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2. Materiali e Metodi

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Introduzione

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1. Introduzione

1.1 Tumori cerebrali: il glioblastoma multiforme

I tumori cerebrali sono neoplasie che originano dal tessuto di sostegno in cui si collocano le cellule nervose. Come i tumori che interessano altre parti del corpo, le neoplasie cerebrali possono distinguersi in benigne e maligne, ma, diversamente da quanto avviene in altri distretti, il tumore di tipologia benigna, che si sviluppa in aree cerebrali vitali, può avere esito infausto.

Infatti, ogni accrescimento anomalo può esercitare una compressione sui tessuti del cervello, confinato all’interno della scatola cranica. Ogni tumore localizzato nelle vicinanze di strutture vitali rende necessario l’intervento chirurgico, che rappresenta comunque una situazione di rischio, poiché può portare alle lesioni di centri nervosi. Il tumore di tipologia maligna è invece privo di margini e infiltra il tessuto sano circostante distruggendolo.

Negli ultimi dieci anni è stato stabilito che lo sviluppo di un tumore è caratterizzato da due fasi: inizio e progressione. Un fattore scatenante l’inizio del tumore può essere un’alterazione del DNA della cellula. Una mutazione genetica può causare l’attivazione di un proto-oncogene o l’inattivazione di geni soppressori del tumore, come quello della p53, proteina che induce meccanismi di riparazione del DNA di cellule tumorali nascenti, bloccando in modo transitorio la loro proliferazione cellulare. La progressione del tumore, processo in cui le cellule iniziano a mostrare attività proliferativa, è causata da fattori ambientali, infiammatori e da neovascolarizzazione (Albini A. et al., 2004). Quest’ultima fase origina da sette fondamentali alterazioni fisiologiche: secrezione autocrina di segnali di crescita, insensibilità a segnali inibenti la crescita, mancata induzione di

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Introduzione

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apoptosi, perdita di senescenza, promozione dell’angiogenesi, invasione tissutale e metastasi (Cauwe B. et al., 2007. Review).

In generale, i tumori sono distinti a seconda della loro gravità e il sistema di classificazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità li suddivide in neoplasie di grado I, II, III, IV (WHO). L'assegnazione del grado di malignità della massa neoplastica si basa sull'aspetto microscopico, sulla tendenza all'infiltrazione dei tessuti sani e sulla velocità di accrescimento.

Le caratteristiche dei diversi gradi sono le seguenti:

 Grado I: tumori benigni, crescono lentamente e non infiltrano il tessuto sano circostante. L'intervento chirurgico può costituire un trattamento efficace per questo tipo di tumore. Esempi sono l’astrocitoma pilocitico, il craniofaringioma, il gangliocitoma e il ganglioglioma.

 Grado II: tumori di bassa malignità e accrescimento lento, possono infiltrare il tessuto sano cerebrale circostante e recidivare (le recidive sono spesso caratterizzate da un grado più alto). Un esempio è l’astrocitoma diffuso.

 Grado III: tumori maligni costituiti da cellule anomale che si moltiplicano attivamente e infiltrano il tessuto circostante, determinandone la distruzione. Le recidive sono frequenti e di solito di grado più alto. Un esempio è l’astrocitoma anaplastico, detto anche maligno.

 Grado IV: tumori particolarmente maligni e aggressivi, costituiti da cellule di forte aspetto atipico che si moltiplicano rapidamente.

Infiltrano diffusamente, distruggendo il cervello sano circostante, e tendono ad accrescere l'afflusso ematico, che contribuisce alla loro crescita. Il più comune è il glioblastoma multiforme.

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All'interno di un tumore vi sono cellule di differente grado di malignità e la classificazione è determinata dal grado di malignità più alto riscontrato fra le cellule neoplastiche. Questa mancanza di omogeneità della massa tumorale fa sì che un'analisi bioptica possa non essere rappresentativa dell'intero tumore. Inoltre, il tumore è soggetto a cambiamenti: un tumore benigno può trasformarsi in maligno, e le recidive spesso sono di grado superiore al tumore originale (WHO). I gliomi maligni corrispondono circa a metà dei tumori primari del cervello e sono i più difficili da trattare.

Il glioblastoma multiforme (GBM) di grado IV è il più comune (60%) tra i gliomi maligni cerebrali. E’ distinto da una morfologia molto variabile, con cellule rotondeggianti o a fuso, di piccole o grandi dimensioni. Spesso è di grande volume e localizzato a livello degli emisferi cerebrali o, meno frequentemente, al tronco cerebrale o al midollo spinale. La durata media di vita corrisponde a circa dodici mesi dal momento della diagnosi e, nonostante gli ultimi progressi nelle terapie, l’aspettativa di vita è estremamente ridotta, anche a causa delle frequenti recidive (Stern J. et al., 2006. Review).

Figura 1: glioblastoma non trattato, esame macroscopico.

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Introduzione

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1.2 Invasività e metastasi

La caratteristica patologica del glioblastoma maligno è il comportamento altamente invasivo, responsabile del fallimento nel raggiungere una guarigione attraverso chirurgia, radioterapia e chemioterapia.

Quando un tumore diffonde dalla zona di insorgenza ad altre zone distanti viene definito tumore secondario o metastasi. Questo è un processo complesso che richiede alle cellule tumorali l’abilità di aderire, degradare la matrice extracellulare, migrare attraverso i vasi sanguigni o linfatici, fuoriuscire dai vasi, penetrare in un nuovo tessuto e proliferare.

L’angiogenesi è importante perché la presenza di vasi sostiene la crescita del tumore stesso e facilita la dispersione delle cellule che si staccano dal tumore primario e diffondono attraverso il circolo sanguigno (Albini A. et al., 2004). La fase critica per la formazione di metastasi è l’invasione della membrana basale, struttura laminare sottile di matrice extracellulare, che rappresenta una barriera per cellule e macromolecole. La membrana basale serve da appoggio per strati di cellule epiteliali, ma circonda anche cellule muscolari, adipose e nervi periferici, e separa, di solito, le cellule sovrastanti dal tessuto connettivo sottostante vascolarizzato, dal quale diffondono nutrienti verso l’epitelio. La matrice extracellulare è costituita da proteine strutturali fibrose, dure, di cui la più importante è il collagene (proteina semplice più abbondante nei tessuti animali) , e contiene proteine di adesione, che collegano i componenti della matrice alle cellule e tra di loro. Tutte queste sono immerse in gel formati dai polisaccaridi chiamati glicosamminiglicani (GAG), che consistono di unità ripetute di disaccaridi.

