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1.1 Fondamenti teorici CAPITOLO I SIMULATORE ANALITICO DJOSER

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(1)

CAPITOLO I

SIMULATORE ANALITICO DJOSER

1.1 Fondamenti teorici

Prima di avventurarci nella trattazione matematica definiamo le convenzioni simboliche utilizzate nel presente capitolo:

Simbolo Quantità Unità SI

T(x,y,z), Tˆ(x,y,z) Temperatura ºC

q(x,y,z) qˆ(x,y,z) Flusso termico W/m2

R* Resistenza termica di contatto specifica W/ºC m2

ho ,….h5 Coefficienti di convezione ºC m2/W

Ta Temperatura dell’ambiente esterno ºC

To Temperatura uniforme del pozzo termico ºC

F(x,y) Eventuale temperatura non uniforme del

pozzo termico inferiore

ºC

P(x,y), P*(x,y) Distribuzioni di potenza dissipata W/m2

ki Conducibilità termica W/ºC m

Bi(j) Numeri di Biot

βn, µm Autovalori m-1

Lx, Ly, Lz Dimensioni della lastra m

Veniamo ora ad illustrare il modello matematico del simulatore in termini di equazioni di conduzione del calore

La struttura multistrato in esame, illustrata in Fig. 1, è composta da una pila di elementi prismatici: si tratta di parallelepipedi a facce rettangolari, e di varia altezza, collocati

(2)

saldatura

incollaggio

T T T

T

Un generico prisma della pila è fisicamente omogeneo ed ha il rettangolo di base di dimensioni inferiori (al più uguali) di quelle della base del prisma sul quale è appoggiato, e maggiori (al più uguali) di quelle della base del prisma che esso sostiene; ne risulta una sorta di piramide a gradoni di varia altezza, per la quale non sono necessariamente individuabili piani di simmetria.

L’analisi termica dell’intera struttura si basa sulla conoscenza della soluzione di un problema di conduzione termica, in regime stazionario, formulato per un generico parallelepipedo, imponendo sulle facce di ogni strato della pila le condizioni al contorno convettive opportune. Abbiamo infatti detto che l’ipotesi di applicabilità dello strumento DJOSER risiede nel poter considerare sulle facce laterali uno scambio di calore per convezione con un ambiente a temperatura costante in cui la struttura è collocata. Per semplicità assumiamo la temperatura ambiente come zero di riferimento, di modo che le condizioni al contorno sulle facce laterali risultino lineari omogenee del terzo genere. Anche per le basi della struttura a pila assumiamo uno scambio convettivo, ma essendo la temperatura esterna all’interfaccia in generale variabile da punto a punto, le condizioni da porre sono ancora del terzo genere, ma non più omogenee.

Analizziamo adesso un singolo strato: data la geometria prismatica il sistema di riferimento più comodo risulta quello in coordinate rettangolari. Il problema risulta analiticamente così impostato:

FIG 1 Struttura piramidale multistrato asimmetrica in cui sono presenti strati di incollaggio e saldatura. La base è a contatto col pozzo di temperatura To eventualmente non

(3)

0 T= ∇2 per x L x 0< < ; 0<y<Ly ; z L z 0< < 0 T h x T k − 1 = ∂ per 0 x= ; 0<y<Ly ; z L z 0< < 0 T h x T k + 2 = ∂ per x L x = ; 0<y<Ly ; z L z 0< < 0 T h y T k − 3 = ∂ ∂ per x L x 0< < ; y=0 ; z L z 0< < (1) 0 T h y T k + 4 = ∂ per x L x 0< < ; y=Ly ; z L z 0< < y) -f(x, T h z T k − 0 = ∂ ∂ per x L x 0< < ; y L y 0< < ; z=0 y) g(x, T h z T k + 5 = ∂ per x L x 0< < ; y L y 0< < ; z=Lz

dove le funzioni f(x,y) e g(x,y) sono per il momento da considerarsi assegnate sulle due facce.

Il problema può essere risolto identificando due sottoproblemi, ciascuno con condizioni al contorno omogenee, eccetto che per una delle due basi, rispettivamente z=0 oppure z=Lz.

Se si applica ai due sottoproblemi il metodo della separazione delle variabili è facile concludere che essi condividono sia autovalori che autofunzioni.

FIG 2 Schema del singolo strato: a), b) sezione e pianta con l’indicazione delle condizioni al contorno; c) sezione con le variabili cognite (qˆ,Tˆ,P,P*) ed

(4)

y 4 3 x 2 1 z 5 0 j j L L L , L L L , L L L dove k / L h Bi(j) = = = = = = =

gli autovalori per Bi(j)+Bi(j+1)≠0 sono soluzioni della seguente equazione

trascendente ξ 1)] Bi(j [Bi(j) 1) Bi(j Bi(j) 1) Bi(j Bi(j) ξ ) ctg( + + + ⋅ − + + = ξ (3) mentre per Bi(j)+Bi(j+1)=0 sono invece

1)π ,...(n 3π , 2π , π 0, ξ = − .

Le corrispondenti autofunzioni risultano

y) (µ sen Bi(3) y) cos(µ L µ y) Y(µ x) (β sen Bi(1) x) cos(β L β x) X(β m m y m m n n x n n + = + = (4) e le rispettive norme sono:

[

]

[

]

[

]

[

]

⎪⎭ ⎪ ⎬ ⎫ ⎪⎩ ⎪ ⎨ ⎧ + ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + + ⋅ + = ⎪⎭ ⎪ ⎬ ⎫ ⎪⎩ ⎪ ⎨ ⎧ + ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ + + ⋅ + = Bi(3) Bi(4) ) L (µ Bi(4) 1 Bi(3) ) L (µ 2 1 ) N(µ Bi(1) Bi(2) ) L (β Bi(2) 1 Bi(1) ) L (β 2 1 ) N(β 2 2 y m 2 2 y m m 2 2 x n 2 2 x n n (5)

A partire dalle autofunzioni, e in accordo con le loro ben note proprietà di ortogonalità, si costruisce la soluzione del problema che contiene una serie doppia relativa allo sviluppo di Fourier della funzione f(x,y) o g(x,y), a seconda della base dove è posta la condizione al contorno non omogenea a cui il sottoproblema si riferisce. La somma delle due soluzioni è infine la soluzione del problema di partenza. Ponendo

(

)

