra donne gestanti e non gestanti.

La terapia deve tenere conto di un bilanciamento fra le esigenze materne e quelle fetali in corso di gravidanza.

Quando si rende necessario un intervento chirurgico, diventa difficile stabilire se le conseguenze sul feto derivano dal trauma subito o dal conseguente intervento chirurgico che è necessitato.

Una prima differenza che si pone fra donne gestanti e donne non gestanti sono i diversi valori, fisiologici, di laboratorio e cardiovascolari, che si riscontrano in gravidanza.

Poiché si incrementano le esigenze di ossigeno in gravidanza, la volemia aumenta del 30 – 35 %, con un diverso adattamento nei vari organi.

Pertanto una perdita di sangue e di volemia in corso di gravidanza rappresenta una sfida della fisiologia materna in caso di trauma emorragico.

In un soggetto normale è possibile adattarsi anche da un perdita ematica del 15 – 20 %, fino a 1200 ml di sangue.

Più difficile appare l’adattamento in gravidanza.

Come partecipanti della risposta compensativa della madre ad una perdita di sangue, il flusso uterino si può ridurre del 10 – 20 %.

La vasocostrizione materna si traduce in una ipossia.

La fisiopatologia respiratoria risponde con una iperventilazione all’ipossiemia.

Anche la funzione renale subisce degli adattamenti in gravidanza, con un incremento del flusso di plasma renale e un tasso di filtrazione glomerulare aumentato.

In gravidanza si verifica un aumentato rischio di embolia polmonare che è una causa importante di morte materna.

Tale aumento di rischio trombotico è legato sia alla stasi venosa che all’ipercoagulazione in corso di gravidanza.

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Infatti l’utero allargato comprime la vena cava e triplica la pressione venosa agli arti inferiori.

Nausea, vomito e stipsi, quest’ultima legata al progesterone, sono comuni in gravidanza.

Le necessità metaboliche subiscono un incremento in gravidanza.

Le necessità di anestetici in gravidanza decrescono, mediamente del 40 % per l’incremento del volume minuto ematico cerebrale.

I fattori predittivi di morbilità fetale in caso di trauma materno o chirurgico sono legati al rischio di ipossia mortale, al rischio infettivo, agli effetti dei farmaci e al rischio di parto pretermine.

La morte fetale si può verificare in qualsiasi età gestazionale ed è di solito legata all’ipossia fetale.

In particolare il calo dell’ematocrito materno superiore al 50 % e il calo della pressione materna del 20 % o anche una PaO2 materna < 60 mm Hg, con una saturazione di ossigeno < 90 %, provoca un’ipossia fetale con acidosi molto pericolose per la vitalità del feto.

IL più importante fattore di rischio chirurgico per il feto è rappresentato dal parto pretermine.

Il parto pretermine prima della 23^ settimana di gestazione determina la morte del feto.

In un centro perinatale di 3° livello la sopravvivenza in tal caso varia fra il 25 e il 27 %, mentre alla 28^ settimana di gestazione varia fra il 60 e il 90 %.

Dopo la 28^ settimana di gestazione i tassi di sopravvivenza vanno progressivamente migliorando.

Lo stato di salute di un bambino a termine è nettamente migliore di quello di un neonato pretermine.

La nascita pretermine che non si svolga in reparti attrezzati di ostetricia e di neonatologia raddoppia o triplica il rischio di disabilità nel tempo.

La più probabile causa di parto pretermine in un trauma materno è legata al distacco di placenta indotto dal trauma, anche se sono anche possibili altre eziologie.

Il parto pretermine può dipendere da una causa patologica addominale o da una malattia generale non ostetrica ovvero da una trauma o da un’infezione.

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La diagnosi e il trattamento del parto pretermine possono costituire un serio problema clinico.

L’ecografia deve essere accurata per diagnosticare un distacco placentare e prevenire il rischio di complicanze fetali.

Il rapporto degli atti chirurgici sull’interruzione di gravidanza è controverso, anche rispetto alla tolleranza all’anestesia.

In caso di anestesia parrebbe essersi incrementato il rischio di aborto di un tasso di 1,58.

Un intervento chirurgico nel primi trimestre, secondo uno studio condotto su 3000 gestanti, non comporterebbe un aumentato rischio di aborto.

Dopo 13 settimane di gestazione gli organi fetali sono completi ed è minimo il rischio di malformazione embrionale.

Dopo 24 settimane di gestazione, per la dilatazione dell’utero e il ridotto ritorno venoso, da compressione della vena cava, si incrementa il rischio di ipotensione materna.

Dopo un trauma occorso la feto occorre fare una valutazione appropriata delle possibili conseguenze.

Un trauma severo può comportare la morte fetale o una seria morbilità.

Un trauma di minore intensità può provocare, nei primi due trimestri, un aborto, un parto pretermine, a seconda dell’età gestazionale, ovvero un basso peso alla nascita.

La valutazione del feto continua, ossia il monitoraggio, si esercita con la registrazione di almeno 10 movimenti fetali ogni 12 ore, in assenza di ulteriori segni di stress fetale.

Nella fase acuta post traumatica va fatto anche il monitoraggio delle contrazioni uterine.

Una laparotomia esplorativa in caso di trauma è sconsigliabile in ogni caso e nel primo trimestre un minimo gemizio sanguigno non èpatologico ma legato alla presenza del corpo luteo.

Un incidente stradale può essere causa di trauma diretto in corso di gravidanza.

Nel caso di trauma di minore intensità il rischio di conseguenze sul feto è minimo.

In caso di danno severo da trauma, è possibile un’incidenza della mortalità fetale pari ad oltre il 7 %, con un danno possibile incidente per circa il 14 % dei casi.

Il rischio maggiore si verifica per traumi subiti fra la 20^ e la 27^ settimana di gestazione.

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La gestione delle donne in gravidanza dopo un trauma deve essere affidato a centri ospedalieri dotati adeguatamente per fare fronte alle esigenze diagnostiche e alle emergenze ostetriche e neonatali.

I parametri vitali vanno attentamente monitorati specie in donne in stato di incoscienza.

L’ecografia deve confermare la vitalità del prodotto, l’età gestazionale e la posizione fetale e placentare.

Una bradicardia fetale, < 120 battiti / minuto, può essere dovuta sia ad ipovolemia materna che ad ipossia materna, ovvero a distacco placentare o da ultimo, a rottura dell’utero.

In un politraumatismo con sospetto di trauma addominale chiuso occorre procedere ad un lavaggio peritoneale, per la possibile presenza di emoperitoneo.

La laparotomia esplorativa trova indicazione in caso di positività del lavaggio, o per rigonfiamento addominale accompagnato da riduzione dell’ematocrito o in caso di ferite aperte addominali.

L’incidenza della violenza nelle donne incinte in USA è pari al 5 – 20 %, secondo i vari studi condotti.

Basso peso alla nascita si riscontra in donne con tossicodipendenza.

Il parto pretermine appare più frequente nelle donne che avevano subito delle violenze rispetto alle donne che non ne avevano subite.

La soluzione al caso in cui la ferita penetrante comporti un danno permanente per l’utero e una sofferenza fetale e il feto si trovi almeno alla 25^ settimana di gestazione l’unica soluzione è il taglio cesareo, specie se i polmoni fetali mostrano segni di maturità.

