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PROBLEMI MEDICO-LEGALI DA MOBBING Prof. Cosimo Loré

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TAGETE 1-2005 Anno XI

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PROBLEMI MEDICO-LEGALI DA MOBBING

Prof. Cosimo Loré* - Dr.ssa Valentina Pappalardo**

Che cos'è il mobbing

Il termine MOBBING deriva dal verbo inglese to mob e dal latino “mobile vulgus" (movimento della plebaglia) e indica due tipi di azione:

· affollarsi, accalcarsi attorno a qualcuno

· assalire, malmenare, aggredire

Tale espressione è stata mutuata dall'etologia: Konrad Lorenz la utilizzò infatti per descrivere il comportamento dei branco volto ad escludere un esemplare isolato.

Negli anni Ottanta il termine é stato ripreso dal prof. Leymann per indicare una vera e propria forma di terrorismo psicologico esercitato con intenzionalità lesiva sul luogo di lavoro in maniera sistematica e reiterata da una o più persone allo scopo di isolare, emarginare o espellere la vittima designata.

Le condizioni che devono assolutamente sussistere per poter parlare di MOBBING e che permettono di distinguerlo dai conflitti temporanei, dal bullismo e dal nonnismo, che si manifestano con atti di violenza e minaccia, laddove il MOBBING è messo in atto con comportamenti subdoli e molto più sofisticati, sono principalmente tre:

1. la durata 2. la ripetitività

3. l'intento persecutorio

Tipologie di mobbing

In base ai soggetti che pongono in essere le condotte mobbizzanti possiamo distinguere:

· MOBBING ORIZZONTALE: quando proviene dai colleghi

· MOBBING VERTICALE: quando proviene dai superiori gerarchici

· MOBBING ASCENDENTE: quando, più raramente, è messo in atto dai subordinati allo scopo di minare e svuotare l'autorità di un superiore

*Titolare del Corso di Medicina Legale Facoltà Giuridica dell’Università di Lecce

**Specialista in Medicina Legale Tagete n. 1-2005 Ed. Impronte

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2 Esiste inoltre la figura dei side mobber, cioè di colui che, pur estraneo all’attività persecutoria e vessatoria, assiste passivamente alle violenze inferte alla vittima e si astiene da qualsiasi forma di solidarietà.

Secondo le sue finalità possiamo distinguere:

· MOBBING STRATEGICO o PIANIFICATO: l’azienda, con azione programmata e

premeditata, intende effettuare un ridimensionamento o un ringiovanimento degli organici.

· MOBBING EMOZIONALE o RELAZIONALE sensu strictu: deriva da un'eccessiva esaltazione di sentimenti di rivalità, gelosia, diffidenza tra colleghi, quindi da disfunzioni relazionali.

· MOBBING SENZA INTENZIONALITA' DICHIARATA: caratterizzato dalla presenza all'interno dell'organizzazione di un'azienda di sentimenti di conflitto tali da portare i colleghi o i superiori a tutelare la propria posizione gerarchica, giudicata in pericolo, mediante condotte mobbizzanti. In questi casi l'azienda è responsabile per comportamenti omissivi.

Le modalità con cui il MOBBING viene messo in atto possono essere svariate.

Il lavoratore può essere ripetutamente offeso, umiliato, isolato, ridicolizzato oppure il suo lavoro criticato o addirittura sabotato, privato degli strumenti necessari al suo svolgimento (SINDROME DA SCRIVANIA VUOTA) o, al contrario, sovraccaricato di compiti impossibili da portare a termine o del tutto inutili, fonte di frustrazione e impotenza (SINDROME DA SCRIVANIA PIENA).

Il prestigio e la professionalità della vittima possono essere messi in discussione o possono essere esercitate pretestuose azioni sanzionatorie come eccessive visite fiscali o di idoneità, trasferimenti in sedi lontane, riduzioni delle mansioni, rifiuti di permessi o di ferie, ecc.

Le fasi del mobbing

Il prof. Heinz Leymann, il primo ad occuparsi in Svezia del fenomeno e ad elaborare un'enciclopedia dei MOBBING, ha individuato quattro fasi attraverso cui si realizza l'evoluzione dei MOBBING:

· Ia FASE: quando in un contesto lavorativo si verifica un evento modificativo dei rapporti all’interno di un gruppo o di una scala gerarchica, ad es. la promozione di un dipendente.

· 2a FASE: quando la vittima designata viene isolata tanto da non poter più svolgere serenamente i propri compiti.

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· 3a FASE: quando il caso diventa ufficiale all'interno dell'azienda e il mobbizzato, non riuscendo a sottrarsi alle vessazioni, ha un sempre più accentuato senso di frustrazione e sfiducia.

