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CAPITOLO 1 INDAGINE CONOSCITIVA

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

INDAGINE CONOSCITIVA

1.1 – Inquadramento territoriale

Il territorio del Comune di Collesalvetti si estende per una superficie complessiva di circa 110 kmq con una forma “a triangolo rovesciato” ed è delimitato a Nord dalla rete idrografica della Pianura di Pisa (Scolmatore dell’Arno, Fossa Chiara e Fossa Nuova), ad Est dalla rete idrografica che scende dalle colline (Fiume Isola e Torrente Morra) e dalla viabilità principale (S.S. 206 e tracciato ferroviario Cecina-Pisa), a Sud dai crinali dei Monti Livornesi (M. Auto e M. Maggiore) che si collegano al Botro Torricchi ed infine ad Ovest dal versante orientale dei Monti Livornesi (Poggio Lecceta) e dalla Valle dell’Ugione fino all’abitato di Stagno.

Dal punto di vista morfologico, geografico ed ambientale il territorio può quindi essere suddiviso in tre sistemi principali:

1. I Monti Livornesi 2. Le Colline

3. La Pianura

1.1.1 – I Monti Livornesi

Il versante orientale dei Monti Livornesi occupa la porzione Sud-Occidentale del territorio comunale. Il limite sinistro è rappresentato dalla linea di spartiacque che taglia la catena con

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Maggiore), mentre il limite destro corrisponde alla fascia di contatto fra le formazioni rocciose che costituiscono l’ossatura dei monti ed i sedimenti più recenti; in

particolare tale allineamento coincide con le lineazioni tettoniche e si sviluppa dalla Fattoria di Cordecimo (a Nord) alla frazione di Colognole (a Sud) attraverso le Parrane.

1.1.2 – Le Colline

Il sistema delle Colline comprende la porzione centro-orientale del Comune ed è costituita dai deboli rilievi collinari Livornesi e Pisani, su cui si sviluppano alcuni dei principali centri abitati.

Sono solcate dai torrenti che scendono dal versante orientale dei Monti Livornesi e si dirigono in direzione Nord verso la Pianura di Pisa.

Sono costituite da sedimenti neogenici (miocenici, pliocenici e pleistocenici) e quaternari di origine marina e terrestre.

1.1.3 – La Pianura

Comprende la porzione meridionale della Pianura di Pisa ed occupa il settore settentrionale del Comune.

Tale zona, completamente pianeggiante, è solcata dal reticolo idraulico di scolo dell’intera pianura alluvionale del basso Valdarno ed è ricoperta per la quasi totalità da sedimenti alluvionali, palustri o di colmata.

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Fig. 1 – Principali aree geografiche in cui è suddiviso il territorio del Comune di Livorno e di Collesalvetti

1.1.4 – Cenni di climatologia

Il clima è legato a fattori meteorologici che interessano il bacino Ligure-Tirrenico ed è del tipo “temperato-caldo”; tuttavia lo stato del tempo è influenzato dallo scambio energetico con il vicino mare e localmente dall’orografia dei Monti Livornesi.

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Vista la conformazione territoriale i venti dominanti sono quelli del primo quadrante (Grecale e Levante) che soffiano per gran parte dell’anno, ed abbassano notevolmente le temperature nel periodo invernale. Durante la stagione più calda (da Maggio ad Agosto) predominano i venti dei quadranti occidentali (Ponente, Maestrale).

La zona di Pianura non essendo protetta dai rilievi risente maggiormente dell’azione dei venti di mare (Maestrale e Libeccio).

Dall’elaborazione dei dati delle stazioni di rilevamento termo-pluviometriche di Nugola, Livorno e Coltano, risulta che la media annuale delle temperature è circa 16°.

Le temperature medie più alte si registrano nel mese di Luglio con 28° e le minime in Gennaio intorno ai 3,5°; la media annuale delle temperature massime è di oltre 19° e quella delle minime è di circa 11,5°.

Per quanto concerne le precipitazioni la media annua è 800 mm in pianura, circa 950 mm nelle aree sommatali dei rilievi, ma oltre 1000 mm nella fascia delle Parrane.

Le piogge presentano un massimo in autunno con 300-400 mm ed un minimo in estate con 80-90 mm; in primavera la piovosità decresce fino al mese di Giugno, a Luglio tocca i valori minimi (25 mm), da Agosto fino a Novembre tornano a crescere.

In totale i giorni di pioggia nell’arco dell’anno risultano poco superiori ad 80.

1.2 – Inquadramento geologico

I tre sistemi in cui è diviso il territorio comunale (i Monti Livornesi, le Colline neogeniche e quaternarie Livornesi e Pisane e la parte meridionale della Pianura di Pisa) rappresentano i

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differenti stadi della sua lunga storia evolutiva a partire dal Paleozoico e indicano quanto sia complessa e varia la sua geologia.

I Monti Livornesi rappresentano un tratto del Paleo-Appennino che si è corrugato dall’Oligocene superiore – Miocene inferiore (da 30 a 20 milioni di anni fa) per la collisione dei due margini continentali, europeo ed africano, e che ha subito un collasso ed uno smembramento nel Neogene ad opera di una intensa tettonica distensiva.

Per questo fenomeno unità tettoniche si spostarono dall’area tirrenica in senso Ovest-Est; così in parte per scivolamenti gravitativi, in parte per traslazione, unità sedimentarie alloctone (di età Cretacica) trascinando anche grosse porzioni di rocce magmatiche strappate dal basamento oceanico (di età Giurassica) sono andate a formare l’orografia di superficie; l’ossatura dei monti è quindi costituita dalle formazioni rocciose del Dominio Toscano (non affiorante nel Comune di Collesalvetti) e di tre Complessi del Dominio Ligure: Alloctono inferiore, intermedio e superiore.

La natura, la successione e la giacitura delle rocce che compongono questi rilievi sono così legate all’evoluzione paleogeografia della Toscana Marittima.

L’insieme collinare mostra in superficie depositi in prevalenza sabbiosi, conglomeratici ed argillosi che sono riferibili geologicamente al Complesso Neoautoctono.

Questi sedimenti neogenici e quaternari si formarono dopo l’arrivo in loco dei Complessi Alloctoni durante una fase di tettonica distensiva iniziata nel Miocene superiore (10 milioni di anni fa). Si originarono così i grandi bacini sedimentari, marini e

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paleo-Appennino, i cui lembi oggi sono rappresentati dai Monti Livornesi, dai Monti Pisani e Monti di Cascina Terme.

La Pianura, ben definita al suo margine meridionale dalle colline Livornesi e Pisane, deve la sua notevole estensione a sud di Pisa ai grandi apporti alluvionali di età Olocenica (Quaternario) del Serchio e dell’Arno ed il suo sviluppo alla dipendenza dai cambiamenti gladio-eustatici del livello marino.

