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INDAGINI PRELIMINARI SULLA VARIABILITÀ GENETICADELLA BECCACCIA (SCOLOPAX RUSTICOLA L.) (1)

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– I.F.M. n. 2 anno 2007

ANNA MEMOLI (*) - DONATELLA PAFFETTI (*)

INDAGINI PRELIMINARI SULLA VARIABILITÀ GENETICA DELLA BECCACCIA (SCOLOPAX RUSTICOLA L.) (1)

L’uso di marcatori molecolari su individui di Beccaccia offre la possibilità di eviden- ziare eventuali gradi di parentela e, quindi, di avviare nuove pratiche di gestione.

Mediante i marcatori RAPD e l’analisi di sequenze di zone non codificanti mitocondriali (mtDNA) su campioni prelevati in varie località italiane, gli autori hanno definito un quadro attendibile della variabilità genetica della specie, sia a livello di popolazione, sia di individui. Le sequenze di mtDNA hanno mostrato, tra l’altro, la diversa distribuzione degli aplotipi nelle località esaminate. Palazzuolo sul Senio (FI) è risultata quella con la minore presenza di aplotipi, a conferma di come le modifiche ambientali abbiano reso quest’area poco adatta alla sosta dello scolopacide. I marcatori RAPD, eseguiti solo sugli individui prelevati nelle località toscane, hanno fornito risultati che confermano le ipote- si che il volo migratorio delle beccacce venga realizzato da popolazioni geneticamente molto simili.

Parole chiave: Caradriiformi; Scolopax; Beccaccia, RAPD; mtDNA.

Key words: Charadriiformes; Scolopax; Woodcock; RAPD; mtDNA.

INTRODUZIONE

Nelle indagini genetiche finalizzate allo sviluppo di piani di gestione della Beccaccia, finora si è fatto ricorso soprattutto al metodo RAPD (Ran- dom Amplified Polymorphic DNA) per valutare i livelli di variabilità e per definire l’appartenenza a determinati gruppi. Con questa metodologia, tra l’altro, sono state svolte indagini per caratterizzare la diversità genetica in diverse popolazioni europee di Beccaccia (BURLANDOet al., 1997) e per evi- denziare il gruppo di appartenenza di individui catturati in varie località italiane ed estere (ARILLOet al., 2000).

Al contrario, non risulta che finora sia stata studiata la variabilità gene-

(*) Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Forestali. Università degli Studi di Firen- ze, Via S. Bonaventura, 13 - 50145 Firenze.

1La ricerca è stata svolta con il contributo della Provincia di Firenze, dell’ARSIA e di Feder- caccia Toscana. Gli autori hanno svolto il lavoro in parti uguali.

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tica della Beccaccia mediante l’analisi di sequenze del genoma mitocondria- le (mtDNA).

L’mtDNA è un genoma «congelato» nel tempo, probabilmente ha più di 400 milioni di anni e varia molto lentamente (BIRKY, 1988). Si eredita solo per via materna: ciò consente di evidenziare le discendenze anche a lunga distanza e quindi può risultare di estremo interesse nello studio del fenomeno migratorio.

Mediante questa metodologia BARROWCLOUGHe collaboratori (1994) hanno stabilito le aree di provenienza delle diverse popolazioni di Gufo nord-americano (Strix occidentalis Xantus de Vesey, 1860). EDWARDS

(1993), attraverso lo studio della genealogia del mtDNA ed analisi di gene flow, ha evidenziato le differenze esistenti fra le popolazioni insulari e quelle continentali del Garrulo corona grigia (Pomatostomus temporalis Vigors e Horsfield, 1827), un passeriforme diffuso soltanto in Australia.

WENINK e collaboratori (1994) hanno definito le sequenze della regione di controllo mitocondriale in due uccelli di ripa: il Voltapietre (Arenaria interpres Linnaeus, 1758) e il Piovanello pancianera (Erolia alpina Lin- naeus, 1758). Si tratta di due uccelli, presenti anche in Italia, che appar- tengono allo stesso ordine (Caradriiformi) e alla stessa famiglia (Scolopa- cidi) della Beccaccia.

