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A Lavinia e ad Adriano e a tutti i loro amici, ex compagni di scuola perché per un cancello che si chiude si aprono mille porte su mondi nuovi

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Academic year: 2022

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A Lavinia e ad Adriano e a tutti i loro amici, ex compagni di scuola perché per un cancello che si chiude si aprono mille porte su mondi nuovi

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© 2019 Lapis Edizioni Tutti i diritti riservati

Illustrazione di copertina di Francesco Fagnani Editing a cura di Luisa Mattia

Lapis Edizioni Via Francesco Ferrara, 50

00191 Roma tel: +39.06.3295935

www.edizionilapis.it e-mail: lapis@edizionilapis.it

ISBN: 978-88-7874-705-0

Finito di stampare nel mese di giugno 2019 presso Rubbettino Print - Soveria Mannelli (CZ) Grazie a Luisa Mattia, che ha preso per mano questa mia idea e mi ha guidato con i tocchi profondi e leggeri

della sua grande esperienza

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Moscardino-detto-Mos rilegge i propositi della giornata, chiude il blocco e lo nasconde sotto la pila di libri sulla scrivania.

– Quasi pronto – mormora tra sé, mentre punta l’armadio all’ingresso per prendere la felpa verde.

Una manica, l’altra, ci siamo. Si guarda allo specchio: pantaloni verdi, maglietta verde, calzini verdi. Perfetto. Prontissimo e verdissimo.

– Tono su tono anche oggi?

Sua sorella Pepita lo squadra dall’alto in basso.

– Ti ricordo che sono a lutto – le risponde Moscardino.

– Total green…?

– Ognuno il lutto suo.

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Per capirci qualcosa, bisogna tornare a quel giorno lì di Ottobre.

Sulla carta, doveva essere un giorno come gli altri, perfettamente in tono con l’umore di Moscardino che, occhi socchiusi, faceva colazione a tastoni.

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– Regolare, sorella. Quanto sganci?

– Che tirchio rabbioso!

– Sbrigatevi a finire la colazione e preparatevi, il tempo è denaro – questa era Ma’.

L’aria tersa, il cielo limpido: era una di quelle giornate di ottobre senza neanche una nuvola… E come ogni mattina la famiglia Righi scaricava i figli davanti alla scuola, lanciandoli dalla macchina neanche fosse una mazzafionda ruotata.

Un’ora dopo Mos era sdraiato a terra, pancia e volto all’aria, circondato da persone divise tra chi intendeva chiamare l’ambulanza e chi propendeva per allertare la famiglia.

– Svenuto?

La Prof si era fatta largo con delle mani simili a remi tra i curiosi in circolo.

– Beh, sì, nel senso che è svenuto dal sonno – aveva risposto qualcuno, anche se poco convinto

– Cioè? – La Rocchi era scientifica, l’approssimazione non era possibile: o era svenuto o no.

– Cioè ha chiuso gli occhi e si è addormentato.

Così diceva il calendario e così ribadiva il suo diario sul quale, a quella data, imperava la scritta a caratteri cubitali:

Ma questi sono dettagli.

– Occhio ai dettagli – era un principio saldo di Pa’. E, a ben vedere, quel giorno ne nascondeva tanti. Uno, ad esempio, era l’abbigliamento di Moscardino.

– Fica la tua felpa, Mos. Me la presti, domani?

Era ancora il periodo in cui Moscardino vestiva cromaticamente corretto e (altro dettaglio non da poco) in cui alle domande di sua sorella Pepita la replica non era un ringhio. Il che non significava amore incondizionato ma semplice normalità.

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E qui, anche in virtù della figuraccia, Mos aveva considerato fosse meglio chiudere di nuovo gli occhi e ripiombare nel sonno.

Quella era stata la sua prima letargia dolorosa. E il perché è presto detto.

Alle 8.45 si era già scatenato il passaparola.

– L’hai saputo dell’e-mail?

– Anche i tuoi l’hanno ricevuta?

– Ma che vogliono comunicare secondo te?

– Forse aumentano le rette…

– Mia madre non ci viene all’incontro, perché non vuole sentire quello che vogliono dire.

