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RISCOSSIONE 5

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5 COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del Veneto, n. 318/16 del 29 febbraio 2016, Pres. De Zotti - Rel. Guarda

Riscossione delle imposte - Notifica della cartella di pagamento -Actio iudicati Termine di prescrizione Esclusione Termine di decadenza -Applicabilità

La cartella di pagamento, relativa a somme dovute a seguito di sentenza passata in giudicato, deve essere notificata entro il termine decadenziale previsto dall’art. 25, comma 1, lett. c), D.P.R.n. 602/1973. Non trova applica-zione il più ampio termine di prescriapplica-zione previsto dall’art. 2953 c.c. in tema di actio iudicati, poiché la sentenza tributaria non condanna il contribuente al pagamento, ma annulla o conferma l’atto impugnato.

Omissis*

Actio iudicati e termine per la riscossione dei tributi

SOMMARIO:1. Rilevanza della decisione annotata - 2. Natura ed effetti delle decisioni delle commissioni tributarie -3. Inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. alla riscossione di somme dovute in seguito alle decisioni delle commissioni tributarie -4. Definitività dell’accertamento e applicabilità del termine decadenziale previsto dall’art. 25, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 602/1973 -5. Sulla natura del termine per la riscossione di pretese tributarie definitive -6. Sul divieto di citazioni dottrinali.

1. Rilevanza della decisione annotata - La decisione annotata torna sulla questione dell’applicabilità del termine decadenziale, ex art. 25, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 602/1973, alla notifica di cartelle per somme dovute a seguito di giudicato. Per le imposte sui redditi, IRAP e IVA, la questione ha perso rilevanza dopo la concentrazione della riscossione nell’accertamento, che ha soppresso ruolo e cartella1, e l’eliminazione del termine di decadenza per l’esecuzione di somme dovute in base ad avvisi di accertamento defini-tivi2. Sicché, oggi, l’esecuzione di avvisi non impugnati o confermati da

* Il testo delle sentenze è consultabile nelle banche dati“fisconline” e “Bigsuite”.

1 Disposta dall’art. 29, D.L. n. 78/2010, su cui si vedano: C. Glendi, V. Uckmar (a cura di),

“La concentrazione della riscossione nell’accertamento, Padova, 2011; E. Marello, L’accertamento tributario esecutivo: ambito applicativo e profili generali”, in Giur. it., 2012, 966 s.; A.M. Gaffuri, Gli atti esecutivi successivi all’avviso di accertamento, ivi, pag. 970 ss.

2 L’art. 5, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 159/2015 ha eliminato l’ultimo periodo dell’art. 29,

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sentenze passate in giudicato non richiede più la previa notifica della cartella e può farsi nel termine di prescrizione ordinario.

La sentenza merita tuttavia attenzione perché si discosta da orien-tamenti abbastanza diffusi sia nelle premesse, rispetto a quella giuri-sprudenza secondo la quale le sentenze tributarie si sostituiscono agli atti impositivi, sia nelle conclusioni, rispetto a quel filone che ritiene applicabile il termine di prescrizione ex art. 2953 c.c. alla riscossione di somme dovute a seguito di sentenza passata in giudicato. Principio, quest’ultimo, dapprima affermato riguardo ai tributi3, poi alle san-zioni amministrative tributarie da Cass., SS.UU., 10 dicembre 2009, n. 257904. Il termine decennale ex art. 2953 c.c. non si applica, invece, quando manchi il giudicato e la definitività dell’accertamento derivi dalla mancata impugnazione dell’atto5 o dalla dichiarazione di estin-zione del processo tributario per inattività delle parti6. In tali casi, come ha riaffermato Cass., SS.UU., 17 novembre 2016, n. 233977, il titolo di credito rimane nell’atto e la riscossione soggiace al termine, di decadenza o di prescrizione, previsto dalla disciplina sostanziale.

Almeno tre sono le questioni rilevanti in sentenza: a) la natura e l ’effi-cacia, anche rispetto all’atto impositivo, delle sentenze delle commissioni tributarie; b) l’applicabilità, alla riscossione di somme dovute in base a tali sentenze, del termine prescrizionale previsto dall’art. 2953 c.c. in tema di actio iudicati; ovvero c) l’applicabilità, alla medesima fattispecie, del ter-mine decadenziale previsto dall’art. 25, comma 1, lett. c), D.P.R. 602 per la notifica della cartella.

