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CAPITOLO TERZO

UN QUADRO DELLA DISCIPLINA DEI SERVIZI

PUBBLICI LOCALI SOPRATTUTTO SUI NUOVI

ASSETTI ORGANIZZATIVI E MODELLI DI GESTIONE

NELLA

FINANZIARIA

2002

E

NELLA

LEGGE

N.326/2003 E NELLA FINANZIARIA 2004

1. Modelli di gestione introdotti dalla finanziaria per il 2002

Nel presente capitolo si procederà a ricostruire in maniera sintetica la disciplina dei servii pubblici locali a partire dalla finanziaria per il 2002(legge 448 del 2001) art.35 fino alla ultima in ordine cronologico legge che ha riformato il sistema di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali, l.326 del 2003, (legge finanziaria per il 2004)1.

L’art.35 che ha introdotto, dopo un decennio di dibattiti e discussioni, una prima disciplina dei servizi pubblici locali ma frutto d i una approvazione affrettata dal legislatore che proprio per la rapidità con cui il parlamento la ha

1Legge 28 dicembre 2001 n.448 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria del 2002) in GU 29 dicembre 2001 n.301 art.35 suppl. ordinario 285;

D.L. 29 settembre 2003 n.269 Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione

dell’andamento dei conti pubblici in GU 2 ottobre 2003 n,229 all’Art.14 convertito con modifiche

in legge n. 326 del 2003 che modifica gli articoli 113 e 113 bis del Dlgs 267/2000(TUEL); legge 24 dicembre 2003 n.350 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria del 2004) art. 4 comma 234 ss in GU 27dicembre 2003 n. 299 .

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varata inserendola addirittura in una legge finanziaria, si presenta come noma poco chiara e lacunosa.

Il comma 1 dell’art.35 specifica che le disposizi oni normative si applicano ai servizi locali di rilevanza industriale distinguendo tra servizi a rilevanza industriale e non a rilevanza industriale senza tuttavia fornire una definizione dell’uno e dell’atro tipo di servizi e senza specificare un elenco sia pure approssimativo.

Esso rinvia ad un regolamento del governo, da emanarsi entro 30 giugno del 2002, il compito di individuare i servizi sopradetti . Tuttavia il regolamento di attuazione non è mai stato emanato e attualmente il problema è stato superato dalla legge 350 del 2003 (finanziaria per il 2004 ) che ha abrogato in parte lo stesso art. 35 legge 448/2001.

Prescindendo da un esame analitico dell’art.35 dal momento che ormai è stato superato dalla finanziaria per il 2004 che ha innovato profond amente il precedente impianto legislativo va precisato che sin dalla emanazione si sono profilati dubbi di costituzionalità dell’art.35 che infatti è stato impugnato davanti alla Corte Costituzionale per contrarietà all’art.117 e 118 della Costituzione2. Tuttavia non si è arrivati ad una pronuncia della Corte Costituzionale perché la norma è stata abrogata parzialmente dalla successiva normativa contenuta nella legge 326 del 2003(art.14) e legge 350 del 2003(art.4 comma 234 ss.) anche essa impugnata e conc lusasi con la importante sentenza 272/2004 della Corte Costituzionale.

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Olivieri L. L’incostituzioanlità dell’art.35 comma 16 della legge 448 del 2001 in tema di servizi

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2. Punti salienti disciplina dei servizi pubblici locali introdotta dell’art.35 L.448/2001

I punti principali della riforma introdotta dall’art.35 L.448/2001 riguardano essenzialm ente:1-la separazione tra la titolarità e la gestione dei servizi pubblici locali; 2 - la separazione della proprietà e della gestione delle reti e degli impianti dall’erogazione del servizio;3 - l’affidamento mediante gara del servizio. Il principio fondame ntale della riforma è la separazione tra le funzioni di indirizzo e di programmazione che spettano agli enti locali e le funzioni di gestione che possono essere affidate agli operatori del mercato.

In particolare il comma 5 della norma, dispone che la tito larità del servizio è trasferita a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica. Quindi si vuole favorire la privatizzazione delle aziende pubbliche di erogazione di servizi pubblici locali con conseguente arretramento della mano pubblica e riduzione della discrezionalità eccessiva dei manager pubblici nella gestione delle imprese. La norma vuole dichiaratamente favorire la privatizzazione e la sottoposizione alla concorrenza nel mercato delle impres e di servizi pubblici locali della erogazione dei servizi pubblici, collegandola alla liberalizzazione del settore nella consapevolezza che la sottoposizione della impresa alla concorrenza del mercato può dar effetti positivi (contendibilità e quindi maggi ore efficienza) solo se accompagnata dalla liberalizzazione.

In relazione alle reti, agli impianti e alle infrastrutture necessarie per l’erogazione del servizio il comma 2 dell’art.35 prevede il mantenimento della proprietà pubblica delle reti e degli imp ianti, lasciando agli enti locali la facoltà di scegliere la gestione diretta di tale proprietà oppure mediante una società che

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deve comunque essere a maggioranza pubblica(quindi la maggioranza deve essere detenuta dagli enti locali) che rimane incedibile.

Inoltre viene sancito l’obbligo entro un anno dalla entrata in vigore della legge 448 del 2001 per gli enti locali di procedere alla separazione della proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni dalla società di gestione di cui detengono il controllo.

Le infrastrutture verranno conferite ad una società che avrà forma di società per azioni controllata dagli enti locali e la cui proprietà sarà inalienabile. Quindi il principio generale sancito dal legislatore è che la proprietà degli impiant i e delle reti deve rimanere pubblica, mentre la gestione può anche essere affidata a terzi.