– Già lo sa?

– Pare che…

Moscardino, seduto al suo banco, restava in silenzio. Nella sua testa ruotavano immagini che non metteva a fuoco.

– Così, di colpo? – si era inserita dolcemente Miss Flo, la preside.

– Così, di colpo – le avevano confermato.

– Dev’essere stato lo shock – aveva detto lei.

– Come per ognuno di noi? – aveva commentato Samantha della Prima C.

– Tutti seduti – aveva intimato la Prof Rocchi.

“Tutti seduti, tutti seduti, tutti seduti…”.

Una voce lontana, era questo che Moscardino aveva sentito. Qualcosa che lo riportava al presente.

Lui avrebbe continuato a dormire, ma “tutti seduti”

non era un invito che si poteva rifiutare. Così si era sforzato di aprire un occhio, aveva puntato il gomito e poi, faticosamente, aveva sollevato la palpebra dell’altro. Un tempo infinitesimale, un’intenzione più che un risultato. Ma quel tempo minimo era stato sufficiente a vedere chiaramente lei, Marilù, piegata su di lui a soccorrerlo assieme ad altre decine di compagni al momento sconosciuti.

Si intuivano anche la Prof Rocchi e Miss Flo ma lui aveva visto solo lei: Marilù.

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Vogliono chiudermi la scuola!

La realtà gli aveva tolto la voce e così si era alzato per poi adagiarsi lentamente a terra, perfettamente infilato tra la cattedra e la lavagna.

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– Il rischio c’è, Moscardino.

Questa era Ma’, essenziale e succinta. Perché neanche le parole vanno sprecate, si sappia.

– Cioè? – aveva domandato Pepita.

– La scuola potrebbe chiudere.

Su questa frase, Mos aveva preso la porta del salone, si era diretto verso il balcone e aveva cominciato a gridare e inveire contro il cielo e i passanti, con ogni parola a sua disposizione.

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Mos è davanti alla scuola. Oggi come ogni giorno. Non si sa per quanto, in QUELLA scuola.

Afferra lo zaino, con un balzo è fuori dalla macchina e si precipita verso il cancello. Poi rallenta di colpo.

– La fretta toglie eleganza a tutto – sentenziava sua nonna e lui non dimentica quell’insegnamento.

Tra l’altro, se corre, il ciuffo gli si sposta dagli occhi e questo non va.

Ale e Ricki, gli amici più amici che ha, lo

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Ma una cosa è certa:

LA PAROLAFINE NON È SCRITTA

.

E finché sul cancello d’ingresso non si leggerà a caratteri cubitali CHIUSO, lui non si darà per vinto.

Ale si ferma davanti alla porta del terribile Signor Barone, il Rettore che sa tutto della scuola e che tutto decide. Il ragazzino scambia un’occhiata veloce con Ricky che è rimasto di vedetta all’inizio del corridoio e poi sussurra:

– Mos, veloce!

Mos tira fuori dallo zaino una bottiglietta.

Si sente il rumore dell’ascensore, qualcuno sta per arrivare…

Il cuore gli batte all’impazzata e in questi casi bisognerebbe essere decisi.

Invece la mano gli trema.

– Muoviti, Mos!

Il cuore gli batte ancora più forte, in fondo qualche dubbio è giusto averlo…

– Forza, dai a me!

Ale gli sfila di mano la boccetta ma non sa che aspettano sulle scale. Lui li vede da lontano e alza il

pollice. Lo stesso fa Ale e poi subito dopo Riccardo.

Tre gradini al volo ed entrano tutti insieme.

– Calma e gesso – bisbiglia Ricki.

– Finta di niente – incalza Ale.

Mos non riesce neanche a respirare, tanto si sente una fitta alla bocca dello stomaco.

Avanzano nel corridoio manco fossero i tre moschettieri. Le pareti che scorrono accanto a loro sono piene di lavori di gruppo, la maggior parte risultato di progetti di scambio. Un’eredità che le terze medie lasciano ai “primini” e a quelli di seconda che poi seguiranno il loro esempio.