Il presente lavoro ha come obbiettivo la caratterizzazione genetica di individui di Beccaccia prelevati in alcune località italiane per rilevare e defi- nire le relazioni genetiche tra gli individui delle diverse aree di studio. Per la caratterizzazione molecolare dei campioni prelevati sono state utilizzate due diverse metodologie: l’analisi di sequenze di zone della regione di con- trollo mitocondriali e i marcatori RAPD. La conoscenza della variabilità genetica a carico di queste popolazioni risulterà molto utile per la gestione pratica del prelievo venatorio.

A tale riguardo è opportuno rilevare come le popolazioni che interes- sano il nostro Paese provengano in massima parte dalla Finlandia e dalla Russia Occidentale (figura 1). Secondo GARAVINI (1978) il loro arrivo in Italia si realizza su un fronte ampio e può avvenire indifferentemente per prima al nord o al sud della penisola (figura 2). I contingenti più numero- si, di norma, raggiungono le regioni centro-settentrionali, poi quelle meri- dionali e insulari. Dopo aver oltrepassato l’Appennino, una parte prose- gue verso la Corsica, la Sardegna e l’Algeria, un’altra raggiunge le nostre regioni meridionali per svernare. Gli ambienti di svernamento più idonei devono presentare un’elevata biodiversità vegetazionale, ricca di sempre- verdi, e una particolare qualità del biotopo. Risultano, invece, scarsamen- te frequentate le zone caratterizzate da sottoboschi con erbe alte, in quan- to ostacolano gli spostamenti a terra e limitano lo sviluppo della micro-

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Figura 1 – Direzione e vie della migrazione autunnale della Beccaccia in Europa (Fonte: GHIGI, 1947).

– Migratory direction and lines of the Woodcock in Europe (Source: GHIGI, 1947).

Figura 2 – Aree di sver namento e principali linee migratorie della Beccaccia in Italia (Fonte: GHIGIop. cit., modificato).

– Wintering quarters and main migratory lines of the Woodcock in Italy (Source mod.: GHIGIop. cit.).

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fauna. In generale, la scelta della zona viene notevolmente influenzata dalle condizioni climatiche, dalla tessitura del terreno e dall’umidità.

MATERIALI E METODI

I campioni utilizzati per la presente indagine appartengono a Beccac- ce abbattute, in diverse stagioni venatorie, a: Firenzuola – Firenze (43 campioni), Palazzuolo sul Senio – Firenze (15 campioni) e Figline Val d’Arno – Firenze (31 campioni), Villanova Forru - Cagliari (40 campioni), Sila Grande – Cosenza (32 campioni). Il materiale rappresentativo di ogni singolo individuo abbattuto, fornito dai cacciatori, è risultato costituito da pezzetti di carne o brandelli di pelle con la presenza di piume, o anco- ra da singole penne (remiganti e timoniere). L’estrazione del DNA è stata realizzata con il metodo descritto da Huff e collaboratori (1993) con le dovute modifiche.

I primer utilizzati per l’amplificazione della regione mitocondriale (5’ TGT CCT GCG TTA CTA GCT TCA G 3’ e 5’ AGG ACG CCA CGC ACG AGA TGC TC 3’) sono stati disegnati appositamente per que- sto lavoro. La miscela di amplificazione è stata fatta avvenire in 20 µl con- tenente 1 ng – 100 pg totali di DNA, Buffer 10x (Perkin Elmer, USA), 3 mM di MgCl2, 0,54 pM di ogni primer, 250 µM di dNTP, 1 U di Taq-poli- merasi (Perkin Elmer, USA). Dopo una denaturazione di 5 minuti a 95°C è stato ripetuto per 30 volte il seguente ciclo: 10 sec di denaturazione a 94°C, 30 sec di annealing (appaiamento) a 50°C, 2 min di estensione a 72°C. Per l’amplificazione è stato utilizzato un Thermocycler Perkin Elmer (GeneAmp 9700).

