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5.1 CLONE 1VA11: TRIPARTITE MOTIF PROTEIN 32 5. DISCUSSIONE

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5. DISCUSSIONE

I risultati ottenuti hanno mostrato che 48 h dopo l’acquisizione del condizionamento contestuale alla paura, si osserva a livello delle strutture corticali e sottocorticali della porzione medio-temporale del cervello di ratto, una modulazione positiva della trascrizione dei geni che codificano per la Tripartite motif-containing 32, per la Proteasome maturation protein e per la Type-I

α

Regulatory Subunit Of cAMP Dependent Protein Kinase.

5.1 CLONE 1VA11: TRIPARTITE MOTIF PROTEIN 32

Il gene per la Tripartite motif-containing (TRIM32) è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 9 (9q33.1) e codifica per la proteina Tripartite Motif Protein 32.

La famiglia delle proteine tripartite motif (TRIM) è una famiglia di proteine really interesting new gene (RING), che sono conosciute anche come proteine RBCC poiché contengono il motivo RBCC. Tale motivo comprende un dominio RING, uno o due B-boxes e una regione coiled-coil. RBCC solitamente è seguito da uno o due domini C-terminali, che sono specifici per ogni TRIM. Il primo motivo RBCC/TRIM è stato identificato nel fattore nucleare 7 (XNF7) di Xenopus (Reddy, Kloc, Etkin 1991).

Nel genoma umano sono stati identificati 68 geni ed uno pseudogene codificanti per le proteine TRIM, e geni omologhi sono stati identificati in molte altre specie, dai nematodi ai primati (Miyamoto, 2002):

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Fig.16: Schema riassuntivo delle proteine TRIM (tratto da Nisole et al., 2005)

Tutte le proteine TRIM mostrano la stesso arrangiamento dei domini RING, B-box e coiled-coil. La differenza principale consiste nel numero di B-boxes e nella natura del dominio C-terminale. Questa architettura è conservata nell’evoluzione e ciò supporta la sua rilevanza funzionale (Slack, Basson, Liu, Ambros, Horvitz, Ruvkun, 2000). Il dominio N-terminale di quasi tutte le proteine TRIM è un dominio RING, ovvero un dominio zinc-finger specializzato composto da 40-60 residui che chelano due atomi di zinco. Molti dei domini RING hanno un’attività di ubiquitina ligasi (E3). Nella famiglia TRIM quest’attività è stata dimostrata per diverse proteine TRIM, tra le quali

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anche TRIM32. I domini B-box B1 e B2 seguono il dominio RING e sono anch’essi domini zinc-finger, ognuno di circa 40 residui. Qu&o si trovano insieme, B1 precede sempre B2, mentre solo B2 può trovarsi da solo. I domini B-box sono presenti solo nelle proteine TRIM e probabilmente sono determinanti all’interno di questa famiglia, ma ancora la loro funzione non è stata individuata con esattezza. La terza sequenza è il dominio coiled-coil, la cui tipica struttura secondaria è formata da α-eliche intrecciate. Queste strutture possono assemblarsi con altre strutture analoghe; nel caso delle TRIM, la regione CC promuove l’oligomerizzazione, mentre la sua delezione risulta nella perdita di self-associazione di TRIM. Anche TRIM32 è in grado di omointeragire.

Dato che il motivo RBCC è comune a tutte le proteine TRIM, la loro rispettiva funzione dipende dalla capacità del dominio C-terminale di reclutare partner specifici. TRIM32 ha NHL come dominio C-terminale, preceduto dai domini RING, B2 e CC. NHL è costituito da 2-6 ripetizioni di una sequenza di 44 residui, ricca in glicina, residui idrofobici e residui carichi tra cui aspartato, asparagina, istidina e arginina. Questo dominio è stato identificato in tre proteine: NCL-1, HT2A e LIN-41; la prima e l’ultima sono prodotti genici di Caernorhabditis elegans, mentre HT2A è una proteina umana.

