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Epistemologia della Complessità

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Academic year: 2022

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(1)

Epistemologia

della Complessità

(2)

• Le seguenti slide costituiscono una presentazione abbastanza ampia

dell’epistemologia della complessità.

• Ciascuno può ricavarsi il proprio percorso di lettura, più o meno approfondito.

• Le parti in colore diverso dall’arancione sono dedicate a specifici approfondimenti.

• Nella slide che segue è presente una

panoramica dei concetti trattati.

(3)

• Parti/elementi → sistemi

• Sistemi semplici/complicati → sistemi complessi

• Sistemi complessi → proprietà emergenti

→ proprietà collettive

→ «il tutto è più della somma delle parti»

→ autoorganizzazione → agency

→ creatività

→ causalità non lineare/ causalità circolare / causalità reticolare / retroazione

• Organizzazione dei sistemi → sistemi multiagenti complessi → cooperazione/conflittualità

→ numerosi livelli di organizzazione / nicchie

• Evoluzione dei → bordo fra ordine e caos

sistemi complessi → biforcazioni / transizioni di fase / effetto farfalla

→ auto-eco-organizzazione / concrescenza

→ paradigma perturbativo della comunicazione

→ sistemi aperti / chiusi

→ principio ologrammatico

→ conoscenza precategoriale → intuizione

→ processi bottom-up (e top-down)

→ iterazione di leggi semplici

→ la vita è cognizione

(4)

• Non è facile riassumere in poche parole il concetto di complessità in quanto esso

rappresenta più un nuovo di modo di

pensare che una branca scientifica

compiuta.

(5)

Noi abbiamo accettato la sfida della complessità.

L’abbiamo studiata, approfondita, elaborata. Per

accettare la sfida della complessità non è comunque necessario leggere libri o consultare riviste. La sfida della complessità ha a che fare con il vissuto di

ognuno di noi. Per accettare la sfida della complessità è sufficiente immergersi nella rete della vita con gli

occhi aperti e la curiosità tipica dei bambini (De Toni, Comello, p. 82)

(6)

Lo studio dei sistemi complessi riguarda l'emergere di

proprietà collettive

in sistemi con un gran numero di componenti in interazione tra loro. Questi

elementi posso essere atomi o batteri in un contesto fisico o biologico, oppure persone, macchine o imprese in un

contesto economico. La scienza della complessità cerca di scoprire i presupposti e il comportamento emergente dei sistemi complessi, elementi spesso invisibili agli approcci tradizionali, focalizzandosi sulla struttura delle

interconnessioni e dell’architettura generale dei sistemi, piuttosto che sui loro singoli componenti.

Si tratta di un cambio di orientamento nella forma mentis degli scienziati più che di una nuova branca scientifica.

(Pietronero, 2007, p.53)

(7)

“Il tutto è più della

somma delle parti”

(8)

Complessità

sistemi complessi

• Quando si parla di complessità ci si riferisce ai sistemi complessi; infatti, piuttosto che focalizzarsi sui singoli elementi, l’ottica della complessità prende in

considerazione le interazioni fra le parti, ovvero il sistema entro cui quelle parti interagiscono.

(9)

→ Quella di sistema è stata una delle più grandi rivoluzioni epistemologiche del

XX secolo.

→ Esso ha permesso una transizione del punto di osservazione scientifica:

dagli elementi alla

rete di relazione fra le parti.

(10)

Sistema → organizzazione

• Difficile trovare una definizione di organizzazione fino agli anni sessanta. Ashby la rinviene nella

condizionalità, che introduce vincoli. (Ceruti, 1989)

• In generale, un sistema (etim. syn e stéma, stènai

= con, assieme e stare → stare assieme) è un insieme di parti differenziate, rette da

un’organizzazione gerarchica. Spesso le parti

sono a loro volta dei sistemi e allora un sistema è composto da subsistemi. Un esempio è il corpo umano.

(11)

Sistemi

semplici Sistemi

complicati

Complicato, dal latino cum – plicàre, piegato insieme

Sistemi complessi

Complesso, dal latino cum - plexus, tessuto insieme, intrecciato assieme

Pochi elementi,

Poche connessioni fra elementi

Molti elementi

Molte connessioni

«fisse» fra gli elementi

Molti elementi

Moltissime connessioni

«non lineari» fra gli elementi

(12)

Le colonie di formiche: un «superorganismo»?

(13)

Formiche che per evitare degli annegamenti di massa nelle foreste pluviali si aggrappano l’una all’altra formando delle enormi zattere con i loro corpi

(14)

Formica palombaro

Anche una sola formica - come quella nella foto,

stretta in vita e messa sott'acqua - riesce a galleggiare, grazie ai

suoi peli cerosi che intrappolano l'aria

attorno al corpo dell'insetto.

Fotografia per gentile concessione David Hu e

Nathan J.Mlot

National Geographic Italia

(15)

David Hu e Nathan J. Mlot (del Georgia Institute of Technology) sono venuti a conoscenza di zattere di formiche che hanno retto per

settimane. "Raccolgono tutte le uova della colonia e quando l'acqua sale formano la zattera", dice Mlot. I ricercatori hanno raccolto le formiche e ne hanno bagnato una parte per vedere cosa accadeva.

In meno di due minuti le formiche si sono strette tra loro formando una struttura galleggiante in grado di salvare tutti gli insetti. Anche le

formiche che stanno sotto riescono a sopravvivere, grazie ai piccoli peli sul corpo delle formiche che intrappolano un sottile strato d'aria.

"Anche quando sono alla base della zattera, non sono mai completamente sommerse dall'acqua", dice Mlot.

La ricerca è pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences. 3

(16)

• La colonia di formiche è un sistema complesso, composto a sua volta da sistemi complessi (le singole formiche)

• La colonia di formiche è in grado di subire notevoli

perturbazioni ritrovando sempre, dinamicamente, un nuovo equilibrio

• La colonia di formiche riesce a sviluppare comportamenti di cui la singola formica non sarebbe capace

• Le colonie si comportano in modo non prevedibile a priori in modo dettagliato: non è dato sapere dove si dirigerà, ad esempio, per trovare cibo

• Le formiche non sono governate gerarchicamente dall’alto in basso (la regina non svolge funzioni di leader), ma

adottano un funzionamento bottom-up

(17)
(18)

• Esempi di sistemi complessi

– Il nostro cervello

– Il tempo meteorologico – Il sistema economico – I gruppi di persone – I linguaggi

– Gli organismi viventi – Ecc.