Infine nelle ipotesi in cui le norme di settore stabiliscono che le gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione di servizi pubblici locali deve essere separata dalla erogazione gli enti locali possono scegliere le forme di gestione degli impianti tra l’affidamento diretto ad una società pubblica appositamente costituita oppure individuazione mediante gara e contratto di servizio di una impresa p rivata.

Il fulcro della riforma, che costituisce il punto chiave della nuova disciplina, va ricercato nella introduzione della gara come regola generale per la selezione della società di gestione dei servizi pubblici locali. Tale scelta del legislatore è legata alla volontà ben precisa di promuovere la concorrenza c.d. per il mercato laddove per le peculiarità del servizio (es.monopoli naturali -servizi a rete) non è possibile la concorrenza nel mercato.

La scelta della gara come criterio generale nella elez ione dell’incumbent’ è stato da molti autori criticata in quanto non necessariamente si è rivelata favorevole alla effettiva liberalizzazione del settore e non da tutti è stata condivisa in fase di discussione ed approvazione della legge 448/2001.

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Tuttavia la Comunità europea ha più volte sancito il principio generale dell’obbligo di gara nella scelta delle società per la gestione dei servizi pubblici in quanto criterio più rispettoso della libera concorrenza, più garantistico della parità di accesso e non discriminazione degli operatori al mercato e della trasparenza delle procedure di selezione. Pertanto la stessa Commissione ha sempre espresso parere favorevole alle procedure ad evidenza pubblica nella gestione dei servizi pubblici.

La norma contenuta nella legge 448/2001 distingue tra imprese di erogazione del servizio e imprese di gestione delle reti e degli impianti e per queste ultime consente l’affidamento diretto mentre per le prime ritiene necessaria ed obbligatoria la gara.

In realtà il punto è controverso secondo alcuni commentatori deriva dalla combinazione dei commi 5 e 12 in quanto dal combinato disposto emergerebbe che per le società di erogazione del servizio la privatizzazione e la selezione del socio privato in base a gara siano complem entari e non scindibili, quindi secondo questa ottica vi sarebbe un risvolto positivo e certamente pro concorrenziale.

Accanto ai commi suddetti rimane il comma 4 dell’art.35, che mantiene il criterio dell’affidamento diretto a società di capitali con la partecipazione maggioritaria degli enti locali della gestione delle reti e degli impianti e quindi non favorisce la concorrenza per il mercato in questo segmento ma predilige una forma di gestione diretta. L’aspetto criticato e poco chiaro secondo molti autori sarebbe proprio la discontinuità che si verrebbe a creare, qualora la norma fosse applicata, tra le modalità di gestione con esternalizzazione del servizio affidato ad una società per azioni e le modalità di affidamento del

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servizio secondo regole concorrenziali, mentre nel caso dei servizi pubblici locali in monopolio naturale questi due aspetti dovrebbero essere collegati3.

Infine l’art.35 prevede una complessa regolamentazione della fase transitoria ( dedica 12 commi dal 2 al 14) a questa fase con lo scopo di incentivare in tale fase lo sviluppo delle imprese pubbliche in modo da potere essere competitive.

Senza esaminare i singoli commi appare importante mettere in rilievo che seguendo una lettura estensiva delle disposizioni dei commi 3 e 4 è possibile prolungare la fase transitoria fino a 10 anni durante i quali viene salvaguardato l’affidamento diretto e quindi procrastinata la introduzione di una effettiva concorrenza nei mercati dei servizi pubblici locali.

Questo è sicuramente un punto debole della riforma che contrasta con i principi comunitari di trasparenza, uguaglianza e parità di trattamento e inoltre rende ancora più complessa una effettiva liberalizzazione dei servizi pubblici locali.

Infine il legislatore dispone che cesseran no alla fine del periodo transitorio tutti gli affidamenti in corso sia che siano nei confronti di imprese pubbliche che private fatta eccezione per le concessioni ottenute mediante gara ed entro lo stesso termine dovranno essere indette le gare per l’affi damento (comma 14).

Resta da aggiungere che il comma 15 dell’art.35. introduce un nuovo articolo , art.113 bis del Dlgs 267/2000, per regolare i servizi pubblici privi di rilevanza industriale.

Tuttavia mentre è chiara la volontà del legislatore di introdu rre un differente regime per i servizi pubblici locali a rilevanza industriale, regolati dal

3

Per un commento si veda Losco V. “La riforma dei servizi pubblici locali secondo l’art.35 della

legge finanziaria 2002”, in Economia Pubblica n.3 del 2003 p.33 e ss.

Per una trattazione generale della disciplina dei servizi pubblici locali si veda AAVV ”I servizi

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novellato art. 113 del Dlgs 267/2000 e i servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale, disciplinati dall’art.113 bis del medesimo Dlgs, non risulta affat to chiaro quali siano i criteri distintivi per stabilire quali servizi rientrino nell’una o nell’altra fattispecie. Infatti il legislatore si astiene dal fornire una definizione di carattere industriale del servizio rimettendone la determinazione al regolamento governativo previsto dal comma 16 per l’esecuzione e la attuazione dell’art.35 e per la individuazione dei suddetti servizi.

