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1. Problematiche ambientali legate agli incendi.

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1. Problematiche ambientali legate agli incendi.

1.1.

La combustione dei materiali forestali.

Il fuoco è un particolare fenomeno chimico di ossidazione violenta che si verifica in presenza di tre elementi contemporaneamente:

• Combustibile. • Comburente. • Fattore di innesco.

Un combustibile è per definizione tutto ciò che arde, che può bruciare. Nel caso dei sistemi forestali il combustibile è dato da sostanze vegetali quali paglia, rami, tronchi, radici, erbe, ecc. Tali sostanze vegetali possono reagire con l’ossigeno iniziando una reazione che produce calore. Fino ad un certo limite il calore prodotto viene disperso e la reazione si blocca. Però il combustibile può ricevere calore dall’esterno in maniera tale da incrementare la temperatura e, raggiunto un certo grado proprio di ogni combustibile che corrisponde alla “temperatura di accensione”, la quantità di calore prodotto diventa nettamente superiore a quella dispersa e la reazione prosegue da sola, senza ulteriore apporto di calore dall’esterno. Si hanno così elevate temperature e sviluppo di fiamma. Le sorgenti di calore esterne possono essere di natura diversa: scintille, cerini , mozziconi di sigarette, fulmini, ecc.

Il comburente, invece, è generalmente costituito dall’ossigeno atmosferico e quindi la costante ventilazione del combustibile innescato permette l’autosostentamento del processo.

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1.2.

Propagazione del fuoco: incendio.

Il fuoco si propaga in funzione di alcune caratteristiche ambientali:

• Tipologia di combustibile. • Condizioni atmosferiche.

• Caratteristiche morfologiche dell’area.

I combustibili naturali interessati dagli incendi boschivi si possono dividere in due gruppi: combustibili rapidi e combustibili lenti. Fra i primi annoveriamo l’erba secca, le foglie secche, gli aghi delle conifere, gli arbusti e le giovani piante resinose. Fra i secondi, le ceppaie ed i tronchi di latifoglie.

Per quanto concerne le condizioni meteorologiche, di particolare interesse sono il vento, l’umidità e la temperatura.

Più il vento è forte, più rapida sarà la diffusione del fuoco, in quanto il vento apporta aria e quindi ossigeno. Il vento inoltre rimuove l’umidità atmosferica e contribuisce in misura notevole all’essiccamento delle sostanze vegetali. Non trascurabile è poi la possibilità che ha il vento di trasportare minute particelle vegetali, già interessate da una combustione attiva. Alcuni parametri che riguardano il vento, quali la velocità, direzione, eventuali turbolenze, risultano in pratica di grande importanza e non soltanto agli effetti della diffusione del fuoco ma anche nei riguardi di eventuali interventi per lo spegnimento. Occorre sempre e comunque considerare la diversa velocità del vento alle varie altezze rispetto la superficie del suolo e le variazioni indotte da differenze di copertura vegetale (erbacea, arbustiva, arborea).

L’umidità è sempre presente nell’aria ed agisce sul tenore di umidità che si trova nella vegetazione e quindi sul combustibile. E’ quasi superfluo ricordare che il materiale combustibile umido brucia meno facilmente. Pertanto di notte, quando l’umidità è presente e assorbita in maniera maggiore dai vegetali, il fuoco brucia più lentamente. Di ciò sono perfettamente a conoscenza gli addetti allo spegnimento degli incendi boschivi che approfittano delle prime ore del mattino per intensificare le relative operazioni. E’ chiaro che le precipitazioni giocano un ruolo di primaria

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importanza sul tenore di umidità e quindi, indirettamente sulla diffusione del fuoco. In particolare sono interessanti la quantità di precipitazioni e la loro distribuzione stagionale. Risulta evidente che a prolungati periodi di siccità corrispondano condizioni di maggiore pericolosità per l’espandersi degli incendi boschivi a causa dell’aumentata infiammabilità del materiale vegetale morto.

La temperatura dell’aria agisce nel senso che i combustibili preriscaldati dal sole, e quindi con un tenore idrico minore, bruciano più rapidamente dei combustibili freddi.