· 4a FASE: quando la vittima comincia ad accusare disturbi, somatizzazioni e vere e proprie malattie che possono protrarsi per un lungo periodo tali da obbligare alle dimissioni o al licenziamento.

l modello di Leymann è stato adattato alla situazione italiana da parte dei prof. Harald Ege che ha a sua volta individuato sei fasi:

· CONDIZIONE ZERO: conflitto fisiologico, normale ed accettato, determinato dall'esistenza in un gruppo del desiderio di ciascuno di primeggiare sugli altri, condizione che, secondo Ege, sarebbe un fenomeno tipicamente italiano.

· CONFLITTO MIRATO: il conflitto perde il suo carattere di generalità e si personalizza.

· INIZIO DEI MOBBING: vengono poste in essere le condotte mobbizzanti.

· PRIMI SINTOMI PSICOSOMATICI: perdita di appetito, dolori allo stomaco, disturbi del sonno, stanchezza, crisi di pianto.

· ERRORI E ABUSI DELL'AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE: diniego di permessi, attribuzione di mansioni a rischio, turni massacranti, ecc.

· SERIO AGGRAVAMENTO DELLA SALUTE PSICOFISICA DELLA VITTIMA: il suo quadro clinico ha un'evoluzione in senso peggiorativo.

· ESCLUSIONE DAL MONDO DEL LAVORO: il mobbizzato viene annichilito a tal punto da essere licenziato o rassegnare le dimissioni.

Il quadro delle sintomatologie riscontrate in soggetti mobbizzati, sia a livello fisico che psicologico, conferma ulteriormente la lesività di tale fenomeno.

Sintomi fisici

· Eruzioni cutanee

· Abbassamento delle difese immunitarie (tosse, raffreddore, influenza, maggiore vulnerabilità alle malattie)

· Disturbi tiroidei

· Disturbi cardiaci (tachicardia, senso di oppressione, ipertensione)

· Problemi delle funzioni gastriche e digestive (bulimia, gastrite, ulcera)

· Disturbi intestinali

· Disturbi della sfera sessuale

· Dolori osteo-articolari

· Astenia

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4 Sintomi psichici

· Manifestazioni psicosomatiche (te prime a manifestarsi): perdita di concentrazione, di memoria, turbe del sonno, cefalee, sudorazione

· Agitazione, irrequietezza

· Sindromi ansiose

· Depressioni con fissazione del pensiero sul proprio problema, abuso nei consumi di sigarette, caffè, analgesici, alcolici, ecc.

· Disturbi comportamentali che ostacolano la partecipazione alla vita lavorativa fino all'espulsione dal mondo dei lavoro (attacchi di panico, perdita di autostima)

· Alterazioni della personalità (fino al suicidio)

Bradey Wilson, sulla base di uno studio condotto in Arizona, ha definito tali disturbi psichici nel gruppo come "Disturbo post-traumatico da stress"

La tutela del lavoratore

Il MOBBING si rivela quindi come un fenomeno complesso che compromette i diritti fondamentali non solo dei prestatore di lavoro ma anche dell'individuo.

Tra le norme fondamentali violate dalle condotte mobbizzanti troviamo disposizioni costituzionali, internazionali e comunitarie.

Nella Costituzione importanti sono l'art. 2 che tutela i diritti inviolabili dell'uomo, l'art. 32 che garantisce il diritto alla salute, l'art. 35 che prevede che la Repubblica tuteli il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, l'art. 41 che vieta all'iniziativa privata imprenditoriale di operare in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, libertà e dignità umana.

In ambito internazionale e comunitario, importanti sono la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo (New York, 1948), la Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali (Roma, 1950), La Carta Sociale Europea (Torino, 1961), la Carta Comunitaria dei Diritti Fondamentali dei Lavoratori (Strasburgo, 1989), la Carta di Nizza (Nizza, 2000) e la Risoluzione dei Parlamento Europeo (settembre 2001).

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5 Danni da mobbing

Danno alla professionalità

Il MOBBING determina innanzitutto un danno alla professionalità, ben distinto da altre eventuali tipologie di danno.

La violazione dell'art. 2103 cc attraverso la dequalificazione, la violazione dei dovere di correttezza e di buona fede ex artt. 1175 e 1375 cc mediante la forzata inattività del lavoratore costituiscono un atto illecito anche se il lavoratore riceve una retribuzione perché, come ha affermato la Corte di Cassazione con la decisione n.14199, “il lavoro costituisce non solo un mezzo di sostentamento e di guadagno, ma altresì un mezzo di estrinsecazione della personalità dei lavoratore".

Quindi il danno alla professionalità può essere considerato da un punto dì vista soggettivo, come immanente alla dequalificazione e in tal caso il “vulnus” alla dignità e alla personalità dei lavoratore determina l'obbligo del risarcimento indipendentemente dalla prova dell'effettiva sussistenza di un danno patrimoniale.

