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05/03/2017 I a domenica di Quaresima anno A

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05/03/2017 I

a

domenica di Quaresima – anno A

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 6, 1–16)

1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:

Non di solo pane vivrà l'uomo,

ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani

perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:

Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».

8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:

Il Signore, Dio tuo, adorerai:

a lui solo renderai culto».

11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Se guardate tutto ciò che viene messo in vendita, scoprirete di quante cose potete fare a meno!

Socrate Nel capitolo precedente si narra del battesimo di Gesù nel Giordano con queste parole conclusive:

«16Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva:

«Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento».» (Mt 3, 16-17). Indicativo è l'incalzare degli avvenimenti: Gesù non è ancora uscito dall'acqua del Giordano e lo Spirito non ha an- cora terminato la sua dichiarazione d'amore, che noi siamo proiettati in una nuova azione. Gesù è spin- to dallo Spirito nel deserto, e si lascia portare senza resistenza alcuna, non per riposarsi in vista dell'ini- zio della nuova e faticosa attività che lo aspetta, ma per essere tentato dal diavolo. Come il solito c'è qualche cosa che non torna. Se le cose stanno così, allora vuol dire che tutto dipende da Dio. E il diavo- lo? In questo episodio una delle differenze del racconto di Marco rispetto a quello degli altri due evan- gelisti, sta nell'uso del termine ebraico "satana" anziché di quello greco "diavolo". Il termine "diavolo"

significa "colui che divide" il "calunniatore", l'"accusatore" mentre il termine "satana", secondo il filo- logo Giovanni Semerano, deriva dalle civiltà orientali, la sumera e la babilonese, e indica il "controllo- re e capo di un'amministrazione". Nell'ambiente giuridico ebraico con questo termine s'indicava la fun- zione di pubblico ministero, cioè di accusatore in un tribunale. Nella corte divina il "satana" è indivi- duato in un funzionario che non è mai considerato nemico di Dio, anzi, un fidato consigliere che si met-

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te a sua disposizione (cfr. il libro di Giobbe). Gli ebrei per ben tre secoli sono stati sotto la dominazione persiana da cui hanno mutuato la figura di questo importante personaggio della corte chiamato l'occhio del re. Era una sorta d'ispettore generale di tutte le province che, continuamente, visitava per controlla- re i funzionari reali e riferire sulla loro condotta al re che, poi, avrebbe preso i provvedimenti opportu- ni. Nell'episodio della Genesi la narrazione del peccato di Adamo ed Eva è significativa della storia del- l'uomo costantemente tentato dal male. Il termine tentazione non esprime la volontà di Dio di farti sba- gliare, piuttosto il suo modo di accompagnarti verso la scoperta di ciò che hai nel cuore. Soffermiamoci sulla logica della retribuzione, considerata da molti un aspetto essenziale per la vita dell'uomo. Certa- mente la così detta giustizia retributiva potrebbe essere un valore per molti aspetti della nostra vita co- me il rapporto fra lavoro e salario oppure fra delitto e pena, ma certamente non lo è nel rapporto con Dio. La ricerca del vantaggio a tutti i costi insidia la vita dell'uomo e in questo ha buon gioco il tentato- re che si presenta prospettandoci il nostro bene. Il serpente presenta a Eva la possibilità di essere come Dio. La tentazione nasce dentro di noi e ci fa percepire Dio come un limite alla nostra realizzazione. È la logica del vantaggio che vuol piegare ai nostri interessi le cose, le persone e perfino lo stesso Dio. Il serpente è, dunque, dentro di noi, ma può diventare il mezzo con cui Dio vuole spingerci a conoscere meglio noi stessi. Questa interpretazione sembrerebbe molto ardita, tuttavia, spesso scarichiamo le no- stre colpe sul diavolo quando non abbiamo chiarito a noi stessi come vogliamo essere o comunque quando vogliamo dare un'immagine di noi non autentica. Con la tentazione Dio ci stimola a portare alla luce il lato oscuro che c'è in noi perché vuole che siamo completamente liberi così da assumerci tutte le nostre responsabilità. Solo facendo luce nei nostri cuori, dove giacciono nascosti lutti non elaborati, paure inconfessabili, radici profonde di comportamenti che ci allontanano dagli altri condannandoci alla solitudine, possiamo superare l'angoscia che ci attanaglia, senza scaricare la colpa su altri, demonio compreso. Spesso è facile incolpare lui e lo facciamo perché ci siamo dimenticati che Dio ci ama e vuole la nostra gioia. Pensiamo di poter fare tutto da soli perché come Eva siamo tentati di essere o di sostituirci a Dio e non ammettiamo il nostro limite per cui è sempre un altro la causa della nostra infeli- cità. In questa situazione non abbiamo certamente bisogno del diavolo per scegliere ciò che è male lo sappiamo far bene anche da soli.

