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I display tattili

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

I display tattili

3.1 Tipologie di attuatori utilizzati

Sono diverse e differentemente utilizzate le tecniche di attuazione dei dispositivi tattili per non vedenti. Di seguito verranno analizzate quelle di uso corrente e verranno presentate tecniche, quali quelle che si servono di attuatori a fluidi reologici, che potrebbero rivelarsi una alternativa pratica ed efficiente, anche se non ancora conveniente, alle soluzioni oggi più comuni.

3.1.1 Attuatori piezoelettrici

La piezoelettricità è una proprietà riscontrabile in diversi materiali, i quali, sottoposti a forze meccaniche, sviluppano cariche elettriche sulla loro superficie (effetto piezoelettrico diretto) e, viceversa, sottoposti ad un campo elettrico, esibiscono una deformazione meccanica (effetto piezoelettrico inverso). Le figure seguenti (Fig.1) rappresentano i suddetti effetti:

Fig.1: Effetto piezoelettrico diretto

Fig.1: Effetto piezolettrico inverso

La capacità dei materiali piezoelettrici di trasformare energia elettrica in meccanica e viceversa dipende dalla loro struttura cristallina. La condizione necessaria affinchè abbia luogo l’effetto piezoelettrico è l’assenza di un centro di simmetria nel cristallo, che è

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responsabile della separazione di carica tra ioni positivi e ioni negativi e della formazione dei domini di Weiss, ovvero di gruppi di dipoli con orientazione parallela: applicando un campo elettrico ad un materiale piezoelettrico, i domini di Weiss si allineano in modo proporzionale al campo determinando, in base alla loro direzione rispetto al campo elettrico stesso, l’aumento o la diminuzione delle dimensioni del materiale [16].

La scoperta, durante la seconda guerra mondiale, della possibilità di indurre la piezoelettricità tramite l’applicazione di un forte campo elettrico ad ossidi metallici sinterizzati in modo da allineare i loro domini di dipolo, ha permesso nuove applicazioni piezoelettriche ed aperto la strada ad un’intensa ricerca nel campo dei piezoceramici, che rappresentano, oggi, la classe dei piezoelettrici maggiormente utilizzati per la realizzazione di display tattili.

Il primo piezoceramico di cui ci si è serviti è stato il titanato di bario (BaTiO3) che presenta costanti dielettriche fino a 100 volte superiori a quelle dei cristalli di taglio comuni; esso è stato in passato ampiamente utilizzato per la generazione di vibrazioni acustiche e ultrasonore, ma, allo stato attuale, è stato sostituito, in special modo per la realizzazione di attuatori tattili, dal titanato zirconato di piombo (PbZrO3*PbTiO3), commercialmente denominato PZT, per le sue superiori attività piezoelettriche e più alte temperature di funzionamento [17].

Un piezoceramico policristallino non polarizzato consiste di un numero molto alto di dipoli orientati casualmente senza proprietà piezoelettriche; in questi materiali isotropi la piezoelettricità è indotta tramite un processo di polarizzazione, consistente nell’applicazione di un forte campo elettrico ad alte temperature, che allinea i dipoli molecolari nella stessa direzione del campo applicato.

Durante il processo di polarizzazione, l’elemento ceramico subisce un’espansione nella direzione del campo elettrico ed una contemporanea compressione nelle due direzioni ortogonali.

Al termine di tale processo, il momento di dipolo permane anche in assenza di campo elettrico e, quindi, il materiale ceramico segue il comportamento di un normale piezoelettrico.

In ogni piezoceramico una variazione controllata della composizione consente di ottenere una vasta gamma di proprietà: la possibilità di adattare la composizione e la forma dei piezoceramici per un’applicazione specifica è stato il motivo del loro grande successo.

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Confrontati con i monocristalli, i ceramici offrono il vantaggio di un’elevata resistenza, un’alta efficienza di trasformazione elettromeccanica, un facile processamento, ed una fabbricazione in serie che li ha portati a diventare leader sul mercato [18].

I piezoceramici, così come tutti i piezoelettrici, possono essere utilizzati come sensori, convertendo l’energia meccanica in elettrica (in un range di frequenza da 1 Hz alle centinaia di MHz), o, nel caso specifico, come attuatori, convertendo l’energia elettrica in meccanica (in un range di forza da mN a KN) oppure possono funzionare sia da sensori che da attuatori.

Per la realizzazione di display tattili, gli attuatori piezoelettrici vengono utilizzati, in base al tipo di sollecitazione imposta, in due modalità, di seguito riportate [19]:

- Modalità pressoria: i contattori, coi quali andranno ad interfacciarsi i polpastrelli delle dita, rivelano i punti costituenti i caratteri Braille per consentire la lettura di un testo, oppure realizzano la forma, generalmente attraverso i contorni, di un eventuale oggetto da replicare all’interno di un’immagine (Fig.2):

Fig.2: Attuatori in modalità pressoria.

Il pattern tattile prevede, quindi, che ogni singolo contattore, attivato dal corrispondente attuatore, possa trovarsi esclusivamente in due posizioni: quella di riposo, in cui non provoca alcuna sollecitazione alla superficie cutanea (attuatore non polarizzato) e quella attiva in cui la variazione delle dimensioni dell’attuatore polarizzato permette il contatto diretto dello “spillo” con la superficie cutanea.

- Modalità vibrotattile: i contattori della matrice tattile vibrano intorno a specifiche frequenze per stimolare specifici recettori tattili, quali i corpuscoli di Pacini, poco sensibili a stimoli pressori; il pattern tattile, pensato per sfruttare la persistenza della sensazione, prevede, dunque, vibrazioni distribuite che danno principalmente informazioni circa la rugosità della superficie di un oggetto virtuale. I dispositivi

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vibrotattili organizzati a matrice hanno una risoluzione, in linea con la soglia di discriminazione spaziale dell’area cutanea stimolata, dell’ordine del millimetro, ovvero tale è la distanza tra un contattore e quelli adiacenti.

I display tattili di ultima generazione prevedono la combinazione di entrambe le modalità descritte in modo da fornire all’utente, in special modo in fase di esplorazione di un’immagine, un maggior numero di informazioni riguardanti lo stato degli oggetti che compongono l’immagine in esame, ovvero collocazione spaziale, dimensioni, caratteristiche della superficie e condizioni di moto.

3.1.2 Attuatori a fluido elettroreologico

I fluidi elettroreologici sono particolari fluidi in cui si riscontrano forti variazioni delle proprietà reologiche, quali la viscosità, in presenza di un campo elettrico applicato.

