nel 1453, l'arte bizantina e la sua influenza in Italia
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Item Type Article
Authors Luchini, Luigi
Publisher AXIS Fundation, University “Al.I.Cuza” Iassy
Rights With permission of the license/copyright holder
Download date 08/06/2022 16:00:30
Link to Item http://hdl.handle.net/20.500.12424/172389
Luigi LUCHINI
Lo scisma greco del 1054, la caduta di Costantinopoli nel 1453, l'arte bizantina
e la sua influenza in Italia
Abstract
The Byzantine art can also be called the Christian art of East, between 4th century in which arose and 14th century in which the sunset began. In the 6th century the true grandiose of the arts was created by the Byzantine. This art maintained these classic traditions for various centuries and the renaissance of 10th and 14th centuries has had above all the persistence and the awakening of the ancient spirit. In the second half of the 13th century, we assist to the decline of the Empire of East, the advance of the invasion of Muslims and the separation from the Byzantine influence.
The western culture is based on the reason of divine origin. The art, beyond the allegorical meaning, becomes technically constructive. The artist today difficultly succeeds to make a face human, an expression of the man-God.
We are in full industrial age, from which we achieve egoism. Over the dogmatic contrasts between the two churches, the union is felt in spirit, and also in the spirit of art. The historical schism does not have the total force to separate; the re-unification of the Christian world is an aspiration of all the Europeans today.
1. Lo scisma greco del 1054
Alle soglie del Mille, il dialogo tra la Chiesa d'Oriente e d'Oc- cidente non esisteva più. Non esistevano vie di comunicazione tra Roma e Costantinopoli, il Mediterraneo era diventato un mare musulmano e non si parlava più la stessa lingua. Gli orientali avevano dimenticato il latino e gli occidentali non avevano mai imparato il greco. Esistevano, poi, delle differenze nelle manifestazioni liturgiche.
Gli orientali pregavano in piedi, gli occidentali in ginocchio. Gli orientali batezzavano per immersione, gli occidentali per aspersione. Gli orientali avevano l'obbligo della barba e il permesso del matrimonio, gli occidentali l'obbligo di radersi e il divieto di sposarsi (anche se in Italia i
preti erano generalmente sposati come constata il sinodo di Pavia del 1022). In comune non avevano neppure il simbolo della croce: quello orientale aveva due braccia uguali, mentre quello degli occidentali aveva il braccio verticale più lungo. Gli occidentali celebravano l'Eucarestia con pane azzimut (non lievitato) mentre gli ortodossi con pane lievitato. Su queste differenze facilmente appianabili si era innestata quella del dogma della Santissima Trinità.
Il Concilio di Nicea, nell'anno 325, aveva proclamato che lo Spirito Santo promana dal Padre "ex Patre procedit". A questa decisione la Chiesa Orientale era rimasta fedele. Invece, quella Occidentale, in un Concilio tenuto a Toledo nel 589, aveva proclamato che lo Spirito Santo promana dal Padre e dal Figlio: "ex Patre Filioque procedit".
I greci consideravano questa interpretazione eretica perché, secondo loro, lo Spirito Santo promana dal Padre attraverso e non anche dal Figlio. Questa diatriba tra le due chiese rimase irrisolta.
II vero contrasto però era rappresentato dal primato del Papa. Il Papa era un sovrano indipendente sia nello spirituale che nel temporale.
Il Patriarca di Costantinopoli era, al contrario, il cappellano dell'Imperatore d'Oriente. L'Imperatore aveva tutti i diritti di intromettersi nelle questio- ni teologiche; aveva i poteri di indire concili e di nominare e deporre il Patriarca a suo piacimento. Da ciò il clero orientale si rifugiò nella teologia, nello studio della patristica, aiutato dal retaggio della cultura greca. Mentre il clero occidentale si era dedicato alla cura temporale, alla politica amministrativa della chiesa. I parroci latini rimasero ignoranti e venivano giudicati dai loro colleghi costantinopolitani con disprezzo.
I sintomi della definitiva separazione tra le due chiese si fecero sentire nella seconda metà del secolo nono durante il patriarcato di Ignazio figlio dell'Imperatore d'Oriente Michele II. Il patriarca Ignazio era un conservatore radicale e con la sua rigidezza si era creato diversi nemici politici e inimicato diversi vescovi. Nell'Epifania dell' 858 [imperante Michele III (842-867) di tre anni con la reggenza di Teodora vedova del defunto Imperatore] Ignazio rifiutò la comunione al primo ministro Cesare Bardo per la sua condotta immorale. Per questo fatto il patriarca Ignazio fu obbligato dall' Imperatore a dimettersi (858) e al suo posto fu nominato Fozio comandante della guardia del corpo imperiale.
Fozio era un laico di grande cultura. In cinque giorni ricevette tutti gli ordini sacri, compresa la consacrazione episcopale.
