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ANDREA CANEVARO MICHELE GIANNI LEONARDO CALLEGARI ROBERTO ZOFFOLI L ACCOMPAGNAMENTO NEL PROGETTO DI VITA INCLUSIVO

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Academic year: 2022

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(1)

«Dante ha avuto un’infanzia non facile.

Aveva un’intelligenza atipica e una

memoria formidabile. Ma si perdeva in cose semplicissime, non aveva vie di mezzo.

I compagni lo prendevano in giro, a volte anche crudelmente, come solo i bambini sanno fare.

Imparava cose strampalate che sembravano inutili e snobbava quelle elementari e utili. Per qualcuno questo accadeva perché era svogliato, per qualcun altro perché era distratto, con la testa altrove. Era un bambino problematico.

Dante cominciò presto ad avere un

accompagnatore. Non era chiaro se fosse reale o immaginario. Forse era entrambe le cose.

Si appoggiava a lui, e nello stesso tempo voleva la solitudine. Ma la sua solitudine era aff ollata.

Si faceva strada a fatica, solitario in una folla che era anche, e forse soprattutto, dentro di lui.

Sembrava timoroso di ogni contatto. Per stare sul sicuro, ripeteva sempre gli stessi gesti, le stesse azioni.

Ma essendo pignolo e attento ai minimi dettagli, percepiva che ripetendo cambiava.

Si spaventava di se stesso…»

ANDREA CANEVARO MICHELE GIANNI

LEONARDO CALLEGARI ROBERTO ZOFFOLI

L’ACCOMPAGNAMENTO NEL PROGETTO DI VITA INCLUSIVO

Un buon accompagnatore non è solo.

Un buon accompagnatore sa esplorare il paesaggio avendo dei punti di riferimento.

Sa a chi, quando e come chiedere.

Affi ancando chi viene accompagnato, può anche trasmettergli queste capacità.

Oltre a infondergli fi ducia.

Per uno sviluppo inclusivo, la fi ducia è la bussola.”

SAGGI PROFESSIONALI

www.erickson.it

€ 20,00

9 7 8 8 8 5 9 0 2 6 5 5 6

IL LIBRO

L ’A C C O M P A G N A M E N T O N E L P R O G E T T O D I V I T A I N C L U S I V O

La Legge 328/2000 stabilisce che è diritto di ciascuna persona con disabilità avere un proprio progetto di vita, un percorso individualizzato che ne riconosca bisogni e desideri, organizzando interventi il più possibile effi caci e mirati e accompagnandola verso una possibile autonomia.

L’educatore — la fi gura deputata a questo accompagnamento — ha un ruolo complesso: non è facile stabilire quando l’aiuto diventa sostituirsi all’altro e, quindi, impedimento al suo sviluppo.

Gli autori illustrano, nella prima parte del volume, come realizzare un accompagnamento inclusivo dall’infanzia all’età adulta, traducendo la relazione di cura in buone pratiche e attuando una progettualità di rete in dialogo con le associazioni, le agenzie formative, le aziende e gli enti del territorio.

Nella seconda parte, invece, il lettore è condotto in un racconto semiserio ma illuminante, in cui il più celebre viaggio letterario — quello di Virgilio e Dante dall’Inferno al Paradiso — diventa l’archetipo del viaggio di educatore e disabile: il primo guida il secondo, ma lasciandogli spazio e, al momento giusto, lasciando che torni solo a riveder le stelle.

GLI AUTORI A N D R E A C A N E V A R O Professore emerito dell’Università di Bologna, è ritenuto il padre della Pedagogia speciale in Italia.

M I C H E L E G I A N N I

Cooperatore sociale, si occupa di progetti di inclusione sociale e lavorativa; è scrittore e autore teatrale.

L E O N A R D O C A L L E G A R I Cooperatore, sociologo, specializzato in relazioni industriali e del lavoro all’Università di Bologna, presidente di A.I.L.eS.

R O B E R T O Z O F F O L I

Già sindaco di Cervia, è responsabile del Servizio Pianifi cazione Strategica, progetti comunali, nazio- nali integrati ed europei del Comune di Cesena.

D O M I N O S O C I A L E

D I R E Z I O N E A N D R E A C A N E V A R O

Gli impegni nel lavoro educativo e sociale esigono che le competenze si combinino fra loro con la logica del domino: ogni pezzo può interfacciarsi con ognuno dei suoi lati, orientando lo sviluppo in tutte le direzioni.

