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Capitolo 1 “Il cemento armato negli anni 60”

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Capitolo 1

“Il cemento armato negli anni 60”

1.1 Centocinquant’anni di storia del c.a.

“Il cemento armato è il più bel sistema costruttivo che l’umanità abbia saputo

trovare sino ad oggi. Il fatto di poter creare pietre fuse, di qualunque forma, superiori alle naturali poiché capaci di resistere a trazione, ha in sé qualcosa di magico.”

Con queste parole Pierluigi Nervi, negli anni 50, esprimeva la sua ammirazione per una tecnica le cui origini risalgono alla seconda metà dell’800 quando si realizzò la sintesi di due materiali fondamentali: la nuova pietra artificiale a base di cemento e l’acciaio in barre ottenute per laminazione.

L’esempio più antico in cui è possibile riconoscere principi vicini a quelli dell’odierno cemento armato è la piccola barca in cemento rinforzata sullo scafo da un graticcio di tondini metallici, eseguita nel 1848 da Lambot. Nel 1849 il giardiniere parigino Monier ideò vasi modellati con una malta di sabbia e cemento in cui inseriva un’ossatura di fili di ferro, primo vero esempio di conglomerato cementizio armato con lo scopo di sopperire alla debolezza a trazione del materiale. Ma le prime applicazioni a quello che ne sarebbe divenuto il settore principe, le costruzioni civili, sono dovute all’ing. Coignet che nel 1861 pubblicò un volume “Béton agglomerés appliqués à l’art de costruire” in cui mostrava i risultati ottenuti sperimentando travi, solette e volte nelle quali aveva incorporato profilati di acciaio. I tre precursori si resero conto subito delle potenzialità delle loro invenzioni e brevettarono diversi elementi strutturali in cemento armato. Durante questa primissima fase, però, piuttosto che gli aspetti tecnico-scientifici prevalevano quelli di natura commerciale, si moltiplicavano i brevetti e i procedimenti esecutivi intestati a singoli individui. Gli iniziatori di questo nuovo mezzo costruttivo tentavano intuitivamente di conferire al calcestruzzo la necessaria resistenza a flessione e pur basandosi sui suggerimenti dell’esperienza non sempre riuscivano a darne la giustificazione statica. Ottenevano valide soluzioni per problemi specifici, ma non fornivano indicazioni di validità generale, necessarie per un’applicazione diffusa della nuova tecnologia.

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Mentre sui cantieri la tecnica progrediva, l’avvio di uno studio e una ricerca sistematici fu, pertanto, più lento. Nel 1884 i brevetti di Monier si diffusero in Germania e i laboratori e gli ingegneri cominciarono ad interessarsi attivamente al nuovo materiale. Fu la scuola tedesca che gettò le basi per l’organizzazione sistematica delle conoscenze sul cemento armato e la sua applicazione su vasta scala. L’ing. Wayss e il prof. Bauschinger, sulla base di esperienze sperimentali, fissarono i principi fondamentali riguardanti il posizionamento delle armature in prossimità della zona tesa e l’aderenza acciaio-calcestruzzo, che impone ai due materiali di agire staticamente insieme.

A partire dalle loro pubblicazioni (1887) divenne chiara l’eccezionale importanza della nuova tecnica e le ricerche sia teoriche che sperimentali ne ebbero un forte impulso. In Germania seguirono numerosi altri studi compiuti da Konen, Morsch, Back e Kleinloghel. Negli stessi anni alla Ècole des Ponts et Chaussées fu istituito il primo insegnamento teorico tenuto da Charles Rabut (1897) e Considère iniziò le sue indagini. In Austria lavoravano Neumann, Melan, Empergher; in Svizzera si affermarono Richter e Schule; negli Stati Uniti, sulla strada indicata da Hyatt, contemporaneo di Monier, proseguirono Ransome e Wilson che proposero nuovi sistemi e tipi di armatura.

Queste ricerche permisero di gettare le basi per una vera e propria teoria del cemento armato che portò alla comparsa, nel 1906, delle prime norme tedesche e francesi. Documenti molto concisi che si limitavano ad estendere al nuovo materiale la teoria della flessione, fondata sulle ipotesi di risposta elastica e planarità delle sezioni. Si metteva in luce il concetto di partecipazione dei due materiali base e si fornivano alcune regole di esecuzione. Alcuni anni più tardi si aggiungerà il modello di Ritter-Moersh per l’assorbimento degli sforzi di taglio.