Questa dipendenza risulta evidente dal fatto che sedimenti di natura fluviale assai recenti si trovano sepolti sotto altri di facies marina retrolitorale ed ancora, più verso mare, sotto i sedimenti dei lidi del sistema deltizio tardo-olocenico dell’Arno.

1.3 – Geomorfologia

Sotto il profilo geomorfologico, il territorio Comunale di Collesalvetti presenta tre aree ben distinte: la pianura, le colline ed i Monti Livornesi.

L’estesa area settentrionale pianeggiante, con aree talvolta a quote

altimetriche depresse (zone Biscottino, Grecciano, lago della Contessa), è costituita dal margine meridionale della Pianura di Pisa e da una parte della piana più propriamente livornese.

Alla prima appartengono le zone agricole, in buona parte di antica e più recente bonifica e le aree a nuova destinazione artigianale ed industriale (Piana di Guasticce ed il Faldo); tali zone dalla tenuta di Grecciano, si estendono, a destra e a sinistra dello Scolmatore dell’Arno, oltre l’abitato di Stagno “Vecchia” fin quasi al mare (Le Fornaci Vecchie). Sono caratterizzate da una quasi totale assenza di

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elementi geomorfologici naturali, i pochi presenti sono essenzialmente legati al reticolo idrografico o di origine antropica (chiari, arginature, aree umide soggette a ristagno) per la presenza di una fitta rete di canali e fossi di bonifica.

Per piana livornese ci riferiamo all’area pianeggiante e debolmente declive verso la linea di costa che corrisponde al terrazzamento “basso” tra il mare stesso, Suese, la Gronda dei Lupi fino oltre la frazione livornese di Ardenza, dovuto alla trasgressione eustatica “Tirreniana”. In essa rientrano quindi le aree in debole rilievo all’estremità nord-occidentale del territorio comunale tra la Fattoria di Suese-Villaggio Emilio, Valle delle Mignatte e l’Aiaccia.

Fino al XVIII secolo le zone sopra descritte erano caratterizzate dalla presenza di numerosi paduli (zona Stagno- Ponte Ugione) che sono stati prosciugati e bonificati nel tempo, ad eccezione dell’area dell’Oasi della Contessa, che ad oggi conserva la valenza di area umida, seppur regolato da in impianto idrovoro privato.

Procedendo in direzione Sud la pianura si raccorda con i blandi rilievi collinari, a prevalente costituzione argilloso-sabbiosa-ciottolosa, che caratterizzano l’ampia fascia settentrionale che dalla Fattoria di Suese, ad Ovest, si estende fino alle colline su cui sorgono gli abitati di Nugola, Montecandoli, Badia e Collesalvetti.

Rilievi con medesimi caratteri morfologici e geologici, con prevalenza di litologie argillose, sono inoltre presenti nella porzione sud-orientale del territorio comunale tra il confine orientale (Castell’Anselmo, Torretta Vecchia e Crocino) e, ad Ovest, l’allineamento Monte Massi - Fattoria Acquaviva – Poggio ai Frati - Parrana San Martino – Marrana Nuova – Casa Staggiano.

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prevalgono terreni argillosi), e di bosco a vegetazione mediterranea (lecci, corbezzoli, pini etc.) impiantatosi sulle litologie sabbiose e sabbio-ciottolose. Su queste ultime sono altresì presenti colture viticole e ad uliveto.

Infine la terza area che caratterizza morfologicamente il territorio comunale, è costituita dal Nord e Nord-Est dei Monti Livornesi, i cui rilievi, per quanto nettamente al di sotto dei 500 metri di altitudine, presentano versanti alquanto più ripidi (per lo più superiori al 35%) e forme ben più aspre e con maggiore propensione al dissesto rispetto a quelle collinari precedentemente descritte.

Questi rilievi sia per l’ossatura lapidea delle litologie presenti, sia per la mancanza o scarsità depositi alluvionali nelle incisioni vallive, come pure per la estesa e pressoché continua copertura boschiva, si presentano in netto contrasto rispetto al circostante paesaggio delle colline.

Le principali culminazioni sono allineate lungo il confine Sud-Occidentale del Comune e corrispondono a Poggio alla Quercia (315 m s.l.m.m.), Poggio Vaccaie (449 m), Poggio Lecceta (457 m), Monte Maggiore (453 m) e Monte Auto (372 m).

Altre cime significative sono rappresentate da Poggio Stipeto (401 m), ad Ovest di Parrana San Giusto, da Poggio alle Fate (365 m) e Poggio Gabbruccio (247 m) a SO di Colognole.

1.4 – Idrografia di superficie

La quasi totalità delle aree collinari e montuose rientrano nei bacini idrografici del Torrente Tora ed in minor misura in quello del Torrente Ugione.

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Il torrente Tora entra nel territorio comunale all’altezza della confluenza del Morra, poco a nord di Torretta, con andamento rettilineo attraversa il settore nord orientale fino oltre Collesalvetti, dove devia verso occidente fino a confluire nello Scolmatore dell’Arno vicino alla ex Fornace di Arnaccio.

Nel territorio comunale il corso è alimentato, in sinistra idrografica, da due affluenti principali: i torrenti Morra e Tanna.

Il primo nasce in una estesa area ricca di sorgenti che alimentano anche lo storico acquedotto di Colognole, tra Monte Maggiore e Poggio Lecceta.

I principali affluenti si trovano in sinistra idrografica e sono: il rio Inferno, il Vallinacci – rio Cerbaia, il botro dei Loti; in destra c’è soltanto il rio di Rimazzano che segna in parte il confine centro-orientale del Comune.

Come detto, nel bacino imbrifero del T. Tora, c’è pure il Torrente Tanna con il suo affluente di destra, Rio Nugola – Botro Marianna.

Sono corsi d’acqua con flussi praticamente perenni e con portate stagionali variabili, ma con fenomeni di esondazione in occasione di precipitazioni che superano i 60-70 mm in un’ora.

Risulta in posizione marginale, all’estremità meridionale del Comune, il Rio Savolano con i botri affluenti Ficaiola e Torricchi, come pure il Fosso Cunella che entra nel Comune di Fauglia per confluire nel Tora vicino ad Acciaiolo.

Nella estesa pianura settentrionale confluiscono inoltre: il Fiume Isola che entra nel territorio comunale in località Guinceri ed il suo affluente Rio Tavola, che segna il confine nord-orientale del Comune;

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Il Fosso Fologno che da Collesalvetti con andamento da SE a NO si innesta sull’Antifosso di Fattoria e del quale si ricordano gli allagamenti negli anni ’90 lungo il medio corso; il Fosso Marignano, con i tributari del Fontino e delle Lenze, anch’esso confluente nell’Antifosso.