Su uno di questi cartelloni, c’è una classe in posa con dietro un castello… Un college inglese…

Anche Pepita c’è stata.

L’anno prossimo doveva toccare a noi, pensa Mos.

Ed ecco di nuovo la fitta allo stomaco: l’anno prossimo la scuola potrebbe non esserci. Addio college inglese, addio viaggio dei super venti capitanati dalla Prof. Tutta colpa del Signor Barone, pensa Moscardino.

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è scivolosa da morire perché stamattina non c’era verso di trovare l’imbuto…

La boccetta sfugge dalle mani di Ale, finisce a terra, si frantuma e l’olio si spande davanti alla porta del Rettore.

In meno di dieci secondi, Mos, Ale e Ricky si confondono tra gli studenti che entrano a scuola.

La guerra è appena cominciata.

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Mister Samuela e gli allenamenti sono vicini, pensa Mos. Non vede l’ora.

La macchina rallenta e frena davanti all’entrata secondaria del campo di calcio. La Mister sta sistemando le bottiglie dell’acqua. Sente il rumore del motore, si gira e lo vede. Lo saluta con la mano, accompagnando il gesto con un grande sorriso e Moscardino di colpo si sente leggero come una piuma.

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macchina. Moscardino, da paonazzo che è, sbianca.

È il signor Barone! Vede gli occhi della madre spalancarsi nel riflesso delle luci della sera, osserva la sua bocca provare a dire qualcosa.

Driiiiiiiiiiiiin.

Stavolta è il cellulare di Moscardino.

La voce di sua sorella Giuseppina (ma chiamatela Pepita, se no non risponde) grida dal telefonino così tanto da convincere chiunque che le corde vocali sono un optional:

SEI STATO TU. SEI STATO TU. SEI STATO TUUUUUUUUUUUUUUUUUU! RISPONDI!!!! SEI STATO TUUUUUUUUUU!!

Barone su un telefono, Pepita sull’altro.

Tutti e due insieme e nel breve spazio di un’utilitaria. È una congiura!

– A che cosa ti riferisci, prego? – chiede a Pepita.

– Inutile che ci provi, Mos. Giusto tu puoi fare un gesto del genere.

Mos resiste e dice:

– Stai lanciando accuse senza prova, attenta a te.

Per Moscardino quell’ora e mezza di allenamento due volte a settimana (più l’extra della partita quando è convocato) è il tempo irrinunciabile della sua rinascita. Esce dal suo lutto unicamente per il calcio e solo grazie a Mister Samuela che, da bordo campo, osserva quanto sono cresciuti i suoi pulcini.

Due ore dopo, Moscardino ha i capelli appiccicati al collo ed è rosso, accaldato e felice.

È in macchina e Ma’, che è venuta a prenderlo, guida verso casa. Mos riflette tra sé: l’autunno, in genere, non è allegro ma non è mai stato così terribile. Per fortuna che c’è il fine settimana!

Si fa due rapidi calcoli: sabato sonno e relax, poi pomeriggio con Ale e Ricki. La serata non dovrebbe guastarsi perché finora non c’è stato nessun segnale da parte della scuola e visto che è il tardo pomeriggio di venerdì, il pericolo di ricevere cattive notizie è scampato.

Neanche il tempo di pensarlo che in quel momento la suoneria di un cellulare invade l’abitacolo della

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LAPAGHERAI! – Che cosa?

– La spazzola phonante, brutto vermiciattolo verde. Ecco che cosa. La spazzola phonante con doppia funzione arricciante e allisciante. Me la pagherai, me la ricompri nuova di zecca. Domani stesso appena torno dal Pigiama Party.

Detto ciò, Pepita chiude la telefonata.

Giusto il tempo di riprendere fiato e forze e girarsi di novanta gradi ed ecco che Moscardino – complice il semaforo rosso – si ritrova gli occhi della madre puntati addosso.

Forse, quando si dice che il peggio non ha mai fine si intende a occhio e croce qualcosa che somiglia a questa frase di Ma’:

– Dopo la spazzola di tua sorella, metti in conto di ripagare anche l’olio che hai sprecato con il tuo gesto selvaggio. Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso tutto.

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