Il contesto:

Il brano è collocato subito dopo il battesimo di Gesù e immediatamente prima dell'inizio della sua pre- dicazione in Galilea. Non si tratta di una cronaca di un evento, come si comprende dalla presenza di alcune situazioni puramente immaginarie come il trasporto di Gesù sul pinnacolo del tempio di Gerusa- lemme e la vista di tutti i regni del mondo. Lo scopo dell'evangelista non è quello di raccontarci come in un giallo se il diavolo riuscirà ad avere il sopravvento su Gesù, ma di presentarci il Figlio di Dio

«messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato» (Eb 4,15). Matteo scrive per i cristiani provenienti dal mondo ebraico per cui, guardando al passato d'Israele, mette in luce come i fatti che hanno coinvolto gli ebrei nei quaranta anni del deserto, narrati nell'esodo, si ripetano nella vita di Gesù.

Infatti, il popolo nel deserto del Sinai aveva fame e Dio mandò la manna (cfr Es 16), aveva sete a Dio operò un miracolo a Massa e Meriba (cfr Es 17), Mosè tardava a scendere dal monte e gli ebrei, sen- tendosi abbandonati, adorarono un idolo d'oro (cfr Es 32). Con Gesù nasce un popolo nuovo che, come il popolo ebraico, è messo alla prova costantemente, per tutta la durata della vita e attraverso molteplici prove come indica la simbologia dei numeri: quaranta (cioè una generazione) sono gli anni che gli ebrei sono costretti a vivere nel deserto; quaranta (l'intera vita) i giorni che Gesù passa nel deserto; tre (la pienezza della prova) sono le tentazioni.

E ora lasciamoci guidare dalle parole della Buona notizia.

1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo.

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Con l'avverbio allora l'evangelista lega questo episodio al precedente cioè al battesimo nel Giordano e la dichiarazione dello Spirito di Dio. Gesù è chiamato per nome senza altri titoli perché Matteo vuol chiarire che riguarda proprio Gesù il figlio di Maria battezzato da Giovanni. Certamente Gesù non si reca nel deserto di sua spontanea volontà, ma vi è condotto dallo Spirito, cui egli obbedisce senza op- porre resistenza. Il deserto ci richiama il cammino degli ebrei che percorrono una strada di liberazione, di purificazione e di preparazione a una nuova vita nella Terra della Promessa. Il verbo tentare, nella Bibbia, ha due connotazioni: la prima è la "prova" e la seconda la "sollecitazione al male". Gesù è stato messo alla prova affinché risulti in modo univoco la fedeltà del Figlio di Dio. Il tentatore nella Bibbia è indicato con tre nomi che indicano anche tre modi di agire. In questo brano è rappresentato nei suoi tre modi di agire: come "tentatore" quando indica a Gesù il modo più veloce per saziare la fame con un miracolo, come "diavolo", cioè colui che divide, quando lo invita a sfidare il Padre gettandosi dal pin- nacolo per raggiungere un'istantanea notorietà o, ad adorarlo per diventare velocemente ricco. Il terzo nome è "satana", cioè il fidato consigliere che prospetta il tuo bene da raggiungere attraverso azioni malvagie, come lo chiama Gesù quando lo smaschera e lo caccia via.

