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La rivoluzione tecnologica degli ultimi anni, iniziata con la diffusione dei personal computer e la nascita della rete internet (il World Wide Web), ha trasformato radicalmente la nostra società.

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INTRODUZIONE

La rivoluzione tecnologica degli ultimi anni, iniziata con la diffusione dei personal computer e la nascita della rete internet (il World Wide Web), ha trasformato radicalmente la nostra società.

La trasformazione portata dalle nuove tecnologie ha investito ogni settore della vita sociale e ogni aspetto della vita quotidiana dell‟individuo; sono cambiate le modalità di erogazione, di organizzazione e di accesso alle informazioni, le modalità di comunicazione e di interazione tra gli individui e si è passati nel giro di pochi anni dalla “società dell‟informazione” alla “società della comunicazione”.

I nuovi media si sono rapidamente imposti anche nel mondo della scuola e in particolar modo nella didattica delle lingue, modificando radicalmente le forme dell‟apprendimento, le modalità di interazione tra i discenti e tra apprendente e docente e i metodi didattici.

In un contesto di didattica dell‟italiano LS, in cui gli apprendenti non sono immersi nella realtà socio-culturale della lingua bersaglio, Internet rappresenta una vera e propria risorsa, una fonte potenzialmente inesauribile di materiali autentici (i cosiddetti realia) e costantemente aggiornati. In particolar modo il Web 2.0 attraverso strumenti quali chat, forum e videoconferencing offre ai discenti stranieri la possibilità di comunicare e interagire con parlanti madrelingua.

Il web costituisce una risorsa anche per i docenti, i quali possono servirsi della Rete per reperire e condividere materiali didattici con i propri studenti (attraverso ad es. blog, piattaforme didattiche ecc.) oppure con altri insegnanti.

Da queste riflessioni nasce l‟idea del presente contributo, che consiste in un‟indagine sull‟uso delle tecnologie informatiche e della Rete come supporto alla didattica dell‟italiano LS in presenza.

L‟obiettivo è quello di ricostruire un quadro il più possibile verosimile dell‟uso che gli insegnanti fanno non solo di strumenti specificamente pensati per la didattica delle lingue, ma anche di strumenti di comunicazione generici nati per altri scopi (ad es. chat, forum ecc.).

Il presente lavoro si articola in tre capitoli: nello specifico, il primo capitolo offre un breve

excursus sugli sviluppi della psicologia dell‟istruzione in riferimento alle tecnologie e alla

glottodidattica, a partire dalle teorie neocomportamentiste di Skinner passando attraverso

(2)

2 la stagione cognitivista fino ad arrivare alle teorie costruttiviste e socio-costruttiviste sull‟apprendimento.

Il secondo capitolo offre una descrizione dettagliata degli strumenti: dopo una breve premessa sulle specifiche tecniche, si passa a discutere le diverse applicazioni glottodidattiche dello strumento mettendone in evidenza i vantaggi e i limiti.

Nel terzo capitolo si procede con l‟analisi dei risultati del questionario, il cui testo è stato riportato per intero in Appendice.

Chiude la trattazione una sezione denominata “Tabelle” nella quale sono stati riportati tutti

i dati e le percentuali ricavati dall‟indagine.

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3

CAPITOLO PRIMO

Il ruolo delle tecnologie nell’insegnamento e nell’apprendimento linguistico

1.1 Il ruolo delle tecnologie nell’apprendimento linguistico: una storia di teorie, metodi, approcci e strumenti

1.1.1 Il comportamentismo e i laboratori linguistici

La prima macchina per insegnare si fa risalire agli anni venti del Novecento, quando Sydney Pressey, docente di Educational psychology alla Ohio State University, realizzò una macchina per somministrare attività a risposta multipla agli studenti dei propri corsi introduttivi.

Pressey era convinto che la macchina potesse sostituire la figura del docente nella gestione di gran parte dell‟insegnamento di routine, data la semplicità delle procedure da impiegare nelle esercitazioni ripetitive e per la padronanza del materiale informativo.

Il meccanismo alla base del funzionamento dello strumento era molto semplice: la macchina poneva una domanda all‟apprendente; se quest‟ultimo rispondeva correttamente poteva procedere con la domanda successiva, al contrario in caso di errore era costretto a riprovare fino a quando non avesse trovato la soluzione.

Per la realizzazione della sua macchina Pressey si basò sulle teorie comportamentiste

1

di Edward Lee Thorndike (1874-1949), in particolar modo sulla sua “legge dell‟effetto”, secondo la quale l‟apprendimento è un processo graduale che si realizza attraverso

“tentativi ed errori”.

La vera nascita delle tecnologie didattiche (educational technology) si fa risalire tuttavia al 1954, quando lo psicologo statunitense Burrhus F. Skinner (1904-1990) pubblicò un articolo intitolato The science of Learning and the Art of Teaching, nel quale mise a

1 Il comportamentismo nacque nel 1913, quando lo psicologo americano John Watson (1878-1958) pubblicò un articolo intitolato Psychology as the behaviorist views it, considerato il “manifesto” del behaviorismo.

Watson riteneva che l’oggetto di studio della psicologia dovesse essere il comportamento, inteso come risposta dell’organismo agli stimoli (meccanismo STIMOLO-RISPOSTA), e che la verifica delle ipotesi dovesse avvenire secondo il metodo sperimentale.

(4)

4 confronto gli studi condotti sulle modifiche del comportamento animale con le pratiche finalizzate al miglioramento dell‟educazione

2

.

Skinner sviluppò le riflessioni di Thorndike sul “condizionamento strumentale”

3

, concentrandosi maggiormente sul concetto di “rinforzo” (reinforcement); egli riteneva, infatti, che qualsiasi forma di apprendimento dipendesse da quelle che definiva

“contingenze di rinforzo”, ossia “le occasioni in cui a una risposta ha fatto seguito una ricompensa”

4

.

Nel 1968 Skinner pubblicò un saggio intitolato The technology of teaching, nel quale formulò l‟intenzione di applicare le teorie sul “condizionamento operante”

all‟apprendimento umano attraverso l‟attuazione di un “programma di modificazioni controllate”

5

, che egli definì “istruzione programmata”.