In caso contrario in cui il liquido amniotico risulti chiaro e il monitoraggio fetale risulti nella norma, in presenza di feto con polmoni immaturi è preferibile riparare l’utero e assumere un atteggiamento conservativo.

In caso di gestazione < 25 settimane è preferibile nella gran parte dei casi, un trattamento conservativo, ove possibile.

In caso di ustione della madre > 60 % la mortalità fetale è pari a circa il 50 %.

Più specifico riguardo al tema trattato appare poi un articolo dal titolo “Injuries to pregnant occupants in Automotive crashes” di K. DeSantis Klinich et al, tratto da internet, www-nrd.nhtsa.dot.gov, Paper presented at: Annual Conference of the Association for the Advancement of Automotive Medicine; October 5-7, 1998;

Charlottesville, Va. Abstract 98-SP-P-17.

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In caso di incidente stradale durante la gravidanza si possono verificare, nell’ordine, il distacco placentare, la rottura o la lacerazione dell’utero, o anche una lesione traumatica diretta fetale.

I meccanismi e le caratteristiche di queste lesioni sono descritte nella letteratura di settore.

I traumi si possono verificare in genere, nel 10 – 20 % delle gravidanze e in una piccola parte dei casi può determinarsi la morte fetale e di queste solo quelle con età gestazionale > 20 settimane vengono codificate ed entrano a far parte dei dati epidemiologici.

Considerando l’estrema frequenza degli incidenti stradali, si può stimare che negli USA si verifichino fra 1500 e 5000 perdite fetali da questi cagionati.

Spesso la conseguenza per il feto non è la morte ma la disabilità.

La grandezza di un utero in gravidanza dipende più dalle dimensioni del feto che da quelle della madre.

La placenta, in particolare, è un organo vascolarizzato all’interno dell’utero che serve a scambiare ossigeno, sostanze nutrienti fra madre e feto. Le misure variano fra i cm 2 e 2,5 nell’ultimi trimestre di gravidanza.

La placenta si attacca all’utero con i microvilli.

Sempre nell’ultimo trimestre di gravidanza la testa del feto è posizionata verso il basso nel 95 % dei casi.

In caso di incidente stradale, nel 93 % delle situazioni cliniche il trattamento è medico.

I dati della letteratura si riferiscono a gravidanze con età gestazionale > 20 settimane.

Il distacco placentare rappresenta la più comune causa di perdita del feto.

Si verifica fra l’1 e il 5 % con traumi di minore severità durante la gravidanza e fra il 20 e il 50 % con traumi di maggiore intensità.

Il distacco placentare interrompe l’apporto di ossigeno e sostanze nutritive al feto.

Il distacco parziale si può anche verificare e la possibilità che la gravidanza prosegua fino al termine dipende dal grado di separazione placentare dall’utero.

Il buon esito del distacco placentare appare indipendente dalla localizzazione della placenta.

Molti sono i meccanismi di distacco della placenta.

Importanti invece appaiono la posizione di carico e la natura del carico dell’impatto rispetto alla localizzazione della placenta.

Così molti distacchi possono dipendere dalla velocità del veicolo di impatto, dall’esplosione dell’airbag e dalla sua direzione rispetto alla madre, o anche dalla compressione contro lo sterzo.

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Il distacco placentare può anche conseguire alla differente accelerazione subita dalla placenta rispetto all’utero.

Vari meccanismi possono comprendere il carico inerziale, il carico diretto al feto, la trazione con deformazione placentare o altre modalità di forze agenti di taglio.

Le lesioni possono riguardare la placenta o l’interfaccia placenta / utero.

L’impatto può essere frontale, laterale o multiplo, con una diversa intensità.

In uno studio di 69 casi di distacco placentare, 42 casi implicavano un distacco completo placentare, 15 casi un distacco parziale, 8 casi dimostravano una lacerazione della placenta e 4 casi un danno placentare senza distacco o lacerazione.

Quando la madre è sopravvissuta il feto è morto in 56 casi.

In 22 casi si è verificato un danno fetale diretto.

In 48 casi di distacco placentare su 69 la donna era priva di cintura di sicurezza.

Questi risultati dimostrano che le lesioni placentari possono verificarsi anche in donne incorse in incidenti stradali incinte, correttamente cinturate, ma anche che evitare l'uso della cintura durante la gravidanza può significativamente incrementare il rischio di distacco di placenta e la successiva perdita fetale in un incidente.

La scheda che riporta tutti i dati riferiti alle 69 gestanti con distacco placentare mette in risalto che il distacco placentare si può verificare più facilmente nelle ultime settimane di gravidanza o verso il termine della stessa, con una netta progressione dal 5° al 9° mese di gravidanza, con 5 casi al 5°

mese e 21 casi riportati di distacco al 9° mese.

Altri eventi dovuti al trauma in grado di provocare sofferenza o morte fetale sono collegabili a lesioni uterine e lesioni dirette fetali.

Altra evenienza e conseguenza di un trauma materno – fetale da incidente stradale può essere il parto pretermine, con la comune complicanza dell’immaturità respiratoria e sindrome da distress respiratorio neonatale, per il mancato o incompleto sviluppo dei polmoni.

In avanzato stato di gravidanza un incidente stradale può comportare il parto cesareo d’urgenza mentre è raro il caso della morte intrauterina del feto senza una causa apparente.

Casi di incidenti stradali con minore intensità lesiva hanno comportato minori conseguenze fetali.

In conclusione su una casistica complessiva di 120 casi di incidenti stradali con maggiore intensità lesiva, 69 hanno comportato distacco o lesioni placentari, con una prevalenza del primo problema, 24 lesioni o lacerazioni uterine, 34 lesioni fetali

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dirette, 16 un parto pretermine e 18 una risoluzione clinica positiva del problema traumatico stradale in gravidanza.

Molto specifico rispetto al problema del distacco placentare appare un articolo dal titolo “Abruptio placentae”, di S.H. Deering, tratto da internet, emedicine.medscape.com, ultimo aggiornamento 3 giugno 2013.

Il distacco placentare è definito come la separazione prematura della placenta dall’utero.

Il quadro clinico tipico è dato da emorragia, contrazioni uterine, sofferenza fetale.

Il distacco della placenta si può considerare una causa significativa di emorragia associata a morbilità e mortalità fetale e materna, nel 3° trimestre di gravidanza, ma anche una circostanza frequente riscontrabile nel 2° trimestre di gravidanza.

Appare una evidente emorragia vaginale, sebbene talvolta l’emorragia sia latente e misconosciuta, con un possibile sanguinamento in sede retroplacentare.

Il sangue in tal caso può fare breccia nella parete uterina e versarsi nella cavità peritoneale, emoperitoneo, con un fenomeno noto come utero di Couvelaire.

Il miometrio può indebolirsi e rompersi per l’aumento della pressione intrauterina durante le contrazioni, con un’emergenza ostetrica che mette a rischio la vita della paziente.

E’ possibile classificare il distacco placentare in base all’estensione della separazione dall’utero e alla sede della separazione, secondo il seguente criterio clinico:

• Classe 0: asintomatico;

• Classe 1: lieve (rappresenta circa il 48 % dei casi);

• Classe 2: moderato (rappresenta circa il 27 % dei casi);

• Classe 3: severo (rappresenta circa il 24 % dei casi).