[

υ L Bi(0) Bi(5)

]

sinh(υ L )

[

Bi(0) Bi(5)

]

(

υ L

)

cosh(υ L )

m) S(n, µ β υ z m n, z m n, z m n, 2 z m n, 2 m 2 n m n, ⋅ + + ⋅ ⋅ + = + = (6)

la soluzione risulta la seguente:

[

]

[

]

∑∑

∞ = ∞ = ⋅ ⎩ ⎨ ⎧ + ⋅ ⋅ ⋅ = 1 n m1 z m n, z m n, z m n, m n m n z m) S(n, z) -(L υ Bi(5)sinh z) -(L υ cosh L υ ) N(µ ) N(β y) Y(µ x) X(β k L z) y, T(x, n n x m m y j 1 ξ β L j 3 ξ µ L = = = = (2)

(5)

⎪⎭ ⎪ ⎬ ⎫ ′ ′ ′ ⋅ ′ ⋅ ′ ′ ⋅ ⋅ + + ′ ′ ′ ′ ′ ′

∫ ∫

∫ ∫

Lx 0 Ly 0 m n y x m n, m n, z m n, Lx 0 Ly 0 m n y x y d x d ) y Y(µ ) x X(β ) y , x g( L L 1 m) S(n, z) υ Bi(0)sinh( z) cosh(υ L υ y d x d ) y )Y(µ x )X(β y , x f( L L 1 (7)

Quindi trasferendo alla struttura piramidale il risultato relativo ad un elemento, innanzitutto si devono individuare le funzioni f(x,y) e g(x,y) a partire dalla schematizzazione fisica della struttura.

Mentre sulle facce laterali di un generico elemento prismatico si ha scambio termico convettivo con l’ambiente esterno, sulle basi possono in generale essere presenti

• sulla base z=0: una sorgente piana di generazione di calore per unità di superficie e di tempo dovuta per esempio all’effetto Joule; il flusso termico specifico che, attraversando l’interfaccia di contatto Ã, proviene dall’elemento sovrapposto a quello in esame; lo scambio convettivo di calore presente solo sulla parte (A−A~) della superficie di base a diretto contatto con l’ambiente

esterno;

• sulla base z=Lz : lo scambio di calore per conduzione verso l’elemento

sottostante con l’eventuale presenza di una resistenza di contatto tra i due elementi; in presenza della suddetta resistenza di contatto una ulteriore sorgente piana di generazione di calore per unità di superficie e di tempo.

Dal punto di vista analitico la maggiore difficoltà sorge sulla base superiore z=0 dell’elemento prismatico dove, in accordo a quanto abbiamo detto, si hanno condizioni al contorno miste: una del secondo genere su (x,y)∈ e l’altra del terzo genere su A~

) A (A y) (x, ∈ −~ . Se si indica con:

• P(x,y) la generazione piana di calore dovuta per esempio all’effetto Joule connesso al passaggio di corrente in giunzioni tra semiconduttori o a cadute ohmiche su piste metallizzate

(6)

• qˆ(x, y)il flusso termico proveniente dall’elemento sovrastante, nullo per ) A (A y) (x, ∈ − ~

• T(x,y,0) la temperatura sulla base superiore dell’elemento prismatico in esame allora la funzione f(x,y) sulla base z=0 sarà data da

y,0) T(x, h y) (x, q y) P(x, y) f(x, = +ˆ + 0 per (x,y)∈A~ , z=0 y) P(x, y) f(x, = per (x,y)∈(A−A~) ; z =0 (8)

In questo modo per

h

0

0

la condizione al contorno relativa alla faccia z=0

implicherà uno scambio convettivo identicamente nullo sulla parte (x,y)∈A~ e non

nullo con l’ambiente a temperatura zero sulla parte restante (x,y)∈(A−A~).

Ovviamente la posizione fatta non risolve di per sé la difficoltà connessa all’esistenza di condizioni al contorno miste. Infatti, anche ipotizzando che le funzioni P(x,y) e qˆ(x,y)

siano assegnate, la temperatura T(x,y,0) rimane del tutto incognita e ciò implica che nello sviluppo in serie doppia di Fourier si presenti un’equazione integrale. Sulla base inferiore dell’elemento z=Lz la situazione è più semplice ed indicando con

• P*(x,y) la ulteriore generazione piana di calore dovuta ai fenomeni sopra citati

• Tˆ(x,y) la temperatura dell’interfaccia dell’elemento prismatico sottostante • R* la resistenza termica di contatto tra l’elemento in esame e il sottostante

la funzione g(x,y) risulta:

* * R y) (x, T y) (x, P y) g(x, = + ˆ per (x,y)∈A, z =Lz (9)

Si noti che la resistenza termica di contatto comporta uno scambio termico lineare come quello convettivo e che dunque risulta

5

h / 1

R*= (10)

Dalla schematizzazione fisica della struttura con cui sono state individuate le funzioni f(x,y) e g(x,y) emerge con chiarezza che, mentre i termini di generazione piana di calore

P(x,y) e P*(x,y) sono funzioni assegnate, i termini qˆ(x,y) e Tˆ(x,y) relativi

(7)

non sono affatto noti, ma anzi dipendono dai campi termici dell’elemento sovrastante e quello sottostante.

Per procedere nell’analisi termica della struttura piramidale, sostituiamo nella soluzione T(x,y,z), e nella sua derivata rispetto a z, le funzioni f(x,y) e g(x,y) con le (8) e (9), quindi operiamo in modo da esprimere la temperatura in z=0 ed il flusso termico in z=Lz nella forma seguente

[

]

[

]

∫∫

∫∫

∫∫

′ ′ ′ ′ ′ ′ + ′ ′ + ′ ′ ′ ′ ′ ′ + ′ ′ + + ′ ′ ′ ′ ′ ′ = A 12 A 11 z 11 A~ y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( Tˆ ) y , x ( P R y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( qˆ ) y , x P( k L y d x y)d x, | y , x ( G ,0) y , x T( Bi(0) y,0) T(x, * * (11a) ---

[

]

[

]