L‟“istruzione programmata” è “una tecnologia didattica che, mediante il rinforzo dei risultati positivi, si propone di trasmettere agli studenti conoscenze complesse in maniera graduale, procedendo dalle nozioni più semplici a quelle più difficili”

6

.

Il carico nozionale è, pertanto, suddiviso in unità minime di apprendimento, denominate frames, che vengono somministrate all‟apprendente singolarmente e in successione logica;

ciascun frame contiene, inoltre, un quesito che dovrà essere risolto prima di passare alla sequenza successiva.

Intorno agli anni Cinquanta le teorie sull‟apprendimento nate in seno al neo-behaviorismo skinneriano contribuirono in ambito glottodidattico alla formulazione dell‟approccio

7

strutturalista, che era alla base del metodo audio-orale.

2 Skinner effettuò una serie di esperimenti sul “condizionamento operante” del comportamento animale, reso possibile attraverso il ricorso a rinforzi positivi (ad es. cibo). Al termine dei suoi esperimenti egli arrivò alla conclusione che sia il comportamento animale che quello umano possono essere indotti (o meglio

“condizionati”) attraverso il cosiddetto “meccanismo delle ricompense”.

3 Secondo Thorndike l’apprendimento è la risultante dell’associazione stimolo-risposta, in cui la “risposta”

non è da intendersi semplicemente come una reazione fisiologica allo stimolo, ma come una vera e propria

“strategia messa in atto nell’ambiente per raggiungere uno scopo” (Eletti V. (a cura di), Che cos’è l’e- learning, Roma, Carocci, 2002, p. 32).

4 Ibidem.

5 Capra U., Tecnologie per l’apprendimento linguistico, Roma, Carocci, 2005, p. 26.

6 Eletti, op. cit., p. 33.

7Le definizioni di “approccio” e “metodo” sono le seguenti: “l’approccio costituisce la filosofia di fondo di un’impostazione glottodidattica *…+ seleziona dati e impianti epistemologici dalle varie teorie e dalle varie scienze di riferimento, e li riorganizza secondo i parametri propri della glottodidattica, individuando le mete e gli obiettivi dell’insegnamento linguistico”. Il “metodo” invece è “la realizzazione di un approccio in termini di procedure didattiche e di modelli operativi” (Nozionario di glottodidattica, disponibile online all’indirizzo

http://venus.unive.it/italslab/nozion/nozindic.htm).

(5)

5 Il metodo audio-orale

8

(audiolingual method) si fondava su alcuni principi, in parte

ereditati dal “metodo diretto”

9

:

- è vietato il ricorso alla lingua madre in classe;

- l‟insegnamento della lingua parlata e dell‟ascolto hanno la precedenza sulle altre abilità linguistiche, come lettura e scrittura;

- “l‟apprendimento di una lingua avviene attraverso la formazione di abitudini”

(Capra 2005);

- è necessario basarsi sull‟analisi contrastiva

10

tra L1 e L2 per la scelta e la graduazione del lessico e delle strutture (Diadori 2011).

- ogni codice linguistico possiede il proprio sistema di regole e strutture.

Il metodo audio-orale si basava sull‟uso di dialoghi e di esercizi di ripetizione meccanica, chiamati drills

11

; esso consisteva nella ripetizione da parte dell‟apprendente dei contenuti linguistici che ascoltava dalla registrazione: si cominciava con le strutture minime della lingua (ad es. fonemi o singole parole) fino ad arrivare a strutture più complesse, come frasi o dialoghi

12

.

Quando il modello linguistico era costituito da frasi o dialoghi, si ricorreva ad esercizi strutturali, definiti pattern drills, mirati all‟individuazione della “struttura” (pattern) della frase-modello e al riutilizzo della medesima struttura “per la produzione attraverso l‟associazione di un modello e più stimoli”

13

.

8 “Il metodo audio-orale venne originariamente sviluppato negli Stati Uniti per insegnare le lingue straniere ai militari, nell’ambito dell’Army Specialized Training Program” (Capra, op. cit., p. 22)

9 Il “metodo diretto” nacque come reazione al “metodo traduttivo-grammaticale” e si diffuse in Francia e negli Stati Uniti negli anni venti e trenta del Novecento. I principi alla base del metodo diretto erano i seguenti:

- al centro dell’insegnamento si deve porre la “lingua parlata quotidiana”;

- è proibito l’uso della L1 in classe;

- i significati devono essere veicolati “direttamente” nella L2 attraverso il ricorso ad azioni, mimica, gesti, oggetti e immagini;

- la grammatica e la cultura straniera possono essere insegnate solo induttivamente.

10 “Inizialmente si presentano strutture simmetriche tra le due lingue, in cui si ha transfer positivo, per poi passare a strutture dissimmetriche, in cui l’interferenza è negativa e ci possono essere errori che vanno corretti con dosi massicce di esercitazioni” (Diadori P., Vignozzi L., Approcci e metodi per l’insegnamento della L2 in Diadori P. (a cura di), Insegnare italiano a stranieri, Milano, Le Monnier, 2011, p. 40).

11 I drills sono “esercitazioni ripetitive basate sull’automatismo e con solo alcuni elementi della frase sostituiti all’interno di un modello dato” (ibidem).

12 Uno dei limiti del metodo audio-orale è rappresentato dall’assoluta decontestualizzazione dei pattern drills; gli aspetti comunicativi e sociolinguistici della LS sono completamente trascurati.

13 Ivi, p. 23.

Questi esercizi non lasciavano alcuno spazio alla creatività; l’apprendente doveva limitarsi a riutilizzare i pattern precedentemente ripetuti e a ricombinarli con gli stimoli proposti nei vari ascolti.

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6 Le tecnologie didattiche alla base del metodo audio-orale erano il registratore a bobina e i laboratori linguistici; in particolare lo sviluppo e la diffusione di questi ultimi procedettero di pari passo con la fortuna stessa del metodo.

I laboratori linguistici si diffusero in modo particolare nel secondo dopoguerra; essi nacquero originariamente dal collegamento di più cuffie alla medesima sorgente sonora (un registratore magnetico a nastro

14

).

