M
La prima parte del lavoro di tesi è stata dedicata a modificare il codice di calcolo utilizzato presso l’INGV di Pisa (Papale, 2001a) affinché simulasse la risalita del magma sia lungo condotti a sezione circolare che a geometria fissurale con larghezza variabile.
Successivamente sono stati eseguiti degli studi parametrici per valutare l’in-fluenza del tipo di condotto e della geometria 7di quest’ultimo.
3.1 A
La prima valutazione effettuata riguarda le eventuali restrizioni da applicare alla geometria della fessura al fine di rispettare le assunzioni del modello, in particolareper poter mantenere l’ipotesi di monodimensionalità.
Nel caso di una fessura, ovvero di un condotto a sezione rettangolare, occorre tenere presente che ai suo bordi si verificano distorsioni dei valori delle variabili di flusso e delle proprietà della miscela eruttiva; è quindi necessario che la fessura abbia lunghezze, orizzontale e verticale, maggiori, almeno di alcuni ordini di grandezza, rispetto alla sua larghezza in modo che le variazioni delle proprietà ai suoi margini siano trascurabili e l’assunzione di monodimensionalità possa essere mantenuta. L’estensione verticale del condotto è sicuramente molto maggiore della sua larghezza poiché le camera magmatiche si trovano normalmente ad
alcuni chilometri di profondità sotto la superficie terrestre, mentre la larghezza delle fessure è dell’ordine delle decine di metri al massimo; per quel che riguarda l’estensione orizzontale, la condizione Lf λ (vedi figura 3.1), necessaria per l’assunzione di monodimensionalita, risulta essere una situazione realistica. In
Camera magmatica Lf
F
essura
l
Figura 3.1: schema fessura questo modo le dimensioni della fessura
sono definite dalla sua lunghezza e dalla sua larghezza λ.
A questo punto è stato necessario adat-tare alla nuova geometria il modello fisico-matematico su cui si basa il programma di simulazioni; in particolare sono state ri-scritte le equazioni fondamentali e costi-tutive del sistema nel caso di una fessu-ra, in modo da individuarne le differenze con quelle operanti nel caso del condotto cilindrico.
Nella teoria della fluidodinamica, nelle equazioni del flusso all’interno di tubi con
sezione di forma differente da quella circolare viene introdotta una grandezza, il diametro idraulico, che permette di applicare le stesse equazioni ottenute nel caso di tubi cilindrici alle differenti geometrie. Il diametro idraulico è definito come:
DH =
4 · area della sezione di flusso
perimetro bagnato dal fluido (3.1)
Nel caso di un condotto cilindrico, da questa formula si ottiene che il diametro idraulico coincide, giustamente, con il diametro vero e proprio del condotto, mentre nel caso di una fessura con sezione rettangolare e con una dimensione (Lf) molto maggiore dell’altra (λ), il diametro idraulico corrisponde al doppio della larghezza λ:
DH = 2λ
Le equazioni di trasporto nel caso della fessura, quindi, rimangono le stesse di quelle ottenute per il condotto a sezione cilindrica (vedi equazioni 2.8-2.11) sostituendo il diametro idraulico al posto del diametro del condotto.
in particolare, cambia il valore del coefficiente B1 che è, infatti, funzione della
geometria del condotto: nel caso del condotto cilindrico B1 vale 16 mentre nel
caso della fessura assume il valore di 24 (John and Haberman, 1980).
E’ stato infine necessario riadattare la forma sia delle equazioni di trasporto del sistema che delle equazioni costitutive in accordo all’assunzione di monodimen-sionalità (Lf >> λ) della fessura. Tale assunzione, infatti, comporta l’impossibilità di calcolare l’area di sezioni delle fessure perpendicolari alla direzione di flusso in quanto una delle due dimensioni necessarie non è definita. Questo implica che nel caso di geometrie fissurali sia possibile definire solo il flusso di massa per unità di area. Questo ha comportato la necessità di operare le opportune sostituzioni in tutti i punti del modello e del codice di calcolo dove appariva il flusso di massa totale.
