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24 Correnti a pelo libero 3.1 Capitolo 3 - Correnti a pelo libero -

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ol

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Capitolo 3 - Correnti a pelo libero -

3.1

Correnti a pelo libero

Le correnti a pelo libero sono correnti interne che presentano la superficie superiore, detta superficie libera, a contatto con l’atmosfera. A causa di tale superficie tali correnti presentano una parte del proprio contorno bagnato che, non essendo a contatto con pareti solide, è libera di muoversi e di variare nello spazio e nel tempo. L’immediata conseguenza dell’esistenza di tale superficie libera rende senza dubbio l’analisi della corrente più complessa in quanto la presenza di un qualsiasi ostacolo, il cambiamento della sezione bagnata dell’alveo, la variazione delle pendenza di fondo, la modifica della scabrezza, conducono ad alterazioni anche sensibili nell’andamento del pelo libero. Le correnti a pelo libero possono essere classificati in vario modo in relazione al parametro scelto.

• Correnti in alvei naturali

- Fiumi

- Torrenti

• Correnti in alvei artificiali

- Irrigazioni

- Bonifica

- Fognature

I corsi d’acqua naturali sono sempre a pelo libero: si tratta sostanzialmente di fiumi e torrenti. Ci sono, inoltre, i canali artificiali, cioè creati dall’uomo per una qualsiasi ragione; tra questi ci sono:

- Canali di bonifica: sono dei canali che consentono di raccogliere le acque di

pioggia e di convogliarle verso un recapito finale; essi consentono di evitare il verificarsi di fenomeni di esondazione nell’ambito delle campagne.

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- Canali per l’irrigazione: sono dei canali dove c’è la superficie libera,

realizzati soprattutto nell’Italia meridionale per favorire l’irrigazione di terre aride. Questi canali sono poco utilizzati; si preferisce usare condotti chiusi per una serie di ragioni: ad esempio perché nei canali l’acqua non può mai fluire in contropendenza per tratti molto lunghi. Quando si realizzano i canali d’irrigazione si deve tener conto del fatto che la direzione del flusso non è gestibile: mentre con i condotti chiusi c’è la possibilità di non dover rigorosamente assecondare l’orografia del terreno, con i canali questo non è possibile perché si deve necessariamente seguire l’orografia del terreno.

- Fognature: è vero che le fogne sono caratterizzate da condotti chiusi, ma al

loro interno ci deve essere il pelo libero; non è possibile che una condotta fognante possa funzionare in pressione.

I canali aperti possono avere varie sezioni, che possono essere regolari (rettangolari, trapezoidali, …) o irregolari:

Figura 3.1.1. Sezioni possibili dei canali apelo libero

I canali artificiali hanno una forma regolare, mentre i corsi d’acqua naturali hanno una forma irregolare, spesso non statica nel tempo: infatti in quest’ultimo caso possono esserci periodi in cui c’è un forte trasporto solido, con deposizione dello stesso, o periodi in cui si verificano fenomeni di erosione. Nei corsi d’acqua naturali la situazione si complica, non solo per l’irregolarità della sezione: la scabrezza non è da noi governata (cosa che invece possiamo fare nei canali artificiali) perché anch’essa non è statica nel tempo. Il pelo libero dei condotti a cielo aperto (o canali) è a contatto con l’atmosfera; per cui la superficie a contatto con l’atmosfera ha:

[ P

relativa ] = 0 [ Passoluta ] = [ Patmosfera ] = 1atm

Ricordiamo che la linea piezometrica relativa è la linea, luogo geometrico dei punti a pressione relativa uguale a zero. Se disponiamo una batteria di piezometri lungo il canale, in questi piezometri l’acqua si disporrebbe alla stessa quota in cui si trova il

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pelo libero, trascurando la sopraelevazione per fenomeni di tensione superficiale, nell’ipotesi che il piezometro fosse molto piccolo. Quindi nei canali la linea piezometrica [P

relativa] = 0 coincide con il pelo libero. Possiamo distinguere le

seguenti pendenze, che indichiamo con:

 [ i ] = pendenza del fondo del canale : è con più esattezza è il seno dell’angolo che la linea che rappresenta il fondo del canale forma con l’orizzontale;

 [ I ] = pendenza della linea piezometrica : è la pendenza del pelo libero del canale.