2. Natura ed effetti delle decisioni delle commissioni tributarie - Secondo un certo orientamento giurisprudenziale, quello tributario è un giudizio di accertamento della pretesa contenuta nell’atto. Esso sfocia in una decisione di accertamento del rapporto sostanziale, che si attua

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A proposito della riscossione di tributi doganali: Cass. 22 dicembre 1989, n. 5777; Cass. 11 marzo 1996, nn. 1980 e 1965. Più di recente: Cass. 11 marzo 2011, n. 5837 in materia di imposta di registro; Cass. 13 luglio 2012, n. 11941, in tema di imposta di fabbricazione per oli minerali e derivati e relative sanzioni; Cass. 17 gennaio 2014, n. 842, in tema di INVIM; Cass. 21 febbraio 2014, n. 4153 in tema di IRPEG.

4 In Foro it., 2010, I, 1513 e in Corr. trib., 2010, 315, con nota di F. Randazzo.

5 Cass., SSUU., 17 novembre 2016, n. 23397; Cass. 26 maggio 2003, n. 8335; Cass. 25

maggio 2007, n. 12263.

6

Cass. 6 marzo 2015, n. 4574, in Rass. trib., 2015, 1287; contra Cass. 15 gennaio 2016, n. 556.

7 Fattispecie riguardante la riscossione di contributi previdenziali, in cui le SS.UU.

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mediante la sostituzione dell’atto impugnato. La sentenza si sovrap-pone, così, all’atto e diviene (unica) fattispecie costitutiva dell’obbli-gazione tributaria. Più precisamente, si distinguono le pronunce di annullamento dell’atto per vizi formali, che hanno carattere dichiara-tivo, da quelle di annullamento parziale (o riforma) per vizi sostan-ziali, che accertano l’obbligazione tributaria e ne costituiscono la fonte, sostituendosi all’atto8.

La tesi dell’efficacia “sostitutiva” delle sentenze tributarie è stata criti-cata sotto più profili dagli avversari della teoria del processo di “impugna-zione-merito”9:

a) circa l’oggetto del processo tributario, lo si individua nell’atto o nel diritto al suo annullamento. L’atto d’imposizione è oggetto e limite della cognizione e della decisione del giudice e segna invariabilmente la natura impugnatoria del processo tributario: petitum è l’annullamento dell’atto, mentre i motivi, identificati nel vizio, costituiscono la causa petendi10, non l’oggetto della domanda11. Si ricorda che il giudice tributario - giudice speciale in materia tributaria - conosce della legittimità dell’atto ammini-strativo e, solo indirettamente, della fattispecie, siccome in esso riflessa12. Per cui, come non può accogliere l’impugnazione per un motivo diverso da quello denunciato dal ricorrente, così il giudice non può respingerla "sostituendo all’imposizione qual è l’imposizione quale sarebbe dovuta essere13". Si richiama l’evoluzione storica del processo tributario, che nasce e rimane nello stampo del giudizio amministrativo, anche dopo la riforma del‘9214;

b) circa la natura delle decisioni delle commissioni, se ne distinguono tre tipi: di mero accertamento d’inesistenza del diritto all’annullamento del-l’atto (decisioni di rigetto); di accertamento, totale o parziale, di esistenza di tale diritto e di conseguente annullamento della corrispondente porzione di atto (efficacia costitutiva delle decisioni di annullamento); di accertamento del diritto al rimborso e di condanna dell’amministrazione al pagamento.

8

Cass. 22 settembre 2011, n. 19337. Per altri riferimenti, anche di giurisprudenza contraria, v. F. Pistolesi,“La natura “sostitutiva” della sentenza tributaria rispetto all’atto impugnato”, in Corr. trib., 2015, 1466; R.L. Corrado, “Al giudice tributario spettano poteri sostitutivi decisori?”, ivi, 2016, pagg. 3092-3094.

9 Su quest’espressione, F. Tesauro, Manuale del processo tributario, 3a ed., Torino, 2016,

191; P. Russo,“Impugnazione e merito nel diritto tributario”, in Riv. dir. trib., 1993, I, 749. Sul modello del processo di“impugnazione-merito” e sui suoi corollari, v. F. Tesauro, “Il processo tributario tra modello impugnatorio e modello dichiarativo”, in Rass. trib., 2016, 1045 ss.

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Cass. 3 aprile 2006, n. 7766.

