• Non ci sono risultati.

Collana Medico Giuridica DANNO EMERGENTE LUCRO CESSANTE ed. Acomep, 1998

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Collana Medico Giuridica DANNO EMERGENTE LUCRO CESSANTE ed. Acomep, 1998"

Copied!
5
0
0

Testo completo

(1)

Le azioni di regresso e surroga nell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro

di

Silvano Piccininno*

1. Per comprendere adeguatamente l'attuale evoluzione giurisprudenziale in ordine all'ambito di esperibilità dell'azione di rivalsa dell'ente assicuratore che per quanto concerne l'ente gestore dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro contempla anche l'azione di regresso verso il datore di lavoro, è bene prendere le mosse dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 184/1986.

In quella sentenza la Corte ha individuato la nozione di danno alla salute definendolo "una terza voce di danno", accanto al danno patrimoniale e danno morale; mentre questi ultimi sono secondo la Corte danni-conseguenza, il danno alla salute è danno in sé, in quanto violazione ingiusta del bene primario costituzionalmente tutelato della salute.

Per questa voce di danno è all'art. 2043 che occorre far riferimento in una lettura costituzionale di questa norma come ricordava la sentenza del 1986 per trovare quella sanzione minima che l'ordinamento appronta alla violazione del precetto dell'art. 32 Costituzione e cioè alla lesione dei diritto alla salute.

Sanzione sarcitoria minima che per essere posta a salvaguardia del precetto non può essere oggetto da parte del legislatore di soluzione che la eliminino o la riducano. Da questo spunto, espresso nella decisione del 1986, ha preso corpo la imponente giurisprudenza costituzionale specificamente riferentesi al sistema dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Qui devo ricordare, prima di addentrarmi nell'esame dei vari problemi sollevati nelle tre sentenze del 1991 della Corte Costituzionale che attengono a questo tema che, e non sembri ovvio, l'assicurazione infortuni riposa su una transazione sociale in virtù della quale al regime di pieno ed integrale risarcimento del danno secondo la disciplina codicistica si sostituisce una disciplina speciale che, se da un lato impone sacrifici in termini di non integralità del risarcimento, d'altro canto inserisce nella tutela indennitaria tutta una serie di situazioni che secondo il diritto civile comune non darebbero luogo a risarcimento (esattamente tutti quei casi di infortuni che non siano riconducibili a colpa del danneggiante).

Su questo concetto transattivo si fondò la fondamentale sentenza costituzionale n. 22 del 1967 per affermare la legittimità costituzionale, sia con riferimento all'articolo 3 della Costituzione, sia riguardo all'articolo 38 della Costituzione, del sistema di esonero della responsabilità civile propria dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Aggiunse in quell'occasione la Corte Costituzionale ribadendo poi la stessa soluzione nel 1981 (e, sia pure un po' sinteticamente e concisamente, anche nella sentenza 356/1991 che il sistema risarcitorio di diritto comune, comunque, non sarebbe per la sua struttura, idoneo a conseguire quel risultato della fornitura di mezzi adeguati alle esigenze di vita che l'articolo 38 Costituzionale impone nel caso, fra gli altri, di infortunio in favore del lavoratore.

In altri termini, altro è la tecnica risarcitoria di diritto comune, altro è la tecnica indennitaria di diritto pubblico che ha questa specifica finalità, costituzionalmente rilevante ai sensi dell'articolo 38 della Costituzione.

Non bisogna mai dimenticare questa connotazione di fondo del sistema dell'assicurazione infortuni che ne ha consentito, fin dai suoi albori, e non solo in Italia, quella che è stata definita una sorta di fuga dal Codice Civile, altrimenti, si rischia di non comprendere il perché di certe soluzioni, di sovrapporre l'una tecnica all'altra con confusione di linguaggi e duplicazione di indennizzi che, forse, è quello che in parte sta già accadendo.

(2)

Tecniche differenziate, interventi differenziati, presupposti differenziati; lo ha ribadito chiaramente la Corte Costituzionale in un recentissima sentenza del 1993, n. 71, in tema di disciplina della prescrizione dell'adozione per le prestazioni antinfortunistiche.

Orbene, per effetto della giurisprudenza costituzionale del 1991 il danno biologico è fuoriuscito da questa transazione sociale, perché non rientra più nell'area dell'esonero della responsabilità civile del datore di lavoro, ma costituisce oggetto di azione secondo i principi del diritto civile ordinario.