Oltre alla linea piezometrica abbiamo anche la linea dell’energia. Nel caso dei canali,

la linea piezometrica relativa (che coincide con il pelo libero), possiamo costruire la

linea dell’energia andando al di sopra di ogni punto di un tratto pari a





 .

Consideriamo una sezione trasversale; supponiamo che sia: [Q] = portata;

[Ω] = area della sezione trasversale; [] =

= velocità media nella sezione trasversale considerata.

Possiamo sopraelevarci dalla linea piezometrica relativa che abbiamo riconosciuta

essere coincidente con il pelo libero, di un tratto pari a  

 , con α = coefficiente di

Coriolis, molto prossimo ad 1 in questo caso. Se consideriamo un’altra sezione

trasversale, ipotizzando che la portata [Q], l’area della sezione trasversale [Ω] e la velocità media [U] rimangano le stesse, possiamo anche qui sopraelevarci di  , a

partire dalla linea piezometrica relativa; in questo modo possiamo tracciare la linea

dell’energia che sovrasta, in ogni punto della sezione longitudinale del canale, la linea piezometrica relativa di  2  in questo caso il moto sarebbe uniforme. Soprattutto nei canali naturali la condizione di uniformità, ovvero di costanza della pendenza, della sezione trasversale e del coefficiente di scabrezza, è praticamente irrealizzabile, dovendo il canale seguire l’orografia del terreno.

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Ed essendo l’altezza liquida nella sezione estrema di monte (se l’alveo è a forte pendenza) o in quella estrema di valle (se l’alveo è a debole pendenza) in genere diversa dell’altezza di moto uniforme. Si possono avere tratti con pendenza costante che si susseguono, ma da un tratto all’altro la pendenza può cambiare, così come può cambiare la lunghezza dei vari tratti a pendenza costante. Se [] è il valore della velocità media sulla sezione, il carico totale [H] riferito a un piano orizzontale vale:

H = h +





=

+ Y +

 

dove si è assunto pari all'unità il valore del coefficiente α di Coriolis.

3.2

Equazioni di base

Il moto in un di una corrente a pelo libero è certamente di tipo tridimensionale; tale circostanza è tanto più vera quando meno pronunciata è la sezione in senso trasversale. In genere si possono ritenere costanti i valori della velocità in corrispondenza di una determinata profondità (fatta eccezione per una limitata zona in prossimità delle pareti laterali dell’alveo); in tal caso la velocità varia solamente lungo la verticale ed in senso longitudinale ed il moto della corrente può quindi essere studiato in termini bidimensionali. Comunque spesso, senza commettere sensibili errori, si può fare astrazione, anche dalla variazione della velocità secondo la verticale, per cui l’approccio metodologico allo studio delle correnti a pelo libero si semplifica ulteriormente; la dimensione secondo l’asse della corrente risulta sensibilmente più sviluppata delle altre due contenute sul piano della sezione trasversale e la corrente può essere analizzata come una corrente monodimensionale o lineare. Sulla base delle precedenti osservazioni lo studio delle correnti a pelo libero si giova principalmente delle classiche equazioni dell’idraulica poste in forma globale:

 Equazione di continuità.  Teorema di Bernoulli.  Teorema della quantità di moto.

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3.3

Energia specifica della corrente

L’energia specifica [E], ha le dimensione di una lunghezza essendo una energia per unità di peso, è stata definita per la prima volta da Bakhmeteff nel 1912 come parametro locale della corrente; può essere posta in funzione della portata [Q]:

Il carico totale misurato rispetto al punti più basso della sezione si ha:

E = Y +

 

= Y +

 

essendo al solito [Q] = Portata = ΩU,

[E] = energia specifica rispetto al fondo dell’alveo,

[Y] = altezza del pelo libero rispetto al fondo ( profondità), [U] = velocità,

[g] = accelerazione di gravità,

[Ω] = area della sezione trasversale di deflusso.

Figura3.3.1. : portata [Q] e carico specifica [E] in funzione della profondità [Y].

Diamo le seguenti definizioni: [i] = pendenza del fondo;

[I] = pendenza della linea piezometrica; [J] = pendenza della linea dell’energia.