Tra il clero orientale si creò una scissione tra i pro e i contro Ignazio. L' imperatore Michele III si rivolse al Papa per un giudizio
definitivo sulle immagini (iconoclastia) e contemporaneamente Fozio comunicò al Papa la sua nomina a Patriarca. Era l'anno 860. Sul soglio di Pietro pontificava Nicolò I (Santo, 858-867). Il Papa prese le difese di Ignazio e nel 862 inviò lettere all'Imperatore e a Fozio con cui dichiarava la posizione della Sede Apostolica: Fozio veniva ridotto allo stato laicale e minacciato di scomunica se avesse conservato la carica usurpata. In seguito, il Papa nel sinodo romano dell'863 decretò Fozio privo di ogni dignità ecclesiastica e ordinò la restituzione della Cattedra Patriarcale a Ignazio. La sentenza però non ebbe alcun effetto pratico, anzi i rapporti fra Oriente e Occidente peggiorarono per interessi di giurisdizione sulla Chiesa bulgara e su altre diocesi. Il clero orientale convocò un sinodo a Costantinopoli, nel 867, per scomunicare il Papa, ma il Papa morì. Nello stesso anno, salì sul trono di Bisanzio l'Imperatore Basilio I il macedone (867-886) il quale, dopo aver assassinato Michele III, ricollocato Ignazio sulla cattedra Patriarcale e cambiata la situazione politica, riprese le relazioni con Roma.
Dopo la morte di Ignazio nell'878, Fozio salì nuovamente sul trono patriarcale di Costantinopoli e fu riconosciuto dal Papa Giovanni VIII, succeduto a Nicolò I, che impose la pace proclamando una tregua.
Nel prosieguo Fozio fu destituito e morì nell'892, relegato in un monastero. I sentimenti tra la Chiesa Greca e Latina rimasero però sempre ostili. Alla diversità di lingua, cultura, disciplina liturgica e pensiero teologico si sommarono le perdite del dominio bizantino in Italia, la formazione dello Stato Pontificio a danno dell'influenza bizantina e l'espandersi dell'impero tedesco sotto gli Ottoni. In questa situazione qualsiasi incidente poteva trasformare lo scisma latente in definitivo.
Con l'elezione di Papa Leone IX (Santo, 1049-1054) il conflitto si riaprì. Leone apparteneva ad una nobile famiglia di padre germanico e madre romanza, uomo colto e riformatore, girò l'Italia, la Francia, la Germania e la Slavia visitando diocesi e monasteri per riformare e rinnovare il clero. Sulla Cattedra di Costantinopoli salì il Patriarca Michele Cerulario (1043-1058), uomo ambizioso, colto e intelligente.
Volle rompere i legami con Roma; nel 1050 rimproverò i Latini chiamandoli eretici; nel 1053 chiuse le Chiese latine a Costantinopoli, confiscò i monasteri e i loro beni, proibì l'uso nella Comunione del pane senza lievito. Da buon orientale, il Patriarca Michele Cerulario nutriva un certo disprezzo per l'Italia germanizzata e per il suo clero semianalfabeta.
Non perdonò mai al Papato di diventare proprietario dell'Esarcato Bizantino di Ravenna e di incoronare, come Imperatori romani, Re tedeschi.
Leone IX cercò di evitare l'urto e spedì, nel giugno 1053, legati a Costantinopoli il cardinale Umberto di Silva Candida, uno degli uomini più intelligenti ma anche dei più aspri della chiesa del suo tempo, il cancelliere Federico e l'arcivescovo di Amalfi Pietro. La legazione papale si mostrò intransigente e sprovvista di senso diplomatico, respinse le accuse e contraccusò il clero orientale. In 16 luglio Leone IX morì e i legati prima di rientrare a Roma depositarono sull' altare di Santa Sofia una bolla di scomunica per il Patriarca. Questi rispose convocando un Concilio del clero orientale scomunicando il Papa. Era il 1054. Il mondo cristiano si spezzò in due Chiese: quella romana si chiamò "Cattolica"
cioè universale e quella greco-orientale si chiamò "Ortodossa" cioè fedele al dogma.
Molti Patriarchi orientali deplorarono il fatto e scongiurarono il loro collega di Costantinopoli di ripristinare l'unione. La rottura rimase e divenne definitiva in seguito alle ostilità sorte tra greci e franchi in occasione della prima crociata. Così un po' alla volta si staccavano da Roma i serbi, bulgari, russi e rumeni. Scisma che dura ancora.
2. La caduta di Costantinopoli 1453 Preludio
Il tramonto dell'impero d'Oriente era incominciato con la IV crociata (1204). I crociati, capeggiati dal doge Enrico Dandolo e dal marchese di Monferrato Bonifacio, partiti da Venezia per Gerusalemme fecero sosta a Zara ribellatasi a Venezia e dopo averla riconquistata partirono per Costantinopoli su invito, del figlio dell'ex Imperatore bizantino, Alessio che era stato spodestato dallo zio. In cambio del rinsediamento, Alessio sì impegnava a versare una lauta ricompensa, a mantenere per un anno l'esercito crociato e altri patti tra i quali la sottomissione della Chiesa Greca a quella Romana. Con queste allettanti promesse i crociati partirono per il Bosforo. Bisanzio fu presa dopo un feroce assedio e ricollocato sul trono Alessio, che non fu poi accettato dai greci.