11 C. Glendi, L’oggetto del processo tributario, Padova, 1984, spec. 479 s.

12 Cass., SS.UU., 2 aprile 1986, n. 2246; Cass., SS.UU., 26 giugno 2009, n. 15031, in Giur. it.,

2009, 2553.

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Già E. Allorio nella prima edizione del Diritto processuale tributario, Milano, 1942, 416.

14 C. Glendi,“Rapporti tra nuova disciplina del processo tributario e codice di procedura

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Solo le decisioni sul diritto al rimborso contengono una condanna e sono esecutorie15;

c) sul piano dell’efficacia della sentenza rispetto all’atto impositivo, si risponde che, anche in pendenza di giudizio, è iscritto a ruolo l’atto, non la sentenza. L’esecutorietà è dell’atto, che costituisce - e rimane, anche se parzialmente annullato - titolo per la riscossione. La sentenza, per la parte in cui conferma o riforma l’atto, non si sostituisce a esso in ciò, ma ne libera l’efficacia esecutiva, sospesa per effetto della proposizione del ricorso. L’imposta rimane quindi dovuta in base all’atto. Prova ne è che, in caso di annullamento parziale, l’atto è iscritto a ruolo per la parte non annullata e le riscossioni provvisorie si consolidano, se l’avviso non è successivamente annullato (e anche se vengono poi meno le iscrizioni a titolo definitivo16). Per la parte annullata, invece, la sentenza incide sull’esecutorietà dell’atto, sospendendola in tutto o in parte, così che l’Ufficio è obbligato a rimborsare le somme riscosse in via provvisoria. Quello sull’atto è un effetto secondario della sentenza, che non necessita del giudicato e che attiene unicamente all’efficacia esecutiva dell’atto17. Per questo, si dice che l’esecutività della sentenza si riverbera sull’esecutività dell’atto: nel senso che ne limita o sprigiona l’efficacia esecutoria, non potendosi sostituire a esso18;

d) sotto i profili della definitività e dell’esecutorietà, poi, il dato positivo oggi conferma che vi è equipollenza tra l’efficacia dell’avviso inoppugnabile e quello confermato da sentenza passata in giudicato: entrambi precludono nuove contestazioni sull’an e sul quantum (incontrovertibilità), costitui-scono titolo per la riscossione (esecutorietà) e legittimano l’acquisizione definitiva del riscosso (effetto acquisitivo). Anche nella fase cautelare, la sospensione disposta dal giudice ha riguardo all’atto, nel giudizio di primo grado come nei gradi successivi, dove a esser sospesa è quell’efficacia esecutiva della sentenza che, se non inibita, impedisce, se annulla, o libera, se conferma, anche l’esecutività dell’atto. Pure le norme sulla riscossione frazionata in pendenza di giudizio confermano che oggetto di esecuzione è sempre l’atto: l’art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992, cui sovente si richiamano i sostenitori della tesi opposta, presuppone sempre un atto (impugnato) esecutorio19.

15 F. Tesauro,“Tipologia delle decisioni delle commissioni tributarie”, in Dir. prat. trib.,

1982, I, pag. 1347 ss.

16 Cass. 8 maggio 2000, n. 5765, in GT-Riv. giur. trib., 2000, 1089, con nota di C. Glendi. 17

Corte cost. ord. 5 aprile 2007, n. 119.

18 F. Tesauro, Manuale, cit., 103-105.

19 F. Tesauro, Manuale, cit., 103 s.; S. La Rosa,“Giusto processo e parità delle parti nella

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Il contrasto tra le due concezioni della natura e oggetto del pro-cesso tributario coinvolge numerosi altri problemi che si dibattono da tempo, quali: la integrabilità, da parte del giudice, della motivazione dell’atto impositivo; la rilevanza della notificazione ai fini della impugnabilità degli atti; i poteri istruttori delle commissioni tributarie20.

Più in generale, questa disputa si collega o discende, a seconda della prospettiva, a quella tra costitutivisti e dichiarativisti sulla fonte e sul modo di essere del rapporto tributario sostanziale21; e, a ben vedere, risale fino alle opposte concezioni della funzione del processo - se composizione di liti e sistemazione di rapporti sostanziali o attuazione del diritto22.

3. Inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. alla riscossione di somme dovute in seguito alle decisioni delle commissioni tributarie - Il problema del termine di riscossione dei tributi in caso di regiudicata si è posto soprattutto rispetto a quelli per i quali non sono previsti ex iure positivo termini di prescrizione (tributi erariali). Le norme sull’imposta di registro, come quelle sull’imposta sulle successioni e donazioni, disciplinano specificamente la prescrizione del credito tributario; così che la giurisprudenza ha potuto ritenere appli-cabile il termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 78 del D.P.R. n. 131/1986 anche all’imposta risultante dalla sentenza di rigetto23, anziché far ricorso all’art. 2953 c.c.24.

La prescrizione decorre dal momento in cui il credito diviene esigibile, e cioè dal passaggio in giudicato della sentenza25ovvero, in caso di mancata riassunzione del giudizio di rinvio, dallo spirare del termine per la riassun-zione26; se non vi è impugnazione, il dies a quo è nella scadenza del termine per l’impugnazione dell’atto27.

20

Su alcuni di questi problemi e altri, v. già in passato G. Gaffuri,“Considerazioni sull’accertamento tributario”, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1981, I, 532 s.; S. La Rosa,” Scienza, politica del diritto e dato normativo nella disciplina dell’accertamento dei redditi”, ivi, pag. 558 ss.

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Epigoni oggi ne sono - rispettivamente - F. Tesauro, Manuale, cit., e P. Russo, Manuale di diritto tributario. Il processo tributario, 2a ed., Milano, 2013. Per altri riferimenti, se si vuole, D. Canè,“Termine per la riscossione dopo l’estinzione del processo tributario”, in questa Rivista, 2015, spec. 1288-1294.

22

Su cui si vedano le belle pagine di E. Allorio,“Natura della cosa giudicata”, in Riv. dir. proc. civ., 1935, e in Problemi di diritto, II, Milano, 1957, pag. 168 ss.

23 Cass. 5 aprile 2013, n. 8380; Cass. 24 settembre 2014, n. 20153.

24 Come pure ha fatto Cass. 11 marzo 2011, n. 5837, in Foro it., 2011, 6, 1, 1732. 25

Cass., SS.UU., 17 novembre 2016, n. 23397, punto 18.2.

26 Cass. 15 gennaio 2016, n. 556.

27 In tema di IVA, Cass. 9 febbraio 2007, n. 2941; Cass. 8 settembre 2004, n. 18110. In tema

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Il principio per cui il diritto alla riscossione dell’imposta dovuta a seguito di sentenza passata in giudicato si prescrive nel termine stabilito dall’art. 2953 c.c. è consolidato ma criticabile per più d’una ragione:

a) la sentenza di annullamento parziale, come quella di rigetto, non condanna il contribuente al pagamento del tributo, ma ha natura dichiara-tiva del diritto all’annullamento e costitutiva, perché elimina in parte l’atto; b) l’art. 25, lett. c), D.P.R. n. 602/1973 prevede un termine di decadenza, non di prescrizione, ed è applicabile anche alla fattispecie di definitività per regiudicata; per ciò, in presenza di una disciplina speciale, che prescrive la decadenza, non possono applicarsi le norme di diritto comune sulla prescrizione28;

c) la trasformazione della prescrizione prevista dall’art. 2953 c.c. opera solo rispetto a termini brevi e, quindi, non potrebbe valere per il credito da tributi erariali, se, come la giurisprudenza, si ritiene che esso si prescriva in dieci anni, salvo diversa previsione29.

4. Definitività dell’accertamento e applicabilità del termine decadenziale previsto dall’art. 25, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 602/1973 - Si discute se la disposizione di cui all’art. 25, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 602/1973 si riferisca solo agli avvisi definitivi per mancata impugnazione (inoppugnabili) ovvero anche ad altre fattispecie. La giurisprudenza riconosce, pressoché unanimemente, che vi rientri anche il caso dell’avviso definitivo per man-cata riassunzione del processo30. E, coerente con questo orientamento, la lett. c-bis) dell’art. 68 del decreto sul processo tributario (D.Lgs. n. 546/ 1992), inserito dall’art. 9, D.Lgs. n. 156/2015, prevede ora che, in caso di mancata riassunzione del processo dopo la cassazione della sentenza di secondo grado, sia riscuotibile l’intero importo dovuto in base all’atto.

Rimane da stabilire se possa considerarsi“definitivo”, per i fini dell’art. 25, lett c), D.P.R. 602, anche l’atto che si consolida per il passaggio in giudicato di una sentenza di rigetto (annullamento parziale).