Infine, la piana settentrionale è sempre stata servita da una serie di canali demaniali a scolo naturale od intermittente, carenti nel funzionamento idraulico e nel profilo dimensionale.

A partire dal Nord: l’AntiFosso del Fosso Reale, che parallelo allo Scolmatore sbocca nel Toretta Inferiore, senza ricevere contributi diretti dalla piana; l’Antifosso di Fattoria, che ha origine a nord di Vicarello, riceve i fossi Perino e Fologno e sottopassando il fiume Tora, entra nella piana di Guasticce per confluire nel Toretta Superiore; il Tora Vecchia, che nasce in località Mortaiolo, sottopassa l’alveo del Tora confluendo insieme all’Antifosso di Fattoria nel Toretta Superiore; il Toretta Superiore, che nasce dalla confluenza dei due precedenti e sbocca nel Toretta Inferiore insieme all’Antifosso del Fosso Reale; il fosso Colmata degli Orti, che sbocca a Stagno nel canale Antifosso delle Acque Chiare avendo origine al margine ovest dell’Interporto mentre prima attraversava tutta la piana di Guasticce,

il fosso delle Chiaviche, che prima terminava con uno sbocco a paratoia nell’Acqua Salsa, ora con percorso diverso e ricalibrato, viene avviato verso l’idrovora realizzata a nord dell’Interporto.

Determinando i confini della piana, completano il quadro del sistema idrografico i due corsi d’acqua più grandi: a nord scorre il canale Scolmatore d’Arno, a sud, c’è il Fosso dell’Acqua Salsa che nasce dalle colline a nord di Nugola e ricevendo in sinistra l’apporto di piccoli corsi collinari tra Nugola Vecchia e Suese

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confluisce nello Scolmatore vicino alla foce, dopo l’abitato di Stagno.

1.5 - Sismicita’ della zona

Il rischio sismico valuta gli effetti prodotti da un terremoto atteso su un dato territorio in un determinato intervallo di tempo.

I fattori che lo definiscono sono le pericolosità di base e locale, la vulnerabilità degli edifici e del sistema urbano e l’esposizione.

La pericolosità sismica di base è la misura dello scuotimento al suolo ed è legato alle caratteristiche sismotettoniche ed alle modalità di rilascio e di propagazione dell’energia dalla sorgente al sito.

La sua definizione comporta la raccolta e l’interpretazione delle informazioni riguardo alla sismicità regionale e la sismotettonica.

La pericolosità sismica locale è la misura dello scuotimento al sito ed è legato alle caratteristiche geologiche, geomorfologiche e geotecniche locali.

A livello qualitativo effetti locali sono determinati dalla topografia, dalla litologia dei terreni, dalla morfologia sepolta, dai contatti tra litotipi differenti, dal comportamento anelastico dei suoli, dalla liquefazione, dalla risonanza dei terreni, dalle faglie e dalle lineazioni.

La sua definizione quindi comporta l’acquisizione di informazioni sugli effetti locali dei terremoti storici e la conoscenza delle condizioni sopra ricordate.

La nuova normativa sismica nazionale adottata con ordinanza P.C.M. n.3274 del 20/3/2003 ed entrata in vigore l’8 maggio dello stesso anno, ha definito la nuova classificazione sismica del

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territorio nazionale e le nuove norme tecniche per le costruzioni in zona sismica.

E’ stato introdotto il “ grado di sismicità “ con riferimento all’accelerazione al suolo e l’intero territorio nazionale è stato suddiviso in 4 zona sismiche secondo valori di accelerazione (ag ) massima del suolo, con probabilità di superamento del 10% in 50 anni.

Per quanto riguarda il Comune di Collesalvetti, precedentemente classificato sismico di II categoria (S= 9), attualmente è stato inserito in classe 2 dove l’ ag è pari a 0.25g.

La normativa, prevede la caratterizzazione geofisica e geotecnica del profilo stratigrafico del suolo, individuando 5 tipi di suolo secondo i parametri di velocità delle onde di taglio mediate sui primi 30 metri di terreno (Vs30), che può essere determinato con le misure dirette in sito (indagini geofisiche) e/o operando correlazioni con valori di Nspt e Cu.

Le correlazioni proposte dalla normativa possono discostarsi dai valori misurati direttamente in situ, per cui la Regione Toscana intende procedere alla acquisizione diretta della Vs30.

Uno studio di pericolosità a livello regionale, su incarico della Regione Toscana, ha individuato la probabilità di eccedenza, in 50 anni a partire dal 1981, di intensità dell’VIII grado MCS (Scala Mercalli-Cancani-Sieberg) per tutti i Comuni della regione. I valori di probabilità espressi in percentuale sono stati raggruppati in 4

classi indicative dei livelli di rischio: elevato (8%), medio-elevato (5.7-8%), mediobasso (3-5.7%) e basso (0.8-3%).

Il territorio comunale di Collesalvetti è classificato a rischio basso, ma i vicini comuni di Rosignano Marittimo, Fauglia, Lorenzana ed

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Orciano Pisano ricadono nella classe di pericolosità superiore (medio-bassa) in virtù dei “recenti” eventi tellurici.

1.6 - Infrastrutture

Per la sua posizione geografica, il territorio comunale di Collesalvetti si trova inserito in una rete infrastrutturale viaria di grande importanza: l’autostrada, la S.G.C Fi-Pi-Li, la S.S. n.1 Aurelia, la S.S. n.206 Pisa-Cecina, il nuovo nodo merci ferroviario, lo Scolmatore d’Arno che mettono in comunicazione importanti aree industriali ed artigianali come la raffineria di Stagno, il vicino Porto Industriale di Livorno, lo scalo ferroviario merci di Calabrone, l’Interporto – ex CMF – Il Faldo, nonché città di importanza strategica come Livorno, Pisa e Firenze.

1.7 - Le origini di Collesalvetti

Collesalvetti e le sue frazioni hanno una lontana origine etrusco-romana, anche se recenti scavi hanno trovato tracce di presenza umana già in epoca preistorica.

Il nome originario di Collesalvetti sembra che fosse Colle, risalente all’epoca romana. L’aggiunta di Salvetti si fa risalire al XII secolo, dal nome del proprietario dei terreni. Il paese di Collesalvetti in origine consisteva in un casale collocato in cima a un colle.

La storia medievale di Collesalvetti è collegata a quella di Pisa. Infatti Livorno e le sue colline entrarono a far parte del comitato pisano nel corso del X secolo, quando Pisa, che fu una iudiciaria di Lucca, fu elevata a contea.

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Il territorio era suddiviso in tante piccole curtes ciascuna con a capo un signore che risiedeva nel palazzo, centro politico, amministrativo e giudiziario della curtis.

Il signore della curtis era anche il proprietario di gran parte delle fattorie e dei terreni nell’ambito di questa e aveva giurisdizione su tutti gli abitanti della curtis. Erano anche di piena pertinenza del signore tutti i diritti sui boschi, pascoli, acque e amministrazione della giustizia.