Allora il marchese di Monferrato Bonifacio fece saccheggiare la città e nominò Imperatore Latino d'Oriente il conte di Fiandra. Si spartirono tra patrizi Veneti e francesi la Bitinia, la Tracia Tessalonica, le Cicladi.
Ogni barone ebbe una piccola fetta d'impero. Il marchese di Monferrato si tenne le terre oltre il Bosforo. Il paese era ridotto ad un pulviscolo di signorie veneziane disseminate lungo i porti navali e ad una galassia di staterelli indipendenti in continua lotta tra di loro. L'Impero Latino d'Oriente durò cinquant'anni fino al 1261. Fu un periodo di continue guerre fratricide, finché i greci riebbero il sopravvento e ristabilirono il potere restaurando il dominio della famiglia dei Paleologi.
L'economia era in sfacelo, l'agricoltura non aveva saputo adeguarsi ai tempi. L'impero degli ottomani erodeva i confini avanzando inesora- bilmente sul territorio bizantino senza trovare resistenza. Il traffico marittimo stava diventando predominio dell'Isiam. Per quadrare i bilanci, i Paleologi ridussero le spese militari e sguarnirono le frontiere lasciandole in balia dei turchi affamati di terre e di smaniose conquiste.
Già nel 1418 arrivò in Italia da Costantinopoli Gregorio Comblak Vescovo di Kiev con lo scopo di sollevare il problema dell'unione delle due chiese. Il Concilio di Costanza (1414-1418) stava ponendo fine allo scisma d'Occidente con l'elezione a Papa di Martino V (1417-1431).
Il Papa si interessò subito dei rapporti con la chiesa d'Oriente.
Nel 1422 inviò il francescano Antonio Mossa come nunzio a Costantìnopoli per trattare con l'imperatore Manuele II l'unione religiosa.
La risposta fu quella di convocare un Concilio Ecumenico per discutere la questione del "Filioque", del Purgatorio e dell'Eucarestia, temi che saranno poi discussi nel Concilio di Ferrara e di Firenze (1438). Nel 1430 l'Imperatore d'Oriente invia a Roma l'ambasceria composta dal funzionario Marco Jagaris e dal monaco Macario Makres per discutere i problemi da trattare in concilio.
Il papa Martino V si era dedicato con tutte le forze a riordinare la Chiesa Cattolica dopo la lunga stasi avignonese e a restaurare Roma, onde renderla idonea alla sua funzione di capitale della cristianità. Aveva chiamato a Roma i migliori pittori e architetti del tempo. Gentile da Fabriano, nel 1427, per gli affreschi di S. Giovanni Laterano che poi continuò il Pisanello; nel 1428 commissionò al Masolino e al Masaccio altri lavori. Restaurò i ponti sul Tevere e numerose basiliche. Sistemò urbanisticamente la città aprendo nuove vie. Si era preso come segretario
Poggio Bracciolini, uno dei più famosi umanisti del tempo. Aveva nominato cardinali diversi letterati. Nel pieno dei suoi progetti riformatori morì, correva l'anno 1431. Gli successe Eugenio IV, al secolo Gabriele Condulmer nato a Venezia nel 1383, a 25 anni fu nominato vescovo di Siena, nel 1431 Papa, morì nel 1447.
Eugenio era un uomo semplice, poco socievole e cocciuto, era in atto il Concilio di Basilea indetto da Martino V (1431-1449) dominato da delegati francesi contrari al Papa e per questo Eugenio invalidò le decisioni e ordinò lo scioglimento. A questo punto si fecero avanti i
"fratelli perduti" della Chiesa Greco-Ortodossa.
La pressione esercitata dai turchi su Bisanzio aveva indotto l'Imperatore d'Oriente a prendere in considerazione l'ipotesi di sottomettersi alla chiesa di Roma. L'Imperatore d'Oriente Giovanni VIII e il suo Patriarca Giuseppe pensarono che solo l'Occidente poteva aiutarli e proposero al papa la riunificazione delle due chiese cristiane. A questa possibilità, i Padri Conciliari di Basilea si misero d'accordo con il Papa per un Concilio a Ferrara. La riunificazione del mondo cristiano era un'aspirazione molto sentita da tutti gli europei. Nel gennaio 1439 arrivò l'Imperatore Giovanni Paleologo e il Patriarca con 17 metropoliti con il loro seguito di vescovi, monaci e teologi. Il Papa preparò festose e solenni accoglienze.
Si formarono le commissioni per la discussione. Il grosso ostacolo era sempre quello dello Spirito Santo che i Cattolici facevano procedere dal Padre e dal Figlio, mentre i greci lo facevano procedere dal Padre attraverso il Figlio. Ad aggravare le cose scoppiò a Ferrara la peste, allora si portò il Concilio a Firenze ospiti di Cosimo de Medici.
Finalmente si raggiunse un accordo. Le parti si accorsero che non c'era differenza se si aggiungeva una preposizione "Ex Patre Filioque procedit" come dicevano i cattolici e "Ex Patre per Filium procedit"
come dicevano gli ortodossi, significavano la stessa cosa.