Per l’analisi RAPD sono stati utilizzati i primer random (1247, 1253, SP1 ed SP2) a differente contenuto in GC riportati in PAFFETTIe collabora- tori (1996) e PAFFETTI(1999). La reazione di amplificazione è stata realizza- ta con il metodo sperimentato da PAFFETTI e collaboratori (1996). La miscela di reazione in 25 µl è composta da: Buffer 10X (Perkin Elmer, USA), 3 mM di MgCl2, 22 pM del primer, 250 µM di dNTP, 0,625 U di Taq-polimerasi (Perkin Elmer, USA) e 1 ng di DNA. Dopo un’incubazione per 60 sec a 90°C e per 90 sec a 95°C, la miscela viene sottoposta a 45 cicli usando il seguente profilo: 95°C per 30 sec (denaturazione), 36°C per 60 sec (appaiamento), 72°C per 2 min (estensione). I prodotti di amplificazio- ne sono quindi incubati a 72°C per 10 min. Per l’amplificazione è utilizzato un Thermocycler Perkin Elmer (GeneAmp 9700). I profili di amplificazione sono stati analizzati su gel di agarosio mediante il programma Photo-Capt

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al fine di identificare marcatori polimorfici e monomorfici tra tutti gli indi- vidui delle popolazioni.

Le sequenze sono state allineate mediante CLUSTAL X e controllate manualmente. Per le successive analisi si è fatto uso dei seguenti software:

BLAST, MEGA, PHYLIP, BIOEDIT, DNASP, NETWORK.

I profili di amplificazione RAPD sono stati analizzati mediante analisi di varianza molecolare utilizzando il soft ARLEQUIN ver. 2.00 (EXCOFFIER

et al., 1992).

RISULTATI E DISCUSSIONE

Relazioni genetiche fra gli individui

Inizialmente è stata effettuata una ricerca in banca dati (GenBank) al fine di individuare sequenze nucleotidiche depositate del genere Scolopax.

In tal modo è stato possibile rinvenire una sequenza di Scolopax minor della regione prescelta, la regione spaziatrice intergenica mitocondriale tra il gene cytb (citocromo b) e la regione di controllo (CDS).

Per garantire una buona sicurezza di ottenere amplificazioni anche in una specie affine alla Scolopax minor, quale è la S. rusticola, oggetto della presente ricerca, è stato necessario disegnare i primer in zone conservate. A tale riguardo, sempre in banca dati (GenBank) e tramite il programma BLAST nucleotide vs. nucleotide, sono state rintracciate sequenze di orga- nismi appartenenti al taxa Charadrii (al quale appartiene la famiglie degli Scolopacidi) con il più alto score di omologia con S. minor. Le sequenze così rintracciate sono state allineate con il software Clustal X per individua- re le zone nella regione di interesse del mtDNA più conservate in questo taxa. In queste regioni sono state disegnati i primer, che delimitano una zona di circa 300 bp. Il DNA genomico totale estratto da un individuo di Scolopax rusticola proveniente dal sito di FiglineVal d’Arno (FI), amplifica- to via PCR con i primer disegnati con il procedimento descritto in prece- denza, ha prodotto un frammento di circa 300 bp come atteso. Questo frammento è stato quindi clonato e sequenziato (DQ870932). Il program- ma BLAST nucleotide vs nucleotide ha consentito di accertare che la regio- ne clonata in Scolopax rusticola corrispondeva alla zona di D-loop (regione di controllo) del mtDNA e presentava uno score di omologia con Scolopax minor molto alto.