Le curtes ricordate nel territorio di Collesalvetti sono: Colognole, Nugola, Colle Romoli, Cugnano, Coldavicchioli, Montemassimo e Marrana.

Questa organizzazione perdurò anche durante il periodo dell’Impero Germanico.

Nella seconda metà del X secolo, inizia nella nostra zona la fase dell’incastellamento, cioè la costruzione dei castelli.

Nella territorio di Collesalvetti furono numerosi: Montemassimo di Sopra, Montemassimo di Sotto, Nugola, Poggio Sigeri, Cugnano, Colle Romoli, Castellanselmo, Torciano, Marrana, Pandoiano, Colognole.

La vita dei castelli in quanto centri fortificati, durò pochissimo sulle colline livornesi: quando la zona passò sotto l’autorità del comune di Pisa essi persero la loro funzione di difesa in quanto il comune, avendone la possibilità, costituì un esercito, strumento di difesa sicuramente più adeguato.

Il passaggio sotto il dominio pisano può essere datato 1109 quando, i principali signori della zone, giurarono fedeltà a Pisa per i loro beni intorno a Livorno.

In un primo tempo furono i consoli di Pisa a governare direttamente i comuni periferici, ma con il dilatarsi del dominio

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pisano, fu deciso di suddividere il territori in tante capitanie a ognuna delle quali il governo di Pisa inviava un funzionario, il capitano. Il territorio di Collesalvetti fu allora inglobato nella capitania di Porto Pisano.

Il progressivo impaludamento e insabbiamento portarono all’abbandono del porto pisano e alla conseguente realizzazione del porto di Livorno.

Quando i Medici inaugurarono un piano di generale bonifica finalizzato a favorire il popolamento delle campagne, cominciò lo sviluppo vero e proprio del territorio di Collesalvetti.

L’uso delle terre a fini agricoli e il popolamento della pianura fu possibile solo dopo accurate operazioni di controllo dei corsi d’acqua, con una politica di bonifiche per “colmata” inaugurata appunto dai Medici e proseguita dai Lorena, continuata nei primi anni del secolo e oggi resa di nuovo attuale dalle recenti alluvioni a cui il territorio è stato soggetto.

Infatti quando nel 1406 Pisa uscì sconfitta dalla lunga guerra con Firenze, Colle fu villa medicea (la più modesta, usata come residenza di caccia).

Con il 1406 Pisa e quasi tutto il suo territorio, passarono sotto il dominio fiorentino che riorganizzò il territorio in nuove strutture amministrative: le podesterie e i vicariati. Tutti i comuni del territorio di Collesalvetti furono inglobati nella podesteria di Rosignano che entrò a far parte del vicariato di Lari.

Trasformata in casa di fattoria, fu il centro propulsore della Fattoria Granducale, medicea prima, lorenese poi, che nel momento della massima espansione comprendeva oltre venti poderi. Il paese crebbe attorno alla fattoria fino a divenire

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nuova comunità, voluta dai francesi, fu assegnato un territorio piuttosto ampio, sottratto alle comunità di Pisa, Livorno, Rosignano, e che comprendeva, oltre a Collesalvetti, le località di Castell’Anselmo, Colognole, Nugola, Guasticce, Vicarello, Parrana (San Giusto e San Martino) e Gabbro. Nel 1808 la popolazione era di 3598 abitanti.

Oggi nel territorio del Comune è compresa Stagno, di più recente costituzione (anche se le sue origini sono antiche, legate alle vicende dell’Ospedale di San Leonardo, ostello per pellegrini durante il Medioevo), mentre non comprende più la frazione del Gabbro.

Per quanto riguarda l’economia, l’agricoltura determinò la fortuna del Comune fino a tutto il secolo scorso. Ma nel secondo ‘900 con la crisi dell’agricoltura si andò affermando una nuova vocazione industriale e terziaria del territorio, con un generale sviluppo Luni, Volterra, Pistoia, Firenze e forse anche Populonia. Nel periodo longobardo Pisa fu una iudiciaria di Lucca.

1.8 - Le origini di Nugola

L’esistenza di Nugola, conosciuta anche sotto il nome di Nuvola,

Nubila e Fievole, è attestata già dal 17 febbraio del 910 in un

documento riguardante la permuta di alcuni pezzi uno dei quali posti locus Nuvile.

Posteriore di più di un secolo è la notizia relativa all’esistenza di un castello, probabilmente poco più di un nucleo abitativo fortificato, menzionato in un atto di vendita di terreni rogato nel 1039.

Nugola con il suo castello era il centro amministrativo di una curtis e apparteneva alla famiglia di Ranieri, marchese di Tuscia

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tra il 1014 e il 1027. I tre fratelli Ugo, Enrico e Ranieri, figli del fu Uguccione e nipoti del marchese Ranieri, cedettero i loro diritti su Nugola ad alcuni cittadini pisani che, a loro volta, li passarono al vescovo di Pisa1 nel 1059.

Da questo momento Nugola entrò a fare parte dei vasti possedimenti vescovili e nella seconda metà del XII secolo fu inserita nel vicecomitato di Montevaso, amministrato da un rappresentante dell’arcivescovo detto “visconte di Montevaso” e comprendente Montevaso, Riparbella, Belora, Mele, Pomaia, Santa Luce, Lorenzana, Nugola, Saletto, Colle Alberti, Colle Montanino.

Nugola fu nel periodo pisano sede di un comune, notizia appresa da una controversia del 1166 relativamente all’estensione del territorio del comune di Nugola.

Nel XIII secolo il comune di Nugola, in quanto compreso nella pievana di S. Lorenzo in Piazza, entrò a far parte della capitania di Porto Pisano.

Il sito del castello di Nugola è probabilmente ricordato ancora oggi con il toponimo do Castellaccio, esistente in Nugola Vecchia.

Il potere di cui l’arcivescovo godette sempre in Pisa, gli consentì di conservare nei suoi possedimenti fuori città, in concorrenza con l’autorità della repubblica, alcune delle prerogative degli antichi signori feudali, quali per esempio l’amministrazione della giustizia e la nomina dei cafadiarii. A causa di questi relitti di diritti feudali, specie in Nugola, si verificarono di frequente contrasti tra i rappresentanti dell’arcivescovo e i funzionari del comune di Pisa.

Nel 1406 Nugola passò dal dominio pisano a quello fiorentino e nel 1415 fu sottoposta al vicariato di Lari sotto il quale rimase fino

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al 1680, anno in cui fu assegnata al nuovo Capitanato di Livorno costituitosi in quell’anno.

Nel 1428 gli abitanti di Nugola erano 28 di cui 5 residenti a Collesalvetti2.