Altro scoglio fu quello del Primato del Papa, su questo punto fu accettato il compromesso suggerito dall'arcivescovo Bessarione di Nicea:
riconoscere al Papa un'autorità ecumenica, cioè universale, restando validi tutti i privilegi acquisiti dalle Chiese Orientali. La formula fu accettata da tutti i presenti e il 5 luglio 1439 fu firmato il decreto di unificazione delle due grandi Chiese, venne letto sotto la cupola del Brunelleschi sia in greco che in latino, si scambiarono il bacio della pace e tutte le campane suonarono a storno. La gioia durò poco, il popolo e il
clero di Costantinopoli accolsero al ritorno l'Imperatore e il Patriarca a sassate e insulti.
I Patriarchi di Alessandro, Antiocchia e Gerusalemme ripudiarono l'accordo e le due chiese continuarono a scomunicarsi a vicenda fino al 1453 quando Maometto II trasformò la capitale dell'impero in capitale dell'Islam.
Rimasero fedeli al Papa solo le chiese Maronite, Caldeane ed altre che furono chiamate in senso dispregiativo Uniate. La Chiesa Russa assunse l'eredità di quella greca.
La caduta di Costantinopoli per opera di Maometto II
Quando nel 1451 divenne sultano Maometto II, già l'impero ottomano dominava gran parte della penisola balcanica e quasi tutta l'Asia Minore. Solo Costantinopoli era rimasta indipendente. Alla vigilia della Pasqua 1453 l'armata turca marciò sulla città, alcuni fuggirono, ma i più si accinsero alla difesa. Dopo sei settimane d’assedio la città fu presa da un battaglione di "gianizzeri" specie di guardia pretoriana educata alla più rigida disciplina militare. La città fu abbandonata al saccheggio della soldataglia.
Il cronista del tempo racconta che le strade e le piazze della città erano lastricate di cadaveri orrendamente mutilati, i monasteri bruciati e gli inquilini violentati e scannati. I luoghi sacri furono profanati e le biblioteche date alle fiamme. Un immenso patrimonio di manoscritti di codici andò disperso. Solo dopo tre giorni di distruzione tornò la calma, molte chiese furono trasformate in mosche, fu nominato dal sultano un nuovo patriarca a lui fedele. Costantinopoli fu eletta capitale dell'impero Ottomano. Il sultano reclutò una schiera d’architetti per la ricostruzione della città. Costruì il suo palazzo con un dovizioso harem. In pochi anni, la città riacquistò il suo ruolo di capitale.
La grande sconfitta fu la Chiesa cristiana, che si vide soppiantata da quella musulmana che da secoli aveva combattuto. La conquista di Costantinopoli segnò il declino della Repubbliche Marinare di Venezia e Genova, che dal Mille avevano dominato il Mediterraneo e l'Egeo monopolizzando i commerci.
Il crollo di Costantinopoli provocò l'esodo verso l'Italia di uno stuolo di filosofi, letterati, artisti greci che fecero conoscere la cultura bizantina e contribuirono alla rinascita dell'Umanesimo Latino.
3. L'arte bizantina e la sua influenza in Italia L'origine dell'arte bizantina
L'arte bizantina si può chiamare anche arte cristiana d'Oriente, tra il secolo IV in cui nacque e il secolo XIV in cui cominciò il tramonto.
Quest'arte, nel suo sviluppo, ha conosciuto epoche di splendore e di decadenza. Il secolo IV e V segna la sua formazione, il VI la prima età dell'oro in cui l'arte acquista la sua caratteristica, il secolo VII la lotta iconoclasta (726-843) segna un'epoca di decadenza, il sec. IX una seconda età dell'oro in cui tra il X e XII produce una serie di opere eminenti che eserciteranno un grande influsso in Europa. Infine, il secolo XIV epoca dei Paleologi che segna l'ultima rinascenza.
La maggior parte dei suoi monumenti conservati sono opere d'arte religiosa ispirati dalla Chiesa. Però, accanto a quest'arte religiosa, vi fu anche un'arte profana al servizio degli Imperatori, che seppero decorare palazzi con scene pittoriche ispirate alla vita pubblica, con soggetti mitologici e pagani che ora non esistono più. Le origini di quest'arte le dobbiamo cercare in Oriente. All'inizio del IV secolo, il cristianesimo trionfante aveva bisogno di creare una sua forma d'arte e le città fiorenti orientali come Alessandria, Antiocchia, Efeso, erano centri di cultura ellenistica e intorno a loro era nata un'arte forte in grado di fornire modelli meravigliosi.