2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame.

Il riferimento al numero quaranta richiama non solo i quaranta giorni trascorsi da Israele nel deserto

«2Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osserva- to o no i suoi comandi.» (Dt 8, 2), ma in modo particolare i quaranta giorni e le quaranta notti in cui Mosè è rimasto solo sul monte Sinai prima di ricevere le tavole della legge «18Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti» (Es 24, 18).

Con la precisazione circa la durata del digiuno, l'Evangelista chiarisce che non si tratta di un digiuno religioso - questo iniziava all'alba e terminava al tramonto - ma un modo di disporsi alla prova e rela- zionarsi con Dio come era scritto nelle Sacre Scritture cioè seguendo l'esempio di Mosè. La fame forni- sce l'occasione per la prima tentazione.

3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diven- tino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:

Non di solo pane vivrà l'uomo,

ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

La prima tentazione richiama quella della manna. Dopo il battesimo lo Spirito di Dio aveva chiamato Gesù Figlio e il tentatore non mette in dubbio questa qualifica ma parte proprio da questa per suggerire a Gesù di utilizzarla a proprio vantaggio. La tentazione sembra innocente, ma in realtà è molto subdola:

è come se il tentatore dicesse a Gesù «Metti da una parte Dio come Padre, perché rappresenta il tuo li- mite, fondati sul sano egoismo e sazia i tuoi bisogni proprio attraverso lui». Gesù non utilizzerà il suo status a proprio vantaggio e risponderà con le parole della scrittura: «3Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto e- sce dalla bocca del Signore». (Dt 8, 3). Il testo presenta la manna come parola di Dio che è il vero cibo per gli Israeliti. Con questa citazione Gesù mostra di affidarsi pienamente alla parola di Dio e invita anche noi a fidarci di questa parola che parla di condivisione e servizio quale unico mezzo per sfamare la nostra e la fame degli altri. Le soluzioni facili fuori della comunità sono destinate al fallimento.

5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli dis- se: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani

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perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:

Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».

Il diavolo riparte all'attacco mostrando di conoscere tradizioni e testi sacri. Secondo una tradizione giu- dea il Messia doveva apparire in maniera gloriosa per sconfiggere i pagani e restaurare la gloria del po- polo eletto e, secondo un apocrifo (il IV libro di Ezra), il Messia sarebbe apparso improvvisamente sul punto più alto del tempio, cioè il pinnacolo dove il diavolo porta Gesù. Con la citazione del salmo 91 il diavolo induce Gesù a verificare due aspetti del suo rapporto con il Padre: la fedeltà di Dio alle pro- messe e la conferma che lui è veramente il Figlio di Dio. Soddisfare le attese miracolistiche del popolo con un evento spettacolare, significa compiere un atto inutile che serve più al trionfo personale che alla felicità delle creature e soprattutto non è contemplato nel piano di salvezza di Dio. La risposta di Gesù

«16Non tenterete il Signore, vostro Dio, come lo tentaste a Massa.» (Dt 6, 16) è tratta dalla celebre pre- ghiera "Shema', Jisrael!" che gli Israeliti praticanti recitavano la mattina e la sera come dichiarazione di fede e promessa di fedeltà al Signore e rievoca l'episodio dell'acqua scaturita dalla roccia. Gli Israeliti in cammino nel deserto, giunti a Massa e Meriba, che significano rispettivamente "tentazione" e "prote- sta", essendo senza acqua e non confidando più nel Signore, lo misero alla prova (cfr. Es 17, 1-7). Gesù non mette alla prova il Padre e dimostra, così, piena fiducia in lui. Anche questa tentazione è partico- larmente subdola, non si può forzare Dio perché manifesti la sua regalità e il suo trionfo mediante mi- racoli straordinari, piuttosto occorre essere grati per i doni gratuiti che ci ha dato. Anche oggi esiste una religiosità che si fonda sulle apparizioni, sui miracoli e sullo straordinario, ma in tal modo si rischia di vivere in una comunità sterile che non ha niente a che vedere con la storia che dovrebbe modificare mediante la testimonianza della Parola.