La diagnosi di Classe 0 è retrospettiva per il riscontro di un coagulo di sangue organizzato o per la presenza di un’area depressa su una placenta espulsa.

Le caratteristiche cliniche della Classe 1 comprendono:

• nessuna o lieve emorragia vaginale;

• modesto dolore uterino;

• normale pressione arteriosa e frequenza cardica;

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• assenza di coagulopatia;

• assenza di segni di sofferenza fetale.

Le caratteristiche della Classe 2 comprendono, nell’ordine;

• assente o moderata emorragia vaginale;

• modesta o severo dolore uterino, con possibili contrazioni tetaniche;

• tachicardia materna con variazioni ortostatiche della pressione e della frequenza cardiaca;

• sofferenza fetale;

• ipofibrinogenemia (cioè, 50-250 mg / dL).

Le caratteristiche, da ultimo, della Classe 3 comprendono invece:

• da nessuna a severa emorragia vaginale;

• utero in fase tetanica e molto doloroso;

• stato di shock materno;

• ipofibrinogenemia (cioè < 150 mg / dL);

• coagulopatia;

• morte fetale.

La causa primaria del distacco di placenta di solito appare ignota o misconosciuta.

Esistono, in ogni caso alcuni eventi e fattori che sono stati strettamente collegati a questa condizione.

I fattori di rischio prevalentemente contemplati che si ritengono alla base del distacco di placenta comprendono, nell’ordine:

• ipertensione arteriosa che è la causa più frequente, riscontrabile in circa il 44

% di tutti i casi;

• trauma materno, ossia incidenti stradali con collisioni di autoveicoli, violenze, cadute, reputabile quale causa dal 1,5 al 9,4 % di tutte le evenienze;

• tabagismo;

• abitudini alcoliche;

• uso di cocaina;

• cordone ombelicale corto;

• decompressione improvvisa dell'utero (per esempio, rottura prematura delle membrane, parto del primo gemello);

• fibromioma retroplacentare;

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• sanguinamento retroplacentare da puntura (cioè, post amniocentesi);

• idiopatica (probabili anomalie dei vasi sanguigni uterini e della placenta);

• precedente distacco di placenta;

• corionamnionite, ossia infiammazione / infezione del corion;

• travaglio prolungato dopo rottura delle membrane (24 ore o più);

• età materna di 35 anni o più;

• età materna più giovane di 20 anni;

• sesso fetale maschile;

• basso livello socioeconomico;

• elevazione nel secondo trimestre dei valori di alfa - fetoproteina del siero materno (associata ad un rischio aumentato di 10 volte di distacco);

• ematoma subcorionico.

Come si evince dal lungo precedente elenco di possibili eventi causali, il trauma addominale rappresenta sicuramente uno dei principali fattori di rischio di distacco placentare.

Gli incidenti stradali sono spesso causa di trauma addominale.

La cintura di sicurezza dovrebbe essere posizionata più in basso, attraversando la zona della pelvi e ipogastrica, e non abbracciare la parte media addominale dove è localizzato il feto.

Il trauma subito può anche essere dovuto oltre agli incidenti stradali anche ad abusi sessuali o violenze in genere.

Un’emorragia incessante può provocare una sofferenza fetale insieme a quella materna.

In assenza di provvedimenti terapeutici adeguati si possono verificare sia la morte fetale che quella materna.

La gravità della sofferenza fetale è correlata con l’entità della separazione placentare.

Se si verifica un distacco placentare il rischio di mortalità perinatale è di 119 / 1000 in USA, sia in relazione alla gravità del distacco che in rapporto all’età gestazionale.

Attualmente si può dire che il distacco di placenta provoca il 6 % circa di morti materne.

Dal distacco possono derivare tanto una morbilità materna che una fetale.

La morbilità materna comprende:

• stato emorragico con necessità di trasfusione;

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• taglio cesareo d’urgenza;

• isterectomia.

La morbilità fetale è legata alla sofferenza fetale e la possibile parto pretermine con l’immaturità eventualmente derivante.

In caso di sofferenza e compromissione delle condizioni del feto si rende necessario il parto cesareo.

Decelerazione del battito fetale e bradicardia sono i segni comuni di sofferenza fetale in caso di distacco placentare.

La coagulazione intravasale disseminata o CID si può verificare quale postumo del distacco placentare.

Il parto pretermine si verifica o si rende necessario in caso di significative sofferenze fetali e /o materne.

E’ possibile la somministrazione di corticosteroidi per via generale ai nascituri in caso di prematurità.

Sono comunque possibili tutte le complicazioni e tutti i problemi tipici dell’immaturità.

Il rischio di distacco placentare ricorrente è quantificabile nell’ordine del 4 – 12 % dei casi.

I sintomi tipici del distacco di placenta sono dati da emorragia vaginale, dolore addominale, ridotto movimento fetale.

L’anamnesi può deporre per incidenti stradali e traumi da abusi o violenze nei confronti della gestante.

L’incidenza in USA del distacco di placenta è pari al 1 %, con uno 0,12 % di distacco severo.

La frequenza dei sintomi di distacco si verifica secondo il seguente tasso di incidenza:

• emorragia vaginale, 80 %;

• dolore addominale o in sede posteriore, con dolore uterino, 70 %;

• sofferenza fetale, 60 %;

• contrazioni uterine anomale, con possibile frequenza alta, ad es., 35 %;

• parto prematuro idiopatico, 25 %;

• morte fetale, 15 %.

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L’emorragia vaginale può essere più o meno significativa, con pericolo di vita sia per il feto che per la madre, in tempi relativamente brevi.

Circa il 20 % dei distacchi può essere associato ad un’emorragia misconosciuta, e l’assenza di emorragia vaginale non esclude la possibilità di distacco di placenta.

In caso di emorragia il paziente va stabilizzato rapidamente e va verificata l’origine del sanguinamento.

In caso di assente battito fetale il distacco è avanzato e il feto a grave rischio di morte.

Una bradicardia fetale prolungata, un ripetuto ritardo di decelerazioni, un’accresciuta variabilità della frequenza a breve termine sono segni evidenti di sofferenza fetale.

Fra le condizioni rientranti nella diagnosi differenziale si annoverano, traumi vaginali, raramente tumori maligni, vaginiti, parto pretermine, appendicite acuta, vari previ, ecc..

Anche una gravidanza ectopica, cisti ovariche torsioni ovariche, preeclampsia possono rientrare nella diagnosi di situazioni di emergenza.

Un emocromo con formula può indicare l’entità di un’emorragia.

Talvolta il calo dell’ematocrito è in ritardo rispetto all’epoca dell’emorragia.

Un’iperfibrinogenemia > 100 mg / dL dovrebbe apparire sospetta.

Un’indagine ecografica accurata è il miglior metodo disponibile per accertare la natura e l’entità di un’emorragia in gravidanza.

La qualità e la sensibilità della metodica nel valutare l’esistenza di un distacco placentare sono migliorate nel tempo.