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per cui nel caso dei canali è opportuno distinguere tre tipi di pendenza. Nasce spontanea una domanda; le tre pendenze sono uguali? E se lo sono, in quali casi si verifica l’uguaglianza? Per poter dare una risposta a queste domande dobbiamo introdurre il concetto di

energia specifica della corrente.

Analizziamo il significato di ogni termine:

- Energia: nel caso della meccanica dei fluidi essa è la somma di tre contributi (geodetico, piezometrico e cinetico).

- Specifica: aggettivo che si aggiunge nella meccanica dei fluidi perché si fa riferimento all’unità di peso del liquido (l’unità di misura è metro e non joule). - Corrente: stiamo parlando di energia associata alla corrente.

Noi conosciamo già il concetto di energia specifica di una corrente; l’abbiamo indicata con H e, secondo il teorema di Bernoulli, per un fluido perfetto si ha:

H = z + 

 + α



 = COSTANTE

Tuttavia, nella progettazione di condotte abbiamo visto che l’energia non può rimanere costante, ma deve scemare secondo la direzione del moto, se non nei casi in cui c’è una macchina che dà energia (impianto di sollevamento).

Finora l’energia che abbiamo valutato è stata misurata rispetto ad un piano orizzontale, scelto come si vuole, ma fissato una volta per tutte (il piano z = 0) rispetto al quale fare il computo

dell’energia. Rispetto a questo piano l’energia non può che scemare, cioè ridursi secondo la direzione del moto. Nel caso dei

canali, invece, conviene far

riferimento ad un’energia specifica misurata rispetto al fondo del

canale. Scelta una sezione trasversale del canale, valutiamo qual è la sua energia rispetto al fondo del canale. Ci sono tre forme di energia riconducibili a due, Osserviamo che:

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z +

 

= h

qualunque sia la sezione trasversale presa in considerazione, figura 3.3.2., Infatti questo vale sia per il punto [A] che per il punto [B] : possiamo allora accorpare i due contributi energetici, geodetico e di altezza piezometrica, in un contributo di quota piezometrica che complessivamente è dato dall’altezza h del pelo libero del canale rispetto al fondo. Accorpando in h questi due contributi, dobbiamo poi considerare il contributo cinetico. La differenza tra l’energia valutata rispetto al fondo e l’energia valutata rispetto ad un piano orizzontale può essere evidenziata in questo schema (Figura 3.3.3.):

Figura 3.3.3. Energia valutata rispetto al fondo e rispetto ad un piano orizzontale.

Se valutiamo l’energia in una sezione rispetto ad un piano orizzontale z = 0, dobbiamo valutare:

[z] = quota rispetto a questo piano;

[





]

= affondamento del punto rispetto alla ;

[

α 



]

= termine cinetico.

Se l’energia nella stessa sezione la valutiamo rispetto al fondo, dobbiamo considerare:

[h] = quota del pelo libero del canale rispetto al fondo;

In questo modo in ogni sezione cambia la quota rispetto alla quale valutiamo i contributi energetici. L’energia specifica valutata rispetto al fondo viene indicata con la lettera [E] . Siccome il fondo del canale ha una quota differente sezione trasversale dopo sezione trasversale, salvo nei casi in cui si abbia un canale orizzontale

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C ap it ol o : 3

(situazione teorica), il punto rispetto al quale valutare queste quote è variabile in funzione della sezione trasversale. I due contributi di energia rispetto al fondo sono:

E = h + α 



Che non è altro che l’energia specifica della corrente valutata rispetto al fondo,d’altra parte, essendo:

Q = U Ω

E = h + α 

Ω

dove:

[U] = velocità media nella sezione trasversale (m/s)

[Ω] = area della sezione trasversale presa in considerazione (m2 )

3.4

Diagramma dell’energia specifica

Valutiamo questa equazione:

E = h + α    h + α Ω  con:

[h] = altezza del liquido nella sezione trasversale di riferimento del canale; U = 

= velocità media.

Il diagramma dell’energia è una funzione di questo tipo: f (E, h, Q) = 0

con:

[E] = energia specifica valutata rispetto al fondo;

[h] = tirante idrico sezione trasversale dopo sezione trasversale nel canale; [Q] = portata.

