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Norme Relative All’agriturismo e al Turismo Rurale APPENDICE I

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Academic year: 2021

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APPENDICE I

Norme Relative All’agriturismo e al Turismo Rurale

Vista la complessità e la lunghezza della normativa in campo agrituristico e di turismo rurale abbiamo preferito riportare qui tutte le normative. Gli agriturismi sono fortemente ed abbondantemente regolamentati sia da regolamenti e politiche comunitarie , sia a livello nazionale che regionale. Inoltre, configurandosi come servizio turistico, devono sottostare ad ulteriori normative di sicurezza e igienico sanitarie, come ogni altra struttura ricettiva.

Disciplina Comunitaria

L’U.E. con la politica di turismo rurale intende porre particolare attenzione alla salvaguardia e alla valorizzazione delle risorse turistiche specifiche dell’agricoltura, dell’enogastronomia tipica, dell’ambiente naturale, del paesaggio agrario e dei piccoli centri storici, dell’artigianato tradizionale, della cultura e del folklore.

Per l’U.E. lo sviluppo turistico rurale oltre a creare strutture turistico-ricettive in territori agricoli deve selezionare ed orientare le stesse nel senso della salvaguardia e della valorizzazione delle predette risorse. Secondo l’U.E. per turismo rurale si intende esclusivamente una politica di sviluppo turistico, demandando agli stati membri la legislazione su tale materia.

Nel documento “Il futuro del mondo rurale” (COM/88/501) si attribuisce al turismo rurale una definizione che abbraccia qualsiasi attività turistica svolta in tale contesto. Nell’ambito della politica di coesione economica e sociale e quindi nell’intento di ridurre il divario tra i diversi livelli di sviluppo delle varie regioni d’Europa, comprese

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le zone rurali, la Comunità ha emanato i regolamenti CEE 2052/88, 4253/88, 1260/99, che al loro interno prevedevano misure di sostegno al turismo rurale.

Tra le più importanti iniziative dell’UE, che hanno previsto e prevedono misure a sostegno del turismo rurale, ci sono: il POR1, il POP2 e il LEADER+3.

L’iniziativa comunitaria LEADER+ (Liaisons Entre Actions de Développment de l’Economie Rurale), ha l’obiettivo di accompagnare lo sviluppo delle zone rurali stimolando il mantenimento e la creazione di nuove attività, la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali locali, il miglioramento della qualità della vita, la cooperazione tra territori, anche attraverso la costituzione di reti per la divulgazione delle esperienze.

Attualmente nel programma LEADER+, il turismo in quanto tale non risulta essere un tema strategico, ma rientra nell'asse che riguarda la valorizzazione del patrimonio naturale e del patrimonio culturale; di conseguenza trattandosi di assi strategici, si possono finanziare delle azioni di investimento e di formazione nel settore del turismo. Inoltre con il Reg. (CE) n. 1698/2005 denominato “Regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)”, si definiscono le attività che possono essere finanziate da questo fondo.

All’art.55, denominato Incentivazione di Attività Turistiche, il testo recita:

Il sostegno di cui all'articolo 52 (sovvenzioni da parte del FEASR) , è concesso per: • infrastrutture su piccola scala quali centri d'informazione e segnaletica stradale

1

Ogni Paese comunitario deve redigere un QSN Quadro strategico nazionale, composto da un insieme coerente di assi prioritari su base pluriennale, per realizzare i quali è consentito far ricorso ad uno o più fondi strutturali. Per attuare il Quadro si fa ricorso all’utilizzo di strumenti finanziari: i Programmi Operativi Nazionali (PON) , i Programmi Operativi Regionali (POR), e i Programmi Operativi interregionali (POIN) per raggiungere gli obiettivi Convergenza e Competitività regionale e occupazione; dei P.O specifici per l'obiettivo di Cooperazione territoriale. I Programmi Operativi Regionali sono quindi strumenti finanziari di programmazione regionale per la gestione degli aiuti di stato e comunitari previsti dall’UE; sono mono - fondo e possono riguardare il FESR (fondo europeo sviluppo regionale) , il FES (fondo sociale europeo) o il Fondo di Coesione.

2

Il POP e’ un Programma Operativo Plurifondo il cui finanziamento è assicurato da fondi differenti, veniva utilizzato nella Programmazione 2000-2006.

3 Prima si sono avuti il LEADER I e II, al momento attuale invece e’ attivo il LEADER+, vedi paragrafi introduttivi

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indicante località turistiche;

• infrastrutture ricreative quali quelle che permettono l'accesso ad aree naturali, con servizi di piccola ricettività;

sviluppo e/o commercializzazione di servizi turistici inerenti al turismo rurale.

La Normativa comunitaria interviene a favore sia del fenomeno Agrituristico che quello del Turismo Rurale, rispettivamente finanziando i piani di sviluppo aziendali e attraverso interventi in favore degli imprenditori agricoli ma anche degli operatori turistici rurali; le due fattispecie, infatti, appaiono distinte giuridicamente ma non nell’ambito dei finanziamenti comunitari.

Norme Nazionali

Legge 1939, n.1497, Protezione delle bellezze naturali. Legge 1962, n.283, T.U. in materia di Igiene e Sanità. Legge 1963, n.59, Vendita diretta dei prodotti agricoli.

Legge 1977, n.10, Norme per la edificabilità dei suoli, c.d..legge "Bucalossi", e succ. modifiche e integrazioni.

Legge 1983, n. 217, Legge quadro sul turismo. Ogni forma turistica esercitata in campagna, anche all’interno di una azienda agricola, viene considerata turismo rurale. Successivamente, con la legge relativa all’agriturismo (normato dalla Legge n° 730 del 1985), verrà considerato turismo rurale quello esercitato in campagna che non sia agriturismo.

Legge 1985, n.431, Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale.

Legge 1985, n.730, Disciplina dell'agriturismo (successivamente sostituita). L’agriturismo viene considerato una vera e propria attività agricola accessoria alla coltivazione del fondo o all’allevamento del bestiame.

Legge 1991, n.415, art.5, Regime fiscale.

Legge 1992, n.157, Nuova legge sulla caccia, che prevede “aziende agri-turistico-venatorie a fini di impresa agricola”.

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Decreto Legislativo 2001, n.228 Orientamento e modernizzazione del settore agricolo Tale decreto riscrive l'art. 2135 del codice civile che ora definisce imprenditore agricolo chi esercita l'attività di coltivazione del fondo, la silvicoltura, l'allevamento di animali e altre attività connesse. “Si intendono comunque connesse le attività,

esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

Legge 2006 n. 96 (prende il posto della vecchia Legge Nazionale 5 Dicembre 1985, n. 730. Disciplina dell'Agriturismo).

Tale legge sancisce la definizione e le regole a cui debbono sottostare le strutture agrituristiche. Per prima cosa specifica che lo Stato, in armonia con i programmi di sviluppo rurale dell'Unione europea, nazionali e delle regioni, sostiene l'agricoltura mediante la promozione e l’agevolazione di forme di turismo svolte nei territori rurali, con finalità di:

• tutela, qualifica e valorizzazione delle risorse specifiche di ciascun territorio; • mantenimento delle attività umane nelle aree rurali;

• favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agricoli;

• favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell'ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso l'incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità della vita;

• recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche; • sostenere e incentivare le produzioni tipiche, le produzioni di qualità e le

produzioni connesse a particolari tradizioni enogastronomiche; • promuovere la cultura rurale e l'educazione alimentare;

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Come definizione di attività agrituristiche la legge n.96 del 2006 sancisce che “per attività agrituristiche si intendono le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali.”

Rientrano quindi fra le attività agrituristiche:

• dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori (il cosiddetto AgriCamping);

• somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai marchi di qualità, quali DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG;

• organizzare degustazioni di prodotti aziendali;

• organizzare, anche all'esterno delle proprie strutture di attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche e di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale.