(19)

• In un sistema complesso, le parti non sono

semplicemente una accanto all’altra: esse sono in grado di sviluppare comportamenti

collettivi .

• Si dice che tali sistemi si “ autoorganizzano

– Ad esempio, i teorici dei sistemi complessi (come Phil Anderson, Stuart Kauffman) hanno ipotizzato che la

nascita della vita sulla terra sia iniziata per «autocatalisi», ovvero per autoorganizzazione, in presenza di

determinate caratteristiche e condizioni, di un aggregato maggiore della somma dei costituenti

(20)

Sistema e sfondo

• Sistema = “stare assieme” di elementi,

distinti dal resto, che rimane sullo sfondo.

(21)

Figura-sfondo

(22)
(23)

Uno sguardo globale…

I sistemi complessi sono:

0,

– Robusti/ resilienti

– Dotati di « intelligenza collettiva », organizzati in modo non gerarchico

secondo logiche bottom-up (e non top-down) – in grado sia di auto-organizzarsi, sia di

interagire con l’ambiente (etero-organizzarsi)

→ «auto-eco-organizzazione»

–Prevedibili e controllabili solo per

approssimazione e in condizioni vicine

all’equilibrio

(24)

Non-linearità

• I sistemi complessi sono differenti dagli altri sistemi perché vi sono moltissime relazioni fra le parti di tipo

«non-lineare». Il concetto di “non-linearità” contiene diversi aspetti.

– Da un punto di vista strettamente matematico indica la non integrabilità (nel senso del calcolo integrale) delle funzioni che descrivono il sistema.

• Per I. Licata non linearità è un’espressione in

«matematichese per indicare che l’effetto complessivo non è semplicemente dato dalla somma delle cause, e che non

possiamo limitarci a studiare ogni singola parte di un sistema per poterne dedurre il comportamento globale» (2011, p. 20)

(25)

– In senso più esteso, il concetto di non-linearità si riferisce:

• alla «rete» di relazioni che sussistono fra gli

elementi. Fra di essi non vi è solo una relazione uno- a-uno, ma uno-a-molti e molti-a-uno;

• Ai «rientri» fra gli elementi, per cui l’azione compiuta da un elemento sugli altri elementi «ritorna» su

quell’elemento dopo aver compiuto un complesso

«giro» fra tutti gli altri elementi.

(26)

• La Gestalttheorie ha usato il concetto di

campo

per indicare la compresenza di forze che animano il sistema e che lo rendono

dinamicamente un tutt’uno, non scomponibile nella sommatoria delle parti.

(27)

Cosa è quel

« qualcosa in più »

che si genera in un sistema complesso?

(28)

È una proprietà emergente ,

ovvero una nuova «qualità» che il sistema

sviluppa in quanto complesso.

(29)

– Gli stormi di uccelli si auto-organizzano

– La vita sociale delle formiche è un sistema auto-organizzato

– La mente è una proprietà emergente del cervello.

(30)

Walter Freeman, Come pensa il cervello (1999)

•Chi è il responsabile, noi o il nostro cervello?

•Cartesio pensava che il cervello fosse una macchina pilotata dall’anima. I recenti sviluppi delle neuroscienze hanno messo in dubbio tale posizione.

– I neurogenetisti pensano che i geni determinino ogni aspetto della nostra mente (stati d’animo, intelligenza, aggressività ecc.);

– i neurofarmacologi vedono il cervello come una macchina chimica guidata da neuromodulatori;

– i sociobiologi sono dei deterministi ambientali e ritengono che le risposte apprese nelle prime fasi della nostra vita

determinino tutto il nostro comportamento successivo.

→ Gli esseri umani sono intenzionali, sono dotati di agency. Come si spiega?

(31)
(32)

• Il cervello è in grado di produrre significati condivisi, azioni

intenzionali. Noi prendiamo effettivamente delle decisioni e non siamo solamente sballottati dalle circostanze.

Ogni nostra scelta è profondamente personale e insorge dall’intera esperienza del passato contenuta in ciascuno di noi, che non è una collezione statica di ricordi, bensì una trama in cui si intrecciano le

influenze, i desideri, le avversioni e i talenti che costituiscono il significato di tutto ciò che facciamo. Tutti noi cerchiamo costantemente di chiarire questo flusso e sottolineare le caratteristiche che danno una parvenza di ordine e intelligibilità alla nostra agitazione, e identifichiamo in alcuni

aspetti salienti le cause, i fattori determinanti e le ragioni effettive. Usiamo la ragione per ricercare quelli che a nostro giudizio sono i significati degli oggetti, degli eventi e delle azioni della nostra vita (tr. it. pp, 4-5).

• Molti neuroscienziati evitano tali questioni, pensando in termini di determinismo assoluto e ritenendo che la nostra sensazione di autocontrollo è un effetto collaterale, che ha lo stesso

significato del rumore di un motore in funzione, cioè nessuno. I filosofi lo chiamano “epifenomeno”.

(33)

Phil Anderson, More is different

(«Science», 1972)

(34)

1. «the ability to reduce everything to simple

fundamental laws (riduzionismo) not imply the ability to start those laws and reconstruct the

universe (costruzionismo)»

→ la scienza è esplicativa, ma non necessariamente predittiva;

→ il riduzionismo sembra incapace di cogliere

«the very real problem of the rest of the science, much less to those of society»

(35)

2. «The behavior of large and complex aggregates of elementary particles, it turns out, is not to be undertstood in terms of a simple extrapolation of the properties of a few particles»

.