La matrice extracellulare è implicata in molti eventi fisiologici importanti, tra cui l’angiogenesi, l’apoptosi, l’invasione tumorale e la metastasi; la sua degradazione proteolitica è, quindi, una causa della progressione tumorale (Supuran C. et al., 2002). Importante nel processo proteolitico è la famiglia

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delle metalloproteasi di matrice, endopeptidasi attivate durante l’invasione delle cellule tumorali, perché capaci di degradare localmente componenti della matrice extracellulare. Di conseguenza, il loro è un ruolo centrale per il passaggio delle cellule tumorali attraverso la matrice, ma anche per l’ingresso e fuoriuscita dai vasi sanguigni (Albini A. et al., 2004).

1.3 Le metalloproteasi di matrice

Le metalloproteasi di matrice (MMPs) costituiscono una famiglia di oltre 20 endopeptidasi con sequenza strutturale omologa. Contengono ioni metallici con diverse funzioni e in tutte si trova lo Zinco. Caratteristico è il legame di uno ione Zn2+ alle tre istidine (H) del dominio catalitico HEXXHXXGXXH (figura 2).

La sequenza strutturale di una MMP è così composta:

 Pre: sequenza peptidica N-terminale.

Pro: sequenza propeptidica che conferisce la latenza dell’enzima, infatti contiene la cisteina conservata, che interagisce con lo ione Zn2+ nel sito attivo, impedendo l’autolisi dell’enzima.

 Dominio catalitico: contiene circa 170 residui aminoacidici, le istidine (H) e il glutammato (G) sono conservati, invece X può essere qualunque aminoacido. Nel dominio è presente anche un altro ione Zn2+ e 2 o 3 ioni Ca2+, necessari per la stabilità dell’enzima.

 COOH-terminale: dominio variabile responsabile della specificità per il substrato e per l’interazione con inibitori endogeni; è assente nella matrilisina, la più piccola MMPs.

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Introduzione

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Figura 2: rappresentazione schematica della struttura di una tipica MMP (Supuran et al., 2002).

Le MMPs, che sono suddivise in base a struttura e funzione in collagenasi, gelatinasi, stromalisine e membrane-type (MT-MMPs), degradano substrati diversi e attivano o sono attivati da altri composti, come descritto nella tabella 1 di seguito riportata (ND: non determinato).

Queste endopeptidasi sono secrete come zimogeni, precursori inattivi, nella matrice extracellulare, dalle stesse cellule tumorali o da cellule stromali, come fibroblasti, cellule endoteliali e dell’infiammazione. L’attivazione degli zimogeni avviene all’esterno della cellula con un meccanismo detto

“cysteine switch mechanism”, che consiste di solito in due fasi: la prima è la rimozione della sequenza propeptidica per destabilizzare la coordinazione tra Cys e Zn2+, la seconda è il taglio autocatalitico dell’enzima, che diventa attivo e disponibile per legare i substrati.

Diversamente, la MMP-11 e MT1-MMP sono attivate intracellularmente. Il meccanismo, in generale, è mediato da proteasi, da altre MMPs, o chimicamente per mezzo di organomercuriali, urea o detergenti (Supuran C. et al., 2002).

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Tabella 1: metalloproteasi di matrice. Substrati, attivatori esogeni e capacità attivante (Gemmati D., 2004).

L’attività proteolitica delle MMPs è sotto stretto controllo di inibitori specifici tissutali (TIMPs), glicoproteine che mantengono l’omeostasi. Nel plasma l’inibitore principale è l’α2-macroglobulina. Nell’uomo esistono quattro tipi diversi di TIMPs, secreti anch’essi da cellule tumorali e stromali nell’ambiente extracellulare, in forma solubile (tranne il 3) e

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formano complessi non covalenti 1:1 con le MMPs (tabella 2). TIMPs 1 e 2 hanno mostrato di inibire in vitro l’invasività delle cellule tumorali e di ridurre in vivo la metastasi (Cauwe B. et al., 2007. Review).

Tabella 2: caratterisiche degli inibitori specifici tissutali TIMPs (Cauwe B.et al., 2007. Review).

Le MMPs sono coinvolte in molti processi fisiologici e patologici, poiché regolano il comportamento cellulare, la comunicazione tra le cellule e con l’ambiente extracellulare, l’apoptosi, l’angiogenesi e le risposte infiammatorie e immunitarie. Le molte attività segnale delle MMPs risultano alterate durante lo sviluppo del tumore, a causa della loro overespressione durante la progressione tumorale. Questo è confermato da modelli di cancro su topi transgenici, con MMPs overespresse, e su topi MMPs knock-out (Overall C. et al., 2006. Review). La maggiore attività delle MMPs causa un eccesso di distruzione della matrice extracellulare, con conseguente invasione dei tessuti da parte delle cellule tumorali e formazione di metastasi; inoltre, viene stimolata anche la proliferazione delle cellule e l’angiogenesi, attraverso modificazioni di proteine di superficie cellulari. Al contrario, alcune MMPs hanno un effetto negativo sulla crescita del tumore, rilasciando molecole pro-apoptotiche, come FasL

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e TNF-α, oppure attivando TGF-β, che nella fase iniziale dell’oncogenesi ha un effetto sopprimente sul tumore; altre invece sono coinvolte nei meccanismi di difesa, nell’inibizione della trasformazione maligna o negli effetti antiangiogenici (Cauwe B. et al., 2007. Review).

Le MMPs dimostrano di essere molto importanti nello sviluppo del cancro, di conseguenza, trovare inibitori di questi enzimi è alla base per lo sviluppo di nuove terapie antitumorali.

1.3.1 La metalloproteasi di matrice 2

In molti tumori le MMPs sono up-regolate: nel glioblastoma umano, in particolare, sono stati trovati alti livelli di MMP-2 e MMP-9, rispetto ai livelli riscontrati nei tessuti cerebrali normali. Queste due MMPs sembrano avere un ruolo importante sia nella metastasi che nell’angiogenesi. La conferma indiretta proviene da recenti studi condotti su modelli animali di topi mancanti delle due MMPs (MMP-2 e -9 deficient mice). I topi hanno mostrato resistenza alla crescita del tumore e alla diffusione di metastasi, senza sviluppare altre anomalie (Rossello A. et al., 2004). In particolare, l’espressione di MMP-2 è correlata alla progressione e alla malignità del glioma, e può essere considerata il fattore primario nell’invasività.