Sempre secondo la legge n.96 sono addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica l'imprenditore agricolo e i suoi familiari, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale, i quali sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale. Infine, il reddito proveniente dall'attività agrituristica è considerato reddito agricolo.

Norme Regione Toscana

Legge Reg. 1994, n.76, Disciplina delle attività agrituristiche (sostituita).

Legge Reg 1994, N. 102, Norme in materia di requisiti igienico – sanitari delle strutture ricettive (modificata).

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Legge Reg. 1995, n.64, Disciplina degli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia nelle zone con prevalente funzione agricola.

Legge Reg . 1997, n.83, Nuove norme in materia di classificazione delle strutture ricettive.

Legge Reg 6 2000, n.51, Modifiche alla legge 1994, N. 102 Norme in materia di requisiti igienico – sanitari delle strutture ricettive.

Legge regionale 2000, n. 42 Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo, successivamente viene aggiunto all’ articolo 81 la Costituzione dell’Osservatorio regionale del turismo, alla quale sono state apportate successivamente modifiche con la Legge Reg. 2005, n. 14.

Legge Reg. 2003, n.30, Disciplina delle attività agrituristiche in Toscana (modificata). Legge Reg 2004, n. 27 , Modifiche alla legge regionale 2003, n. 30, Disciplina delle attività agrituristiche della Toscana.

Questa legge regionale, attualmente la legge in vigore che regolamenta le attività agrituristiche in Toscana, disciplina che la Regione debba sostenere l'agricoltura, in armonia con la politica di sviluppo rurale della Comunità europea, anche mediante la disciplina di idonee forme di turismo nella campagna, denominato agriturismo, volte a:

• favorire lo sviluppo agricolo e forestale;

• agevolare la permanenza dei produttori agricoli nelle zone rurali attraverso l'integrazione dei redditi aziendali ed il miglioramento delle condizioni di vita; • valorizzare il patrimonio rurale, naturale ed edilizio;

• favorire la tutela dell'ambiente e promuovere i prodotti tradizionali e di qualità certificata, nonché le produzioni agroalimentari di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche;

• valorizzare le tradizioni e le attività socio-culturali del mondo rurale; • sviluppare il turismo sociale e giovanile.

La Legge Regionale intende per attività agrituristiche le attività di ricezione e di ospitalità, esercitate attraverso l'utilizzo della propria azienda in rapporto di connessione e di complementarietà con l'attività agricola di cui all'articolo 2135 del

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codice civile che deve rimanere principale, secondo quanto disposto dalla presente legge.

Sono attività agrituristiche, nel rispetto delle modalità e dei limiti definiti dalla presente legge:

• dare alloggio stagionale in appositi locali aziendali;

• ospitare i campeggiatori in spazi aperti per soggiorni stagionali;

• organizzare attività didattiche, culturali, tradizionali, di turismo religioso culturale, ricreative, di pratica sportiva, di escursionismo e di ippoturismo riferite al mondo rurale;

• somministrare agli ospiti aziendali per la consumazione sul posto pasti, alimenti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti dell'azienda o comunque da prodotti reperiti presso aziende agricole locali e aziende agroalimentari locali che producono e vendono prodotti regionali, nonché l'organizzare non solo per gli ospiti aziendali di degustazioni e assaggi di prodotti aziendali4.

4 Bibliografia e sitografia consultata: www.agriturismi.it; www.agraria.org; www.agriturismo.com;

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APPENDICE II

Associazioni di Imprenditori Agrituristici

Come anticipato nel testo , vengono qui riportate alcune delle maggiori associazioni di imprenditori agrituristici. Queste associazioni si pongono degli obiettivi da raggiungere e delle funzioni da svolgere per aiutare e promuovere le attività dei soci. Solitamente sono appoggiate ad associazioni di categoria per il settore agricolo più ampie , ma vedremo tutto dettagliatamente nelle descrizioni qui di seguito.

Turismo Verde

( www.turismoverde.it )

E' un'Associazione senza finalità di lucro promossa dalla CIA.

Rappresenta e tutela gli interessi delle imprese agricole che svolgono l'attività di agriturismo, promuovendo e incentivando lo sviluppo e la crescita dell'intero settore. I sui compiti e i suoi scopi fondamentali sono:

• fornire assistenza e consulenza attraverso progetti e programmi nel rispetto della conservazione e della promozione dell' ambiente, della cultura rurale e del territorio;

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• promuove la formazione professionale degli imprenditori associati per favorire una più efficace e qualificata gestione dell'attività agrituristica;

• Organizzare iniziative per favorire e valorizzare la diffusione delle attività delle aziende agrituristiche, dei loro servizi e dei prodotti tipici;

• Essere presente a fiere, mostre, mercati per dare visibilità ai propri progetti e alle imprese associate;

• coordinare iniziative pubblicitarie ed editoriali per una migliore diffusione dell'offerta a quanti vogliono trascorrere il tempo libero nell'ambiente rurale.

Terranostra

(http://www.terranostra.it/)

Terranostra è un’associazione per l'agriturismo, l'ambiente e il territorio promossa dalla Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti. E’ stata costituita nel 1973 e i sui obiettivi primari sono quelli di promuovere, sostenere e diffondere l'esercizio dell' agriturismo e la valorizzazione del mondo rurale, attraverso iniziative ed attività ispirate alla difesa della natura, del territorio agrario e del patrimonio paesaggistico e forestale, al fine di creare migliori rapporti tra uomo ed ambiente, agricoltura e turismo, imprenditori agricoli e consumatori, mondo rurale e mondo urbano.

L’associazione sostiene lo sviluppo dell’agriturismo mediante la promozione e l'assistenza alle attività di:

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• somministrazione di pasti e bevande costituiti da prodotti aziendali e tipici della zona ;

• organizzazione di attività ricreative, culturali, sportive e faunistico -venatorie nell'ambito aziendale ;

• trasformazione e vendita diretta dei prodotti dell'azienda;

• e inoltre promuove ed esegue studi e progetti volti a favorire la protezione ed il corretto utilizzo del patrimonio naturale, forestale, paesistico e faunistico.

In aggiunta a quanto detto precedentemente, l’associazione Terranostra promuove e diffonde in agricoltura metodi, tecnologie e sistemi produttivi ecocompatibili che assicurino un basso impatto ambientale, favorisce l'interscambio culturale tra mondo rurale e mondo urbano anche mediante l'organizzazione di manifestazioni culturali, iniziative e sistemi di vendita dei prodotti agroalimentari tipici e di fattoria.

Inoltre dal 2000 è operativo un sistema di qualità predisposto dall’associazione Terranostra, con riferimento alla serie di norme UNI EN ISO 9000, con l'obiettivo di promuovere la qualità nelle aziende agrituristiche associate, garantire l'autenticità dell'agriturismo, tutelare e valorizzare il patrimonio e le tradizioni culturali e gastronomiche delle aziende agricole italiane.

Il sistema di Qualità Terranostra è finalizzato a soddisfare le esigenze dei fruitori garantendo loro che i servizi e i prodotti corrispondano a ciò che viene dichiarato e che i luoghi e le strutture ricettive conservino quei caratteri distintivi che hanno alimentato la domanda, concependo il termine qualità non in senso comparativo, ovvero per esprimere un concetto di livello, ma in senso di rispondenza alle caratteristiche dichiarate.