Tali fluidi sono formati da sospensioni di particelle polimeriche sferiche ed idrofile in una matrice liquida idrofoba ed isolante che, in assenza di campo elettrico, si comportano come fluidi newtoniani: la frazione di volume delle particelle è dell’ordine del 20%-60%.

La caratteristica fondamentale di questo tipo di fluidi è l’effetto elettroreologico, talvolta detto effetto Winslow (dal nome del ricercatore che per primo lo individuò negli anni 40), che consiste in una forte variazione della viscosità del fluido stesso in condizioni di campo elettrico applicato; l’effetto si deve alla differenza tra le costanti dielettriche del fluido idrofobo e delle particelle sospese in esso.

In presenza di campo elettrico (intensità di circa 4KV/mm), le particelle, a causa del momento di dipolo indotto, si aggregano in catene ordinate lungo le linee di campo (Fig.3), limitando la mobilità del fluido.

Fig.3: Fluido elettroreologico in condizioni di riposo e di polarizzazione.

La nuova struttura provoca radicali mutamenti alla viscosità del fluido elettroreologico ed alla intensità e direzione delle forze interne, permettendo al fluido di assumere proprietà

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cui viscosità varia proporzionalmente all’intensità del campo stesso, altera il suo iniziale stato liquido newtoniano per trasformarsi in un gel viscoelastico, di natura plastica, con tempi di risposta alle variazioni del campo elettrico dell’ordine dei ms [20].

Un parametro rilevante per la costruzione di dispositivi basati su attuatori elettroreologici è la densità di corrente, definita come la corrente per unità di area dell’elettrodo, che permette di stimare il consumo di potenza del dispositivo stesso. La corrente elettrica rilevabile nei materiali elettroreologici si deve alla perdita di cariche delle particelle sospese all’interno della soluzione idrofoba [21].

Inoltre, le proprietà del fluido elettroreologico variano con la temperatura ripercuotendosi in modo netto sulle prestazioni del dispositivo: un fluido “ottimo” dovrebbe mantenere costanti i suoi parametri caratteristici su un largo range di temperature.

Accade, invece, che un aumento della temperatura provoca un grosso incremento della densità di corrente con conseguente aumento del consumo di potenza.

Quindi il calcolo della conducibilità equivalente al variare del campo, ovvero della posizione delle particelle sferiche, diviene importante per la valutazione della potenza dissipata nel fluido stesso e del conseguente aumento di temperatura.

In aggiunta, la dipendenza dalla temperatura varia da fluido a fluido: le versioni più antiche dei fluidi reologici avevano una temperatura massima di funzionamento abbastanza limitata (circa 80°C); nelle versioni più recenti, le particelle polimeriche, minerali o ceramiche possono, invece, raggiungere temperature massime di funzionamento più elevate (dell’ordine dei 200°C).

Una lista accurata dei fluidi reologici disponibili sul mercato, comprensiva di tabelle di confronto tra le proprietà dei vari materiali utilizzati, può essere trovata in Lampe [22].

Un attuatore a fluido elettroreologico è composto da un elemento base formato da un pistone che può muoversi all’interno di un cilindro chiuso e sigillato, riempito col fluido stesso (Fig.4):

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Fig.4: Attuatore e fluido elettroreologico.

Per controllare la “rigidità” dell’elemento viene applicata una tensione tra gli elettrodi che si interfacciano con le scanalature (canali) del cilindro, in modo da influenzare la velocità di scorrimento del fluido: i canali si comportano, quindi, come una valvola liquida in quanto, aumentando la viscosità, permettono la diminuzione della velocità del flusso del fluido con conseguente variazione dello stimolo pressorio percepito dall’utente.

Aumentando il numero di scanalature lungo la superficie laterale del pistone è possibile aumentare la banda di velocità del flusso.

Gli elettrodi montati in corrispondenza delle scanalature permettono, inoltre, il collegamento elettrico del pistone e della sua asta rigida, la quale viene ricoperta da un manicotto di protezione dalla polvere o da eventuali ostruzioni.

Quando viene applicata una tensione, il potenziale si sviluppa attraverso il fluido elettroreologico lungo i canali del pistone, alterando la sua viscosità: il risultato di un aumento della viscosità del fluido è un rallentamento significativo del flusso e un conseguente aumento della resistenza meccanica a forze assiali esterne.

Si comprende, dunque, come un adeguato pilotaggio della tensione imposta permetta, attraverso le variazioni di mobilità del fluido, di creare pattern tattili di stimolazione.

Altri tipi di attuatori a fluidi elettroreologici, utilizzati per la realizzazione di display tattili, consistono della combinazione di elementi attivi e passivi.

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Fig.5: Attuatori elettroreologici con elementi attivi e passivi.

L’attuatore è composto da due pistoni che fungono da elementi frenanti e due cilindri elettromagnetici che funzionano da elementi pressori. In modo simile a quanto visto per l’attuatore precedentemente descritto, ogni pistone presenta una adeguata quantità di piccoli canali ai quali viene fissato l’elettrodo.

Quando viene indotto un campo elettrico tra il pistone (anodo) e il cilindro esterno (catodo), la viscosità del fluido elettroreologico aumenta e, conseguentemente, la velocità del flusso del fluido attraverso i canali del pistone diminuisce, assicurando il pistone stesso alla parete del cilindro.

Ognuno dei cilindri elettromagnetici consiste di una serie di avvolgimenti e un corpo ferromagnetico integrato all’interno del pistone: quando viene trasmesso un impulso di corrente attraverso l’avvolgimento, si induce un campo elettromagnetico e, in dipendenza della direzione della corrente, il cilindro corrispondente viene spostato in avanti o indietro, come mostrato in sequenza in Fig.6.

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Una prima configurazione (rappresentazione 1 in Fig.6) prevede che il pistone P1 sia fissato al cilindro esterno, come effetto della presenza di un campo elettrico tra il pistone stesso ed il cilindro esterno; con l’invio di un impulso di corrente al nucleo elettromagnetico, il cilindro elettromagnetico muove il pistone P2 in avanti, ovvero in direzione del pistone P1 fisso. Il fluido elettroreologico localizzato tra i due pistoni è, di conseguenza, forzato a fluire in direzione opposta a quella di moto di P2 attraverso i canali di P2 stesso; un canale orizzontale viene aggiunto alla superficie del cilindro ferromagnetico per incrementare la velocità del flusso del fluido.