A prima lettura della norma e della relazione sui lavori preparatori verrebbe da pensare alla dottrina che generalmente ricon duce il carattere industriale di servizio pubblico alla valenza economica e imprenditoriale dello stesso, rifacendosi alla nozione civilistica di impresa intesa come ”attività

economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi” art.2082 c.c. 4

3. La riforma dei servizi pubblici locali introdotta dalla finanziaria del 2004 e dall’art.14 del DL 269 /2003. In particolare modelli di gestione e affidamento dei servizi pubblici locali delle reti e degli impianti

La disciplina dell’art. 35 è stata impugnata da alcune regioni perché ritenuta invasiva delle competenze ad esse attribuite dal Titolo V della Costituzione peraltro l’art.117 della Costituzione non contemplerebbe i servizi pubblici locali tra le materie di esclusiva

4Per commenti alla riforma dei servizi pubblici locali operata dall’art.35 l.448/2001:

Cerulli Irelli V. La gestione dei servizi pubblici privi di rilevanza industriale, relazione al convegno

“La riforma dei servizi pubblici locali alla luce della finanziaria del 2002 e della normativa comunitaria”Milano Paradigma 18-19 febbraio 2002.

Dugato M.I servizi pubblici locali, in Giornale di diritto Amministrativo, n. 2 del 2002 pp.218 ss Montella U. Verso il superamento della distinzione tra pubblica funzione e pubblico servizio e

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competenza statale e né di competenza concorrente con la conseguenza che rientrerebbe nella competenza legislativa regionale.5 Questa conseguenza rimarrebbe secondo la posizione delle regioni ricorrenti ferma anche esaminando le competenze di natura trasversale che l’art.117 comma 2 riserva allo Stato in via esclusiva.

La dottrina infatti ha osservato che l’art.35 è concepito in modo da non lasciare spazio alla competenza specifica delle Regioni e anche all’ente locale in materia di regolazione lascia dei margini di discrezionalità molto ristretti. Ad esempio nella parte in cui l‘art.35 prevede che un regolamento governativo di esecuzione ed attuazione debba individuare i servizi di rilevanza industriale sarebbe illegittimo perché contrasta con l’art. 117 comma 6 Cost in quanto spetta allo Stato la potestà regolamentare solo nelle materie di legislazione esclusiva.

Inoltre il 26 giugno 2002 la commissione europea ha inviato al governo italiano una lettera di messa in mora- c(2002) 2329- con cui si contesta alla normativa italiana sui servizi pubblici locali di non liberalizzare sufficientemente il mercato, prevedendo un periodo transitorio eccessivamente lungo e il perdurare di affidamenti diretti anche nella situazione a regime. In pratica le istituzioni comunitarie hanno avviato la fase precontenziosa ovvero procedura per la violazione dei principi comunitari di pubblicità e concorrenza che comporta la messa in mora mediante parere motivato ed eventualmente il ricorso alla corte di giustizia per poi esperire la azione di inadempimento attivabile dalla commissione europea ex art.226 del trattato CE nei confronti dei paesi che violini il diritto comunitario.

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Proprio per fare fronte a tali contestazioni mosse anche in sede comunitaria il legislatore nazionale è intervenuto modificando l’impianto dell’art.35 della L.448/2001.

3.1. Ambito di applicazione e principi della riforma

La disciplina dei servizi pubblici locali viene modificata dall’art 14 del D.L. n.269 del 2003 convertito in legge n.326 del 2003 che introduce nuovi modelli di gestione dei servizi pubblici locali e dall’art 4, comma 234, della legge n.350 del 2003 ( c.d. finanziaria per il 2004) che prevede nuove modalità di affidamento dei lavori connessi alla gestione delle reti e degli impianti necessari per l’erogazione del servizio6.

Le norme sopracitate - modificano sia l’art 113 che 113 bis del Dlgs 267 del 2000 che, a sua volta era già stato modificato dall’art.35 della legge 448 del 2001, sia l’art 35 medesimo- sostituiscono alla precedente distinzione tra servizi pubblici locali a rilevanza industriale e privi di tale rilevanza la nuova dizione di servizi a rilevanza economica e privi di rilevanza economica.

La norma tuttavia non specifica quali siano i servizi a rilevanza economica e altra novità viene abolito l’intervento del regolamento

6

CapicottoL.‘’Novità introdotte dalla finanziaria del 2004 e dall’art.14 del DL 269/2003 in merito

a: A) modelli di gestione e affidamento dei servizi pubblici locali; B) modelli di gestione delle reti e degli impianti; C realizzazione dei lavori connessi alla gestione della rete. Solo spiragli di Concorrenza?Pubblicato nel 2004 sul sito www.covalori.net ( link contributi) anno 2004. Un commento della normativa citata elaborato a pochi giorni dalla pubblicazione della legge n.350 del 2003.

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governativo infatti essa non demanda nemmeno al Governo il compito di farlo con un futuro regolamento governativo.

Occorre, pertanto rifarsi agli artt. 16 e 86 p.2 del Trattato Comunitario laddove si occupano di servizi di interesse economico generale7 e a quanto sancito dalla Commissione Europea nel Libro verde del 2003 e recepito nella sentenza della Corte Costituzionale n.272/2002 entrambi esaminati approfonditamente nel presente lavoro( capitoli primo e quarto).

La Corte Costituzionale richiama quanto sancito dalla Commissione europea, nel «Libro verde sui servizi di interesse generale» (COM-2003-270) del 21 maggio 2003, in cui essa afferma che le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle attività economiche. Inoltre ribadisce il carattere dinamico ed evolutivo della distinzione tra attività economiche e non economiche con la conseguenza che non sarebbe possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura «non economica»” ma dovrà essere il giudice nazionale a valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell'assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei rischi connessi a tale attività ed anche dell'eventuale finanziamento pubblico dell'attività in questione (Corte di giustizia C.E., sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001).”(v. sent Corte

7Occorre riferirsi agli articoli 16 e 86 par.2 del Trattato dove si occupano di servizi di interesse

economico generale. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia i servizi di interesse generale sono quelli volti alla collettività, cioè diretti al soddisfacimento dei bisogni generali dei cittadini o degli utenti o dei consumatori finali, a differenza dei servizi aventi rilievo economico che riguardano la collettività, e sono quelli offerti in un determinato mercato dietro il pagamento di un prezzo, o di un canone, da parte degli utenti, allo scopo di coprire i costi e remunerare il capitale investito. I servizi privi di rilevanza economica, a contrario, sono quelli aventi carattere solidaristico che non hanno scopo di lucro.