La pendenza agisce fortemente sulla velocità di propagazione del fuoco perché, per “effetto camino”, un focolaio innescato alla base di un pendio riscalda anche la massa vegetale posta alle quote più elevate, di conseguenza si verificherà una rapida propagazione verso l’alto. In condizioni normali, quindi, il fuoco si svilupperà più rapidamente in salita che non in discesa. Quando la pendenza è considerevole, però, può anche accadere che il materiale infiammato rotoli lungo il pendio raggiungendo zone di bosco non ancora percorse dal fuoco con inizio di nuovi incendi. Ciò avviene frequentemente nei boschi di resinose per rotolamento degli strobili o pigne.

1.3. Cause degli incendi boschivi.

Le cause che determinano l’innesco di un focolaio possono essere suddivise in due categorie principali:

• cause indipendenti dalla presenza e dalle attività umane;

• cause dipendenti dalla presenza, dalle attività e dalla volontà dell’uomo.

Quelle del primo gruppo possono anche definirsi cause naturali. Tra queste si citano i temporali, durante i quali si può verificare l’eventualità della caduta di un fulmine. Sono anche causa di incendio le eruzioni, ma, ovviamente, tale rischio è limitato alle zone prossime ai vulcani.

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L’autoaccensione, dovuta alla presenza nei boschi o nelle immediate vicinanze di essi, di cocci di vetro che funzionerebbero come specchi ustori, è eventualità piuttosto rara, ma possibile. Se l’autoaccensione è fenomeno piuttosto inconsueto ma tecnicamente verificabile, l’autocombustione, fenomeno per il quale il combustibile dovrebbe incendiarsi da solo è relegata ad alcune coincidenze fortuite in aree tropicali e subtropicali in presenza di particolari lettiere organiche.

L’azione antropica, invece, è indubbiamente causa della maggior parte degli incendi.

Gli incendi si distinguono, in relazione a tale azione, in dolosi, causati cioè con l’intenzione, con volontà di provocare l’evento e colposi, provocati involontariamente o per disattenzione o per l’adozione di insufficienti norme di sicurezza, per negligenza o imperizia.

Per quanto concerne le cause dolose si possono citare l’azione di piromani, motivi di interesse economico, vendette o rancori personali e locali, creazione di posti di lavoro.

Per quanto riguarda le cause colpose, invece, possiamo menzionare il cerino gettato dall’escursionista, i fuochi accesi in virtù di distorte pratiche venatorie, fuochi accesi dai cantonieri per le ripuliture dei bordi strada, fuochi accesi dagli agricoltori per la ripulitura dei coltivi o delle stoppie, fuochi accesi dai campeggiatori o gitanti sprovveduti. Si riscontra spesso una carenza di educazione civica, di senso di responsabilità e di rispetto della natura in tali persone.

In ultima analisi, quindi, le cause antropiche degli incendi boschivi, siano esse di origine dolosa o colposa, anche se non del tutto eliminabili, possono almeno essere moderate o ridotte entro limiti ragionevoli o accettabili. La riduzione degli incendi nel numero e nella superficie media percorsa dal fuoco può già essere ritenuta un risultato di notevole portata.

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1.4. Tipologie ed effetti degli incendi boschivi.

Quando si osserva un incendio boschivo da lontano, generalmente non si vede molto più di una nuvola di fumo e di qualche lampeggiare di fiamme. Si immagina così che la foresta arda dalla cima degli alberi alle radici, e che il fuoco avanzando si lasci dietro solo tizzoni e cenere. In realtà esistono diverse categorie di incendi, e ogni categoria ha effetti diversi sui vari tipi di bosco. Generalmente si distinguono cinque tipi di fuoco:

o fuoco di lettiera, quando bruciano lentamente gli strati organici del terreno;

o fuoco basso o radente, quando sotto una copertura arborea il fuoco percorre velocemente solo lo strato erbaceo o al massimo quello arbustivo;

o fuoco alto, quando le fiamme raggiungono le chiome degli alberi e si propagano di chioma in chioma (generalmente in boschi di conifere);

o fuoco totale, quando l’incendio interessa tutta l’estensione in altezza del bosco;

o fuoco sotterraneo, quando ardono i frammenti organici contenuti nella lettiera o addirittura nell’orizzonte podologico umifero.