Il cinquantennio che ha visto la nascita del cemento armato e che si può concludere con l’apparizione dei primi regolamenti è caratterizzato,dal punto di vista tecnico, da alcuni punti salienti: netta prevalenza dell’inventtiva; impiego di forti quantitativi di armatura; adozione per le strutture più impegnative di soluzioni spingenti in cui la presenza di sforzo normale permetteva di sfruttare meglio le proprietà del materiale. Queste cautele ridussero a pochi casi isolati gli incidenti definendo, così, un inizio promettente.

A questa fase primordiale seguirà un nuovo periodo di sviluppo del cemento armato che arriverà sino agli anni ’50, che videro la nascita delle grandi associazioni

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Un periodo di tempo molto travagliato per l’incidenza dei due grandi conflitti mondiali, fatto che favoriva le applicazioni a scapito però degli studi teorici e sperimentali. Anche la didattica ufficiale era molto distante dalle realizzazioni dei grandi progettisti. Nel nostro Paese la diffusione del cemento armato fu merito soprattutto della Società Porcheddu di Torino che costruì importanti opere pubbliche in cemento armato e introdusse in Italia il “sistema Hennebique”, un costruttore belga dall’eccezionale intuito statico e senso costruttivo che sopperivano alla sua più debole preparazione teorica. Il sistema costruttivo, che porta il suo nome raccoglieva le idee fondamentali del suo autore, selezionate nei suoi anni di attività. A lui si deve la concezione della trave con sezione a T, armata in zona tesa e con barre ripiegate verso l’alto sugli appoggi. Ma la caratteristica saliente del sistema era la presenza di ferri piatti sagomati a U, i quali, disposti a collegare le armature tese con il calcestruzzo compresso, avevano la funzione di staffe atte ad assorbire gli sforzi taglianti. Con tali caratteristiche il brevetto Hennebique (1892) riassumeva le principali scoperte dei precedenti vent’anni di attività del settore. Ebbe una grande influenza sugli sviluppi delle costruzioni in cemento armato soprattutto in Francia e in Italia. Progettò il famoso ponte Risorgimento, a Roma, eseguito nel 1911 dalla Società Porcheddu. Con i suoi oltre 100 m di luce, per molti anni detenne il record mondiale e fu oggetto di studi e polemiche dovuti in parte all’assenza di una rigorosa procedura di calcolo alla base della progettazione, in parte al fatto che presentò a breve dalla sua costruzione un diffuso stato di fessurazione . La causa era dovuta al disarmo precoce, pare ordinato da Hennebique a soli due giorni dal getto ed eseguito nottetempo per superare le perplessità dei tecnici coinvolti nell’esecuzione dell’opera. L’ordine del costruttore, se da un lato favorì la fessurazione, dall’altro permise la ridistribuzione delle tensioni all’interno della struttura verso l’assetto statico che ha consentito al ponte di arrivare pressoché intatto sino ai giorni nostri. Questo è solo uno degli esempi che possono essere citati a dimostrazione di come in quest’epoca i progettisti precorrevano i tempi, superando l’arretratezza della normativa.

La Pratica dettava alla Teoria e la Teoria veniva applicata alla Pratica.

Durante questo secondo cinquantennio di vita il cemento armato fece significativi progressi in vari campi di applicazione. Ai primi del 900 Considère studiava il calcestruzzo cerchiato e Mesnager le semi-articolazioni in cemento armato. Ci furono innovazioni formali quali l’impiego del calcestruzzo faccia a vista e altre riguardanti il progresso nelle tecniche di cantiere con l’avvento dei vibratori per la compattazione del conglomerato cementizio. Si svilupparono gli studi sulla

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fabbricazione e collocamento delle grandi centine, si fecero prove sulla deformazione visco-elastica del conglomerato. Nervi ebbe un ruolo principale nella nascita della prefabbricazione, mentre Freyssinet nel 1930 proponeva le prime applicazioni della precompressione. I progressi compiuti in questo periodo ebbero il loro sviluppo negli anni che giungono fino ad oggi.