Le sequenze ottenute della zona di D-loop del mitocondrio sono state prima allineate utilizzando il programma CLUSTAL-X, poi controllate manualmente. Considerando il totale degli individui analizzati si sono indi-

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viduati 12 aplotipi totali. Le sequenze dei diversi aplotipi sono state utiliz- zate per costruire un network, riportato in figura 3, che ricostruisce le rela- zioni genetiche tra gli aplotipi stessi.

Figura 3 – Network degli aplotipi. Legenda – APLO: aplotipo, mv1: mutazione1.

– Haplotype Network. Legend – APLO: Haplotype, mv1: mutation.

Il network evidenzia la presenza di 2 cluster derivanti ambedue dal- l’aplotipo 1 (Aplo1) che risulta essere il più frequente fra gli individui analizzati (58%). Il primo cluster è composto dall’aplotipo 12 (Aplo12) che deriva direttamente da Aplo1, da cui provengono Aplo7, Aplo4 e Aplo10 che a sua volta ha dato origine ad Aplo8. Il secondo cluster che deriva anch’esso da Aplo 1 è costituito dall’aplotipo 2 da cui derivano Aplo3 ed Alo5. Questi due aplotipi che danno origine a loro volta all’a- plotipo 9, e agli aplotipi 6 ed 11 rispettivamente, non derivano però diret- tamente dall’aplotipo 2, ma si è verificata prima una mutazione il cui aplotipo corrispondente è scomparso o semplicemente non si riscontra nei campioni analizzati.

In figura 4 viene riportata la distribuzione degli aplotipi nelle località prese in esame.

Risulta evidente come l’aplotipo 1 sia quello più numeroso e diffuso in tutte le località prese in esame; anche gli aplotipi 5 e 6 sono presenti in

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modo consistente. Va inoltre sottolineato che gli aplotipi 9 ed 11 sono pre- senti solo a Firenzuola e l’aplotipo 12 è presente solo a Sila Grande.

Il numero di aplotipi è risultato di 8 a Firenzuola, 3 a Palazzuolo sul Senio e 6 a Figline Val d’Arno (figura 4). Firenzuola risulta quindi la loca- lità con maggior variabilità genetica.

La notevole differenza tra Firenzuola e Palazzuolo sul Senio, con ogni probabilità, è da imputare, oltre che alle differenti condizioni pedoclimati- che, alla diversa gestione del territorio. Gran parte della superficie monta- na di Palazzuolo sul Senio un tempo era occupata da pascoli, che favoriva- no il processo di nitrificazione del terreno grazie alle deiezioni solide e liquide del bestiame domestico, mentre ora è stata completamente abban- donata. In tal modo si è avuta una enorme diffusione del Brachipodieto (praterie a Brachipodio pinnato), che rende queste aree meno ospitali per quasi tutta la selvaggina tipica dell’Appennino, soprattutto per la Beccac- cia. Indagini, svolte da CASANOVA e MEMOLI (2001) hanno messo in evi- denza come la costante diminuzione del numero di beccacce in transito sul nostro Paese sia legato alla carenza di habitat idonei alla sosta dello scolo- pacide. In linea di massima, essi devono presentare le seguenti caratteristi- che: elevata piovosità estiva e scarsa frequenza di gelate; piccoli boschi

Firenzuola (FI)

Palazzuolo sul Senio (FI)

Figline Val d’Arno (FI) Aplotipo 1

Aplotipo 2 Aplotipo 3 Aplotipo 4 Aplotipo 5 Aplotipo 6 Aplotipo 7 Aplotipo 8 Aplotipo 9 Aplotipo 10 Aplotipo 11 Aplotipo 12

Villanova Farru (CA)

Sila Grande (CS)

Figura 4 – Frequenza degli aplotipi nelle diverse province analizzate.

– Frequency Haplotype of analyzed areas.

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misti con zone aperte incolte; limitata altezza delle piante arboree che devono essere ben spaziate tra loro; presenza di pascoli con alta densità di lombrichi; suolo fresco ma non acquitrinoso; strato erbaceo scarso o assen- te (SPANÒe DANI, 1998).