Lo ha detto a chiare note e motivatamente la sentenza n. 356/1991, lo aveva anticipato, stranamente senza alcuna motivazione, la sentenza n. 87/1991.

Con questa sentenza la Corte Costituzionale, chiamata a giudicare di un caso di danno alla vita sessuale del lavoratore conseguente all'attività lavorativa, senza alcun riflesso sull'attitudine lavorativa, aveva ritenuto di dichiarare sì inammissibile la questione per il semplice, ma radicale, motivo che un eventuale accoglimento avrebbe comportato una revisione dell'intera normativa del sistema assicurativo speciale, ma, al contempo stesso, aveva auspicato un intervento del legislatore, appunto, in questa direzione, orientandosi su un piano di politica legislativa, cioè di modifica legislativa.

Nello stesso anno, con due successive sentenze, n. 356 e n. 485, la Corte Costituzionale è intervenuta in varia guisa con decisioni interpretative di accoglimento e/o di rigetto sul tessuto normativo attuale vigente.

Terrò distinti questi due aspetti esaminando dapprima il filone di sentenze che attengono al sistema cosi com'è oggi e poi le potenzialità insite in questa decisione n. 87 per quanto attiene, invece, alla prospettiva di riforma del sistema assicurativo speciale.

2. Vediamo dapprima il primo ordine di problemi che poi è quello più immediatamente collegato al sistema di responsabilità civile.

Il punto di partenza è , come ho detto, la indeclinabilità della sanzione risarcitoria minima dell'art.

2043 c.c.; l'attenzione della Corte Costituzionale e prima di essa dei giudici remittenti si è appuntata dunque su quelle norme della legislazione speciale che o escludono la responsabilità civile, quindi la risarcibilità del danno (le norme sull'esonero dalla R.C., l'art. 10, primo comma) o la riducono ammettendola soltanto nei casi di rilievo penale, per giunta, per reato perseguibile d'ufficio accertato o comunque accertabile, limitatamente al cosiddetto danno differenziale e, sotto altro aspetto, su quelle norme che, invece, consentono all'Istituto assicuratore o di surrogarsi verso il terzo responsabile o di agire in regresso verso il datore di lavoro responsabile (naturalmente sul presupposto della responsabilità del datore di lavoro) aggredendo per dir così anche quella parte di danno risarcibile, secondo i principi generali, a titolo di danno biologico.

La Corte Costituzionale nella sentenza n. 356/1991. ha assunto atteggiamenti articolati, ma sostanzialmente è pervenuta, come a voi è ben noto, a queste soluzioni.

Per quanto riguarda il regime di esonero, dopo aver ricordato come dicevo che di per se il regime di esonero è valido e la questione relativa è inammissibile (perché se si dovesse dichiarare illegittimo questo tipo di soluzione verrebbe meno l'intero sistema dell'assicurazione infortuni, con conseguente necessità di un intervento legislativo) la Corte ha aggiunto operando una sentenza interpretativa di rigetto che l'esonero intanto ha una sua giustificazione ed applicabilità in quanto concerna danni coperti assicurativamente.

L'esonero è, cioè, un istituto intrinseco, interno al rapporto di assicurazione sociale; ove non arriva il rapporto di assicurazione sociale, non arriva l'esonero e se (e nella misura in cui) il danno alla salute non rientri nel sistema dell'assicurazione sociale antinfortunistica nei suoi confronti (e in questa misura) l'esonero non può trovare applicazione. In altri termini, più chiari, il datore di lavoro è esposto alla responsabilità civile di diritto comune per tutto ciò che concerne il danno alla salute o danno biologico non rientrante nell'assicurazione senza più il filtro della rilevanza penale del suo comportamento.

(3)

Ancora, la Corte, nella stessa sentenza, si è posta il problema della liceità di un'azione di surroga che si estenda anche a quella parte di danno alla salute che non sia protetta dall'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

In realtà, qui, la Corte ha fondato ancora una volta il suo ragionamento sul precetto dell'articolo 32 e, applicando il principio secondo cui la tutela dell'art. 2043 non può essere ridotta per la sua natura di sanzione minima, ha affermato che laddove questo danno alla salute non abbia già trovato un suo ristoro di tipo indennitario o, comunque, a carico dell'assicurazione contro gli infortuni e venga aggredito in sede di surroga dall'istituto stesso, verrebbe quindi a non essere oggetto di tutela, si vedrebbe privato cioè del suo risarcimento.

Di qui, la illegittimità costituzionale di questa norma nella parte in cui consente la surroga anche per questa quota di danno, più esattamente definibile, ormai, come un titolo autonomo di danno e di responsabilità.