Le variabili che entrano in gioco, dunque, sono tre; per cui se vogliamo costruire un diagramma di questa funzione bisogna costruire un diagramma tridimensionale.

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Tuttavia, i diagrammi tridimensionali sono di difficile lettura; pertanto si preferisce costruirsi le seguenti funzioni:

f

1 (E, h) = 0 , Q = fissata

ossia, fissiamo un valore di portata e valutiamo come varia [E] con [h]; f

2 (Q, h) = 0 , E = fissata

ossia, fissiamo un valore di energia e valutiamo come varia [Q] con [h]. In questo modo si ha un set del primo diagramma e un set del secondo e non un unico diagramma:

 per la prima funzione: fissato un valore di [Q] si ha:  una funzione f1 (E, h) = 0

fissato un nuovo valore della portata [Q] si ha :

 una funzione f1 (E, h) = 0 diversa dalla precedente.

La struttura del diagramma, comunque, sarà simile. Lo stesso vale per la seconda funzione. Il pregio che si ha è quello di costruire dei diagrammi di più facile lettura.

 Diagramma E - h Q = fissata

Supponiamo di fissare la portata [Q] e, per fissare le idee, supponiamo che il canale sia di sezione rettangolare, la cui base è [L] e la cui altezza è [h] variabile (se h non varia siamo in condizioni di moto uniforme) ,figura 3.4.1.:

Essendo [Ω] = L h si ha: E  h + α 

 = h + α  



per cui l’energia [E] è somma di due contributi:

E = E

p + Ec

Dove:

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C ap it ol o : 3 E c =

α

  = contributo cinetico; E p = z +   = contributo potenziale.

Le variabili sono [E] ed [h] , mentre [Q] è fissata.

Le equazioni di E

p e di Ec sono:

 [Ep] = [h] → è l’equazione della bisettrice del I e del III quadrante: non ha

senso prolungarla fino al III quadrante perché, al di là degli aspetti matematici, non ha senso far riferimento ad energie negative;

 [Ec] =

[

α 





→ in questa equazione il termine

[

α  





è costante; si tratta di una funzione in cui la variabile [h] è presente al denominatore al quadrato: è l’equazione di un’iperbole equilatera, in cui [E

c] varia in misura

inversamente proporzionale con il quadrato dell’altezza. Osserviamo che :

 [Ep] → 0 quando h → 0;

 Se [h] aumenta [Ep] aumenta con [h] secondo una legge lineare.

 La condizione h=0 è una condizione limite, mai raggiungibile significa assenza di acqua.

 Se la portata [Q] è fissata, ridurre [h] significa ridurre l’area della sezione trasversale: essendo [Q] fissata, in termini di velocità la riduzione di [h] comporta un aumento della velocità a valori che tendono all’infinito:

[V] =  ; [A] → 0 ⇒ [V]→ ∞ Quindi: se aumenta [E p] → si riduce [Ec]. se si riduce [h] , si riduce [E p] → aumenta [Ec]. Figura 3.4.2. diagramma E -h

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L’energia che noi vogliamo valutare è [E] , somma di [E

p] e di [Ec]. Possiamo osservare che: [h] → 0 ⇒ [E] → ∞ perché [E c] → ∞ (Ep → 0) [h] → ∞ ⇒ [E] → ∞ perché [E p] → ∞ (Ec → 0)

per cui il diagramma di [E] assume valori infiniti sia per h → 0 sia per h → ∞; tale diagramma ha due asintoti: l’asse verticale delle ordinate e la retta che rappresenta [E

p]. Facciamo delle considerazioni sul diagramma (E – h) : la portata è fissate esiste

inoltre un minimo di energia [E

min ] che si raggiunge per un particolare valore di

altezza, che in idraulica si indica con [k].

- Cosa significa avere un valore minimo di energia [Emin] ?

Da un punto di vista matematico la funzione presenta un minimo relativo, per cui c’è un minimo di energia. Da un punto di vista fisico avere [E

min ] significa che, avendo

fissato la portata [Q], l’energia [E] non può andare al di sotto del valore minimo, altrimenti in quel canale non può viaggiare la portata fissata. [E

min], dunque, è il

minimo valore di energia consentito perché in quel canale possa defluire la portata fissata; con un valore di energia più basso di [E

min ] dato dal diagramma la portata

[Q] fissata non può viaggiare.