La giurisprudenza maggioritaria è per la negativa, perché intende la definitività come inoppugnabilità e la ricollega al solo atto impositivo non

28 Cfr. M.C. Fregni, Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, 1998.

29 Cass. 8 settembre 2004, n. 18110; Cass. 9 febbraio 2007, n. 2941; Cass. 15 gennaio 2014,

n. 701 (ord.); Cass. 12 novembre 2010, n. 22977. Diversa, e talora inopportunamente richiamata in proposito, è la questione del termine applicabile all’esercizio del diritto al rimborso di quanto cautelativamente versato in difformità da una norma di esenzione. In tema di esenzione decennale dall’ILOR, ai sensi dell’art. 8, Legge n. 114/1966, si è infatti ritenuto che la sentenza che decide il ricorso avverso il provvedimento di diniego dell’esenzione accerti anche il diritto al rimborso del versato, che soggiace al termine di prescrizione decennale decorrente dalla formazione del giudicato (Cass. 1 febbraio 2005, n. 1967; Cass. ord. 15 luglio 2016, n. 14610). Ma questi casi riguardano il diritto del contribuente al rimborso dell’indebito, non quello del fisco alla riscossione del tributo dovuto in base ad atti non impugnati.

30 Cass. 6 marzo 2015, n. 4574; contra Cass. 15 gennaio 2016, n. 556, secondo cui anche in

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impugnato31ovvero a quello, pur impugnato, ma il cui processo si sia poi estinto32. In questa prospettiva, la definitività risulta da una fattispecie complessa a formazione progressiva, data dal concorso dell’atto e dalla mancata impugnazione (rectius dalla decadenza dal relativo potere), non dalla regiudicata. La definitività comporta un triplice ordine di effetti: i primi due concernono l’esecutività dell’attoela definitivitàdell’acquisizione del riscosso; il terzo tipo di effetti incide sulle posizioni soggettive e consiste nell’incontrovertibilità del debito (che è conseguenza della decadenza dal potere d’impugnazione), per il contribuente, e nella consumazione del potere impositivo, per il fisco.

Questa concezione coglie, però, solo un lato della medaglia e trascura gli altri profili della definitività, la quale va apprezzata diversamente a seconda della norma dalla quale la si guardi. Essa indica, infatti, non solo l’inoppugnabilità ma anche la sistemazione definitiva del diritto sostan-ziale, ossia la preclusione dell’efficacia istitutiva di nuovi e diversi effetti sostanziali. In questa seconda configurazione, che si può definire definitività-intangibilità, la fattispecie della definitività risulta dal concorso dell’atto e di una serie di fatti ad effetti preclusivi (rectius inibitori), che impediscono la modificazione della situazione giuridica, ormai definitiva-mente sistemata. Tra questi fatti, vi sono, oltre alla decadenza dal potere di impugnazione, anche il giudicato e la prescrizione del diritto di credito del fisco o del contribuente (nei casi di rimborso).

Gli effetti della definitività-intangibilità sono poi commisurati all ’effi-cacia dei fatti impeditivi che vi si aggregano: il diritto comune ci insegna che la prescrizione impedisce al creditore di esigere la prestazione, ma il debi-tore può sempre adempiere; mentre il giudicato che dichiari inesistente il diritto alla prestazione preclude sia l’adempimento sia l’esigibilità.

Così, e tirando le fila, l’avviso non impugnato e quello riformato (rectius parzialmente annullato) da sentenza passata in giudicato si equivalgono sotto il profilo della preclusione dell’efficacia istitutiva di nuovi e diversi effetti sostanziali (quella che G. Tremonti33ha chiamato definitività for-male): entrambi impediscono, cioè, la modificazione della situazione giu-ridica, che è definitivamente sistemata. Si distinguono, però, quanto alla loro rimovibilità o resistenza (definitività sostanziale, per Tremonti): la regiudicata, salvo casi eccezionali, non può esser rimossa; al contrario dell’atto, che, per quanto definitivo, può sempre esser revocato dall’ammi-nistrazione, salvo il giudicato a lei favorevole34.

La giurisprudenza, per altro, ha ben avvertito questa differenza, quando ha escluso che la decadenza dal potere d’impugnazione possa produrre gli

31 Cass., SS.UU., 10 dicembre 2009, n. 25790. 32

Cass. 6 marzo 2015, n. 4574.