3.2 A
-
Il lavoro svolto per adattare il modello fisico-matematico ai condotti con gemetria variabile può essere suddiviso in due parti:
1. studio delle limitazioni da porre alle variazioni di geometria del condotto vulcanico;
2. modifica delle equazioni di trasporto e costitutive del modello.
3.2.1 L
In questa prima parte viene mostrato come l’utilizzo di un codice multifase, stazionario come quello della presente tesi, non sia adatto a studiare le dinami-che di flusso in condotti a sezione divergente. Questo rappresenta ovviamente un forte limite, in quanto permette lo studio dell’influenza della geometria dei condotti vulcanici sulle dinamiche di risalita solo nei casi in cui il condotto stesso non presenti pareti divergenti verso l’alto.
L’area dove la divergenza delle pareti è più marcata è, senz’altro, quella del cratere vulcanico. Quest’area è quindi fuori dalle possibilità di studio offerte
dal presente codice di calcolo, per le ragioni che saranno qui di seguito espo-ste. Di conseguenza, la base del cratere rappresenta, in questa tesi, l’uscita del condotto vulcanico. E’ invece possibile studiare tutti quei casi in cui il condotto vulcanico presenti aree, comunque distribuite, con pareti parallele o debolmente convergenti.
Le modifiche nel regime di flusso all’interno di un condotto convergente o divergente, sono più facilmente illustrabili in un caso semplice corrispondente a un flusso omogeneo, stazionario, in assenza di gravità e frizione. I risultati di una tale analisi sono comunque generalizzabili a situazioni più complesse quali quelle caratterizzanti il flusso di magma in condotti vulcanici.
Un flusso stazionario, monodimensionale, omogeneo e in assenza di forze di frizione e di gravità, all’interno di un condotto con area variabile, è controllato dalle seguenti equazioni:
conservazione della massa
ρAdu + ρudA + uAdρ = 0 (3.2)
conservazione della quantità di moto
ρdP + ρudu = 0 (3.3)
dove A è la sezione del condotto. Combinando queste due equazioni si ottiene dP + ρu2 −dA A − dρ ρ ! = 0 (3.4)
Sostituendo la velocità del suono nel mezzo, c = s
dP dρ !
s
dove il pedice s indica un processo isentropico, e raccogliendo i fattori comuni, l’equazione 3.4 diventa
1 − u 2 c2 ! dP − ρu 2 A dA = 0 (3.5)
Introducendo il numero di Mach M = u
c, utilizzato comunemente come criterio per distinguere il regime di flusso subsonico (M < 1) da quello supersonico (M > 1), si ottiene
(1 − M2)dP = ρu2
Questa equazione permette di valutare l’andamento di pressione e velocità in base al regime di flusso e al tipo di variazione di area (convergente o divergente). Questo, a sua volta, permetterà di comprendere le profonde modifiche nel regime di flusso che si instaurano in un condotto vulcanico con pareti divergenti. Nel caso di una diminuzione dell’area del condotto nella direzione di flusso, il secondo membro dell’equazione 3.6 diventa negativo. Quindi, un flusso subsonico (M < 1 ⇒ 1 − M2 > 0) comporta una diminuzione della pressione e, quindi, (equazione
3.3). Un flusso supersonico (M > 1 ⇒ 1 − M2 < 0), invece, implica un aumento
della pressione e (equazione 3.3) una riduzione della velocità. Nel caso di un aumento dell’area del condotto, un flusso subsonico produce un aumento della pressione e, quindi, un aumento della velocità; un flusso supersonico produce effetti opposti, ovvero una diminuzione di pressione e un aumento di velocità (vedi figura 3.2).