Nella forma attivata, la MMP-2 o gelatinasi A ha un peso molecolare di 67 kDa e taglia preferenzialmente l’elastina ed il collagene denaturato (tipi IV e V), producendo piccoli peptidi di degradazione. La sua presenza si riscontra in fibroblasti cutanei, cheratinociti, cellule endoteliali, monociti, osteoblasti e in altre cellule normali e trasformate. MMP-2 è attivata da varie endopeptidasi (MMP-1, MMP-7, MMP-13, MMP-14, MMP-15, MMP-16, MMP-24) e a sua volta attiva MMP-9 e MMP-13. La sua azione può essere inibita completamente da acido etilendiamminotetracetico, endostatina, 1,4-ditiotreitolo, 1,10-fenantrolina, sodio dodecil-solfato e da

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TIMP-1 e -2, di cui TIMP-2 agisce anche su pro-MMP-2 (Gemmati D., 2004).

1.4 Inibitori di sintesi delle metalloproteasi di matrice

Negli ultimi anni sono stati proposti e testati contro i tumori alcuni MMPIs ad ampio spettro (tabella 3).

Tabella 3: inibitori delle MMPs in sviluppo clinico(Overall C. et al., 2006.

Review).

Lo sviluppo di composti inibitori delle MMPs (MMPIs) si basa sulla conoscenza della struttura delle MMPs; infatti, queste contengono lo Zinco nel dominio catalitico e hanno bisogno di Calcio per funzionare. Di conseguenza, sono stati sintetizzati composti chelanti lo Zinco per inibire

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l’attività delle MMPs, con strutture che mimano i loro substrati naturali. In base alla funzione che lega lo Zinco gli MMPIs sono suddivisi in classi chimiche, e tra queste si trovano carbossilasi, idrossammati, tioli. Gli inibitori più forti, generalmente, risultano gli idrossammati (Supuran C. et al., 2002). Lo sviluppo clinico è stato complicato e nessuno di loro si trova in commercio perché questi composti MMPIs ad ampio spettro possono causare tossicità muscolo-scheletrica, correlata all’inibizione di MMP-1 e, come altro aspetto negativo, possono inibire anche gli effetti benefici di alcune MMPs con attività antitumorale (Rossello A. et el., 2004). Per ridurre le complicanze correlate all’uso di questi MMPIs, sono stati proposti inibitori verso specifiche MMPs, con lo scopo di sviluppare terapie antitumorali più efficaci e selettive rispetto alle attuali.

1.5 Terapie attuali del glioblastoma multiforme

Le terapie attuali del glioblastoma multiforme si avvalgono della chirurgia, della radioterapia e della chemioterapia. Purtroppo, dopo i trattamenti iniziali, che sembrano efficaci, il glioblastoma è particolarmente soggetto a recidive. La chirurgia viene scelta come trattamento iniziale per asportare la maggior parte del tumore, ma l’eliminazione totale è molto difficile a causa della natura infiltrativa del glioma. Si ottiene di rado la guarigione con la sola operazione chirurgica, ma questa è utile per ridurne la dimensione e per facilitare il trattamento successivo con radio e chemioterapia. Nel caso in cui il glioblastoma si espanda o si ripresenti l’intervento può essere ripetuto. Recentemente la FDA (Food and Drug Administration) ha approvato l’unico caso chirurgico di chemioterapia intracavitaria, che prevede il posizionamento di “wafer” di carmustina, un polimero biodegradabile che diffonde nitrosourea nel tumore per due/tre settimane. La carmustina lega gli acidi nucleici impedendo la divisione e la

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replicazione di cellule tumorali, e portando all’aumento del tempo medio di sopravvivenza rispetto a placebo.

La radioterapia postoperatoria provoca il danneggiamento del DNA di eventuali cellule tumorali rimaste dopo l’operazione: sono stati evidenziati benefici in pazienti con gliomi maligni, rispetto al suo non utilizzo dopo l’intervento. E’ stata valutata anche la terapia locale con radiochirurgia e brachiterapia (uso di palline radioattive depositate direttamente nel tessuto tumorale), ma entrambe aumentano il rischio di necrosi da tessuto irradiato.

La chemioterapia, infine, porta la cellula tumorale verso la fase apoptotica, poiché causa disorganizzazione nel DNA cellulare tumorale. Purtroppo, la penetrazione nel tumore di agenti chemioterapici può essere ostacolata da meccanismi di resistenza, come l’overespressione di O-6 metilguanina- DNA-metiltransferasi, un enzima la cui espressione è correlata all’aumento di resistenza che le cellule tumorali possono mostrare nei confronti degli effetti citotossici degli agenti terapeutici. Un’altra limitazione all’uso di chemioterapici può derivare dall’interazione con altre sostanze, come gli steroidi, che controllano l’edema cerebrale. Anche la barriera ematoencefalica può causare la penetrazione degli agenti nel tumore a concentrazioni subterapeutiche. Recenti trials clinici indicano che la terapia combinata può vincere la chemioresistenza sui gliomi; un esempio è l’utilizzo della temozolomide, agente alchilante, sia durante che dopo la radioterapia. Questo trattamento combinato porta ad un aumento di sopravvivenza dei pazienti, rispetto alla sola radioterapia (Stern J. et al., 2006. Review).

1.6 Temozolomide: agente alchilante del DNA

La temozolomide (TMZ) è un’imidazotetrazina di seconda generazione, che agisce come agente alchilante del DNA. E’ un pro-farmaco che si

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idrolizza spontaneamente a pH fisiologico nel prodotto attivo 5-(3- metiltriazeno-1-yl) imidazolo-4-carbossamide (MTIC). Il MTIC va incontro ad una rapida trasformazione nel metildiazonio, il quale metila i residui di guanina del DNA delle cellule, durante la fase riproduttiva, causando un alterazione della sequenza del DNA (figura 3).

Figura 3: attivazione metabolica della temozolomide.

La temozolomide è stata definita sia citotossica che citostatica sulla linea cellulare di glioblastoma umano U87MG. Ciò è dovuto al fatto che alcune cellule tumorali risultano essere in fase apoptotica mentre altre arrestate in fase G2/M in seguito al trattamento con il farmaco. In entrambi i casi l’azione della temozolomide è correlata ai livelli della proteina p53 nelle cellule tumorali, e tale correlazione è tutt’ora in fase di studio (Hirose Y. Et al., 2001).

Temozolomide

Reazione spontanea MTIC

DNA

Metildiazonio Temozolomide

Reazione spontanea MTIC

DNA

Metildiazonio

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Alcuni tumori inizialmente responsivi alla chemioterapia sviluppano in seguito chemioresistenza. Recenti trials clinici indicano che la terapia combinata può sopraffare la resistenza dei gliomi. Alcuni esempi sono la combinazione della temozolomide con marimastat, un inibitore delle metalloproteasi ad ampio spettro, che porta ad aumento del tempo di sopravvivenza dei pazienti rispetto alla terapia convenzionale, oppure l’utilizzo di temozolomide associata a sostanze antiangiogeniche, come il bevacizumab. La temozolomide è attualmente in uso durante e dopo la radioterapia nella cura del glioblastoma, poiché porta ad un importante aumento della sopravvivenza dei pazienti rispetto alla sola radioterapia (Stern J. et al., 2006. Review).

