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IV domenica di Quaresima

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Academic year: 2022

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Ufficio Liturgico della Diocesi di San Marino-Montefeltro

14 marz o IV domen ica di Quaresima

Sussidio per il Tempo di Quaresima

« Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo »

(Dal Vangelo)

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Indicazioni liturgiche generali

In questa quarta domenica di Quaresima (Laetare) i linguaggi della celebrazione esprimono la gioia per la vicinanza della Pasqua: è permesso utilizzare gli strumenti musicali, ornare l’altare con i fiori, le vesti sono di colore rosaceo (cf. Paschalis sollemnitatis, 25). «La differenza dei colori nelle vesti sacre ha lo scopo di esprimere, anche con mezzi esterni, la caratteristica particolare dei misteri della fede che vengono celebrati e il cammino della vita cristiana in cammino lungo il corso dell’anno liturgico» (OGMR, 345).

Qualche suggerimento per la celebrazione

Monizione iniziale

Prima dell’inizio della liturgia, un lettore – non dall’ambone – potrebbe offrire una monizione d’inizio, con queste o simili parole:

Oggi celebriamo la quarta domenica di Quaresima definita «domenica Laetare» cioè della gioia. La liturgia prevede anche la possibilità, in questa domenica di indossare paramenti liturgici di colore rosaceo, a sottolineare questo atteggiamento di gioia: l'amore di Dio è la fonte della nostra gioia, di ogni gioia, di ogni consolazione. Iniziamo la nostra celebrazione con il canto.

Atto penitenziale

Per l’atto penitenziale si suggerisce l’adozione della terza formula proposta dal Messale Romano, tempo di Quaresima, n. 3 che fa riferimento all’innalzamento di Gesù (MR, p. 316).

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Professione di fede

Come già indicato, per tutto il tempo quaresimale è bene utilizzare il simbolo detto “degli Apostoli” (MR, p. 323). “Esso richiama la professione di fede fatta nella celebrazione del Battesimo e si inserisce opportunamente nel tempo di Quaresima e di Pasqua, nel contesto catecumenale e mistagogico dell’iniziazione cristiana” (CEI, Messale Romano. Precisazioni, 3).

Preghiera universale

In continuità con le domeniche precedenti, ad ogni intercessione l’assemblea potrebbe pregare per qualche istante in silenzio.

Presentazione dei doni

Se nelle domeniche precedenti i riti della presentazione dei doni si sono svolti in silenzio, in questa domenica è bene accompagnarli con un canto.

Avvisi

Si suggerisce di ricordare, negli avvisi finali, la Festa del perdono dei giovani (12 marzo) e le 24 ore per il Signore (13 marzo), invitando a cogliere l’occasione per celebrare il sacramento della Riconciliazione.

Benedizione finale

Per la benedizione finale, si utilizzi l’orazione sul popolo propria, indicata nel Messale (pag. 101).

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Vivere il Programma Pastorale Diocesano

Aprire nuove strade di relazione

Anche oggi, pur nel tempo della globalizzazione, non è venuto meno lo slancio missionario “ad gentes”, ma la frontiera della missione passa anche nei territori di antica evangelizzazione; passa anche attraverso i nostri ambienti, tra le nostre famiglie. Siamo convinti che l’essere missionari è prerogativa essenziale dell’essere cristiani?

La Diocesi, mentre assicura il suo appoggio ai missionari –specialmente a quelli legati ad essa – con le iniziative che il Centro missionario propone rilancia l’invito a mobilitarsi con una testimonianza trasparente, contestuale, aperta, negli ambienti di vita. (Programma pastorale diocesano, pag. 19).

Qualche spunto per l’omelia

IL GESTO DA VIVERE NELLA SETTIMANA

Durante questa settimana ricordiamo nella preghiera in modo speciale i missionari, perché non venga meno lo slancio di uomini e donne in ogni tempo, che si dedicano all’annuncio del Vangelo in terre di missione.

In particolare pensiamo a P. Corrado Masini, sacerdote Comboniano, nato a Sant’Agata Feltria e missionario in Etiopia, a cui la nostra Diocesi destinerà la raccolta di offerte della Quaresima missionaria di carità per contribuire all’acquisto di cibo per i bambini della sua missione e alla quale fin da ora ciascuno può pensare di partecipare secondo le proprie possibilità.