∫∫

∫∫

∫∫

′ ′ ′ ′ ′ ′ + ′ ′ − ′ ′ ′ ′ ′ ′ + ′ ′ + + ′ ′ ′ ′ ′ ′ = A 22 z A 21 21 A~ 0 z y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( Tˆ ) y , x ( P R L k -y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( qˆ ) y , x P( y d x y)d x, | y , x ( G ,0) y , x T( h ) L y, q(x, * * (11b)

dove le grandezze Gij(x’,y’|x,y) sono le funzioni di Green così di seguito strutturate, per

il caso presente: y) Y(µ x) X(β ) N(µ ) N(β ) y Y(µ ) x X(β m) S(n, m) (n, D L L 1 y) x, | y , x ( G m n m n m n 1 n m 1 11 y x 11 ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ′ ⋅ ′ ⋅ = ′ ′

∑∑

∞ = ∞ = (12) --- y) Y(µ x) X(β ) N(µ ) N(β ) y Y(µ ) x X(β m) S(n, Bi(5) L υ L L 1 y) x, | y , x ( G m n m n m n 1 n m 1 z m n, y x 12 ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ′ ⋅ ′ ⋅ = ′ ′

∑∑

∞ = ∞ = --- y) x, | y , x ( G y) x, | y , x ( G21 ′ ′ = 12 ′ ′ (12) ---

(8)

y) Y(µ x) X(β ) N(µ ) N(β ) y Y(µ ) x X(β m) S(n, m) (n, D L υ L L 1 y) x, | y , x ( G m n m n m n 1 n m 1 22 z m n, y x 22 ⋅ ⋅ ⋅ ′ ⋅ ′ ⋅ ⋅ ⋅ = ′ ′

∑ ∑

∞ = ∞ = avendo posto

(

n,m z

)

(

n,m z

)

z m n, 11(n,m) υ L cosh υ L Bi(5)sinh υ L D = + (13)

(

n,m z

)

(

n,m z

)

z m n, 22

(n,

m)

υ

L

sinh

υ

L

Bi(0)cosh

υ

L

D

=

+

.

Si osservi che, come già accennato in precedenza, la prima delle (11) risulta essere un’equazione integrale lineare del tipo di Fredholm di seconda specie con la

temperatura T(x,y,0) nel ruolo di funzione incognita e la funzione di Green G11 in

quello di nucleo. Comunque è immediato riconoscere che, anche nel caso fosse Bi(0)=0, la natura integrale dell’equazione non scomparirebbe, anzi entrambe le (11). hanno tale natura dal momento che negli integrali dei loro secondi membri risultano incognite le funzioni

(x,

y)

e

(x,

y)

.

Adottiamo un indice numerico per indicare il generico elemento prismatico della pila, da 1 per quello di sommità fino ad n per quello di base; l’indice comparirà a pedice delle varie grandezze oppure tra parentesi, come apice. Con queste notazioni sulle interfacce del generico “iesimo” elemento la conservazione del flusso di calore e la continuità della temperatura si traducono nelle relazioni

) L y, (x, q y) (x, * P y) (x, q : y) (x, q (i-1) z 1 -i 1 -i 1 -i = + = ˆ ˆ per z=0 y,0) (x, T y) (x, T : y) (x, Tˆ = ˆi+1 = i+1 per z=L(i)z (14) In questo modo per un generico elemento prismatico disponiamo di una coppia di equazioni integrali lineari nelle seguenti quattro funzioni

y) x, ( Tˆ ; y) x, ( Tˆ ; y) x, ( qˆ ; y) x, (

i-1 i i i+1 e da ciò discende un sistema di equazioni

integrali lineari che risultano in numero pari al numero delle funzioni incognite.

Se indichiamo con n il numero degli strati della struttura, si potrebbe frettolosamente concludere che 2n sono il numero di coppie di equazioni e altrettante sono le coppie di

(9)

funzioni flusso e temperatura. In realtà ad un conteggio più attento il numero di equazioni e di funzioni incognite risulta pari a 2(n-1). Infatti, poiché il parallelepipedo collocato alla sommità della pila non sostiene alcun’altro elemento, la sua faccia superiore è priva della parte A~ su cui sono da calcolare gli integrali della temperatura T(x,y,0); ne segue che la suddetta temperatura scompare dal secondo membro della coppia di equazioni relative al primo elemento e ciò esclude dal sistema, come inessenziali, sia la funzione stessa che l’equazione ad essa corrispondente. Anche per il flusso termico che attraversa la faccia inferiore dell’elemento posto alla base della pila si giunge alla medesima conclusione, dal momento che è immediato riconoscere che tale flusso non compare al secondo membro della coppia di equazioni di nessun altro elemento. Grazie a queste osservazioni diminuisce di due unità sia il numero di funzioni che di equazioni.

Infine si deve osservare che, se per il parallelepipedo collocato alla sommità della pila il flusso qˆ(x, y) è ovviamente nullo, per l’elemento posto alla base della pila la funzione

y) (x,

Tˆ all’interfaccia inferiore è la temperatura stessa del pozzo termico sul quale

poggia la pila medesima, ovvero una funzione F(x,y) assegnata.

Sulla base di quanto abbiamo detto, il sistema di equazioni integrali lineari risulta:

[

]

∫∫

∫∫

′ ′ ′ ′ ′ ′ + ′ ′ − + ′ ′ ′ ′ ′ ′ + = A(1) (1) 22 2 1 1 (1) z 1 A(1) (1) 21 1 1 1 y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( Tˆ ) y , x ( P R L k y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( P y) (x, P y) (x, qˆ * * * (15a) ---

[

]

[

]

∫∫

∫∫

∫∫

′ ′ ′ ′ ′ ′ + ′ ′ + + ′ ′ ′ ′ ⋅ ′ ′ + ′ ′ + + ′ ′ ′ ′ ′ ′ = + A(i) (i) 12 1 i i i (i) 11 A(i) 1 -i i i (i) z i (j) 11 1) -A(i i i i y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( Tˆ ) y , x ( P R y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( qˆ ) y , x ( P k L y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( Tˆ (0) Bi y) (x, Tˆ * * (15b) ---

(10)

[

]

[

]

∫∫

∫∫

∫∫

′ ′ ′ ′ ′ ′ + ′ ′ − + ′ ′ ′ ′ ′ ′ + ′ ′ + ′ ′ ′ ′ ′ ′ + = + A(i) (i) 22 1 i i i (i) z i (i) 21 A(i) 1 -i i (i) 21 1) -A(i i (i) 0 i i y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( Tˆ ) y , x ( P R L k y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( qˆ ) y , x ( P y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( Tˆ h y) (x, P y) (x, qˆ * * * (15c) --- ---

[

]

[

]

∫∫

∫∫

∫∫

′ ′ ′ ′ ′ ′ + ′ ′ + + ′ ′ ′ ′ ⋅ ′ ′ + ′ ′ + + ′ ′ ′ ′ ′ ′ = A(n) (n) 12 n n (n) 11 A(n) 1 -n n n (n) z (n) 11 1) -A(n n n n y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x F( ) y , x ( P R y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( qˆ ) y , x ( P k L y d x y)d x, | y , x ( G ) y , x ( Tˆ (0) Bi y) (x, Tˆ * * (15d)

dove si deve tenere presente che ogni equazione si riferisce ad una base di un elemento e che nelle equazioni relative ad elementi diversi le coordinate x,y non sono in genere identiche, essendo riferite a sistemi con assi tutti paralleli, ma con origini non necessariamente coincidenti.

