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Infatti furono i popoli caucasici, mesopotamici e poi egizi ed ebrei che “ingentilirono” la “Vitis silvestris” (vite selvatica), tramite la selezione delle varietà più produttive, trasformandola in “Vitis vinifera sativa” (Fregoni M.,2005)

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INTRODUZIONE

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1 – LA VITICOLTURA

1.1 – CENNI STORICI SULLA VITICOLTURA

La vite è una pianta antichissima che da oltre 100 milioni di anni è presente nelle zone temperate del pianeta, evolvendosi nelle diverse specie. Di queste ultime però, solo una è stata veramente

“domesticata”, cioè selezionata, coltivata ed i suoi frutti trasformati in vino, ovvero la “Vitis vinifera sativa” chiamata volgarmente “Vite europea”.

L’aggettivo “europea” però, può trarre in inganno circa le vere origini della vite, che in realtà sono asiatiche. Infatti furono i popoli caucasici, mesopotamici e poi egizi ed ebrei che “ingentilirono” la

“Vitis silvestris” (vite selvatica), tramite la selezione delle varietà più produttive, trasformandola in “Vitis vinifera sativa” (Fregoni M.,2005).

Molto probabilmente la produzione del vino è iniziata verso la fine del neolitico, VIII millennio a.C., in seguito ad una casuale fermentazione di uva di viti spontanee conservata in rudimentali recipienti. Presso alcuni insediamenti umani preistorici sono stati, infatti, trovati cumuli di semi di Vitis silvestris, che potrebbero essere i residui di primitivi processi di vinificazione effettuati dentro buche scavate nella terra, come veniva fatto ancora nel secolo scorso in alcune località del Caucaso (Pisani Barbacciani, 1999).

L’evoluzione della viticoltura e dell’enologia, dalla preistoria ad oggi, non è altro che il frutto di tutte le grandi civiltà che si sono

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infatti riconoscere l’importante ruolo che hanno svolto in questo senso i Greci, i Fenici e soprattutto gli Antichi Romani che con l’invenzione delle botti di legno e delle bottiglie di vetro introdussero il concetto di

“annata” e di “invecchiamento” (www.winezone.it).

Questi popoli inoltre, conquistando sempre nuove terre, favorirono la diffusione della viticoltura in tutto il Bacino Mediterraneo fino all’Europa settentrionale.

Un altro apporto di fondamentale importanza nella storia del vino è stato quello della Chiesa. Per alcuni ordini ecclesiastici, infatti, eccellere nella produzione di vini di qualità era sinonimo di potere e prestigio . Vanno ricordati per questo motivo i Benedettini, tra i quali il francese Don Perignon, ed i Cistercensi.

Bisogna aspettare però, il diciassettesimo secolo perché inizi il vero e proprio commercio di vino. E’ infatti in questo secolo che si affina l’arte dei bottai, si diffondono molto le bottiglie di vetro (grazie alla rilevante diminuzione del loro prezzo) ed appaiono sul mercato i tappi di sughero. Tutto ciò permise una migliore conservazione del prodotto e di conseguenza un suo facile trasporto (Viti S.,2005).

Gli avvenimenti più significativi nella storia della viticoltura accaddero però nel diciannovesimo secolo quando vennero importate in Europa numerose piante di Vitis lambrusca dall’America e con esse nuovi parassiti ai quali la Vitis vinifera non era resistente. La prima malattia fu il "mal bianco" causato dall’Oidio (Oidium Tuckeri, Uncinata Necator) il quale, osservato nel 1845 in una serra di Londra, dopo pochi anni andava distruggendo quasi tutti i vigneti europei.

Successivamente, la viticoltura, proprio quando si stava riprendendo dalla gravissima crisi causata dal "mal bianco" (risolta dopo affannosi studi con l'impiego dello zolfo), venne colpita da un nuovo e forse ancor più pesante flagello, la Fillossera (Viteus Vitifilius)

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che, comparsa in Europa nel 1869, si diffuse rapidamente in molti Paesi viticoli. Anche il problema della fillossera venne risolto dopo un intenso periodo di ricerca, rinnovando la viticoltura. Dall’osservazione dei danni provocati da quest’afide emerse che sulle viti europee (Vitis vinifera e Vitis silvestris) tali danni erano presenti solo sull’apparato radicale, mentre sulle viti americane (Vitis rupestris, Vitis berlandieri, Vitis riparia) solo sull’apparato epigeo. La soluzione, dolorosa, fu quella di ricominciare da zero, innestando tutte le viti europee (marze) sulle radici delle viti americane (portinnesti) ottenendo così degli individui con delle buone caratteristiche produttive e contemporaneamente resistenti alla Fillossera.