I volumi di «Domino sociale» vogliono fornire prospettive che realizzino speranze, defi nendo con chiarezza caratteristiche e competenze delle diverse fi gure professionali, in particolare degli educatori sociali.

DOMINO SOCIALE Direzione Andrea Canevaro

Per le persone con disabilità, fragili, vulnerabili, svantaggiate, l’inclusione lavorativa e sociale in un ambiente ordinario di lavoro,

in un’azienda profi t, in una cooperativa o in un ente pubblico, è un obiettivo auspicabile ma sempre più diffi cile da raggiungere.

Tra il 70 e l’80% di esse, anche dopo ripetute azioni orientative, formative, di tirocinio e accompagnamento al lavoro, non viene assunta.

In un momento di crisi economica globale come quella odierna la situazione si fa ancora più critica per chi, già in periodi normali, ha diffi coltà occupazionali per mancanza dei requisiti richiesti dal mercato del lavoro.

Cosa succede allora se la prospettiva di un impiego si allontana, quando non

defi nitivamente sparisce, lasciando un numero crescente di individui senza possibilità

professionali?

Quali alternative sono esperibili, sensate per le persone e per la comunità sociale, che diano valore, identità, riconoscimento, appartenenza, soddisfazione ai singoli e che siano in grado di scongiurare la divaricazione di iniquità e giustizia tra chi è incluso e chi è escluso, tra privilegiati e discriminati?

CANEVARO ET AL. L’ACCOMPAGNAMENTO NEL PROGETTO DI VITA INCLUSIVO

La parola

«accompagnare»

non avrebbe senso se non ci fossero dei luoghi da cui partire e dove

sperare di arrivare.

(2)

«Dante ha avuto un’infanzia non facile.

Aveva un’intelligenza atipica e una

memoria formidabile. Ma si perdeva in cose semplicissime, non aveva vie di mezzo.

I compagni lo prendevano in giro, a volte anche crudelmente, come solo i bambini sanno fare.

Imparava cose strampalate che sembravano inutili e snobbava quelle elementari e utili. Per qualcuno questo accadeva perché era svogliato, per qualcun altro perché era distratto, con la testa altrove. Era un bambino problematico.

Dante cominciò presto ad avere un

accompagnatore. Non era chiaro se fosse reale o immaginario. Forse era entrambe le cose.

Si appoggiava a lui, e nello stesso tempo voleva la solitudine. Ma la sua solitudine era aff ollata.

Si faceva strada a fatica, solitario in una folla che era anche, e forse soprattutto, dentro di lui.

Sembrava timoroso di ogni contatto. Per stare sul sicuro, ripeteva sempre gli stessi gesti, le stesse azioni.

Ma essendo pignolo e attento ai minimi dettagli, percepiva che ripetendo cambiava.

Si spaventava di se stesso…»

ANDREA CANEVARO MICHELE GIANNI

LEONARDO CALLEGARI ROBERTO ZOFFOLI

L’ACCOMPAGNAMENTO NEL PROGETTO DI VITA INCLUSIVO

Un buon accompagnatore non è solo.

Un buon accompagnatore sa esplorare il paesaggio avendo dei punti di riferimento.

Sa a chi, quando e come chiedere.

Affi ancando chi viene accompagnato, può anche trasmettergli queste capacità.

Oltre a infondergli fi ducia.

Per uno sviluppo inclusivo, la fi ducia è la bussola.”

SAGGI PROFESSIONALI

www.erickson.it

€ 20,00

9 7 8 8 8 5 9 0 2 6 5 5 6

IL LIBRO

L ’A C C O M P A G N A M E N T O N E L P R O G E T T O D I V I T A I N C L U S I V O

La Legge 328/2000 stabilisce che è diritto di ciascuna persona con disabilità avere un proprio progetto di vita, un percorso individualizzato che ne riconosca bisogni e desideri, organizzando interventi il più possibile effi caci e mirati e accompagnandola verso una possibile autonomia.

L’educatore — la fi gura deputata a questo accompagnamento — ha un ruolo complesso: non è facile stabilire quando l’aiuto diventa sostituirsi all’altro e, quindi, impedimento al suo sviluppo.