In linea di principio, la soluzione del sistema fornisce le funzioni flusso e temperatura alle interfacce; dalla loro conoscenza si hanno le funzioni f(x,y) e g(x,y) per ogni elemento prismatico, e ciò rende utilizzabile la soluzione del problema conduttivo con condizioni convettive al contorno e quindi calcolabile, elemento per elemento, il campo termico in tutta la struttura.

Dal momento che non è pensabile di risolvere in modo analitico il sistema di equazioni integrali, si rende necessaria una soluzione approssimata. Mediante il ricorso al calcolo numerico degli integrali il sistema integrale può essere trasformato in un sistema algebrico lineare e risolto con l’aiuto dei consueti strumenti di calcolo elettronico.

(11)

1.2 Formulazione algebrica

Una singola equazione lineare integrale di Fredholm, dal momento che è formulata su un intervallo finito, può essere ridotta ad un sistema di equazioni algebriche richiedendo che sia verificata in un numero finito di punti e quadrando, in modo approssimato, l’integrale definito mediante i valori assunti nei medesimi punti dalla funzione incognita. Questo metodo è estensibile direttamente ai sistemi di equazioni integrali lineari ed in particolare è applicabile al sistema (15) di cui fornisce una soluzione approssimata.

Come primo passo si noti che gli integrali che compaiono nell’equazioni del sistema sono tutti del medesimo tipo e per una generica funzione Φ possono essere così espressi

⋅ = ′ ′ ′ ′ ⋅ ′ ′

∑∑

∫∫

∞ = ∞ = 1 n m 1 m n j i A j i(x,y |x,y)dxdy C (n,m)X(β x)Y(µ y) G ) y , x Φ(

y

d

x

)d

y

)Y(µ

x

X(β

)

y

,

x

Φ(

L

L

1

m n Lx 0 Ly 0 y x

∫ ∫

(16)

Scelto il tipo di tecnica di quadratura approssimata in due dimensioni, ed identificato sul dominio A un opportuno reticolo di N punti in cui calcolare la funzione Φ, si ha

) y , Φ(x ) y , (x B y d x )d y )Y(µ x X(β ) y , x Φ( L L 1 k k N 1 k k k m n, m n LxLy y x ⋅ ≅ ′ ′ ′ ′ ′ ′

∫ ∫

= 0 0 (17)

dove i coefficienti Bn,m dipendono dal tipo di quadratura adottata, oltre che dai valori

assunti nei punti del reticolo dalle primitive delle autofunzioni.

Ad esempio, nella tecnica di quadratura parallelepipeda su di un rettangolo di lati 2a e 2b si approssima la funzione Φ col valore assunto da essa nel punto di intersezione delle diagonali ottenendo )] y sin( µ L µ Bi(3) ) y [cos( µ )] x sin( β L β Bi(1) ) x b)[cos( β a)sin( µ sen( β 4 ) y , (x B k m y m k m k n x n k n m n k k m n, + ⋅ + + ⋅ = (18) In ogni caso ponendo

(12)

potremo sempre scrivere

∫∫

N= 1 k k k k k ij A ij

(

x

,

y

|

x,

y)d

x

d

y

φ

(x

,

y

|

x,

y)

Φ(x

,

y

)

G

)

y

,

x

Φ(

(20)

Per introdurre questa approssimazione nel sistema di equazioni integrali (15) dobbiamo fare una importante precisazione: ogni elemento della pila ha un proprio unico sistema di coordinate a cui sono riferiti i punti delle facce z=0 e z=Lz(i), ma sulle due facce,

geometricamente identiche, i reticoli individuati per le quadrature sono in genere diversi per dimensioni della maglia e numero di punti, (vedi fig. 3). È invece necessario che, sulle interfacce di contatto, due elementi contigui abbiano reticoli identici, perfettamente sovrapponibili.

Naturalmente le coordinate di un punto pensato come appartenente alla superficie dell’elemento superiore ha in generale coordinate diverse da quelle del medesimo punto, pensato sulla superficie dell’elemento sottostante.

In conformità a quanto abbiamo detto, poiché ogni equazione del sistema (15) vale per tutti punti della faccia a cui l’equazione è riferita, tanto più deve essere verificata per i soli punti del reticolo adoperato per la quadratura, dando origine ad un pari numero di equazioni algebriche; l’insieme di tutte le equazioni algebriche originate dall’insieme delle equazioni integrali costituisce il sistema algebrico lineare a cui è ricondotto il sistema integrale.

Le notazioni x(i), y(i) si riferiscono alle coordinate di un generico elemento della pila per mettere in evidenza che in genere non sono identiche; xt(i), yt(i) per i punti appartenenti

alla faccia superiore z=0 dell’elemento iesimo; xb(i), yb(i) per i punti appartenenti alla

faccia inferiore z=Lz(i) dell’elemento iesimo. Inoltre, per evidenziare che le sommatorie

si riferiscono a reticoli di integrazione generalmente diversi, sono stati usati i simboli k e p per gli N(i) e M(i) punti dei reticoli tracciati, rispettivamente, sulle facce z=0 e z=Lz(i) dell’elemento iesimo, mentre il simbolo j è stato impiegato per l’interfaccia à di

contatto tra due elementi contigui: si tratta di M(i-1) punti dal momento che, sui complessivi N(i) punti del reticolo tracciato sulla faccia z=0 dell’elemento iesimo, l’intero reticolo della faccia z=Lz(i-1) dell’elemento sovrastante si sovrappone in genere

solo in parte, ma esattamente per tutti i suoi M(i-1) punti. Le notazioni sono riassunte in fig. 4.