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effetti del giudicato per i fini di cui all’art. 2953 c.c. (Cass., SS.UU., 17 novembre 2016, n. 23397). Infatti, la conversione del termine breve, ivi prevista, esige una sistemazione definitiva e inamovibile del diritto sostan-ziale, propria solo del giudicato. Un effetto simile non è invece richiesto dall’art. 25, lett. c), D.P.R. n. 602/1973, cui basta una definitività meno intensa, ossia intangibile ma non necessariamente inamovibile; tanto è vero che l’Amministrazione può revocare l’atto non più impugnabile anche dopo la notifica della cartella. Ciò che conta, per i fini dell’art. 25, lett. c), D.P.R. n. 602, è che la pretesa tributaria non sia più modificabile, a prescindere dal fatto preclusivo sottostante.

Una definitività di questo tipo è accolta anche da alcune norme di diritto sostanziale, come quella che disciplina il credito per le imposte estere. L’art. 165, comma 1, D.P.R. n. 917/1986, richiede, tra le altre condizioni, che l’imposta estera sia pagata a titolo definitivo: anche a questi fini, la definitività è comunemente intesa come irripetibilità, ossia immodificabilità, a favore del contribuente, dell’imposta dichiarata e/o pagata all’estero in un determinato periodo d’imposta - non necessa-riamente come inamovibilità dell’imponibile sottostante (tant’è che la definitività del pagamento non difetta sol perché non sono ancora spirati i termini per la rettifica della dichiarazione)35. E, sotto questo profilo, tanto l’imposta pagata in base ad un atto i cui termini di impugnazione non siano ancora decorsi, quanto quella versata in pendenza di giudizio (non ancora definito) non possono considerarsi pagate a titolo definitivo.

Se si accoglie questa configurazione della definitività, non si ha difficoltà a ritenere applicabile il termine decadenziale anche alla notifica della cartella per somme dovute in base ad avvisi confermati, o parzialmente annullati, da sentenze passate in giudicato36. Non sembra d’altronde ragio-nevole, né rispettosa dei principi di uguaglianza e affidamento, l ’applica-zione - in quel sistema - di un diverso termine per la riscossione dei tributi derivanti da accertamenti non impugnati rispetto a quelli confermati da sentenza passata in giudicato.

Dovrebbe anzi oggi discutersi se sia compatibile coi principi enunciati da Corte cost. 15 luglio 2005, n. 280, un termine di prescrizione decennale per la riscossione di tributi dovuti in base ad atti definitivi (specialmente per imposte sui redditi, IVA ed IRAP dopo il D.Lgs. n. 159/2015).

5. Sulla natura del termine per la riscossione di pretese tributarie definitive -Altra questione affrontata in sentenza riguarda, appunto, l’opportunità di

35 Cfr. A. Contrino, Contributo allo studio del credito per le imposte estere, Torino, 2012,

138 s. Per la prassi, si vedano: circolare min. 8 febbraio 1980, n. 3/7/360; Ag. entrate, circolare 5 marzo 2015, n. 9/E.

36 In questo senso Cass. 10 giugno 1994, n. 5650; Cass. 10 giugno 2009, n. 13333; Cass. 24

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un termine di prescrizione per l’attuazione di una pretesa tributaria ormai consolidata, qual è quella derivante dall’avviso definitivo per passaggio in giudicato della sentenza di rigetto o di annullamento parziale.

Come noto, prescrizione e decadenza disciplinano entrambe gli effetti del trascorrere del tempo sulle situazioni giuridiche soggettive: a grandis-sime linee, e rinviando alle voci enciclopediche per tutti i riferimenti, mentre la decadenza concerne gli atti che un soggetto deve compiere entro un certo termine per conservare o acquistare un potere o un diritto, la prescrizione riguarda diritti già sorti, ma che vengono a perdersi per il mancato esercizio37.

Così, in materia tributaria, si sono storicamente avuti termini di deca-denza per il compimento degli atti funzionali alla formazione del titolo esecutivo e di prescrizione per la riscossione del credito già certo nell’an e nel quantum38. Come il creditore vede estinguersi il proprio diritto, e precluse ulteriori azioni in caso di inerzia protratta oltre un dato tempo, così il fisco doveva agire entro lo stesso tempo (prescrizione) per riscuoter l’imposta definitivamente accertata. Tuttavia, la successiva introduzione di termini decadenziali per la notifica della cartella di pagamento, prima, e per l’inizio dell’esecuzione una volta consolidatosi l’atto impositivo, col D.L. n. 78/2010, da un lato, aveva impresso una notevole accelerazione all’attività ammini-strativa di accertamento e riscossione, dall’altro, però, aveva reso più diffi-cile distinguere le situazioni giuridiche dell’erario nella riscossione.