Variabilità genetica tra gli individui prelevati in Toscana

Dall’analisi dei vettori di stato presenza/assenza ottenuti con i marcatori RAPD, è stato possibile riscontrare un totale di 47 marcatori polimorfici.

Ogni profilo ottenuto è risultato unico, fatta eccezione per il profilo del cam- pione 21 (Figline Val D’Arno) e 31 (Palazzuolo sul Senio) risultati identici.

Attraverso la matrice di distanze genetiche tra individui è stata condotta una analisi di varianza molecolare (AMOVA) i cui risultati sono riportati in tabella 1.

I risultati ottenuti presentano aspetti molto interessanti che consentono di effettuare alcune importanti considerazioni sulle popolazioni di Beccaccia studiate nella presente indagine. Esse riguardano in particolare l’elevata per- centuale di variabilità riscontrata a livello di individui (94,3 %), mentre appa- re piuttosto modesta la percentuale di variabilità esistente fra le popolazioni (5,7). Quindi la maggior parte della variabilità appare associata agli individui e potrebbe dipendere dall’elevato polimorfismo della specie.

È noto, come già riferito, che le tre località della Toscana sono interes- sate dalla medesima corrente migratoria. I dati riportati nella tabella 2 aggiungono un elemento di estremo interesse: l’elevata affinità genetica tra le popolazioni. Ciò sta ad indicare come il flusso migratorio venga realizza-

Tabella 1 – Analisi di VArianza MOlecolare (AMOVA).

– Analysis of MOlecular VAriance (AMOVA).

Sorgente di variazione g.l. Somma Componenti Percentuale

di quadrati di varianza di variazione

Tra popolazioni 2 26,4 0,4 Va 5,7

Within populations 51 344,6 6,8 Vb 94,3

Totale 53 371,0 7,2 100

Tabella 2– Distanze genetiche.

– Genetic distances.

Figline V.no Palazzuolo Firenzuola

Figline V.no 12,4

Palazzuolo 0,6 16,1

Firenzuola 1,3 0,0 13,3

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to da individui appartenenti a popolazioni geneticamente molto simili fra loro. La popolazione di Palazzuolo sul Senio presenta il più alto livello di variabilità genetica intrapopolazione (16,1), vale a dire che essa è costituita da individui caratterizzati dalla massima diversità al loro interno. È oppor- tuno ricordare che Palazzuolo sul Senio, dall’analisi del mtDNA, presenta- va la maggior omogeneità genetica, intesa come il minor numero di aploti- pi. Le distanze genetiche fra le diverse popolazioni risultano molto ridotte;

soprattutto gli individui prelevati a Palazzuolo sul Senio e a Firenzuola mostrano la massima similitudine (0,002). È probabile che ciò sia dovuto al fatto che le due località sono ubicate in valli contigue per cui è possibile che siano interessate dal medesimo flusso migratorio.

CONCLUSIONI

I primer disegnati per l’amplificazione della regione di controllo del mtDNA in S. minor rappresentano una base importante dalla quale partire in indagini future sulla Beccaccia che, utilizzando l’analisi di sequenze di zone non codificanti mitocondriali, si porranno l’obiettivo di identificare le popolazioni di appartenenza degli individui presi in esame.

Un secondo aspetto riguarda la valutazione sulla validità delle due metodologie utilizzate nel corso dell’indagine. Esse hanno consentito di ottenere elevati livelli di informazione con i quali è stato possibile definire un quadro attendibile della variabilità genetica della specie, sia a livello di popolazione sia di individui, anche se limitata alle aree prese in esame.

Dall’analisi delle sequenze di mtDNA i risultati più interessanti riguar- dano l’elevata percentuale di diversità, definita dal rapporto tra il numero di campioni e di aplotipi. Essa rappresenta una conferma che le notevoli variazioni che la specie presenta nelle dimensioni e nel colore non consen- tono di definire una separazione, statisticamente netta, tra le popolazioni.