Il fuoco di lettiera aggredisce lo strato superficiale del terreno, formato dai residui vegetali non ancora decomposti. Si tratta di una combustione lenta, spesso invisibile all’osservazione, che può causare gravi danni alle piante uccidendone le radici superficiali, ed è difficile da combattere perché poco appariscente.

Nel caso del fuoco basso viene distrutto in genere il tappeto erboso e lo strato del sottobosco. Se il fuoco non è stato intenso, di solito lo strato arboreo non viene seriamente danneggiato, dato che gli alberi sono isolati termicamente dalla corteccia. La distruzione della cotica erbosa causa una selezione a favore delle specie rigermoglianti, che prendono il sopravvento su quelle annuali, e la scomparsa delle specie più esigenti. Se però il calore

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supera un certo limite, i danni possono essere più gravi, e le ustioni nella zona del colletto possono uccidere polloni e fusti.

Il fuoco alto interessa per lo più i boschi di conifere, molto infiammabili soprattutto a causa dell’alto contenuto in resine dei rami e della chioma. Spesso inoltre in questo tipo di bosco si accumulano grandi quantità di materiale legnoso secco estremamente infiammabile. Un incendio di questo tipo ha spesso un effetto distruttivo sui popolamenti di resinose, con la perdita di gran parte delle piante.

Come si può facilmente intuire, il fuoco totale è quello che danneggia di più la foresta, dato che brucia praticamente tutta la biomassa presente e si sviluppa un calore talmente intenso da essere in grado di uccidere anche le ceppaie. Questo genere di incendio è difficilmente controllabile, poiché può avvenire che il calore crei correnti d’aria imprevedibili e faccia cambiare di colpo direzione al fuoco. Il fortissimo ed improvviso aumento di temperatura può causare combustioni esplosive dei vegetali avvolti dalle fiamme, con grave pericolo per il personale addetto alle operazioni di spegnimento.

Il fuoco sotterraneo può verificarsi nei periodi contraddistinti da notevole siccità, quando la sostanza vegetale indecomposta incorporata nel terreno può bruciare. E’ a questa categoria di incendi che si deve il superamento di viali parafuoco e di linee di difesa in genere, per cui sono particolarmente temibili.

Indipendentemente dalla sua tipologia, sono molto numerosi gli effetti negativi che il fuoco ha sul bosco per il quale rappresenta un evento estremamente traumatico, in grado di spezzare l’equilibrio su cui si basa l’ecosistema della foresta (da www.oikos.org).

Il numero di animali che muore per effetto diretto del fuoco è in genere relativamente basso se si considerano i Vertebrati omeotermi (Uccelli e Mammiferi). Gli individui adulti sono in grado di allontanarsi dal fuoco e diversi studi hanno rilevato che la mortalità causata dagli incendi è di solito limitata.

Il fuoco può però rappresentare un importante fattore limitante per il successo riproduttivo della stagione in cui l'evento si verifica. In ambiente mediterraneo gli incendi hanno luogo principalmente nel periodo estivo, che

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corrisponde alla stagione più secca: tale periodo coincide con il periodo post-riproduttivo della gran parte delle specie selvatiche, e conseguentemente con la presenza di individui giovani e particolarmente vulnerabili.

Gli effetti degli incendi sulla fauna selvatica nel lungo periodo sono notevoli e complessi: il fuoco modifica infatti il microclima dell'area attraverso l'azione del fumo, l'alterazione della quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo conseguente alla distruzione della copertura vegetale, l'innalzamento dell'escursione termica per periodi anche prolungati, l'aumento del vento, la modificazione del tasso medio di umidità.

L'effetto degli incendi di maggiore impatto sulle popolazioni selvatiche nel breve periodo e nel medio periodo è rappresentato dunque dall'alterazione della struttura e della composizione della vegetazione. L'azione del fuoco non sempre compromette la sopravvivenza delle specie arboree, e distrugge in alcuni casi solo la parte superficiale delle specie erbacee ed arbustive, che in genere rigenerano nel corso della successiva stagione vegetativa. D'altro canto tale azione limita fortemente la disponibilità di risorse trofiche per tutti gli animali che si alimentano di specie erbacee ed arbustive, ed inoltre modifica significativamente la struttura del sottobosco e della vegetazione in generale, privando la fauna selvatica, oltre che di risorse trofiche, anche di un elemento fondamentale di rifugio. In caso di incendi tanto intensi da distruggere gli alberi, la nidificazione di molte specie può risultare compromessa per molti anni.