Infine, nel 1878, sempre dal Nuovo Mondo, giunse un’altra malattia, la Peronospora (Plasmopara Viticola) che però venne affrontata con una maggiore “maturità scientifica” e quindi causò danni inferiori rispetto alle due malattie che la precedettero.

La viticoltura europea uscì da questa lotta profondamente trasformata: la comparsa di queste tre ampelopatie causò più che un'evoluzione, una vera e propria rivoluzione nella tecnica stessa, non più basata solo sulle norme colturali tramandate di padre in figlio, ma anche sulle scoperte scientifiche della biologia e della chimica-fisica (Enrico T.,2005).

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1.2 - LA VITICOLTURA MODERNA

1.2.1 – LA VITICOLTURA MONDIALE

Nello scenario internazionale la viticoltura si sta indirizzando verso un prodotto di sempre maggiore qualità, ottenuto rinunciando alle alte produzioni, per pianta e per ettaro, e ponendo particolare attenzione alle varietà utilizzate e alla loro interazione con i diversi portinnesti.

A proposito di varietà, oggi, si utilizzano quelle nobili e conosciute a livello internazionale o anche si riscoprono quelle autoctone o che meglio si adattano alle condizioni pedo-climatiche di un’ azienda.

La vite è una pianta che predilige ambienti temperati e per questo, sulla terra, esistono solo due fasce entro le quali è climaticamente possibile coltivarla. Nella cartina sottostante si possono notare le due fasce precedentemente citate, all’interno delle quali sono segnate, in verde, le zone in cui realmente si coltiva la vite in quantità rilevante (Enoteca Italiana, 2002).

(Fonte:Enoteca Italiana)

Fascia settentrionale dove è possibile

coltivare la vite

Fascia meridionale dove è possibile

coltivare la vite

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La superficie vitata nel mondo nel 2003, secondo l’O.I.V.

(Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), è stata di 7.890.000 ha, confermando l’incremento delle superfici mondiali in corso negli ultimi anni (O.I.V., 2003).

Ripartizione percentuale della superficie vitata dei primi Paesi viticoli a livello mondiale nel 2003

(Fonte O.I.V.)

Paese ha Ripartizione

Spagna 1.207.000 15,30%

Francia 900.000 11,41%

Italia 721.508 11,00%

Turchia 590.000 7,48 %

USA 415.000 5,26 %

Cina 412.000 5,22 %

Iran 287.000 3,63 %

Portogallo 249.000 3,16 %

Romania 239.000 3,03%

Argentina 209.000 2,65 %

Cile 185.000 2,34 %

Australia 157.000 1,99 %

Sud Africa 132.000 1,67 %

Resto del mondo 2.186.492 25,86 %

Totale mondiale 7.890.000 100 %

Andando ad analizzare i dati che vanno dal 1991 al 2001, secondo l’O.I.V., ci si accorge facilmente di come la viticoltura si sia enormemente diffusa, ormai, anche in quelle nazioni che, fino a pochi decenni fa, erano considerate solo importatrici di vino. I dati rivelano inoltre che l’Europa, da sempre continente in crescita nel settore vitivinicolo, nell’ultimo decennio comincia ad accusare, forse, un po’ di

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“stanchezza fisiologica”, regredendo in ha di vigneto, pur mantenendo, nel 2002, il 43% della superficie vitata mondiale.

Il maggior progresso, in termini di superficie vitata, è stato fatto registrare da Paesi come l’Australia, gli Stati Uniti, il Cile ed il Sud Africa che in quest’ultimo ventennio hanno creduto molto nelle loro potenzialità in ambito vitivinicolo ed hanno investito tante energie, ma soprattutto denaro.

La costante ascesa di questi Paesi contribuirà anche nel 2006 all’aumento delle superfici vitate mondiali, che secondo previsioni, dovrebbe raggiungere quota 8.235.000 ha (Fregoni M., 2005).

Regressi e progressi delle superfici vitate nel decennio 1991-2001

(Fonte O.I.V.)

Paese Regressi o progressi %

Australia + 105 %

Nuova Zelanda + 103 %

USA + 31 %

Cile + 28 %

Nord America + 26 %

Sud Africa + 17 %

America del Sud + 8 %

Asia + 8 %

Unione Europea - 13 %

Resto d’Europa - 16 %

Resto d’Africa - 2 %

La produzione mondiale di vino nel 2003 è stata di 260,8 milioni di ettolitri, di cui 158,6 milioni di ettolitri prodotti nell’Unione Europea, ovvero il 60,8% (Piccoli F., 2003).