(13)

Facendo uso delle notazioni suddette ed utilizzando le Eq. (19) e (20) per la conversione degli integrali doppi, il sistema di Eq.(15) viene trasformato in un sistema algebrico formato da 2[M(1)+M(2)+....+M(n-1)] equazioni in altrettante incognite.

La sua forma normale, scritta in modo conciso ed in cui si sono isolate a sinistra le variabili incognite, è la seguente:

(1) p 1 M(1) 1 p (1) pb N(1) 1 k (1) k (1) kb (1) b (1) b (2) p M(1) 1 p (1) pb T q P* φ P ω R* P* ω ⋅ + = +

⋅ −

⋅ ⋅

= = = (21) con b =1,2,3...M(1) --- ---

= = = = + = ⋅ + ⋅ = = ⋅ − ⋅ + ⋅ − M(i) 1 p (i) p i (i) t p N(i) 1 k (i) k (i) k t 1) -M(i 1 j 1) -(i j (i) t j M(i) 1 p 1) (i p (i) t p 1) -M(i 1 j (i) j (i) t j ) i ( 0 (i) t * *P R φ P ψ q ψ T φ T ψ h T

con t =1,2,3...M(i-1) ≤ N(i)

FIG 3 Schema degli indici degli strati, delle coordinate e dei reticoli utilizzati nella trattazione numerica.

(14)

= = = + = = ⋅ − ⋅ + = = + ⋅ − ⋅ + ⋅ − M(i) 1 p (i) p i (i) b p N(i) 1 k (i) k (i) b k (i) b (i) b 1) -M(i 1 j 1) -(i j (i) b j 1) (i p M(i) 1 p (i) b p (i) j 1) -M(i 1 j (i) b j ) i ( 0 * * * φ P ω R P P q q φ T ω T φ h con b =1,2,3...M(i) --- ---

[

p

]

(n) p n M(n) 1 p (n) t p N(n) 1 k (n) k (n) k t 1) -M(n 1 j 1) -(n j (n) t j 1) -M(n 1 j (n) j (n) t j ) n ( 0 (n) t

F

P

R

φ

P

ψ

q

ψ

T

ψ

h

T

* *

+

+

=

=

= = = = con t =1,2,3...M(n-1) ≤ N(n) (21) ---

dove si è indicato con

)

y

,

(x

T

T

(i) k (i) k i (i) k

ˆ

;

q

q

(x

,

y

(i)k

)

(i) k i (i)

k

ˆ

; Pk(i) ≡Pi(x(i)k ,y(i)k )

) y , (x P P (i) p (i) p i (i) p* ≡ * ; ) y , (x P P (i) p (i) p i (i) p* ≡ * ;

)

y

,

F(x

F

p

p p (22) e con

)

y

,

x

|

y

,

(x

φ

k

L

ψ

(i) t (i) t (i) k (i) k (i) 11 i (i) z (i) k t

)

y

,

x

|

y

,

(x

φ

)

y

,

x

|

y

,

(x

φ

φ

(i) t (i) t (i) p (i) p (i) 21 (i) t (i) t (i) p (i) p (i) 12 (i) t p

=

)

y

,

x

|

y

,

(x

φ

)

y

,

x

|

y

,

(x

φ

φ

(i) b (i) b (i) k (i) k (i) 12 (i) b (i) b (i) k (i) k (i) 21 (i) kb

=

)

y

,

x

|

y

,

(x

φ

L

k

ω

(i) b (i) b (i) p (i) p (i) 22 (i) z i (i) pb

(23)

(15)

Le quantità definite dalle (23) costituiscono i coefficienti dei singoli aggiunti rettangolari della matrice principale del sistema algebrico, organizzata come in fig. 4. La risoluzione del sistema consente la conoscenza delle griglie di valori di flusso e temperatura su tutte le interfacce interne della struttura. Con questi dati è possibile infine calcolare il flusso e la temperatura in ogni punto dell’assemblaggio ottenendo una mappatura tridimensionale completa.

FIG 4 Schema grafico del sistema algebrico (4 strati). I è la matrice identità, T.N. è il vettore colonna dei termini noti. Gli aggiunti in bianco sono matrici nulle

(16)

1.3 Simulazioni termiche

Il simulatore analitico DJOSER, implementato in Matlab 6.5, è stato applicato ad una serie di strutture virtuali multistrato appositamente progettate al fine di verificare la congruenza delle distribuzioni di temperatura calcolate con i dettagli strutturali e le varie condizioni al contorno imposte. Le strutture campione sono state realizzate in modo da simulare una tipica situazione di assemblaggio di un dispostivo elettronico di potenza ed utilizzando una sequenza di strati ad alta, media e bassa conducibilità termica.

TABELLA I : Dati fisici e geometrici del campione virtuale di riferimento Q0.

STRATO k (W/m°C) Lx (mm) Ly (mm) Lz (micron) Silicio 135 6.2 4.4 500 Argento 419 9 7 200 Allumina 24 14 10 500 Rame 386 30 24 2000

(17)

I campioni virtuali utilizzati per le simulazioni sono i seguenti. Il campione Q0, composto da quattro strati, costituisce la struttura base assialsimmetrica; ha le superfici in contatto con l’ambiente adiabatiche e la potenza dissipata è localizzata in cima allo strato di silicio. Le varianti P0 e Q3 differiscono da Q0 per un solo dettaglio strutturale (doppio spessore di allumina per P0 ed una totale asimmetria degli strati per Q3. Questi campioni sono stati utilizzati per un confronto diretto con Q0, in modo da osservare gli effetti sulla distribuzione di temperatura dello strato superiore dovuta a variazioni delle caratteristiche geometriche o dei parametri termici negli strati sottostanti.

Il comportamento termico della struttura Q0 è stato inoltre calcolato imponendo uno scambio termico convettivo su tutte le pareti verso l’ambiente circostante, ad eccezione della base in contatto con un termostato, utilizzando vari valori del coefficiente di scambio termico, dal caso di aria ferma fino a valori molto elevati.

La tabella I riassume le caratteristiche geometriche ed i valori di conducibilità termica degli strati componenti la stuttura base Q0. La Fig. 5 illustra le sezioni di Q0 e delle due varianti P0 e Q3 insieme con la mappa della dissipazione di potenza sullo strato superiore.