La seconda configurazione (rappresentazione 2 in Fig.6) prevede, invece, che il pistone P2 sia fissato al cilindro esterno, tramite attivazione del campo elettrico tra P2 stesso ed il cilindro esterno, mentre il pistone P1 sia svincolato da esso. La corrente nel primo avvolgimento viene allora invertita, variando la polarizzazione del cilindro magnetico e spingendo, quindi, P1 in avanti rispetto a P2.

Per ogni ciclo, i pistoni si muovono in avanti o indietro con uno spostamento molto piccolo (minore di 1,5 mm); la durata di ogni ciclo è dell’ordine del millisecondo, corrispondente al tempo di risposta dei fluidi elettroreologici.

3.1.3 Attuatori a fluido magnetoreologico

I fluidi magnetoreologici appartengono, come d’altra parte quelli elettroreologici, all’ insieme dei cosiddetti materiali “intelligenti”, ovvero di quella classe di materiali le cui caratteristiche chimico-fisiche possono essere controllate e variate elettricamente: i fluidi magnetoreologici, in particolare, possono mutare le loro caratterestiche reologiche in risposta ad un campo magnetico applicato in modo piuttosto semplice, rapido e reversibile. Tali fludi sono formati da particelle ferromagnetiche polarizzabili in sospensione in un liquido di base, generalmente un olio, oppure una semplice soluzione acquosa (Fig.7).

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In assenza di campo magnetico applicato, il fluido magnetoreologico presenta un comportamento tipico dei fluidi newtoniani: in queste condizioni le particelle sono sospese in modo casuale all’interno della matrice di base.

Quando, invece, viene applicato un campo magnetico esterno, sulle particelle ferromagnetiche del fluido viene indotto un momento magnetico. Le varie interazioni tra i dipoli delle particelle sospese spingono il sistema verso uno stato energetico di non equilibrio e, di conseguenza, le particelle tenderanno a muoversi per riordinarsi affinchè il sistema si riporti in uno stato di minima energia: la configurazione energeticamente favorevole prevede la sistemazione delle particelle sospese unite tra di loro in catene parallele alle linee di flusso magnetico (Fig.8).

Fig.8: Disposizione delle particelle di un fluido magnetoreologico in condizioni di riposo e di polarizzazione.

La disposizione delle particelle in lunghe catene parallele, riducendo la mobilità del fluido, è causa del macroscopico aumento delle caratteristiche viscose del fluido e del suo apparente stato solido.

I fluidi magnetoreologici, sotto l’azione di un campo magnetico, mutano il loro comportamento reologico in un intervallo di tempo dell’ordine di alcuni millisecondi e altrettanto rapidamente il fluido è in grado di riassumere la sua configurazione originaria quando il campo magnetico viene a mancare (reversibilità).

Le proprietà reologiche del fluido dipendono in maniera rilevante dalla concentrazione, dalla densità e dalle dimensioni delle particelle, dalle proprietà della soluzione in cui le particelle sono sospese, dal campo magnetico applicato e dalla temperatura: in particolare, tali fluidi sono in grado di operare in un range di temperatura compreso tra i -40°C ed i 150°C.

La conoscenza delle caratteristiche magnetiche del fluido magnetoreologico, ovvero della permeabilità, è fondamentale per realizzare attuatori ed ottimizzarne le prestazioni.

La frazione in volume di particelle ferromagnetiche nel fluido modificano le proprietà magnetiche: un aumento della percentuale di tali particelle sospese provoca un aumento della permeabilità del fluido stesso [24].

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In base alle diverse modalità di scorrimento del fluido all’interno delle superfici che lo contengono, i dispositivi che utilizzano fluidi magnetoreologici possono essere suddivisi in tre differenti classi [23].

La prima tipologia di scorrimento, denominata Shear Mode, individua un categoria di sistemi in cui le superfici che contengono il fluido sono libere di muoversi in direzione parallela a quella del fluido ed il campo magnetico applicato al fluido è perpendicolare allo scorrimento (Fig.9).

Fig.9: Tipologia Shear Mode.

Nella tipologia di scorrimento Flow Mode, invece, le superfici sono ferme ed il fluido scorre all’interno di esse con un campo magnetico applicato ortogonale al moto relativo del fluido stesso (Fig.10).

Fig.10: Tipologia Flow Mode.

La terza tipologia di scorrimento, detta Squeeze Mode, prevede che le superfici si muovano in direzione normale rispetto alla direzione di scorrimento del fluido; le linee del campo magnetico applicato sono parallele allo spostamento relativo delle superfici (Fig.11).

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Di queste modalità di scorrimento presentate, quelle che interessano maggiormente nella costruzione di display tattili sono le ultime due, in accordo alle quali possono essere realizzati attuatori tattili attivi, impiegati negli smorzatori dinamici di vibrazione o negli assorbitori d’urto (Fig.12).

Fig.12: Esempio di attuatore a fluido magnetoreologico.

Nell’attuatore rappresentato, grazie al magnete permanente ed alle ridotte dimensioni, l’induzione nel fluido può essere aumentata o diminuita variando la corrente nell’avvolgimento e l’assorbitore d’urto risultante può dunque essere totalmente controllato attraverso l’alimentazione [24].

3.2 Implementazioni hardware

Nell’approccio alla realizzazione di display tattili per non vedenti ed alla conseguente scelta della tecnologia da utilizzare si devono innanzitutto tener presente i parametri legati alla sensibilità, alla risoluzione spaziale ed alle caratteristiche di processamento spazio-temporale (adattamento, sommabilità, ritardi di risposta) di ciascun tipo di recettore tattile. Esplorando le modalità di percezione dei recettori cutanei (Tab.1) ed individuando per essi un tipo di sollecitazione meccanica o elettrica, i dispositivi di stimolazione tattile possono essere suddivisi in due grandi classi: i display vibrotattili che stimolano i meccanorecettori utilizzando energia meccanica (pressione, vibrazione), ed i dispositivi elettro-tattili che, invece, attivano direttamente e selettivamente le terminazioni nervose tramite stimolazione elettrica.

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Tipo di recettore Modalità di stimolazione percepita

Corpuscoli di Meissner Movimento, tremolìo

Recettori di Merkel Pressione, configurazione spaziale

Corpuscoli di Pacini Vibrazione

Terminazioni di Ruffini Deformazione della pelle

Follicolo del pelo Movimento, tremolìo

Tab.1: Tipologia di stimolazione percepita dalle varie classi di recettori cutanei.

La categoria dei display tattili, di cui si occupa il presente lavoro, rappresenta principalmente informazioni spaziali e, come accade per i display di ultima generazione, fornisce informazioni sul moto degli oggetti virtuali.