Purtroppo non ha ancora una grande sensibilità con una positività solo in un 25 % di casi confermati e un basso valore predittivo negativo, pari a circa il 50 %.

L’ecografia è in grado di svelare meglio una placenta previa.

L’ecografia permette comunque di escludere altre cause di emorragia nel terzo trimestre di gravidanza

Anche il monitoraggio fetale esterno può rivelare segni di sofferenza fetale, con una decresciuta variabilità del battito fetale e un aumento del tono uterino a riposo, quel segno di contrazione.

In caso di distacco placentare la variabilità a breve termine del tracciato appare ridotta, il tono uterino aumentato e l’iperstimolazione uterina peggiora la variabilità del tracciato, riducendo la variabilità delle decelerazioni del battito fetale.

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Interessante, riguardo all’argomento trattato, appare un articolo dal titolo “CT evaluation of placental abruption in pregnant trauma patients” di S. H. Wei et al, Emerg Radiol (2009) 16:365–373.

Lo studio si propone di verificare l’esistenza di una lesione placentare con Tc in caso di trauma in gravidanza.

Vengono riportati i risultati di 44 TC in donne in gravidanza in un centro universitario della California effettuate nel periodo 2003 – 2008, per condizioni di traumi addominali sofferti di recente, con associato distacco placentare.

Lo studio riguardava in tota 66 donne in gravidanza di cui 44 avevano sofferto di un trauma addominale.

Sette avevano sofferto di distacco di placenta che erano tute sta individuate dalla TC effettuata.

La sensibilità e la specificità erano pari rispettivamente al 100 % e al 79,5

%, per la recensione non corretta, al 100 % e al 82 %, per quella corretta, e il 42,9% e il 89,7% per l'originale dettato dei rapporti.

I distacchi della placenta vengono spesso trascurati o non visti dalla TAC.

La sensibilità può essere migliorata con la sistematica valutazione della placenta e la specificità di formazione sulla normale morfologia placentare.

I traumi si verificano in circa il 6 – 7 % di tutte le gravidanze e possono richiedere una valutazione radiologica delle complicanze materno – fetali.

Il problema è rappresentato dalla eventuale teratogenicità delle radiazioni in gravidanza che si verifica soprattutto nelle fasi iniziali.

In caso di necessità di maggiore sensibilità delle metodiche adottate può essere utilizzata la TC durante la gravidanza.

Quando occorre formulare una diagnosi tempestiva e sensibile per la gestione diagnostica di un problema e i rischi di esposizione a radiazioni si riducono, le TC possono essere eseguite durante la gravidanza .

Si tratta, in particolare, in tal caso, di un metodo prezioso nella valutazione dell'addome, compresi l'utero, spazio retroperitoneale, e il feto dopo un trauma

Con i protocolli di radiazioni a basso dosaggio e miglioramento della tecnologia, la TC è diventato un metodo accettabile per fornire indagini complete e veloci.

Motivo di confondimento possono essere le normali variazioni gravidiche dell’utero nel corso della gestazione.

Si ipotizza che il distacco placentare sia facilmente rilevabile ma solo tramite TC.

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In virtù del basso numero di TC eseguite in gravidanza, lo studio si pone l’obiettivo di seguire le trasformazioni dell’utero fisiologiche in gravidanza con TC per poter meglio differenziare quelle patologiche in caso di trauma addominale.

Il distacco di placenta si verifica nell’1 % di tutte le gravidanze in USA e riguarda circa il 15 – 30 % dell’emorragie del terzo trimestre.

Le complicanze del distacco comprendono il parto pretermine, la sofferenza fetale, la morte fetale nel 20 – 60 % dei casi, lo shock, la CID e la morte materna.

Sono importanti i sintomi accusati dalla madre, la visita medica, il monitoraggio del battito fetale e gli esami di laboratorio.

Occorre tenere presente che il 20 % degli ematomi sono confinati nell’utero e non danno segni di sanguinamento.

L’ecografia rivela la presenza di una massa retro placentare.

La TC appare molto sensibile nel rivelare la presenza di un distacco della placenta.

Il suo uso appare particolarmente utile in caso di trauma addominale in gravidanza, con un incremento della sensibilità valutabile dal 42,9 % al 100 % e un aumento anche della specificità di circa il 10 %.

I veri distacchi placentari sono stati caratterizzati da grandi dimensioni ed estensioni, apparendo contigui, e retro placentari e / o presenza di aree a tutto spessore di scarsa delimitazione che formano angoli acuti con il miometrio.

I distacchi coinvolgono > 50% della superficie placentare e sono frequentemente associati con la morte fetale.

Tuttavia, alcuni di questi grandi distacchi rimangono inosservati probabilmente a causa della mancanza di valutazione sistematica della placenta.

Molti dei rapporti originali dettati per trauma, con esecuzione di TC su pazienti che non hanno avuto un’ evidenza clinica di distacco, mancava anche le descrizioni della placenta, nonostante il tasso di distacco sia alto abbastanza da giustificare la valutazione di routine placentare.

Questo suggerisce che la mancanza di valutazione placentare di routine o la mancanza di formazione nel valutare la normale o anormale apparenza della placenta può diminuire la sensibilità di rilevamento del distacco placentare medesimo, anche con la TC.

Le raccomandazioni diagnostiche correnti sono propense ad indicare l’utilizzo routinario della TC nelle donne in gravidanza con dolore addominale, specialmente

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in quelle che hanno sofferto di trauma addominale, con uno studio sistematico della placenta.

Molto specifico riguardo al problema del sanguinamento in gravidanza nel terzo trimestre appare un articolo dal titolo “Evaluation of blunt abdominal trauma in third trimester of pregnancy: maternal and fetal considerations” di J. K. Williams et al, Obstetrics and Gynecology, Vol. 75, N° 1, gennaio 1990.

Gli effetti di un trauma in gravidanza possono essere notevoli sotto il rpofilo ostetrico.

Sono stati sviluppati dei protocolli in caso di severo trauma addominale del terzo trimestre di gravidanza, collegati specificamente al possibile distacco placentare e ai problemi eventuali fetali.

Lo studio riguarda 84 gravidanze in cui la complicanza più seria era data dal distacco della placenta.

Il distacco si è verificato solo in due casi di cui uno con rottura uterina e morte fetale.

Ci sono casi in cui il distacco comporta sofferenza fetale.

La più comune complicanza del distacco è il parto pretermine che concerne il 28 % dei traumi addominali al di sotto della 37^ settimana di gestazione.

Su 17 pazienti, 15 erano state trattate con successo con tocolitici.

L’ecografia ha un ruolo importante nel caso del parto pretermine del distacco placentare per documentare lo stato di benessere fetale.

Occorre precisare che il 71 % dei traumi sono legati ad incidenti stradali e che 1 gravidanza / 14 incorre in qualche tipo di trauma.

Nel 1984 Higgings e Garite riportarono un singolo caso di distacco placentare intervenuto 5 giorni dopo un severo trauma addominale da incidente stradale.

In caso di incidente stradale nel terzo trimestre si raccomanda un monitoraggio fetale continuo di 48 ore, rispetto all’evenienza negativa di un possibile distacco di placenta.

Un severo trauma addominale può avere gravi ricadute sul feto in termini di morbilità e mortalità.