Le imprese agrituristiche che fanno parte del sistema di Agriturismo di Qualità di terra nostra garantiscono:

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• il rispetto dello stile di ospitalità che indirizza l'attività gestionale di tutte le aziende agrituristiche associate a Terranostra, descritto nella carta de "L'accoglienza nelle aziende agrituristiche Terranostra";

• la massima trasparenza nella comunicazione con i turisti utilizzando la scheda di conferma prenotazioni. Con la scheda I'operatore fornisce informazioni dettagliate e precise sui servizi messi a disposizione, sui prezzi praticati, sulle modalità di pagamento, su come raggiungere I'azienda, sul tipo di prenotazione concordata; la scheda, opportunamente compilata. viene trasmessa dall'azienda al cliente via fax o posta; nell'impossibilità dell'inoltro della scheda, le informazioni in essa previste verranno comunque fornite per telefono;

• si sottopongono al giudizio dei loro ospiti, consegnando loro, al momento dell' arrivo in azienda la scheda di valutazione della soddisfazione del cliente, invitandoli ad esprimere pareri ed offrire suggerimenti di qualunque genere.

Agriturist

(http://www.agriturist.it/ )

Agriturist è l'associazione nazionale per l'agriturismo, l’ambiente e il territorio della Confagricoltura, è la prima associazione agrituristica in Italia, costituita dal 1965 per promuovere e tutelare l'agriturismo, i prodotti nazionali dell'enogastronomia regionale, l'ambiente, il paesaggio, la cultura rurale.

L’associazione;

• pubblica annualmente la “Guida Agriturist”, la guida biennale “Landurlaub in Italien” in lingua tedesca e il periodico “Agrituristi” diretto agli ospiti degli agriturismi;

• assiste le imprese associate sotto il profilo normativo, organizzativo e promozionale;

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• Utilizza un sistema informativo “on-line” per diffondere in tempo reale notizie ed aggiornamenti sui principali aspetti della gestione agrituristica, tramite un sito internet, www.agriturist.it, e un sistema di newsletter;

• Ha istituito un agenzia di prenotazione, la “Farm Holidays”; • Attiva altre iniziative promozionali secondo progetti specifici.

L’Agriturist associa sia gli imprenditori agricoli gestori di un agriturismo, sia molti turisti appassionati di agriturismo. Da questi soci - consumatori l’associazione riceve sistematicamente giudizi sulla qualità delle aziende visitate, avendo così preziose informazioni per migliorare l’offerta.

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APPENDICE III

Prodotti DOP E IGP della Toscana

Riportiamo l’elenco delle molteplici produzioni agricole e alimentari certificate DOP e IGT presenti in Toscana. Alcune sono di provenienza escusivamente Toscana, ovvero la loro zona di produzione o coltivazione ricade entro i territori regionali, altri sono condivisi con altre regioni. Riportiamo qui di seguito sia l’elenco dei prodotti già certificati che di quelli per cui è stato avviato l’iter di certificazione5 , specificandone la fase attuale ( gennaio 2008).

Prodotti DOP e IGP esclusivamente toscani (riconosciuti)

1. Castagna del Monte Amiata IGP 2. Fagiolo di Sorana IGP

3. Farina di Neccio della Garfagnana DOP 4. Farro della Garfagnana IGP

5. Lardo di Colonnata IGP

6. Marrone del Mugello IGP

7. Miele della Lunigiana DOP

8. Olio extravergine di oliva Chianti Classico DOP 9. Olio extravergine di oliva Lucca DOP

5

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10. Olio extravergine di oliva Terre di Siena DOP 11. Olio extravergine di oliva Toscano IGP

12. Prosciutto Toscano DOP

13. Zafferano di San Gimignano DOP

Prodotti DOP e IGP non esclusivamente toscani (riconosciuti)

1. Fungo di Borgotaro IGP

2. Mortadella Bologna IGP

3. Pecorino Romano DOP

4. Pecorino Toscano DOP

5. Salamini Italiani alla Cacciatora DOP

6. Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale IGP

Prodotti DOP e IGP esclusivamente toscani (in fase di riconoscimento)

1. Agrumi ornamentali della Toscana IGP [Fase nazionale]

2. Farina di castagne della Lunigiana DOP [Fase comunitaria, protezione nazionale]

3. Finocchiona Toscana IGP [Fase nazionale]

4. Marrone di Caprese Michelangelo DOP [Fase comunitaria, protezione nazionale]

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6. Olio extravergine di oliva Colli Aretini DOP [Fase nazionale]

7. Olio extravergine di oliva Colline di Firenze DOP [Fase comunitaria, protezione nazionale]

8. Olio extravergine di oliva Colline di Pisa DOP [Fase nazionale]

9. Olio extravergine di oliva Seggiano DOP [Fase comunitaria, protezione nazionale]

10. Pane toscano DOP [Fase nazionale] 11. Panforte di Siena IGP [Fase nazionale]

12. Pecorino Terre di Siena DOP [Fase nazionale]

13. Pecorino a latte crudo delle Montagne e Valli pistoiesi DOP [Fase nazionale] 14. Pecorino delle Balze Volterrane DOP [Fase nazionale]

15. Ricciarelli di Siena IGP [Fase comunitaria] 16. Salame Toscano IGP [Fase nazionale]

17. Suino Cinto Toscano DOP [Fase comunitaria]

Prodotti DOP e IGP non esclusivamente toscani ( in fase di riconoscimento)

1. Agnello del Centro Italia IGP [Fase nazionale] 2. Gran Suino padano DOP [Fase comunitaria] 3. Vitellone della Maremma DOP [Fase nazionale] 6

6

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APPENDICE IV

Norme relative all’Agricoltura Biologica e al Paesaggio

Come già spiegato anche per le norme sull’agriturismo, a causa della complessità della normativa e delle varie politiche relative alla regolamentazione del settore biologico , abbiamo preferito riportarla interamente in appendice, e trattarla solamente in maniera veloce all’interno del testo. Di seguito verrà inoltre riportata anche la normativa per il paesaggio.

Politica Agricola Comunitaria

Con il Reg. CEE 2078/92 e le misure previste nell’ambito dello Sviluppo Rurale, anche l’agricoltura biologica diviene oggetto di interventi pubblici al fine di favorire lo sviluppo ed il mantenimento di un metodo di produzione che ha indubbie ricadute ambientali. Il regolamento riguarda i metodi di produzione agricola compatibili con la salvaguardia dell'ambiente e dello spazio naturale, all'interno delle misure di accompagnamento previste dalla riforma della PAC.

La politica agricola comunitaria, oggi, si pone tre obiettivi:

• garantire un reddito agli agricoltori e incoraggiarli a rimanere nelle campagne (per arrestare lo spopolamento delle aree rurali);

• ridurre l' impatto dell' agricoltura sull' ambiente;

• ridurre il problema delle eccedenze produttive, portando la produzione ad un livello vicino alla domanda.

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Per conseguirli vengono adottate una serie di complesse misure di intervento finanziario che vanno dal sostegno diretto al reddito alle cosiddette "misure di accompagnamento”, le quali hanno come primo obiettivo quello di sviluppare l’agricoltura ecocompatibile attraverso un sistema di incentivi alla riduzione dell’impiego di mezzi tecnici e all’adozione di metodi di produzione estensivi

Le misure di accompagnamento prevedono tra l' altro l' utilizzo di minori quantitativi di pesticidi e di fertilizzanti, l' imboschimento dei terreni agricoli, la conservazione degli elementi naturali presenti negli ambienti agrari quali siepi e piccole zone umide, il sostegno all' agricoltura biologica. In sostanza l' agricoltore viene incentivato a trarre una parte del proprio reddito anche dalle attività di manutenzione del territorio e di conservazione degli habitat.

Tale regolamento ha incoraggiato da subito l’adozione di pratiche agricole a basso impatto ambientale e la conservazione del sistema agricolo, attraverso accordi volontari tra gli agricoltori e la pubblica amministrazione. Tali accordi, con durata minima di 5 anni, prevedono il rispetto di specifici modalità di produzione da parte degli agricoltori a fronte di compensazioni finanziarie che dovrebbero coprire le perdite di reddito e i maggiori costi causati dai cambiamenti nelle tecniche di produzione (finanziate dal fondo FEOGA-Garanzia). Gli Stati membri hanno dovuto applicare obbligatoriamente il regolamento, programmando gli interventi attraverso un piano nazionale o molteplici piani zonali di durata quinquennale..