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Costituzionale n.272/2004) e delle caratteristiche dei destinatari della prestazione.

Ne discende che viene valorizzato il ruolo degli Enti locali e si apre un ampio spazio per una specifica ed adeguata disciplina di fonte regionale ed anche locale

Attualmente il quadro normativo di riferimento per i servizi di rilevanza economica è costituito da:

1) Norme del Trattato CE sui servizi di interesse economico generale;

2) nuovo art. 113 del TUEL; 3) normative di settore;

4) disposizioni residue, non abrogate, dell’art.35 della legge 448 del 2001

5) il nuovo titolo V Costituzione.

Il primo comma dell’art.113 del Dlgs 267/2000, versione modificata, stabilisce che le disposizioni in esso contenute sono volte alla tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore, fatta eccezione per i c.d. settori esclusi, ovvero settori dell’energia elettrica e del gas che restano settori disciplinati interamente dalle specifiche leggi di settore ( DLGS 79/1999 e DLGS 164 /2000 )8.

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4. Modelli di gestione per i servizi pubblici di rilevanza economica

Il comma 5 del nuovo art.113 Dlgs 267/2000 prevede tre modelli per la gestione delle local utilities, stabilendo che l’erogazione del servizio avviene, secondo le discipline di settore e dell’Unione Europea, con il conferimento della titolarità del servizio a9:

1) Società di capitali individuate mediante procedure ad

evidenza pubblica.

2) Società a capitale misto pubblico e privato nelle quali il socio privato venga scelto mediante gara con procedure ad evidenza pubblica.

3) Società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti locali titolari del capitale sociale esercitino sulle società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

8

Ai settori esclusi non si applicano nemmeno le disposizioni rimaste in vigore del vecchio art.35 della L.448 del 2001.

9

In poche parole la scelta è rimessa alla potestà discrezionale dell’ente locale titolare del servizio, il quale potrà scegliere la strada più conservatrice, mantenendo ancora in vita le società pubbliche e dunque non favorire la concorrenza in casa propria oppure potrà percorrere la strada più favorevole alla concorrenza.

Da una prima lettura non sembrerebbe una norma molto favorevole alla liberalizzazione e alla concorrenza, anche se espressamente ed in più commi l’art 113 richiama la tutela della concorrenza e il superamento degli assetti monopolistici esistenti.

Il comma 5 bis dell’art.113 prevede che le normative di settore, al fine di assicurare il superamento degli assetti monopolistici e favorire la concorrenzialità, possono introdurre delle deroghe e dei criteri di gradualità nella scelta delle modalità di conferimento del servizio.

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L’affidamento dei servizi pubblici locali a società di capitali individuate mediante gara con procedure ad evidenza pubblica è rimasta sostanzialmente invariata, anche dopo le modifiche introdotte dall’art.14 del D.L. 269/2003.

Per il servizio l’ordinamento precedente prevedeva la gara come unica possibilità di affidamento dei servizi a rilevanza industriale ora la nuova norma conferma che la titolarità del servizio dovrà essere attribuita a società di capitali individuate attraverso gare pubbliche e l’aggiudicazione dovrà avvenire secondo aspetti qualitativi, condizioni economiche, piani di investimento e contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Resta la possibilità di affidamento contestuale con unica gara di una pluralità di servizi pubblici locali ad eccezione di quelli di trasporto.

Per il socio è prevista la gara infatti la gestione dei servizi di rilevanza economica può essere affidata a società miste. Il socio privato deve essere scelto con procedure ad evidenza pubblica nel rispetto della normativa sulla concorrenza.

Infine è possibile l’affidamento diretto o c.d. in house a società a capitale interamente pubblico di gestione delle local utilities (punto 3 , comma 5, nuovo art.113 del TUEL) se 1-gli enti proprietari esercitano un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;2-la società realizza la parte più importante della propria attività con gli enti proprietari.

Il modello di affidamento diretto della gestione del servizio ad una SPA interamente pubblica è la vera innovazione rispetto alla disciplina precedente che assumeva come regola generale l’affidamento

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mediante gara della gestione e della erogazione dei servizi pubblici locali a società di capitali.

L’effetto di tale previsione sarà, probabilmente, quello di bloccare, o ritardare, le privatizzazioni e le liberalizzazioni che la

precedente normativa già non incoraggiava particolarmente e

conseguentemente, si protrarrà la effettiva competizione nel mercato e

verranno salvaguardate le imprese pubbiche tutt’ora esistenti.

Questi effetti si deducono, in primo luogo dalla circostanza che il nuovo comma 5 dell’ art.113 TUEL, non pone una corsia preferenziale per il ricorso ai modelli 1) e 2) i quali stimolano la competizione del mercato con il ricorso alla gara. Infatti il modello 3) è posto sullo stesso piano degli altri due.

In secondo luogo, il comma 5, punto 3, della norma in esame, pone dei paletti e delle condizioni piuttosto labili che consentono alla SPA interamente pubblica di ottenere l’affidamento diretto dei servizi pubblici economici.

Le due condizioni prevedono:

1) che l’ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società di capitali un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

2) che la società realizzi la parte più importante della

propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

La prima condizione non è molto chiara ma sicuramente è elastica proprio perché non prevede paletti chiari.