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1.7 Scopo della tesi

Lo scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di valutare gli effetti che i due inibitori della MMP-2, CC27 e EN73, e il chemioterapico temozolomide esercitano su vitalità ed invasività della linea cellulare di glioblastoma umano U87MG. Le concentrazioni a cui i due inibitori sono stati testati rappresentano i valori capaci di inibire per il 50% l’attività della MMP-2 in saggio in vitro su enzima isolato. I due composti sono stati usati a questo dosaggio con lo scopo di tentare una selettività verso la MMP-2, per poter ridurre la tossicità osservata in vivo con l’uso degli MMPIs ad ampio spettro. I parametri di vitalità ed invasività sono stati anche valutati dopo il trattamento combinato delle cellule con la temozolomide e con l’inibitore CC27, che presentava una risposta interessante in termini di inibizione dell’invasività.

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Materiali e

Metodi

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2. Materiali e Metodi

2.1 Sostanze

In questo lavoro di tesi sono stati scelti due inibitori MMP-2 selettivi, CC27 e EN73, appartenenti alla famiglia N-O-isopropil sulfonamide idrossammati, per testare i loro effetti su invasività e vitalità tumorale nella linea cellulare di glioblastoma umano U87MG, rispetto al composto CGS27023A usato come standard di riferimento in letteratura. I composti CC27, EN73 e CGS27023A sono stati forniti dal Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Pisa (figura 4).

Figura 4: struttura chimica degli inibitori di sintesi CC27 (1), EN73 (2) e CGS27023A (standard di riferimento).

CGS

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Materiali e Metodi

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In studi precedenti il CC27 ha mostrato proprietà anti-invasive sulla linea cellulare di fibrosarcoma HT180, cellule tumorali che over-esprimono MMP-2 e MMP-9 (Rossello A. et al., 2004). Invece, EN73, derivato di CC27 con un gruppo isopropilico sul Cα, il quale migliora la potenza inibitoria su MMP-2, è stato saggiato su cellule endoteliali umane isolate dalla vena ombelicale ed è risultato un potente agente anti-angiogenico (Rossello A. et al., 2005).

2.2 Condizioni di coltura cellulare

La linea cellulare U87MG, di glioblastoma multiforme umano, è stata ottenuta dall’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro (ICLC) di Genova. Le cellule sono state piastrate e mantenute nell’apposito mezzo completo sterile costituito da:

 RPMI-1640 addizionato di 10% di siero fetale bovino (FBS)

 L-glutammina 2 mM

 100 U/ml di penicillina e 100 mg/ml di streptomicina

 1% di soluzione di aminoacidi non essenziali

La coltura è stata mantenuta nell’incubatore a 37°C, con atmosfera umidificata composta da 5% CO2 e 95% O2. Le cellule sono state staccate ogni 4 giorni e ripiastrate diluendole 1:10 ad ogni passaggio.

2.2.1 Procedura di scongelamento delle U87MG

Le cellule, conservate in azoto liquido in criovial, sono state velocemente riscaldate nel bagnetto a 37°C e raccolte . In seguito, è stato aggiunto molto lentamente mezzo completo sterile, preventivamente riscaldato, fino al volume opportuno. Il tutto è stato centrifugato a 100 x g per 5 minuti. Il pellet è stato risospeso in un volume opportuno del mezzo completo

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riscaldato. La sospensione è stata aggiunta in una fiasca da 75 cm2, già contenente mezzo completo, in modo da ottenere 10 ml totali, ed è stata mantenuta nell’incubatore a 37°C, con atmosfera umidificata al 5% CO2 e 95% O2.

2.2.2 Procedura di congelamento delle U87MG

Per il congelamento delle cellule è stata preparata un’appropriata

“soluzione di congelamento” sterile costituita da:

 50% di RPMI-1640

 20% di siero fetale bovino (FBS)

 10% di dimetilsolfossido (DMSO)

Per ottenere tale composizione sono state preparate due distinte soluzioni:

- A RPMI-1640 (6 ml) + FBS (4ml) - B RPMI-1640 (8 ml) + DMSO (2ml)

Le cellule nella fiasca da 75 cm2 sono state raccolte e centrifugate a 100 x g per 5 minuti. Il pellet ottenuto è stato sospeso prima in 2 ml della soluzione A e dopo sono stati lentamente aggiunti 2 ml della soluzione B. Le U87MG sospese sono state poi contate, utilizzando la camera di Burker. In ogni criovial è stato depositato 1 ml totale di sospensione, in modo da congelare da 5x105 a 1x106 cellule. Le criovials sono state mantenute per 24 ore a -80°C e poi conservate in azoto liquido (-196°C).

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2.3 Saggio di vitalità cellulare: MTS assay.

Le cellule U87MG coltivate come precedentemente descritto sono state seminate nel multi-well da 96 pozzetti, in modo da avere 5x103 cellule per well in un volume totale di 100 μl. Dopo 24 ore di incubazione le cellule sono state trattate con i composti CC27, EN73 e CGS27023A (alle concentrazioni finali rispettive di 12,4 nM, 1 nM e 25 nM) o con la temozolomide (50 e 100 μM). Nel pozzetto di controllo è stato aggiunto il solvente DMSO, in cui sono stati solubilizzati i composti e la temozolomide. Il trattamento è durato 24 ore e dopo le cellule sono state saggiate mediante il seguente saggio di vitalità cellulare.

Il saggio CellTiter 96 Aqueous One Solution Proliferation assay è un metodo colorimetrico necessario per determinare il numero di cellule vive in saggi di proliferazione o di citotossicità. Esso si basa sull’utilizzo di un reagente che contiene i composti tetrazolio (MTS) e fenazina etansolfato (PES). PES ha un’elevata stabilità chimica che rende possibile la reazione con MTS, e che porta alla formazione di una soluzione stabile. MTS viene ridotto nelle cellule in un prodotto colorato, il formazano, solubile nel mezzo di coltura. Questa conversione è accoppiata alla produzione di NADPH o NADH da parte di deidrogenasi, presenti nelle cellule attive dal punto di vista metabolico.