Il D.Lgs. n. 159/2015, in controtendenza rispetto a quella che sembrava l’evoluzione normativa39, pare aver recuperato la logica pre-riforma, là dove prevede che le somme dovute in base ad accertamenti definitivi, in materia d’imposte sui redditi, Iva ed Irap, sono riscosse entro il termine di prescri-zione, dipendano esse da mancata impugnazione o da regiudicata. La ratio dell’intervento, si legge nella relazione illustrativa, è appunto quella di escludere una duplicazione di termini decadenziali, già previsti per la notifica dell’avviso40.

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Si tratta comunque di una distinzione dogmatica non pacifica, né quanto alla sostanza né quanto agli effetti, e tantomeno nella dottrina tributaristica: v. p. es., C. Glendi,“Prescrizione e decadenza (Diritto tributario)”, in Noviss. dig. it., Appendice, V, Torino, 1984, 1161; P. Russo, Manuale di diritto tributario. Parte generale, 4a ed., Milano, 2002, 121.

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M. Basilavecchia,“Riscossione delle imposte”, in Enc. del diritto, XL, Milano, 1989, 1203; M.C. Fregni, “Obbligazione tributaria e codice civile”, cit., 352 s.; A. Randazzo, “Contributo allo studio della prescrizione nel diritto tributario”, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1971, I, 459 s. e 619 s. A questa ricostruzione, che distingue nettamente le fasi di accertamento e riscossione, se n’è affiancata, nel tempo, anche un’altra: v. M. Basilavecchia, “Il ruolo e la cartella di pagamento: profili evolutivi della riscossione dei tributi”, in Dir. prat. trib., 2007, I, 127, secondo cui la riscossione rientra nella più generale funzione impositiva.

39 V. A. Amatucci,“Prescrizione e decadenza nel diritto tributario”, in L. Perrone,

C. Berliri (a cura di), Diritto tributario e Corte Costituzionale, Napoli, 2006, pag. 463 ss.

40 La modifica non riguarda la riscossione per ruolo: v. M. Basilavecchia,“L’atto

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Di contro, la previsione di termini di decadenza sembra giustificarsi in base a due ordini di ragioni:

a) a tutela del contribuente, è necessario che la riscossione si compia in un termine perentorio, indipendentemente da circostanze obiettive e subiettive, al fine di non lasciare il contribuente esposto troppo a lungo a un potere autoritativo41;

b) quando la pretesa contenuta nell’atto è condivisa, non vi è necessità di lasciar l’attuazione del credito tributario all’inerzia del fisco tanto a lungo42. Se il secondo argomento non sembra pertinente per atti consolidatisi a seguito di regiudicata, il primo viene sviluppato dai giudici veneti sotto il profilo della ragionevolezza - un aspetto diverso, quindi, da quello, più attento alle situazioni soggettive del fisco, che sembra aver ispirato il D.Lgs. n. 159/2015. Si equipara, sotto l’aspetto operativo, l’attività di riscos-sione di somme determinate in sentenza a quella di liquidazione automatica ex art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973 e si conclude che non è ragionevole la previsione di due termini distinti. L’argomento non è ulteriormente moti-vato, se non richiamando le esigenze di certezza del diritto, di affidamento e ragionevolezza, già affermate dalla Corte costituzionale.

Si sarebbe - forse - potuto valorizzare il profilo teleologico-sostanziale della decadenza, per dire che la speditezza della riscossione di un tributo dovuto realizza l’interesse del contribuente a non rimaner esposto per un tempo eccessivo alla riscossione ma anche, e ancor più, quello della collettività ad apprendere le risorse finanziarie necessarie al suo mantenimento.