La seconda condizione appare ancora più elastica.

Essa richiede un’attività non esclusiva (sarebbe stata una limitazione più rigorosa ma in ogni caso non molto limitativa dal momento che ancora molte delle gestioni pubbliche vengono esercitate

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sul territorio dell’ente controllante) né un’attività maggioritaria, ma deve trattarsi di attività che si svolge nel territorio dell’ente o degli enti controllanti, posto che se si consentisse l’affidamento diretto del servizio ad una società che opera sul mercato, verrebbero violate le

norme comunitarie a tutela della concorrenza e della non

discriminazione, risultando, in definitiva, favorita la anzidetta società rispetto agli altri concorrenti, ed alterando la par condicio tra le imprese concorrenti.

Nessuna violazione si verifica quando si tratta di società che non operano nel mercato o vi operano in posizione marginale, ma che piuttosto si configurano come una longa manus della pubblica amministrazione. In tale definizione rientrano, certamente, quelle che svolgono la loro attività esclusivamente, o quasi, a favore della amministrazione pubblica a cui sono collegate e che le controlla.

Altrettanto elastico è il riferimento al concetto di importanza della parte di attività svolta dall’ ente che, francamente, non sembra limitare e restringere affatto il ricorso da parte degli enti locali alla SPA pubblica.

La scelta sul modello di gestione delle local utilities sembra dunque completamente rimessa alla potestà discrezionale degli enti locali.

Dipenderà dalla volontà di questi soggetti il maggiore o minore grado di concorrenza, così come l’efficienza ed efficacia della gestione.

In particolare si delinea il modello di gestione c.d. in house providing che consente di aggirare l’obbligo di gara e di procedure ad evidenza pubblica.

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La nozione di in house è chiaramente giurisprudenziale sia comunitaria che nazionale e trova la propria delimitazione in numerose pronunce.

5. La delicata questione dell’ ‘In house providing’ in

giurisprudenza

Alla luce del quadro normativo esaminato diventa essenziale comprendere cosa debba intendersi per affidamento in house providing visto che è la ipotesi in cui è consentito affidamento diretto della gestione dei servizi senza obblighi di procedure ad evidenza pubblica e senza limiti di durata temporale.

La posizione assunta dai giudici comunitari e nazionali sul delicato tema degli affidamenti in house ha oscillato negli ultimi anni soprattutto da parte degli interventi giurisprudenziali della Corte di Giustizia dell’Ue in tema di affidamento diretto dei servizi pubblici locali che sono state oggetto di puntuale recepimento da parte dei giudici nazionali rispettosi dell’orientamento restrittivo nella interpretazione dei requisiti dell’affidamento in house providing. La decisione più recente è la sentenza dell’11 maggio 2006, C -340/04 intervenuta pochi mesi dopo la sentenza del T.A.R. Lazio, sezione di Latina, 5 maggio 2006, n. 310 che ha affrontato il medesimo tema del controllo analogo.

Tali pronunce si presentano particolarmente significative in quanto attestano lo sforzo compiuto dai giudici nazionali e comunitari di definire concetti, forse un po’ troppo generici, quali quello del

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“controllo analogo” e quello “della parte più importante dell’attività svolta dall’affidataria”, coniati a suo tempo dalla nota sentenza “Teckal”.

5.1. Principi generali di origine giurisprudenziale

Tale sentenza TECKAL richiama il diffuso e consolidato orientamento della Corte di Giustizia della Comunità europea che rinviene i tratti qualificanti della "delega interorganica" nell'assenza di un vero e proprio rapporto contrattuale tra un’amministrazione aggiudicatice e la persona giuridica destinataria dell’affidamento di un servizio, in quanto l'ente conferente esercita sul prestatore del servizio un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, e tale

persona (giuridica) realizza la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti che la controllano (sentenza del 18 novembre 1000, in causa C-107/98, Teckal).

In base alla pozione della Corte di Giustizia due sono pertanto le condizioni che possono giustificare la deroga alla applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici e affidamenti di servizi, ovvero 1) la circostanza che l’affidamento avvenga in favore di soggetti giuridicamente distinti dall’amministrazione conferente affidante del servizio, ma comunque tali soggetti affidatari devono essere elementi del sistema amministrativo che fa capo alla amministrazione controllante e titolare del servizio. Questo principio equivale sostanzialmente che i soggetti affidatari devono essere privi, rispetto alla amministrazione della qualità di "terzi" – (elemento formale: s. 18 novembre 1000, in causa C-107/98, Teckal ; e s.14

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novembre 2002, in causa C-310/01, Diddi e Comune di Udine); e

perciò occorre che il destinatario dell’appalto di servizi svolga la parte più importante della propria attività in favore di tale amministrazione (elemento che connota il destinatario dell’attività espletata: s.7

dicembre 2000, in causa C-94/99, Arge, e s.7 dicembre 2000, in causa C-324/98, Telaustria).

Sul tema dell’in house providing la giurisprudenza è foltissima e merita di essere esaminata la recentissima sentenza dell’11 maggio 2006, conclusiva del procedimento C-340/04. La decisione è interessante perché i giudici comunitari hanno affrontato una controversia riguardante la fornitura di combustibili e la manutenzione degli impianti termici a favore del Comune di Busto Arsizio (MI) disciplinata attraverso la stipula di contratti, qualificati come appalti di fornitura, aggiudicati, senza gara, alla società Agesp S.p.a., in ragione del controllo esercitato sul soggetto affidatario dal Comune mediante l’Agesp holding S.p.a, società a capitale interamente pubblico.