- Che cosa rappresenta l’altezza [h]= [k] ?

L’altezza (h = k) è detta altezza critica e rappresenta quell’altezza, per portata fissata, a cui corrisponde il minimo valore di energia, come si può leggere dal diagramma (E-h).

Osserviamo che: nel canale possiamo far defluire la portata [Q] fissata per un’altezza (h = k) oppure (h > k) o ancora per (h < k) :

per h = k E = E

min

per h > k e per h < k E > E

min

Quindi:

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C ap it ol o : 3

 tutte le situazioni per le quali h < k si chiamano: condizioni di corrente

veloce.

Dato un canale, per stabilire se una corrente è lenta o veloce si procede in questo modo:

 si misura l’altezza h del canale;

 si costruisce il diagramma (E-h), dopo aver valutato la portata [Q] e la dimensione trasversale [L];

a questo punto possiamo dire che la corrente è: - veloce, se h < k;

- lenta, se h > k;

- in stato critico, se h = k (situazione particolarissima). Per questo nel diagramma E - h possiamo distinguere due rami:

 ramo delle correnti veloci (in rosso): fissata Q risulta sempre h < k;  ramo delle correnti lente (in verde): fissata Q risulta sempre h > k. Infatti nel ramo delle correnti lente il contributo di [E

c] è molto piccolo se

confrontato con il contributo di [E

p]; viceversa, nel ramo delle correnti veloci il

contributo di [E

c] è molto grande se confrontato con il contributo di [Ep].

Con questo diagramma possiamo stabilire in modo univoco se la corrente in un canale è lenta o veloce. Se h > k, aumentando [h] aumenta [E]: questa è una condizione di corrente lenta; se, invece, h < k, aumentando [h] si riduce [E]: questa è una condizione di corrente veloce.

Quindi la differenza tra le due correnti è la seguente:

 correnti lente: un aumento di [h] provoca un aumento di energia [E];  correnti veloci: un aumento di [h] provoca una riduzione di energia [E]. Questo significa che la definizione di corrente lenta o veloce non è arbitraria, ma è precisa: questa definizione serve a distinguere il comportamento che hanno i corsi d’acqua, che è diverso a seconda che la corrente sia lenta o veloce. Il passaggio da

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3

corrente veloce a corrente lenta non avviene con gradualità, ma avviene attraverso il passaggio da uno stato critico che crea un’onda di shock, detta risalto idraulico. Dal diagramma (E-h) si vede come, per un fissato valore di energia, la corrente può essere lenta o veloce, con [Q] fissata, a seconda che (h < k) o che (h > k). La condizione che si instaurerà dipenderà da una serie di condizioni: una di queste è la pendenza dell’alveo.

A parità di energia si ha:

alveo a debole pendenza → condizione di corrente lenta; alveo a forte pendenza → condizione di corrente veloce.

 Diagramma q - h E = fissata La funzione è:

E

 h + α





In questo caso delle tre variabili (E, Q, h) fissiamo l’energia [E] e vediamo come varia la portata al variare di [h]. Per fissare le

idee, consideriamo la sezione rettangolare, per cui: [Ω] = Lh. La portata specifica (per unità di larghezza del canale) è:



= q = h







! " # $

Questa è la funzione che dobbiamo diagrammare supponendo l’energia [E] costante.

Anche in questo diagramma esiste un concetto di altezza critica: infatti esiste un valore di portata [q

critica], detta portata critica, oltre il quale non è possibile andare.

Questo comporta che, per valori di portata maggiori di quella critica, non c’è la possibilità di intersecare il diagramma: da un punto di vista fisico questo significa che, per il valore fissato di energia [E], non è possibile far viaggiare nel canale un valore di portata maggiore di quella critica.

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C ap it ol o : 3

Fissata l’energia [E], la portata critica è la portata massima che può defluire in un canale; tale portata si ottiene per un valore di altezza che coincide con l’altezza critica [k]. In questo modo abbiamo un’altra definizione di altezza critica: è quell’altezza che si instaura in un canale perché in esso possa viaggiare il massimo della portata, cioè la portata critica in un diagramma ad energia fissata.