Traumi minori si possono verificare durante il terzo trimestre di gravidanza.

E’ da notare che l’80 % delle lesioni da trauma addominale in gravidanza si verifica dopo la 32^ settimana di gestazione, in rapporto al solo 58 % dei traumi totali sofferti durante lo stesso periodo di gestazione, in ragione dell’ingrandimento notevole dell’utero in tale fase di gestazione.

I più comune problema secondario verificato dagli studi è il parto pretermine.

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La maggior parte degli studi di settore sul distacco placentare associa la presenza del distacco con il trauma addominale sofferto nel terzo trimestre di gravidanza.

Nello studio condotto riportato dall’articolo, nessuna delle 2 pazienti con distacco accusava un sanguinamento vaginale mentre l’ecografia avanzava il sospetto di un distacco in entrambi i casi, in aggiunta ad altri chiari segni clinici.

In un solo caso nello studio si è verificata la morte fetalelegata alla rottura dell’utero e al completo distacco placentare.

Sono anche riportati in letteratura numerosi casi che descrivono un trauma fetale in assenza di un trauma materno.

In pratica, donne che hanno subito un trauma severo uterino nel terzo trimestre di gravidanza dovrebbero essere attentamente valutate e monitorate per verificare la presenza di sintomi e segni di distacco della placenta e di parto pretermine.

La valutazione dovrebbe consistere nel monitoraggio elettronico fetale per ottenere il tasso di reattività del battito fetale che dovrebbe avere un ruolo per una diagnosi precoce di parto pretermine.

L’ecografia dovrebbe essere finalizzata soprattutto a valutare lo stato della placenta anche con tutti i limiti della metodica.

In ultima analisi un monitoraggio negativo condotto per 48 ore dopo un trauma addominale patito nel terzo trimestre di gravidanza dovrebbe servire ad escludere un distacco di placenta o un parto pretermine, anche in caso di sanguinamento uterino.

Parto pretermine, sanguinamento vaginale o dolore addominale appaiono elementi fondamentali discriminanti anche di carattere medico legale.

Incentrata sulle conseguenze del trauma in gravidanza appare una pubblicazione dal titolo “Profile of Mothers at Risk: An Analysis of Injury and Pregnancy Loss in 1,195 Trauma patients” di D. G. Ikossi et al, J Am Coll Surg, Vol. 200, No. 1, January 2005, pagg 49 – 56.

Il trauma è causa di morti materne nel corso della gravidanza, ma l’incidenza della perdita del feto è sicuramente superiore a quella della perdita materna, con un rapporto 3 / 1.

Gli sforzi delle prevenzione sono rivolti alla riduzione di tale rischio da trauma durante la gravidanza.

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Le conclusioni dello studio indicano che le donne afro – americane ed ispaniche in gravidanza sono ad alto rischio di trauma in gravidanza e più facilmente si beneficiano degli sforzi della prevenzione.

Le pazienti con trauma grave cranico, addominale, toracico e agli arti inferiori sono a grave rischio di perdita del feto.

La riduzione di insulti accessori secondari al trauma e il riconoscimento precoce di una eventuale sofferenza fetale possono migliorare i risultati sia per la madre che per il feto in questo gruppo di pazienti ad alto rischio.

Si stima che il 7 % delle donne patiscono di traumi in gravidanza, ma la reale incidenza è sconosciuta.

Poiché il trauma in gravidanza è relativamente poco comune, si è effettuata un’analisi delle fonti specifiche di dati, in tal senso.

Gli studi suggeriscono che più le pazienti sono giovani e meno severe sono le conseguenze sulla gravidanza.

Per affrontare il problema della mortalità fetale da trauma, esistono studi retrospettivi molto limitati che hanno identificato i seguenti fattori materni come predittivi di morte fetale:

• grado di severità del trauma, valutato con “Injury Severity Score” (ISS),

• acidosi materna, ipossia,

• presenza di shock,

• trauma cranico grave,

• lesioni dirette utero - placentari,

• distacco di placenta,

• la presenza di CID, e

• morte materna.

I dati inerenti lo studio sono stati ricavati dal database del National Trauma Data Bank (NTDB).

I dati generali riguardavano donne di età compresa fra 12 e 51 anni, comprendenti sia quelle in gravidanza che non.

Su 77.321 traumi subiti da donne, 1.195 riguardavano donne in gravidanza.

Dopo il trauma sofferto, il 5,1 % aveva partorito o per via vaginale che con taglio cesareo.

Il 75 % dei parti era avvenuto per taglio cesareo e il 75 % di questi entro 24 ore dal trauma.

Due donne avevano subito l’isterectomia dopo il trauma.

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Il 54,7 % dei traumi derivava da incidenti stradali e il 10 % da atti di violenza interpersonale, gli altri da fatti accidentali.

Secondo studi retrospettivi i tassi di traumi violenti in gravidanza variano per l’incidenza fra 0,9 % al 30 %.

Il tasso di sopravvivenza dopo parto cesareo legato a trauma, dopo la 26 ^ settimana di gestazione, è di circa il 75 %, pervio monitoraggio cardiotocografico, in grado di svelare sofferenza fetale.

Un trauma addominale di minore intensità può esitare in un distacco placentare che può anche essere clinicamente silente.

Una progressione del distacco di placenta che sia > 50 % della superficie placentare esita nel parto del feto.

Un monitoraggio stretto nelle 6 ore successive al trauma di tipo cardiotocografico consente di valutare l’opportunità di favorire il parto in donne con oltre 25 settimane di gestazione.

Esistono molti studi che confermano che a danni fetali importanti da trauma si possono correlare traumi materni di relativa entità.

In effetti si possono innescare ipoperfusione uterina e ischemia secondaria dei vasi dell’utero da vasocostrizione, con effetti deleteri sul feto.

Fra i fattori principali predittivi di perdita della gravidanza vanno annoverati, nell’ordine:

• indice di intensità del trauma , ISS, > 15;

• severi traumi toracici, addominali e agli arti inferiori;

• gravi traumi cranici.

In uno studio di 20 pazienti con ISS > 12, il tasso di mortalità fetale era del 65

%, con 1 solo decesso materno.

Ai fini preventivi, la riduzione degli insulti secondari successivi al trauma può produrre migliori risultati, previo monitoraggio della possibile sofferenza fetale, in termini di sopravvivenza del feto.

Un ulteriore contributo di conoscenza sull’argomento è offerto da un articolo dal titolo “Assessment of the pregnant trauma patient” di B. J. Tsuei, Injury, Int. J. Care Injured (2006) 37, 367—373.

Poco meno del 10 % delle pazienti in gravidanza sperimentano qualche tipo di trauma di qualsiasi genere, per cause esterne non ostetriche che possono essere causa di morte materna.

Il trattamento tende a preservare sia il feto che la madre.

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In effetti l’incidenza apparente di traumi fisici in gravidanza è di circa il 6 – 7 % di tutte le gravidanze, con una mortalità materna dei soggetti affetti di circa il 20 %.

Traumi severi in gravidanza si verificano in 1 / 12 donne in gravidanza.

2 / 3 di tali traumi sono legati ad incidenti stradali.

La stratificazione delle pazienti in gravidanza con trauma in 4 gruppi appare efficace sotto il profilo pratico.