Le cuffie permettevano l‟isolamento acustico dai rumori esterni, tuttavia al contempo impedivano all‟apprendente di riascoltarsi quando ripeteva il modello linguistico; per ovviare a questo problema furono aggiunti i microfoni (anche il docente fu dotato di una cuffia con microfono).

Fu aggiunta, inoltre, una console centrale per permettere all‟insegnante di dare istruzioni e di monitorare il lavoro degli apprendenti; nacque così il Laboratorio Audio-Attivo (LAA).

Il laboratorio era definito “audio”, poiché permetteva agli apprendenti di ascoltare in sincrono un solo programma (“monoprogramma”) e “attivo”, perché grazie all‟uso dei microfoni i discenti potevano anche rispondere e ripetere (Capra 2005).

Ben presto i LAA furono sostituiti da una forma più evoluta denominata Laboratorio Audio-Attivo-Comparativo (LAAC); quest‟ultimo consentiva all‟apprendente, grazie all‟uso di registratori “a doppia pista”

15

, di riascoltare a posteriori quanto prodotto e di confrontare (per questa ragione “comparativo”) la registrazione con il modello originale.

16

Un altro vantaggio del laboratorio audio-attivo-comparativo è rappresentato dalla

“possibilità di riversare lo stesso o più programmi sui registratori degli allievi, consentendo a ciascuno di loro di esercitarsi in modo indipendente e autonomo, riascoltando o ripetendo le parti che presentano maggiori difficoltà e scegliendo i propri tempi di lavoro”

17

.

La manipolazione delle frasi poteva avvenire attraverso: sostituzione a casella singola/multipla (single/multi- slot substitutions drill), espansione o trasformazione di una parte. (Per gli esempi vedi Capra 2005)

14 L’invenzione del registratore magnetico a nastro – inizialmente chiamato “magnetofono” – risale al 1928;

la sua realizzazione avvenne però solo nel 1934 ad opera della AEG.

L’antenato del registratore magnetico era il “telegrafono”, che fu inventato nel 1890 dal danese Valdemar Poulsen.

15 I registratori “a doppia pista” consentono di registrare su una pista (ad es. la pista allievo) mentre contemporaneamente ne viene riprodotta un’altra (pista insegnante).

16 I registratori a bobina (ingombranti e scomodi) furono successivamente sostituiti dai registratori a cassetta.

17 Capra, op. cit., p. 37.

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7 L‟insegnante poteva inoltre, attraverso la console centrale, selezionare uno o più apprendenti per fornire istruzioni, suggerimenti, aiuti

18

o per trasmettere il programma dell‟esercitazione.

Come scrive Capra, l‟impostazione alla base dei laboratori linguistici è assolutamente

“docente-centrica”; è impedita, infatti, ogni forma di comunicazione o collaborazione tra gli apprendenti, che posso ascoltare unicamente la voce dell‟insegnante, il cui ruolo tuttavia si limita ad essere quello di un “tecnico” più che di un vero e proprio didatta

19

. In quegli stessi anni – in seguito all‟invenzione di nuovi strumenti (come il cine-proiettore, la lavagna luminosa ecc.) – si diffuse in diversi Paesi (tra i quali anche l‟Italia) il cosiddetto “metodo audiovisivo”.

Il metodo audiovisivo (o strutturo globale

20

) sorse in Francia con l‟intento di contrapporsi al metodo audio-orale

21

; esso si basava sui seguenti principi:

- la lingua può essere appresa solo attraverso la comunicazione;

- i contenuti linguistici da insegnare devono essere contestualizzati e selezionati sulla base di un‟attenta analisi della lingua stessa (Capra 2005);

- l‟insegnante deve servirsi di dialoghi registrati su nastro e di sequenze di immagini su filmine per presentare gli elementi della lingua (Capra 2005);

- la motivazione del discente è alla base dell‟apprendimento linguistico;

- l‟apprendimento deve basarsi sulla “comprensione globale” del testo audio e non sulla “atomizzazione meccanica”

22

tipica del metodo audio-orale.

Come suggerisce il nome stesso, il metodo audiovisivo si basava sull‟uso simultaneo e coordinato (quindi “sincronizzato”) di filmine

23

a immagine statica o di flash-card

24

e di registrazioni audio per presentare la lingua bersaglio in situazione, ossia nel proprio contesto comunicativo.

18 Gli interventi o le richieste di aiuto degli apprendenti erano resi possibili dalla presenza di un “pulsante di chiamata” in ogni postazione.

19 Gli altri limiti del laboratorio audio-attivo-comparativo sono: la complessità, dovuta all’esistenza di una rete di collegamenti, e il costo molto elevato degli strumenti.

20 “Strutturo-globale si riferisce alle modalità e ai tempi della percezione dei messaggi linguistici” (Mazzotti G., Tecnologia e didattica delle lingue moderne: verso un recupero del laboratorio linguistico in prospettiva multimediale, Milano, Marzorati Editore, 1983, pp. 107-109).

21 In realtà Capra dimostra come il superamento del metodo audio-orale non sia totale, in quanto permangono nel metodo audiovisivo alcuni principi caratteristici dell’audiolingual method, come ad esempio il divieto di ricorrere alla L1 in classe e l’utilizzo dei drill per insegnare le strutture grammaticali e lessicali.

22 L’espressione è di Capra e si riferisce alla “frammentazione dell’apprendimento in microelementi non più significativi” (Capra, op. cit., p. 47).

23 La “filmina” (detta anche film-strip) è costituita da una serie di diapositive fissate su pellicola.

24 Le flash-card sono “figure (disegni o fotografie) su cartoncino che l’insegnate mostra rapidamente alla classe, in rapida sequenza, sincronizzandone la visione con ciò che si sta ascoltando (Capra, op. cit., p. 52).

(8)

8 In particolar modo la componente visiva, costituita dall‟immagine, era considerata fortemente motivante per gli studenti, in quanto favoriva la comprensione immediata del significato globale dei dialoghi, senza dover ricorrere alla traduzione da un codice linguistico all‟altro.