Nel 1553 nacque ufficialmente la fattoria di Nugola, istituita dal duca Cosimo di Firenze e la consorte Eleonora di Toledo. A quel tempo Nugola contava appena 69 abitanti, che nel 1745 avevano però già superato le 500 unità, grazie al buon andamento economico della fattoria.

A Nugola nel Medioevo esistettero tre chiese, S. Maria, S. Andrea e S. Fiorenzo.

La chiesa di S. Maria di Nugola era collocata all’interno delle mura del castello ed è citata per la prima volta in un documento del 1059 in cui un certo Uberto, figlio del fu Leo, donò la sua porzione di chiesa al vescovo Opizo. Dal 1296 risulta compresa nell’elenco delle cappelle di San Lorenzo in Piazza, ma nel 1462 S. Maria fu completamente distrutta3.

La chiesa di S. Andrea di Nugola, posta nell’abitato fuori del castello, è citata a partire dal 12754. era la chiesa principale del

comune e in essa si riunivano gli abitanti per le assemblee. Nel 1462 fu completamente abbandonata e affidata al pievano di Marrana o San Lorenzo in Piazza5.

La terza chiesa era intitolata a S. Fiorenzo e menzionata per la prima volta in un documento del 11686. Tale chiesa era posta un

po’ fuori dal paese, nella località che in seguito si chiamò “il

2 ASPi Fiumi e Fossi, Registro n. 1545. 3 AArcPi Visite Pastorali, Registro n.1.

4 P. Guidi, Tuscia, I, Le dedecime degli anni 1274-1280, Città del Vaticano, 1932. 5 AarcPi Visite Pastorali, Registro n.1.

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Campo S. Firenze”7. Forse la chiesa di San Lorenzo di Nugola,

citata in un contratto del 1340, è la stessa avendo probabilmente

cambiato nome8. San Fiorenzo o San Lorenzo non compare

comunque negli elenchi delle cappelle si S. Lorenzo in Piazza del XIII e XIV secolo.

Nel XV secolo non è più rammentata alcuna chiesa di Nugola e i pochi residenti da quelle parti, facevano capo alla chiesa di Collesalvetti fino a quando, nel 1707, il Granduca di Toscana fece costruire la nuova chiesa di Nugola dedicata ai Santi Cosma e Damiano9. Nel 1820 tale chiesa fu ampliata fino ad assumere la

configurazione attuale.

Fig. 2 – Ricostruzione cartografica

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1.8.1 - La fattoria di Nugola Nuova dalle origini ai giorni nostri

Nel 1156 appare menzionato per la prima volta, a proposito di una scrittura notarile, il borgo di Nugola Nuova10 compreso in un

territorio che nel 1182 passò in proprietà dello Spedale di S. Leonardo i Stagno11.

Il primitivo abitato era situato molto probabilmente sulla sommità della collina attualmente denominata Nugola Vecchia in corrispondenza della villa Traxler e doveva consistere in un nucleo fortificato circondato da qualche casa sparsa e da una chiesa dedicata a S. Francesco.

Nel 1406, a seguito della vittoria di Firenze su Pisa, le grandi famiglie dell’oligarchia fiorentina, con i Medici in primo luogo, danno inizio ad una vera e propria politica di colonizzazione del

contado12, promuovendo investimenti via via sempre più

consistenti in acquisto di terre e nel risanamento delle zone paludose13.

Ne1484 “[…] La Mensa Arcivescovile di Pisa concede i livello a Girolamo del Lisca da Verona e ad Antonio e Margherita Baldassari da Nugola un tenimento di terre situate nel Comune di

Nuvola di estensione di stiroa seimila e più […]”14 che

costituiscono il primo nucleo di Nugola Vecchia.

10 E. Repetti., Dizionario geografico-fisico-storico della Toscana, Firenze 1833/1846, vol.

III, p. 651.

11 E. Repetti., Dizionario geografico-fisico-storico della Toscana, Firenze 1833/1846, vol.

III, p. 651.

12 F. Mineccia, Da fattoria Granducale a comunità: Collesalvetti 1737-1861, Edizioni

Scientifiche Italiane, Napoli 1982.

AA. VV., Livorno e Pisa: due città e un territorio nella politica dei Medici (sec. XIV-XVII), Pisa 1980.

13 F. Mineccia, op. cit., Napoli 1982.

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Ai conducenti vengono inoltre donate “[…] due case a loro scelta poste nel Castello di Nuvola al presente diroccato […]”.

Dopo l’estinzione della famiglia del Lisca e del Baldassarri, l’allivellazione della tenuta viene rilevata dal fiorentino Paolo Rucellai dieci anni più tardi15.

Nel 1503 il borgo di Nugola appare segnato sulla “Carta della Toscana Marittima”, una delle più antiche della zona, disegnata da Leonardo da Vinci16.

Nel 1519 Simone Rucellai rinuncia al livello di metà del proprio “tenimento” che passa a Bandino della Piave17.

Nel 1542 “[…] L’Arcivescovo di Pisa Onofrio Bartolini de’ Medici concede a livello a Carlo di Simone Lenzoni la metà pro indiviso con gli eredi di Bandino della Pieve […]” del tenimento di Nugola

Vecchia18, ma nel 1550 la parte di Bandino “[…] dopo la

mancanza degli eredi di detto Bandino viene allivellata al Colonnello Simone, e al Capitano Agostino Fratelli Rosselmini[…]”19.

Nel 1551 Nugola contava 69 abitanti20.

Nel 1553 il duca Cosimo de’ Medici prende a livello dall’abate commendatario della Badia di Nugola tutti i possedimenti del “[…] Monastero di San Vittore di Marsiglia riducendoli a Fattoria sotto il nome di Nugola […]”. Queste “218 saccate di terra” costituiscono il nucleo iniziale della Tenuta di Nugola Nuova21.

15 ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 3631, Cause Delegate I, e f. 3633, Cause

Delegate III.

16 Leonardo da Vinci, Carta della Toscana Marittima, c. 1503, Windsor Castle. 17 ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 3631, Cause Delegate.

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Nel 1578 la “Fede d’Estimo del Comune di Nugola” riporta tra le proprietà del Capitano Agostino e Colonnello Simone dei Rosselmini “[…] un tenimento di terre lavorative con casa per lavoratori, e le terre lavorative e boscate poste in detto Comune[…]22.

La Casa per lavoratori menzionata può forse essere identificata nell’edificio in esame23.

Nel 1586 i possedimenti del Colonnello Simone Rosselmini “[…] incorso in bando capitale per un omicidio commesso […]”, vengono occupati dal fisco e passano quindi nel patrimonio privato del Cardinale Ferdinando de’ Medici III Gran Duca di Toscana24.