Successivamente, l’allargamento della UE a nuovi paesi, l'introduzione della moneta unica, causa di restrizioni al bilancio, la concorrenza sempre maggiore dei prodotti provenienti dai paesi terzi e nuovi competitori internazionali, hanno imposto un'ulteriore adeguamento della PAC. Nel 1997, la Commissione ha proposto una riforma della PAC nell'ottica del previsto allargamento; tale discussione si è conclusa nel marzo 1999 a Berlino, e in quell'occasione si è decisa anche la riforma della PAC. Agenda 2000 rappresenta la riforma più radicale e globale della Politica Agraria Comune dalla sua istituzione ad oggi. Portando avanti il processo iniziato nel 1992 essa ha fornito una solida base per il futuro sviluppo dell'agricoltura nell'Unione, contemplando tutti gli ambiti di competenza della PAC (economico, ambientale e

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rurale).

Alle misure sopra citate, se ne aggiungono altre due:

• elaborare una nuova politica dello sviluppo rurale;

• migliorare le qualità dei prodotti alimentari e della loro sicurezza .

Con la riforma, si creano le precondizioni per lo sviluppo nell'UE di un'agricoltura comunitaria multifunzionale, sostenibile e concorrenziale.

Regolamenti Europei

Dopo gli accadimenti del 1991 , visti in precedenza, nello stesso hanno si ha il primo regolamento europeo (reg. 2092), e riguarda il metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli; questo può essere considerato come il riconoscimento “ufficiale” a livello europeo di questa organizzazione produttiva, definendo criteri armonizzanti e regole per gli operatori comunitari. Tale regolamento definisce anche le regole per l'etichettatura ed il controllo dei prodotti ottenuti con metodo biologico e per l'importazione degli stessi da paesi terzi (la legge e’ stata abrogata e sostituita nel 2007).

Reg.2328/91 modificato dal 3669/93: regolamenta i finanziamenti accessibili a tutte le

aziende agrarie per il miglioramento delle strutture. Si hanno anche interventi specifici per aziende in zone svantaggiate e per l'istituzione di associazioni agricole in

particolare nei sistemi agricoli alternativi.

Reg. 2078/92: Riguarda i metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze

dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale, riguarda specificatamente l'agricoltura biologica e integra il reg. 2092/91, stabilendo in più anche le modalità per

usufruire di contributi.

Reg. 1804/99: varato dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, completa il

trattamento del settore biologico per quanto riguarda le produzioni animali mai trattate nei precedenti regolamenti. Da notare che in Toscana fin dal 1995 la zootecnia

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Reg. 1760/2000: previsto dal Parlamento e dal Consiglio europeo, abroga la normativa

820/97, riscrive le norme sull’etichettatura delle carni bovine al fine di evitare le continue oscillazioni del mercato, garantendo la trasparenza di produzione e di commercializzazione e la tracciabilità completa dell’alimento.

Reg 1038/2001: introduce il principio secondo il quale i seminativi a riposo (set aside -

obbligatori per accedere al contributo PAC) possono essere coltivati a leguminose da foraggio nelle aziende interamente biologiche. Sui terreni ritirati dalle produzione esisteva già la possibilità di coltivare prodotti non destinati in primo luogo al consumo umano o animale, le cosiddette colture «no food»; questa integrazione alla normativa introduce una possibilità molto interessante per le aziende biologiche.

Reg 834/2007 : nuovo regolamento relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, che semplifica la materia sia per gli agricoltori che per i consumatori abrogando il precedente regolamento del 1991.

Legislazione Nazionale

Come di consuetudine, l’applicazione di tali Regolamenti è rimandata alla legislazione dei singoli Paesi e, con le seguenti norme nazionali, per quanto concerne l’Italia, sono

le Regioni a stabilirne le modalità.

Decreti del 31/12/92: Sono 6 decreti con cui il Ministero dell’ambiente autorizza

altrettanti diversi oggetti giuridici ad esercitare attività di controllo sul metodo di produzione biologico. Inoltre sono autorizzati a partecipare alle attività di controllo

anche 6 associazioni in rappresentanza dei consumatori.

Decreto del 14/5/93: Autorizzazione a svolgere i controlli all'organizzazione

associativa "Ass. Agri Eco Bio".

Legge 146 del 22/2/94: Ribadisce la necessità di recepire le indicazioni del 2092 e

conferma che fino a che una nuova legge, restano attivi come controllori dell'attività biologica i 7 organismi già riconosciuti. Infine ogni regione possiede una normativa regionale propria.

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D. Legis. n. 220/95 :Indica nel Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali

l’autorità preposta al controllo e al coordinamento delle attività in applicazione della normativa comunitaria sull’agricoltura biologica; Istituisce il Comitato di Valutazione degli Organismi di Controllo; Determina i requisiti tecnici e gli obblighi per gli Organismi di controllo, quelli per i loro rappresentanti ed amministratori, le modalità per il riconoscimento degli Organismi; Attribuisce a Ministero, Regioni e Province autonome la vigilanza sul funzionamento degli stessi Organismi; Definisce la modulistica e istituisce pubblici elenchi, regionali e nazionali, per produttori agricoli, preparatori, raccoglitori di prodotti spontanei, importatori.

Circolare ministeriale n. 8 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 1999 : quadro di riferimento per l’utilizzazione dei fertilizzanti in agricoltura

biologica.

D. ministeriale n. 91436 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 2000:

Stabilisce la normativa italiana per la zootecnia biologica nell’ambito delle facoltà attribuite dal Regolamento Ce n. 1804/99. (successivamente modificato nel 2001).

Circolare ministeriale n. 3 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 2000: stabilisce le procedure necessarie per l’autorizzazione delle importazioni di

prodotti biologici da Paesi terzi.

Circolare ministeriale n. 10 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 2000: Stabilisce per le aziende zootecniche le procedure per il riconoscimento del

periodo di conversione, avviato prima dell’entrata in vigore del Regolamento Ce n. 1804/99.

Circolare ministeriale n. 11 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 2000: attribuisce alle Regioni la facoltà di accettare le norme private di zootecnia

biologica in uso prima dell’entrata in vigore del Regolamento Ce n. 1804/99.

Nota del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 2000: relativa a

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biologica, esplicativa della Circolare n. 8/99 e delle Linee Guida del 6 luglio 2000 per la predisposizione della comunicazione all’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante di Roma ai fini dell’emissione in commercio di fertilizzanti idonei all’impiego in agricoltura biologica.

Decreto ministeriale del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 2001:modifica il decreto ministeriale del 2000 e determina la composizione del

Comitato di valutazione degli Organismi di controllo.

D. P. R. n. 290 del 2001:regolamento di semplificazione delle procedure per la

produzione, il commercio e l’uso dei prodotti fitosanitari il cui art. 38 e relativo allegato contengono disposizioni specifiche per i prodotti impiegati in agricoltura biologica.

Circolare ministeriale n. 3 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 2001: relativa all’impiego di sementi e materiale di moltiplicazione vegetativo in

regime di deroga.

Naturalmente, tutta questa parte normativa, europea nazionale e regionale, deve essere applicata e rispettata nelle aziende biologiche o nelle aziende che si convertono a questo sistema di produzione; per provare la biologicità di tutto il processo produttivo, per usufruire della dicitura “biologico” sul mercato, ogni azienda biologica è soggetta a controlli e questi controlli vengono effettuati da specifici organismi. Per quanto concerne l’Italia, l’organizzazione italiana degli organismi per il controllo e lo sviluppo del settore biologico presenta una gerarchia: a capo di enti regionali vi è l’Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab). Questa associazione non svolge solo il compito di fare da fulcro centrale ma si occupa anche di assistenza tecnica e ricerca, sempre chiaramente nel campo biologico.