La capacità delle proteine TRIM di omo-multimerizzare, tramite la regione CC, porta alla formazione di complessi di ordine superiore. Queste distinte strutture subcellulari sono presenti in compartimenti sia nel nucleo che nel citoplasma, suggerendo quindi che le proteine TRIM potrebbero definire o identificare compartimenti cellulari (Reymond, Meroni, Fantozzi, Merla, Cairo, Luzi, Riganelli, Panaria, Messali, Cainarca, Guffanti, Minacci, Pelicci, Ballabio, 2001).

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TRIM32 è concentrata sia in “corpi citoplasmatici” di ampiezza variabile, sia localizzata in strutture descritte come “corpi nucleari”. TRIM32, originariamente chiamata HT2A, interagisce con il dominio di attivazione della proteina Tat dei virus HIV-1, HIV-2 e EIAV (Fridell, Harding, Bogerd, Cullen, 1995) . Questa interazione avviene nel nucleo delle cellule dei mammiferi, anche se si crede che TRIM32 sia principalmente localizzata nel citoplasma (Reymond, Meroni, Fantozzi, Merla, Cairo, Luzi, Riganelli, Panaria, Messali, Cainarca, Guffanti, Minacci, Pelicci, Ballabio, 2001). E’ stata proposta una potenziale attività antivirale di TRIM32, anche se ancora non è stata descritta alcuna interferenza con la replicazione virale (Nisole S., Stoye J.P. & Saïb A., 2005) .

TRIM32, come già detto, è una ubiquitina ligasi (E3). L’ubiquitina (Ub) è una piccola proteina, composta da 76 aminoacidi presente solo negli eucarioti dove risolta essere molto conservata. Tale proteina si ripiega in una struttura globulare compatta. Ub è coinvolta in molti processi cellulari; come,ad esempio, nell’interazione con la “destruction box” della proteina ciclina durante la fase G1 della mitosi. Ub gioca un ruolo importante nella regolazione del ciclo cellulare. Ub è coinvolta anche in altri processi cellulari come la riparazione del DNA, l’embriogenesi, la regolazione della trascrizione, l’apoptosi e da ultimo, ma ai fini di questa discussione molto importante, la plasticità neurale.

La funzione dell’ubiquitina è quella di regolare il turn-over proteico cellulare tramite la degradazione di proteine specifiche. Ub marca le proteine da degradare, che saranno poi riconosciute dal proteasoma. L’ubiquitinizzazione di una proteina target prevede molteplici reazioni enzimatiche catalizzate da una cascata di enzimi, tra cui

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l’enzima attivante l’ubiquitina (E1), l’enzima coniugante l’ubiquitina (E2) e E3 . Ub viene attivata attraverso un legame tioestere tra una cisteina nel sito attivo di E1 e la glicina C-terminale (G76) di Ub; questo processo avviene in presenza di ATP. Ub attivata viene poi trasferita a E2, che forma anch’esso un legame tioestere tra una cisteina nel suo sito attivo e G76 di Ub. Infine, Ub viene attaccata covalentemente alla proteina target attraverso un legame isopeptidico tra G76 e un residuo di lisina della proteina in una reazione catalizzata da E3. Dopo il legame di Ub alla proteina substrato, in genere si forma una catena di ubiquitina nella quale il C-terminale di ogni unità di Ub è legato a uno specifico residuo di lisina dell’Ub precedente. I substrati poliubiquitinizzati vengono rapidamente riconosciuti e degradati dal proteasoma 26S.

L’enzima E3 fa parte del complesso multiproteico anafase promoting complex (APF); ed è proprio questo enzima che determina la specificità delle proteine target. Queste E3 sono sovraespresse in molti tumori umani e la loro inibizione indurrebbe apoptosi o sensibilizzerebbe le cellule tumorali all’apoptosi indotta dalle terapie anti-tumorali convenzionali (Yi Sun, 2003).

Anche la Cullina e la proteasome subunit alpha type 3-like (Psma3l) sono geni che, dallo screening primario sono candidati ad essere differenzialmente espresso in seguito a CFC.