6. Sul divieto di citazioni dottrinali - Alcuni rilievi, in fine, sullo stile della motivazione. Come noto, le citazioni dottrinali sono vietate ai giudici civili dall’art. 118, comma 3, disp. att. c.p.c. e, dal 2010, anche a quelli ammini-strativi (art. 88, c. 3, d.lgs. 104/2010). Nessun divieto era invece previsto per questi ultimi negli abrogati R.D. 17 agosto 1907, n. 642 e R.D. 17 ottobre 1889, n. 6516. Ad ogni modo, dal 1890 non si rinvengono citazioni dottrinali, né prima né dopo il D.Lgs. n. 104/2010, ma solo generici riferimenti43. Non

41 Corte cost. 15 luglio 2005, n. 280, in Dir. prat. trib., 2006, II, 362, con nota di C. Glendi,

la quale ha sancito l’incostituzionalità, sotto il profilo della ragionevolezza, del modello del ruolo/titolo esecutivo azionabile nel termine di prescrizione, prima delle modifiche appor-tate con l. 31 luglio 2005, n. 156. Adde A. Carinci,“Termini di notifica della cartella di pagamento e funzioni del ruolo: perplessità applicative e dubbi sistematici in merito al nuovo art. 25 del D.P.R. n. 602/1973”, in questa Rivista, 2005, pag. 1669 ss.

42 F. Pistolesi, La natura“sostitutiva”, cit.

43 G. Barbagallo, “Stile e motivazione delle decisioni del Consiglio di Stato”, in

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sono però mancate eccezioni: quando una certa teoria è consolidata in dottrina e giurisprudenza, le Corti non hanno mancato di rimarcarne la paternità, anche con citazioni indirette44.

L’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992 non ripete il divieto espresso di citazioni dottrinali, anche se, ai sensi dell’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 546, i giudici tributari devono applicare le norme del codice di procedura civile, se compatibili con quelle sul processo tributario e per quanto da queste non regolato. Sono per ciò state ritenute appli-cabili al processo tributario alcune disposizioni di attuazione del codice di procedura civile45, tra le quali anche l’art. 11846. Talora, è stata anche affermata l’applicabilità di tutte le disposizioni attuative, attesa la generalità del rinvio operato dall’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992 e la forza espansiva delle norme codicistiche e costituzionali sull ’ob-bligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali47.

Ad ogni buon conto, si è ritenuto che il divieto di citazione di autori giuridici non precluda il richiamo a soluzioni da questi elaborate e alle relative motivazioni; e che la violazione del relativo divieto non assurga a difetto di motivazione e rimanga sfornita di sanzione48.

Il divieto di“invocare l’autorità degli scritti legali” è frutto dell’impo-stazione dogmatica del periodo illuministico-ottocentesco: dopo l ’unifica-zione, si trova, per la prima volta, nell’art. 265 del regolamento generale giudiziario per l’esecuzione del codice di procedura civile, di quello di procedura penale e della legge sull’ordinamento giudiziario, approvato con R.D. n. 2641 del 14 dicembre 1865. Questo divieto esprime l’idea secondo cui il giudice dovrebbe essere un mero bouche de la loi, che applica meccanicamente la legge al caso concreto; idea che risale alla massima romanistica“Eius est legem interpretari cuius est legem condere”, la quale, a sua volta, rifletteva l’opinione che l’interpretazione dei dottori pregiudi-casse la certezza e la stabilità del diritto.

Una simile concezione non sembra però trovare riscontro nella rifles-sione ermeneutica più recente, la quale assegna al giudice, e specialmente a quello costituzionale, un maggiore spazio creativo, che si manifesta nel dovere di motivare e convincere secondo canoni aristotelici persuasivi e

44

P. es., Cass., SS.UU., 13 novembre 2013, n. 25454.

45 Per un elenco, v. F. Sorrentino,“Art. 1”, in C. Consolo, C. Glendi, Commentario breve

alle leggi del processo tributario, 3a ed., Padova, 2012, 10 (II c.).

46 Cass. 16 dicembre 2013, n. 28113 (ord.). 47

Cass., 12 marzo 2002, n. 3547, in Corr. trib., 2002; Cass. 10 maggio 2005, n. 12354, in Boll. trib., 2007, 808; Cass. 21 gennaio, 2008, n. 1163.

48 A. Levoni, Le Disposizioni di attuazione del Codice di procedura civile, Milano, 1992, 330,

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argomentativi49. In questo contesto, si rivendicano l’importanza della dot-trina nel progresso del diritto e della società e la necessità di riconoscere la paternità delle sue teorie, le quali si affermano prima tra i giuristi e diven-gono poi, attraverso il giudicato, verità giuridica.

La sentenza annotata registra questa tendenza e conferma l’influenza di tesi dottrinarie certo non pacifiche, ma autorevolmente sostenute.

DANIELECANÈ

Dottorando di ricerca Università degli Studi di Milano-Bicocca

49 Anche per riferimenti, v. F. Rinaldi,“Sono costituzionali le normative che vietano la

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