Va evidenziato che a tali informazioni spaziotemporali si possono aggiungere caratteristiche qualitative, quali il colore: sollecitando, infatti, i termocettori a diverse temperature si può pensare di simulare una scala di colori corrispondenti a differenti gradazioni di temperatura.

Alcune applicazioni combinano le diverse modalità per attivare selettivamente diversi tipi di recettori e per creare una comunicazione più ricca di contenuti per l’utente.

3.2.1 L’evoluzione dei display tattili

I primi tentativi di implementazione di interfacce tattili per non vedenti sono datati intorno alla fine del 1800 con la formulazione della teoria della sostituzione sensoriale, secondo la quale un particolare canale sensoriale può essere utilizzato per acquisire informazioni di norma ricevute da un altro.

Nel 1897, Noiszewski costruì un primo dispositivo di ausilio per non vedenti, ovvero l’ Elektroftalm: utilizzando una singola cella di selenio sistemata sulla fronte dell’utente e sfruttandone la fotosensibilità, creò una sorta di rilevatore sonoro dell’intensità della luce, permettendo quindi al non vedente di distinguere tra la luce ed il buio.

Circa 30 anni dopo, nel 1928, Naumberg realizzò il Visagraph, forse il primo vero esempio di interfaccia tattile, ovvero un primo dispositivo di ausilio alla lettura che produceva una replica in rilievo del materiale cartaceo servendosi di un foglio di alluminio: l’informazione visiva veniva così, per la prima volta, consegnata al tatto.

Negli anni 60 l’elettronica maturò sufficientemente da poter supportare lo sviluppo di sistemi di sostituzione dell’informazione visiva in tattile:

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• l’Elektroftalm venne modificato per convertire l’energia solare in uno stimolo tattile con intensità della stimolazione univocamente legata all’intensità della luce incidente.

• White [25] creò un sistema (Tactile Vision Substitution System) formato da una telecamera che fungeva da rilevatore di immagini e da un commutatore che convertiva dapprima l’informazione visiva in una serie di impulsi elettrici e poi li inviava ad un array di 20*20 attuatori tattili sistemati sulla schiena dell’utente. • Collins [26] progettò un sistema (Tactile Television System) che, diversamente dai

precedenti, impiegava nuovi metodi multicanale di scanning sequenziale per trasmettere l’informazione visiva da una matrice di fotorecettori alla corrispondente matrice di 20*20 stimolatori tattili. I non vedenti potevano, grazie a questo dispositivo, individuare forma, posizione, dimensioni ed orientazione dell’oggetto presente nell’immagine e provare a tracciarne i pattern di moto.

• Bliss [27] realizzò un’unità di conversione dell’immagine visiva in stimolazione tattile che permetteva al non vedente di acquisire informazioni, piuttosto sommarie, sull’ambiente che lo circondava in modo da facilitarne la spostamento all’interno di esso. L’immagine, ricavata da una lente, ricadeva su una matrice di 12*12 fototransistori funzionalmente connessi, uno ad uno, con una matrice di stimolatori tattili delle stesse dimensioni: l’illuminazione di un transistore, sopra un livello di soglia, causava la vibrazione del corrispondente stimolatore tattile.

Gli anni 60-70 furono anche il periodo durante il quale la ricerca riuscì a descrivere e definire, in modo sufficientemente accurato, le modalità di risposta dei recettori della pelle a stimoli tattili. Questi studi portarono alla realizzazione di dispositivi, quali l’Optacon, tanto adeguati e ben riusciti da essere utilizzati, in versione “moderna”, ancora oggi.

3.2.2 L’Optacon

L'Optacon è uno strumento ideato per consentire ai ciechi l'interpretazione dei caratteri stampati o in nero. Progettato intorno al 1963 presso l'Università di Standard dal Prof. Linvill e succesivamente rivisto e migliorato da Bliss [27], esso deriva il suo nome da OPtical to TActile CONverter.

Il principio di funzionamento dell'apparecchio consiste nel mettere a fuoco un piccolo sensore ottico sul simbolo grafico da leggere e nel produrre una replica amplificata di tale simbolo mediante una matrice bidimensionale di stimolatori tattili.

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L'Optacon è composto essenzialmente da due parti: il sensore ottico, contenente una lente ed una matrice rettangolare di 6 per 24 fotocellule delle dimensioni di una lettera stampata, ed il convertitore, delle dimensioni di un registratore portatile, che contiene la matrice di stimolazione tattile i cui elementi si trovano in corrispondenza univoca con i rispettivi fototransistori.

La matrice tattile rettangolare, le cui dimensioni sono circa 1,5*3 cm, è costituita da 144 puntine (ovvero tante quante sono le fotocellule della matrice ottica) ciascuna delle quali può o meno essere attivata a seconda che la corrispondente fotocellula acquisisca il nero oppure il bianco.

L’immagine tattile può essere pertanto percepita dal lettore per mezzo della stimolazione cutanea di un dito: mentre una mano del non vedente muove il sensore ottico lungo una riga di una pagina stampata, i diversi caratteri in sequenza intercettati ed acquisiti dal sensore ottico possono essere percepiti attraverso il polpastrello del dito dell’altra mano, posto sulla matrice di puntine vibranti (Fig.13).

Fig.13: Optacon.

Di norma il sensore ottico non inquadra più di un carattere per volta; esso può comunque adattarsi alla diversa grandezza dei caratteri a stampa grazie al sistema ottico che consente di variare l'amplificazione, in scala lineare, tra 1 e 2,5 (Fig.14).

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Fig.14: Particolare dell’Optacon.

L’Optacon consente anche di regolare l’intensità di vibrazione degli attuatori ed il livello di grigio al di sopra del quale le puntine entrano in vibrazione. In questo modo è possibile adattare lo strumento a qualunque grado di contrasto fra i caratteri a stampa e lo sfondo del foglio su cui sono stampati [28].

La tecnologia scelta per la costruzione della matrice tattile è quella piezoelettrica, in quanto gli attuatori piezoelettrici consentono un impaccamento relativamente semplice ed economico e permettono una discriminazione spaziale tra due punti piuttosto accurata. Esistono inoltre dei circuiti elettronici che consentono, in alcuni millesimi di secondo, l’esplorazione dello stato delle fotocellule e di conseguenza l’eventuale eccitazione con impulso elettrico delle corrispondenti barrette piezoelettriche. Tale impulso di comando, tramite alternanza di polarità, fa vibrare la puntina eccitata ad una frequenza di circa 200-250 Hz che si è dimostrata la più adatta al livello di percezione tattile.