La cullina appartiene, come la TRIM32 alla famiglia delle UB-ligasi. Il fatto che 48 ore dopo questo training comportamentale vi sia un aumento nella trascrizione di geni codificanti per proteine appartenenti alla famiglia delle ubiquitina-ligasi (TRIM32, Cullina 3), può suggere l’ipotesi che in seguito al CFC ci possa essere un’aumento della sintesi di proteine, il cui turn-over possa essere regolato

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dall’attivazione del sistema ubiquitina-proteasoma. Tale ipotesi è in linea con l’idea, ormai universalmente accettata, che fenomeni di plasticità sinaptica a lungo termine siano dovuti alla sintesi, e quindi alla successiva degradazione per favorirne il turn-over, di nuove proteine.

5.2 Clone 1VB12: PROTEASOME MATURATION

PROTEIN

I risultati ottenuti hanno mostrato che il CFC determina, a livello delle regioni medio-temporali del cervello ratto, una modulazione positiva della trascrizione del gene codificante per Proteasome maturation protein (POMP).

POMP è nota anche come proteassemblina o hUmp1. La sua attività è stata descritta per la prima volta nel lievito con l’omologo di POMP Ump1 Il proteasoma 26S è un complesso intracellulare di circa 2-2.5MDa con funzione proteolitica. Come già citato, esso identifica e degrada le proteine segnalate dal sistema dell’ubiquitina. Il proteasoma 26S è composto da due tipi di complessi: il core 20S, attivo proteoliticamente e le due subunità regolatorie 19S fiancheggianti il core, che conferiscono al proteasoma la dipendenza da ATP e ubiquitina. Quattro anelli eptamerici di subunità α e β formano il core 20S, ovvero un complesso cilindrico composto secondo il seguente ordine: α7β7β7α7. Il proteasoma 20S può esistere anche senza le subunità 19S o in associazione con subunità regolatorie alternative; un esempio è rappresentato dall’attivatore 28 (PA28) del proteasoma 20S, un esamero o eptamero di subunità di 28kDa, noto

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per la sua capacità di stimolare l’attività peptidasica (ma non proteasica) in vitro. Nelle cellule dei mammiferi esistono due tipi di proteasomi 20S: costitutivo e immunoproteasoma. Quest’ultimo genera peptidi da antigeni intracellulari, che si legano a molecole MHC di classe I per la presentazione dell’antigene; in questo modo, il sistema ubiquitina-proteasoma gioca un ruolo centrale nella risposta immunitaria.

Fig. 17 :Schema della struttura molecolare del proteasoma 26 S.

Per entrambi i tipi di proteasomi, la proteina di maturazione del proteasoma (POMP) è richiesta per la maturazione del complesso 20S. POMP agisce da chaperone ed assiste l’assemblaggio di due α7β7 meta-proteosomi (precursore 13-16S) e da ultimo viene degradata essa stessa dal proteasoma maturo. La maturazione del proteasoma è un processo essenziale; nelle cellule di mammifero, topi knock-out di POMP presentano una maggiore induzione. Per quanto riguarda la struttura secondaria di POMP, questa proteina è composta da α-eliche

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allungate e probabilmente non è ripiegata in forma globulare . A causa dell’alta percentuale di aminoacidi idrofobici presenti (42%) nella sequenza della proteina, essa tetramerizza così come fanno diversi chaperones. POMP è localizzata sia nel citosol che nel nucleo (Hoefer, Boneberg, Grotegut, Kusch, Illges, 2006).

E’ noto che la proteolisi mediata dal sistema ubiquitina-proteasoma è richiesta per la facilitazione sinaptica a lungo termine (LTF) in Aplysia (Hedge, Inokuchi, Pei, Casadio, Ghirardi, Chain, Martin, Kandel, Schwartz J.H., 1997). LTF indotta dalla serotonina dipende dall’attività persistente della protein chinasi cAMP-dipendente (PKA) (Hedge, Inokuchi, Pei, Casadio, Ghirardi, Chain, Martin, Kandel, Schwartz J.H., 1997)), e ciò è indotto dalla proteolisi proteasoma-mediata delle subunità regolatorie della PKA. La lactacistina, un inibitore specifico del proteasoma, blocca LTF e l’infusione delle subunità catalitiche della PKA annulla questo blocco (Hedge, Goldberg, Schwartz, 1993; Chain, Casadio, Schacher, Hedge, Valbrun, Yamamoto, Goldberg, Bartsch, Kandel, Schwartz, 1999). Uno studio recente fornisce prove convincenti del coinvolgimento del sistema ubiquitina-proteasoma nel consolidamento della memoria nell’ippocampo di ratto (Foley, Hartz, Gallagher, Ronn, Berezin, Bock, Regan, 2000) . Inoltre, è stato visto che in seguito alla procedura comportamentale dell’ inhibitory avoidance learning (Bernabeu, Bevilaqua, Arenghi, Bromberg, Schmitz, Bianchin, Izquierdo, Medina, 1997) si verifica un aumento dell’ubiquitinizzazione e dell’attività proteolitica del proteasoma nell’ippocampo di ratto; l’inibizione di questo sistema tra 1 e 7 ore dopo il suddetto test comportamentale, ottenuta con infusioni bilaterali di lactacistina, provoca amnesia retrograda. La cascata