Più nel dettaglio, mentre la Agesp holding S.pa. era interamente controllata dal Comune di Busto Arsizio, la Agesp S.p.a., affidataria del servizio, veniva controllata dalla Agesp holding S.p.a. nella misura del 99,98%. Proprio in ragione di questo controllo mediato, il Comune di Busto Arsizio riteneva che l’Agesp S.p.a. non costituisse una persona giuridica diversa dall’ente affidante e che, pertanto, non esistesse un vero e proprio contratto a titolo oneroso tra la p.a. aggiudicatrice ed il soggetto affidatario, versandosi, al contrario, in una ipotesi di affidamento in house secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia con la sentenza “Teckal”.

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La Corte ha attraverso numerosi e progressivi interventi individuato gli indici di riconoscibilità "dell’assenza di autonomia

decisionale" essi devono sussistere cumulativamente e consistono in:

1- "dipendenza finanziaria, da ravvisarsi nella relazione

proprietaria, sotto la forma della partecipazione pubblica, diretta o indiretta, nella società" (s.10 novembre 1998, in causa C-360/96, Arnhem); e

2- "dipendenza amministrativa, in termini sia gestionali che

organizzativi" (s.9 settembre 1999 in causa C-108/98, RI.SAN ).

Chiariti tali essenziali requisiti la Corte ha poi specificato che il rapporto di terzietà rilevante ai fini dell’applicazione delle regole comunitarie è da escludere in presenza di un "assoluto potere di

direzione, coordinamento e supervisione dell’attività del soggetto partecipato" da parte dell’amministrazione controllante, e che tale presupposto può ritenersi soddisfatto quando tra i due soggetti sussiste "un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica, situazione che si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario (c.d. "controllo analogo")".

Sulla strada tracciata attraverso le pronunce citate i Giudici comunitari sono intervenuti successivamente per delimitar e i confini dei due requisiti imprescindibili richiesti per procedere all’affidamento diretto di un servizio: 1- “controllo analogo” e 2- “svolgimento della parte più importante dell’attività a favore dell’ente locale”

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Quanto al “controllo analogo”, la Corte, riprendendo il ragionamento svolto nella sentenza “Parking Brixen”, improntato sull’effettività e concretezza del sindacato, riconduce la nozione di “controllo” nell’alveo dell’esercizio da parte dell’ente affidante di un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti delle società partecipate, avendo cura di precisare che la detenzione in mano pubblica dell’intero capitale sociale dell’affidataria non è elemento sufficiente e decisivo ai fini della sussistenza del requisito in parola. Ancora. Ripercorrendo lo snodo argomentativo svolto nella sentenza “Parking Brixen” i giudici europei escludono nel caso sottoposto al loro vaglio la sussistenza del “controllo analogo” in ragione oltre che dell’ampiezza dei poteri attribuiti al Consiglio di Amministrazione della società anche dell’assenza di specifiche riserve a favore del Comune10.

“In sostanza, il controllo dell’ente pubblico risulta circoscritto

all’esercizio dei semplici poteri riconosciuti dal diritto societario ai soci di maggioranza, senza alcuna previsione aggiuntiva a beneficio dell’ente con la conseguenza che, trattandosi di un controllo esercitato in via indiretta (mediante una holding), nessuna significativa influenza sugli obiettivi strategici e sulle decisioni importanti dell’affidataria

potrà essere esercitata dall’amministrazione aggiudicatrice”11.

Quanto alla definizione dell’altro requisito dell’ affidamento diretto del servizio che sarebbe “lo svolgimento della parte più

importante dell’attività a favore dell’ente controllante”la Corte nel

10

Il commento è di GUZZO G. ”Servizi pubblici locali e affidamenti in house

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delinearlo muove dall’esigenza di tutelare il libero gioco della concorrenza.

“Il naturale corollario che discende da tale presupposto è che i principi comunitari non trovino applicazione nei soli casi in cui l’impresa non sia attiva nel mercato, dunque, in concorrenza con altri soggetti economici, e che le sue prestazioni siano rivolte in via esclusiva all’ente partecipante. Dal che ne discende che ogni altra diversa attività da quella principale, svolta dalla affidataria, deve

essere considerata assolutamente marginale12”.

La Corte di Giustizia si sofferma sul vincolo funzionale che lega l’affidataria all’amministrazione aggiudicatrice ritenendo che esso implica necessariamente che l’impresa debba svolgere la propria attività all’interno del territorio del soggetto pubblico cui è legato

funzionalmente da dipendenza gerarchica anche se la Corte non

considera l’extra territorialità un elemento decisivo ai fini della verifica della sussistenza del “controllo analogo”.

Ciò che la Corte ritiene decisivo è la circostanza che l’affidataria realizzi il proprio fatturato direttamente nei confronti dell’ente pubblico. Questa condizione imprescindibile ricorre anche nel caso in cui l’attività svolta dall’impresa a favore della amministrazione aggiudicatrice sia fatturata agli utenti in ragione di una specifica decisione assunta dall’ente locale controllante.

11

Guzzo G. op.cit.

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Tale aspetto rappresenta una particolare novità ed è prova di un orientamento che cerca di restringere il campo dell’affidamento in house.

Ancora il successivo sviluppo logico argomentativo introduce ulteriori aspetti di riflessione in merito all’ipotesi di affidamento congiunto del servizio da parte di più comuni. Infatti in questi casi, i giudici ritengono che la parte più importante dell’attività svolta dall’affidatario debba essere valutata con riferimento a tutti gli enti complessivamente considerati e non a questo, piuttosto che quell’altro, soggetto pubblico. Infine, i giudici comunitari sollevano la questione in merito all’applicazione dei principi codificati con la sentenza Teckal agli appalti di servizi.