Gli autori illustrano, nella prima parte del volume, come realizzare un accompagnamento inclusivo dall’infanzia all’età adulta, traducendo la relazione di cura in buone pratiche e attuando una progettualità di rete in dialogo con le associazioni, le agenzie formative, le aziende e gli enti del territorio.

Nella seconda parte, invece, il lettore è condotto in un racconto semiserio ma illuminante, in cui il più celebre viaggio letterario — quello di Virgilio e Dante dall’Inferno al Paradiso — diventa l’archetipo del viaggio di educatore e disabile: il primo guida il secondo, ma lasciandogli spazio e, al momento giusto, lasciando che torni solo a riveder le stelle.

GLI AUTORI A N D R E A C A N E V A R O Professore emerito dell’Università di Bologna, è ritenuto il padre della Pedagogia speciale in Italia.

M I C H E L E G I A N N I

Cooperatore sociale, si occupa di progetti di inclusione sociale e lavorativa; è scrittore e autore teatrale.

L E O N A R D O C A L L E G A R I Cooperatore, sociologo, specializzato in relazioni industriali e del lavoro all’Università di Bologna, presidente di A.I.L.eS.

R O B E R T O Z O F F O L I

Già sindaco di Cervia, è responsabile del Servizio Pianifi cazione Strategica, progetti comunali, nazio- nali integrati ed europei del Comune di Cesena.

D O M I N O S O C I A L E

D I R E Z I O N E A N D R E A C A N E V A R O

Gli impegni nel lavoro educativo e sociale esigono che le competenze si combinino fra loro con la logica del domino: ogni pezzo può interfacciarsi con ognuno dei suoi lati, orientando lo sviluppo in tutte le direzioni.

I volumi di «Domino sociale» vogliono fornire prospettive che realizzino speranze, defi nendo con chiarezza caratteristiche e competenze delle diverse fi gure professionali, in particolare degli educatori sociali.

DOMINO SOCIALE Direzione Andrea Canevaro

Per le persone con disabilità, fragili, vulnerabili, svantaggiate, l’inclusione lavorativa e sociale in un ambiente ordinario di lavoro,

in un’azienda profi t, in una cooperativa o in un ente pubblico, è un obiettivo auspicabile ma sempre più diffi cile da raggiungere.

Tra il 70 e l’80% di esse, anche dopo ripetute azioni orientative, formative, di tirocinio e accompagnamento al lavoro, non viene assunta.

In un momento di crisi economica globale come quella odierna la situazione si fa ancora più critica per chi, già in periodi normali, ha diffi coltà occupazionali per mancanza dei requisiti richiesti dal mercato del lavoro.

Cosa succede allora se la prospettiva di un impiego si allontana, quando non

defi nitivamente sparisce, lasciando un numero crescente di individui senza possibilità

professionali?

Quali alternative sono esperibili, sensate per le persone e per la comunità sociale, che diano valore, identità, riconoscimento, appartenenza, soddisfazione ai singoli e che siano in grado di scongiurare la divaricazione di iniquità e giustizia tra chi è incluso e chi è escluso, tra privilegiati e discriminati?

CANEVARO ET AL. L’ACCOMPAGNAMENTO NEL PROGETTO DI VITA INCLUSIVO

La parola

«accompagnare»

non avrebbe senso se non ci fossero dei luoghi da cui partire e dove

sperare di arrivare.

(3)

Indice

Presentazione 9

PRIMA PARTE – Virgilio: l’accompagnatore

(Andrea Canevaro, Leonardo Callegari e Roberto Zoffoli)

Premessa 13

Capitolo 1

Percorso per un progetto di vita 15

Capitolo 2

Il paradigma inclusivo 31

Capitolo 3

Un progetto di vita personalizzato inclusivo 45 Capitolo 4

Persone con disabilità e coronavirus 57 Capitolo 5

Fare posto agli altri (Andrea Canevaro, Vittorio

Severi, Monica Zudé e Leonardo Callegari) 65 Capitolo 6

Né bastone e neppure carota 87

Capitolo 7

In che territorio sociale, culturale, economico, vogliamo andare accompagnandoci?

(Leonardo Callegari) 97

Conclusioni 109

(4)

SECONDA PARTE – Dante: l’accompagnato (Andrea Canevaro e Michele Gianni)

Premessa 113

1. Infanzia e giovinezza 115 2. Dante diventa adulto: il «ghibellin fuggiasco»

che in realtà era guelfo 125 3. Il viaggio della vita nel mondo dei morti 145 4. Dante verso la vecchiaia 180

Conclusioni 193

Bibliografia 195

(5)

9

Presentazione

Gli esseri umani, tra i viventi, sono complicati. Solitudine e compagnia hanno molti significati.