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ubiquitina-proteasoma è dunque richiesta per la formazione della memoria a lungo termine nel ratto (Lopez-Salon, Alonso, Vianna, Viola, Souza, Izquierdo, Pasquini, Medina, 2001).

Con l’utilizzo del destabilized enhanced green fluorescence protein con un nuclear localization signal (NLS-d1EGFP), un costrutto fluorescente per monitorare la dinamica delle proteine, è stato visto che l’induzione di long-term potentiation (LTP) induce la sintesi di proteine, ma anche la degradazione di proteine da parte del proteasoma nei neuroni piramidali dell’area CA1 dell’ippocampo di ratto(Karpova, Mikhaylova, Thomas, Knöpfel, Behnisch, 2006). Infatti, in seguito all’induzione dell’LTP, si osserva un aumento della fluorescenza nel soma e nella maggior parte dei dendriti. Applicando anisomicina, un inibitore della sintesi proteica, per investigare la degradazione proteica in assenza della sintesi de novo, si osserva un’accelerata diminuzione della fluorescenza in seguito all’induzione dell’LTP; MG132, un inibitore del proteasoma, è in grado di revertire questo calo nella fluorescenza. Quindi, in presenza di entrambi gli inibitori, anisomicina e MG132, i livelli di fluorescenza rimangono inalterati dopo l’induzione di LTP. Inoltre, MG132 blocca la fase tardiva dell’LTP (late-LTP) nelle slices di ippocampo di ratto; quindi, la degradazione di proteine da parte del proteasoma è necessaria per l’induzione e il mantenimento dell’LTP ((Karpova, Mikhaylova, Thomas, Knöpfel, Behnisch, 2006).

La forte diminuzione della fluorescenza somatica, indotta da high-frequency stimulation (HSF) , potrebbe essere spiegata dalla maggiore concentrazione di proteasomi nei corpi cellulari rispetto ai dendriti (Patrick, Bingol, Wald, Schuman, 2003).

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La regolata degradazione di proteine per mezzo del sistema ubiquitina-proteasoma è un importante modulatore della plasticità sinaptica (Hedge, Inokuchi, Pei, Casadio, Ghirardi, Chain, Martin, Kandel, Schwartz, 1997; Yi, & Ehlers 2005) .

L’attività sinaptica può promuovere il reclutamento e il sequestro di proteasomi per rimodellare localmente la composizione proteica delle sinapsi stesse (Bingol & Schuman, 2006) . Infatti è stato visto che sia la depolarizzazione, ottenuta per mezzo di stimolazione con KCl, sia l’attivazione dei recettori NMDA, critici per la plasticità sinaptica nel sistema nervoso centrale, provocano una redistribuzione dei proteasomi dai dendriti alle spine dendritiche di neuroni piramidali di ippocampo di ratto. Queste spine sono propaggini peduncolate della membrana postsinaptica (dendritica) e sono presenti in molti neuroni del sistema nervoso centrale, specialmente nelle cellule piramidali della corteccia cerebrale e cerebellare. La redistribuzione attività-dipendente dei proteasomi è stata osservata durante stimolazione sia in neuroni ippocampali in coltura, sia in slices di ippocampo (Bingol & Schuman, 2006). Questo “sequestro” di proteasomi nelle spine dendritiche è dovuto all’equilibrio raggiunto per l’aumentato tasso di entrata insieme al diminuito tasso di uscita dei proteasomi, entrambi provocati dalla stimolazione; in particolare, il diminuito tasso di uscita dalle spine è la conseguenza di rafforzate interazioni proteina-proteina. Infatti, una frazione sostanziale di proteasomi nei neuroni ippocampali è associata con l’actina citoscheletrica e la stimolazione dei recettori NMDA aumenta significativamente questa associazione (Bingol & Schuman, 2006).