Al termine di questa seconda fase le ragioni del successo del cemento armato, che conservano ancora oggi la loro validità, potevano essere riassunte in alcuni punti: - la resistenza al fuoco: “plus d’incendie désastreux” sottolineava Hennebique;

- l’economia di manutenzione che lo pone in vantaggio rispetto alla costruzione metallica;

- la flessibilità d’impiego; - il progresso della tecnica;

- l’evoluzione nel cantiere di costruzione;

- il carattere di monoliticità e iperstaticità intrinseca che spesso ha consentito all’opera di resistere a sollecitazioni non previste in fase di calcolo;

- l’ingegnosità dei tecnici.

L’ultimo cinquantennio di storia del cemento armato ha visto l’introduzione sistematica, nel campo delle costruzioni, della ricerca scientifica e il trasferimento nella pratica corrente dei risultati via via conseguiti.

Nei vari Paesi si stavano affermando criteri discordanti: le tensioni ammissibili assumevano valori molto diversi ai due lati di una frontiera, alcuni suggerivano di adottare armature di piccolo diametro altri esattamente l’opposto. I contrasti riguardavano anche le verifiche a flessione e taglio, le regole sull’instabilità, sulle deformazioni ammissibili e sulle disposizioni costruttive. Il problema era evidente e particolarmente allarmante per chi, come i costruttori, si doveva assumere la responsabilità di costruzioni sempre più impegnative. Non deve dunque stupire se a proporre la creazione di un organismo internazionale capace di armonizzare le diversità sia stato Balency, un costruttore francese che con la sua impresa si trovava ad operare in nazioni europee ed extra europee. Nel 1953 nacque così il Comitato Europeo del Cemento Armato (Ceb) al quale aderirono subito una ventina di paesi. Il fondatore si preoccupò di imporre che le rappresentanze nazionali fossero composte in modo equilibrato da esponenti dei vari settori interessati: costruttori, studiosi, progettisti. Proprio nello stesso periodo altre iniziative portavano alla creazione della Fip (Fédération Internationale de la Précontrainte) il cui scopo era

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promuovere e controllare l’evoluzione della nascente tecnica costruttiva della precompressione.

Negli anni compresi tra il 1957 e il 1998 il Ceb ha prodotto oltre 200 bollettini, alcuni utilizzati come base delle Raccomandazioni o Model Codes, altri vere e proprie bozze di norme riferite a specifici argomenti. Si introdusse il metodo “semiprobabilistico agli stati limite”, si accettò il calcolo non lineare delle sollecitazioni, si definirono i metodi di verifica delle piastre, si enunciarono i principi relativi all’aderenza e all’ancoraggio delle armature, si diedero le regole per la verifica a torsione, le indicazioni per il controllo della fessurazione e della deformazione, si introdusse il diagramma sforzi deformazioni, si definirono i valori caratteristici per la precompressione. Questi sono solo alcuni punti di un elenco comprendente la storia di circa quarant’anni di studi del Ceb. I lavori del Comitato furono assunti agli inizi degli anni ottanta dalla Comunità Europea quale base per la redazione degli Eurocodici.

Il progresso degli studi teorici e sperimentali è avanzato e sta avanzando rapidissimo, fornendoci nuove tecnologie costruttive, nuovi materiali e assemblaggi. Guardando all’evoluzione dei primi cento anni di storia del cemento armato si capisce come prima, dietro la storia delle tecniche costruttive ci fosse una consapevole maturazione che portava a progettare secondo le “regole dell’arte”. Oggi sono state sostituite da laboriose procedure di calcolo contenute nella normativa tecnica, che rappresentano sicuramente un progresso necessario ma si deve fare attenzione a conciliare con una maturazione che ne permetta l’impiego corretto.

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1.2 Stato dell’arte negli anni 50-60

L’opera oggetto di questo studio è stata costruita per fasi successive tra il 1956 e il 1966, periodo che, nella storia del cemento armato appena tratteggiata, si situa a cavallo tra le due fasi salienti della crescita di questa tecnica. Quella di sviluppo sui cantieri con criteri quasi esclusivamente empirici e quella in cui i centri di ricerca e i laboratori sperimentali hanno influito fortemente sull’evoluzione delle tipologie e delle tecniche costruttive. Questa seconda fase, essendo nata lontano dal cantiere, non ha avuto su questo un’influenza immediata pertanto l’opera in esame si può ben inserire nella prima fase.