In genere gli organismi che vivono nel sottosuolo si salvano facilmente, aiutati dall’effetto isolante del terreno, ma possono soccombere a causa del fumo che penetra nelle gallerie. Sicuramente avvantaggiati sono invece i vari parassiti delle piante, che ne trovano le difese indebolite e sono in grado di dare il colpo di grazia ai popolamenti arborei danneggiati. La distruzione dei bioriduttori del suolo causa scompensi nel ciclo di degradazione della lettiera

( da www.oikos.org.).

Ci sono piante più suscettibili al fuoco perché hanno rami, tronchi e foglie molto secche o resine che sono facilmente infiammabili: il pino, il leccio, il ginepro, l'erica i rovi spinosi distribuiti nelle boscaglie ai margini dei boschi, in particolare vicino a zone frequentate dall'uomo; aree boschive umide costituite da specie quali felci, alcune querce e carpini che hanno una

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maggior percentuale d'acqua nei tessuti, possono limitare la diffusione del fuoco. Tutte le piante, comunque, risentono moltissimo dell'incendio e spesso le conseguenze sono devastanti: il paesaggio appare nero e bruciato, gli alberi più alti cadono, il suolo è scoperto e gli animali che hanno fatto in tempo sono fuggiti.

Dopo un po' di tempo rinascono alcune specie erbacee e arbustive (pioniere pirofite), non tutte simili a quelle originarie, che comunque rinverdiscono l'area interessata; per alcuni anni il suolo rimarrà comunque nudo e potranno verificarsi più facilmente smottamenti, frane ecc.

Senza l'aiuto dell'uomo, il bosco riprende molto lentamente la forma, il colore e la ricchezza di una volta. Il fuoco nel passato è stato comunque considerato da alcune popolazioni, ed anche tutt'ora, un mezzo per apportare nel terreno gli elementi minerali e facilitare il successivo sviluppo delle piante coltivate (da www.regione .umbria.it).

Numerose ricerche hanno tuttavia confermato che, dopo un incendio, nei suoli si manifestano reazioni comuni:

• Il pH aumenta, ma tende a ritornare sui valori iniziali con il trascorrere del tempo.

• La quantità di sostanza organica rimane stabile fino a 200 °C, ma diminuisce rapidamente con il superamento di questa temperatura. Ciò determina effetti negativi sulle proprietà chimico fisiche e biologiche del suolo.

• Gli effetti degli incendi sulla fertilità dei suoli sono variabili e controversi. In generale si può dire che la cenere derivata dalla combustione della sostanza organica è ricca di nutrienti che migliorano la fertilità dei suoli (azoto, fosforo, potassio, magnesio e sodio). Tuttavia la presenza della cenere stessa sul suolo, influendo negativamente sullo sviluppo radicale delle piante, inibisce l’assorbimento dei nutrienti stessi.

• Dopo un incendio, la pioggia incontra sulla sua traiettoria meno ostacoli; questo si traduce in una rimozione e distruzione degli aggregati del suolo, fino alla formazione di croste superficiali.

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• In generale, nelle aree colpite da incendi, si segnala un aumento dell’erosione causata soprattutto dalla perdita della vegetazione. Gli effetti dell’erosione sono tuttavia attenuati dagli alberi e dagli arbusti che sopravvivono al fuoco e dalla colonizzazione rapida del territorio da parte di specie vegetali resistenti.

Gli incendi hanno conseguenze sulle caratteristiche idrauliche dei suoli, soprattutto nella loro capacità di essere penetrati dall’acqua, a causa della formazione di sostanze di natura cerosa e, quindi, idrorepellenti. Tali sostanze, nel loro complesso, costituiscono ciò che nel suolo è denominato strato idrofobico. Quando in un suolo si forma uno strato idrofobico la capacità dell’acqua di infiltrarsi nel terreno diminuisce; l’acqua scorre, asportando il suolo, ed attivando il processo di erosione.