Il primo gruppo comprende le pazienti che non sanno di essere in gravidanza, e la diagnosi di gravidanza appare importante in donne traumatizzate per evitare, specie nel primo trimestre di gestazione, radiografie con possibili effetti teratogeni.

Il secondo gruppo di pazienti riguarda quelle donne di meno di 26 settimane gestazione.

In queste pazienti, la rianimazione è rivolta principalmente alla madre, in quanto il feto non è ancora in condizioni di essere trattato indipendentemente dalla madre e di subire un parto eventuale, per immaturità.

Il terzo gruppo, forse il più impegnativo, è composto da donne con gravidanze di più di 26 settimane di gestazione.

In questo stadio, ci sono essenzialmente due pazienti da considerare durante la valutazione e la rianimazione, ossia la madre e il feto.

La cura da adottare deve consentire un adeguato monitoraggio e supporto sia per la madre che per il feto.

Infine, ci sono quelle pazienti che si presentano in stato di grave rischio di vita.

In queste pazienti, un rapido taglio cesareo può facilitare la rianimazione materna e preservare la vita del feto.

Il distacco placentare è la seconda principale causa di morte del feto nelle pazienti traumatizzate, essendo la prima causa di mortalità legata alla possibile ischemia e allo shock materno, da emorragia.

L’incidenza del distacco di placenta varia, a seconda dei dati di letteratura, dal 6 al 60 %, essendo lo stesso associato con alta morbilità e mortalità fetale.

Il distacco di placenta si può verificare nel 5 % delle pazienti con traumi minori e nel 50 % delle paziento con traumi severi.

La mortalità fetale può arrivare al 60 % dei casi.

I sintomi del distacco placentare sono il dolore addominale o i crampi e le contrazioni uterine, il parto pretermine e il sanguinamento vaginale.

Sfortunatamente l’assenza di taluno di questi sintomi non preclude la possibilità di distacco della placenta.

Inoltre, è ben documentato che il distacco di può verificarsi anche in casi di traumi materni di minore gravità.

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In questi casi, distacco significativo di solito si manifesta entro 24 - 48 ore dopo l’evento traumatico e, quindi in queste situazioni dovrebbe essere impiegato routinariamente il monitoraggio fetale continuo.

Il taglio cesareo dovrebbe essere effettuato in pazienti con oltre 26 settimane di gestazione in caso di sofferenza fetale.

Occorre spesso fare un bilancio fra stress fetale e prematurità prima di decidere di effettuare il taglio cesareo.

In conclusione il trauma rappresenta la principale causa non ostetrica di mortalità materna, con una maggioranza di lesioni traumtaiche che si verificano per incidenti stradali.

Una valutazione dei trattamenti da adottare nel caso di gestanti traumatizzate deve tenere conto dei cambiamenti fisiologici intervenuti in gravidanza e della presenza di una significativa emorragia.

L’ecografia addominale rappresenta una metodica non invasiva da utilizzare in modo sistematico in caso di trauma in una partoriente.

Pazienti con < 20 settimane di gestazione dovrebbero essere sottoposte a monitoraggio continuo per 6 ore dopo il trauma, per valutare la presenza di contrazioni e di stress fetale.

Il distacco della placenta si può verificare anche per traumi di minore intensità.

In casi estremi può essere richiesta la laparotomia o il taglio cesareo d’urgenza, che si adotta anche nel caso di arresto cardiaco della madre.

Emblematico sull’argomento in parola pare un articolo dal titolo “Trauma in pregnancy” di A. J. Shah et al, Emerg Med Clin N Am, 21 (2003) 615–629.

La gestione della partoriente traumatizzata rappresenta, sfortunatamente, una comune evenienza della pratica della medicina d’urgenza.

La maggior parte dei traumi è causata da incidenti stradali, ovvero da violenze fisiche di vario genere.

Le complicanze da trauma si verificano in circa il 6 – 7 % di tutte le gravidanze e rappresentano la causa più comune di morbilità non ostetrica.

I traumi hanno rilevanza in rapporto alle modificazioni anatomiche e fisiologiche che intercorrono in gravidanza che incidono sulle conseguenze possibili.

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La salute del feto si rivela, comunque, il più accurato indicatore delle condizioni di salute della madre.

Pertanto il monitoraggio cardiotocografico è il principale metodo di valutazione dello stress fetale.

Esistono molti studi, prevalentemente retrospettivi inerenti alle variabili che riguardano i fattori predittivi delle conseguenze del trauma.

Si tratta in prevalenza, nell’ordine di:

• ipotensione arteriosa;

• iniziale acidosi materna;

• frequenza cardiaca inziale della madre, emoglobina, saturazione di ossigeno e altri dati di laboratorio;

• emorragia feto – materna;

• Injury Severity Score, per valutare la severità del trauma.

In caso di grave pericolo di vita o morte materna si può eseguire un taglio cesareo d’urgenza.

Lo studio radiologico trova il limite dell’esposizione teratogena ai raggi del feto, con un rischio assai minore > 20 settimane di gestazione.

La TC si può rivelare necessaria per la valutazione post traumatica di testa, torace, addome e pelvi.

Andrebbe evitata nelle prime fasi della gravidanza.

Evidenzia assai bene lo spazio retroperitoneale e i danni intrauterini.

In caso di danno addominale può essere utile il lavaggio peritoneale per evidenziare un’emorragia.

L’ecografia è molto migliorata come metodica di uso corrente e permette di rivelare la presenza di liquido intraddominale.

Il trauma contusivo da incidente stradale è l’evenienza lesiva esterna più comune in gravidanza.

Più del 80 % si verifica dopo la 32^ settimana di gestazione.

In caso di sopravvivenza della madre, il distacco della placenta rappresenta la causa più comune di mortalità fetale.

L’incidenza del distacco varia dal 2 al 4 % delle pazienti con traumi minori, mentre ha un’incidenza del 30 % in caso di traumi maggiori.

I sintomi sono dati da sanguinamento vaginale, dolore addominale o dolenzia, dolenzia uterina, ma possono anche mancare o essere minimi pur in presenza di un distacco.

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La rottura uterina è la complicanza più grave in caso di trauma contusivo in gravidanza.

Si verifica più spesso in soggetti con precedente taglio cesareo.

Il mal di schiena può rappresentare talvolta l’unico sintomo di un distacco di placenta posteriore.

La CTM, cardiotocografia dimostra un’eccellente sensibilità nell’individuazione di un distacco placentare.

Deve essere eseguita per almeno 4 ore consecutive nelle donne al di sotto delle 20 settimane di gestazione.

Al di sotto delle 24 settimane di gestazione non può intervenire l’ostetrico, non potendosi eseguire il taglio cesareo per immaturità.

Non tanto la bradi o tachicardia fetale, ma soprattutto la diminuita variabilità del battito e la presenza di ritardate decelerazioni costituiscono segni di sofferenza fetale.

Donne non gestanti con trauma addominale hanno un’incidenza del 82 % di danno viscerale e una mortalità del 12,5 % circa.

In conclusione i cambiamenti anatomici e fisiologici in gravidanza rendono complessa la gestione dei traumi in gravidanza.