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Il colloquio di Gesù con Nicodemo si trova, nel piano narrativo del Vangelo giovanneo, appena al terzo capitolo, cioè praticamente al suo inizio, ma i contenuti lì presenti sono già carichi di presagi di morte. La principale allusione alla futura passione del Messia è quella dei vv. 14- 15: «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». La coscienza di Gesù di fronte alla sua morte, se vista nel contesto dell’inizio del quarto Vangelo, lascia ancor più sbigottiti. Non siamo, cioè, alla conclusione del racconto, quando oramai l’Evangelista ha scritto degli scontri che Gesù ha avuto coi suoi antagonisti; Gesù, a questo punto, ha appena iniziato il suo ministero. Certo, sappiamo già dal Prologo (che rappresenta una sorta di preparazione al Vangelo), che «i suoi» non l’hanno accolto (cf. Gv 1,11), ma qui Gesù parla con molta più chiarezza del suo destino. Sappiamo anche che poco prima del colloquio con Nicodemo Gesù aveva cacciato i mercanti dal Tempio, e anche in quella occasione aveva parlato della distruzione del suo corpo; ma qui Gesù allude addirittura al suo innalzamento sulla croce.

Si tratta di una predizione della passione del tutto analoga a quelle tre che sono documentate nei Vangeli sinottici (cf. Mc 8,31; 9,31; 10,33- 34), e infatti con quelle condivide alcuni caratteri. Anzitutto il titolo

«Figlio dell’Uomo», che viene usato proprio per descrivere colui che patisce la stessa sorte degli uomini. Vi è poi un altro dettaglio, l’uso del verbo essere necessario (dei, in greco): questo verbo designa una necessità incondizionata, da attribuire alla stessa volontà di Dio, nel senso che quanto è accaduto – la morte del Messia – trova senso nelle antiche profezie. Infatti, ecco che dietro le parole di Gesù sul serpente ci sono due testi dell’Antico Testamento.

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Il primo riferimento è all’episodio narrato nel libro dei Numeri (21,6ss.). Il popolo, nel deserto all’uscita dall’Egitto, si è nuovamente ribellato contro Dio, lamentando la mancanza di acqua e di buon cibo.

Mosè, per salvarlo dal castigo dei «serpenti brucianti», deve costruire un serpente e metterlo su un’asta. L’idea è molto vicina alle parole di Giovanni, per cui «chiunque crede in lui [il Figlio dell’uomo innalzato]

ha la vita eterna» (Gv 3,15). Il secondo collegamento è con Isaia. Lì, al cap. 52, si parla di un misterioso personaggio, il Servo del Signore, sul quale si è detto e scritto molto.

Bisogna però fare attenzione. L’innalzamento di Gesù, anche in analogia con gli annunci della passione che si trovano nei sinottici, non significa soltanto la sua crocifissione. Certo, Gesù, il Servo del Signore, accetterà di patire e di morire, ma sarà anche innalzato. Abbiamo così un’anticipazione della futura glorificazione di Gesù, l’elevazione del Figlio che si avvicina ancor più al Padre, per poter poi finalmente far ritorno da dove era venuto. Ecco confermato un dato che emerge molto chiaramente nella teologia del Vangelo secondo Giovanni, per la quale la morte del Messia è indissolubilmente legata alla sua risurrezione, ed entrambi queste componenti formano la glorificazione del Signore Gesù. L’una dall’altra non possono essere separate.

(p. Giulio Michelini ofm)

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Traccia ispirata al programma pastorale diocesano

Tutta la nostra vita nella Chiesa è il compimento della nostra risposta a Cristo. Nel battesimo Cristo ci avvolge: noi siamo, per così dire,

“incorporati” in lui ed entriamo così in unione con tutti i battezzati nel Corpo di Cristo. Eppure la nostra risposta di uomini, resa possibile dalla grazia di Dio, necessita del nostro consenso personale. Quando c’è anche tale accordo, ciò che facciamo è fatto in Cristo e ne porta chiaramente il segno. Diventiamo allora suoi testimoni nel mondo.

Le letture di questa domenica si inseriscono nello schema di fondo dell'anno B che sottolinea che Dio ci ama e ci aiuta a capire il senso delle contraddizioni che il peccato comporta. Dio ci ama, ma ci ama a modo suo: ha permesso l'esilio del suo popolo per educarlo.

Rileggendo la storia, Israele si era conformato alla mentalità dei popoli pagani, all'idolatria. Dio, che guida la storia, permette che si allontanino da lui, ma poi interviene per raddrizzare le cose.

Tutta la liturgia del giorno è un’enorme carezza del Padre che ci rincuora lungo il percorso nel deserto quaresimale. In questa settimana che ci sta davanti chiediamo al Padre il dono dello Spirito Consolatore e, con esso, uno sguardo che riesca ad andare oltre, che non si fermi sulla collina posta fuori Gerusalemme e non ceda alla tentazione della disperazione, ma tutto metta nella prospettiva della Gerusalemme celeste.

Come scriveva la Serva di Dio Chiara Corbella in una lettera a suo figlio:

«Qualsiasi cosa farai avrà senso solo se la vedrai in funzione della vita eterna».

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