In questa stessa sentenza la Corte ha avuto cura di precisare che analogo ragionamento non può essere fatto per il danno morale, poiché questo non gode della garanzia costituzionale dell'art. 32, con il che, sembrava logico concludere che il danno morale potesse costituire oggetto di surroga e, comunque, fosse oggetto di esonero (sempre che dipenda da reato perseguibile a querela di parte).

La Corte Costituzionale completa questo disegno con la successiva sentenza n. 485/1991 in tema di azione di regresso, ritenendola nei suoi effetti del tutto analoga all'azione di surroga, nonostante una costante giurisprudenza che caratterizza diversamente le due azioni, l'una quella di surroga che consiste nell'esercizio da parte di altro soggetto di un'azione appartenente al primo, l'altra quella di regresso che è azione autonoma spettante all'Istituto per effetto della normativa speciale. Sul piano degli effetti ciò non ha posto imbarazzo alla Corte che, ancora una volta, ha escluso la praticabilità del regresso nei confronti del danno risarcibile a titolo di danno alla salute non rientrante nell'assicurazione.

Nella stessa sentenza si è posto il problema del c.d. danno differenziale e, poiché anche in questo caso ove il danno biologico non sia stato già oggetto di ristoro da parte dell'Istituto, la risarcibilità di esso per la sola differenza comporterebbe una diminuzione della sanzione minima dell'art. 2043, anche in questo caso, la Corte ha ritenuto che l'art. 10, 6° e 7° comma, sia in contrasto, per questa parte, con l'art. 32 della Costituzione.

In questo ordine di idee si è inserita l'importante sentenza 20.6.1992, n. 7577 della Corte di Cassazione.

Il presupposto delle due decisioni della Corte Costituzionale era che l’azione di regresso e l'azione di surroga potessero essere esercitate, sia pure con il solo limite derivante dalla capienza dell'ammontare del danno risarcibile, presupposto del resto pacifico nella giurisprudenza, al punto di far ritenere l'esistenza di un vero e proprio diritto vivente.

Partendo da questo dato giuridico inoppugnabile, la Corte aveva ritenuto che queste due azioni, per la parte in cui fossero idonee ad aggredire il danno biologico fossero in contrasto con i principi costituzionali.

La sentenza della Corte di Cassazione, prendendo spunto dalle decisioni della Corte Costituzionale, opera un mutamento di giurisprudenza in materia di azione di surroga. La Cassazione osserva che il limite che la Corte Costituzionale ha posto all'esperibilità dell'azione di surroga, non è tanto la garanzia costituzionale del diritto alta salute, che per il danno morale non opera (in ciò ponendosi in sintonia con Corte Cost. n. 356/1991) quanto la circostanza che questo danno costituisca o meno oggetto della copertura assicurativa. Questo è il vero limite intrinseco alta esperibilità dell'azione di surroga. La Cassazione osserva che il limite che la Corte Costituzionale ha posto l'esperibilità dell'azione di surroga, non è tanto la garanzia costituzionale del diritto alla salute, che per il danno morale non opera (in ciò ponendosi in sintonia con Corte Cost. n. 356/1991) quanto la circostanza che questo danno costituisca o meno oggetto della copertura assicurativa. Questo è il vero limite intrinseco alla esperibilità dell'azione di surroga (e/o di regresso) che, quindi, per definizione, non può andare oltre non solo all'ammontare, ma al titolo per il quale è intervenuto il

(4)

è estraneo all'indennizzo anche nel sistema dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (oltre che nei sistemi delle polizze assicurative private) è privo di copertura assicurativa, con la conseguenza che non è consentita l'esperibilità della surroga in relazione al relativo ammontare liquidato in sede di responsabilità civile ordinaria.

Sull'abbrivio, non è mancato chi abbia ritenuto di poter equiparare il danno morale al danno biologico in quanto suscettibile di determinare danni psichici.

E così si è portata all'attenzione della Corte Costituzionale la questione se anche il danno morale, così come il danno biologico, non deve essere più, esposto alle limitazioni e alle decurtazioni derivanti dalla regola del cosiddetto danno differenziale di cui all'art. 10 D.P.R. n. 1124/1965.

La Corte Costituzionale con la sentenza già ricordata n. 37 del febbraio 1994 ha affermato che il danno morale non ha garanzia costituzionale, poiché esso è un turbamento psichico transeunte (il cosiddetto danno morale soggettivo) e non permanente: non è quindi danno alla salute e, pertanto, per esso, proprio perché privo della tutela costituzionale, non operano le limitazioni derivanti dall'art.