Quanto sopra ha profonde implicazioni in tutti quei casi di flusso in mezzi comprimibili in cui, come nei condotti vulcanici, la differenza di pressione tra l’ingresso e l’uscita del condotto è sufficientemente grande da causare il
raggiun-M<1
M<1
dA-
dA+
M>1
M>1
dA-
dA+
v cresce
P decresce
v decresce
P cresce
v cresce
P decresce
v decresce
P cresce
Figura 3.2: Effetto del regime di flusso, (a) subsonico o (b) supersonico, sul flusso all’interno di un condotto a sezione variabile.
gimento di velocità prossime o maggiori di quelle del suono. Immaginiamo di avere un condotto convergente (o, al limite, con pareti parallele), l’aumento di condotto non può essere tale da causare il superamento della velocità del suo-no, in quanto in questo caso (pareti convergenti) la pressione aumenterebbe, e la velocità diminuirebbe, nella direzione del flusso, riportando le condizioni a subso-niche. Ne deriva che in un tal caso la velocità del suono può essere raggiunta solo all’uscita del condotto, dove la successiva rapida espansione del fluido (analoga ad un condotto con pareti divergenti) produce una ulteriore depressurizzazione e accelerazione a condizioni supersoniche.
L’esempio di cui sopra e l’analisi della figura 3.2, chiariscono che per avere accelerazioni a condizioni supersoniche all’interno di un condotto, è necessaria una geometria convergente-divergente, che assicura una continua diminuzione di pressione e un continuo aumento di velocità da condizioni subsoniche (schema in alto a sinistra) a condizioni supersoniche (schema in basso a destra). La condizione sonica (M = 1) si verifica, ovviamente, in corrispondenza della gola del condotto convergente-divergente (o leggermente dopo se si tiene conto della gravità e della frizione).
La discussione di cui sopra mostra, quindi, che l’esistenza di tratti di con-dotto vulcanico con pareti divergenti, associata all’elevato gradiente di pressione totale, risulterebbe nel raggiungimento della velocità del suono all’interno del condotto vulcanico (all’inizio della zona divergente), e quindi nell’instaurarsi di un flusso transonico. E’ necessario quindi porsi la questione di se e come un flusso transonico può essere trattato attraverso un modello multifase stazionario, come CONDUIT4 (o la sua modifica operata nella presente tesi per tener conto di geometrie del condotto variabili).
Nel caso di fluidi omogenei è possibile definire in maniera univoca la velocità del suono nel fluido. Al contrario, in mezzi multifase (come è trattato il magma nel codice CONDUIT4) non esiste una definizione univoca, chiaramente estraibile dalla teoria. Normalmente si ricorre ad una definizione ‘matematica’: la condi-zione sonica corrisponde ad una singolarità del sistema algebrico costituito dalle equazioni di trasporto (Bouré et al., 1976).
Schematizzando il sistema di equazioni di trasporto (ad esempio le equazioni 1.11-1.14, oppure le equazioni 3.23-3.26 derivate nel seguito) come
a11x1+ a12x2+ a13x3+ a14x4 = b1 a21x1+ a22x2+ a23x3+ a24x4 = b2 a31x1+ a32x2+ a33x3+ a34x4 = b3 a41x1+ a42x2+ a43x3+ a44x4 = b4
dove le incognite x1. . . x4 corrispondono ai gradienti verticali delle variabili di
flusso (dα dz, duG dz , duD dz , dP
dz), le sue soluzioni si ricavano con la seguente formula: xi =
∆ni
∆ (3.7)
dove ∆ è il determinante della matrice a11 a12 a13 a14 a21 a22 a23 a24 a31 a32 a33 a34 a41 a42 a43 a44
e ∆ni è il determinante della matrice ottenuta sostituendo alla i-esima colonna della
matrice del sistema, il vettore dei termini noti; ad esempio, ∆n2 è il determinante della matrice a11 b1 a13 a14 a21 b2 a23 a24 a31 b3 a33 a34 a41 b4 a43 a44
La singolarità corrisponde al caso in cui
∆ = 0, ∆ni=1,4 = 0 (3.8)
⇒ xi=1,4 = 0
0(indeterminato) (3.9)
Passando da una condizione di flusso subsonico a supersonico (superando, quindi, la singolarità), la struttura matematica delle equazioni di trasporto subi-sce un radicale cambiamento. Nella regione subsonica il sistema di equazioni è di tipo ellittico, mentre nella regione supersonica è di tipo iperbolico (Anderson jr, 1995). Questa diversa struttura impedisce l’ottenimento di soluzioni numeriche
consistenti a cavallo della regione transonica, in quanto i metodi numerici ade-guati per la soluzione di sistemi di tipo ellittico non funzionano per sistemi di tipo iperbolico e viceversa, e l’utilizzo di due codici separati unendo i risultati nella regione transonica è di estrema difficoltà e dal punto di vista pratico inapplicabile. Al fine di risolvere il flusso transonico, è necessario ricorrere a modelli e codici transienti, che inclusono cioè il tempo tra le variabili considerate. Questo non è però il caso di CONDUIT4, che risolve invece il flusso multifase stazionario di magma lungo condotti eruttivi.