Il primo strato è un chip di silicio rettangolare in cui la generazione di calore sulla faccia top (potenza totale 17.4W) è organizzata ad isole quadrate, ognuna con la propria densità di potenza uniforme. L’intera superficie di silicio è stata divisa in una griglia di 31x22 celle quadrate di 0.2 mm di lato. Quelli sottostanti sono: uno strato di argento, uno strato di allumina isolante e un’ampia lastra di rame. La faccia inferiore del rame è supposta in contatto con un termostato a temperatura uniforme e pari a 0°C. Le altre strutture di test utilizzate per la simulazione sono state ottenute da quella di base, aumentando lo spessore dello strato isolante (P0) o inserendo un ampio grado di asimmetria tra gli strati (Q3).

I risultati delle simulazioni ottenute con il programma DJOSER per i campioni Q0. P0 e Q3 in condizioni adiabatiche sono mostrati in Figg. 6 e 7. In particolare la Fig. 6 mostra le mappe di temperatura sulla superficie superiore dello strato di silicio, mentre la fig 7

(18)

le distribuzioni di temperatura delle tre strutture differiscono notevolmente, nonostante esse siano state simulate a parità di potenza fornita. Tali differenze sono perfettamente

FIG 6 Mappe termiche della superficie del silicio per i campioni Q0, P0 e Q3 in condizioni adiabatiche, ad eccezione della base. Andamenti delle temperature lungo le sezioni di Fig. 2 per i

campioni Q0, P0 e Q3 in condizioniadiabatiche, ad eccezione della base

FIG 7 Andamenti delle temperature lungo le sezioni di Fig. 2 per il campione P0 e per vari valori del coefficiente di scambio convettivo verso l’ambiente.

(19)

consistenti con le diverse configurazioni geometriche degli strati sotto il chip di silicio, i quali si comportano da vie di fuga per il calore generato sulla superficie superiore. Il campione Q1 mostra una distribuzione di temperatura che è molto simile a quella di Q0, ma aumentata di un fattore costante, a causa del maggiore spessore di allumina, che è il materiale termicamente più isolante dell’intera pila. Le distribuzioni per Q3 mostrano non soltanto un aumento nella distribuzione di temperatura rispetto a Q0, ma anche una deformazione, che è particolarmente evidente nell’angolo sinistro della mappa. La differente distribuzione del flusso termico negli strati interni, dovuta alla forte asimmetria della struttura è la causa di tale effetto. Il posizionamento dell’area dissipante sull’angolo della lastra impedisce infatti la diffusione laterale del flusso termico, la cui concentrazione in una zona ristretta comporta un innalzamento locale della temperatura superficiale.

Nella Fig. 8 sono illustrati gli andamenti di temperatura della superficie del silicio in Q0 lungo le due consuete sezioni verticale ed orizzontale, calcolati nella condizione adiabatica (hv=0) e per altri casi in cui sono imposti vari valori del fattore di scambio termico convettivo di tutte le superfici a contatto con l’ambiente nel range 8 – 20000 W/ºC m2, ovvero da una condizione di aria ferma ad una irrealistica di fortissima convezione in presenza di acqua in cambiamento di stato. La temperatura dell’ambiente Ta è stata fissata a –10 ºC mentre quella del termostato sottostante To è 0 ºC . In effetti nei grafici di Fig. 8 sono stati rappresentati soltanto gli andamenti per hv = 1000, 5000, 10000 e 20000 W/ºC m2 in quanto le temperature ottenute per valori inferiori di hv si discostano dal caso adiabatico in modo trascurabile (meno di mezzo grado centigrado) e non sono quindi rappresentabili su quella scala. Questo fatto testimonia la sostanziale inadeguatezza della convezione nel rimuovere il calore in eccesso dalle strutture dei dispositivi elettronici di potenza in confronto alla conduzione verso un pozzo termico.

(20)

1.4 Confronto con la tecnica FEM

Al fine di stabilire un riferimento con cui valutare le prestazioni del simulatore DJOSER, gli assetti termici dei modelli Q0, P0 e Q3 sono stati calcolati utilizzando un software basato sugli elementi finiti: il programma MARC con pre-post-processore MENTAT. Le simulazioni FEM sono state effettuate utilizzando una griglia molto più fitta del necessario (circa 64000 nodi) al fine di ridurre al minimo gli errori nel calcolo dei flussi e della temperatura rispetto alla realtà. Ad esempio, gli strati di silicio e di argento sono stati modellati utilizzando elementi cubici, di dimensioni laterali pari a 0.1 mm, ovvero la metà di quelli bidimensionali impostati per la simulazione DJOSER. La verifica è stata effettuata confrontando i due andamenti di temperatura sulla faccia superiore dello strato di silicio. Tale confronto viene presentato in Fig. 9 in termini di grafici di errore percentuale, riferito alla temperatura massima, lungo le due sezioni ortogonali mostrate in Fig. 6. Gli errori sono stati ottenuti sottraendo i valori di temperatura ottenuti col modello DJOSER in corrispondenza dei nodi della mesh del MARC. Come si può notare l’errore percentuale si mantiene ovunque all’interno dell’1%, risultato che costituisce proprio l’obiettivo di partenza.

L’errore di temperatura commesso dalla procedura di calcolo di DJOSER dipende

essenzialmente da due fattori: i) l’approssimazione di troncamento della serie armonica all’interno del sistema

integrale (eqq. 16, 17, 19) l’approssimazione dovuta alle formule di quadratura delle funzioni di flusso e temperatura, necessarie per la valutazione degli integrali. Per quanto riguarda la prima causa di errore, l’eq. (19) rappresenta una doppia serie armonica infinita, definita da vettori bidimensionali illimitati di autovalori βn e µm. Tali serie sono lentamente convergenti e la funzione errore di troncamento ha generalmente un andamento decrescente ma anche irregolarmente oscillante. Nel presente caso tali serie sono state calcolate utilizzando un numero intero massimo Nnm per gli indici n e m. Questo valore deve essere impostato separatamente per ogni strato della struttura. L’errore percentuale di temperatura è stato calcolato per un ampio intervallo di valori

(21)

del parametro Nnm in una struttura semplificata, composta solamente dallo strato di silicio del campione Q0, con la medesima distribuzione di potenza.