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Lista dei primi 10 Paesi produttori di vino a livello mondiale nel 2003 (Fonte O.I.V.)

Paese hl Ripartizione mondiale

Francia 45.818.000 17,56 %

Italia 43.000.000 16,48 %

Spagna 40.400.000 15,49 %

USA 20.420.000 7,83 %

Argentina 13.225.000 5,07 %

Cina 11.200.000 4,29 %

Australia 10.840.000 4,15 %

Africa del Sud 8.853.000 3,39 %

Germania 8.191.000 3,14 %

Portogallo 7.130.000 2,73 %

Resto del mondo 51.814.000 19,87 %

Totale mondiale 260.891.000 100 %

Negli ultimi anni nei Paesi dell’Unione Europea si è registrata una situazione quasi stazionaria nelle produzioni di vino; invece in tutti quei Paesi, come Sud Africa, Oceania, Cile, Argentina e USA, in cui si sono fatti degli enormi sforzi economici per aumentare le superfici vitate, si è registrata una costante crescita produttiva così come si può notare dalla seguente tabella:

Produzioni mondiali di vino (Fonte Iwsr)

Paese (2000-2005) % hL 2005

Sud Africa +29,63 8.300.000

Oceania + 20,04 11.000.000

Cile + 14,97 6.400.000

Argentina +13,16 15.100.000

USA + 13,01 27.800.000

Unione Europa +1,83 152.500.00

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L’enorme progresso di questi “nuovi” Paesi produttori non deve far paura, ma solo far riflettere quelle nazioni, tradizionalmente vocate alla produzione di vino, come l’Italia, che per essere competitive in un mercato come quello che va prospettandosi, devono investire di più nella ricerca e sulle nuove tecnologie, in modo tale da trovare soluzioni che permettano di abbassare i costi di produzione che tanto incidono sui prezzi di vendita finale del prodotto .

Il vino negli ultimi decenni non è più considerato un alimento, ma un prodotto di qualità da abbinare a piatti adeguati.

Questa nuova concezione ha trasformato radicalmente il mercato del vino, facendo diminuire i consumi in tutti quei Paesi tradizionalmente consumatori, come l’Italia del dopo Guerra, che si

“nutrivano di vino”, mentre li ha fatti aumentare in quelli che conoscevano poco o per niente questa bevanda.

Lista dei primi 10 Paesi consumatori di vino a livello mondiale nel 2003 (Fonte O.I.V.)

Paese hl Ripartizione

Francia 32.900.000 14,37 %

Italia 28.800.000 12,57%

USA 23.400.000 10,21 %

Germania 20.150.000 8,79 %

Spagna 13.500.000 5,89 %

Argentina 12.338.000 5,38 %

Cina 10.950.000 4,78 %

Regno Unito 10.622.000 4,63 %

Romania 5.050.000 2,20 %

Portogallo 5.000.000 2,18 %

Resto del mondo 66.461.000 29 %

Totale mondiale 229.171.000 100 %

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Molto interessante a questo proposito è la proiezione del livello dei consumi per il 2006 in cui si prevede un aumento un po’ in tutto il mondo. In Europa l’aumento sarà solo del 4,4%, mentre in Nord America dell’ 11,2 %, nell’Asia del Pacifico del 16,1 %, nei Paesi dell’ex Unione Sovietica del 12 % e nel resto del mondo del 10%; nel complesso si dovrebbe avere una crescita media dei consumi del 5,4%.

L’eccezione a questo trend positivo è rappresentato dall’America del Sud, nella quale invece i consumi dovrebbero calare del 3,5%

(www.vinexpo.com).

Interessante anche segnalare che i primi 10 Paesi non produttori (Regno Unito, Olanda, Belgio, Giappone, Danimarca, Svezia, Polonia, Norvegia, Irlanda, e Finlandia), che nel 2002 rappresentavano solo il 10,4% del consumo mondiale, nel 2006 supereranno il 30%

(www.iwsr.co.uk).

Secondo i dati e le proiezioni O.I.V., nel volgere di pochi anni, comunque entro il 2008, la produzione mondiale di vino sarà superiore ai consumi. In particolare le stime, basate sugli andamenti degli ultimi trent’anni, indicano che verranno prodotti circa 290 milioni di ettolitri di vino contro un consumo che si aggirerà sui 235-245 milioni di ettolitri. Il settore vitivinicolo mondiale risulterà, quindi, secondo le previsioni dell’OIV, eccedentario (O.I.V., 2003).