Le tecnologie didattiche alla base del metodo audiovisivo erano inizialmente i proiettori di diapositive e la “lavagna luminosa” (OHP) e in epoca più recente i “videoproiettori”

25

e i videoregistratori

26

.

1.1.2 Il ruolo del computer nell’insegnamento e nell’apprendimento linguistico: dai programmi CAI al CALL integrato

Il computer, nato inizialmente come calcolatore elettronico, fu introdotto in ambito glottodidattico solo a partire dagli anni Sessanta.

Il ruolo assunto dal computer nell‟insegnamento e nell‟apprendimento delle lingue straniere è mutato nel tempo, in rapporto alle teorie sull‟educazione, agli approcci e i metodi e all‟evoluzione dello strumento stesso.

Gli studiosi sono soliti distinguere quattro fasi

27

:

- prima fase (anni sessanta/settanta): il computer è utilizzato come tutor;

- seconda fase (anni ottanta/novanta): il computer diventa strumento (tool) e oggetto di apprendimento (tutee);

- terza fase (anni novanta): il computer è utilizzato come strumento multimediale;

- quarta fase

28

(anni duemila): il computer diventa uno strumento cooperativo- collaborativo.

Negli anni Sessanta-Settanta l‟uso del computer era di tipo tutoriale, secondo i principi della Istruzione Programmata (IP), che prevedevano l‟atomizzazione dell‟apprendimento

25 I videoproiettori proiettavano su schermo le immagini provenienti da una fonte televisiva o da computer.

26 La videoregistrazione era caratterizzata dalla sincronizzazione di audio e di immagini registrate sul medesimo supporto (la videocassetta). Il videoregistratore fu rapidamente integrato nei laboratori linguistici; esso fu affiancato al registratore audio della console centrale, collegando il segnale audio al complesso sistema di reti del laboratorio e mostrando il segnale video su un televisore di dimensioni notevoli collocato accanto alla console oppure sui diversi monitor presenti su ciascuna postazione-allievo (Capra 2005).

27 Porcelli e Dolci distinguono cinque fasi: computer come teaching machine, computer come magister, computer come paedagogus, computer come database, computer come sussidio didattico integrato. In:

Porcelli G., Dolci R., Multimedialità e insegnamenti linguistici, Torino, UTET Libreria, 1999.

28 La quarta fase merita un discorso a parte; essa sarà pertanto trattata separatamente nel § 2.2. La didattica delle lingue oggi.

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9 in microunità linguistiche, graduate per difficoltà crescente e inserite in lunghe sequenze lineari con verifica immediata.

Il concetto di Istruzione Programmata era alla base dei cosiddetti programmi CAI (Computer Assisted Instruction), i quali consistevano nella somministrazione agli studenti di esercizi di tipo ripetitivo o meccanico secondo la sequenza lineare “stimolo-risposta- rinforzo”.

L‟istruzione programmata “lineare” sviluppata da Skinner fu in seguito sostituita da un modello di programmazione più flessibile: l‟istruzione programmata “a diramazione” dello scienziato Norman Crowder.

A differenza di Skinner, Crowder proponeva un programma “ramificato” che consentiva all‟apprendente di scegliere il proprio percorso, grazie alla presenza di un numero maggiore di alternative. Il percorso dell‟apprendente era determinato dalle sue stesse risposte

29

: se il discente rispondeva correttamente ad una domanda, il programma gli consentiva di passare direttamente all‟esercizio successivo; al contrario se la risposta data era sbagliata, l‟apprendente era costretto a ritornare indietro e a rispondere ad una serie di domande “di recupero”

30

.

Un‟altra differenza tra l‟IP skinneriana e quella crowderiana riguarda il concetto di errore:

quest‟ultimo rappresentava per Skinner un elemento fortemente negativo, poiché scoraggiava lo studente

31

nel processo di apprendimento; al contrario Crowder si servì della correzione come momento istruttivo e di riflessione, in cui si spiegava al discente il perché dell‟errore.

Il modello di Crowder, tuttavia, presenta anche dei limiti; a tale proposito Capra scrive:

In fondo sia il modello lineare sia quello crowderiano condividono un comune peccato originale: la presunzione di ritenere possibile la previsione a priori di comportamenti complessi – anche se naturali per l‟uomo – come quelli legati all‟apprendimento, presunzione peggiorata dall‟illusione di poterlo semplicisticamente “ottimizzare” e rendere più efficiente una volta per tutte, uno standard per tutti e comunque.32

29 Il modello di Crowder prevedeva risposte a scelta multipla, a differenza dell’IP lineare che invece chiedeva all’apprendente una risposta personale.

30 Le risposte a scelta multipla rappresentano quindi i “punti di diramazione” all’interno del percorso di apprendimento.

31 Skinner riteneva, infatti, che il rinforzo negativo rappresentato dalla correzione dell’errore fosse meno efficace di quello positivo; pertanto egli cercò di ridurre al minino nei suoi programmi la probabilità di errori, abbassando la difficoltà di ciascun frame (Capra 2005).

32 Capra, op. cit., p. 83.

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10 La programmazione “a diramazione” di Crowder fu ben presto implementata nel sistema PLATO (Programmed Logic for Automatic-Teaching Operations), sviluppato nel 1960 dall‟University of Illinois.

Il sistema PLATO era basato su un computer mainframe, collegato ad una serie di terminali, ossia di apparecchiature che erano costituite da uno schermo televisivo e da una tastiera simile a quella di una macchina da scrivere, comprensiva di pulsanti direzionali (“avanti”, “indietro”, “aiuto”). L‟apprendente si serviva della tastiera per rispondere alle domande programmate del computer e dei pulsanti direzionali per andare avanti, in caso di risposta giusta, oppure eventualmente per tornare indietro e ripassare il programma, per chiedere aiuto, quando si trovava in difficoltà oppure infine per essere valutato.

Il vantaggio principale dello strumento era rappresentato dalla flessibilità del programma, che permetteva al discente di personalizzare e gestire in autonomia il proprio percorso di apprendimento, e di testare le conoscenze apprese attraverso test a correzione automatica.

PLATO, inoltre, metteva a disposizione dell‟utente una serie di materiali, dalle schede informative, a quelle di approfondimento o di recupero.