→ A ogni livello di complessità (fisica delle particelle, chimica, biologia, fisiologia,

psicologia…) «entirily new laws, concepts, and generalizations are necessary, requiring

inspiration and creativity […] Psychology is not

applied biology, nor is biology applied chemistry»

proprietà emergenti

(36)

• Il Premio Nobel fu conferito ad Anderson nel 1977 per aver descritto teoricamente la sottile transizione di fase per cui certi metalli si

trasformano da conduttori elettrici in isolanti

(37)

La prima pagina dell’articolo del 1972 di Anderson

(38)

COMPLESSITÀ

→ Sistemi complessi

→ Rete di relazioni

→ Non linearità

→ Proprietà collettive

→ Auto-organizzazione

→ Proprietà emergenti

(39)

I sette principi della teoria della

complessità per De Toni e Comello (2005):

1. auto-organizzazione 2. orlo del caos

3. principio ologrammatico 4. impossibilità di previsione 5. potere delle connessioni 6. causalità circolare

7. apprendimento try&learning

(40)

complicato

vs.

complesso

(41)

COMPLICATO

Il tutto è la somma delle parti

Meccanicismo

Riduzionismo

Equilibrio statico

COMPLESSO

Il tutto è più della somma delle parti

Anti-meccanicismo

Antiriduzionismo

(→ od olismo, ma solo per approssimazione)

Equilibrio dinamico

(42)

Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e come causa del suo stato futuro. Un’Intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze di cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la

compongono, se perdipiù fosse

abbastanza profonda per sottomettere questi dati all’analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo e dell’atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi.

Pierre Simon Laplace,

Essai philosophique sur les probabilites, 1814

(43)

• Ottica meccanicista

 gli oggetti, anche assai complicati, e gli individui sono costituiti da “cose semplici”, potenzialmente conoscibili in modo

esaustivo: padroneggiando gli elementi semplici e le leggi in base alle quali essi interagiscono, si può arrivare a

comprendere interamente il loro

funzionamento.

(44)

…sappiamo che il disordine si può escludere e l’ordine

instaurare di forza imponendo dall’esterno controlli adeguati sull’azione dei fattori in gioco. […] possiamo obbligare le forze della natura a un lavoro ordinato. Ma in genere si sottintende come certo che questo sia anche il solo modo in cui si possa ottenere dell’ordine negli eventi fisici. A questo modo l’uomo ha concepito la natura per migliaia di anni: e allo stesso modo oggi noi imponiamo ordine alla natura nella stessa maniera quando costruiamo e azioniamo i macchinari delle nostre industrie. In tali macchine permettiamo alla natura di

produrre, per esempio, del moto, ma la forma e l’ordine di

questo moto sono prefissati dall’anatomia delle macchine che l’uomo e non la natura ha stabilito. (Köhler 1947, tr. it. 1989, p. 75)

(45)

Ma…

la natura che si comporta in maniera meccanica non è la “natura originaria”, ma è quella costretta a

funzionare alla stregua di una macchina: si tratta di una natura “violentata dall’uomo”, i cui processi sono stati isolati e costretti a funzionare entro certi limiti ben precisi (Metzger, 1954, tr. it. 1971, pp. 253-54).

(46)

• Un oggetto inteso nell’ottica del

meccanicismo, pertanto, può essere assai

complicato , ma ciò non esclude che, in linea di principio, possa essere ridotto alla dinamica delle parti semplici di cui è costituito. Esiste sempre un

– Qualcosa è «complicato», cioè, se il suo

funzionamento può essere «ridotto» a degli elementi e a delle leggi semplici. Esiste

sempre una legge top-down in grado di spiegare un sistema complicato…

(47)
(48)

• Il Boeing 747, conosciuto anche come Jumbo Jet, è un

quadrigetto di linea prodotto dall'azienda statunitense Boeing dagli anni settanta. Il 747 è uno degli aerei di linea moderni più famosi. Per via della sua forma, delle sue dimensioni e della sua capacità di carico è diventato nel tempo un vero e proprio simbolo di potenza meccanica, oltre che di elegante maestosità.

• Dimensioni e pesi

– Lunghezza 70,66 m – Apertura alare 64,44 m – Altezza 19,41 m

– Peso a vuoto 178 800 kg; Peso max al decollo 442 253 kg (747-8) – Passeggeri: 524

• Prestazioni

– Velocità max 988 km/h

– Velocità di crociera 913 km/h – Corsa di decollo 3018 m

– Autonomia 13 445 km

– Dati estratti da 747-400 specifications, (fonte: wikipedia)

(49)

• Mario Rasetti (ordinario di fisica teorica, UNITO) dice che utilizza il seguente esempio durante le lezioni di fisica per spiegare la differenza fra qualcosa di

«complicato» e qualcosa di «complesso»:

Un jumbo 747 è un oggetto molto complicato perché è

composto da 50 milioni di pezzi. Se io smontassi un jumbo e lo mettessi su un campo di calcio e chiedessi a qualcuno di ricostruirlo gli darei un problema molto complicato, ma non complesso, perché del jumbo abbiamo i progetti. Se invece si studia una rete sociale, o internet, o il cervello umano non si ha a disposizione un progetto. Per cui dai dati, dalle

informazioni occorre ricostruire…

(50)

Si parla di « riduzionismo » quando si assume

«che la grande diversità delle cose che appaiono alla nostra esperienza, quotidiana e scientifica, possa essere spiegata completamente e

perfettamente come conseguenza dell’operatività di un insieme assoluto e finale di leggi puramente

quantitative che determinano il comportamento di alcuni generi di entità e variabili fondamentali»

(Bohm, 1997, pp. 54-55, in De Toni, Comello, 2005, p. 30)

(51)

• Secondo la prospettiva riduzionistica, esistono delle leggi che permettono di

definire ogni fenomeno. E se prendiamo in considerazione l’intero universo, esiste

una teoria del tutto in grado di spiegarne

il funzionamento.

(52)

L’ ottica della complessità esprime un diverso atteggiamento scientifico, che si libera

«dalla convinzione di fondo che il mondo microscopico sia semplice e governato da leggi matematiche. Ciò ci appare oggi una fallace idealizzazione. La situazione potrebbe essere simile al ridurre i fabbricati a

conglomerati di mattoni; con gli stessi mattoni si può

costruire una fabbrica, un palazzo o una cattedrale. È a livello dell’intera costruzione che noi possiamo vedere l’effetto del tempo, dello stile in cui il fabbricato è stato concepito» (Prigogine, Stengers, 1979, tr. it. 1981, p. 9).