L’Optacon, realizzato in principio per permettere la lettura dei caratteri stampati, consente una velocità di lettura tattile minore di quella permessa dai dispositivi Braille: questa rilevante diminuzione della velocità rispetto a quella consentita dalle comuni barre Braille fanno naturalmente preferire queste ultime per la lettura dei testi. Però, il grande vantaggio offerto dall’Optacon, che è anche il motivo per il quale viene tuttora utilizzato, è quello di consentire la selezione di una particolare area di un’intera pagina: se si pensa, infatti, ad un utente che vuole, ad esempio, esplorare una pagina web sul monitor del proprio PC, il sensore ottico permette di acquisire la configurazione morfologica della pagina stessa ed eventualmente di rappresentare sulla matrice tattile, specificamente adattata nelle dimensioni, gli oggetti virtuali di adeguato contrasto presenti in un’immagine.

L’Optacon è dunque uno strumento che, in modo inconsapevole al tempo della sua prima realizzazione, rappresenta una soluzione abbastanza soddisfacente rispetto a quelle che

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sono oggi le esigenze di un non vedente. Abbinato, infatti, a sistemi di sintetizzazione vocale ed a righe Braille [29] e modificato in modo da associare diverse frequenze di vibrazione degli attuatori ai differenti livelli di grigio, esso consente di accedere con relativa precisione a pagine elettroniche spesso ricche di contenuti figurativi, di animazioni e di icone cliccabili, di norma difficilmente accessibili con la sola comprensione del testo scritto.

3.2.3 Display tattili a tecnologia piezoelettrica

Durante l’ultimo decennio si è avuto un forte incremento dell’interesse e della ricerca nell’ambito dello studio e della costruzione di interfacce tattili a stimolazione meccanica (pressione, vibrazione), utilizzando tecniche innovative e disparate.

Nel presente lavoro si vuole tentare di fornire un quadro dei diversi approcci scelti, dei differenti dispositivi utilizzati e delle rispettive soluzioni proposte.

Una larga parte della gamma di display tattili proposti si basano sull’utilizzo di attuatori piezoelettrici (piezoceramici) in quanto essi sono disponibili in diverse varietà sul mercato ad un prezzo ragionevole, possono operare su larga banda e permettono un impacchettamento relativamente agevole all’interno delle ridotte dimensioni richieste alla struttura. L’unico svantaggio che si incontra utilizzando attuatori piezoceramici è l’alta tensione necessaria ad un corretto funzionamento.

L’obiettivo è creare una struttura deformabile capace di indurre campi programmabili di sforzo meccanico su un’area della pelle in contatto con essa sfruttando le deformazioni degli attuatori polarizzati e costituenti la struttura stessa.

Quale esempio di display tattile che utilizza attuatori piezoceramici (PZT) viene analizzato il display tattile di Hayward [30]: esso è costituito da una corona di spillini rigidi direttamente collegati, tramite un meccanismo flessionale di connessione, ad una membrana attiva di attuatori piezoelettrici sistemati sulla tastiera del PC (Fig.15).

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Fig.15: Display tattile di Hayward.

L’azione di una tensione (dell’ordine dei 200 V in modulo) applicata agli elettrodi posti alla base degli elementi caramici, produce la deformazione degli attuatori stessi: essi si estendono o si contraggono provocando la rotazione dell’elemento di connessione e causando, quindi, lo spostamento della puntina in contatto con la pelle, ovvero una sollecitazione tattile riscontrabile dall’utente.

Gli elementi di PZT effettuano spostamenti esigui per cui la geometria dell’array è pensata in modo da amplificare opportunamente tali deformazioni per renderli al meglio rilevabili dall’utente: con gli elementi piezoceramici tagliati in strisce di 0.25 mm si ottiene una deformazione lineare di circa 5 µm.

Il materiale metallico di cui sono formati i contatti viene connesso ad un circuito elettrico che si occupa di collegare a massa gli attuatori, assicurando la protezione elettrica dell’utente.

Organizzando gli array di elementi di stimolazione tattile in una matrice bidimensionale si può pensare di creare campi di forza laterali su un’area cutanea più estesa. L’operazione di stimolazione di una superficie della pelle dipende dalla lunghezza del singolo attuatore e richiede almeno 4 attuatori lineari che siano in grado di deformare una sezione quadrangolare (Fig.16), in modo da ottenere una deformazione areolare per ogni deformazione lineare.

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Fig.16: Modalità di sollecitazione cutanea.

La pelle del polpastrello del dito viene, dunque, localmente deformata alla maniera di una onda progressiva e ciò permette tipicamente di sperimentare l’illusione di un oggetto che scivola sulla pelle stessa anche se la deformazione cutanea non contiene sollecitazioni normali.

Di seguito (Fig.17) vengono mostrati i prototipi del dispaly a 64 attuatori, 112 contattori e 36 gap che rappresentano le aree cutanee sollecitate:

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La novità di questo approccio sta, quindi, nel creare un’onda di deformazione laterale della pelle piuttosto che un’onda di stimolazione di direzione normale o un meccanismo di vibrazione locale, come accadeva per i display di vecchia generazione.

Sulla scia di tale approccio, che permette l’esplorazione e l’analisi di oggetti virtuali sia statici che dinamici, si collocano altre soluzioni sperimentate; in Fig.18 viene mostrata la disposizione a matrice degli attuatori deformabili del display tattile STRESS [31].

Fig.18: Struttura della matrice tattile del display STRESS.

La struttura a pettine dell’array di attuatori piezoelettrici permette un facile assemblamento della matrice: una volta costruiti i singoli array è possibile assemblarli sulla tastiera del PC per creare la matrice di 10*10 attuatori, utilizzando un sistema di guide ad incastro.

Per provvedere alla modulazione della tensione di pilotaggio del singolo attuatore all’interno della matrice ed adempiere ad un preciso rinfresco sincrono di tutti gli attuatori, il sistema prevede un dispositivo a logica programmabile (PLD) oppure, in sostituzione, un circuito integrato per la specifica applicazione (ASIC), come mostrato in Fig.19.

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Fig.19: Schema a blocchi del sistema.

I componenti software del sistema includono un’applicazione di esecuzione tattile che dapprima raccoglie le sequenze di immagini tattili e poi le restituisce, in modo seriale, alla PLD tramite comunicazione USB.

Le immagini tattili acquisite in sequenza dalla PLD vengono successivamente rappresentate utilizzando un rinfresco parallelo di tutti i 100 attuatori ad una frequenza massima controllabile di 700 Hz. La PLD fornisce in uscita 100 segnali di commutazione cadenzati a 156 KHz che vengono utilizzati per guidare una rete elettrica di amplificazione, composta da 100 switch (Fig.20).