Nonostante la sua grande diffusione nelle Università di tutto il mondo e la sua tecnologia hardware e software d‟avanguardia, PLATO scomparve definitivamente agli inizi degli anni Novanta, anche a seguito del successo sempre crescente del Personal Computer.

Il primo microprocessore fu brevettato agli inizi degli anni Settanta dalla Intel Corporation; grazie a questa invenzione si passò nel giro di pochi anni dai calcolatori elettronici mainframe ai microcomputer ed infine ai personal computer.

In quegli stessi anni cominciò a farsi strada una nuova corrente psicologica, nata intorno alla fine degli anni Sessanta come reazione alle teorie comportamentiste: il cognitivismo

33

. Il cognitivismo spostò per la prima volta l‟attenzione dal comportamento umano alla mente, concepita come un elaboratore che codifica e decodifica le informazioni provenienti dall‟esterno, le quali vengono organizzate attraverso la creazione di schemi concettuali.

In questa prima fase del cognitivismo denominata Human Information Processing (HIP) si inseriscono i primi tentativi di utilizzare la mente umana come modello per la costruzione della IA (intelligenza artificiale), che avrebbe a sua volta permesso di comprendere i meccanismi che erano alla base del funzionamento dei processi cognitivi.

33 Il cognitivismo nacque nel 1967, quando lo psicologo tedesco Ulric Neisser pubblicò un saggio intitolato Cognitive psycology.

(11)

11 In questo contesto si inseriscono gli studi sull‟IA del matematico Seymour Papert

34

e la sua

“teoria unificata dell‟apprendimento”.

Egli riprese da Piaget, di cui fu allievo, il modello dei bambini come costruttori delle loro stesse strutture intellettuali e alla fine degli anni Settanta progettò e realizzò, presso il MIT di Boston, il Logo, il primo linguaggio di programmazione destinato alla didattica per bambini.

Il Logo

35

era un linguaggio informatico molto semplice e accessibile, che consentiva ai bambini in età prescolare la costruzione di ambienti grafici

36

, ossia di “micromondi” nei quali era possibile far muovere una “tartaruga”, rappresentata da un cursore a forma di triangolo, impartendo dei comandi (ad es. avanti, indietro, destra, sinistra ecc.) la cui successione comportava la realizzazione di figure geometriche (la cosiddetta “geometria della tartaruga”).

I “micromondi” permettevano all‟apprendente di imparare divertendosi e di immergersi completamente in un ambiente in cui erano presenti al contempo i materiali da apprendere e gli strumenti per manipolarli.

La commistione di attività concrete e di attività cognitive costituisce il vero nucleo teorico del “costruzionismo” di Papert, secondo il quale gli apprendenti non sono dei passivi ricettori di informazioni, ma contribuiscono attivamente alla costruzione dei significati.

A differenza dei comportamentisti, i cognitivisti ritenevano che l‟apprendimento fosse un processo molto complesso non riducibile allo schema stimolo-risposta; si tratta di un processo attivo in cui “l‟individuo non si limita a trattare meccanicamente le informazioni in base al condizionamento ma le struttura interrelandole tra loro”

37

.

Sulla base di queste teorie anche il ruolo del computer nella didattica cambia radicalmente e da tutor esso diventa tool, ossia strumento per l‟apprendimento; si passa così dal sistema CAI (Computer Assisted Instruction) di stampo comportamentista al sistema CAL (Computer Assisted Learnig) e in particolar modo in ambito glottodidattico al sistema CALL (Computer Assisted Language Learning).

Nel 1984 John Higgins e Tim Johns pubblicarono un libro intitolato Computers in Language Learning, il cui intento era quello di “suggest that the machine may be able to

34 In realtà Papert si colloca a metà tra il cognitivismo e il costruttivismo; il suo “costruzionismo” anticipa, infatti, alcuni aspetti delle teorie costruttiviste.

35 La prima versione del Logo risale al 1967.

36 Inizialmente il Logo fu utilizzato per muovere un piccolo robot, dotato di una corazza simile a quella di una tartaruga, secondo le istruzioni impartite attraverso il computer.

37 Eletti, op. cit., p.34.

(12)

12 assist the teacher across the whole range of teaching activities”

38

, attraverso una nutrita serie di esempi di programmi utili per lo svolgimento di attività linguistiche.

In questo periodo si realizzano i primi programmi per il potenziamento delle abilità linguistiche di base: dai programmi di ricostruzione e manipolazione testuale (Storyboard, Text Tangles ecc.), ai programmi con componente ludica (giochi di simulazione, di avventura, cruciverba ecc.); accanto a questi si possono collocare, inoltre, le prime versioni dei programmi di videoscrittura (word processor), dei fogli elettronici e dei database.

Tipici di questo periodo sono anche i primi corsi di lingua su CD-ROM, che però in molti casi si rivelano delle semplici trasposizioni su supporto digitale di contenuti e materiali già presenti nei libri di testo.

Intorno agli anni Ottanta, nell‟ambito delle teorie dell‟istruzione emerse una nuova corrente di pensiero denominata costruttivismo.

I principi di base del costruttivismo sono i seguenti:

- l‟apprendimento viene visto come un processo attivo e allo stesso tempo costruttivo, in cui l‟individuo arriva alla conoscenza (anziché subirla passivamente) attraverso la costruzione di significati, a partire dagli input sensoriali e dalle proprie esperienze

39

.

L‟apprendimento è anche un processo interattivo, poiché dipende da una serie di variabili che lo condizionano, quali i materiali, il docente, i metodi didattici, le abilità del discente ecc.;

- l‟apprendimento non è solo una costruzione di significato, ma anche di sistema; è un processo circolare in cui le conoscenze acquisite fungono da base per l‟interpretazione di nuove conoscenze (Eletti 2005);

- l‟apprendimento è un processo sociale (si parla di “apprendimento collaborativo”), poiché esso si realizza anche attraverso l‟interazione (basata sul dialogo e sulla comunicazione) e la collaborazione con gli altri;

- l‟apprendimento è infine contestuale, ossia è inserito in un contesto (“ambiente di apprendimento”) dal quale non può essere separato;

38 In Capra, op. cit., p. 101.

39 Secondo la “teoria degli schemi” la costruzione dei significati può avvenire per “accrescimento”, le nuove conoscenze si aggiungono a quelle vecchie; “sintonizzazione”, l’informazione nuova comporta una variazione dello schema; “strutturazione”, che consiste nella produzione di nuovi schemi e nella riorganizzazione delle conoscenze.