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Leggi sul Paesaggio

Le prime leggi in materia di tutela paesistica vengono emanate nei primi anni del '900, ma il primo intervento sistematico del legislatore si ha solo nel 1939 con la Legge n.

1497 del 1939.

Il concetto di paesaggio trova poi spazio e tutela specifica nella Costituzione

Repubblicana, all'art.9, che recita "la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio

storico e artistico della Nazione".

L. 28/01/1977 n. 10 "Bucalossi" :Norme per la edificabilità dei suoli.

D.P.R. 8 settembre 1997, n.357(Testo aggiornato e coordinato al D.P.R. 12 marzo

2003 n. 120): Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche.

Ai fini della ripartizione della competenza legislativa in materia tra Stato e Regioni emergono significativi ed innovativi elementi nel nuovo art. 117, II comma, lettera

(s) della Costituzione e nel D.Lgs. 112 del 1998, che hanno innestato il lungo

cammino della elaborazione del Nuovo Codice dei Beni Culturali .

Dlgs. 11 maggio 1999 n. 152: Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento

e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento dei nitrati provenienti da fonti agricole .

Dlgs. 29 ottobre 1999 n. 490: Testo unico delle disposizioni legislative in materia di

beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre, n. 352 .

Dlgs. 18 maggio 2001 n. 227: Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a

norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57 .

D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 : Testo unico delle disposizioni legislative e

regolamentari in materia edilizia.

L. 24 dicembre 2003, n. 378: Disposizioni per la tutela e la valorizzazione

dell'architettura rurale.

Dlgs. 22 gennaio 2004 n.42 "Codice Urbani" : "Codice dei beni culturali e del

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Decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali 6 ottobre 2005:

Individuazione delle diverse tipologie di architettura rurale presenti sul territorio nazionale e definizione dei criteri tecnico-scientifici per la realizzazione degli interventi, ai sensi della legge 24 dicembre 2003, n. 378, recante disposizioni per la tutela e la valorizzazione della architettura rurale urbanistica, paesaggio, beni culturali e ambientali.

DPCM 12 dicembre 2005: Codice dei beni culturali e del paesaggio(CBCP).

Particolare rilievo, dal punto di vista del diritto internazionale, assume la Convenzione

Europea del Paesaggio del 2000. Dopo aver sottoscritto la Convenzione il 22 ottobre

2004 il governo italiano ha approvato un disegno di legge in vista della ratifica, approvato dalla Camera dei deputati il 17 maggio e dal Senato il 14 dicembre 2005. Su questa base, è stata promulgata la Legge n.14 del 9 Gennaio 2006 "Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea del paesaggio (CEP), fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 la quale mira alla conservazione ed al miglioramento "degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d'intervento umano".

Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 : Norme in materia ambientale .

L. 20 febbraio 2006, n. 77: Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di

interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella "lista del patrimonio mondiale", posti sotto la tutela dell' UNESCO.

Decreto 9 marzo 2006 del Ministero delle politiche agricole e forestali : Istituzione di

un unico “Comitato di gestione delle zone di tutela biologica”.

Con i D.Lgs. 156 e 157 del 24 marzo 2006 sono state introdotte nel Codice nuove ed importanti modifiche e integrazioni. In attuazione del del D.Lgs. 42 (Codice dei Beni Culturali) e successive modifiche e integrazioni, la Regione Toscana con la Legge Regionale 29 Giugno 2006 n.26 istituisce per ciascuna provincia le commissioni con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili ed aree di particolare pregio paesaggistico e, con la stessa legge, disciplina il

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procedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico di immobili ed aree di particolare pregio paesaggistico7.

7

Bibliografia e sitografia consultata : www.arsia.it; www.aiab.it; www.inea.it, www.mangiosano.it: www.ec.europa.eu ; http://eur-lex.europa.eu; www.italia.gov.it; www.politicheagricole.it; http://agriregionieuropa.univpm.it.

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APPENDICE V

Norme per le Biomasse e i Biocarburanti

Di seguito viene riportato il complesso di norme europee e nazionali che regolamentano l’utilizzo di biomasse a fini energetici, l’immissione dell’energia prodotta da questa fonte sul mercato energetico e l’utilizzo dei biocarburanti. Inoltre vengono riportati i Piani di Azione, nazionali e comunitari, messi in atto per promuovere tali fonti rinnovabili.

La Normativa Europea

La politica europea assegna allo Sviluppo rurale un ruolo fondamentale per lo sviluppo e mantenimento della competitività delle imprese agricole e dei territori dell’Unione: il nuovo strumento del Psn (Piano strategico nazionale) è l’occasione per stimolare i partenariati economico/sociali per gli utilizzi delle materie prime rinnovabili a fini energetici e no food.

Il progetto fondamentale per l’accrescimento della competitività dell’impresa agricola e per la valorizzazione del territorio si basa sull’utilizzo delle energie rinnovabili come opportunità .

Anche la programmazione 2007/2013 per le Politiche di Coesione assegna un ruolo prioritario allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Infatti nel Documento strategico preliminare nazionale (Dspm), per contribuire alla realizzazione di un “ambiente per lo sviluppo” si cerca di realizzare l’attivazione di filiere produttive, la promozione della

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ricerca e dell’innovazione, il contributo al miglioramento della qualità della vita e l’attrazione di persone e capitali tramite:

• definizione di strategie di intervento integrate nei processi di produzione e commercializzazione delle fonti di energie rinnovabili in una logica di filiera (la cosiddetta filiera legno – energia ;

• azioni per la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile e per lo sviluppo della piccola cogenerazione (elettrica e termica);

• la promozione dei piccoli impianti alimentati da fonti rinnovabili; • la promozione di efficienza energetica sia industriale sia domestica;

• il sostegno a iniziative di ricerca e sperimentazione per la diffusione delle competenze e delle esperienze e sviluppo di tecnologie alternative.

In Italia va aumentando sia l’interesse delle imprese agricole a produrre colture a scopo energetico, sia dell’opinione pubblica verso tali tematiche. Quindi questa risulta un’ opportunità da cogliere, attraverso il coinvolgimento attivo del partenariato economico e sociale, per assicurare, tramite un uso multifunzionale del territorio, la nascita di nuove forme di impresa ed occupazione quali quelle inerenti le agrienergie, la gestione attiva delle risorse forestali, etc.

Sul nuovo scenario l l’agricoltura può occupare un ruolo di rilievo nella produzione di energia pulita, dimostrando inoltre un’ulteriore espressione della sua multifunzionalità, cogliendo una nuova opportunità di reddito e contribuendo al miglioramento della qualità ambientale.

Agenda di Lisbona

L’agenda di Lisbona comprende il programma di riforme economiche approvato a Lisbona dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea nel 2000. L'obiettivo espressamente dichiarato è quello di fare dell'Unione la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010.

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Caratteristica peculiare è che per la prima volta i temi della conoscenza sono individuati come portanti, pur essendo un documento che spazia in tutti i campi della politica economica: innovazione e imprenditorialità, riforma del welfare e inclusione sociale, capitale umano e riqualificazione del lavoro, uguali opportunità per il lavoro femminile, liberalizzazione dei mercati del lavoro e dei prodotti, sviluppo sostenibile. Nel 2005 il Consiglio Europeo decide di ritornare sul tema, tralasciato da tempo, e di rilanciare la Strategia di Lisbona, proponendo un insieme di azioni coordinate a livello europeo mirate a tre obiettivi:

• rendere l’Europa capace di attirare investimenti e lavoro; • porre la conoscenza e l’istruzione al centro della crescita; • creare nuovi e migliori posti di lavoro.