32 Cost.

Qualunque norma speciale preveda sanzioni risarcitorie del danno morale inadeguate rispetto all'art. 2059 ed all'art. 2043 c.c. sarebbe legittima, perché priva di una tutela costituzionale a monte;

salvo distinguere quei casi in cui, per effetto di cronicizzazione e somatizzazione del turbamento si possa incorrere in un vero e proprio danno alla salute, nel qual caso, ricadremmo nella regola generale del danno alla salute.

In questa stessa sentenza la Corte ha aggiunto che, per quanto riguarda il regime del regresso, se in quanto sia estraneo all'assicurazione infortuni, il danno morale non è suscettibile di azione di regresso, perché privo di copertura assicurativa.

La giurisprudenza ordinaria si è adeguata a questa ricostruzione ed ove si eccettui l'isolata decisione n. 11296 del, 24/10/1991, è costante nell'escludere anche il danno morale dall'ambito delle azioni di rivalsa, (cfr. da ultimo Cass. 28 gennaio 1997, n. 859).

3. Questo è il quadro che si è venuto, in qualche modo, delineando, dal quale quadro risulta con sufficiente chiarezza che, ormai, i, termini originari di quella transazione che come dicevo all'inizio fondava l'assicurazione infortuni come sistema speciale di tutela (in termini di indennizzo adeguato alle esigenze di vita, anche di infortuni incolpevoli, a fronte di alcuni sacrifici circa l'integrale risarcimento del danno secondo le regole generali della responsabilità civile) sono venuti meno e il danno alla salute ormai è ricaduto nell'area della responsabilità civile ordinaria; con tutti i problemi che ne conseguono per quanto riguarda la sua individuazione e, quindi, le azioni a sua tutela, il regime di prescrizione, i criteri di valutazione sui quali non indugio ancorché e qui, invece, il problema in qualche modo concerne proprio rapporti con l'assicurazione infortuni si tratti di stabilire qual è il danno alla salute risarcibile secondo le regole ordinarie, e se, e quale danno alla salute sia in qual che nodo ancora interno al sistema assicurativo contro gli infortuni.

Da questo punto di vista la sentenza n. 356 del 1991 è sufficientemente ambigua perché dopo aver detto come ricordavo che il danno alla salute concerne tutti pregiudizi in ordine a tutte le attività in cui si può realizzare la persona umana, vi comprese le attività economiche produttive;

conclusivamente afferma che la surroga non è esperibile per quella parte di danno biologico che non formi oggetto della copertura assicurativa, quasi a lasciare intendere che vi sia una parte di danno biologico che, in qualche modo, costituisca oggetto della copertura assicurativa, quasi cioè a lasciare intendere che il danno biologico possa essere scorporato in due componenti, una parte insuscettibile di essere collegata alla copertura assicurativa, cioè al concetto di attitudine lavorativa e una parte, invece, in qualche modo collegata a questa.

Ma se è così, allora, ci sarebbe una parte di danno biologico, alla salute che già oggi è coperta dall'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e, per questa, si dovrebbe concludere che allora opera l'esonero, con il che, almeno per questa parte, non si dovrebbe essere esposti all'azione risarcitoria di carattere generale, secondo le regole del diritto ordinario.

(5)

Ma spingendo ulteriormente l'indagine sul piano delle implicazioni della sentenza n. 87 del 1991 della Corte Costituzionale si porrà un problema di fondo quando il legislatore dovrà mettere mano alla revisione auspicata dalla Corte Costituzionale. Questa, infatti, ha ritenuto che le stesse ragioni che stanno a fondamento della tutela preferenziale differenziata del sistema assicurativo speciale rispetto alla tutela risarcitoria del Codice nei casi degli ordinari infortuni sul, lavoro per quanto concerne l'attitudine lavorativa valgano anche per titolo di danno alla salute.

Conseguentemente ne ha auspicato l'inserimento nel sistema di assicurazione sociale, con il che ha operato una commissione tra diritto alla salute che fino allora almeno nella sua accezione, desumibile dalla elaborazione giurisprudenziale atteneva ai rapporti interpretativi come diritto soggettivo e diritto alle prestazioni di previdenza sociale.

Il diritto alla salute attiene al concetto di rapporti interprivati, ma viene proiettato sul piano del rapporto di assicurazione sociale che, invece, è finalizzato alla fornitura di mezzi adeguati e di vita alle esigenze dei lavoratori.