Altre influenze si facevano sentire dalla Persia dei Sasanidi e della Mesopotamia Semitica. Due tradizioni si affrontavano: quella ellenistica, di cui Alessandria era il centro più illustre, e quella orientale di cui la Siria raccoglieva tutte le caratteristiche. All'incontro di queste due culture, dalla loro combinazione e sotto l'influenza del cristianesimo, nacque l'arte bizantina. L'architettura fu arricchita dalla cupola persiana, dalla basilica mesopotamica a volta con ricche decorazioni monumentali. La Grecia trasformò questi elementi, secondo la tradizione classica, con eleganza e sobrietà. Di quest’attività prodigiosa troviamo testimonianza nel convento di San Simone Stilita (V sec.), a Mshatta in Siria, si notano quei motivi dell'arte ellenistica e figure realiste dell'arte siriaca. Dall'oriente questo movimento d'arte si propagò attraverso il Mediterraneo: a Salonico le chiese di San Demetrio e di San Paraskeue, a Ravenna il mausoleo di Galla Placidia. Costantinopoli soprattutto accolse questi ele- menti.
Dopo questo periodo di preparazione, nel secolo VI si crearono i veri capolavori dell'arte bizantina. Quest'arte mantenne per diversi secoli queste tradizioni classiche e la rinascenza dei secoli X e XIV sono dovute soprattutto alla persistenza e al risveglio dello spirito antico.
L'architettura
Santa Sofia (Hagia Sofìa dedicata a Cristo "Sapienza del Padre") è il capolavoro dell'architettura bizantina, un insieme di stabilità e di arditezza. Innalzata tra il 532 e 537 da due architetti dell'Asia Minore, Antemio di Tralli e Isidoro di Mileto per volontà dell'imperatore Giustiniano. Riassume in se tutti i metodi maturati nei sec. IV e V:
all'ingresso, l'atrio a portici, il doppio nartece, l'enorme cupola di 31 metri di diametro, sostenuta da quattro archi sorretti da quattro grandi pilastri. I due archi nord-sud sono incastrati in un muro traforato da finestre e sostenuto da due piani di colonne. Gli archi est-ovest appoggiano su due mezze cupole sostenute a loro volta da tre nicchie minori. La nave centrale è fiancheggiata da navate laterali a volta con tribune. Questa basilica, ripete un tipo architettonico frequente in Asia Minore nel V sec. E' un'architettura imperiale già in uso a Roma nelle terme, ma Santa Sofia ha assunto una grande ampiezza di proporzioni, un'armonia di linee, e una scienza sicura nell'esecuzione che merita il nome di Grande Chiesa per eccellenza, un unicum dell'architettura bizantina. Accanto a Santa Sofia l'architettura bizantina conobbe vari tipi di basiliche: la basilica di tipo ellenistico con copertura di legno, oppure a volta. Rimangono esempi di architettura del V, VI secolo come in San Apollinare Nuovo e San Apollinare in Classe a Ravenna, il Duomo a Parenzo. Questo tipo continua a sussistere nelle chiese della Grecia fino al XIV - XV secolo.
Accanto alla pianta longitudinale della basilica appaiono nel secolo IV, gli edifici a pianta centrale di forma rotonda o ottagonale coronati da cupola, come la chiesa di San Sergio e Bacco a Costantinopoli e la chiesa di San Vitale a Ravenna (VI sec.), piante che trovarono particolare favore in Serbia, Moldavia e Valacchia.
Quest'architettura voleva rappresentare la forma simbolica della croce greca, con i quattro bracci uguali, coronando l'incrocio e l'estremità dei bracci con cinque cupole. Di questo tipo era, nel VI sec., la chiesa dei Santi Apostoli a Costantinopoli (distrutta nel 1453) e quella di San
Giovanni di Efeso. Tale è, ancora oggi, la chiesa di San Marco a Venezia, che nel XI sec. Si ispirò alla chiesa dei Santi Apostoli.
In questi edifici bisogna notare l'ingegno con cui gli architetti bizantini seppero ricamare gli innumerevoli tipi di cupola a pennacchio proiettata arditamente in alto. Le facciate furono ornate con molteplici policromie.
All'inizio i greci costruivano le loro chiese di solito in mattoni, usando una decorazione esterna austera e monotona. Nel X sec.
cominciarono ad alternare mattoni a pietra, decorandole con ceramiche, rosoni, intrecciamene e marmi policromi. L'interno era sempre rivestito da mosaici.
Gli architetti bizantini erano famosi anche per l'architettura civile.
Ne fanno fede le cisterne sotterranee di Costantinopoli, i ponti e gli acquedotti. E' rimasto il ricordo della magnificenza del palazzo imperiale e delle mura della città. L'architettura bizantina (che si vuole riallacciare a quelli armena del IX sec.) ha fornito i suoi modelli a tutto l'Oriente Slavo e allo stesso Occidente. Sembra che anche l'arte romanica debba qualcosa all'oriente.
La scultura
La scultura ebbe scarso sviluppo nell'arte cristiana d'Oriente. La Chiesa Ortodossa preferì la pittura per riproduce immagini. E' certo che tutta la cristianità primitiva ebbe una certa repulsione verso le statue classiche, che rappresentavano gli dei dell'Olimpo. In Oriente si modificò la funzione della scultura, sostituendola con decorazioni puramente ornamentali, eliminando la riproduzione della figura umana.