Queste considerazioni hanno reso necessario limitare le possibili geometrie del condotto vulcanico a quelle non divergenti in modo da investigare soltanto situazioni in cui il flusso raggiunge condizioni soniche (definite dall’equazione 3.8) al tetto del condotto, senza quindi accelerare a condizioni supersoniche.
3.2.2 U
E’ stato, poi, necessario valutare se occorresse porre altre limitazioni alle varia-zioni di geometria del condotto affinché le assunvaria-zioni del modello fossero ancora rispettate. E’ risultato che, affinché non vengano a mancare le condizioni di stazio-narietà, monodimensionalità e isotermicità, i condotti a cui può essere applicato il nostro modello devono avere inclinazioni delle pareti abbastanza piccole. M`
Le variazioni di larghezza del condotto comportano variazioni orizzontali delle variabili di flusso e delle proprietà del magma; i gradienti orizzontali che si originano possono arrivare ad avere valori confrontabili con quelli dei gradienti verticali rendendo impossibile operare l’approssimazione monodimensionale.
Occorre, dunque, porre dei limiti all’entità delle variazioni di larghezza del condotto in modo da produrre gradienti orizzontali delle variabili che siano an-cora sufficientemente piccoli da essere trascurati; ciò comporta che le pareti del condotto devono avere inclinazioni tali che le variazioni orizzontali delle dimen-sioni del condotto siano molto minori rispetto alla distanza verticale lungo la quale avvengono e, quindi, trascurabili. Più precisamente, considerando una porzione
di condotto di lunghezza L (vedi figura 3.3), la differenza (δ) tra le larghezze D0
e D00 deve risultare molto minore di L:
δ = D0− D00= (D00+ 2L tan α) − D00 = 2L tan α L (3.10) ovvero tan α 1
2 ⇒ α ≈ 26
◦; (3.11)
questo significa che l’angolo di inclinazione delle pareti del condotto deve essere piccolo.
D”
D’ L
a Figura 3.3: Rappresentazione schematica di
una porzione di condotto con pareti inclinate.
Nel presente lavoro sono state eseguite simulazioni solo per condizioni nelle quali l’angolo di inclinazione delle pareti del condotto (α in figura 3.3) sia minore di 0.7◦; tale angolo è stato considerato l’angolo limite al di sopra del quale non è
più garantita l’assunzione di monodimensionalità del nostro modello. Un angolo di 0.7◦ fa sì che su una altezza di 100 metri la diminuzione della larghezza della
sezione sia poco più di 1 m (per parte); una variazione laterale di tale entità è da considerare una condizione limite per l’ipotesi di monodimensionalità. Un tale angolo, per quanto possa parere piccolo, comporta invece cambiamenti con-siderevoli del diametro idraulico del condotto vulcanico, essendo questo molto lungo; ad esempio, in un condotto lungo 5 km e interamente convergente, una tale inclinazione delle pareti fa sì che, se il diametro di base del condotto è di 200 m, quello all’uscita sia di circa 78 m, ovvero meno della metà.