Anche in questo caso abbiamo la possibilità di distinguere il ramo delle correnti lente e il ramo delle correnti veloci:

 ramo delle correnti veloci (in rosso): fissata E risulta sempre (h < k);  ramo delle correnti lente (in verde): fissata E risulta sempre (h > k). Se la portata q diminuisce e la corrente è:

 veloce ⇒ [h] diminuisce;  lenta ⇒ [h] aumenta.

Si osservi che sia una corrente lenta che una corrente veloce possono attraversare dei tratti in salita in funzione dell’energia, purché si tratti di spezzoni piuttosto brevi: in questi tratti l’acqua recupera energia [E] e riesce a superare l’ostacolo, cioè il piccolo tratto in salita.

3.5

Altezza critica

Dobbiamo calcolare il punto di minimo della funzione f

1 (E, h) = 0, ossia dobbiamo

annullare la sua derivata prima:

minimo ⇒ %&% = 0

Da un punto di vista analitico dovremmo calcolare anche la derivata seconda per verificare che tale punto sia di minimo e non di massimo.

In realtà, avendo visto qual è l’andamento qualitativo della funzione, siamo sicuri che tale funzione ammetta solo un minimo. Eseguiamo questi calcoli per vedere per quale valore di h si ha il minimo di energia:

E h + α



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it ol o : 3 () (' = 0

1 + α  *'* L = 0

avendo moltiplicato e diviso per [L], cosa che diventa un’esigenza fare quando si ha a che fare con condotti aventi sezioni non rettangolari, per cui [L]= L(h).

Nel nostro caso [L] è costante, per cui non è necessario moltiplicare e dividere per [L]. La funzione è soddisfatta per questo valore di [h], che possiamo indicare con [k], pari a: h = k =



+  * =



+,  *

altezza critica in un canale a sezione rettangolare

Ora che conosciamo il valore di [k], per stabilire se una corrente è lenta o veloce non è più necessario costruire l’intero diagramma (E-h): si può valutare la portata che scorre nel canale (ad esempio, con uno stramazzo triangolare a valle).

Il valore di [α] è prossimo ad 1, per cui si può omettere questo coefficiente; si può valutare quanto vale la dimensione trasversale [L]; [g] è un valore noto: abbiamo tutti gli elementi per calcolare [k] .

Dopo aver calcolato [k], basta confrontare l’altezza del tirante idrico [h] che si ha in una sezione trasversale con il valore di [k] trovato:

se h > k → la corrente è lenta; se h < k → la corrente è veloce;

se h = k → la corrente è in condizioni critiche.

Normalmente si fa riferimento alla portata per unità di larghezza del canale, cioè si divide la portata [Q] per la dimensione trasversale [L], ottenendo la portata che viaggerebbe in un tratto del canale di larghezza unitaria. Sia [Q] la portata che viaggia in questo canale quando la base è di dimensioni [L] (m) e l’altezza è [h] (m): Se facciamo riferimento ad un tratto di lunghezza [L] = 1m, la portata unitaria [q] che scorre in questo tratto è ricavabile da questa proporzione:

q : Q = 1 : L Si ottiene:

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C ap it ol o : 3

In questo caso abbiamo fissato [Q] e abbiamo visto come varia l’energia [E] al variare di [h]; possiamo anche fissare l’energia [E] e vedere come varia la portata specifica (o portata per unità di larghezza) [q]in funzione dell’altezza [h].

3.6

Canali a Debole Pendenza e a Forte Pendenza

Abbiamo visto che una corrente si dice:

• Lenta se h > k; • Veloce se h < k; • Critica se h = k. Possiamo fare il seguente schema:

CANALI (alvei)

Debole Pendenza Pendenza Critica Forte Pendenza i < i

c i = ic i > ic

h

0 > k h0 = k h0 < k

(corrente lenta) (corrente critica) (corrente veloce) Pertanto un canale si definisce:

 a debole pendenza, quando la pendenza i del fondo dell’alveo è minore della pendenza critica [i

c] :

i < i

c;

 a forte pendenza, quando la pendenza i del fondo dell’alveo è maggiore della pendenza critica [i

c] :

i > i

c;

La pendenza critica rappresenta una linea di separazione tra una situazione in cui l’alveo è debolmente pendente e una situazione in cui l’alveo è fortemente pendente.