In questo lavoro alle cellule U87MG presenti in ogni pozzetto del multi- well da 96 sono stati aggiunti al buio 20 μl di reagente, dopo 24 ore di incubazione con i composti inibitori, come descritto precedentemente. La piastra è stata successivamente incubata per 2 ore a 37°C in un ambiente umidificato, con 5% di CO2. Passato il tempo necessario, l’assorbanza di ogni pozzetto è stata misurata a 490 nm con Wallac Victor 2 (1420 Multilabel Counter, Perkin-Elmer). La quantità di formazano prodotta, misurata come assorbanza, è direttamente proporzionale al numero di cellule vive presenti in coltura.

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2.4 Saggio di invasività su matrigel

Il saggio di chemioinvasività si basa sull’utilizzo di una membrana basale che mima la matrice extracellulare, un preparato in soluzione chiamato comunemente “matrigel” (BD Bioscences), estratto del sarcoma di topo Engelbreth-Holm-Swarm (EHS). Questo tumore è ricco di proteine della matrice extracellulare: laminina, collagene IV, entactina e proteoglicani eparan-solfati. L'estratto contiene inoltre fattori di crescita che sono presenti naturalmente nel sarcoma di EHS. A temperatura ambiente il matrigel polimerizza per produrre una matrice che simula la membrana basale delle cellule dei mammiferi. Il saggio è utilizzato per quantificare l’invasività di molti tipi di cellule, determinando la loro attività migratoria attraverso il matrigel. Tale attività è associata alla degradazione della matrice. Prima di effettuare il saggio di invasività su matrigel utilizzando i composti di sintesi, è stata operata una messa a punto del sistema, calcolando l’indice di invasività delle cellule U87MG.

L’equazione di riferimento è:

Indice di invasività = (cellule invasive / cellule migrate) x 100 Per effettuare tale calcolo è stato necessario valutare sia la chemiotassi su gelatina (“cellule migrate”), che l’invasività su matrigel (“cellule invasive”), come descritto da Albini e Benelli (2007).

Tale messa a punto è stata effettuata utilizzando un Transwell da 24 pozzetti (diametro di 6,5 mm, filtri in policarbonato con pori di 8,0 μm, Costar, Corning, NY), mostrato in figura 5.

Figura 5: Transwell da 24 pozzetti. Diametro di 6,5 mm, filtri in policarbonato con pori di 8,0 μm, Costar, Corning, NY.

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Materiali e Metodi

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In ogni pozzetto del Transwell è posizionato un inserto, con filtro poroso in policarbonato, a distanza fissa di 1 mm dalla base, che separa il compartimento inferiore (basale) da quello superiore (apicale), visibile in figura 6. In generale, le cellule vengono seminate sul filtro e migrano verso il compartimento basale che, a differenza dell’apicale, contiene sostanze chemioattrattive.

Figura 6: ingrandimento di un inserto posizionato in un pozzetto del Transwell e suddivisione tra compartimento apicale e basale.

2.4.1 Preparazione dei filtri di gelatina

La chemiotassi su gelatina delle U87MG è stata effettuata per determinare il normale flusso migratorio delle cellule. La preparazione dei filtri di gelatina è avvenuta seguendo il procedimento proposto da Albini A. et al.

(2007). In breve, sono stati solubilizzati 2 mg di gelatina in 400 ml di acqua distillata, prima scaldando a 60°C per 30 secondi e successivamente in bagnetto termostatato a 98°C. Gli inserti con i filtri di policarbonato sono stati poi immersi per un’ora nella soluzione sopra descritta e asciugati su un foglio di alluminio, lasciati in stufa a 37°C tutta la notte. I filtri così processati si possono mantenere a temperatura ambiente per tre/quattro mesi.

Monostrato di cellule

Filtro in policarbonato Compartimento

basale

Compartimento apicale

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2.4.2 Preparazione del matrigel

La membrana basale di matrigel (9,6 mg/ml) è stata diluita 1:10 con mezzo senza siero freddo prima di poter essere utilizzata. Da tale diluizione ne sono state effettuate altre tre, 1:2, 1:3, 1:4, in modo da poter scegliere quella più adatta per l’esperimento sulle U87MG. Di ogni diluizione sono stati caricati 25 μl su tre diversi inserti del Transwell, in doppio, facendo attenzione che non si formassero bolle durante la sedimentazione. Il Transwell è stato lasciato a seccare sotto una cappa a flusso laminare per tutta la notte, a temperatura ambiente, per lasciar avvenire la polimerizzazione.

2.4.3 Conta delle cellule per il calcolo dell’indice di invasività Nel Transwell da 24 pozzetti, dove erano già stati caricati la gelatina o il matrigel sulla membrana porosa del cestello, sono stati aggiunti 200 μl di mezzo completo, costituito da RPMI-1640 con 10% di siero fetale bovino, nel compartimento inferiore di ogni pozzetto. Il siero fetale bovino esercita una funzione chemioattrattiva sulle cellule. Superiormente alla membrana porosa sono state seminate 6x104 cellule, sospese in 400 μl di mezzo privo di siero. Il Transwell è stato poi mantenuto per 24 ore nell’incubatore a 37°C con atmosfera umidificata, composta da 5% CO2 e 95% O2. Il giorno successivo le cellule rimaste al di sopra della membrana porosa sono state rimosse. Le cellule migrate, che si trovavano adese alla superficie inferiore della membrana porosa, sono state poi contate. Dopo due lavaggi con 500 μl di PBS 1x addizionato di CaCl2 1 M, sono stati aggiunti 500 μl di paraformaldeide al 4% (diluita dal 20% con PBS 1x contenente CaCl2 1 M) per 15 minuti a temperatura ambiente. Le cellule passate sulla parte inferiore del filtro sono state così fissate. Dopo due lavaggi con 500 μl di PBS 1x addizionato di CaCl2 1 M, è stato aggiunto il cristal violetto, 500 μl, che penetra nelle cellule vive colorandole. Passati 10 minuti il

(25)

Materiali e Metodi

25

Transwell è stato lavato e fatto asciugare in stufa. Sono stati infine aggiunti 500 μl di una soluzione, composta da 50% di etanolo, 50% di acqua e sodio citrato 0,1 M (pH 4,2), ad ogni pozzetto ed il Transwell è stato lasciato in agitazione per 30 minuti. Trascorso tale periodo i filtri sono stati fotografati al microscopio, ognuno in cinque zone diverse (campi) e le cellule U87MG colorate di viola sono state contate al computer usando il software ImageJ (ImageJ Software, versione 1,41o; USA). Dopo aver trovato il numero di cellule invasive, su tre diluizioni diverse di matrigel, e il numero di quelle migrate è stato calcolato l’indice di invasività. Il valore da prendere in considerazione per un test ottimale deve essere prossimo al 50%, infatti tale percentuale indica che le cellule invasive sono la metà delle cellule che migrano per chemiotassi. In questo caso specifico la migliore diluizione del matrigel è risultata essere quella di 1:3. Tale diluizione è stata utilizzata per valutare l’invasività su matrigel delle cellule U87MG trattate e non con gli inibitori specifici di MMP-2.