Si è già accennato alle caratteristiche peculiari di questo periodo, in particolare alla consapevolezza dei progettisti dell’importanza di intuizione e inventiva per sopperire alle fragili nozioni teoriche sul nuovo materiale e il suo utilizzo. Lo si nota dall’impostazione stessa dei volumi di tecnica del cemento armato degli anni ‘30-‘50. Mentre ora, nella maggioranza dei casi, viene loro data un’impostazione basata sulla “spiegazione e applicazione della normativa”, prima si trovava la volontà di rendere conscio il lettore del funzionamento del cemento armato, di intuire i meccanismi di una costruzione. Scrive il Pugnali nel suo “La Pratica del Cemento Armato” pubblicato nel 1930: “Il calcolo non sarà allora che uno

strumento, bene o male impiegato secondo i casi, ma sempre uno strumento. E se i suoi risultati sono discordanti da ciò che noi intuiamo, si può essere quasi sicuri che ha torto e che va rifatto forse con altre basi.”

È chiaro come una simile impostazione sia basata sull’ignoranza di un processo tecnologico complesso ancora agli albori. L’avanzamento della tecnica e della ricerca ci ha offerto strumenti preziosi per poter superare molte incertezze ma nel contempo lascia meno spazio a quell’intuizione citata dal Pugnali.

I progettisti di quegli anni erano coscienti di possedere il controllo dei mezzi più di quanto l’avessero le teorie fino ad allora formulate tanto che, sempre il Pugnali, scrive: “Noi non costruiamo le nostre strutture con lo scopo di mettere in pratica

delle teorie, ma invece studiamo delle teorie perché esse ci aiutino a risolvere i problemi pratici, il che è diverso.”

Allo scopo di fornire ai futuri progettisti strumenti solidi di concezione strutturale anche Pierluigi Nervi in “Costruire correttamente”(1955) propone, per la formazione dei giovani allievi ingegneri, dei corsi di statica delle costruzioni di carattere descrittivo e intuitivo.

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Un’opera di riferimento per i progettisti italiani di quel periodo è quella del prof. Santarella “Il cemento armato. La Tecnica e la Statica” la cui prima edizione, a cui seguiranno innumerevoli altre, comparve nel 1925. Nella sua prefazione, parlando di “intuito creatore del Tecnico”, egli mostra lo spirito, già evidenziato, che animava gli addetti ai lavori dell’epoca. Nel volume sono presenti molteplici tabelle e grafici utili strumenti all’epoca per il dimensionamento degli elementi strutturali. Sempre il Santarella presentò una monografia (1965) nella quale offrì una serie di esempi costruttivi in cemento armato, illustrati dalle tavole esecutive. Fu un utile strumento per i Tecnici dell’epoca che potevano trarre esempio, o utilizzare come punto di partenza per le loro applicazioni, i casi pratici affrontati dall’autore.

Negli anni 50-60, in Francia, il professor Guerrin scrisse l’opera in più volumi “Traité de béton armé” allo scopo di riassumere le conoscenze in materia. Il tomo IV “Ossatures d’immeubles et usines. Planchers. Escaliers. Encorbellements. Ouvrages divers du Batiment.” ( “Strutture di edifici civili e industriali. Solai. Scale. Elementi a sbalzo. Costruzioni speciali.”) offre un chiaro quadro delle applicazioni pratiche del cemento armato e aiuta a riflettere sullo stato dell’arte di quegli anni. Spiega, ad esempio, come l’interesse del costruttore sia quello di risparmiare sull’acciaio, sovradimensionando in caso di necessità dalla parte del calcestruzzo. Parlando dei pilastri specifica come solo motivi estetici o di ingombro possano obbligare ad aumentare le armature “qui coutent cher”.

I volumi dell’epoca, come mostrano gli esempi visti, oltre a riassumere le conoscenze alla base dei calcoli statici e dare informazioni sulle proprietà del nuovo materiale, miravano a fornire al progettista e al costruttore un aiuto di tipo pratico, fornendo consigli e metodologie costruttive che andavano oltre le normative vigenti. Queste ultime, infatti, erano rappresentate nei vari paesi da documenti piuttosto sintetici che non fornivano indicazioni dettagliate. Come descritto precedentemente, infatti, il primo cinquantennio del ‘900 vide prevalentemente uno sviluppo empirico e le uniche prescrizioni erano rimaste quelle emanate in Francia e Germania nei primi anni del secolo.