Il trattamento intensivo nei confronti della madre colpita da trauma, rappresenta la migliore forma di cura anche per il feto che dipende dallo stato di salute della madre.

Il monitoraggio cardiotocografico deve essere iniziato appena possibile nel pronto soccorso per valutare il benessere fetale.

Occorre tenere inoltre presente che:

• la pressione arteriosa materna e la frequenza respiratoria ritornano ai valori di base man mano che la gravidanza si avvicina al termine;

• la salute fetale iniziale può essere il migliore indicatore della salute materna;

la compressione della vena cava inferiore nella paziente supina può causare significativa ipotensione;

• l’acidosi materna può essere predittiva delle condizioni di respirazione fetale;

• il Test Kleihauer – Betke, per valutare l’eventuale presenza di sangue fetale, da commistione materno fetale trans - placentare, onde prevenire le reazioni avverse all’antigene Rh, non è necessario nel reparto di emergenza;

• l’indagine ecografica precoce può identificare la presenza di fluido intraperitoneale libero e permette di valutare la salute del feto;

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• le radiografie necessarie non devono essere sospese in qualsiasi periodo di gestazione;

• le radiazioni oltre le 20 settimane di gestazione non comportano rischi teratogeni per il feto;

• le pazienti con gravidanze vitali richiedono almeno 4 ore di monitoraggio CTM, di cardiotocografia, anche dopo un trauma minore.

Dedicato all’argomento del trattamento dopo un trauma subito in una gravidanza avanzata è l’articolo dal titolo “Initial Trauma Management in Advanced Pregnancy” di Y. Meroz et al, Anesthesiology Clin, 25 (2007) 117–129.

Le variazioni subite dal feto e dalla madre nel corso della gravidanza si ripercuotono anche sul trattamento di tipo anestesiologico a seguito di un trauma occorso.

Vari specialisti possono essere coinvolti nella terapia in tal caso, compresi e medici di medicina d’urgenza, i chirurghi, gli anestesisti, gli ostetrici, i neonatologi, i medici addetti ai trattamenti intensivi della rianimazione, con un approccio richiesto di tipo multidisciplinare.

I criteri di trattamento si basano su studi sperimentali condotti sugli animali, su studi retrospettivi, su consensi generali stabiliti, ma raramente sono basati su solide evidenze.

L’articolo è focalizzato sul terzo trimestre di gravidanza, con i relativi cambiamenti intercorsi su feto e madre, specificamente per donne gravide intorno alla 24^ settimana.

Cambiamenti intervenuti in gravidanza, meccanismi di azione dei traumi, effetti sulla gravidanza, strategie di trattamento, sono tutti aspetti trattati nell’articolo in parola.

Riguardo all’incidenza, si può affermare che circa il 46 % delle morti materne in gravidanza dipendono da un trauma che rappresenta, dunque la causa più comune.

La reale incidenza dei traumi in corso di gravidanza è sconosciuta, anche se le statistiche riportano dal 6 al 7 % di tutte le gravidanze rispetto all’evenienza dei traumi.

Nella gran parte dei casi si tratta di traumi minori, per cui solo lo 0,3 – 0,4 di tutte le donne in gravidanza con traumi viene effettivamente ricoverata in ospedale.

Oltre che relativamente agli incidenti stradali, alto è il tasso di traumi da violenze domestiche.

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I traumi durante la gravidanza dovuti ad incidenti stradali variano dal 55 al 70

% di tutti i traumi, seguiti dagli altri tipi di trauma, violenze, abusi sessuali, ecc..

Le donne in gravidanza patiscono per cause esterne violente più facilmente di traumi addominali rispetto alle donne non in gravidanza.

Le cause di morte fetale sono il distacco di placenta nel 42 % dei casi e la morte materna nel 11 % dei casi.

Circa i cambiamenti intervenuti in gravidanza si può dire che il volume ematico si incrementa dal 30 al 50 %, i globuli rossi dal 15 al 20 %, ciò che determina un’apparente anemia, con valori dell’ematocrito dal 32 al 34 %.

La gittata cardiaca aumenta dal 30 al 50 % e le resistenze periferiche diminuiscono del 20 %.

La frequenza cardiaca aumenta da 10 a 15 battiti / minuto e la pressione sanguigna diminuisce da 5 a 10 mm Hg.

L’utero gravidico pesa circa 4,5 kg al termine, potendo lo stesso comprimere la cava inferiore provocando un ridotto ritorno venoso.

Sotto il profilo respiratorio si incrementa il consumo di ossigeno del 20 % e del 40 % il volume minuto, con una riduzione fisiologica della capacità funzionale residua del 20 %.

Il flusso renale si incrementa del 50 %, con valori limite della creatininemia.

La vitalità e la respirazione fetale dipendono da un adeguato flusso sanguigno uterino.

Un’ipovolemia e/o un’ipotensione materna provocano un vasocostrizione del vasi uterini e un ridotto flusso sanguigno.

Anche le contrazioni uterine riducono il flusso sanguigno dell’utero.

La ridistribuzione circolatoria fetale in caso di ridotto flusso tende a mantenere il flusso cerebrale fetale.

La morte materna e fetale possono essere le maggiori conseguenze di un trauma.

Un alto rischio di perdita del feto dipende da un grave trauma addominale con sanguinamento vaginale.

La morte fetale è associata ad un alto indice ISS, al di sopra di 15, che è relativo all’intensità del trauma.

La morte fetale si può anche verificare con traumi minori, come documentato in molti casi.

Nella madre un quadro di tachicardia e di ipotensione, dopo un trauma, non può essere considerato un adattamento fisiologico.

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Il taglio cesareo d’urgenza si utilizza in caso di instabilità emodinamica della paziente, ovvero per controllare un’emorragia vaginale, da distacco placentare o da rottura dell’utero, o per il controllo di un sanguinamento intraddominale.

Lo stress fetale può essere sintomo di distacco di placenta o di rottura dell’utero.

Ecografia addominale e TC addominale occorrono per identificare l’avvenuto distacco placentare con emorragia vaginale.

Morris e al segnalano che su 442 donne vittime di trauma in gravidanza, 32 erano state sottoposte a taglio cesareo d’urgenza, con un tasso di sopravvivenza del 42 % dei bambini e del 75 % della madre.

L’ecografia addominale focale per trauma (FAST) ha una sensibilità del 83 % per verificare la presenza di fluido libero in vittime di traumi in gravidanza, e rappresenta l’esame diagnostico di I^ linea nei traumi addominali.

In aggiunta ai protocolli standard di trattamento nei traumi in gravidanza, è considerata anche la O2 terapia supplementare.

Il monitoraggio fetale è importante per valutare le condizioni sia del feto che della madre.

L’uso delle radiazioni ionizzanti è da evitare, ove possibile, per l’esposizione del feto e gli effetti teratogeni conseguenti.

Di carattere più generale sull’argomento trattato si presenta un lavoro scientifico dal titolo “Trauma and Pregnancy” di C. M. Harris, capitolo 18, pagg. 213 – 221, tratto da Internet www.mhprofessional.com. McGraw-Hill Professional, stampato luglio 2013.

I traumi rappresentano delle complicanze in corso di gravidanza nel 6 – 7

% dei casi.