Le cellule dei granuli del giro dentato dell’ippocampo sono compromesse nella schizofrenia (Eastwood, McDonald, Burnet,

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Beckwith, Kerwin, Harrison, 1995; Freedman, Adams, Leonard, 2000). Per mezzo della tecnica del microarray, sono state valutate le alterazioni nell’espressione genica nelle suddette cellule dei granuli di tessuto cerebrale umano post mortem di pazienti schizofrenici (Altar, Jurata, Charles, Lemire, Liu, Bukhman, Young, Bullard, Yokoe, Webster, Knable and Brockman, 2005) e di topi transgenici Df1/+ (Jurata, Gallagher, Lemire, Charles, Brockman, Illingworth,Altar, 2006), un appropriato modello animale che riproduce almeno alcuni tratti tipici della schizofrenia (Paylor, Lindsay, 2006). Da entrambi gli studi è emerso che in questi neuroni dell’ippocampo c’è una diminuzione nell’espressione di: a) geni per il turn-over delle proteine (subunità del proteasoma e ubiquitina), b) geni del metabolismo energetico ossidativo mitocondriale (ATP sintasi) e c) geni associati alla plasticità sinaptica. Il sistema ubiquitina-proteasoma controlla l’assemblaggio, la connettività e la funzione della sinapsi, compreso il turnover delle proteine presinaptiche e postsinaptiche (Ehlers, 2003). Pertanto, deficienze nell’espressione genica di tale sistema potrebbero essere fattori determinanti per la diminuzione di geni associati alla plasticità sinaptica riportati nella schizofrenia (Altar, Jurata, Charles, Lemire, Liu, Bukhman, Young, Bullard, Yokoe, Webster, Knable and Brockman, 2005). Inoltre, il sistema ubiquitina-proteasoma danneggiato incrementa la vulnerabilità neuronale alle specie reattive dell’ossigeno (Hoglinger, Carrad, Michel, Medja, Lombes, Ruberg, 2003); ciò è di una certa rilevanza perché la diminuita espressione di geni mitocondriali è un altro deficit riscontrato nella schizofrenia. Tra questi geni mitocondriali c’è anche l’ATP sintasi; in particolare, la subunità 6 dell’ATP sintasi è un gene che è risultato essere modulato in senso positivo in seguito a CFC nei nostri esperimenti. Il

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decremento dei geni mitocondriali è in accordo con la diminuzione del metabolismo energetico e del metabolismo neuronale nell’ippocampo di pazienti schizofrenici vivi (Bertolino, Nawroz, Mattay, Barnett, Duyn, Moonen, 1996) .

Tutti questi cambiamenti a livello delle cellule dei granuli del giro dentato dell’ippocampo sono in accordo con la diminuita attivazione ippocampale durante test di apprendimento e memoria eseguiti in pazienti schizofrenici(Jessen, Scheef, Germeshausen, Tawo, Kockler, Kuhn, 2003) e contribuiscono ai deficit cognitivi e affettivi tipici della schizofrenia.