Nel 2005 quindi il Consiglio Europeo decide di adottare un approccio diverso attraverso un maggior coinvolgimento degli stati membri, detta indirizzi di massima per le politiche economiche e occupazione (2005/2008) denominati “orientamenti integrati” e composti da 16 punti, richiede l’adozione di programmi nazionali di riforma elaborati dagli stati membri.

Il punto 11 degli Orientamenti integrati comunitari tratta l’argomento riguardo l’uso sostenibile delle risorse e la sostenibilità ambientale della crescita. Le conclusioni del Consiglio europeo del 2005 evidenziano, con tale orientamento, l’importanza dell’impiego efficiente dell’energia quale fattore di competitività e di sviluppo sostenibile, una delle priorità di interesse del sistema agricolo è un progetto per lo sviluppo delle bioenergie da inserire nel programma nazionale di attuazione dell’agenda di Lisbona.

Direttiva relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità (Dir.2001/77/CE)

La Direttiva europea per la promozione di energia elettrica derivante da fonti energetiche rinnovabili invita gli Stati membri a stabilire obiettivi indicativi nazionali

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compatibili con l’obiettivo indicativo globale del 12% del consumo interno lordo di energia nel 2010, contenuto nel Libro Bianco europeo.

L’Italia ha adottato la Direttiva con Decreto legislativo n.387/2003 che riguardo agli obiettivi indicativi nazionali richiede il 2% di energia elettrica da fonti rinnovabili oltre la producibilità ordinaria, incrementandola annualmente di 0,35% fino al 2006. Con la finanziaria 2008 (Legge 244 del 24 dicembre 2007) è stata stabilito un aumento della quota minima obbligatoria di energia verde che passa al 6,8% entro il 2012.

La Direttiva europea “Biocarburanti”(2003/30/CE)

La Direttiva europea per la promozione dei biocarburanti e di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, come accennato in precedenza, si propone come obiettivo il raggiungimento, all’interno degli Stati membri, della sostituzione delle benzine e il gasolio del settore dei trasporti con biocombustibili con delle percentuali indicative pari al 2% entro il 2005 e al 5,75% entro il 2010.

Tale direttiva è stata accolta in Italia con il decreto legislativo n. 128 del 30 maggio 2005 dopo che il Governo italiano, aveva ricevuto una lettera di diffida dalla Commissione europea per i ritardi nella attuazione della direttiva che risale al 2003. Le decisioni prese nel decreto del 2005 sono state modificate con la legge finanziaria 2008 (Legge 244 del 24 dicembre 2007) la quale aumenta la quota obbligatoria di biocarburati , per l’anno 2009, al 3 %8.

Di fondamentale importanza sarebbe monitorare lo stato di attuazione concreta di quanto previsto nel decreto, in particolare le misure adottate per promuovere l’utilizzazione dei biocarburanti, le risorse nazionali assegnate alla produzione di biomassa per usi energetici diversi dai trasporti.

8

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Il Piano d’azione per le biomasse della Commissione europea( COM(2005) 628)

A fine 2005 la Commissione europea ha redatto un Piano d’azione per le biomasse, piano di azione volto a sviluppare l’utilizzazione delle energie rinnovabili agricole e forestali.

Il Piano sottolinea che l’unione utilizza le biomasse per coprire un fabbisogno pari al 4% del consumo di energia. Prevede che se si utilizzasse, invece, l’intero potenziale di tale risorsa, si potrebbe raddoppiare la percentuale di utilizzo entro il 2010, rispettando, inoltre, le buone pratiche agricole, mantenendo una produzione di biomassa sostenibile sotto il profilo ambientale e senza riflessi significativi sulla produzione interna di prodotti alimentari.

Quindi prevede che, potenziando l’utilizzo della biomassa a medio termine (entro il 2010) si otterrebbero molti benefici:

• diversificazione dell’offerta energetica in Europa e riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia, con un conseguente aumento della sicurezza all’approvvigionamento (tema caldo negli ultimi anni);

• forte riduzione di CO2 e quindi di emissioni di gas serra; • Protezione dell’occupazione nelle zone rurali;

• Eventuale calo del prezzo del petrolio, a causa di una flessione nella domanda.

Le principali biomasse da promuovere, individuate nel Piano sono:

• i biocarburanti per i trasporti (oleaginose, cereali, bietole, olii usati). Il settore dei biocarburanti è disciplinato dalla direttiva comunitaria sui biocarburanti (DIRETTIVA 2003/30/CE), la quale fissa al 2% il valore di riferimento per la quota di mercato dei biocarburanti nel 2005 e al 5,75% nel 2010. Per l’attuazione della direttiva, molti Stati membri ricorrono alle esenzioni dalla tassa sui combustibili (2003/96/CE). Alcuni Stati membri hanno recentemente introdotto degli obblighi in materia di biocarburanti, esigendo dalle imprese fornitrici di carburanti di integrare una quota prestabilita di biocarburanti nelle

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vendite. L’imposizione di volumi obbligatori di biocarburanti sembra un modo promettente per far sì che gli obiettivi siano conseguiti ad un costo competitivo. Inoltre tramite le varie direttive concernente i requisiti del sistema di controllo delle emissioni nei veicoli e le deroghe per i motori a gas (ultimo dei quali DIRETTIVA 2006/51/CE), in costante aggiornamento, la Comunità stimola la produzione di veicoli sempre meno inquinanti, compresi quelli che utilizzano miscele con elevato tenore di biocarburanti;

• il riscaldamento domestico alimentato dal legno. Basato su una tecnologia semplice e poco dispendiosa, tale settore vanta solide tradizioni nell’utilizzo della biomassa ed è anche quello in cui è maggiormente utilizzata;

• Il teleriscaldamento (riscaldamento collettivo) consente una più facile gestione dell’uso di combustibili rinnovabili e l’impiego di una più ampia gamma di combustibili che producono minori emissioni. E’ più facile espandere l'impiego di biomassa nel teleriscaldamento che nel riscaldamento individuale. Nell’UE più di 56 milioni cittadini fruiscono del teleriscaldamento anche se tale forma di riscaldamento fa fatica a competere con il riscaldamento individuale. Gli impianti esistenti potrebbero e dovrebbero essere convertiti per poter essere alimentati con biomassa e questa evoluzione dei sistemi di teleriscaldamento viene incoraggiata dalla Commissione, la quale propone di applicare un’aliquota IVA ridotta (COM(2003)397 ) e presenta una proposta legislativa concernente le questioni fiscali attinenti al teleriscaldamento;

• la combustione del legno e di residui della lavorazione nelle centrali che producono energia elettrica e termica. L’elettricità può essere prodotta con qualsiasi tipo di biomassa, con l’ausilio di diverse tecnologie. La Commissione incoraggia gli Stati membri a sfruttare il potenziale offerto da tutte le forme di produzione di elettricità mediante biomassa (Direttiva 2001/77/CE) purché si rivelino economicamente efficienti. La direttiva sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili fissa il quadro normativo per l’elettricità da biomassa. Gli Stati membri hanno sottoscritto degli obiettivi per l’elettricità generata con fonti rinnovabili ma, nella maggior parte dei casi, tali obiettivi appaiono irrealizzabili se non vi sarà

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un maggior ricorso alla biomassa. L’attuazione di questa direttiva è pertanto fondamentale per la diffusione dell'impiego di biomassa per la produzione di energia elettrica e per il raggiungimento degli obiettivi. Inoltre la Comunità esorta a tenere conto dei vantaggi dell’utilizzo della cogenerazione, che riesce a fornire calore ed elettricità tramite lo stesso processo.