Non tutti gli incendi creano uno strato idrorepellente. Sono quattro i fattori che, comunemente, concorrono alla sua formazione:

• Presenza di uno strato sottile di lettiera precedente all’incendio. • Incendi su elevate superfici e con un ampio fronte del fuoco. • Prolungati periodi di calore intenso.

• Tessitura grossolana dei suoli.

Le temperature molto alte sono quelle che producono il gas che penetra nel suolo e forma uno strato idrofobico. Il gas è forzato nel suolo dal calore del fuoco. I suoli che hanno pori più larghi, come ad esempio quelli sabbiosi, sono più suscettibili alla formazione di strati idrorepellenti rispetto ai suoli a tessitura più fine, come ad esempio i suoli argillosi, in quanto facilitano la penetrazione del gas e quindi trasmettono il calore più in profondità. Lo strato idrorepellente si forma generalmente tra 1 e 8 cm al disotto della superficie del suolo, comunemente con spessore di 2,5 cm. La continuità e lo spessore di questo strato è variabile ma, quanto maggiore è la sua continuità, tanto più grande è la riduzione della capacità di infiltrazione dell’acqua.

Il processo di combustione in un incendio boschivo determina dunque una serie di effetti sulle diverse componenti biotiche e abiotiche dell’ecosistema con conseguenze che possono essere temporanee o

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protrarsi nel tempo. Questi effetti sono di tipo diretto, sulle varie componenti, per le modificazioni indotte dall’aumento della temperatura, o di tipo indiretto per le funzioni che l’area bruciata non è più in grado di svolgere per un periodo più o meno lungo.

In conclusione è opportuno sottolineare che in ecosistemi poveri, l’incendio, visto come agente ossidante della sostanza organica e quindi come elemento utile per arricchire il terreno di sali minerali, gioca un ruolo ecologico fondamentale ed è contemplato nelle normali dinamiche ambientali. Tuttavia il tempo di ritorno di questi particolari incendi è secolare o al più dell’ordine di diverse decine di anni. L’aspetto patologico del fenomeno consiste infatti nella frequenza con cui il fuoco percorre una stessa area, imputabile solo ad inneschi legati all’attività umana (da

www.regione.campania.it).

1.5. Il fenomeno incendi in Italia.

Le cronache di questi anni hanno portato tristemente all’attenzione pubblica il problema degli incendi boschivi, a seguito dei quali un’incalcolabile superficie del patrimonio forestale va lentamente scomparendo. Solo considerando gli ultimi dieci anni, infatti, ci sono stati in Italia oltre 128.000 incendi che hanno interessato il 10 per cento delle foreste italiane e portato alla distruzione di oltre 500 mila ettari di bosco (tabella 1.2). I danni economici ed ecologici risultanti sono stati molto pesanti, e solo le azioni di prevenzione e spegnimento sembrano oggi gli unici strumenti in grado di contenerli. Di fronte alla tragica e ingente portata di tale fenomeno, la stessa azione di rimboschimento e di ricostituzione boschiva è risultata infatti carente e scarsamente efficace.

Molto interessante in questa ottica è la tabella 1.1, che ci fa vedere come si divide, regione per regione, la superficie occupata dai boschi in rapporto alla superficie totale del nostro paese.

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Tabella 1.1. Superfici boscate in Italia (dati in migliaia di ettari,1995).

fonte: CORINE Land-Cover

In colonna "F" sono riportate le aree a vegetazione sclerofilla (macchia e gariga); in colonna "G" sono invece riportate le aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione, cioè formazioni che possono derivare dalla degradazione della foresta o da ricolonizzazione di aree non forestali.

Per capire che tipo di impatto hanno avuto gli incendi sul territorio basta leggere attentamente la tabella 1.2, nella quale vengono riportati, dagli anni ’70 fino al 2001, il numero e l’estensione in ettari degli incendi anno per anno.

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Tabella 1.2. Incendi boschivi in Italia dal 1970 al 2001.