8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi a- dorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:

Il Signore, Dio tuo, adorerai:

a lui solo renderai culto».

11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Il versetto si apre con "di nuovo" che è una traduzione imprecisa del termine greco "πάλιν”, infatti è la prima volta che Gesù viene portato su un alto monte. La traduzione più appropriata potrebbe essere

“allora” nel senso “di nuovo, questa volta”. Il diavolo non demorde e impone a Gesù l’ultima tenta- zione: gli offre prestigio, potere e ricchezza. L'alto monte, nella cultura antica, era la residenza degli dei e tutti quelli che detenevano il potere, come per esempio il faraone o l'imperatore, erano ritenuti rispet- tivamente un dio o un figlio di dio. Oltre ciò, in questo caso, il diavolo ripropone a Gesù l'esperienza vissuta da Mosè sul monte Nebo: «1Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pi- sga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutta la terra: Gàlaad fino a Dan, 2tutto Nèftali, la terra di Èfraim e di Manasse, tutta la terra di Giuda fino al mare occidentale 3e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Soar. 4Il Signore gli disse: «Questa è la terra per la quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: «Io la darò alla tua discendenza»» (Dt 34, 1-4). Non è più Dio, ma il diavolo che promette a Gesù ciò che non è nella sua disponibilità né si limita a rimane- re nei confini territoriali d'Israele, egli offre tutto il mondo alla sola condizione di essere riconosciuto come suo sovrano. Il diavolo conosce bene la natura umana e la induce al male facendo forza sul suo punto debole: attraverso la prospettiva di avere ricchezza, potenza, dominio, potere, successo, tirannia su tutti e tutto … cerca d'impossessarsi del cuore dell'uomo e ricevere da lui il massimo onore a scapito della realizzazione del progetto di Dio che vuole salve tutte le persone. Con energia Gesù mette la paro- la fine a questa interferenza e smaschera il tentatore citando un passo del Deuteronomio tratto dallo stesso contesto del precedente: «13Temerai il Signore, tuo Dio, lo servirai e giurerai per il suo nome.»

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(Dt 6, 13). Ancora una volta, a differenza d'Israele, Gesù non si lascia suggestionare dalle promesse del tentatore e rinnova la sua fedeltà assoluta al Padre.

11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Alla scelta libera di Dio consegue il suo intervento per prendersi cura dell'uomo. Gesù rifiuta questa seduzione non solo ora ma durante tutta la sua vita consapevole che questa scelta lo porterà alla morte.

L'uomo cerca le sicurezze e la chiusura totale lo induce a combattere il bene che è apertura, che è esse- re in contrapposizione ad avere: quando il popolo realizzerà che Gesù non è un Messia trionfalistico, non solo non crederà più in lui, ma lo rifiuterà e lo condannerà a morte. Interessanti sono le chiusure degli altri evangelisti: Luca annota: «13Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato» (Lc 4, 13) e il tempo fissato da Dio è la Croce quando il diavolo farà ripe- tere le tre tentazioni; Marco annota che Gesù «stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano»

(Mc 1, 12) ad indicare simbolicamente il paradiso terrestre riconquistato dall'umanità attraverso la ri- vincita del Messia su satana, il serpente dell'Eden.

Ci sarà stato un momento nella vita di Gesù in cui avrà acquisito la consapevolezza di essere il Messia, probabilmente molto presto, perché già da ragazzo incantò i sapienti nella sinagoga. In questo brano del vangelo comunque Gesù è pienamente consapevole della propria missione e mostra la sua natura divina perfettamente armonizzata con quella umana. E' stato davvero tentato di dare una svolta mondana alla propria venuta, di ascoltare i bisogni del corpo così potenti e importanti. Ma ha fatto la sua scelta, di essere il Cristo, e di indicarci in ogni modo che se vogliamo, possiamo seguirlo, seguendo una strada paradossale in cui l'insuccesso e la frustrazione sono il vero successo.

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