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it

ol

o

:

3

Per stabilire se un alveo è a debole pendenza dobbiamo fare un confronto tra l’altezza critica e l’altezza di moto uniforme (non una generica altezza del liquido nel canale). Ricordiamo che la condizione di moto uniforme si ha quando [i] = [I] = [J] in questo caso la formula di Chezy si semplifica perché si può sostituire [i] a [J], essendo [i] una grandezza più facilmente valutabile rispetto a [J].

L’alveo è a debole pendenza, cioè risulta (i < i

c ) (la pendenza del fondo è “piccola”)

se l’altezza di moto uniforme, che indichiamo con [h

0], è maggiore dell’altezza

critica [k] :

i < i

c

h0 > k

Osserviamo che il pedice “

0” indica che si tratta di una grandezza di moto uniforme,

cioè [h

0 ] è l’altezza alla quale il liquido viaggia nel canale nelle condizioni di moto

uniforme.

 Alveo a forte pendenza

Quando in un canale si ha un’altezza di moto uniforme [h

0 ] minore dell’altezza

critica [k], l’alveo preso in considerazione può essere definito un alveo a forte pendenza:

i > i

c

h0 < k

 Alveo a pendenza critica

Quando si ha i = i

c si dice che l’alveo non è né a forte né a debole pendenza, ma è a

pendenza critica; in questo caso l’altezza di moto uniforme [h

0 ] coincide con

l’altezza critica:

i = i

c

h0 = k

(18)

C ap it ol o : 3

3.7

Passaggio di una Corrente da Lenta a Veloce e viceversa

Nell’ambito di un corso d’acqua non esiste la condizione di uniformità, condizione più teorica che pratica: in tutti i canali, siano essi naturali o artificiali, si ha un passaggio da profili con altezze (h< k) (corrente veloce) a profili con altezze (h > k) (corrente lenta) e viceversa. È possibile il passaggio graduale da corrente lenta a corrente veloce: Supponiamo che ci sia la necessità di passare da (h > k) (corrente lenta) a (h < k) (corrente veloce): questa è la situazione che si verifica quando si passa da un alveo con (i < i

c) ad un alveo con (i > ic). C’è un passaggio graduale da

(h > k) ad (h < k), ossia con un profilo che da un punto di vista matematico può essere visto come una funzione continua. Quindi il passaggio da corrente lenta a corrente veloce può avvenire senza che si creino situazioni vorticose, con gradualità. Non è possibile, invece, il passaggio graduale da corrente veloce a corrente lenta; tale passaggio avviene con la formazione di un risalto idraulico o salto di Bidone ( in quanto Bidone fu il primo idraulico che si interessò di risalto).

3.8

Scala di deflusso

La valutazione della portata in un corso d'acqua naturale si basa sulla misura del livello del pelo libero, tramite idrometri, e sulla conoscenza di una relazione livelli-portate, ottenuta tramite ricostruzione di misure dirette in condizioni di moto permanente; tale relazione è nota come, nome scala di deflusso che può essere esteso alla relazione tra portata [Q] e sezione bagnata [Ω], poiché Ω = Ω (Y), tale relazione può essere scritta come :

Q = K Ω

-dove ai coefficienti si assegnano valori costanti, validi nel campo di variazione delle portate entro il quale essi sono stati determinati, e dove, quindi, sarebbe corretto l'utilizzo della scala di deflusso. Il coefficiente mostra una debole dipendenza al variare della portata, fatto salvo che a questa siano legate modeste variazioni della pendenza del pelo libero nella sezione di misura (questo è tanto più vero quanto più le condizioni di moto permanente sono prossime a quelle di moto uniforme, dove la pendenza del pelo libero è fissa ed uguale alla pendenza del fondo). L'esponente dipende dalla geometria della sezione.

Figura

Figura 3.1.1. Sezioni possibili dei canali  apelo libero
Figura 3.3.3.  Energia valutata rispetto al fondo e rispetto ad un piano orizzontale.

Riferimenti

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