(53)

(Ciò non significa che non ci possa essere una forma di riduzionismo “filosoficamente corretta”

(Anderson, cit. in Waldrop, 1992, tr. It. 2002, p. 118), cioè nutrire la convinzione che l’universo sia

governato da leggi naturali e il credere nell’unità della natura a un livello più alto).

(54)

Elementi

→ strutture/sistemi statici

→ processi

(continuo mutare dei sistemi)

(55)

• In virtù della grande rete di connessioni che li

caratterizza e della loro costante interazione con

l’ambiente,

i sistemi complessi non sono mai statici, ma continuamente in cambiamento

.

→ A.N. Whitehead: Il processo e la realtà (1929)

(56)

• Trattare i sistemi come stabili è una

«forzatura» utile perché possano essere

«calcolabili». Ma occorre essere consapevoli che, così, si introducono delle

approssimazioni…

(57)

I sistemi complessi hanno una porzione di intrinseca aleatorietà

Le approssimazioni che abbiamo introdotto per studiare i sistemi approssimandoli a condizioni di stabilità, cessano di essere tale per sistemi lontano dallo stato di equilibrio.

→ In tali sistemi occorre abbandonare il modello

meccanicistico che li descrive in termini di sommatoria della dinamica delle parti.

→ Anche conoscendo con precisione infinita le condizioni iniziali del sistema, sostiene Prigogine, esiste un tipo di indeterminatezza che rende

descrizione probabilistica dei sistemi complessi irriducibile (e non solamente una conseguenza

dall’impossibilità di ottenere una misurazione precisa)

(58)

• Il fatto che i sistemi complessi non siano prevedibili non comporta che siano casuali.

Il fatto che un’organizzazione o un regime di funzionamento […]

siano sempre alla mercé di una fluttuazione non significa, vogliamo sottolinearlo, che essi siano arbitrari […]:

un’organizzazione o un regime di funzionamento non

deducibile da una legge naturale è pur sempre condizionato da un calcolo che spiega che i processi naturali macroscopici stabili sono generati da una molteplicità di processi

disordinati e che in certe condizioni sono in balia dell’attività fluttuante di cui essi sono il prodotto (Prigogine, Stengers, 1979, tr. it. 1981)

(59)

• La previsione non è l’essenza della

scienza; lo sono la comprensione e la

spiegazione (Philip Anderson)

(60)

• Nei sistemi instabili si generano “fluttuazioni”

che innescano risonanze e correlazioni fra le parti su distanze macroscopiche: tali risonanze

conducono a comportamenti collettivi che producono nuove strutture.

afferma Prigogine che

in prossimità dell’equilibrio la materia è

“cieca”; lontano dall’equilibrio,

“comincia a vedere”

(61)

→Le interazioni fra le parti del

sistema

e quelle con il contesto, trascurabili in sistemi stabili o quasi stabili,

diventano fondamentali

per descrivere la dinamica di un sistema lontano dall’equilibrio; i

confini del sistema si indeboliscono e il sistema inizia a interagire col contesto.

(62)

→Tali sistemi instabili incontrano dei “

punti di

biforcazione

” nei quali essi possono assumere diverse modalità di funzionamento collettivo.

→ Il sistema “sceglie” uno dei regimi di funzionamento. Alla base di ciò vi è un irriducibile elemento probabilistico

→il possibile è più ricco del reale. Il nostro universo ha seguito un percorso di

biforcazioni successive. Forse avrebbe potuto sceglierne altre. Così vale per la nostra vita.

(Prigogine, La fine delle certezze, 1997, cap. 2)

(63)

• La creatività – per Prigogine – dipende dai processi irreversibili. Un cristallo si può conservare nel vuoto.

Una città morirebbe nel vuoto: la sua struttura dipende dall’interazione coll’ambiente.

Quanto alla diversità della natura, pensate a questa stanza in cui sto scrivendo: quel miscuglio di gas che è l’aria vi ha più o

meno raggiunto un equilibrio termico e si trova in uno stato di disordine molecolare; ma ci sono anche questi bellissimi fiori disposti nel vaso da mia moglie, che sono oggetti

lontani dall’equilibrio, oggetti altamente organizzati grazie ai processi irreversibili del non-equilibrio. Una formulazione delle leggi della fisica che non tenga conto del ruolo

costruttivo del tempo non potrà mai soddisfare il nostro

bisogno di capire la natura. (Prigogine, La fine delle certezze, p.

54)

(64)

→ In un sistema complesso ci sono

cambiamenti irreversibili che si cumulano e contribuiscono a formare la struttura del

sistema.

(65)

→È interessante notare che, in queste

condizioni, i sistemi sono estremamente sensibili a fluttuazioni anche minime

effetto farfalla

» - butterfly effecy).

→Non possiamo conoscere con infinita precisione lo stato di un sistema in

tutti i suoi dettagli: piccolissime

variazioni allo stato presente del sistema possono causare grandi variazioni dello stato futuro del sistema

(66)

• Anche la vita di ciascuno di noi è sottoposta alle biforcazioni e all’effetto farfalla: piccole e

trascurabili circostanze (perdere un treno, gettare uno sguardo, dimenticarsi qualcosa ecc.) possono generare dei cambiamenti notevoli.

(67)
(68)
(69)

• Nozioni come quelle di risonanza, punti di

biforcazione, cambiamento di stato (o transizione di fase), aggancio di fase ecc. sono utilizzati dai teorici della complessità per dar conto di come l’evolvere di strutture complesse non sia semplicemente

spiegabile in termini di sommatoria del funzionamento delle parti.

→I sistemi complessi, a differenza delle

idealizzazioni tratte dalla meccanica classica, sono sensibili a perturbazioni, “rumori”, processi

intrinseci ed estrinseci (Prigogine, Stengers, 1979, tr. it. 1981, p. 268, n. 1).