La “Fede d’Estimo del Comune di Nugola” riporta tra le proprietà di quest’ultimo “[…] un tenimento di terre lavorative con casa per lavoratori25 e le terre lavorative e boscate poste in detto

Comune dei Beni dell’Arcivescovado di Pisa, di stiora 2198, che tutti di lavorativa stiora 500 e boscata stiora1698 stimata tutta 7381 e ¼, che se ne sbatte 90saccate di grano che paga a livello dell’Arcivescovado […]”.

La Casa per lavoratori in questione potrebbe coincidere con la Casa del Podere di Nugola vecchia che a partire da questa data

22 ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 3631, Cause Delegate.

23 La Casa per lavoratori potrebbe forse corrispondere ad una delle “due case poste nel

Castello di Nugola […] donate nel 1484 dalla Mensa Arcivescovile di Pisa ai primi conducenti del tenimento successivamente passate in eredità ai fratelli Rosselmini o Rossermini di Pisa.

24 ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 3631, Cause Delegate I, contratto rogato da

Ser Zanobi Pacalli in data 1 luglio1590.

25 casa da lavoratore corrisponde capanna, mentre casa vecchia sembra indicare una

costruzione di antica data tanto da fare pensare ad una delle preesistenze che costituivano il primitivo borgo fortificato.

Biasutti R., La casa rurale in Toscana, Bologna 1938.

Gori Montanelli L., Architettura rurale in Toscana, Firenze 1964.

Stopani R., Medievali case da lavoratore nella campagna fiorentina, Firenze 1978. Greppi C., Tini S., Origine e evoluzione del patrimonio edilizio rurale nella Valdichiana umbra e

toscana, in Case dei Contadini in Valdichiana, Firenze 1983.

(23)

diventerebbe quindi di pertinenza della Tenuta Granducale di Nugola.

Nel 1587 la Famiglia Medici amplia ulteriormente i propri possedimenti nel territorio: la Mensa Arcivescovile di Pisa infatti “[…] accorda a livello al Gran Duca Ferdinando I tutti i terreni di proprietà della Mensa nel Comune di Nugola, che fino a quel giorno non erano passati in mano a terzi possessori per al livellazioni precedenti […]”26.

Nel 1705 appare per la prima volta citata la “[…] Casa del Podere di Nugola Vecchia di S.A.R. […]”27 in un elenco delle

pertinenze della Fattoria di Nugola amministrate dallo “Scrittoio delle Regie Possessioni”

Nel 1737 per fare fronte ad una ricorrente situazione di crisi il governo lorenese dà avvio alla politica del “Grande Affitto” che coinvolge tutti i possedimenti della Corona promuovendo un organico censimento dei beni gestiti dallo “Scrittoio”28.

Viene così compilata una “[…] stima delle Case, e terreni esistenti nella Fattoria di Nugola, ritrovati di libera proprietà di S.A.R. […]” che elenca tra gli altri “[…] una casa ad uso di lavoratore luogo detto Nugola Vecchia composta di n.7 stanze[…]”29.

Di queste 4 sono a solaio e 3 a terreno, dove è ricavato il Magazzino, Vinaia e Stalla, e più altro Stallone a tetto alla

26ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 3631, Cause Delegate I. 27 ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 3631, Cause Delegate I. 28 Imberciadori I., Campagna toscana nel ‘700, Firenze 1953.

Luttazzi Gregori E., Fattori e fattorie tra settecento e ottoento, in Contadini e proprietari nella Toscana moderna, vol. II, pp. 5-83, Firenze 1981.

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medesima appoggiato, Scala a due branche, e Forno, Platea e Aia, Orto et altre appartenenze di stiora 3 […]”.

Si tratta dunque di un edificio rurale disposto su due piani a scala esterna che ricalca uno schema a capanna con rustico ed abitazione sovrapposti, abbondantemente diffusi in tutta Toscana30.

Al primo piano è situata la cucina, vero centro della casa, mentre al terreno è ubicato il rustico suddiviso in una serie di ambienti incorporati nel blocco quadrangolare principale, magazzino, vinaia e stalla, e in alcune fabbriche secondarie distaccate, stallone addossato e forno, e corredato dai cosiddetti annessi fuori quali l’aia per la battitura del grano, l’orto per la coltivazione, la platea e altre appartenenze.

Nel 1740 in occasione della consegna della tenuta ai fittavoli vengono approntati i “[…] documenti, contratti e inventari relativi all’affitto della Fattoria di Nugola da parte del Fattore Giuseppe Maria Scrilli […]”31.

Nell’Inventario appare il “Podere e Casa di Nugola Vecchia del lavoratore Michel Angiolo Balestri […]” composta di due piani: al terreno sono dislocati i diversi servizi agricoli che consistono in “[…] una prima stanza verso tramontana ad uso di Vinaia, […] una stanza ad uso di granaio, […] un portichetto sotto il ripiano della scala per salire al piano di sopra, […] uno stanzino sotto la branca della scala ed una stalla; vi è uno stallone a tetto (addossato al granaio) dalla parte di Ponente.

30 Biasutti R., op. cit.,1938.

Gori Montanelli L., op. cit., 1964. Greppi C., Tini S., op. cit., 1983.

31 ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 3516, Descrizione di affitti, perizia del 31

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Al piano di sopra salendo per la citata scala a poggiolo […] dal ripiano in capo di scala si passa in una cucina […]” e quindi al resto dell’abitazione consistente in quattro camere.

Al piano superiore i rustici sono “a tetto”, anche se in più occasioni si lamentano “[…] travi poco buone, […] travi vecchie e cattive et alcuni correnti simili […]”, e pavimenti con un “ammattonato ritenuto “avvallato e in alcuni luoghi scommosso”. Nella cucina non manca il tradizionale “camino con mensole et architrave in legno”.

A terreno i rustici sono dell’edificio, e pavimentati con “sterrato” e “ammottonato”: la “tinaia” è descritta “sterrata con due buche da guano e loro chiusino in pietra, dotata di muracciolo di lavoro con travetti sopra che servono per sedili della tina […]”. Ugualmente sterrati risultano il portichetto e lo stallone caratterizzato da “[…] un’arcone di lavoro che lo divide in mezzo […] una mangiatoia per la lunghezza di questo stallone con muro pieno sotto, tavoloni e ritti di legno […]”.

La stalla invece, provvista di una “mangiatoia poco buona appare parte lastricata e parte sterrata […].

Ogni ambiente risulta inoltre dotato della sua finestra spesso “piccola e mlandata senza imposte”.

In definitiva l’edificio al 1740 consiste di un semplice blocco quadrangolare a due piani che, almeno a questa data, non reca tracce di qualità architettoniche e di quelle tipologiche, porticati, loggiati, finestre ad arco, colombaie…, che caratterizzano la produzione rurale toscana dei secoli precedenti.

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Nel 1746 viene elaborata una “Pianta della Fattoria di Nugola S.M.G.”, successivamente “estratta nel 1752 dal perito Bernardo Paletti […]”.