FIG 8 Grafici dell’errore percentuale lungo le sezioni indicate nella figura di inistra in confronto ai risultati FEM.

.

FIG 9 Andamenti dell’errore percentuale in funzione del numero di autovalori dello strato di silicio al centro (A) e al bordo (B) dell’isola di dissipazione più piccola.

(22)

Il contributo di resistenza termica di tutti gli strati sottostanti è stato sostituito da un coefficiente di scambio termico convettivo sul lato inferiore di opportuno valore. Tale modello è differente da quello originale, ma molto più veloce, sebbene l’accuratezza sui risultati si mantenga intorno al 6%, a causa della perdita di informazioni dovute alla dislocazione interna del flusso termico. Tuttavia esso ci permette di valutare velocemente l’errore per un singolo

FIG 10 Struttura del campione (in alto) ed istogrammi dell’errore percentuale medio (in mezzo) e massimo (in basso) in funzione del numero di autovalori Nnm. In mezzo èriportato

(23)

strato in un singolo punto della superficie di silicio, con un numero molto elevato di autovalori. La Fig. 9 mostra i grafici dell’errore percentuale in funzione di Nnm in due singoli punti della superficie: il centro (curva A) ed il bordo (curva B) dell’isola di dissipazione ad area minore, proprio dove si raggiunge il massimo della temperatura. Nel caso di più strati, l’errore nella valutazione della temperatura è dovuto alla sovrapposizione del troncamento delle serie in ogni lastra. Per caratterizzare l’effetto cumulativo di tale errore, sono state effettuate alcune simulazioni in una struttura composta da un chip quadrato di silicio, montato su uno strato più ampio di allumina (Fig. 10 in alto), variando il parametro Nnm (uguale per i due strati) nell’intervallo 30-110. I risultati delle simulazioni sono mostrati sempre in Fig. 10 in termini di diagrammi a barre di errore percentuale medio e massimo, sull’intera superficie di silicio. Come si può notare, l’altezza delle barre non è monotonamente decrescente all’aumentare di Nnm, come ci si potrebbe aspettare, ma sono presenti dei picchi più alti

FIG 11 Istogrammi dell’errore percentuale medio (in alto) e massimo (in basso) in funzione del numero di celle per lato per lo strato di alluminio. In alto è riportato anche il

(24)

probabilmente, corrispondono ai casi in cui gli errori nei vari strati hanno lo stesso segno, e quindi tendono a cumularsi.

La seconda causa di errore nella valutazione della distribuzione di temperatura nella densità delle griglie per la descrizione delle funzioni continue bidimensionali di flusso e temperatura per mezzo di funzioni costanti a tratti. L’uso di una griglia di celle non uniforme, più densa dove si manifestano maggiori variazioni di temperatura, può essere effettivamente utile al fine di controllare tale errore, ma in tal maniera l’operazione di costruzione del modello diverrebbe più complessa e quindi una delle caratteristiche di semplicità del programma DJOSER andrebbe perduta. D’altra parte un aumento del numero di celle in corrispondenza delle interfacce comporterebbe un aumento del tempo di calcolo. L’effetto di questo secondo tipo di errore può essere osservato in Fig. 11 dove è mostrato l’errore relativo percentuale medio (diagramma in alto) e massimo (diagramma in basso) calcolati su tutta la superficie del silicio. Il numero di celle per lato sulle facce inferiori dei due strati è stato variato nel range 5-43, mantenendo costante la densità delle celle sulla faccia superiore dello strato di silicio. Tali grafici mostrano un comportamento decrescente abbastanza regolare all’aumentare del numero di celle, a parte un piccolo picco all’interno dell’intervallo 20-30, probabilmente dovuto ad un fenomeno di risonanza col valore del numero di autovalori utilizzato.

Nelle Figg. 10 e 11, nei diagrammi in alto, vengono riportati anche i grafici del tempo di calcolo impiegato dal simulatore, utilizzando un processore Pentium 4 (1.5 GHz). Il programma DJOSER è stato per ora utilizzato in forma interpretata in ambiente Matlab, anziché compilata; per questa ragione il tempo di calcolo non è direttamente confrontabile con quello del programma FEM. L’implementazione in formato eseguibile compilato del simulatore dovrebbe garantire una consistente diminuzione dei tempi di calcolo. Inoltre buona parte del tempo macchina (circa il 90%) è impiegato per la costruzione della matrice di coefficienti del sistema di equazioni lineari, la quale non dipende dalle condizioni al contorno. La matrice di tale sistema potrebbe essere memorizzata e utilizzata per altre simulazioni con differenti condizioni al contorno risparmiando il relativo tempo di calcolo. Prevedendo un aumento medio della velocità dovuta alla compilazione della routine, il tempo di lavoro del programma DJOSER

(25)

dovrebbe rimanere entro il 10% di quello necessario agli analoghi strumenti di calcolo FEM.

1.5 Validazione sperimentale

Il grado di accuratezza del programma DJOSER è stato verificato anche dal punto di vista sperimentale, confrontando i dati di temperatura forniti dalle simulazioni con le misure dei profili termici effettuate su campioni reali per mezzo di una telecamera a raggi infrarossi. Il fine di questo esperimento è quello di verificare la congruenza dei dati non soltanto dal punto di vista della temperatura massima ma anche da quello qualitativo degli andamenti spaziali delle distribuzioni spaziali della temperatura. Per questo scopo sono state costruite delle strutture di tipo piramidale composte da strati di diverso materiale ed aventi sulla sommità una resistenza rettangolare a film spesso (18x13 mm2) di valore pari a 1.1 ohm, depositata su un substrato in allumina ed in grado di sopportare fino a 40 W di potenza. Data la natura dell’esperimento e proprio per rilevare direttamente la temperatura sulla sorgente di calore, è stato possibile operare soltanto nel caso in cui la potenza dissipata sia collocata sulla sommità della pila di strati.

Le strutture piramidali reali sono state assemblate incollando tra loro strati di vario spessore e natura, sia conduttori che isolanti, di conducibilità termica nota. Per l’incollaggio è stata utilizzata una colla specifica, ad alta conducibilità termica, per le tecnologie di packaging dell’elettronica che assicura il minimo spessore ed una bassa resistenza termica di contatto.