Un essere umano può sentirsi solo essendo immerso nella folla.

Può sentirsi in compagnia essendo su un’isola deserta. Un essere umano può avere la compagnia delle stelle, di un oggetto che gli ricorda qualcuno, di una musica che sente nel vento...

Tentando di chiarire alcune di quelle che abbiamo chiamato complicazioni, le pagine di questo volume vogliono attuare una riflessione sull’accompagnamento.

Raccontano una storia: quella di Dante, che fu accompagnato da Virgilio in un viaggio immaginario. E anche la storia di Dante è immaginaria.

(6)

13

Premessa

Virgilio accompagna Dante. Possiamo considerarlo un ottimo accompagnatore? Rassicura, guida, lascia spazio perché Dante faccia le sue scoperte. Al momento giusto, in Paradiso, lo lascia andare da solo. Non impone la propria presenza. È un antenato di chi è educatore socio-pedagogico e, come tale, accompagnatore nel progetto di vita di un altro: un essere umano con disabilità.

Il progetto di vita non è dell’accompagnatore: è di Dante e non di Virgilio. Dante torna a riveder le stelle.

La parola «accompagnare» non avrebbe senso se non ci fossero dei luoghi da cui partire e dove sperare di arrivare. La distinzione fra abitazione e luogo di lavoro —luogo di commercio, luogo per giudicare o per essere giudicati, ecc. — permette a questa parola di esistere e avere senso.

L’istituzione totale non ha accompagnamenti, e neanche l’istitu- zione totale virtuale e di un televisore. Non c’è accompagnamento da un canale televisivo all’altro. Il post-moderno e i non-luoghi sono la crisi dell’accompagnamento. Fra un’«isola di fiducia e di sintonia» (isola autoreferenziale) e l’altra c’è un mare di sfiducia.

Si può accompagnare navigando quel mare? Chi accompagna chi?

Fra compagni di sventura, chi accompagna e chi è accompagnato?

Bisogna avere un progetto? L’inclusione è un progetto o il mezzo

(7)

L’accompagnamento neL progetto di vita incLusivo

14

per realizzarlo? Se diciamo progetto di vita, usiamo parole chiare per tutti?

Chi legge troverà insistenze e ripetizioni. Ad esempio: il budget di salute ha un richiamo più volte ripetuto: repetita iuvant. Le cose ripetute aiutano. Ripetere può giovare: è una sottolineatura, un modo un po’ pedante di rendere evidente qualcosa. Di tutto questo dobbiamo molta gratitudine nei confronti di Fausto Giancaterina.

Chi proseguirà nella lettura ritroverà questo nome e capirà perché gli dobbiamo molta riconoscenza: passione, tenacia e competenza

= Fausto Giancaterina.

(8)

31

capitolo 2

Il paradigma inclusivo

1

L’enfasi illusoria dell’autonomia autarchica

«Noi impariamo dal Poverello di Assisi, da S. Benedetto, da Gandhi, da Budda… l’importante è essere discepoli, imparare da tutti e venerare il patire di tutti (sorella Maria di Campello)» (Ce- schia, 2017). Un essere umano, nel corso della sua vita, esclude e include. Appena nato, sembra includere unicamente il corpo ma- terno ed escludere gli altri corpi.

Crescendo, include progressivamente altri esseri umani, i loro sguardi, i loro odori, i loro suoni. Include oggetti, luoghi, luci e ombre. Include simboli, segnali, indicazioni. Sembra che diventi autonomo.

La verità è che non possiamo funzionare se non ammettiamo i limiti del nostro sapere e non ci fidiamo delle competenze altrui. A volte ci opponiamo a questa conclusione perché sconvolge il nostro senso dell’indipendenza e autonomia. Vogliamo credere di essere in grado di prendere tutte le decisioni e ci irritiamo se qualcuno ci corregge, ci dice che stiamo sbagliando o ci dà spiegazioni su argo- 1 Il seguente capitolo è tratto e adattato da Canevaro (2020a), pubblicato a

novembre del 2020 in «L’integrazione Scolastica e Sociale».