Nel 1749 vengono stilate nuove “Descrizioni, inventari e stime delle Fattorie del libro di Pisa […]” con l’elenco dettagliato e la “dimostrazione di tutti i risarcimenti necessari da farsi alle Fabbriche e case della Fattoria di Nugola S.M.G. […] che si consegnano in questo giorno dai Signori Giuseppe Maria e Giovanni Rinieri Sgrilli vecchi affittuari al Signor Vettorio Bosio nuovo affittuario generale delle possessioni della Maestà Sua alla presenza di Noi Infrascritti Periti […]”32.

I risarcimenti in questione relativi alla Casa e Podere di Nugola Vecchia si limitano a piccoli interventi di manutenzione che non modificano in alcun modo l’impianto e la struttura preesistenti: si registra ad esempio che “occorre far di nuovo due scalini di macigno […] risarcire il mattonato ritrovato screpolato e guasto […] rifare 50 braccia quadre d’arriccio per le muraglia trovate corrose e guaste […]”.

La medesima descrizione, nell’apposito elenco delle “Case sottoposte alla Fattoria di Nugola S.M.G.”, riporta la dicitura “Podere di Nugola Vecchia e Case annesse” e posiziona inoltre “in detto luogo[…] un Casino de’ Pastori e una Casa del Mezzaiolo” altrimenti censita quale “Casa abitata da Bartolomeo Mugnai, mezzaiolo, contigua alla Casa del Podere di Nugola Vecchia”. Quest’ultima forse è identificabile con un primo nucleo dell’edificio attualmente esistente lungo la strada comunale in posizione

32 ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni, f. 3486, Descrizione di affitti, perizia del 19

novembre 1749; f. 3525, Dimostrazione di risarcimenti, perizia del 19 novembre 1749.

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leggermente defilata a nord-ovest rispetto alla costruzione principale.

Nel 1802 il restaurato governo lorenese riprende la politica generale di vendita dei beni demaniali interrotta dagli eventi del 1799 33: la Fattoria di Nugola viene alienata ad una società

formata dai possidenti e commercianti livornesi Giuseppe Carena, Luigi Fauquet, Alessandro Patrinò, Cristofano Despoti ed Eustachio Mospignotti34.

La grande tenuta con i suoi dodici poderi viene così suddivisa in cinque porzioni con diritto di riscatto: all’interno dei novi appezzamenti i casali più importanti vengono quindi convertiti in “Fattorie” e ristrutturati alla luce delle nuove esigenze. Queste seguono i criteri propri di quel processo di riorganizzazione tecnico-produttivo dell’agricoltura mezzadrie che aveva investito la Toscana agli inizi dell’800 e che prevedeva prima di tutto la trasformazione delle fattorie da centri puramente amministrativi , in centri di produzione e direzione tecnica”35.

Accade inoltre che i nuovi centri poderali si trovino necessariamente ad assumere un carattere misto “in parte padronale e in parte colonico”36, dovendo ospitare, oltre alla

famiglia del mezzadro, anche la famiglia padronale ed accogliere i sempre più numerosi bisogni di un’agricoltura in espansione.

Fra le ristrutturazioni sicuramente documentate in questo periodo, si possono citare:

33 Cresti C., La Toscana dei Lorena, politica del territorio e architettura, Firenze 1987.

Imberciadori I., op. cit.,1953.

34 F. Minaccia, La vendita delle fattorie nel pisano, in Contadini e proprietari in

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• 1813, ingrandimento della Fabbrica della Fattoria di Nugola Nuova, di proprietà Mospignotti;

• 1817, trasformazione del casale Belvedere Alto in centro poderale della Tenuta Despoti.

Il progetto consisteva nell’aumentare la costruzione di un piano: al piano terra sono sistemati i servizi agricoli, al piano nobile, collegato con una scala esterna, sono i quartieri padronali, mentre al piano secondo, accessibile tramite una rampa interna da un andito del primo piano, è alloggiata la famiglia del fattore.

Si tratta quindi di una tipologia anomala che vede la compresenza in un medesimo edificio della struttura a scala esterna più antica e di quella a scala interna più recente: mentre la prima garantisce l’ingresso al piano nobile, la seconda permette di arrivare al livello del sottotetto.

E’ molto probabile che lo stesso schema, diffuso in quegli anni anche in altre zone della Toscana37, venga esteso al podere di

Nugola Vecchia apportando contemporaneamente l’espansione in pianta e l’innalzamento dell’edificio da due a tre piani fuoriterra .

La contrada di Nugola conta, nel 1833, 777 abitanti.

Nel 1846 l’intera regione collinare dell’entroterra, da Pisa fino a Volterra, viene travolta da un sisma di notevoli dimensioni.

Una “Relazione dei danni cagionati dal tremuoto” segnala che “Nugola piange la rovina di otto case e quasi l’intera perdita delle masserizie. Quattro altre case sono pure inabitabili. La Villa del Cav. Ottaviano Lenzoni e fratelli, non presente se non un ammasso informe di rottami, essendo rovinate per anche le

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quattro pareti esterne. Come pure la Villa Dufour Berte è per la maggior parte inabitabile […]”.

Nel 1847, a seguito del sisma, i vecchi comproprietari cedono le loro quote alla famiglia Mospignotti – Despoti che riscatta l’intera Tenuta di Nugola Nuova.

Nel 1853 la fattoria di Nugola passa al barone Teodoro Tossizza per poi diventare nel 1883 proprietà del principe Don Piero Strozzi.

Infine la tenuta passa nelle mani del Professore Pietro Grocco nel 1901 per poi rimanere dal 1933 ai fratelli Marchi di Firenze.

1.8.2 - La fattoria di Nugola Nuova: gestione e innovazioni colturali nel Valdarno inferiore

L’intero corpo della fattoria si distendeva quasi a circolo intorno alla villa padronale che ne costituiva il centro. I poderi erano separati l’uno dall’altro, mai nettamente, dato che solo alcuni cespugli o alberi delimitavano le singole unità aziendali.

Da nord a sud si possono individuare due zone diverse del territorio comprese fra il Fosso Reale e il torrente Ugione. La prima zona è circoscritta a nord dal Fosso Reale e dalla Fossa Nuova e a sud dal fiume Tora ed è costituita da terreni di pianura; la seconda zona è invece delimitata a nord dal fiume Tora e dal Fosso dell’Acqua Salsa e a sud dal Rio Ugione e può essere considerata di bassa collina, eccetto qualche fondovalle pianeggiante.

Le successive bonifiche, insieme ad un più adeguato sistema di canalizzazione, intraprese nel 1740 da Francesco I, proseguite sotto Pietro Leopoldo e durante il periodo napoleonico, resero questi territori i più fertili della zona, dato che la maggior parte di

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sabbiosa, sciolta e permeabile, favorevole in pratica a qualsiasi tipo di coltivazione.