Fig.20: Sequenza di operazioni svolte dalla PLD.

Ogni singolo amplificatore viene guidato da impulsi digitali (0 - 3.3 V) generati dalla PLD e deve produrre una tensione di pilotaggio di +40 V o -40 V per comandare adeguatamente gli attuatori piezoelettrici in modalità bipolare.

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Dato che il numero di amplificatori è elevato, diviene cruciale minimizzare la loro complessità, scegliendo, ad esempio, amplificatori standard bipolari in Classe D oppure amplificatori con un solo transistore del tipo mostrato in Fig.21.

Fig.21: Circuito per il pilotaggio e l’amplificazione del singolo attuatore.

Quando il transistore si comporta come un interrutore aperto, il condensatore si carica con costante di tempo (Ra+Rb)Cpiezo.

Quando il transistore viene attivato per invertire la polarizzazione sulle armature dell’attuatore, la costante di tempo RbCpiezo viene istantaneamente incrementata dallo slew

rate del transistore, permettendo il bilanciamento delle due fasi di un ciclo di apertura/chiusura.

La dinamica del circuito RC del primo ordine, abbinato alla natura di filtro passabasso degli attuatori, risulta sufficiente a garantire l’uscita del segnale a 156 KHz. Il prezzo da pagare per la semplicità di questo circuito è la doppia alimentazione di tensione, con conseguenze in termini di potenza richiesta.

Gli attuatori piezoceramici vengono fissati ad un’estremità e sono liberi di deformarsi all’estremità non vincolata (Fig.21).

(22)

Il risultato del sistema descritto è la formazione di veri e propri “film tattili”, ovvero sequenze di immagini tattili rinfrescate a una frequenza di 700 Hz che, grazie ad una soddisfacente risoluzione temporale e ad un’adeguata risoluzione spaziale (un contatto per mm quadro), permette di creare sull’area cutanea interessata un campo di forza variabile nel tempo, la cui programmabilità consente all’utente di percepire oggetti virtuali in movimento.

Una variante al display STRESS è il Virtual Braille Display (VBD) [32]: questa soluzione,

particolarmente indicata per una scorrevole lettura virtuale in Braille, prevede un unico array di attuatori tattili piezoceramici e permette di aumentare in modo significativo le forze applicate e lo spostamento prodotto dai contattori.

Il dispositivo VBD consiste di un display tattile montato su uno scivolatore privo di attrito (Fig.22) e direttamente collegato all’elettronica di controllo.

Fig.22: Dispositivo VBD.

La lettura virtuale può essere effettuata ponendo il polpastrello del dito indice sull’array di attuatori tattili e facendolo scorrere lateralmente sullo scivolatore (Fig.23).

Fig.23: Modalità di lettura tattile attraverso il dispositivo VBD.

Il display tattile provoca una deformazione laterale all’area cutanea del polpastrello che può essere variata in risposta ad un movimento di scivolamento: il dito indice rimane in contatto col display e lo trascina lungo l’intera riga da leggere.

(23)

3.2.4 Display tattili a tecnologia elettromagnetica

Le interfacce tattili che utilizzano attuatori elettromagnetici permettono lo sviluppo di una nuova generazione di matrici tattili con un’alta densità di microattuatori che si deve ad un processo di assemblamento meno complesso rispetto a quello richiesto per altre tipologie di attuatori.

La realizzazione segue, in genere, un approccio multistrato (Fig.24) e si basa su microattuatori elettromagnetici i cui avvolgimenti eccitano una membrana magnetica flessibile [33].

Fig.24: Approccio multistrato.

La complessità del processo di assemblamento è indipendente dal numero di microattuatori utilizzati.

I collegamenti elettrici permettono l’accesso al singolo avvolgimento; uno strato di separazione, che crea lo spazio necessario all’azione dell’attuatore, divide gli avvolgimenti piani dalle strutture magnetiche flessibili, il cui insieme costituisce la membrana magnetica. Lo strato esterno, infine, copre la parte magnetica per proteggerla.

Il display è costituito da una matrice di avvolgimenti piani, accessibili elettricamente in modo indipendente dagli altri, che attivano i rispettivi taxel (termine introdotto in analogia al termine pixel) ad una specifica frequenza (Fig.25).

(24)

Fig.25: Sezione multistrato dell’interfaccia tattile.

Le specifiche meccaniche permettono di assemblare un alto numero di microattuatori, separati da una distanza di 1 mm uno dall’altro, che possono distribuire campi di forza dell’ordine delle decine di mN sulla stessa superficie cutanea. Tali attuatori operano ad una frequenza compresa nel range 200 Hz – 300 Hz che è quella di massima sensibilità alla vibrazione dei corpuscoli di Pacini.

Il dispositivo prevede anche una modalità di eccitazione termica, per la quale è necessario che l’interfaccia copra un range di temperature che va da 5°C a 45°C con una risoluzione di 0.1°C. La stimolazione termica permette all’utente, tramite opportuna scala di temperature, di riconoscere la natura e la composizione dell’oggetto in esame; ad esempio può consentire la discriminazione tra un oggetto di legno ed uno metallico.

Quando viene applicata una corrente al microavvolgimento piano, il campo magnetico indotto attira la struttura magnetica flessibile che si trova sistemata sopra l’avvolgimento stesso, determinando una deformazione locale dello strato; si può prevedere l’aggiunta di micromagneti sulla membrana flessibile per accentuare il grado di deformazione.

Si capisce, dunque, come una struttura di questo tipo possa riprodurre con una certa accuratezza la forma delle superfici degli oggetti virtuali, permettendo all’utente di esplorarle.

Una variante del sistema descritto è il display VITAL [34] che permette una deviazione massima del pin di 100 micron con una risoluzione di 6 bit; tale display può accuratamente operare a frequenze superiori agli 800 Hz con una frequenza di risonanza di 270 Hz. La massima forza applicata da ciascuno dei microattuatori è di circa 13 mN con una distanza tra i pin di 2 mm.

Altri display presenti in letteratura utilizzano i solenoidi come attuatori elettromagnetici. Il solenoide in [36] ha un diametro di 2 mm ed esercita una pressione di 7,6 mN/mm . 2

(25)

Il dispositivo descritto in [37] è un display per la presentazione di grafici tattili: l’estensione degli stimolatori è eseguita da forze assiali attuate da motorini meccanici. La massima altezza raggiunta dagli stimolatori sollevati è di 10 mm ma le forze generate sono troppo basse per muovere eventualmente gli stimolatori nel momento in cui vengono toccati dall’utente.