Inteso, invece, in senso oggettivo il danno alla professionalità costituisce un pregiudizio alle occasioni, alle chances di progressione di carriera o di migliore collocazione e in tal caso esso è soggetto all'onere probatorio ex art. 2697 cc, in quanto considerato patrimoniale.

Danno morale

Il danno morale fa riferimento al dolore, alle sofferenze, ai turbamenti dello stato d'animo del soggetto determinati da un fatto materialmente idoneo a costituire un illecito penale lesivo degli interessi della vittima, illecito penalmente rilevante ai sensi dell'art. 2059 cc, il cui riscontro costituisce la condicio sine qua non per il suo risarcimento.

La più recente prassi giurisprudenziale ha elaborato vari modi di intendere il danno morale:

· Danno morale come sofferenza collegata alle lesioni dell'integrità psico-fisica

· Danno morale come transeunte patema d'animo connesso ai vari trattamenti cui viene sottoposta la vittima in seguito all'evento lesivo (sedute psichiatriche, riabilitazione,ecc.)

· Danno morale come offesa alla dignità, alla reputazione, all'identità personale

· Danno morale come turbamento dell'esistenza (ripercussioni del MOBBING sulla vita familiare del mobbizzato)

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6 Questa molteplicità del danno morale va tenuta in debita considerazione quando si tratta di MOBBING poiché se inteso come patimento strettamente connesso alle lesioni della salute subite dalla vittima e la sua esistenza, una volta dimostrato il reato,è in re ipsa.

Una volta provato il danno alla persona esiste una sorta di presunzione di danno morale utile a costituire un mezzo probatorio sufficiente a fondare la pretesa risarcitoria.

Danno alla salute

La tutela del danno alla salute, mediante la categoria dei danno biologico, si ricava dal combinato disposto dell'art. 32 Cost. e dell'art. 2043 cc.

Il danno biologico consiste nella "menomazione dell'integrità psicofisica della persona in sé per sé considerata, in quanto incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nel suo ambiente di vita e aventi rilevanza non solo economica ma anche biologica, sociale, culturale ed estetica.”

Il danno biologico costituisce l'evento del fatto lesivo della salute. Una volta dimostrata la lesione si è anche dimostrata l'esistenza del danno biologico dal momento che il fatto costitutivo dei diritto al risarcimento del danno si identifica con la lesione stessa, pur permanendo la necessità di provare l'entità della menomazione.

La prova deve basarsi su una perizia medico-legale che accerti il grado di invalidità subita dal soggetto leso, mentre su quest'ultimo incombe l'onere di dimostrare il nesso di causalità tra l'ambiente lavorativo e il peggioramento del proprio quadro clinico, evidenziando eventuali concause e fattori eziopatogenetici.

Proprio in relazione ai meccanismi risarcitori la giurisprudenza è concorde nell'ammettere un criterio di valutazione equitativa che però non esclude l'applicazione di altri criteri quali il punto tabellare.

La riforma del D: Lgs. 38/2000

In relazione agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali, il risarcimento del danno biologico in passato poneva non pochi problemi poiché il lavoratore infortunato non veniva pienamente risarcito per il fatto che l'INAIL liquidava prestazioni che non tenevano conto, se non parzialmente, di tale tipologia di danno; inoltre il datore di lavoro, cui poteva essere imputato il danno, era esonerato ex lege dalla responsabilità civile contro gli infortuni sul lavoro; infine, nei casi in cui era riconosciuta la responsabilità civile dei datore di lavoro, il risarcimento del danno biologico non poteva essere accordato se non era superiore all'indennità corrisposta dall'INAIL all'infortunato, secondo il D.P.R. 1124/1965.

Dopo vari interventi della Corte Costituzionale si è giunti alla riforma sperimentale del D. Lgs.

38/2000.

La nuova disciplina prevede la risarcibilità del danno biologico da infortunio sul lavoro e da malattia professionale (di cui il MOBBING può essere la causa) in base alla seguente tripartizione:

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7 1. LESIONI AL DI SOTTO DEL 6% per le quali l'INAIL non sostiene alcun onere e il lavoratore deve esclusivamente

rivolgersi al datore di lavoro.

2. LESIONI TRA IL 7% E IL15% per le quali l'INAIL si accolla il risarcimento dei danno biologico ma non il danno

patrimoniale conseguente.

3. LESIONI AL Di SOPRA DEL 16% per le quali l'INAIL si accolla il ristoro dei danni patrimoniali e del danno biologico.

Risulta quindi che i casi di MOBBING possono essere denunciati all'INAIL come malattie professionali non tabellate, spettando al lavoratore l'onere della prova dell'origine professionale.

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