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13 - l‟apprendimento per essere “significativo”, ossia efficace e durevole, deve fondarsi sulla motivazione; l‟insegnante deve essere capace di motivare i discenti e di coinvolgerli attivamente nel processo di apprendimento.

Per quanto concerne invece il rapporto tra costruttivismo e le tecnologie didattiche, intorno alla metà degli anni Novanta molti studiosi hanno formulato teorie sull‟uso delle tecnologie nell‟apprendimento, tra questi si menziona in particolare D. Jonassen.

Nel saggio intitolato Constructivist Learning Environnments Jonassen individua le caratteristiche fondamentali dell‟“apprendimento significativo”, indispensabili per la realizzazione di un ambiente di apprendimento costruttivista.

L‟apprendimento significativo deve essere:

- attivo, ossia deve coinvolgere attivamente gli apprendenti nella costruzione della sua conoscenza, attraverso la manipolazione di oggetti e di strumenti di lavoro e attraverso soprattutto la riflessione cognitiva e metacognitiva sulle esperienze fatte e sui risultati ottenuti;

- costruttivo, ossia gli apprendenti costruiscono nuove conoscenze, integrandole con quelle già in loro possesso, che vengono ristrutturate;

- collaborativo, ossia l‟apprendimento ha una dimensione sociale, in quanto è il risultato di un lavoro cooperativo degli apprendenti, i quali si aiutano a vicenda per la costruzione della conoscenza, raggiungibile solo attraverso una negoziazione dei significati;

- conversazionale, l‟apprendimento è un processo sociale e al contempo dialogico;

- riflessivo, l‟apprendimento richiede una riflessione su ciò che si sta facendo, sulle decisioni da prendere, sulle strategie da adottare;

- complesso, gli apprendenti devono essere abituati a risolvere problemi sia semplici che complessi, in quanto la realtà stessa è complessa;

- contestualizzato, l‟apprendimento per essere efficace deve essere inserito in contesti “autentici”, ossia in situazioni reali;

- intenzionale, gli apprendenti imparano maggiormente quando le loro scelte e le loro azioni sono intenzionalmente dirette al raggiungimento di uno scopo.

Secondo Jonassen le tecnologie possono costituire delle vere e proprie risorse per

l‟apprendimento significativo, nella misura in cui contribuiscono alla costruzione della

conoscenza, alla comunicazione, alla condivisione e allo scambio di risorse, al lavoro

collaborativo.

(14)

14 In sintesi, anche alla luce delle “linee guida” per l‟apprendimento significativo tracciate da Jonassen, la tecnologia inserita in un ambiente di apprendimento può svolgere le seguenti funzioni

40

:

- tool: strumento che consente l‟accesso alle informazioni, la rappresentazione delle idee, la realizzazione di prodotti e la comunicazione con gli altri;

- partner intellettuale o Mindtool: strumento che favorisce la rappresentazione personale e la riorganizzazione delle conoscenze acquisite, la riflessione sui contenuti appresi e sulle modalità stesse di acquisizione e costruzione dei significati;

- contesto: strumento che permette la rappresentazione e la simulazione di problemi, situazioni e contesti del mondo reale.

Agli inizi degli anni Novanta fece la sua comparsa il Multimedial Personal Computer (MPC), ossia un computer dotato di una scheda audio, di casse o di cuffie per la riproduzione del suono, di un microfono e di un lettore CD-ROM.

Molto tempo prima dell‟avvento del computer multimediale, la didattica linguistica aveva già intuito le potenzialità insite nell‟integrazione di suono e immagine; attraverso l‟uso combinato in laboratorio di registratori audio e videoproiettori o di riproduttori di videodischi e computer, si è cercato di realizzare un CALL “video interattivo”, ovviando così al problema dell‟assenza di un dispositivo in grado di associare testo, suono e immagine

41

.

La multimedialità comporta quindi una “gestione integrata di codici e sistemi simbolici diversi”

42

, quali il testo scritto, il suono e le immagini statiche e cinetiche.

Calvani individua quattro aspetti fondamentali che caratterizzano la multimedialità

43

: - multisensorialità, ossia l‟attivazione simultanea di più percezioni sensoriali

(l‟udito, la vista e il tatto);

- molteplicità comunicativa, ossia la compresenza di più canali comunicativi e la possibilità di accedere ad una molteplicità di informazioni di formato diverso;

- multidimensionalità prospettica, offre molteplici prospettive; l‟accesso alle informazioni e alle conoscenze avviene seguendo percorsi e punti di vista diversi;

40 Varisco B. M., Paradigmi psicologici e pratiche didattiche con il computer, TD-Tecnologie Didattiche, n. 7, 1998, p. 62. Disponibile online al seguente indirizzo

http://www.tdmagazine.itd.cnr.it/files/pdfarticles/PDF7/varisco.pdf.

41 I primi personal computer erano text-based computer e non gestivano il suono.

42 Maggini M., Tecnologie didattiche per la L2, in Diadori, op. cit., p. 134.

43 Calvani A., Manuale di tecnologie dell’educazione, Pisa, ETS, 1999.

(15)

15 - classe globale, ossia permette la creazione di comunità di apprendimento e forme

di cooperazione a distanza.

I vantaggi apportati dalla multimedialità all‟apprendimento sono molteplici, a tal proposito Pichiassi scrive:

L‟interattività e la molteplicità di stimoli sono i tratti della tecnologia multimediale che maggiormente influiscono sull‟apprendimento. L‟allievo si sente attivo perché agisce, esplora, scopre, e anche se gran parte delle sue azioni e scoperte sono state previste e prefigurate dall‟autore del programma, egli percepisce la sua esplorazione come una propria ricerca, un proprio cammino, ogni volta diverso e diverso da quello degli altri. I modi e i tempi dell‟esplorazione e della scoperta sono i suoi, e così facendo egli acquisisce nuove conoscenze.