(70)

• Le parti del sistema iniziano a manifestare dei comportamenti collettivi. Si dice che tali sistemi si “autoorganizzano”, che

generano proprietà emergenti

 i fenomeni complessi non sono riducibili a quelli inferiori perché manifestano

proprietà qualitativamente nuove che

scaturiscono dalla loro stessa complessità.

(71)

Complessità e Creatività

La «complessità» come «nuovo secondo principio della termodinamica» (cfr. Waldrop)

→ la vita non è solo tendenza all’entropia e al disordine, ma costruzione di strutture via via più complesse.

La vita è il riflesso di un fenomeno molto più ampio, che mi piacerebbe vedere definito da una legge antagonista al

secondo principio della termodinamica: una legge che

descrivesse la tendenza della materia a organizzarsi e che prevedesse le proprietà generali dell’organizzazione che ci aspetteremmo di riscontrare nell’universo. (Farmer, 1998)

(72)

Stuart Kauffman (1939) (istituto di Santa Fe):

Darwin non sapeva nulla dell’autoorganizzazione

→ la storia della vita non è la storia di eventi

accidentali e casuali, ma quella dell’ordine, di un tipo di creatività

profonda, intessuta nella trama stessa della natura

(cit. in Waldrop, 1992, tr. it. 2002, p. 151).

(73)

Kauffman voleva dimostrare che l’ordine è presente sin dall’inizio, che l’autoorganizzazione è l’altra faccia della

selezione naturale.

→ per Kauffman la complessità dei sistemi biologici e degli organismi è il risultato sia dell'auto-organizzazione e da dinamiche lontane dall'equilibrio sia della

selezione naturale darwiniana.

→ I dettagli specifici di ogni singolo organismo sarebbero il risultato della selezione naturale, in

perfetto accordo con la teoria di Darwin. L’organizzarsi della vita stessa, l’ordine, sarebbe invece qualcosa di più profondo ed essenziale. Trarrebbe origine dalla struttura della rete, non dai particolari. L’ordine, dunque, sarebbe uno dei segreti del Grande Vecchio (Waldrop, p. 161)

(74)

• Kauffman non trovava convincente la teoria

sull’origine della vita di Urey-Miller: gli sembrava

strano che l’origine della vita dipendesse da qualcosa di così complicato e improbabile come il DNA. Egli

propendeva per l’idea che il brodo primordiale avesse costituito un insieme “auto-catalitico”, frutto della

naturale tendenza all’autoorganizzazione.

→ Una volta che un insieme di elementi ha raggiunto una certa complessità, c’è da aspettarsi una

transizione.

(75)

• Kauffman credeva in Dio: non in un Dio personale, ma un Dio intelligente, che spiega come funzionano le cose a chi ascolta. Una volta ebbe addirittura un’esperienza definibile come mistica (Waldrop).

→ La tendenza all’ordine era una risposta al mistero dell’esistenza umana, capace di spiegare la nostra

condizione di creature viventi e pensanti in un universo apparentemente governato dal caos.

(76)

Stuart Kauffman

Reinventare il sacro. Una nuova concezione della scienza, della ragione e della religione

I progressi della scienza degli ultimi quattro secoli hanno preteso un prezzo elevato: un divario

sempre più ampio tra fede e ragione. Nella sua forma più estrema, il riduzionismo sostiene che tutta la realtà, dagli organismi a una coppia di innamorati a passeggio, sia fatta di sole particelle:

le società devono essere spiegate da leggi sulle persone, che sono spiegate da leggi sugli organi, sulle cellule, dalla chimica e infine dalla fisica delle particelle. Per Kauffman il solo riduzionismo è inadeguato sia a praticare la scienza sia a comprendere la realtà: viviamo infatti in una biosfera e in una cultura che, oltre ad essere

emergenti, sono radicalmente creative; un universo di creatività esplosiva di cui spesso non possiamo prevedere gli sviluppi. La proposta di Kauffman è quindi quella di porci come co-creatori di una

biosfera che letteralmente costruisce se stessa e si evolve, e di una cultura nuova e infinita. Un Dio pienamente naturale identificato con la creatività stessa dell’universo, e una sua concezione che può essere uno spazio spirituale condiviso da tutti,

credenti o non credenti (dalla seconda di copertina).

(77)

• I processi universali di autoorganizzazione

permettono di riavvicinare le scienze umane e le

altre scienze, di stabilire una nuova alleanza, come recita un celebre libro di Prigogine e di Stengers

In molte università chi studia le scienze umane si sente spesso un cittadino declassato. Einstein o Shakespeare, ma non entrambi nella stessa stanza. Questa scissione è una frattura che spacca al centro l’integrità della natura umana (Kauffman, 2008, tr. it. 2010, p. 9)

(78)

Il secondo principio della termodinamica

• La termodinamica studia il comportamento e le proprietà dei sistemi che scambiano energia con l’ambiente esterno, scambi che si manifestano in forma di calore e lavoro.

• Ogni esecuzione di un «lavoro» è possibile quando c’è uno scambio di calore tra due sorgenti a

temperature differenti (Carnot, 1824).

– Carnot quantificò questo lavoro e introdusse il concetto di rendimento termodinamico.

(79)

• Si usa il termine

entropia

per riferirsi a

questa degradazione dell’energia, che viene anche interpretata come una

misura del

disordine

, intesa come perdita di energia utilizzabile per il lavoro ad effetto della sua degradazione in calore.

(80)

• Il concetto di entropia venne introdotto agli inizi del XIX secolo per descrivere una caratteristica di tutti i sistemi allora conosciuti, nei quali si

osservava che i fenomeni spontanei/irreversibili, fra cui compaiono i fenomeni naturali,

avvenivano invariabilmente in una direzione sola, quella verso il maggior disordine.

• estensivamente il termine è stato utilizzato anche in altri ambiti, come nella teoria dell’informazione, per riferirsi alla degradazione dei segnali

trasmessi.