In totale dal 4 al 8 % dei traumi colpiscono donne in gravidanza.

L’ospedalizzazione delle gestanti per traumi è un’evenienza abbastanza comune, con un tasso di 4,1 / 1000, su 16.982 casi esaminati, nel 2002.

Gli incidenti stradali rappresentano il 55 %, le violenze circa il 10 % e il resto dipende da cause più o meno accidentali o da abusi sessuali.

Gli incidenti stradali rappresentano i 2/3 di tutti i traumi in gravidanza, e ciò non sorprende in rapporto all’utilizzo sempre maggiore dell’automobile e per un numero superiore di chilometri.

Si stima che in USA la morte del feto per incidente stradale superi la mortalità infantile di un fattore pari a 7.

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Anche le violenze del partner o di altro genere contribuiscono ad un buon numero di traumi in gravidanza.

I traumi con contusioni addominali si verificano in 2/3 dei casi di tutti i traumi, in gravidanza.

Nelle prime 12 settimane di gravidanza l’utero è abbastanza protetto e al riparo dai traumi.

Verso le 20 settimane di gestazione l’utero sale a livello dell’ombelico.

Dopo le 20 settimane di gestazione l’altezza del fondo dell’utero varia progressivamente a seconda della settimana di gestazione.

Anche la vescica sale insieme all’utero, ciò che la rende ugualmente un organo addominale vulnerabile ai traumi.

La parete uterina diventa più sottile e la relativa quantità di liquido amniotico diminuisce con il progredire della gestazione; questi cambiamenti contribuiscono alla possibilità di effetti placentari o fetali avversi, specie in caso di trauma.

L’utero gravidico è protetto dagli organi addominali, specie da lesioni di tipo vascolare.

Questo meccanismo di protezione non è in grado di assicurare una protezione assoluta, da traumi maggiori, specie nelle fasi avanzate della gravidanza.

Le fratture pelviche rappresentano un serio rischio per lo shock ipovolemico da emorragia retroperitoneale e intraddominali.

Esiste in tal caso un alto tasso di mortalità materna, circa 9 %, e fetale, circa 35

%.

Sono anche possibili e riportate in letteratura, rotture dell’aorta toracica e del fegato nella donna gravida dopo traumi maggiori.

In uno studio di 3 anni sono state riportate 240 morti fetali da trauma, pari al 3,7 / 100.000.

Gli incidenti stradali sono alla base della perdita del feto in ben 82 % dei casi.

Le lesioni placentari ammontano al 42 % dei casi e le morti materne al 11 % dei casi.

Il rischio di morte fetale o infantile è nettamente influenzato dall’età gestazionale.

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Le donne incorse in incidente stradale durante la gravidanza hanno un aumentato rischio di distacco di placenta e di parto pretermine, pari al 7,9 e al 6,6, rispettivamente.

Le complicanze più comuni sono date dalla morte materna, da quella fetale, dal distacco di placenta e dal parto pretermine.

Contrazioni uterine in caso di trauma nel terzo trimestre sono frequenti, 25 % dei casi, ma si risolvono favorevolmente nel 90 % dei casi.

Il distacco di placenta resta la più comune complicanza del trauma contusivo addominale.

I sintomi principali in tal caso comprendono tachicardia materna, dolore addominale e sanguinamento vaginale.

Il rischio di distacco è pari a 1 – 5 % per traumi minori e 40 – 50 % dopo traumi severi.

L’emorragia feto – materna si verifica nel 30 % dei casi dopo traumi maggiori.

Più rara è la rottura dell’utero, nello 0,6 % dei casi.

L’entità del trauma e la presentazione clinica sono altamente variabili.

Il 25 % dei casi coinvolge la regione del fono dell’utero.

In caso di rottura dell’utero la morte materna arriva da un tasso del 10 %.

Le complicanze riguardanti un trauma diretto fetale sono inferiori al 1 % di tutti i casi.

Molto più comuni sono serie lesioni riportate dalla madre.

In caso di trauma occorre sottoporre la madre ad una visita medica generale di controllo, con una particolare attenzione ai parametri della gravidanza, con un esame obiettivo della zona dell’utero, ecografia e controllo del HCG sierico.

E’ importante la stabilizzazione delle condizioni della madre e un monitoraggio della gravidanza e del feto.

Il sanguinamento vaginale può essere presente nel 2° e 3° trimestre e un’ecografia dovrebbe escludere la presenza di placenta previa.

Il monitoraggio fetale va condotto dopo la 23^ settimana di gravidanza.

Il monitoraggio fetale esterno con cardiotocografia rappresenta il più sensibile strumento a disposizione per escludere un distacco di placenta.

In donne con contrazioni perduranti per oltre 10 minuti il rischio di distacco è pari al 20 %.

La durata del monitoraggio dovrebbe essere di 4 ore, ma in caso di 6 – 8 contrazioni / ora o maggiori, decelerazioni del battito fetale o decremento della variabilità il rischio di complicanze avverse si accresce.

L’ecografia non invasiva si lascia preferire all’esposizione alle radiazioni.

La FAST ecografia focalizzata, in caso, di trauma, è preferibile alle radiografie.

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TAGETE 3 -2013 Year XIX

ISSN 2035 – 1046

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La sensibilità varia dal 61 al 83 % e la specificità dal 94 al 100 %.

Altro rischio è quello di commistione materno fetale, nel caso di donne Rh negative e feto con sangue Rh positivo, con possibile reazione immune al sangue fetale prevenibile con somministrazione di Ig anti Rh.

Altrettanto incentrato sull’argomento in parola è un articolo dal titolo “Trauma in Pregnancy: A Systematic Approach” di F. G. Mirza et al, American Journal Of Perinatology, Volume 27, Number 7, 2010, pagg. 579 – 586.

Il trauma in gravidanza rappresenta uno dei maggiori fattori di morbilità e mortalità materna e fetale.

Le complicanze possibili sono date dalla morte, dallo shock, dall’emorragia interna, dalla perdita fetale intrauterina, dalla diretta lesione fetale, dal distacco della placenta e dalla rottura dell’utero.

Gli incidenti stradali e le violenze sono le principali cause di trauma in gravidanza.

Nel 2004 il tasso di mortalità fetale da trauma era di 13 morti / 100.000.

L’associazione americana ACOG di ostetricia e ginecologia suddivide i traumi in gravidanza in tre tipologie, ossia trauma contusivo addominale, fratture pelviche e traumi penetranti.

La gestione del trauma riguarda la madre e il feto per la valutazione e per il trattamento.

La stabilizzazione e la sopravvivenza sono i maggiori aspetti della cura di cui tenere conto.

Il primo aspetto da considerare è l’età gestazionale.

In caso di gravidanza a < 13 settimane di gestazione, la protezione del feto è maggiore in caso di trauma.

Il grado di lesione materna e l’età gestazionale, ovvero il tipo di trauma, diventano importanti > 18 – 20 settimane di gestazione.

I dati di laboratorio e l’emocromo della gestante vanno subito monitorati dopo il trauma.

E’ richiesto soprattutto il monitoraggio fetale esterno fetale e uterino.

Aspetti favorevoli prognostici sono dati da monitoraggio esterno negativo e da minimo dolore addominale e assente sanguinamento vaginale.

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