3.2.5 Soluzioni alternative

Gli attuatori piezoelettrici e quelli elettromagnetici rappresentano le classi di attuatori maggiormente utilizzate per la costruzione di display tattili, ma, in recenti progetti di ricerca, sono stati realizzati dispositivi che utilizzano attuatori basati su differenti principi fisici di funzionamento.

Pelrine et al. hanno proposto un attuatore elettrostatico composto da un dielettrico elastico

di tipo polimerico, inserito tra una coppia di elettrodi [35].

L’applicazione di una differenza di potenziale ai capi degli elettrodi causa la contrazione dello spessore del dielettrico e la consegunete espansione della sua superficie, dovuta all’accumulo di cariche sugli elettrodi stessi (Fig.26).

Fig.26: Tipologia di polarizzazione del dielettrico elastico.

Riducendo la tensione applicata, il dielettrico tende a ritornare alla sua forma iniziale e può, di conseguenza, produrre una pressione p che si deve all’energia elastica precedentemente

immagazzinata. Tale pressione elettrostatica è data da:

dove εo è la costante dielettrica del vuoto, εr la costante dielettrica del dielettrico, z lo spessore del dielettrico e V la tensione applicata.

(26)

Affinchè si possa produrre l’effetto descritto con tensioni sostenibili, è necessario che lo spessore del dielettrico sia compreso in un range di pochi micron e che gli elettrodi siano molto conformanti, in modo da prevenire indesiderate forzature meccaniche alla deformazione.

Per consentire ampi movimenti degli attuatori, si sceglie di utilizzare diversi strati di film dielettrico (Fig.27): applicando la tensione ai capi della coppia di elettrodi associata al singolo elemento tattile, gli strati di dielettrico si contraggono e la puntina di stimolazione sparisce sotto la superficie del dispositivo.

Fig.27: Attuatore multistrato e modalità di stimolazione.

Quando la tensione viene rimossa, gli strati di dielettrico si espandono, liberando l’energia elastica accumulata durante la fase di polarizzazione, e provocano la stimolazione meccanica dell’area cutanea attraverso la pressione esercitata dalla puntina di stimolazione; in particolare, una riduzione controllata della tensione applicata permette di creare un campo di forze di diversa intensità.

In Fig.28 è mostrata una possibile configurazione della matrice tattile, realizzata con gli attuatori descritti.

(27)

Fig.28: Configurazione della matrice tattile.

La connessione elettrica singola di ciascun attuatore della matrice è piuttosto complessa a causa delle ridotte dimensioni dei gap (<1mm) tra gli elementi adiacenti.

L’idea è quella di accedere al singolo elemento attuatore, inteso come gruppo di strati sovrapposti, polarizzando i rispettivi elettrodi di riga e colonna; le righe e le colonne degli elettrodi sovrapposti vengono collegati su un’unica linea rispettivamente di riga e colonna. Applicando, quindi, una tensione tra una colonna e una riga il materiale dielettrico che si trova tra gli elettrodi, alle corrispondenti coordinate, subisce una deformazione.

Per non inficiare l’espansione dell’area degli stimolatori sono previsiti dei gap nell’area circostante quella degli elettrodi.

Dunque, in una matrice composta da n elementi di stimolazione, ogni singolo contattore

può essere controllato tramite l’indirizzamento dell’elettrodo di riga e di quello di colonna. Per soddisfare il teorema del campionamento, la frequenza di scansione fs deve essere il doppio della massima frequenza di lavoro degli attuatori fa.

La resistenza elettrica totale R, comprensiva della resistenza elettrica degli elettrodi e delle

connessioni, limita la banda dovuta alla capacità C dell’elemento attuatore.

dove A è l’area dell’elettrodo. Per assicurare un completo caricamento elettrico dello

stimolatore durante il tempo 1/(nfs) la banda deve valere:

Per valori noti di C, n e fa, la resistenza elettrica totale deve, dunque, soddisfare la disuguaglianza:

(28)

Altre realizzazioni di display tattili prevedono stimolatori termoelettrici che utilizzano particolari leghe (SMA) come attuatori [38,39]. Esse possono esercitare forze sufficientemente alte su ampi spostamenti. Dato che la capacità termica dei materiali utilizzati causa ritardi legati ai tempi di riscaldamento e raffreddamento, la frequenza di attuazione degli attuatori SMA non supera le decine di Hz. A causa delle loro alte perdite termiche, che si riflettono su un incremento di temperatura dell’area cutanea, devono essere prese adeguate precauzioni per prevenire eventuali danni all’utente.

Wellman et al. [43] hanno realizzato un’interfaccia tattile costituita da una linea di 10 pin

attivati singolarmente: i fili di SMA vengono utilizzati per controllare i pin stessi. Ogni pin viene attivato quando una adeguata corrente viene applicata al filo e può sollevarsi di 3 mm, produrcendo una forza maggiore di 1N.

Utilizzando il Nitinol (SMA) è stato realizzato un piccolo e flessibile display tattile per il tronco del corpo [44]; esso genera grossi campi di forza e, grazie alle sue ridotte dimensioni, può essere facilmente trasportato. In test sperimentali condotti sulle SMA è stato verificato che un impulso di corrente di 1A della durata di 1s provoca uno spostamento medio dell’attuatore di 3.7 mm e pressioni di picco circa 20 volte la soglia di percezione tattile del tronco.

Wagner et al.[42] hanno proposto un’interfaccia tattile guidata da un servomotori RC che

hanno una banda larga, un ampio spostamento verticale, un costo relativamente basso e sono di semplice costruzione. L’interfaccia è composta da 6*6 pin meccanici, spaziati di 2 mm: per uno spostamento verticale di 2 mm il tempo di salita è di 41 ms.

I display tattili guidati da un meccanismo pneumatico utilizzano vuoti d’aria e pistoni, controllati da specifiche valvole [40,41]. Il principale svantaggio dei display ad attuatori pneumatici è la bassa frequenza di lavoro (circa 10 Hz) che si deve alle caratteristiche di compressione dell’aria.

Ino dell’Università di Hokkaido in Giappone ha condotto diversi studi sulle interfacce

tattili basate su attuatori pneumatici ed ha sviluppato un’interfaccia con feedback termico [45]: la temperatura della superficie viene misurata da una termocoppia, sfruttando l’effetto Peltier. Il range di temperature coperto dal dispositivo va da -10°C a 60°C con una risoluzione di 0.1°C.