(81)

Esempi di fenomeni che causano

l’aumento di entropia

(82)
(83)

→ ogni trasformazione (spontanea e/o irreversibile) che avviene in natura comporta un aumento dell’entropia dell’Universo

→ L’esito finale di tutte queste cessioni di calore

previste dal secondo principio della termodinamica è un aumento della temperatura dell’universo, che prima o poi giungerà ad uno stadio in cui si troverà in

condizioni di temperatura uniforme – la cosiddetta

«morte termica dell’Universo» – in cui non ci sarà più possibilità di compiere lavoro, in quanto, come aveva stabilito Carnot, ogni esecuzione di un «lavoro» è

possibile quando c’è uno scambio di calore tra due sorgenti a temperature differenti.

(84)

Pensiero Semplice vs. Pensiero Complesso

(Edgar Morin)

Il Pensiero Semplice ritiene che il mondo sia

«complicato». Ne segue che (come spiega I. Licata):

•accumulare conoscenza dipana progressivamente

l’ignoranza → esiste pertanto un Progresso della conoscenza che procede lungo la strada maestra del definire chiaramente i concetti e le cose da conoscere;

•se un sistema è troppo difficile da risolvere può essere

suddiviso in tanti sotto-problemi, per i quali è disponibile una spiegazione. Sommando le micro-spiegazione avremo la

spiegazione dell’intero fenomeno

•esistono questioni che possono essere poste in modo chiaro e che possono essere pertanto essere affrontate da un punto di vista scientifico e questioni «confuse» da relegare nel gioco, nelle opinioni ecc.

(85)

• Per la Newton i sistemi sono:

1. in equilibrio, a meno che non intervengano forze a turbare l’equilibrio.

• Es. un’auto sta ferma se non interviene la forza del motore a spostarla; un corpo nel vuoto, senza attriti, o sta fermo o si muove di moto rettilineo uniforme

2. isolabili dall’ambiente

• Es. per conoscere la velocità massima di un’auto, calcolerò la potenza del motore, gli attriti e altre variabili come la

temperatura esterna, la presenza di vento ecc. Calcolate

tutte queste variabili, posso definire il sistema di forze a cui è sottoposta l’auto e calcolare la sua velocità.

3.deterministici: stabilite le forze in gioco, i sistemi

sono completamente calcolabili. La non-calcolabilità di alcune forze non è tale per principio, ma perché manca tempo per farlo

(86)

4. lineari: le equazioni che descrivono il sistema ipotizzano variazioni continue, lineari.

5. conservativi dell’energia: l’energia non si crea e non si distrugge: si trasforma

6. reversibili: il tempo definisce la quantità di momenti che servono perché si compia un certo processo.

- es. Se un’auto passa da 50 km/h a 100 km/h in 10 s ha una certa accelerazione; se impiega 5 s ha un’accelerazione doppia

Tuttavia, tale tempo è quantitativo, e non ha una

«freccia»: una volta successo qualcosa, nulla esclude che possa avvenire lo stesso processo all’indietro:

l’auto che ha accelerato può decelerare e trovarsi esattamente nello stesso stato fisico precedente

7. ordinati: tutto è «meccanicamente» stabilito e nulla sfugge da tale logica meccanica (cfr. Laplace)

(87)

• Per la teoria della complessità, invece, i sistemi sono:

1. Sempre in disequilibrio, e solo per

approssimazione e in determinate condizioni in cui non sono particolarmente «eccitati» possono essere considerati in equilibrio

2. non isolabili dall’ambiente 3. non deterministici

4. non lineari

5. non reversibili: Prigogine contrappone il tempo- reale della biologia e tempo-illusione della fisica 6. In parte ordinati e in parte disordinati

contemporaneamente

(88)

Linearità e non-linearità

• “Linearità” è un concetto matematico che indica che

«esiste al più una soluzione di un’equazione differenziale con condizioni iniziali assegnate»

(Stewart, 2008, tr. pt. p. 348) e che, pertanto le funzioni che descrivono il sistema sono integrabili (nel senso del calcolo integrale).

• Intuitivamente, nella linearità si ha una

proporzionalità fra le grandezze in gioco. La fisica deterministica si basa sulla linearità, perché assume che il legame fra cause ed effetti sia di tipo

proporzionale ed esprimibile utilizzando leggi deterministiche (Bertuglia, Vaio, 2003)

(89)

• Tale «proporzionalità» viene meno quando siamo in condizioni di «non-linearità».

→I sistemi non lineari di solito non cambiano gradualmente ma attraversano delle soglie critiche dopo le quali la loro struttura o il loro comportamento cambia drasticamente…(A.

Pluchino)

→Si parla allora di livelli di soglia, biforcazioni, transizioni di fase…

(90)

• Ora, occorre considerare che tutti i sistemi reali sono non-lineari. Essi possono essere trattati come lineari solo quando sono in

condizioni prossime all’equilibrio.

– In queste condizioni, le piccole fluttuazioni a cui il sistema è intrinsecamente soggetto risultano

trascurabili e il sistema può essere «linearizzato».

Tale linearizzazione è importante perché rende il sistema calcolabile e possono essere così utilizzati modelli matematici per la previsione del suo comportamento.

(91)

• Tale «forzatura» della dinamica del sistema entro un modello matematico che ne consenta la

calcolabilità perde quindi la sua efficacia man mano che ci allontaniamo dall’equilibrio: quelle piccole grandezze che in condizioni di equilibrio potevano essere trascurate e «linearizzate»

iniziano a incidere in maniera consistente sull’evoluzione del sistema.

– Infatti, come per primo ha mostrato Poincaré e più recentemente, tra gli altri, Prigogine, un sistema lontano dallo stato di equilibrio è caratterizzato da notevole non linearità e presenta aspetti che ne

rendono l’evoluzione particolarmente ricca di interesse per le imprevedibili nuove situazioni che si possono

presentare (Bertuglia, Vaio, 2003, p. 55).

(92)

La scienza classica si è rivolta con molto interesse alle equazioni differenziali lineari per una ragione molto

semplice: a parte alcune eccezioni, queste sono le

uniche di ordine superiore al primo che si sanno risolvere analiticamente.