Sempre riferendoci alla diversità aplotipica, va rilevato come, tra le località toscane, Firenzuola e Figline V.no risultino quelle con maggior presenza di aplotipi. Questi dati assumono particolare rilievo in quanto starebbero ad indicare come esse, rispetto a Palazzuolo sul Senio, presentino condizioni più favorevoli per la sosta dello scolopacide. Ciò potrebbe essere dipeso da fattori accidentali, che hanno determinato una irregolarità del passo nelle località toscane. Ma potrebbe anche essere legata al fatto che le profonde modifiche ambientali, in particolare per quanto riguarda la perdita di diver- sità di habitat e l’abbandono del pascolo, hanno inciso negativamente in misura maggiore sull’area di Palazzuolo sul Senio che, invece, nel passato ha rappresentato una zona molto adatta alla sosta della Beccaccia.

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Inoltre, la distribuzione degli aplotipi nelle cinque località prese in esame appare una conferma di quanto detto nell’introduzione circa le rotte seguite durante il volo post-nuziale dai contingenti che interessano la nostra Penisola. Dopo aver oltrepassato l’Appennino, una parte si dirige verso la Sardegna e la Corsica, un’altra prosegue la fase migratoria verso le regioni meridionali. È possibile quindi che individui prelevati in località distanti fra loro possano appartenere ad un’unica popolazione. Si tratta di un aspetto che riveste particolare importanza, soprattutto nell’ambito della gestione venatoria della specie.

I marcatori RAPD sono stati eseguiti soltanto sugli individui prelevati in Toscana e hanno consentito di ottenere informazioni interessanti sulla variabilità genetica intra e inter popolazione. Essa appare elevata a livello di individui, mentre è del tutto modesta tra le popolazioni. La notevole affi- nità genetica tra le popolazioni potrebbe avere una chiave di lettura ben precisa, anche se limitata alle località toscane e quindi non generalizzabile:

il volo migratorio viene realizzato da individui appartenenti a popolazioni geneticamente molto simili. Inoltre le popolazioni appaiano distinte anche se non differenziate geneticamente; soprattutto gli individui di Palazzuolo sul Senio e Firenzuola hanno mostrato la massima similitudine.

I marcatori RAPD e l’analisi di sequenze di zone non codificanti mito- condriali sono metodologie valide, per cui possono essere ritenute un importante strumento nella raccolta di informazioni genetiche finalizzate alla preparazione di piani di gestione faunistica della Beccaccia.

RINGRAZIAMENTI

Per la raccolta dei campioni si ringraziano: Sig. Adriano Alpi (Firen- zuola, FI), Sig. Andrea Baldini (Firenzuola, FI), Dott. Michele Puxeddu (Villanova Forru, CA), Dott. Carmine Pisano (Sila Grande, CS), Prof.

Paolo Casanova (Palazzuolo sul Senio, FI), Dott.sa Elisa Picci (Figline V.no, FI), ed i loro cani.

SUMMARY

Preliminary researches on the genetic variability of the woodcock (Scolopax rusticola L.)

The use of molecular markers on woodcock individuals offers the possibility of underlining possible degrees of familiarity and, therefore, to start new management practices. The authors outline a picture of the genetic variability of the species, both at the population and individual level based on RAPD markers and mitochondrial (mtDNA) sequences on samples collected in various Italian sites.

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The sequences of mtDNA have shown the different distribution of the haplotypes in the examined sites. Palazzuolo sul Senio (FI) site shows the lowest presence of haplotypes. This confirms the fact that environmental changes make this area not suited for woodcock. The RAPD markers, performed only on individuals collected in the Tuscan sites, confirm the hypothesis that the migratory flight of the woodcock is undertaken by populations which are genetically very similar.

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