2.4.4 Invasività su matrigel delle cellule U87MG trattate con i composti in esame

Per valutare l’invasività su matrigel, le U87MG sono state trattate con i composti in studio e sono state poi contate le cellule che hanno passato la membrana basale. Come primo passaggio è stata preparata la matrice alle condizioni migliori, trovate precedentemente: il matrigel è stato diluito prima 1:10 con mezzo fresco privo di siero e poi ancora 1:3, per ottenere una concentrazione di 0,32 mg/ml. In seguito, sono stati caricati 25 μl sugli inserti del Transwell e processati come descritto in precedenza. Anche in questo caso, sono stati caricati 200 μl di mezzo completo nel compartimento basale e seminate 6x104 cellule, sospese in 400 μl di mezzo privo di siero, al di sopra del matrigel, pretrattate per 24 ore con i composti rispettivi da testare. Nel compartimento apicale sono stati aggiunti

(26)

26

nuovamente gli inibitori da testare, ad una concentrazione finale pari al valore IC50 verso MMP-2 (CC27 12,4 nM, EN73 1 nM, CGS27023A 25 nM, TMZ 50 e 100 µM) e DMSO nei controlli (DMSO<1%). Il Transwell è stato incubato a 37°C per 24 ore, con atmosfera umidificata composta da 5% CO2. Il matrigel e le cellule non migrate, rimaste in superficie, sono stati rimossi con un bastoncino cotonato, invece le cellule invasive sono state colorate con il cristal violetto, fotografate per ogni filtro in cinque campi diversi e contate con ImageJ, come descritto in precedenza. Ogni composto in studio è stato testato in duplicato e l’esperimento è stato ripetuto per tre volte.

2.5 Trattamenti delle U87MG a lungo termine.

2.5.1 Semina e trattamenti a lungo termine con Temozolomide.

Per un primo esperimento 3x103 cellule/cm2 sono state seminate, nei multi- well da 6 pozzetti, in 1 ml di mezzo con FBS al 10% e, in seguito, sono state contate le cellule vive da 0 fino a 16 giorni, per determinare la proliferazione delle cellule non trattate.

In un successivo esperimento, le cellule U87MG sono state seminate come nel precedente, ma dopo 24 ore di incubazione dai pozzetti è stato eliminato il mezzo e alle cellule, adese sul fondo, sono stati aggiunti 990 μl di nuovo mezzo caldo e 10 μl del composto da testare, la temozolomide alla concentrazione finale di 50 e 100 μM. Nel pozzetto di controllo sono stati invece aggiunti 10 μl di DMSO, il solvente in cui è stato sciolto il farmaco (percentuale finale di DMSO pari al valore 1%). I multi-well sono stati poi incubati per 24 ore o per alcuni giorni prestabiliti.

Le cellule sono state raccolte con tripsina, in entrambi gli esperimenti, a vari tempi dalla semina o dal trattamento con la temozolomide, facendo attenzione a raccogliere sia le cellule adese che quelle fluttuanti nel mezzo.

(27)

Materiali e Metodi

27

La sospensione è stata centrifugata a 800 x g per 5 minuti, il sovranatante è stato eliminato e il pellet risospeso in un volume di mezzo completo opportuno per la conta di vitalità delle cellule, effettuata usando il dye Trypan Blue, che viene incluso solo dalle cellule morte. In successivi esperimenti a lungo termine, al settimo giorno è stato addizionato alle cellule anche 1 ml di mezzo completo fresco.

2.5.2 Conta cellulare: Trypan Blue exclusion assay

Per effettuare la conta delle cellule è stato utilizzato il colorante Trypan Blue (TB), che è in grado di passare la parete di cellule morte, colorandole di blu. Il saggio è stato effettuato passati i tempi prestabiliti a partire dal trattamento con la temozolomide. Le cellule nei multi-well da 6 pozzetti sono state raccolte separatamente, come descritto, e centrifugate. Il sovranatante è stato eliminato e il pellet risospeso in un volume di mezzo completo opportuno. Prima di effettuare la conta sono stati prelevati 100 μl di ogni sospensione e messi in eppendorf, aggiungendovi 20 μl di Trypan Blue, allo 0,4% in NaCl 0,9% (fattore di diluizione = 1,2). Dopo circa 2 minuti è stato caricato un volume di 10 μl della preparazione sotto il vetrino coprioggetti della camera conta-cellule di Burker ed è stata effettuata la conta al microscopio (figura 7).

.

Figura 7: emocitometro di Burker

(28)

28

Il reticolo dell’emocitometro di Burker è strutturato in nove quadrati, delimitati da tre righe parallele, con all'interno piccoli quadrati delimitati da due righe parallele (figura 8).

Figura 8: reticolo della camera di Burker visto al microscopio.

Le cellule vive e morte visibili nei nove quadrati sono state contate ed è stata fatta la media delle cellule presenti in ciascun quadrato (M). Per calcolare il numero di cellule vive che erano presenti in ogni pozzetto è stato eseguito il seguente calcolo:

Cellule vive = M x 104 x V in ml x fattore di diluizione (1,2)

2.6 Cotrattamenti sulle cellule U87MG con Temozolomide e CC27.

2.6.1 Vitalità cellulare

Le cellule U87MG sono state seminate nel multi-well da 6 pozzetti e sono state trattate con la temozolomide 50 e 100 μM dopo 24 ore di incubazione, come descritto precedentemente (2.5.1). Le cellule sono state raccolte con tripsina dopo 1, 3, 7 giorni e contate utilizzando il Trypan Blue. In questo caso, al settimo giorno dall’inizio del trattamento con la temozolomide, l’inibitore selettivo di MMP-2 CC27 alla concentrazione di 12,4 nM è stato

(29)

Materiali e Metodi

29

aggiunto nei pozzetti con il chemioterapico. Il CC27 è stato scelto sulla base dei risultati ottenuti nei saggi di invasività. Le cellule sono state nuovamente raccolte e contate ai tempi di 9 e 13 giorni dal trattamento iniziale con la temozolomide. Lo stesso tipo di esperimento è stato condotto anche addizionando alle cellule al settimo giorno 1 ml di mezzo completo fresco.