Il sistema ubiquitina-proteasoma appare essere coinvolto anche nella patogenesi di malattie neurodegenerative, caratterizzate dalla formazione di aggregati proteici anormali. In particolare, nell’Alzheimer sono presenti placche senili extracellulari di amiloide e ammassi neurofibrillari intracellulari; questi ultimi sono costituiti da Tau, una proteina dei microtubuli, che nell’Alzheimer è iperfosforilata. Il fatto che questi materiali di inclusione citoplasmatici siano ubiquitinizzati viene considerato come un tentativo cellulare di eliminare le proteine anormali. Comunque, l’accumulo di questi aggregati proteici indica che nell’Alzheimer questi tentativi falliscono per ragioni sconosciute. L’accumulo suggerisce che esista un danneggiamento del sistema ubiquitina-proteasoma, che come descritto è responsabile della degradazione proteica. Il proteasoma, per le sue grandi dimensioni e la complessa struttura proteica, potrebbe essere un target preferenziale per stimoli patogeni, che indurrebbero cambiamenti molecolari come mutazioni o alterazioni conformazionali. Oltre alla degradazione proteica, il sistema ubiquitina-proteasoma serve anche alla regolazione della plasticità

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neurale, che avviene durante lo sviluppo neuronale, nel rimodellamento neuronale, nella formazione di nuove sinapsi e nel consolidamento di contatti sinaptici (Bingol, Schuman, 2005; Kuo, Jan, Jan, 2005; Terriff, Chick, Price, Ho, 2005). Questi fenomeni implicano che il proteasoma è coinvolto nei processi di apprendimento e memoria. Sia la plasticità sinaptica che il rimodellamento sono severamente ostacolati nell’Alzheimer, dove la degenerazione parte dalla sinapsi. La sovraespressione 48 h dopo CFC di fattori coinvolti nel sistema di degradazione delle proteine mette in evidenza il ruolo chiave svolto dai meccanismi del turnover proteico nei fenomeni di consolidamento delle memorie a lungo termine.

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5.3 Clone 1VC10: TYPE-I

α REGULATORY SUBUNIT

OF cAMP DEPENDENT PROTEIN KINASE

Nella sua forma inattiva, la protein-chinasi cAMP dipendente (PKA) è un tetrametro formato da due subunità regolatorie (R) e da due subunità catalitiche (C).

Fig.18:Schema dell’attivazione della PKA.

Quattro subunità R (RIα, β e RII α, β) e tre subunità C (Cα, β e γ) sono codificate da geni diversi. Il legame di quattro molecole di cAMP alle subunità R omodimeriche determina un cambiamento conformazionale che riduce drasticamente l’affinità per le subunità C che si dissociano e vanno a fosforilare target specifici. L’attivita chinasica della PKA è garantita da proteine adattatrici chiamate “protein kinase A anchor proteins” o AKAPs, che si legano alle subunità regolatorie della PKA.

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La specificità della PKA è determinata dalle molteplici isoforme del complesso tetramerico, dal pattern di espressione delle varie subunità e dalla compartimentalizzazione della PKA stessa in differenti compartimenti subcellulari proprio per mezzo dell’interazione con AKAP. La PKA è coinvolta sia nella memoria a breve termine, sia nella memoria a lungo termine. Per quanto riguarda la memoria a breve termine, la PKA può rapidamente modulare l’efficacia sinaptica fosforilando canali ionici e recettori (Colwell, Levine, 1995). Per esempio, la PKA fosforila i canali del calcio di tipo L, che sono localizzati in cluster a livelli del terminale postsinaptico. Inoltre, la PKA. In Aplysia nel circuito neurale che sottende il riflesso di retrazione del sifone, la PKA fosforila i canali potassio di tipo S; determinando l’ aumento della durata del EPSP a livello delle sinapsi fra i neuroni sensoriali e motori, e la conseguente maggiore entrata di Ca2+ attraverso i canali di tipo N. l’ingresso di Ca2+ porta all’attivazione della calcio-calmodulina chinasi, che a sua volta, fosforila le sinapsine proteine che promuovono il rilascio delle vescicole dal citoscheletro.

Per quanto riguarda invece la memoria a lungo termine, la PKA trasloca nel nucleo. In particolare, la subunità catalitica fosforila, attivandolo, un fattore di trascrizione detto CREB-1; tale molecola si lega ad un elemento promotore detto CRE. L’attivazione di CREB-1 attiva l’espressione di geni bersaglio, fra cui sono particolarmente interessanti il gene codificante per l’enzima carbossi-terminal-idrolasi dell’ubiquitina, e il gene codificante per il fattore di trascrizione C/EPB. La carbossi-terminal-idrolasi attiva i proteasomi rendendo attiva in modo persistente la PKA; l fattore C/EPB è un componente

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della cascata genica necessaria per la formazione di nuove connessioni sinaptiche.