Il Piano della Commissione prevede più di 20 azioni da attuare a partire dal 2006, volte a favorire l’impiego di biomasse per il trasporto, la produzione di energia, il riscaldamento. In particolare per i biocarburanti per il trasporto si prevede:

• L’introduzione di una percentuale minima di biocarburanti da incorporare nei carburanti convenzionali da immettere sul mercato;

• La presentazione di un rapporto sull’applicazione della Direttiva “Biocarburanti” (2003/30/CE) per una revisione della stessa con la fissazione (obbligatoria) di obiettivi nazionali relativamente al mercato. Attualmente il mercato europeo dei biocarburanti è pari allo 0,8%, molto lontano dalla percentuale del 5,75% al 2010.

Mentre per l’energia elettrica e termica si cerca di:

• Incoraggiare l’utilizzo di biomasse per l’elettricità ed il riscaldamento;

• Promuovere investimenti a favore della ricerca per favorire in particolare la produzione di combustibili liquidi a partire dal legno e dai residui;

• Promuovere una campagna d’informazione per gli imprenditori agricoli e forestali sull’interesse allo sviluppo delle colture energetiche;

• Per l’energia elettrica migliorare il sostegno all’energia verde attraverso l’introduzione da parte di ciascun Stato Membro di un regime nazionale che dia orientamenti chiari, servizi di autorizzazione unici, meccanismi di pianificazione preliminari per garantire un accesso ai certificati trasparente e non discriminatorio;

• Per l’energia termica adottare una strategia comunitaria volta a promuovere l’utilizzazione di energie rinnovabili per il riscaldamento. Infatti non vi è attualmente una Direttiva europea per l’energia termica.

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La Commissione stima che le misure previste nel Piano porteranno a utilizzare le biomasse fino a 150 milioni di teps (tonnellate equivalenti di petrolio) attualmente 69 milioni, senza aumentare l’agricoltura intensiva o ridurre eccessivamente la produzione agricola a destinazione alimentare; a ridurre le emissioni gas serra di 209 milioni di tonn di equivalente CO2 per anno; a creare occupazione per 250/300.000 unità; a ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia dal 48% al 42% .

Piano d’azione 2007-2009 “Politica energetica per l’Europa”

Durante il consiglio europeo tenutosi nei primi mesi del 2007, incontro nel quale puntualmente ogni anno la Commissione riferisce sui progressi ottenuti per il raggiungimento degli obiettivi di crescita, occupazione e sostenibilità definiti nei Consigli di Lisbona (2000) e Göteborg (2001), i Capi di Stato e di Governo sono giunti a conclusioni ambiziose per contrastare l’emergenza climatico-energetica, contenute nel Piano d’azione del consiglio europeo 2007-2009 “Politica energetica per l’Europa”. Tali misure sono finalizzate, secondo un approccio integrato tra politiche (mercato interno, ambiente, clima, trasporti, grandi reti, agricoltura, ricerca scientifica e tecnologica, relazioni esterne) e uno sforzo congiunto degli Stati membri, al completamento del mercato interno dell’energia e al passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio, rafforzandone allo stesso tempo la competitività a livello globale.

Tradotto in obiettivi vincolanti, questo vuol dire che l’UE si impegna a ridurre le proprie emissioni di gas serra del 20% e ad aumentare l’efficienza energetica del 20% entro il 2020; inoltre, in meno di 15 anni, deve contare su un mix energetico proveniente per il 20% da fonti rinnovabili, e tra queste l’8% dovrà essere generato proprio da biomasse e biocarburanti, arrivando a fissare per questi un minimo obbligatorio per l’utilizzo, pari al 10% del mercato dei carburanti e promuovendo biocarburanti di “seconda generazione” a minor impatto ambientale, provenienti da materiale forestale e graminacee, attualmente in fase di studio. Gli obiettivi comunitari che si ispirano a questo “principio del 20-20-20”, lasciano ai Paesi membri piena

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facoltà di scegliere il proprio mix energetico, a fronte della messa a punto di Piani di azione nazionali con obiettivi specifici per elettricità, biocarburanti e riscaldamento, e le quote di partecipazione vengono assegnate in maniera differenziata e ponderata sulla base del meccanismo burden - sharing (introdotto nell’ambito del protocollo di Kyoto) che tiene conto delle possibilità e delle posizioni di partenza dei singoli Paesi.

Normativa Nazionale

La valorizzazione energetica delle biomasse agro-forestali rappresenta uno dei punti cardine della strategia nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra, in particolare di anidride carbonica, in un contesto più ampio di diversificazione delle fonti di energia per ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, che rappresentano l’85% del fabbisogno energetico italiano. In Italia si inizia a regolamentare il tema delle biomasse nel 1998 con il Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse, assume consistenza l’approccio integrato alle questioni energetiche (preservare l’ambiente, migliorare il rendimento delle fonti energetiche, evitare gli sprechi, razionalizzare l’uso delle risorse) attraverso la concertazione tra Pubblica Amministrazione e stakeholders nel definire azioni settoriali e territoriali per ridurre l’uso di fonti fossili e arrivare a produrre 8-10 Mtep di energia da biomasse agroforestali e zootecniche entro il 2012.

Con il suo strumento di attuazione, il Programma Nazionale Valorizzazione Biomasse Agricole e Forestali (giugno 1999), le azioni si focalizzano sullo sviluppo sostenibile delle filiere agro-energetiche (biocombustibili solidi destinati ad usi elettrici e termici e biocarburanti liquidi per autotrazione e riscaldamento) e, successivamente, sul coinvolgimento di amministrazioni locali e imprenditori agricoli e industriali in progetti pilota regionali e interregionali a carattere dimostrativo (Programma Nazionale biocombustibili PROBIO del 2000, tuttora attivo).

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APPENDICE VI

Norme per l’agricoltura sociale

Le leggi in tema di impresa agricola sociale sono praticamente inesistenti a qualsiasi livello si faccia riferimento, quindi sia a livello comunitario, che nazionale che regionale. Quindi per ogni livello istituzionale ci dobbiamo rifare a normative più ampie, ad esempio riguardanti lo sviluppo rurale, il sistema e l’organizzazione dei servizi sociali, i fondi agricoli. Fanno eccezione la normativa per i giovani imprenditori agricoli e quella per le donne imprenditrici agricole. Infatti per questi due casi la normativa esistente è buona anche se talvolta non pienamente attuata. Tratteremo questi due casi al di fuori delle altre norme di agricoltura sociale, proprio per il fatto della loro più completa legislazione.

Cerchiamo comunque di fare una panoramica sulle leggi più importanti e a cui maggiormente si fa riferimento quando si parla di agricoltura sociale.

Normativa Nazionale e Comunitaria per l’agricoltura sociale (nel suo complesso)

Le normative comunitarie riguardo all’agricoltura biologica non toccano mai direttamente il tema, quindi le politiche che potremmo consultare sono esclusivamente quelle relative allo sviluppo rurale , ai fondi di finanziamento e alla riorganizzazione della politica agricola nel suo complesso.

Nel 2001, l’Unione Europea ha aggiunto tra i propri principi fondamentali riguardanti lo sviluppo quello della sostenibilità in ogni sua forma, ovvero economica, sociale ed ambientale. Allo stesso tempo ha valorizzato la responsabilità sociale di impresa come possibile modello di condotta aziendale da adottare, realizzando non più solamente obiettivi economici quanto anche all’ottenimento di risultati quali la salvaguardia e la rigenerazione dei beni comuni. Quindi con l’allargamento dei paesi appartenenti

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all’UE non è solamente lo scenario geografico ed economico ad ampliarsi, ma anche l’ambito relativo alla responsabilità e alla presa di coscienza delle proprie azioni e all’offerta di maggiori beni collettivi da parte delle imprese, in special modo in quelle agricole.