2.6.2 Invasività cellulare

Il matrigel, diluito come descritto in precedenza, è stato caricato (25 μl) sugli inserti del Transwell. Anche in questo caso, sono stati caricati 200 μl di mezzo completo nel compartimento basale e 6x104 cellule, pretrattate con temozolomide 50 e 100 μM e CC27 12,4 nM per 24 ore, sono state seminate al di sopra del matrigel e sospese in 400 μl di mezzo privo di siero. Nel compartimento apicale è stato aggiunto DMSO nei controlli (DMSO<1%) e nuovamente il composto CC27 nei pozzetti cotrattati, alla concentrazione finale di 12,4 nM. Il Transwell è stato incubato a 37°C per 24 ore, con atmosfera umidificata composta da 5% CO2. Le cellule rimaste in superficie sono state rimosse con un bastoncino cotonato. Le cellule invasive presenti sulla superficie inferiore della membrana porosa sono state colorate con il cristal violetto, fotografate per ogni filtro in cinque campi diversi e contate con ImageJ, come descritto in precedenza.

(30)

30

2.7 Analisi dei dati

Le analisi statistiche sono state eseguite attraverso one –way ANOVA (con test Newman-Keuls), usando il programma di statistica Graph-Pad Prism (Graph Pad Software, versione 4.0; San Diego, CA). Il livello di significatività dei dati è stato posto al valore P<0,05. Infine, tutti i valori sono stati presentati come medie ± deviazione standard (SD) e derivano da almeno tre esperimenti indipendenti, condotti in duplicato.

(31)

Risultati

(32)

32

3. Risultati

3.1 Effetti degli MMPI sulla vitalità.

L’attività inibitoria in vitro degli acidi idrossamici N-isopropossi-bifenil sulfonammidi, CC27 e EN73, e del composto CGS27023A, verso alcune delle principali MMPs e verso TACE (attivatore di TNF-α), è stata precedentemente misurata con un saggio enzimatico fluorimetrico. La selettività per MMP-2 verso alcune delle altre MMPs è espressa come il rapporto del valore IC50 per MMP-n sul valore IC50 per MMP-2, come riportato nella tabella 4.

CC27 EN73 CGS27023A

IC50 Selettività per MMP-2

IC50 Selettività per MMP-2

IC50 Selettività per MMP-2

MMP-1 12000 >1000 490 490 56 2.24

MMP-2 12 1.0 25

MMP-3 5900 491.7 50 50 16 0.64

MMP-8 260 21.7 1.6 1.6 7.7 0.31

MMP-9 200 16.7 6.7 6.7 4.8 0.19

MMP-12 18 1.5 0.20 0.20

MMP-13 45 3.75 4.1 4.1 5.7 0.23

MMP-14 2300 191.7 9.8 9.8 23.2 0.93

MMP-16 900 75 51 51

TACE 130000 >1000 14000 >1000 159 6.36

Tabella 4: attività inibitoria dei composti CC27e EN73 su alcune MMPs e su TACE (di controllo), espressa come valore IC50 nM, rispetto al composto CGS27023A di riferimento. La selettività per MMP-2 invece è rappresentata dal rapporto del valore di IC50 per MMP-n sul valore di IC50

per MMP-2.

(33)

Risultati

33

L’inibizione della vitalità cellulare è stata testata sulla linea cellulare U87MG, usando gli inibitori CC27 e EN73 alla loro IC50 , rispettivamente 12,4 nM e 1 nM come concentrazione finale. Esperimenti in parallelo sono stati effettuati con il composto di riferimento CGS27023A, al suo valore di IC50 per la MMP-2 (25 nM). Le cellule sono state trattate alle concentrazioni scelte per 24 ore. Dopo l’incubazione, la vitalità cellulare è stata misurata in due esperimenti separati, con il saggio MTS e con il Trypan Blue (dati non mostrati). I risultati hanno provato che i trattamenti delle cellule con i composti di sintesi non hanno modificato la vitalità cellulare, rispetto al controllo con DMSO, come mostra la figura 9. I dati sono stati ottenuti da almeno tre esperimenti indipendenti, svolti in duplicato.

Figura 9: inibizione della vitalità cellulare degli inibitori di MMP-2 sulla linea cellulare U87MG dopo 24 ore dal trattamento. I risultati sono espressi come percentuale di cellule vive osservate con il saggio MTS, dopo i trattamenti con i composti, rispetto al controllo di cellule trattate con il veicolo DMSO (100%). I dati sono riportati come valore medio ± deviazione standard.

% della vitali cellulare

DMSO CC27 12,4 nM

EN73 1 nM

CGS27023A 25 nM

(34)

34

In particolare, le percentuali delle cellule vive trattate con i nuovi composti di sintesi, rispetto al controllo con il DMSO, corrispondono al 97,4% per il CC27, al 98,6% per EN73 ed al 99,2% per CGS27023A. Anche la conta delle cellule con il Trypan Blue ha mostrato risultati simili. Da questi risultati è emerso che i composti non inducono morte alle concentrazioni testate.

3.2 Effetti degli MMPI sull’invasività.

I risultati sono espressi nella figura 10 come percentuali di cellule invasive, riportate come media di tre esperimenti, svolti in duplicato. Le cellule trattate hanno mostrato una riduzione significativa nella percentuale di invasione, rispettivamente del 50% con CC27, del 48% con EN73 e del 31% con CGS27023A (P<0,001).

Figura 10: invasività delle cellule di glioma espressa come percentuale di cellule invasive, osservate dopo i trattamenti con gli inibitori selettivi di MMP-2, rispetto al controllo di cellule trattate con il veicolo DMSO (100%). I dati sono riportati come valore medio ± deviazione standard.

% di cellule invasive

DMSO CC27 12,4 nM

EN73 1 nM

CGS27023A 25 nM

(35)

Risultati

35

L’invasività delle cellule di glioma è stata valutata attraverso la metodica del matrigel, dopo il trattamento delle U87MG con i composti CC27, EN73 e CGS27023A, impiegati ai valori di IC50 per la MMP-2, per 24 ore. Il saggio di invasività su matrigel è stato eseguito come descritto in materiali e metodi, per valutare la capacità di degradazione della membrana basale da parte delle cellule di glioma umano trattate con i composti, rispetto al controllo con DMSO. Dalla figura 11, che riporta l’esempio di un esperimento, è possibile notare la riduzione marcata nell’invasione del matrigel da parte delle cellule U87MG trattate con gli inibitori di MMP-2 di sintesi.

Figura 11: un esempio dei campi fotografati al microscopio. Invasività attraverso il matrigel delle cellule U87MG, trattate con i composti CGS27023A, CC27 e EN73, rispetto al controllo con DMSO.