I`
Il limitare il dominio di applicazione del nostro modello a condotti a geometria non divergente con pareti poco inclinate permette di mantenere l’approssimazione isolterma senza dover ricorrere ad ulteriori restrizioni. In base agli studi di Buresti e Casarosa (1989), infatti, i cambiamenti di temperatura del magma sono più difficilmente trascurabili soltanto quando si considerano condotti a geometria divergente e con pareti abbastanza inclinate.
3.2.3 M
R ( )
Introducendo la variazione d’area, la prima conseguenza è che non è più possibile calcolare direttamente attraverso l’equazione 2.7 l’altezza del livello di essoluzione del gas, come nel caso di condotti a sezione costante. In questo caso diventa necessario integrare per via numerica le equazioni di trasporto anche nella regione omogenea al di sotto del livello di essoluzione, fino ad un’altezza nel condotto dove la pressione risulta uguale alla pressione di saturazione dei volatili. Le equazioni di trasporto per il flusso omogeneo al di sotto del livello di essoluzione assumono la seguente forma:
conservazione della massa Adu
dz = −u dA
dz (3.12)
conservazione della quantità di moto ρudu dz + dP dz = −ρg − 2 f ρu2 DH (3.13) dove u è la velocità di risalita della miscela e ρ la sua densità, costante in questo tratto del condotto.
L’equazione 3.12 mostra che l’introduzione della variazione di larghezza del condotto comporta la variazione della velocità della miscela anche nella regione di flusso senza bolle (mentre tale velocità era costante nel caso di condotti a sezione costante). Infatti, dovendo rimanere costante il flusso di massa totale, la variazione della sezione del condotto deve essere bilanciata da una variazione opposta del flusso di massa per unità di area; poiché la densità della miscela è costante, per produrre tale cambiamento è necessaria una variazione della velocità della miscela che sarà inversamente proporzionale alla variazione di area.
Il sistema di equazioni 3.12-3.13 può essere facilmente ridotto ad una sola equazione ricavando dalla prima dudz, e sostituendolo nella seconda; si ottiene così: dP dz = ρu2 A dA dz − ρg − 2 f ρu2 DH (3.14) Per poter riscrivere l’equazione 3.14 per il condotto a geometria fissurale e per
e il gradiente verticale dell’area dA dz !
per i due tipi di condotto: condotto a sezione circolare
A = π 4D 2 H, dA dz = π 4 dD2 H dz ; (3.15)
condotto a geometria fissurale A = Lf·λ = Lf· DH 2 , dA dz = Lf 2 dDH dz (3.16)
dove Lf e λ sono le dimensioni del condotto a geometria fissurale e DH è il diametro idraulico. Nel calcolo del gradiente dell’area nella condotto a geometria fissurale, l’ipotesi Lf >> λ permette di considerare Lf costante lungo tutta la lunghezza del condotto.
Sostituendo l’area e il gradiente dell’area a seconda del tipo di condotto, l’e-quazione 3.14 diventa:
condotto a sezione circolare dP dz = ρu2 D2 H dD2 H dz − ρg − 2 f ρu2 DH (3.17) condotto a geometria fissurale
dP dz = ρu2 DH dDH dz − ρg − 2 f ρu2 DH (3.18) Queste equazioni mostrano che l’influenza della variazione di larghezza del con-dotto sulla variazione di pressione è controllata da un termine (primo termine del membro di destra) che ha una forma analoga al termine di frizione; nel caso di geometrie non divergenti il suo effetto è quello di incrementare il gradiente di pressione (ovvero di produrre una più rapida caduta di pressione lungo il condotto).