(26)

utilizzati per la sperimentazione, mentre nella Tab. II sono sintetizzate le sequenze degli strati insieme alla potenza dissipata sul resistore con cui sono stati provati.

Per queste strutture l’assetto termico dello strato sulla sommità e la sua temperatura massima sono fortemente influenzati dal valore delle resistenze termiche di contatto delle interfacce, ovvero dello strato di colla ed in ultimo del grasso termico utilizzato per connettere il campione sul piatto del termostato. Infatti tali valori sono per lo più incogniti poiché dipendono dai parametri tecnologici di deposizione e dalle condizioni di rugosità delle superfici di contatto. Per questa ragione, parallelamente ai campioni piramidali, sono stati appositamente costruiti dei provini di forma parallelepipeda con i medesimi strati ma con area (23x23 mm2) uguale alla piastrina di allumina su cui è stato depositato il resistore. In tal modo si sono ottenute delle strutture in cui il flusso termico attraverso gli strati possiede una distribuzione il più uniforme possibile. Soltanto in queste condizioni è infatti possibile calcolare la resistenza termica di contatto come prodotto tra la resistenza termica specifica dello strato e l’area. I valori di questi parametri, per i vari strati di colla e per quello di grasso, sono stati ottenuti a partire dalla temperatura massima e media sulla sommità della resistenza, rilevata per mezzo di una termocoppia e di un termometro ad infrarossi rispettivamente, sottraendo i contributi di caduta termica dovuti agli strati massivi con conducibilità e spessore noti.

FIG 12 Sezione e pianta dei campioni A1 e B1 usati per le prove termografiche. Il resistore è il rettangolo scuro al centro dell’allumina.

(27)

La superficie inferiore delle strutture è stata tenuta in contatto con un termostato ad acqua, in modo da garantire una temperatura media sulla piastra pari a 20 °C. La temperatura dell’aria ambiente è stata misurata pari a 24°C.

TABELLA II : caratteristiche dei campioni reali utilizzati per le prove termografiche.

Campione A1 Campione B1 Materiale Dim. mm2 Spess mm Materiale Dim. mm2 Spess mm St. 1 Allumina 23x23 1 Allumina 23x23 1 St. 2 Alluminio 24x24 6.4 Vetro 55x26 1 St. 3 Vetro 42x26 1 Alluminio 57x58 6 St. 4 Rame 42x38 3.6 St.5 Alluminio 58x56 6.4 POT. 18.73 W 10.86 W

(28)

Il comportamento termico delle strutture in regime stazionario è stato monitorato attraverso una telecamera a raggi infrarossi AVIO Neo Thermo serie TVS-600 in grado di visualizzare con una opportuna scala cromatica i salti di temperatura riscontrati sulla struttura, osservata in direzione normale alla sua superficie superiore. Le immagini termiche ottenute presentano anche i valori assoluti di temperatura in tre punti osservati, calcolati tenendo conto di un valore di emissivitá delle superfici misurato tramite taratura della telecamera pari a 0.97. A tale proposito, tutte le strutture sono state annerite con nerofumo per ottenere valori di emissivitá il più possibile uniformi, indipendentemente dai vari tipi di materiali da cui è costituita la struttura piramidale. Le riprese sulle piramidi sono state effettuate con due diversi gradi di risoluzione della telecamera. Si è utilizzata una lente da 35 mm a più bassa risoluzione per riprese a campo più ampio per visualizzare l’intera superficie della struttura; si è poi utilizzata una lente da 70 mm a campo più stretto e risoluzione maggiore per visualizzare il campo di temperatura limitato al solo strato superficiale dell’elemento di prova.

Dato che le riprese termografiche sono state effettuate in ambiente chiuso in assenza di ventilazione, le simulazioni termiche dei campioni sono state condotte assumendo un valore di 8 W/°C m2 per il coefficiente di scambio termico convettivo delle pareti verso l’ambiente circostante.

Il confronto tra i risultati delle simulazioni e le misure sperimentali sono illustrati nella Fig. 13 relativamente ai campioni A1 e B1. La figura illustra l’immagine termografica (in alto), la mappa termica simulata (in mezzo) con le rispettive scale cromatiche ed il confronto tra gli andamenti della temperatura lungo la sezione trasversa della superficie dell’allumina (in basso). Le mappe termiche simulate sono normalizzate per 1 W di potenza dissipata e riferite alla temperatura di 0 °C. Per il confronto con le termografie occorre moltiplicare per la potenza effettivamente dissipata ed aggiungere la temperatura del termostato di riferimento.

Come si può vedere da questi ultimi grafici, l’accordo tra le mappe simulate e quelle misurate risulta più che adeguato, sia in termini di valore massimo della temperatura, sia in termini della sua distribuzione superficiale. I due grafici mostrano infatti che l’andamento simulato della temperatura segue con sufficiente accuratezza quello sperimentale in entrambi i casi. In particolare, si noti la differenza di forma della

(29)

distribuzione spaziale della temperatura tra i due campioni : maggiormente rettangolare e più uniforme quella di B1, più convessa quella di A1. Queste differenze, dovute alla diversa conduttività termica degli strati sottostanti, è fedelmente replicata anche dalle mappe della temperatura simulata. Eventuali scostamenti locali tra gli andamenti misurati e simulati, soprattutto lungo i bordi del resistore a film spesso, sono certamente da imputare ad effetti secondari non direttamente prevedibili dal simulatore. Tra di essi possono essere annoverati i seguenti fattori: l’effetto “aletta” dei reofori della corrente che crea deformazioni locali nel campo di temperatura; la presenza della metallizzazione del contatto del resistore con la saldatura del filo del reoforo; eventuali leggere disuniformità nella densità di corrente nel resistore elettrico; la rugosità della superficie del resistore e/o dell’annerimento che induce fluttuazioni nella risposta locale del termografo.

Figura

FIG 1  Struttura piramidale multistrato asimmetrica in cui sono presenti strati di  incollaggio e saldatura
FIG 2  Schema del singolo strato: a), b) sezione e  pianta con l’indicazione delle condizioni al contorno;  c) sezione con le variabili cognite  ( qˆ , T ˆ , P , P *)  ed
FIG 3  Schema degli indici degli strati, delle coordinate e dei reticoli utilizzati nella  trattazione numerica
FIG 4  Schema grafico del sistema algebrico (4 strati). I è la matrice identità ,  T.N
+7

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