Inoltre l’apertura e l’ampiezza dei nuovi mercati fa sì che la competizione verta su nuove leve competitive, quale la capacità di operare a stretto contatto con i bisogni della società, in maniera chiara e trasparente, rispettando il sistema sociale nel quale l’impresa si trova. In aggiunta a quanto detto, dal lato della domanda, i consumatori prestano crescente attenzione al modo in cui i prodotti sono realizzati dal punto di vista ambientale e sociale. Prodotti, realizzati attraverso l’inclusione di soggetti svantaggiati, con un più intenso contenuto di beni di relazione, spesso associati ad un basso consumo di energia e di ambiente, assicurano una nuova presa in carico dei bisogni locali, a salvaguardia di beni comuni messi oggi in discussione dai soli valori della competizione e dalla crisi delle risorse pubbliche.

Da aggiungere, inoltre, che, per le imprese agricole, oltre al significato e al coinvolgimento emotivo del personale, si possono verificare notevoli e molteplici vantaggi, quali, la possibilità di accesso ad uno specifico segmento del mercato del lavoro, l’accesso a benefici di legge che ne riducano il costo, l’accesso in nuove reti informative e di scambio, la creazione di opportunità innovative di mercato (come ad esempio i gruppi di acquisto solidali), la creazione di una reputazione e di una evidenza che favorisce il dialogo sul territorio e la valorizzazione dei propri prodotti. Anche le norme nazionali relative al tema dell’agricoltura sociale, come precedentemente anticipato, non esistono. Ci possiamo quindi rifare solamente a norme le quali trattano le varie riforme dei sistemi sanitari locali, ai quali anche le imprese agri-sociali fanno riferimento, e alle norme che trattano l’inserimento

lavorativo di soggetti a bassa contrattualità.

Legge n. 381 del 1991 denominata “Disciplina delle cooperative sociali”: che distingue le diverse tipologie di cooperative sociali e che poi tornerà utile per la

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definizione della forma delle imprese agricole a carattere sociale (ne parleremo dettagliatamente più avanti).

Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502: relativo al riordino della disciplina in materia sanitaria.

Legge 30 novembre 1998, n. 419 e Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n. 229: riguardanti entrambe la razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale.

Legge 12 marzo 1999, n. 68: raccolta di norme che regolamentano il diritto al lavoro dei disabili.

Decreto Legislativo 17 maggio 1999, n. 144: incentivi all’auto imprenditorialità e all’auto impiego, in attuazione dell‘art.45, comma 1, della legge Misure in favore delle cooperative sociali.

Legge 22 giugno 2000 n. 193: norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti e la loro reintegrazione.

Legge 8 novembre 2000, n. 328: legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Introduce alcuni principi chiave (sussidiarietà, decentramento, integrazione), alcune coordinate di lavoro (approcci cooperativi multi-attoriali, la valorizzazione delle risorse locali, la programmazione degli interventi) ed alcuni obiettivi di lavoro tra cui l’appropriatezza, l’accento sulla prevenzione, la necessità di assicurare livelli essenziali di assistenza e la necessità di promuovere la partecipazione attiva degli abitanti e l’inclusione, di particolare importanza per l’agricoltura sociale.

DPCM 14 febbraio 2001: atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie.

Decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228: orientamento e modernizzazione del settore agricolo, la norma che permette alle imprese agricole di intraprendere attività “accessorie” connesse a quella agricola, purché questa rimanga la loro attività principale.

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DPCM 28 febbraio 2003: recepimento dell’accordo Stato Regioni sul benessere degli animali e pet therapy; assicurare il benessere degli animali e possibilità di utilizzare la pet-therapy per la cura di anziani e bambini.

Decreto legislativo n. 99 del 2004: relativo a disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura. La revisione delle forme societarie introdotte da questo decreto prevede poi per le società di persone, di capitali o cooperative, che abbiano al loro interno la presenza di almeno un imprenditore agricolo professionale,di potere godere di tutti i benefici previsti per questa figura. Questa possibilità consente di allargare le forme che possono risultare come attività agricole e mettere in circolazione nuove risorse. Ad esempio, nel nostro caso, le cooperative sociali che organizzano una società insieme ad un imprenditore agricolo possono acquisire lo status che consente loro di avere accesso a finanziamenti pubblici per l’agricoltura, oppure i comuni possono organizzare società nelle quali possono mettere a disposizione terre pubbliche per l’organizzazione di attività di agricoltura sociale.

Infine, leggendo tra i vari siti interessati all’argomento, pare che a dicembre si sia tenuto un primo incontro al Senato per l’avvio di un confronto finalizzato alla elaborazione di una proposta di legge a sostegno e promozione dell’agricoltura sociale. Promosso dalla senatrice Loredana De Petris, del gruppo Verdi-PdCI, e vari rappresentanti del Partito di Rifondazione Comunista, all’incontro hanno preso parte rappresentanti di Aiab, Alpa, Coldiretti, Cia, Rete delle Fattorie Sociali, CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Assistenza), Agricoltura Capodarco e Università della Tuscia. L’oggetto primario ha riguardato gli ambiti e i possibili interventi di una normativa nazionale, considerando la delicatezza e complessità della questione. Una eventuale e indispensabile legge nazionale dovrebbe infatti tenere conto di una serie di questioni delicate tra le quali: l’attuale quadro regolamentare (giuridico e normativo) del settore agricolo e degli altri settori coinvolti come assistenza sociale e sanità; le competenze “esclusive” delle Regioni in alcune materie; la molteplicità dei soggetti istituzionali coinvolti (Agricoltura, Lavoro, Salute, Solidarietà Sociale ecc.). I partecipanti hanno tutti sottolineato la necessità di una

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legge quadro di “indirizzo”, finalizzata a fornire un quadro d’insieme unitario alle varie iniziative in corso, a fornire uno strumento di monitoraggio sulle esperienze, i risultati, le procedure di accreditamento. Così si è da più parti sottolineato la necessità che una eventuale normativa nazionale supporti politiche reali d’intervento per il settore, ribadendo la richiesta di istituire un tavolo ad hoc, accolta dal titolare del ministero della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero9.

Normativa Nazionale e Comunitaria per le Donne imprenditrici agricole

In aggiunta ai regolamenti e alla normativa nazionale e UE sopra citate si hanno altre leggi nazionali dedicate direttamente al tema delle donne, delle pari opportunità e di azioni che favoriscano la nascita di imprese femminili.

Legge 125/91:Azioni Positive Per la Realizzazione della parità uomo – donna nel lavoro. Tale legge è diretta a promuovere l`uguaglianza sostanziale e le pari opportunità per uomini e donne nell`attività economica e imprenditoriale. Le disposizioni presenti nella legge sono in particolare dirette a: favorire la creazione e lo sviluppo dell`imprenditoria femminile in qualunque forma; promuovere la formazione imprenditoriale e qualificare la professionalità delle donne imprenditrici; agevolare l`accesso al credito per le imprese a conduzione o prevalente partecipazione femminile; favorire la qualificazione imprenditoriale e la gestione delle imprese familiari da parte delle donne; promuovere la presenza delle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile nei comparti innovativi dei diversi settori produttivi.Delegati alla progettazione e realizzazione di tali iniziative sono il Comitato nazionale per le pari opportunità e le consigliere di parità. Il decreto legislativo n. 196/2000 disciplina le attività delle consigliere e dei consiglieri di parità in materia di azioni positive in attuazione dell'art. 47 della legge n. 144 della delega conferita al Governo in materia di revisione della L. 125/91.

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Bibliografia e sitografia consultata: Di Iacovo su http://agriregionieuropa.univpm.it ; www.aiab.it ; www.ermesagricoltura.it ; www.parlamento.it ; www.camera.it ; www.ambientediritto.it .

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