La protein-chinasi cAMP dipendente lega quattro molecole di cAMP; il sito di legame per ciascuna molecola di cAMP si trova nel dominio B della subunità regolatoria di tipo Iα della PKA ed è costituito dai 19 aminoacidi carbossi-terminali di questa subunità che formano un αC elica. L’αC elica, ed in particolare la tirosina in posizione 371 (Tyr-371), forma una parte importante del dominio B, legante il cAMP(Kapphahn, Shalb, 1997). La funzione di Tyr-371 è quella di stabilizzare il dominio B attraverso il legame con l’acido glutammico in posizione 324 (Glu-324).

E’ noto che la protein-chinasi cAMP dipendente giochi un ruolo critico nell’espressione delle forme durature di LTP nell’ippocampo. E’ stato visto che distinti pattern di attività sinaptica inducono forme di LTP che a loro volta richiedono isoforme differenti di PKA (Woo, Duffy, Abel, Nguyen, 2000).

Topi transgenici che esprimono una forma inibitoria della subunità regolatoria di tipo Iα della PKA, chiamati R(AB), mostrano livelli di attività di PKA ippocampale significativamente ridotti (approssimativamente 40-50% dell’attività basale). Questa riduzione di attività della PKA risulta dalla soppressione dell’attività enzimatica degli oloenzimi tetramerici che contengono la forma inibitoria mutante della subunità RIα della PKA (Abel, Nguyen, Deuel, Kandel, Bourtchouladze, 1997). I topi transgenici R(AB) rappresentano perciò un mezzo appropriato ed efficace per verificare l’ipotesi che differenti pattern di attività sinaptica possano indurre forme di LTP che richiedono distinte isoforme di PKA (o più specificamente, differenti isoforme di subunità regolatorie) .

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E’ stato visto che i suddetti topi transgenici mostrano una diminuzione dell’LTP nell’area CA1 di slices di ippocampo, quuando LTP è indotta da un protocollo di stimolazione di tipo tetra-burst (4 burst da 100Hz, durata di 1-s, applicati ogni 5 min) . L’LTP invece è normale quando indotta da un protocollo di stimolazione di tipo theta-burst. Questi due differenti tipi di stimolazione reclutano isoforme distinte di PKA. In particolare, sebbene l’LTP indotto dal theta-burst sia PKA dipendente, la sua normale espressione nelle slices dei mutanti R(AB) indica che questo pattern di stimolazione possa reclutare isoforme di PKA che non contengono la subunità RIα mutante. Un possibile meccanismo è che la stimolazione di tipo theta possa produrre un modesto aumento di cAMP, non sufficiente da reclutare isoforme di PKA contenenti la subunità mutante. La stimolazione di tipo tetra è un protocollo di stimolazione più forte e provoca deficit nell’LTP probabilmente perché richiede quantità notevoli di PKA contenenti la subunità mutante (oltre a tetrametri contenenti RIβ) . Inoltre i livelli di espressione dei tetrameri contenenti la forma mutata di RIα sono più alti di quelli dei tetrameri contenenti RIβ. Questa affermazione è supportata dal fatto che la stimolazione di tipo tetra, in grado di attivare PKA più fortemente del protocollo theta più debole, produce un diminuito LTP nelle slices dei mutanti R(AB).

In un contesto più ampio, i nostri risultati suggeriscono che la plasticità sinaptica nel cervello dei mammiferi possa essere regolata dal reclutamento attività-dipendente di differenti isoforme di molecole chiave nel sistema di traduzione del segnale (Woo et al., 2000) che agiscono probabilmente in modo sinergico e multifattoriale. Questi dati sono in linea con i risultati ottenuti da numerose ricerche (Abel, Nguyen, Deuel, Kandel, Bourtchouladze, 1997) e sottolineano il ruolo

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chiave della attività della PKA nei fenomeni di consolidamento di numerose forme di memoria, inclusa quella alla paura.

Figura

Fig. 17  :Schema della struttura molecolare del proteasoma 26 S.

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