Sfruttare queste potenzialità della tecnologia multimediale a livello di insegnamento e apprendimento significa assicurare una maggiore autonomia al discente e garantire forme di apprendimento più stabili e durature. Il discente impara “facendo” ed è coinvolto più intensamente perché la pluralità dei media e dei codici attivati interessano più sensi.44

Con l‟avvento di Internet

45

(1989) e del World Wide Web al concetto di multimedialità si aggiunse anche quello di ipertestualità e, in epoca più recente, di ipermedialità.

Per ipertestualità si intende “una tecnologia che consente un‟associazione strutturata di più testi collegati (ipertesti) in modo da permettere a un lettore percorsi diversi e liberi da un testo qualsiasi all‟altro”

46

.

La logica alla base della costruzione di un ipertesto

47

riproduce fedelmente il procedere della mente umana per libere associazioni di idee e seguendo percorsi non lineari.

Gli elementi principali che costituiscono la struttura di un ipertesto sono i “nodi” e i link; i primi sono le unità di testo che costituiscono la “rete semantica delle conoscenze e delle informazioni”

48

, i secondi invece sono “i legami associativi”, che collegano i blocchi informativi e consentono una lettura non lineare e non sequenziale.

I nodi

49

possono essere costituiti da documenti testuali, ma anche da immagini statiche, da immagini cinetiche (ad es. videoclip, filmati) e da suoni (registrazioni, sequenze musicali);

in questo caso si parla di ipermedialità.

I link possono essere di diversi tipi e possono rinviare l‟utente a pagine interne dell‟ipertesto (link interni), oppure a pagine esterne (link esterni).

44 Pichiassi M., Apprendere l’italiano L2 nell’era digitale. Le nuove tecnologie nell’insegnamento e apprendimento dell’italiano per stranieri, Perugia, Guerra, 2007, p. 71-72.

45 Internet è l’evoluzione di Arpanet, la rete che collegava i sistemi di calcolo e gestione di dati dei centri di ricerca statunitensi operanti per l’Advanced Research Projects Agency (ARPA), un ente federale per la ricerca scientifico-tecnologica (Capra, 2005).

46 Pichiassi, op. cit., p. 45.

47 Il termine hypertext fu usato per la prima volta nel 1965 dal sociologo e informatico statunitense Theodor Holm Nelson.

48 Maggini, cit..

49 I nodi sono unità informative autonome ed autosufficienti.

(16)

16 I vantaggi derivanti dall‟uso dell‟ipertesto/ipermedia in un contesto didattico sono i seguenti:

- gli apprendenti hanno la possibilità di personalizzare il proprio percorso conoscitivo, seguendo i propri interessi e le proprie inclinazioni; possono decidere cosa consultare, a quali pagine accedere e se approfondire o meno determinate informazioni;

- l‟apprendente è libero di scegliere il proprio percorso di lettura; esso può essere di tipo lineare e sequenziale (caratteristico del libro stampato) oppure di tipo associativo e non sequenziale;

- il discente può passare da un contenuto disciplinare a un altro attraverso i link, i quali conferiscono al percorso conoscitivo un carattere transdisciplinare (Diadori 2011);

- l‟ipertesto/ipermedia favorisce l‟apprendimento “attivo” da parte dello studente, il quale si sente stimolato e maggiormente coinvolto nel processo di apprendimento.

Per quanto concerne le modalità di impiego dell‟ipertesto /ipermedia in ambito glottodidattico, le applicazioni sono molteplici e vanno dall‟esercitazione e dal potenziamento delle abilità linguistiche di base, ad attività didattiche basate sul problem- solving, attività di ricerca, progetti collaborativi oppure semplice consultazione di dizionari o grammatiche online.

Al fine di evitare il disorientamento nella navigazione e il sovraccarico cognitivo è necessario mettere in atto delle specifiche strategie, come ad esempio stabilire in precedenza gli obiettivi da raggiungere, pianificare attentamente il percorso che si intende seguire, ricostruire la mappa del percorso già effettuato, attenersi alle indicazioni e alle consegne dell‟insegnante (per gli apprendenti più inesperti), utilizzare indici o mappe ben strutturate ecc. .

Internet rappresenta pertanto un‟importante risorsa per l‟insegnamento/apprendimento

delle lingue, poiché consente l‟accesso a materiali autentici di vario genere (articoli, testi

letterari, interviste ecc.), consente la condivisione dei contenuti, favorisce la

comunicazione interpersonale e la cooperazione.

(17)

17 Negli anni Novanta l‟uso di Internet era limitato alla ricerca di materiali e di informazioni, gli utenti erano semplici fruitori di contenuti pubblicati in maniera “statica” senza alcuna possibilità di interazione e il web era paragonabile ad una sorta di “banca dati” (web 1.0)

50

. A partire dagli anni Duemila, grazie allo sviluppo della Comunicazione Mediata dal Computer (CMC), Internet diventa soprattutto uno strumento di comunicazione interpersonale, di creazione e condivisione delle risorse, di cooperazione (web 2.0);

parallelamente anche il computer si evolve da tool multimediale a tool cooperativo- collaborativo.

50 Fratter individua tre usi fondamentali di internet: 1. Internet come banca dati di informazioni; 2. Internet come strumento di comunicazione; 3. Internet come strumento per la collaborazione e la creazione di ambienti costruttivisti (Fratter I., Tecnologie per l’insegnamento delle lingue, Roma, Carocci, 2004, pp. 62- 65).

(18)

18

1.2 L’insegnamento e l’apprendimento delle lingue oggi

1.2.1 Il Web 2.0

Con il termine Web 2.0 si indica generalmente “l‟insieme di tutte quelle applicazioni on-line che permettono uno spiccato livello d‟interazione sito-utente”

51

.

Rispetto alla versione precedente definita Web 1.0, il Web 2.0:

- favorisce la partecipazione attiva dell‟utente, al quale viene offerta la possibilità di essere non soltanto fruitore, ma anche autore dei contenuti secondo una logica di scambio (si pensi ai blog, oppure alla tecnologia wiki). L‟utente apporta il proprio contributo alla rete attraverso la condivisione del proprio sapere, la creazione e l‟aggiornamento di contenuti multimediali.