All’atto della costruzione dell’opera in esame la normativa di riferimento, in Italia, era il Regio Decreto del 16 novembre 1939 che rimase in vigore trentatrè anni. Un aspetto particolare di questa normativa riguarda la regola che vengano effettuate, durante la costruzione degli edifici in cemento armato, delle visite di controllo da parte di tecnici incaricati dalla prefettura. Seguendo l’applicazione di questa norma sino alla sua abolizione, avvenuta con la legge 1086 del ’71, si ha

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un’ulteriore visione dei rapidi cambiamenti che caratterizzarono la vita di cantiere di quegli anni.

Nella prima fase di sviluppo, anni ’30, la normativa fu caratterizzata dalla preoccupazione che i tecnici operanti sul campo fossero, in gran parte, inesperti della nuova tecnologia. Si imponeva pertanto che i controlli sui materiali si facessero prevalentemente nei laboratori delle università (con riferimento all’opera in esame, è stato reperito un certificato rilasciato dal laboratorio dell’università di Pisa) e che i Prefetti effettuassero rigorosi sopralluoghi e verifiche delle attività di progetto e costruzione. Essi nominavano un Ispettore, esperto in questa nuova tipologia strutturale, per controllare in cantiere se la normativa veniva rispettata. Accadeva che ingegneri appena laureati, che avevano studiato nei nuovi programmi il cemento armato, ritrovassero nei cantieri ingegneri più anziani che lo conoscevano poco, attrezzature di cantiere e criteri di dosatura degli inerti e del cemento primordiali e, quindi, risultati in termini di resistenza del calcestruzzo scadenti. Comunque l’impiego del calcestruzzo si estendeva a tutte le tipologie edilizie e col tempo progrediva la tecnica.

Negli anni ’50 le imprese avevano ben imparato a costruire in c.a., gli ingegneri a progettare secondo le teorie accreditate e si erano consolidate le tecniche del buon costruire. Al contrario le nuove leve di ingegneri conoscevano solo la teoria ma erano certamente di livello inferiore ai tecnici da tempo militanti sul campo.

Si arrivò così ad una situazione difficile per l’Ispettore della prefettura che continuava ad esser scelto dal Prefetto tra le nuove leve e in cantiere incontrava i colleghi costruttori e progettisti più esperti di lui. Il Prefetto inoltre affidava gli incarichi con criteri clientelari finché il mondo della tecnica insorse per eliminare del tutto ogni controllo sulle opere in cemento armato. Venne nominata una commissione per modificare la normativa e si pervenne ad una procedura amministrativa di autocontrollo sistematico che eliminava la figura dell’Ispettore (l’attuale procedura della legge 1086 ).

L’opera di cui si occupa la presente tesi è stata ultimata nel 1966 per cui è stata oggetto, durante la costruzione, di visite da parte dell’Ispettore; si riporta la relazione sulla visita di controllo relativa all’ultimo ampliamento dell’edificio.

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All’aspetto normativo appena illustrato è dedicato un ampio articolo, l’art 4, del Regio Decreto del ’39.

Per quanto riguarda le prescrizioni contenute in tale decreto si può notare come, dal punto di vista concettuale, siano ancora prive di particolari approfondimenti.

1.3 Regio Decreto 16 novembre 1939

Il R.D. n°2229, riguardante le “Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato”, dedica largo spazio alla parte iniziale riguardante le prescrizioni generali e le norme sulla qualità dei materiali. Seguono, in forma più breve, le indicazioni riguardanti la progettazione e quelle su esecuzione e collaudo.

Una breve analisi dei principali articoli del R.D. attinenti alla progettazione, artt. 18-34, è utile a fornire un quadro dello stato dell’arte negli anni in cui la struttura oggetto di studio è stata progettata ed eseguita.

Art. 18

Definisce i “carichi di sicurezza del calcestruzzo”, ovvero le tensioni ammissibili, per le sollecitazioni di compressione, trazione semplice, flessione semplice o composta, taglio. Quest’ultimo termine copre tacitamente anche la torsione. I valori stabiliti sono riferiti alle condizioni di esercizio e variano a seconda del tipo di cemento impiegato e della resistenza del conglomerato. Per la flessione il fattore di sicurezza è pari a 3. Se però la resistenza supera i 225 kg/cm2 alla quota che supera tale valore si applica il fattore 9, a dimostrazione delle cautele che venivano prese quando ci si scostava dalle conoscenze maggiormente accertate.