Superficie percorsa dal fuoco Anno

Numero di

incendi Boscata (ha) Non boscata (ha) Totale (ha) Media (ha/incendio)

1970 6.579 68.170 23.006 91.176 13,9 1971 5.617 82.339 18.463 100.802 17,9 1972 2.358 19.314 7.989 27.303 11,6 1973 5.681 84.438 24.400 108.838 19,2 1974 5.055 66.035 36.909 102.944 20,4 1975 4.257 31.551 23.135 54.686 12,8 1976 4.457 30.735 20.056 50.791 11,4 1977 8.878 37.708 55.031 92.739 10,4 1978 11.052 43.331 84.246 127.577 11,5 1979 10.325 39.788 73.446 113.234 11 Totale 64.259 503.409 366.681 870.090 13,5 Media 70/79 6.426 50.341 36.668 87.009 13,5 1980 11.963 45.838 98.081 143.919 12 1981 14.503 74.287 155.563 229.850 15,8 1982 9.557 48.832 81.624 130.456 13,7 1983 7.956 78.938 133.740 212.678 26,7 1984 8.482 31.077 44.195 75.272 8,9 1985 18.664 76.548 114.092 190.640 10,2 1986 9.398 26.795 59.625 86.420 9,2 1987 11.972 46.040 74.657 120.697 10,1 1988 13.588 60.109 126.296 186.405 13,7 1989 9.669 45.933 49.228 95.161 9,8 Totale 115.752 534.397 937.101 1.471.498 12,7 Media 80/89 11,575 53,44 93,71 147,15 12,7 1990 14.477 98.410 96.909 195.319 13,5 1991 11.965 30.172 69.688 99.860 8 ,3 1992 14.641 44.522 61.170 105.692 7,2 1993 14.412 116.378 87.371 203.749 14,1 1994 11.588 47.099 89.235 136.334 11,8 1995 7.378 20.995 27.889 48.884 6,6 1996 9.093 20.329 37.659 57.988 6,4 1997 11.612 62.774 48.456 111.230 9,6 1998 9.540 73.018 82.536 155.554 16,3 1999 6.932 39.362 31.755 71.117 10,3 Totale 111.638 553.059 632.668 1.285.727 10,6 Media 90/99 11,164 55,306 63,267 118,573 10,6 2000 8.595 58.234 56.414 114.648 1.,3 2001 7.134 38.186 38.241 76.427 10,7

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A titolo informativo nella tabella 1.3 vengono riportati gli incendi che hanno percorso le superfici boscate in ogni regione italiana per tutto il 2001.

Tabella 1.3. Incendi boschivi in Italia per regione anno 2001.

Superficie percorsa dal fuoco

Anno Numero di incendi Boscata (ha) Non boscata (ha) Totale (ha) Media (ha/incendio)

V. D'Aosta 33 96 90 186 5,6 Piemonte 231 458 733 1.191 5,2 Lombardia 205 792 1.847 2.639 12,9 Trentino A.A. 43 94 38 132 3,1 Veneto 24 192 15 207 8,6 Friuli V.G. 61 143 255 398 6,5 Liguria 502 3.638 1.505 5.143 10,2 Emilia R. 85 132 136 268 3,2 Toscana 464 1.287 626 1.913 4,1 Umbria 136 521 523 1.044 7,7 Marche 80 454 256 710 8,9 Lazio 543 3.511 2.116 5.627 10,4 Abruzzo 122 1.363 1.450 2.813 23,1 Molise 57 188 417 605 10,6 Campania 870 2.849 2.501 5.350 6,1 Puglia 440 3.968 3.583 7.551 17,2 Basilicata 319 2.768 3.477 6.245 19,6 Calabria 1.442 5.458 3.944 9.402 6,5 Sicilia 618 4.888 6.778 11.666 18,9 Sardegna 859 5.386 7.951 13.337 15,5 Totale 7.134 38.186 38.241 76.427 10,7

fonte: CORINE Land-Cover

Da questa analisi si capisce come le aree percorse da incendio risultino essere un ambiente vulnerabile e quindi instabile sotto molti punti di vista. Avere accurate conoscenze su tali aree è molto importante sia da un punto di vista strettamente ambientale sia da quello sociale ed economico.

Figura

Tabella 1.1.  Superfici boscate in Italia (dati in migliaia di ettari,1995).
Tabella 1.2.    Incendi boschivi in Italia dal 1970 al 2001.
Tabella  1.3.    Incendi boschivi in Italia per regione anno 2001.

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