(Bertuglia, Vaio, 2003, p. 55)

(93)

• La linearità pareva “elegante” e ciò creò una

condizione in virtù della quale si trattavano i

problemi linearizzabili.

(94)

La storiella dell’ubriaco

Linearizzare anche laddove non è possibile solo perché sappiamo utilizzare quel tipo di matematica è un modo di agire che ricorda la storiella

dell’ubriaco che, di notte, cerca per terra, sotto un lampione acceso, la chiave di casa cadutagli. Un passante gli chiede dove ha perso la chiave e

questi risponde “laggiù”, indicando un posto più lontano, al buio. Il passante chiede perplesso:

“Allora perché la cerchi qui, se l’hai persa là?”. E l’ubriaco: “Perché qui c’è luce e riesco a vedere, là c’è buio e non vedo niente!”.

(95)

• Del Signore di Balliol si diceva: «ciò che egli

non sa non è conoscenza» (cit. in Barrow,

1991, tr. It 1992, p. 371)

(96)

→ Così è la linearità: fornisce belle e facili

soluzioni che però sono, sovente almeno, fuori mira rispetto ai problemi che vorrebbero

risolvere, e quindi sostanzialmente sbagliate

(Bertuglia, Vaio, 2003, p. 265, n.).

(97)

• La matematica è una disciplina astratta, frutto dell’attività speculativa della mente umana,

che tratta di enti oggettivi, ma non reali, nel senso consueto del termine (Giusti, 1999).

→ La matematica è un’arte di creare

modelli , scheletri della realtà, distillando

descrizioni che si adattano all’interazione

uomo-mondo.

(98)

Cos’è un modello?

• Un modello è una legge, o un insieme di leggi, che ci permette di predire l’evoluzione di un sistema.

• Via via che la realtà da descrivere è più complessa, più il modello sarà

un’approssimazione. Esso, tuttavia, mostrerà la sua utilità se riuscirà ad essere predittivo

dell’evoluzione nel tempo del sistema:

un modello […] è uno strumento utile per organizzare e

stimolare idee e conoscenze su un dato aspetto della realtà e per renderle, per così dire, “vive”(Bertuglia, Vaio, 2003, p. 31).

(99)

Ma… la mappa non è il territorio

• Per prevedere la realtà, quindi, si costruisce un

modello che corrisponde alla scelta di aspetti della realtà che ci interessano e lo si esprime utilizzando un formalismo matematico.

• Poi, e questo è uno degli aspetti più interessanti della questione, si costruisce una teoria di quella

particolare matematica utilizzata nel modello (ad esempio, le equazioni differenziali lineari o non lineari, gli automi cellulari, il calcolo tensoriale, la geometria frattale ecc.).

• L’utilizzo della matematica consente, allora, di

operare sul modello generando dei risultati (Bertuglia, Vaio, 2003).

(100)

• Questa capacità della matematica di “manipolare” un modello fornendo dei dati riscontrabili nella realtà è

sorprendente. È successo sovente che conti fatti su un foglio abbiano anticipato le osservazioni, nel senso che risultati apparentemente incredibili sono stati confermati in seguito dalle verifica sperimentale.

• Eugen Paul Wigner, premio Nobel per la fisica nel 1963, affermò che “l’enorme utilità della matematica nelle

scienze naturali è qualcosa che rasenta il mistero […]

non vi è alcuna spiegazione razionale di ciò” (The Unreasonable Effectiveness of Mathematics in the Natural Science, N.Y. 1960).

(101)

→ occorre però fare attenzione a non confondere il modello con la realtà.

I modelli che ci formiamo del mondo non sono delle vere e proprie copie di questo […]; in ogni caso, non è mai possibile verificarne la corrispondenza con un “mondo reale” che è conoscibile solo attraverso l’intermediazione di rappresentazioni. La cosa migliore che possiamo fare e valutare su un piano pragmatico i nostri modelli-

rappresentazione del mondo, giudicando se essi guidano la nostra comprensione in modo utile verso l’obiettivo di una descrizione efficace della fenomenologia osservata, cioè verso una descrizione che ci permetta di muoverci in un modo che giudichiamo soddisfacente (Bruner 1994).

(102)

• Sin dalla comparsa della scienza sono stati costruiti modelli matematici per tentare di descrivere e prevedere i fenomeni. Questi

modelli furono un tempo considerati totalmente predittivi del reale.

• Ora, le aspettative sono più limitate: ci si aspetta che siano in grado di prevedere alcuni aspetti

dei fenomeni (Bertuglia, Vaio, 2003).

(103)

Come dice Vulpiani (1994), la matematica, forse, è potuta sorgere perché esistiamo su un pianeta in cui i modelli lineari predicono abbastanza bene la realtà. La geometria euclidea ha potuto

affermarsi ed essere considerata “la” geometria per 2000 anni nonostante il fatto che la terra è rotonda. Se vivessimo in uno spazio in cui le curvature sono molto più evidenti e meno

trascurabili forse avremmo fin dall’inizio sviluppato una geometria di tipo non euclideo; lo stesso vale se vivessimo su un pianeta molto più caldo, dove le fluttuazioni dovute al movimento delle particelle (molecole, ioni…) fossero molto più elevate: in questo caso non avremmo probabilmente sviluppato una modalità non lineare di descrivere fenomeni. Oppure non avremmo neppure creato uno strumento come la matematica per effettuare

astrazioni a fronte di un mondo troppo imprevedibile. Ma, forse, su quel pianeta molto caldo, con fluttuazioni eccessive causate dalle alte temperature, la vita non si sarebbe nemmeno prodotta,

perché temperature troppo alte non avrebbero permesso il formarsi degli aggregati molecolari, di cui siamo composti.

(104)

La difficoltà nella ricerca di regolarità nei fenomeni delle scienze sociali

• I sistemi sociali sono caratterizzati dalla quasi totale mancanza di linearità. Se la storia delle scienze appare una lunga lotta contro il

disordine apparente dei fenomeni, vi è da dire che le scienze cosiddette “dure” sono riuscite ad enunciare leggi predittive di ciò che avverrà in futuro. Nelle scienze umane così non è stato. In esse non esistono soggetti identici, non si

ripetono situazioni simili, non è possibile effettuare esperimenti di laboratorio ecc.