In questo quadro giurisprudenziale merita attenzione la sentenza del giudice amministrativo: T.A.R. Lazio – Latina, 5 maggio 2006, n. 31013.

I giudici nazionali assumono una posizione particolarmente e rigorosa e rispettosa dell’orientamento comunitario nella pronuncia del TAR Lazio – Latina, 5 maggio 2006, n. 310 rispetto ad altre decisioni.

La sentenza rappresenta un emblematico caso di applicazione eccessivamente restrittiva dei principi codificati dalla giurisprudenza comunitaria, in particolare di quelli fissati con la sentenza “Stadt Halle” e “Agesp”, in quanto viene ignorata la indispensabile esigenza di un concreto sindacato sull’assetto societario per valutare le specificità dei rapporti esistenti al fine di individuare o meno i requisiti del controllo

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analogo sulla scorta tra l’altro di quello che la Corte di Giustizia nella sentenza del 6 aprile 2006 ( C-410/04) aveva auspicato.

I giudici laziali, con un decisum perfettamente in linea con la più attuale elaborazione giurisprudenziale comunitaria della Corte di giustizia dell’Ue in materia di affidamento di appalti in house, hanno ritenuto illegittimo l’affidamento del servizio pubblico locale ad una società mista pubblico – privata in cui il socio di minoranza sia stato scelto all’esito dello svolgimento di una procedura concorsuale.

I giudici amministrativi, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia espressa nelle sentenze “Stadt Halle” fino alle più recenti “Modling” e “Agesp”, ha considerato lesivo dei principi comunitari l’affidamento diretto di un servizio pubblico locale ad una società mista ritenendo la semplice presenza del capitale privato anche se di minoranza incompatibile con l’esercizio di “un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi” in perfetta coerenza con i principi già espressi dai giudici comunitari con la sentenza “Teckal”.

La partecipazione societaria del privato è vista in maniera negativa perché introdurrebbe nella dinamica societaria interessi ed obiettivi diversi da quelli propri della p.a., impedendo quindi alla società affidataria di comportarsi come soggetto meramente delegato dall’ente aggiudicatore. Questo secondo il Tar Lazio altererebbe il libero gioco della concorrenza dovuto alla presenza di un soggetto privato all’interno del modulo societario che obbedisce a logiche diverse rispetto a quelle tipicamente pubbliche, con conseguente violazione della stessa parità di trattamento tra soggetti economici che si contendono il medesimo mercato.

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Infine i giudici laziali arrivano ad evidenziare come il concetto di trasparenza deve essere salvaguardato non solo nel corso della gara quanto prima dell’inizio della procedura concorsuale. Con la conseguenza che la trasparenza dell’azione amministrativa presuppone la predisposizione di modalità tali da rendere possibile ad una impresa che operi in uno Stato membro diverso “(…) di avere accesso alle

informazioni adeguate riguardo alla detta concessione prima che essa sia attribuita, di modo che tale impresa sarebbe stata in grado di manifestare il proprio interesse a ottenere la detta concessione”

Recentemente il Consiglio di Stato ha precisato i requisiti per l’affidamento dell’in house providing ricordando che “Vero è che in base all'art. 113, c. 5 lett. c), del D. Lgs. n°267/2000, anche la gestione dei servizi di rilevanza economica può essere affidata senza gara "a società a capitale interamente pubblico", ma ciò, "a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano" (c.d. affidamento in house

providing). Ricorda il Consiglio di Stato che “Secondo la

giurisprudenza amministrativa e comunitaria, "per controllo analogo si intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario" (così Cons. Stato, VI Sez., 25/1/2005 n°168, si veda anche Corte Giust. C. E. 18/11/1999, in causa C-107/98). Infine riportandosi alla fattispecie del caso di specie che concerne l'affidamento diretto da parte di un ente locale ad una

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società a capitale pubblico maggioritario dei servizi pubblici di gestione della comunità alloggio per minori, del centro educativo diurno per minori e della mensa sociale, di assistenza domiciliare in favore di persone anziane e/o svantaggiate, consegna di pasti caldi a domicilio, lavanderia e stireria, nonché gestione del centro di aggregazione per anziani, precisa che “ il controllo esercitato sulla società dal comune non ha le caratteristiche volute dalla riferita disposizione normativa, in quanto gli amministratori, fintanto che sono in carica, gestiscono autonomamente le attività societarie senza che il Comune abbia alcun potere di intervento sui singoli atti gestionali. Tutto ciò esclude la presenza di una relazione di subordinazione gerarchica”. (Consiglio di Stato, Sez. V, 30/8/2006 n. 5072)

6. Servizi non economici

Per i servizi non economici la norma prevede che sono gestiti in regime di affidamento diretto.

E’ possibile affidare i servizi ad istituzioni, aziende speciali, consorzi e società in house.

La gestione in economia è consentita nel caso di ridotte dimensioni o di particolari caratteristiche del servizio gestito.

Non è più possibile l’affidamento a terzi.

Per i servizi culturali e del tempo libro sarà possibile l’affidamento diretto ad associazioni e fondazioni costituite o partecipate dall’ente locale.

In merito alla proprietà delle reti resta confermato il principio della proprietà pubblica delle reti delle infrastrutture necessarie per

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l’erogazione dei servizi. In particolare 1-gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti delle reti dei servizi pubblici di rilevanza economica. 2- E’ possibile il conferimento di tali beni a società a totale capitale pubblico incedibile. 3- Gli enti locali detentori della maggioranza del capitale delle società per la gestione di servizi di rilevanza economica , che siano proprietarie anche delle infrastrutture, dovranno effettuare lo scorporo delle reti e degli impianti.