L'arte scultorea bizantina ci ha lasciato un certo numero di bassorilievi di legno, bronzo, pietra del VI sec., come porte, capitelli intagliati e cesellati con tanta fantasia, transenne, rosoni, plutei intrecciati, ornamenti a stucco e sontuose iconostasi piene di colori.
In Italia si conservano le porte bronzee delle chiese d’Amalfi (IX sec.), Salerno, Monte Sant'Angelo, San Paolo Fuori le Mura, le transenne traforate della basilica di San Vitale a Ravenna, le sculture del Tempietto Longobardo di Cividale (VIII sec.).
Maggior onore si fanno gli scultori in avorio dei secoli V e VI, che provengono dall'arte ellenistica di Alessandria i quali si ispirarono all'arte siriaca, nonché le coperture di messali con smalti e pietre preziose.
La pittura
Il mosaico è la magnificenza dell'arte decorativa della chiesa bizantina, composizioni con figure solenni e di una maestà fredda e immobile.
Disgraziatamente, molte di quelle grandi decorazioni orientali del secolo IV sono scomparse e di quelle descritte nei secoli seguenti rimangono solo frammenti. In Italia, al contrario, sono ben conservate a Ravenna S. Apollinare Nuovo, S. Apollinare in Classe, S. Vitale, nella basilica di Parenzo in Istria e nelle chiese romane di Santa Agnese e S.
Venanzio al Laterano (sec. XI).
La rinascenza che accompagnò la dinastia macedone (sec. X-XII) diede un nuovo aspetto alla decorazione musiva; dalla rappresentazione di scene evangeliche si passò a rappresentare scene dogmatiche e liturgiche, gloriosi episodi di Santi nelle splendide apoteosi. In cima alla cupola si pose il Cristo Pantocratore, in mezzo al corteo celeste la Madonna, scene della comunione degli apostoli, la divina liturgia, ecc. La
"Dormitio Virginis" è creazione di singolare bellezza, la vita della Vergine.
Dalla fine del XI secolo a tutto il XII, si nota questo sviluppo nei mosaici veneziani di Torcello e di San Marco, in quelli siciliani di Cefalù, nella Cappella Palatina e nella chiesa della Martorana di Palermo, i quali mostrano la potente influenza dell'Oriente sull'arte Occidentale.
Le pitture delle chiese rupestri della Cappadocia, eseguite tra il IX e XIII secolo, rivelano un'arte popolare provinciale che interessa più alla iconografia che alla storia dell'arte; mentre quelle del XIV e XVII secolo delle chiese di Macedonia, Serbia, Bulgaria, Romania, Russia segnarono un’arte pittoresca notevole, piena di movimento, di espressione drammatica.
Esse hanno origine da due grandi scuole: la scuola macedone e la scuola cretese. Quest'ultima decorò, nel XIV secolo, la chiesa di S. Nicola Domneso a Curtea di Arges in Valacchia e varie chiese della città e dintorni.
L'abilità dei maestri cretesi è incomparabile nell'iconografia. La loro tavolozza è di una varietà prodigiosa. I mirabili affreschi di Mistrà, che influenzarono tutto l'oriente cristiano, soppiantarono la scuola macedone. Uno dei massimi esponenti della scuola cretese fu Teofane di Creta.
Già nel secolo VI l'Oriente aveva cominciato a dipingere immagini di Santi su legno sia all'encausto che a tempera, a imitazione dei
ritratti che si eseguivano in Egitto e che furono ritrovati al Fayyùm. Nel secolo XIV e XV la pittura a cavalletto sembra avere una grande fioritura con i maestri cretesi.
La storia della pittura bizantina si completa con lo studio dei numerosi manoscritti miniati, dal secolo V al XV, legati alle tradizioni di Alessandria e di Antiochia.
Il litorale veneto e l'arte bizantina a Venezia:
il romanico e il gotico bizantino
Venezia nacque sul litorale veneto come provincia dell'Italia bizantina dipendente dall'Esarcato Bizantino di Ravenna. Il popolo si era sottratto dalla dominazione longobarda rifugiandosi sul litorale, ove fondò una specie d’associazione insulare, che sarà la base del futuro
"Ducato Veneziano". Il primo duca o magistrato nominato con il
"placet" dell'Imperatore di Bisanzio, fu Paoluccio Anafesto (697), che poi lentamente conquistò la piena autonomia politica.
Nel 829 arrivarono a Venezia da Alessandria le spoglie dell'Evangelista San Marco, che fu proclamato patrono al posto di S.
Teodosio. Si eresse una nuova chiesa, la cappella ducale, a fianco del palazzo del Doge.
L'attuale chiesa di San Marco è la terza basilica d'oro del doge Contarini, iniziata nel 1063 e consacrata nel 1094 (dopo di quella dei Partecipazio e quella del doge Orseolo 976). L'opera fu eseguita da operai bizantini su copia della pianta della chiesa dei Santi Apostoli di Costantinopoli: a croce greca con i bracci divisi a tre navate, una cupola all'incrocio tra quattro minori, le tratte con volte a botte, un portico esterno su tre lati. La facciata con cinque arcate, tre per le navate (maggiore per la centrale) e due per i portici, con profondi portali. Tutto è mosaicato sopra la galleria dei cavalli, doppie sono le cupole e la facciata è piena di riflessi luminosi. Altre chiese a croce greca sono S.