La superficie forestale era localizzata prevalentemente nella zona sud-ovest dell’azienda. I boschi cedui matricinati di quercia, cerro e leccio costituivano la fonte maggiore di legname della fattoria.

Nel 1853 la ex-fattoria granducale di Nugola venne acquistata dal barone Teodoro Tossizza per lire 1.050.000, versati al precedente proprietario A. Despoti Mospignotti, il quale a sua volta l’aveva comperata in società con Giuseppe Carena dallo Scrittoio delle possesioni Granducali.

Successivamente nel 1871 il barone Tossizza cedette la proprietà ai suoi due figli Michele e Anastasio, mentre nel 1883 la fattoria fu venduta per 1.980.040 lire al principe Don Piero Strozzi che ne mantenne il possesso fino al 1900.

Nel 1875 la fattoria occupava un’area di 607 ettari, 52 are e 74 centiare.

L’intero territorio della fattoria può essere suddiviso in tre zone: una costituita dalle cosiddette “terre a mano”, cioè dai terreni coltivati direttamente dalla proprietà mediante lavoro salariato, nei quali a partire dalla seconda metà del secolo scorso, furono attuati alcuni esperimenti innovativi, come ad esempio l’adozione di rotazioni più razionali e l’introduzione di nuove coltivazioni; la seconda costituita da un certo numero di abitazioni affittate a braccianti e artigiani; l’ultima, la più estesa che comprendeva i poderi coltivati da mezzadri.

Le unità poderali nel 1853 erano 22, quasi tutte di grosse dimensioni, in media 27 ettari, tanto che nel corso degli anni subirono numerosi frazionamenti, fino a quando fu avvertita dalla

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proprietà la necessità di ridisegnare la maglia poderale infittendola, in modo da ottenere una maggiore produttività accentuando la pressione sul solo fattore lavoro.

Generalmente nelle fattorie della Toscana, ancora nella seconda metà dell’Ottocento, si continuava a praticare un tipo di agricoltura basata su tecniche tradizionali e in gran parte ormai superate.

Di solito gli amministratori e i coordinatori delle varie fasi produttive erano scarsamente preparati sui principi delle scienze agronomiche e diffidenti rispetto a qualsiasi innovazione sia di carttere tecnico che colturale; di conseguenza le funzioni riguardanti l’organizzazione delle singole attività produttive, i poderi, ricadevano di fatto ancora sui mezzadri, ancorati a loro volta a tradizioni arcaiche difficili da sradicare e dannose alla produttività del suolo. Essi praticavano un tipo di agricoltura di sussistenza, sufficiente cioè a soddisfare le esigenze delle famiglia e quelle del proprietario.

Per aumentare la produttività era quindi necessario mutare l’organizzazione aziendale e cioè togliere dalle mani dei coloni e dei fattori, per lo più incompetenti, la direzione tecnico-produttiva dei poderi per affidarla ad agenti preparati in grado di imporsi ai propri coloni. Lo stesso proprietario doveva poi sviluppare una mentalità imprenditoriale, compiendo scelte innovative e correndo qualche rischio.

Nel 1853, all’età di 22 anni, Teodoro Tossizza divenne proprietario della fattoria di Nugola. Tossizza, abitante a Livorno, proveniva da una ricca famiglia di origine greca dedita al commercio e fu proprio grazie a lui che la fattoria di Nugola

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precedenti tanto da diventare in breve tempo una delle fattorie all’avanguardia in Toscana.

Il Tossizza mantenne tuttavia il sistema mezzadrile vedendo in esso il sistema più confacente all’agricoltura toscana la quale, date le caratteristiche morfologiche del suolo, rimaneva ancorata ad una coltura promiscua di piante erbacee e arbustive.

La punta di diamante dell’operato del Tossizza fu la formazione professionale degli agenti di campagna da lui assunti. Significativa a tal proposito è la collaborazione sviluppatasi a Nugola negli anni 1853-1857 fra lo stesso Tossizza e il fattore Luigi Jandelli, i quali avevano entrambi approfondito la propria cultura agronomica nella scuola di Cosimo Ridolfi.

Tossizza fu uno dei primi proprietari a ricercare la collaborazione di un fattore diplomato dato che ,ancora negli anni ’50, il fattore non aveva la preparazione tecnica e culturale necessaria per svolgere un compito di tanta responsabilità e complessità. Infatti il fattore non veniva assunto grazie a meriti particolari o a capacità professionali specifiche, ma sulla base di criteri assai estranei al lavoro che avrebbe dovuto eseguire: non si dovevano sostenere esami tecnici, il più delle volte era sufficiente avere la fama di essere una persona onesta, fedele, di forte personalità e autorità.

Il fattore, nell’ambito delle fattorie moderne, diventa invece la persona di fiducia del proprietario non solo per le sue qualità morali, ma anche per quelle professionali: è un tecnico competente i cui compiti diventano la scelta delle sementa e del periodo della semina, la pianificazione delle rotazioni agrarie, l’acquisto e la vendita del bestiame, la sorveglianza e la preparazione dei coloni.

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Accanto allo sviluppo in chiave moderna della gestione della fattoria e dei sistemi e delle tecniche agricole, si affiancò un incremento delle infrastrutture produttive. Infatti la fattoria di Nugola non era soltanto un luogo di produzione di materie prime poiché molte di queste subivano un processo lavorativo prima di essere immesse sul mercato come prodotto finito o semi-finito.

Per consentire uno svolgimento agevole di tali lavorazioni, la fattoria fu dotata nel corso degli anni di edifici, locali e officine appositamente concepite e costruite per ciascuna attività. I centri di trasformazione delle materie prime a Nugola erano la cascina, il frantoio, la latteria, la bigattiera e un piccolo stabilimento per l’imbottigliamento dell’acqua. Alcuni di questi sorsero come edifici distaccati e dislocati nel territorio fra Nugola e Livorno come la cascina, la latteria e la bigatteria.

Al piano terreno della fattoria vera e propria invece erano presenti un ampio vinaio e due grandi cantine che consentivano di esaurire in fattoria tutte le fasi relative alla lavorazione dell’uva prima e del vino poi. Nel vinaio, di circa 65 mq, la maggior parte dei tini era costruita i muratura; dopo l’operazione di “svinatura”, il vino veniva travasato nelle botti situate nelle cantine di circa 131 mq.

Sempre al piano terra della villa si trovava un grande locale detto “orciaio”, di circa 25 mq, dove fu impiantato nel 1875 un frantoio per la spremitura delle olive.

Figura

Fig. 1 – Principali aree geografiche in cui è suddiviso il territorio del Comune di Livorno e  di Collesalvetti
Fig. 2 – Ricostruzione cartografica

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