(9)

L’accompagnamento neL progetto di vita incLusivo

32

menti che non capiamo. Questa naturale reazione umana individuale è pericolosa quando diventa una caratteristica condivisa da intere società (Nichols, 2017).

Questa verità è ignorata, forse volutamente. Puntando sulle co- noscenze individuali, autarchiche, riteniamo di poterci realizzare pienamente. Anche se meno utilizzata rispetto ad anni fa, la parola

«recupero» è nelle pieghe dell’educazione formale scolastica. Pas- sata la stagione dell’enfatizzazione, per certi versi autolesionista, della socializzazione, che cosa si chiede a un insegnante di soste- gno? Il più possibile di riallineamento — recupero di chi ha una condizione speciale — a quello che viene ritenuto uno sviluppo normale dell’apprendimento. Implicitamente, riteniamo che così facendo aumenti il livello di autonomia di quel soggetto: se è au- tonomo può ignorare gli altri, farne a meno. Non è così. Abitiamo un mondo affollato e sempre più urbanizzato. Ci capita sempre più spesso di essere disorientati, di non sapere a chi chiedere, temendo che gli altri siano millantatori, abbiano competenze fasulle, o che vogliano guadagnarci a nostre spese. Eppure, riteniamo di essere autonomi autarchicamente nonostante le nostre incertezze. «Fino a un certo punto, l’incertezza riguardo a qualcosa stimola la curio- sità; oltre quel punto, però, l’incertezza diventa così opprimente da poter generare disagio, e persino paura» (Livio, 2017). Disagio e paura possono indurci a volere esorcizzare le diversità. O esal- tando il fatto che, nonostante una diagnosi, ci troviamo davanti a un fenomeno, e lo stesso soggetto si sente tale. Oppure impri- gionando ogni gesto, ogni parola, in un programma tecnico da eseguire, diventando così esecutori passivi in un progetto di con- quista di conoscenze. Ma non funziona: non possiamo funzionare se non ammettiamo i limiti del nostro sapere e non ci fidiamo delle competenze altrui. Non dovremmo includere solo conoscenze.

Dovremmo includere luoghi, individui, oggetti. Questi non sono disposti in un ordine lineare. Sono globale + locale = glocal. Locale, nel globale, ha senso e non diventa localismo. Globale senza lo- cale è tirannia: diventa globalismo. Insieme non permettono una

(10)

Il paradigma inclusivo

33

valutazione basata sulla logica del «più avanti» o «più indietro».

Dovremmo includere nel glocal il paesaggio che ci circonda, i luo- ghi, gli individui, gli oggetti di cui possiamo avere bisogno. Come orientarci? A chi domandare?

L’accompagnamento inclusivo

I cooperatori fanno meglio quando sono circondati da altri coo- peratori. Così, una volta che gli individui di una specie hanno intra- preso il cammino della cooperazione, possono cercare attivamente di influenzare gli altri intorno a loro verso una direzione cooperativa (Tomasello, 2016).

Un buon accompagnatore non è solo. Quello che non sa, cerca di capire a chi chiederlo. Sa esplorare il paesaggio avendo dei punti di riferimento. Sa a chi, quando e come chiedere. Affiancando chi vie- ne accompagnato, può anche trasmettergli queste capacità, oltre a trasmettere fiducia. Per uno sviluppo inclusivo ci vuole fiducia.

Abbiamo usato parole, «sviluppo» e «fiducia», molto compromes- se e forse un po’ logore. L’accompagnamento inclusivo può ridare loro vigore e autenticità. Muhammad Yunus, Amartya Sen, Martha Nussbaum sono alcune delle tante persone che, con i loro studi e le loro iniziative, hanno curato le ferite di quelle due parole. «Svi- luppo» va sottratta al consumismo che trasforma ogni errore in scarto — nella logica frettolosa dell’usa e getta (Giorello e Donghi, 2019). È un’economia circolare: è un modo di leggere l’intreccio fra scarti e processi produttivi che permettono di valorizzare gli scarti.

Partiamo dalla realtà dell’iperconnessione continua, che in ogni attimo lega le nostre vite, unisce fasi produttive, macchine, robot che se pure dislocati nei quattro angoli del pianeta diventano seg- menti di una stessa fabbrica virtuale definita sempre più non tanto dai flussi di produzione fatta, cioè il tangibile trasformarsi del bene

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