R ( ):
Le equazioni di trasporto nella regione di flusso bifase assumono la seguente forma:
conservazione della massa fase gassosa d dz αρGuGA = d dz(wGm)˙ (3.19)
fase densa d dz (1 − α) ρDuDA = − d dz(wGm)˙ (3.20)
conservazione della quantità di moto fase gassosa αρGuG duG dz = − α dP dz − αρGg − ξ (uG− uD) − FwG − δ (uG− uD) ˙mA dwG dz (3.21) fase densa (1 − α) ρDuD duD dz = − (1 − α) dP dz − (1 − α) ρDg + ξ (uG− uD) − FwD− (1 − δ) (uG− uD) ˙mA dwG dz − Π dσs dz (3.22)
Dopo aver sviluppato le equazioni, ricordando che il flusso di massa totale ˙m è costante (flusso stazionario) e riscrivendo le variazioni di densità e di volatili essolti in funzione della pressione si ottiene il seguente sistema:
ρGuG dα dz + αρG duG dz + αuG dρG dP + ˙mA dwG dP ! dP dz = − αρGuG A dA dz (3.23) −ρDuD dα dz + (1 − α) ρD duD dz + (1 − α) uD dρD dP + ˙mA dwG dP ! dP dz = − (1 − α) ρDuD A dA dz (3.24) −αρGuG duG dz − (α + δ (uG− uD) ˙mA dwG dP ) dP dz = αρGg + ξ (uG− uD) + FwG (3.25) −(1 − α)ρDuD duD dz − (1 − α) + (1 − δ)(uG− uD) ˙mA dwG dP ! dP dz = (1 − α) ρDg − ξ (uG− uD) + FwD+ Π dσs dz (3.26)
equa-L’area del condotto e la sua variazione compaiono solo nelle equazioni di conservazione della massa che, riscritte per i due tipi di condotto in base alle equazioni 3.15 e 3.16, assumono la seguente forma:
condotto a sezione cilindrica fase gassosa ρGuG dα dz + αρG duG dz + αuG dρG dP + ˙mA dwG dP ! dP dz = − αρGuG D2 H dD2 H dz (3.27) fase densa −ρDuD dα dz + (1 − α) ρD duD dz + (1 − α) uD dρD dP + ˙mA dwG dP ! dP dz = − (1 − α) ρDuD D2 H dD2 H dz (3.28)
condotto a geometria fissurale fase gassosa ρGuG dα dz + αρG duG dz + αuG dρG dP + ˙mA dwG dP ! dP dz = − αρGuG DH dDH dz (3.29) fase densa −ρDuD dα dz + (1 − α) ρD duD dz + (1 − α) uD dρD dP + ˙mA dwG dP ! dP dz = − (1 − α) ρDuD DH dDH dz (3.30)
Nelle equazioni 3.23-3.30 compare il flusso di massa per unità di area che, con l’introduzione della sezione variabile nel condotto, non è più costante (come era nel caso di condotti a sezione costante), ma diventa variabile; per questo è stato necessario ricavare una formula che permetta di calcolare ˙mA in funzione dell’altezza nel condotto. A tal fine, è stato sfruttato il fatto che il flusso di massa totale ( ˙m) ha lo stesso valore a qualsiasi livello z (per l’ipotesi di flusso stazionario) e, in particolare, è uguale al flusso di massa alla base del condotto ( ˙mA0):
˙
da cui si ottiene ˙ mAz= ˙mA0 A0 AZ . (3.32)
Riscrivendo l’equazione 3.32 per i due tipi di condotto si ha: condotto a sezione circolare
˙ mAz= ˙mA0 π 4 D20 π 4 D2z = ˙mA0 D2 0 D2 z (3.33) condotto a geometria fissurale
˙ mAz= ˙mA0 Lfλ0 Lfλz = ˙mA0λ0 λz (3.34) Tali formule rimangono identiche se si sostituisce il diametro D o la larghezza λ del condotto con il diametro idraulico DH.