Quindi, in questo cambiamento di prospettiva, nel momento in cui la Corte Costituzionale innesta il diritto alla salute ex art. 32 Costituzione sul sistema della tutela di sicurezza sociale ex art. 38 Costituzione, esso ne verrebbe, in qualche modo, per così dire, snaturato.

Fra l'altro, nel momento in cui si innesta questa problematica del danno alla salute sul sistema dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro occorre cominciare a fare i conti anche con le limitazioni soggettive del sistema di assicurazione, per cui, sembrerebbe ben strano che ad alcuni soggetti assicurati, in quanto lavoratori esposti a determinati rischi più pregnanti di altri si debba accordare un tipo di tutela, quella pubblicistica, estesa al danno alla salute e agli altri si dovrebbe mantenere la tutela risarcitoria esterna, di diritto comune.

Come vedete siano ad un punto cruciale, in qualche fase di passaggio da un vecchio sistema ad uno nuovo; si tratta di comprendere fino a che punto la transazione sociale di cui parlavo all'inizio, ricordata dalla sentenza n. 22 del 1967 che sta a fondamento dell'assicurazione infortuni possa reggere a questa continua diaspora di voci di danno che sono rientrate nell'alveo della responsabilità civile ordinaria, con tutto quello che ne segue anche in termini di praticabilità delle polizze assicurative oggi vigenti, già esistenti, a copertura dei rischi degli articoli 10 - 11 del Testo Unico.

Non vi è dubbio che questo tema, al di là della sua apparente marginalità rispetto al danno patrimoniale e al danno morale, invece, è un tema suscettibile da scardinare il sistema dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. E anche vero che, nel momento in cui fosse inserita nel sistema assicurativo, la problematica del danno biologico sottratta al sistema risarcitorio di carattere generale si gioverebbe poi di tutta una serie di “recuperi” (il regime di esonero, la praticabilità del regresso, da parte dell'istituto o della surroga), ma evidentemente, in un caso come nell'altro, siamo per il solo fatto dell'individuazione di un titolo autonomo di responsabilità dai contorni non ancora sufficientemente chiari davanti ad un rischio di duplicazione di tutele ad un ampliamento dell'area di responsabilità complessiva, quella del regime generale e/o quella del regime speciale.

Si consideri, infine, che per effetto della giurisprudenza ordinaria e costituzionale che qui non merita elencare l'area dell'esonero della responsabilità si è significativamente ampliata rispetto all'originaria impostazione, esponendo il datore di lavoro responsabile all'azione per il danno c.d.

differenziale ed all'azione di regresso dell'istituto assicuratore anche prescindendo assolutamente dalla pregiudizialità penale ormai non più vigente e sulla base anche di un semplice decreto penale non opposto per violazione specifiche norme infortunistiche, sulla cui individuazione certo non fa opera di chiarezza il recente D.Lvo n. 626/1994 e successive modificazioni.

Appare, allora, auspicabile un intervento legislativo che operi una revisione della materia e non escluda a fini di semplificazione soluzioni incisive che ben potrebbero giungere alla soppressione dell'azione di regresso dell'ente assicuratore.

Riferimenti

Documenti correlati

IV CORSO DI QUALIFICAZIONE ED AGGIORNAMENTO IN MEDICINA ASSICURATIVA ed.m. Anatomia

Ecografia /Patologie associate Capo Lungo del Bicipite. Collana

Il lucro cessante, quale danno che l’individuo subisce per mancato guadagno in conseguenza della situazione prodotta da un fatto illecito, quale danno a contenuto economico, non

Molto spesso il rapporto dei medici del richiedente e dell'imputato sono in pieno accordo, pertanto, in questi casi, è molto probabile che la richiesta di risarcimento

(cioè, autonomamente risarcibile se ed in quanto provato nella sua dipendenza causale ed entità), tali liquidazioni (in base alle argomentazioni riportate) non hanno più (se

E' proprio dal contrasto di queste diverse teorie che emerge più forte quella esigenza, allora non pienamente avvertita, di risarcire in ogni caso il danno che la persona,

Ciò si lega alla giovane età in cui gli adolescenti italiani accedono alla rete e alla scarsa consapevolezza da parte dei genitori sui rischi conseguenti. Il 17% dei ragazzi

c) (omissis).. Risarcimento del danno per le lesioni di lieve entità. Il risarcimento dei danni alla persona di lieve entità, definito secondo i parametri di cui alle