Il comma di riferimento 13 del nuovo art.113 TUEL dispone che la proprietà delle reti può essere affidata dagli enti locali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile.

La novità consiste nel dover essere la società proprietaria delle reti interamente pubblica, mentre l’art.35 della legge 448 del 2001 richiedeva la maggioranza pubblica. Ne deriva che non è più possibile costituire, al tale scopo delle società miste.

Sembra possibile ritenere che le società miste esistenti non devono essere trasformate in società a totale capitale pubblico sia perché costituite quando era consentito che le società in questione fossero a maggioranza pubblica, sia perché non è stato imposto alle esistenti alcun obbligo di trasformazione.

Le leggi di settore possono vietare che la proprietà delle reti venga conferita a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Ma attualmente non esistono leggi di settore che sanciscano tale divieto.

Infine, deve darsi atto che l’art.35 comma 9 della legge n.448 del 2001 resta immutato. Esso dispone che, in attuazione dei commi 2 e 13 dell’art.113 del TUEL, gli enti locali che detengano la maggioranza del capitale sociale della società di gestione del servizio pubblico locale,

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che siano proprietarie delle reti e degli impianti e delle altre dotazioni per l’esercizio dei servizi pubblici locali, provvedano ad effettuare lo scorporo delle reti e degli impianti che devono essere conferite ad una società con le caratteristiche indicate dal comma 13 dell’art.113 del TUEL.

Dalla lettura combinata del comma 13 del nuovo art.113 del TUEL e del vecchio comma 9 dell’art.35 della l.448 del 2001 sembrerebbe che lo scorporo debba avvenire in favore di una società interamente pubblica.

Deve concludersi che le società a capitale interamente pubblico, alle quali sia stato affidata in house la gestione di un pubblico servizio non siano obbligate allo scorporo ex art.35, comma 9, l.448 del 2001, dal momento che in tal caso le reti, gli impianti e le dotazioni patrimoniali rimangono, comunque di proprietà di una società interamente pubblica.

Tuttavia, l’apertura di tale società all’ingresso di soci privati determinerà l’obbligo di procedere allo scorporo.

Per quanto concerne la gestione delle reti le discipline di settore stabiliscono i casi in cui è possibile affidare a soggetti diversi l’attività di gestione delle reti e degli impianti e quella di erogazione vera e propria dei servizi.

Se la gestione delle reti fosse separata dall’attività di erogazione dei servizi, essa potrà essere svolta:-in regime di affidamento diretto da società in house;-con gara;-senza la gara si applicherà la ‘’Merloni’’ per appalti.

In conclusione in merito alla separazione tra gestione della rete e degli impianti ed erogazione del servizio, l’art.14 del D.L. 269 del 2003

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introduce una sola novità, prevedendo che la gestione della rete-quando la disciplina di settore stabilisce che questa venga separata dall’erogazione del servizio- può essere affidata ad imprese idonee, oppure affidata direttamente a società a capitale interamente pubblico aventi le caratteristiche descritte al punto 5.9 e seguenti (c.d. affidamenti in house, di cui già si è detto).

7. Particolare regime transitorio

In base al regime transitorio le concessioni senza gara scadono automaticamente entro il 31 dicembre 2006. Non cessano per quella data le concessioni a società miste con socio privato scelto con gara o quotate al 1 ottobre 2003. Al contrario gli affidamenti in house continuano.

Sono previste delle proroghe rispetto al 2006 di un anno nel caso di fusioni con un bacino di utenza almeno raddoppiato; di due anni se l’ambito è provinciale o corrispondente all’ATO.

Il differimento del termine deve comunque essere concordato dalla Commissione Europea che valuterà caso per caso.

Con decorrenza dall’anno 2007 si applicherà il divieto di partecipazione gare degli affidatari diretti tranne per le prime gare.

8. La realizzazione dei lavori connessi alla gestione della rete

Un aspetto innovativo inserito nella legge 350 del 2003 concerne la realizzazione dei lavori connessi alla gestione della rete.

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L’art.4 comma 234 della l.n.350 del 2003 introducendo il comma 5 ter del nuovo art.113 del TUEL disciplina le modalità mediante le quali i soggetti gestori delle reti e degli impianti devono provvedere alla esecuzione dei lavori connessi alla gestione della rete e degli impianti stessi.

La norma disciplina distintamente due ipotesi:

A) La gestione della rete, separata o integrata, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica;

B) La gestione della rete, separata o integrata, è avvenuta con gara ad evidenza pubblica;

Nella fattispecie sub. A, i soggetti gestori devono provvedere alla esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete, esclusivamente mediante:

a) contratti di appalto o di concessione di lavori

pubblici, aggiudicati a seguito di procedura ad evidenza pubblica;

b)in economia nei limiti di cui all’art.24 della legge 109 del 1994 e s.i.m. e all’art.143 del DPR 554 del 1999.

Nella fattispecie sub. B occorre ulteriormente distinguere a seconda che la gara espletata abbia avuto ad oggetto: a) la gestione del servizio relativo alla rete e l’esecuzione dei lavori connessi; b)esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete.

Nella prima ipotesi sub a), il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della rete, purché sia qualificato ai sensi della normativa vigente.

Nella seconda ipotesi sub. b), il soggetto gestore deve, invece, appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente.

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La normativa sopradescritta non è applicabile ai settori dell’energia elettrica e del gas, ai sensi del comma 1, art.113 del TUEL che lo esclude espressamente pertanto questi rimangono disciplinati dalle leggi di settore.

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