Per quanto riguarda gli export di vino, secondo i dati del 2003 dell’O.I.V., la Francia e l’Italia sono i Paesi esportatori per eccellenza rispettivamente con 12.037.000 ed 11.906.000 ettolitri, anche se negli ultimi anni hanno subito la rimonta di Australia, Cile e USA (O.I.V., 2003).

Il maggior importatore di vini a livello mondiale è il Regno Unito, seguito da Germania e USA. Svezia e Canada sono, invece, le nuove

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realtà che stanno scalando velocemente la classifica dei primi Paesi importatori di vino al mondo (Fonti: Vinexpo, Iwsr, Gdr. 2003).

Infine il giro d’affari mondiale del mercato del vino, per il 2006, si prevede possa aggirarsi attorno a 111.000.000 € (Fonte Iwsr) .

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1.2.2 - LA VITICOLTURA ITALIANA

Secondo i dati del O.I.V. del 2003, l’Italia è il terzo Paese al mondo per superficie vitata e con i suoi 721.508 ha rappresenta l’11 % dell’intera viticoltura mondiale.

Le aziende vitivinicole del nostro Paese invece, secondo il Censimento Istat del 2000, sono circa 800.000, di cui solo 108.000 dedicate alla produzione di vini Doc e Docg. I due terzi della totalità hanno una superficie vitata inferiore ad 1 ha, 7.000 una superficie superiore ai 10 ha e solo alcune centinaia hanno più di 50 ha di vigneto.

La produzione di vino, nel 2004, è stata di quasi 52 milioni di ettolitri, con Veneto e Puglia come maggiori produttori (Istat, 2003).

Di questi 52 milioni di ettolitri solo 11.561.584 ettolitri sono stati trasformati in vini Doc e Docg, mentre il resto è servito per fare vini IGT e da tavola.

Al 30 giugno 2004, secondo le stime Istat, in Italia i vini Igt erano 115, i Doc 302, mentre i Docg 28.

Il Piemonte è la regione italiana che detiene il primato di Doc e Docg con il 16,25%, seguito dal Veneto con il 15,5%, dalla Toscana con l’11,62%, dall’Emilia-Romagna con l’ 8,97%. Al sud in forte ascesa troviamo la Puglia con il 2,67% e la Sicilia con l’1,41% (Istat, 2003).

Di tutto il vino prodotto nella nostra penisola il 75%, circa 40 milioni di ettolitri, è destinato al consumo nazionale (O.I.V., 2003).

Il consumo pro capite in Italia nel 2002 è stato di 61 L/anno (Fonte Iwsr).

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Nel 2003 l’Italia ha esportato circa 12 milioni di ettolitri, posizionandosi al secondo posto, dopo la Francia, nella classifica dei primi Paesi esportatori al mondo (Fonte O.I.V.).

Il Paese che maggiormente importa vino italiano è la Germania con 4.291.000 ettolitri, anche se le sue importazioni sono calate del 10% tra il 2002 ed il 2003.

Al secondo posto gli USA con 1.878 ed al terzo il Regno unito con 1.440 ettolitri.

Crescente è l’interesse per il vino italiano in Giappone e Canada, anche se ancora le loro importazioni sono di scarso rilievo, ovvero rispettivamente di 286.000 e 426.000 ettolitri (Raimondi S., 2004).

La globalizzazione in questi anni ha stimolato la curiosità degli italiani che hanno cominciato ad importare, sempre più, il vino prodotto in Australia, Cile e California, apprezzandone oltre che alla qualità, i prezzi.

Infine il fatturato dell’intero settore vitivinicolo italiano, nel 2002, è stato di circa 8 miliardi di € (Fonte Iwsr).

In questi anni per affrontare nel migliore dei modi l’agguerrita concorrenza sferrata dai nuovi Paesi produttori di vino, l’Italia, come gli altri Paesi Europei, tradizionalmente vocati alla viticoltura, ha intrapreso un cammino che punta sempre più al progresso tecnologico, alla sperimentazione e alla valorizzazione di vitigni alternativi a quelli finora impiegati.

Nelle province del litorale toscano si è focalizzata l’attenzione di ricercatori e produttori sul Vermentino, vitigno che ingiustamente era stato quasi dimenticato per far spazio a vitigni più commerciali e conosciuti.

In questi ultimi anni da più parti, superando vecchi pregiudizi, sono state riconosciute le sue ottime qualità enologiche e si è

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compreso che, per ottenere un prodotto di valore, con caratteristiche uniche, irriproducibili in altre condizioni pedo-climatiche, che gli permettano di reggere la spietata concorrenza a livello internazionale, si è ritenuto necessario avviare in Toscana una seria sperimentazione sia a livello agronomico che enologico.

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