I limiti per le tensioni tangenziali, rispettivamente pari a 4 e 14-16 kg/cm2, in assenza o in presenza di armatura specifica, devono intendersi calcolati nella struttura supposta non fessurata e sono quindi destinati a tenere sotto controllo la fessurazione e le condizioni di lavoro del calcestruzzo nell’anima della trave.

Art. 19

Fissa i tassi di lavoro per le armature nelle condizioni di esercizio con sezione parzializzata. I dati cambiano per i diversi tipi di acciaio e anche in funzione della

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qualità del calcestruzzo. I livelli di tensione ammissibili variano tra 1400 e 2000 kg/cm2. Sulle condizioni di ancoraggio viene specificato solo che devono essere tanto più accurate quanto maggiori sono le tensioni massime adottate.

Art. 20

Viene indicato il peso proprio del conglomerato armato pari a 2500 kg\cm3. Art. 21

Si fa un breve accenno agli effetti delle azioni dinamiche. Art. 22

Questo articolo è dedicato all’analisi strutturale fondata su non ben definiti “metodi della scienza delle costruzioni”. All’armatura metallica si applica un coefficiente di ampliamento pari al rapporto fra i moduli elastici dei due materiali associati che viene assunto pari a 10. Successivamente, nel metodo delle tensioni ammissibili, il coefficiente di omogeneizzazione assumerà valore pari a 15. Nel calcolo globale della struttura si ammette che il conglomerato reagisca a trazione; la presenza dell’armatura può essere trascurata se la corrispondente sezione è inferiore al 2% di quella del calcestruzzo.

Art. 22-28

Riguardano diversi aspetti progettuali relativi ai solai. Art. 29-30

Nell’articolo 29 viene introdotta la regola della parzializzazione mentre nell’art. 30 vengono analizzate le membrature soggette a pressione assiale centrata o eccentrica. Dopo qualche prescrizione sulla disposizione delle armature, si dedicano alcune righe al carico di punta ma non viene specificato il fattore di sicurezza, che dovrebbe aumentare per tener conto del fenomeno di instabilità. Nell’attuale metodo semiprobabilistico, l’aumento del rischio è coperto dalla maggiorazione degli effetti del second’ordine provocata dall’adozione dei valori di calcolo per i carichi e per le resistenze.

Art. 31-32

Si definiscono i pilastri cerchiati, con l’indicazione dei rapporti geometrici. Art. 33-34

Anche questi articoli, come l’art. 30, non danno indicazioni chiare e precise.

Il primo parla di deformazioni impresse: effetti termici e ritiro, quest’ultimo assimilato ad una variazione di temperatura. Non si fa riferimento agli effetti viscosi. Il secondo riguarda la verifica alle deformazioni ma non fa riferimento a fessure e fenomeni di fluage.

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Alle norme sulla progettazione seguono quelle sull’esecuzione: la preparazione degli impasti, la casseratura, la messa in opera delle barre, la loro sovrapposizione (almeno 40 diametri). Si danno indicazioni sulla piegatura delle barre e sul copriferro, che non deve essere inferiore a 2cm. Si definiscono le condizioni di posa in opera del conglomerato e quelle riguardanti il disarmo.

Nell’articolo 49 viene infine prescritto che il direttore dei lavori tenga un registro

“nel quale sono indicate le date dell’ultimazione del getto delle varie parti dell’opera, la quantità del cemento impiegato e tutte le eventualità degne di nota verificatesi durante la costruzione”.

Relativamente all’opera in esame è stato possibile reperire tali registri. Il direttore dei lavori, coadiuvato da un geometra, ha redatto durante la realizzazione dell’edificio i “Libretti delle misure” sui quali ha riportato dettagliatamente gli stati di avanzamento della costruzione. L’analisi di questi ha fornito esaustive informazioni sulla struttura.

Gli ultimi tre articoli del Regio Decreto si riferiscono al collaudo definendone i tempi e le modalità.

Anche riguardo al collaudo è stato possibile acquisire importanti documenti, in particolare riguardanti le prime fasi costruttive dell’opera che, come accennato, è stata costruita in diversi stadi.

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