(105)

Ordine e Caos

• L’idea del continuo cambiamento dei sistemi è stata anche messa in relazione al caos. Se da un lato c’è il caos totale e dall’altro ci sono i

sistemi rigidi e statici, i sistemi complessi sono un insieme di ordine e caos.

(106)

• Il caos ha iniziato ad assumere una connotazione

positiva quando ci si accorse della sua onnipresenza in ogni angolo dell’universo.

• I teorici caos sostengono che la sua scoperta

rappresenti la terza grande rivoluzione scientifica del XXI secolo assieme alla relatività e alla meccanica quantistica.

(107)

Dove comincia il caos si arresta la scienza classica.

Finché il mondo ha avuto fisici che investigavano le leggi della natura ha infatti sofferto di una speciale ignoranza sul disordine presente nell’atmosfera, nel mare turbolento, nelle fluttuazioni delle popolazioni di animali e piante allo stato di natura, nelle oscillazione del cuore e del cervello. L’aspetto irregolare della

natura, il suo lato discontinuo e incostante, per la scienza sono stati dei veri rompicapo o peggio mostruosità (Gleick, 1987, tr. it. 2000, p. 9)

(108)

Devo trovarmi in uno stato di semi-trance per ottenere questi risultati: una condizione in cui la parte consapevole è

temporaneamente “fuori uso” e il subconscio assume il controllo dell’attività compositiva, perché attraverso la parte inconscia della mente, che appartiene all’Onnipotenza, che arriva l’ispirazione. Ma devo stare attento a non perdere del tutto la consapevolezza,

altrimenti le idee svaniscono […] Ma non faccia l’errore, amico mio, di pensare che siccome attribuisco tutta quell’importanza all’ispirazione che viene dall’alto non ci sia altro oltre a essa.

La struttura è altrettanto fondamentale, perché senza

un’accurata elaborazione, l’ispirazione è solo “una canna scossa dal vento” oppure “suono di ottoni e tintinnio di cimbali”. (Brahms, cit. in De Toni, Comello, p. 114)

(109)

• Prigogine e Stengers (1979, tr. it 1999, p. 287)

riportano la seguente citazione dai testi Talmudici:

Ventisei tentativi hanno preceduto la genesi attuali e tutti erano destinati a fallire. Il mondo dell’uomo è uscito dal grembo caotico di questi detriti anteriori, ma nemmeno esso ha un certificato di garanzia: anche esso è esposto al rischio del fallimento e del ritorno al nulla. «Speriamo che questo funzioni!», esclamò Dio creando il mondo, e questa speranza ha accompagnato tutta l’ulteriore storia del mondo e dell’umanità ha sottolineato fin dall’inizio come questa storia è segnata col marchio della radicale incertezza.

(110)

Sistemi dinamici

Ordine  “complessità”  caos Materia

Solido  “transizione di fase”  fluido Computazione

Termina  “indecidibile”  non termina Vita

Staticità  “vita/intelligenza”  frenesia caotica

(111)

Ordine perfetto, “cristallizzato”

Massima connessione e assenza di differenziazione.

Il sistema è descrivibile deterministicamente

(112)

Mobilità totale, caos

Massima differenziazione e assenza di connessione.

Il sistema è descrivibile solo statisticamente

(113)

Complessità

Le molecole dell’acqua sono differenziate e connesse perché le molecole sono legate fra loro, ma ciascuna si può spostare rispetto alle altre e il sistema può assumere molteplici configurazioni. Il sistema è descrivibile con meccaniche non lineari

(114)

Stabilità, ordine

↓ 

“Margine del caos”, complessità ↓ 

Caos

(115)

Parmenide e Eraclito

Essere o divenire?

(116)

Parmenide

(515 a.C. – 450 a.C.)

• «L'essere è, e non può non essere»

• «Il non-essere non è, e non può essere»

(117)

« … Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso, quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare: l'una che "è" e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della Persuasione (infatti segue la Verità);

l'altra che "non è" e che è necessario che non sia, e io ti dico che questo è un sentiero del tutto

inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo.

… Infatti lo stesso è pensare ed essere»

(Parmenide, Della natura)

(118)

• L'Essere è immobile (dimostrazione: se si si muovesse sarebbe soggetto al divenire, e quindi ora sarebbe, ora non sarebbe);

• L’Essere è Uno (dimostrazione: se non fosse uno, si

darebbero due Esseri. Ne segue che l’Essere è uno e che qualsiasi cosa sia al di fuori di Esso non può essere);

• L’Essere è eterno (dim.: se l'essere fosse solo per un certo periodo di tempo, a un certo momento non sarebbe. Ciò

sarebbe contraddittorio);

• L'Essere è ingenerato e immortale (dim.: se fosse soggetto a nascita significherebbe che prima di nascere non era; e se potesse morire, significherebbe che cesserà di essere);

• L'Essere è indivisibile (dim.: se non fosse tale richiederebbe la presenza del non-essere come elemento separatore).

(119)
(120)

• Ritenere, basandosi sui dati sensibili, che esista il movimento non è pensare

secondo verità, ma rimanere in balìa

dell’opinione (doxa).

(121)

Eraclito

(535 a.C. – 475 a.C.)

• Il mondo è un flusso perenne

«non è possibile discendere due volte nello

stesso fiume né toccare due volte una sostanza mortale nello stesso stato; per la velocità del

movimento, tutto si disperde e si ricompone di nuovo» (frammento 91)

(122)

«Questo mondo, che è lo stesso per tutti,

nessuno degli dei o degli uomini l’ha creato, ma fu sempre, è e sempre sarà fuoco eternamente vivo che con ordine regolare si accede e con ordine regolare si spegne» (frammento 30)

(123)
(124)

• Eraclito è stato considerato lo scopritore della dialettica : il logos – il principio

creativo – è uno, ma si manifesta per opposizioni, conflittualità, lotta.

«La lotta è la regola del mondo e la guerra è comune generatrice e signora di tutte le cose»

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