I dati hanno mostrato che i composti CC27 ed EN73 sono in grado di inibire l’invasività delle cellule di glioma in maniera più marcata rispetto al

DMSO CGS

EN73 CC27

(36)

36

CGS27023A. Questa differenza di risposta potrebbe essere correlabile alla poca selettività d’azione del CGS27023A su MMP-2 rispetto alle altre MMPs, come mostrato nella tabella 4. L’ampio spettro d’azione del CGS27023A potrebbe, infatti, inibire anche quelle MMPs capaci di arrestare il processo tumorale (es. pro-apototiche).

3.3 Messa a punto dei trattamenti a lungo termine: curve di crescita.

Per un primo esperimento le cellulesono state seminate, nei multi-well da 6 pozzetti ed in seguito sono state contate le cellule vive da 0 fino a 16 giorni (1-3-7-8-9-13-16). In un secondo esperimento, invece, le cellule sono state seminate e contate in modo identico, ma al settimo giorno è stato aggiunto nei pozzetti 1 ml di mezzo completo fresco. Sono stati condotti due esperimenti separati, eseguiti in doppio, e i dati sono stati espressi come numero di cellule U87MG vive su cm2 di superficie nella figura 12.

Figura 12: curve di proliferazione delle cellule U87MG non trattate. La linea continua indica le cellule con aggiunta di 1 ml di mezzo, mentre la

Cellule vive/cm2

Giorni

(37)

Risultati

37

tratteggiata quelle senza aggiunta. Le cellule sono state raccolte e contate usando il saggio con il TB dopo vari giorni (1-3-7-8-9-13-16). I risultati sono espressi come numero di cellule vive su cm2 di superficie.

I risultati ottenuti dalle conte, hanno indicato che nel primo esperimento, il numero di cellule vive/cm2 aumentava fino all’ottavo giorno, ma in seguito diminuiva in modo marcato. Invece, nel secondo esperimento, con l’aggiunta di mezzo completo al settimo giorno, è stato evidenziato un arresto della crescita all’ottavo giorno, considerabile transiente: la capacità di proliferazione delle cellule è ripresa fino al tredicesimo giorno. Passati tredici giorni le cellule hanno perso la capacità di sopravvivere in entrambi gli esperimenti, come riportato in grafico (figura 12).

Per assicurare che le cellule fossero in uno stato proliferativo buono, per i successivi esperimenti è stata seguita l’impostazione dell’esperimento con l’aggiunta di 1 ml di mezzo fresco completo al settimo giorno, e le cellule sono state contate fino al tredicesimo giorno.

3.4 Effetti della Temozolomide sulla vitalità cellulare.

Le cellule sono state seminate in multi-well da 6 pozzetti per il trattamento a breve e a lungo termine, e dopo 24 ore sono state trattate, in entrambi i casi, con la temozolomide a due diverse concentrazioni (50 e 100 μM).

Per il multi-well a breve termine le cellule sono state raccolte dopo 24 ore e sono state contate utilizzando il colorante Trypan Blue. Invece, per i trattamenti a lungo termine, la raccolta e la conta delle cellule è stata eseguita dopo vari tempi di incubazione, fino al tredicesimo giorno. Al settimo giorno, in una serie di pozzetti trattati con la temozolomide, è stato aggiunto 1 ml di mezzo completo fresco, in più a quello già presente, come stabilito dagli esperimenti precedenti. I dati sono mostrati nella figura 13 di

(38)

38

seguito, graficati come numero di cellule U87MG vive su cm2 di superficie.

I risultati hanno evidenziato che nei pozzetti trattati a lungo tempo con la temozolomide, sia alla concentrazione di 50 μM che a 100 μM, il numero di cellule di glioblastoma umano vive diminuisce rispetto al controllo.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

0 20000 40000 60000 80000

Giorni DMSO

TMZ 100M TMZ 50M

*

***

***

***

Aggiunta di mezzo fresco

Cellule vive/cm2

Figura 13: curve di proliferazione delle cellule U87MG trattate con la temozolomide a 50 e 100 μM, rispetto al controllo con DMSO. Le cellule sono state raccolte e contate usando il saggio con il trypan blue dopo vari giorni (1-3-7-8-9-13). I risultati sono espressi come numero di cellule vive su cm2 di superficie e i dati sono stati ottenuti da tre esperimenti separati, eseguiti in doppio (*: P<0,05; ***: P<0,0001).

Dal grafico è possibile notare che dopo un giorno dai trattamenti, quindi dopo breve tempo, l’effetto sulla vitalità della temozolomide è simile al controllo. Dopo tre giorni è evidente una riduzione significativa delle cellule trattate con la temozolomide a 100 μM, rispetto al controllo (P<0,05); la diminuzione delle cellule vive è visibile durante tutte le conte cellulari dei pozzetti trattati a questa concentrazione (P<0,0001). Anche il numero di cellule vive, trattate con la temozolomide a 50 μM, è minore

(39)

Risultati

39

rispetto al controllo, e i dati risultano comparabili a quelli della temozolomide a 100 μM.

Le conte cellulari con Trypan Blue sono servite anche per ottenere il numero di cellule morte nei pozzetti, evidenti perché colorate di blu, e per ogni trattamento e tempo sono state calcolate le loro percentuali. Dopo breve tempo dall’incubazione con la temozolomide, la percentuale di cellule morte è risultata minore del 10%, sia nei pozzetti di controllo sia in quelli trattati alle due concentrazioni. A tempi prolungati, le cellule blu nel controllo non hanno superato il 20% delle cellule totali, invece, come era stato previsto, il numero di cellule morte nei pozzetti trattati con temozolomide è aumentato in modo tempo-dipendente, arrivando al 40- 50% delle cellule totali al tredicesimo giorno.

3.5 Cotrattamento con TMZ e CC27 su cellule U87MG.

3.5.1 Effetti sulla vitalità cellulare

Come negli esperimenti precedenti, 3x103 cellule /cm2 sono state seminate in multi-well da 6. Dopo 24 ore sono state incubate con la temozolomide (50 e 100 μM), mentre nel controllo è stato aggiunto DMSO, e sono state coltivate fino al tredicesimo giorno dall’aggiunta della temozolomide. Il settimo giorno è stato immesso, in una serie di pozzetti contenenti temozolomide, 1 ml di mezzo fresco completo, contenente l’inibitore selettivo CC27, alla concentrazione di 12,4 nM. Le cellule che hanno subito il cotrattamento sono state raccolte e contate seguendo il saggio di esclusione con il Trypan Blue, a diversi intervalli di tempo, fino al tredicesimo giorno. I risultati sono riportati in figura 14 rispetto alla temozolomide 100 μM (comparabili all’uso della 50 μM), come numero di cellule U87MG vive su cm2 di superficie.

Riferimenti

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