(29)

è costituito da un sottile membrana scorrevole ed uno statore: l’utente può percepire la sensazione tattile muovendo la membrana col dito. L’attuatore genera sollecitazioni di taglio sul polpastrello dell’utente in base alla posizione istantanea della membrana durante lo scorrimento. Questa tecnica permette di realizzare display molto sottili ed altamente conformanti con un’alta densità di attuatori. I problemi sono i campi di forza prodotti estremamente bassi e la necessità di un movimento relativo tra pelle e display.

Alcuni display tattili utilizzano un fluido elettroreologico [46] che varia la sua viscosità sotto l’azione di un campo elettrico. Questa soluzione, sulla quale la ricerca negli ultimi tempi si sta orientando, è applicabile a display in cui l’utente scandisce un’immagine tattile muovendo il dito sul display stesso.

3.1.6 Display tattili con canale audio

In questa sessione viene presentato un sistema interattivo che affianca all’informazione tattile ricavabile dalla matrice di attuatori, un’informazione sonora per arricchire il contenuto informativo dell’immagine visiva da trasmettere al non vedente [47].

Il sistema si compone di tre parti, ognuna delle quali individua una specifica fase del processo: l’ingresso dell’immagine visiva, l’elaborazione della stessa e la restituzione all’utente in forma tattile e/o sonora (Fig.29,30):

(30)

Fig.30: Schema a blocchi del sistema.

Il sistema per l’acquisizione dell’immagine prevede una coppia di videocamere controllate dal PC: ogni camera viene guidata nei movimenti con velocità angolare tale da seguire gli spostamenti di un oggetto in movimento. Un sistema di questo tipo permette un’acquisizione dell’immagine 3D flessibile e versatile. Nel processo di acquisizione dell’immagine vengono utilizzate parallelamente due tecniche differenti di analisi dell’immagine: un primo metodo permette di definire i contorni degli oggetti 3D [48] ed un secondo di caratterizzare le superfici degli oggetti stessi [49]. Una volta ricostruita la disposizione dei singoli oggetti all’interno dell’immagine globale, segue un processo di riconoscimento degli oggetti stessi: i dati 3D acquisiti vengono confrontati con una serie di modelli presenti in un database per stabilire dapprima la natura dei singoli oggetti e poi la loro posizione ed orientazione.

Il display tattile (Fig.31a) permette l’esplorazione tattile dell’immagine visiva acquisita; la matrice bidimensionale è formata da 16*16 pin, la cui altezza può essere impostata su diversi livelli in modo da incrementare il contenuto dell’informazione tattile e rappresentare le forme di oggetti 3D.

(31)

Fig.31: a) Matrice tattile di stimolazioe; b) Rappresentazione degli attuatori e del meccanismo di stimolazione.

La matrice (Fig.31b) prevede una costruzione a doppio strato per permettere agli attuatori di essere posizionati in modo più stabile e compatto; la vite all’interno del pin abbina la rotazione al movimento verticale. L’altezza dell’attuatore è controllata da un certo numero di impulsi: uno switch presente sul fondo di ciascun attuatore registra quali di essi sono attivati.

I comandi di selezione della modalità di funzionamento dell’intero sistema sono tre e vengono utilizzati quando l’utente vuole ascoltare il messaggio vocale o impostare i parametri del display tattile.

Poichè, infatti, la risoluzione del display non è sufficiente a rappresentare un soddisfacente numero di informazioni contemporaneamente, si può pensare ad un funzionamento multimodale del display stesso: una modalità di posizione degli oggetti, una modalità di costruzione del contorno del singolo oggetto ed un’ultima modalità di definizione della superficie (concava o convessa) del singolo oggetto (Fig.32,33).

(32)

Fig.32: Fasi di identificazione dell’oggetto all’interno della scena globale e modalità di esplorazione previste.

Fig.33: Rappresentazione della matrice tattile per ogni modalità di esplorazione prevista.

Nella modalità di posizione l’utente può riconoscere la posizione relativa di ogni oggetto all’interno della scena totale, essendo ciascun oggetto rappresentato da un unico pin. Premendo il comando di supporto sonoro, l’utente può ascoltare una descrizione vocale del numero degli oggetti presenti e del nome di ogni singolo oggetto.

Se, a questo punto, l’utente volesse esplorare la superficie di uno specifico oggetto, potrebbe, premendo l’apposito tasto, selezionare una tra la modalità contorno e modalità superficie. In ognuna di queste due modalità, alcune caratteristiche qualitative dell’oggetto,

(33)

3.3 Conclusioni

La tecnologia di cui oggi si dispone permette, come visto, di realizzare una larga varietà di dispositivi che bene si adattano alle esigenze dell’utente.

Le soluzioni preferite restano quelle che prevedono attuatori piezoelettrici o elettromagnetici, grazie soprattutto ai loro costi relativamente contenuti, alla possibilità che offrono di ricercare il massimo contenuto informativo in dimensioni ridotte ed alla loro affidabilità anche a lungo termine.

La ricerca si è, d’altra parte, orientata negli ultimi tempi verso soluzioni alternative, quali quelle che prevedono fluidi reologici che sono già largamente utilizzati nella realizzazione di interfacce aptiche: la possibilità di “modulare” la viscosità e di conseguenza il grado di rigidezza del fluido permette, infatti, di simulare con maggior dettaglio le superfici degli oggetti esplorati.

Anche le implementazioni multistrato sono oggetto di discussione tra i ricercatori: le realizzazioni future in questo campo si propongono di raggiungere l’ottimizzazione degli attuatori elettromagnetici previsti per l’implementazione e la stesura di validi modelli termici che tengano in conto delle diverse distribuzioni di temperatura tra la superficie cutanea stimolata ed i differenti materiali utilizzati.

Va sottolineato, comunque, che per quanto una diversa soluzione possa adattarsi in maniera produttiva alle necessità del non vedente, è sempre richiesto a quest’ultimo uno sforzo cognitivo di elaborazione del contenuto informativo, di carattere prettamente strutturale, fornito dal dispositivo: in questo senso, l’utilizzo costante di un display tattile potrebbe garantire il raggiungimento di quel grado di destrezza richiesto per un corretto processo di ricostruzione mentale.

Per diminuire lo sforzo richiesto all’utente, gran parte delle realizzazioni prevedono supporti vocali descrittivi delle situazioni e delle eventualità in esame: arricchendo, infatti, le informazioni tattili con descrizioni vocali non per forza dettagliate, il non vedente può effettuare la sua analisi partendo da “quadri visivi” già sufficientemente delineati e già abbastanza ricchi dei contenuti minimi necessari ad una corretta esplorazione e comprensione.

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