Giacomo a Rialto e Santa Fosca a Torcello. Venezia nasce in tutti i suoi aspetti bizantini. I suoi abitanti sono sempre stati legati all'Oriente.
Tant'è vero che, caduta Bisanzio, la Repubblica Veneta si è sentita la diretta discendente, l'unica erede con il diritto di trasmettere i ricordi, la storia di quella gloriosa città: le pietre, i mosaici, gli artisti, le raffinatezze di quella consumata abilità.
La chiesa di San Marco n’è il compendio. L'organismo costruttivo e la sua architettura contribuiscono alla visione d'oro e di
colore dell'arte nella seconda rinascita del periodo imperiale della dinastia dei macedoni. L'architettura sviluppatasi a Venezia tra il XI e il XIII secolo, più che romanica, conviene nominarla "veneto-bizantina"; ad essa seguirà lo sviluppo dell'arte gotica trecentesca.
Tutte le strutture architettoniche di Venezia dei secoli XII-XIII sono d’influenza bizantina. La Repubblica Veneta del tempo si era assicurata l'egemonia nell'Adriatico, e affrancata dalla sudditanza di Bisanzio, ottenne grandi benefici commerciali in Medio Oriente.
Si inserì nella politica mondiale con la partecipazione alle Crociate, si impose quale grande potenza militare, giungendo alla conquista di Costantinopoli, divenne la maggior potenza mercantile del Mediterraneo. Impose i suoi scali in tutti i paesi del Medio Oriente, del Mar Nero e del Mar Egeo creando delle vere colonie. Sono i secoli in cui Venezia organizzò la sua città estendendo il complesso urbano. Il processo d’abbellimento si realizzò dapprima nel centro civico-religioso di San Marco e in quello del centro commerciale di Rialto. Artefici della sua grandezza furono le grandi famiglie i cui nomi saranno protagonisti della storia di Venezia nei secoli successivi.
La "domus" patrizia appare quindi la matrice urbanistica della Venezia bizantina. Tale periodo della storia urbana di Venezia ci è pervenuta con una strutturazione "a corti", riferibile ai secoli XI e XII.
La casa padronale con l'insieme di abitazioni minori di servizio costituivano un unico complesso edilizio. Erano corti famigliari in contatto col canale attraverso un ampio sottoportico.
Le case patrizie bizantine affacciate sul Canal Grande presentano una grande affinità nelle dimensioni, nel tipo edilizio, nelle qualificazioni edilizie, che rimarrà alla base della storia dell'edilizia veneziana dei secoli successivi. La casa veneziana pur ispirandosi, nella configurazione esterna, ai ricchi palazzi di Bisanzio a logge e porticati, sorge e si delinea con forme estetiche rispondenti alle bellezze naturali dell'ambiente. La casa era insieme abitazione e fondaco per mercanzie e traffici. Dal periodo bizantino, caratterizzato da palazzi con ampia loggia frontale, che interessano tutta la facciata con due piccoli ambienti laterali, si passa al gotico trecentesco con casa fondaco e gotico fiorito. La facciata è rivestita all'esterno di marmi veneti e di ricche ornamentazioni, capitelli, cornici, patere, formelle, ed è coronata da una merlatura marmorea all'orientale, che dava leggerezza e animazione.
L'arco, che nella sua origine latina appare a semicerchio, nelle costruzioni del XII sec. appare sopraelevato e allungato nei suoi piedritti
laterali nella tipica forma dell'arco detto "bizantino", per trasformarsi gradualmente nella forma arcuata (arabo maresco), assumendo la forma ad arco in flesso ondulato. Tuttavia, a questa tradizionale corrente plastica bizantineggiante si sovrappongono, tra il XII e il XIII sec., altre tendenze, che trovano le loro origini nei centri di arte romanica del Veneto e della Lombardia. Ad una di queste correnti, che ebbe per iniziatore Benedetto Antelami (di Parma), spetta il ciclo di sculture che originarono lo sviluppo graduale della scultura italiana, che superò la stabilizzazione bizantina.
Il gotico del Trecento e Quattrocento raggiunse l'acme dell'arte fantasiosa, luminosa, ricca di movimenti e di bellezza. Lo stesso dicasi nel campo pittorico.
Già nel Trecento Venezia ebbe a rivelare forti energie. Aveva accolto quelle forme che più si confacevano alla sua indole ed esigenza. I mosaici del '200 e il '300, di educazione e sentimento veneto, si discostarono un po' alla volta dalla stilizzazione bizantina per ispirarsi a forme più naturali rientrando nelle tendenze della corrente romanica e gotica. Gioito, che rappresenta l'arte nuova in Italia, fa la sua com- parsa a Padova e Verona, espandendo quel rinnovamento delle vie dell'arte italiana. Ai primi decenni del '400 arrivò dalla Toscana Paolo Uccello, che portò quei caratteri plastici e che rappresentano lo spirito della prima rinascenza fiorentina.
Una nota sull'arte
Nella seconda metà del XIII secolo, assistiamo al declino dell'Impero d'Oriente, l'avanzamento dell'invasione mussulmana, il distacco dall'influenza bizantina e il nascere prima dell'ordine romanico e poi del gotico (1250-1400).
San Tomaso organizza la filosofia occidentale rinunciando ai legami con la cultura bizantina e araba, proponendo un ritorno alle fonti classiche. La cultura occidentale è basata sulla ragione di origine divina.
L'arte, oltre al significato allegorico, diventa tecnica costruttiva. La tecnica orientale ha per fondamento l'archetipo, quella occidentale il progetto. La progettazione diventa la tecnica del fare e del significato ideologico dell'opera. Il fare è guidato dalla ragione, dalla tecnica, dall'etica e dall'esperienza. E' proprio nel periodo gotico che nasce una tecnica progressiva e non ripetitiva.
L'artista bizantino, mosaicista, eseguiva il suo lavoro secondo l'ideologia del principe, del vescovo, del committente. L'artista gotico, al contrario, esprimeva la propria idea che fa epoca. L'artista opera nel proprio campo e aiuta la società a superare il passato, precorre i tempi. Il vero artista crea allievi capaci di superarlo. Cimabue creò Giotto supe- riore a sé. Il passato da superare è la cultura dogmatica e teocratica bizantina. L'arte gotica è progressiva, moderna e latina perché supera il passato che è greco-bizantino.
L'arte, per S. Tomaso, mira al bello, all'armonia, all'ordine, alla simmetria e la raggiunge attraverso l'esperienza. Il bello è segno di Dio, della creazione, è mimesi (come per i socratici), è imitazione della natura che è opera di Dio. Dramma e catarsi sono i momenti dell'arte, in architettura è il contrasto delle forze, equilibrio delle spinte e contro- spinte nel suo virtuosismo, in pittura e scultura le rappresentazioni del dolore che hanno la loro catarsi nella ritmia delle linee e negli accordi del colore. I contemporanei seguono i principi enunciati dal filosofo ungherese Georg Lukas che si rifa alla "forma sensibile" di G. W. F.
Hegel (1770 - 1831) il quale asserisce che l'arte è "percezione sensibile" e tra "soggetto e oggetto ci deve essere quell'impronta che esprime i profondi sentimenti dell'animo".
Il termine estetica (aistesis), studio del bello e dell'arte, compare per la prima volta nella metà del 1700 con Baumgartem. Poi I. Kant (1724-1804) e Hegel sviluppavano il concetto ed arrivarono alla conclusione che l'arte è "manifestazione sensibile dell'idea". Il bello non appartiene ai sensi, ma è oggetto esclusivo del pensiero noetico (ragiona- to). E' in parte un ritorno al pensiero greco che percepisce il bello secondo due eccezioni, 1) il bello: luce, riflesso divino, 2) il bello:
simmetria e proporzione. Poiché il giudizio estetico non implica concetti, è quindi un giudizio oggettivo tipico delle discipline scientifiche, pertanto la sua universalità è in continuo divenire. Sia Hegel che Schopenhauer concepiscono l'arte come una via privilegiata per accedere all'assoluto.
Sedlmaier colloca l'arte tra lo spirito e i sensi ed afferma che l'arte ora sta andando fuori dei limiti della sfera umana, sta diventando espressione di un antiumanesimo.
Oggi l'arte pittorica, in particolare, è caos completo, è libera da ogni vincolo. L'osservatore si trova smarrito, non capisce più niente.
L'artista è abbandonato a sé stesso, è fuori della realtà, conduce una vita isolata.
L'artista oggi difficilmente riesce a fare un volto umano, quale espressione dell'uomo-Dio. Siamo in piena epoca industriale, da cui consegue egoismo e sopraffazione. Intorno all'uomo si diffonde il senso del nulla, si cerca l'extraumano e l'extranaturale.
Stiamo andando verso una civiltà arida, inorganica senza umanesimi, senza Dio? Sarebbe la fine dell'era teoutropica.
Fonti e bibliografia
Dossier agiografico di Leone IX, Biblioteca Hagiographica Latina, Novum Suplementum, a cura di H. Eros, Bruxellis 1986, pp. 523-27.
Historie du cristianisme des origines à nos jours, a cura di J. M. Mayeur, IV Paris, 1993, pp. 862-66.
K. Billmeyer - H. Tuechle. Storia della Chiesa, Vol. II. II Medioevo, Morcelliana, Brescia, 1956, pp. 113-121.
Enciclopedia dei Papi, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Giov. Treccani, S.p.A.
2000, Nicolò I Santo, Vol. II, pp. 1-22, Leone IX pp. 157-162, Martino V e Eugenio IV, pp. 619-640.
Enciclopedia Italiana di Giov. Treccani, La civiltà bizantina, Vol. VII, 1949, pp.
125-165.
L. Brechier, L’art Byzantin, Parigi, 1924.