Come scrive Maggini: “l‟informazione digitale oggi è il risultato di un processo di costruzione condiviso da più persone, di un processo collaborativo”

52

;

- è caratterizzato dalla “bidirezionalità”, in base alla quale “nessuno è esclusivamente autore o fruitore del web, ma prevede il continuo scambio di ruoli e la circolazione dei materiali e dei contenuti”

53

.

La vera innovazione del Web 2.0 non consiste dunque nell‟implementazione di nuove tecnologie, ma nell‟aver spostato per la prima volta in assoluto il focus sul soggetto, il cui ruolo è cambiato grazie anche alla progressiva semplificazione di alcuni aspetti tecnici degli strumenti, che non richiedono più competenze avanzate e la conoscenza dei linguaggi di programmazione (Beraldo 2008).

In ambito glottodidattico il Web 2.0 costituisce una fonte inesauribile di materiali utili per l‟insegnamento e l‟apprendimento delle lingue straniere, si pensi ad esempio ai numerosi siti web dedicati alla didattica delle lingue, ai blog di insegnanti, dove è possibile condividere materiali, esperienze, idee; oppure all‟offerta formativa (corsi di lingue online gratuiti e a pagamento, portali per l‟insegnamento della lingua ecc.) che in questi anni è cresciuta in maniera esponenziale.

Il Web 2.0 non offre solo materiali, offre anche e soprattutto strumenti e applicazioni:

software (ad es. i “sistemi autore”), strumenti per la comunicazione (forum, chat, social network ecc.), piattaforme, ambienti virtuali (ad es. Second Life), blog, wiki e molto altro.

51 Maggini, cit., p. 137.

52 Ivi, p. 138.

53Beraldo R., Il Web 2.0: risorse e strumenti per una glottodidattica costruttivista, in “Studi di Glottodidattica”, vol. 2, n. 2, 2008, p. 3.

(19)

19 Di questi strumenti e della loro applicabilità in ambito glottodidattico si parlerà profusamente nel capitolo secondo.

1.2.2 E-learning, blended learning, mobile learning

Con il termine e-learning

54

(letteralmente “apprendimento elettronico”) si indica comunemente “la formazione mediata dal Web”

55

.

L‟esperto di learning technology Elliot Maise definisce l’e-learning come “l‟utilizzo di network technology per progettare, distribuire, selezionare, amministrare e ampliare la formazione”

56

; in altri termini l‟e-learning è “quella forma di FaD che si realizza attraverso Internet e/o il Web e mediante una tecnologia specifica definita piattaforma tecnologica (Learning Management System o LMS) che gestisce la distribuzione e la fruizione della formazione”

57

.

I sistemi di e-learning sono caratterizzati dai seguenti elementi:

- connessione in rete, per l‟erogazione e la fruizione dei materiali didattici attraverso le piattaforme LMS;

- personal computer, come strumento principale per la partecipazione dell‟apprendente al percorso di apprendimento;

- l‟assenza di vincoli di spazio e di tempo; non è necessaria la presenza fisica dell‟apprendente, che può accedere ai contenuti in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, in base alle proprie preferenze ed esigenze;

- il monitoraggio continuo del livello di apprendimento linguistico, attraverso il tracciamento del percorso oppure attraverso frequenti momenti di valutazione e autovalutazione (Diadori 2011).

I “punti di forza” dell‟e-learning sono: la flessibilità, la modularità, l‟ampiezza delle soluzioni, l‟usabilità, l‟interattività, l‟aggiornabilità e la trasversalità

58

.

L‟e-learning ha fatto propri alcuni principi del costruttivismo, e in particolar modo del Coopertative Learning, a partire dalla centralità del discente nel percorso di apprendimento, fino ad arrivare ad attività di tipo collaborativo, realizzabili grazie

54 Il termine e-learning fu introdotto per la prima volta da Elliot Masie, uno dei maggiori esperti al mondo in materia.

55 Banzato M., Apprendere in rete, Torino, UTET, 2002; Prefazione, p. XI.

56 Op. cit. in Pichiassi M., Apprendere l’italiano L2 nell’era digitale, Perugia, Guerra, 2007; p. 157.

57 Ibidem.

58 Per una descrizione approfondita di ciascuna caratteristica si rimanda al volume di Pichiassi.

(20)

20 all‟integrazione di strumenti di comunicazione quali chat, forum, email ecc. . L‟interazione e la collaborazione tra i discenti sono alla base del concetto stesso di “comunità di apprendimento”; la condivisione di obiettivi formativi comuni se da un lato contribuisce a facilitare e a rendere più efficace l‟apprendimento, dall‟altro consolida il senso di appartenenza all‟interno del gruppo.

Un progetto di e-learning, infine, può essere realizzato in forma “integrale” (pure learning), ossia tutta l‟attività formativa è erogata interamente online , oppure in forma

“mista”, quando l‟attività formativa è erogata per un 20% in presenza e per il resto a distanza; in questo secondo caso si parla di blended learning.

La modalità blended è la più diffusa soprattutto in ambito glottodidattico; ai vantaggi della didattica in presenza si sommano quelli derivanti dall‟impiego delle nuove tecnologie, quali la possibilità offerta al discente di personalizzare l‟apprendimento, di partecipare attivamente all‟organizzazione e alla gestione dei contenuti (Pichiassi 2007), di avere accesso a materiali autentici, di interagire con parlanti madrelingua, di esercitare abilità linguistiche (come ad esempio la produzione scritta) che per penuria di tempo spesso sono trascurate nell‟aula di lingua.

Con lo sviluppo delle tecnologie wireless e la comparsa di nuovi strumenti portatili, come gli Smarth-Phone, i tablet, i computer palmari, i lettori mp3/mp4 si afferma il m- Learning (mobile learning), si passa così dal CALL al MALL (Mobile Assisted Language Learning).

D‟Angelo individua alcuni possibili vantaggi derivanti dall‟impiego del mobile learning in un contesto glottodidattico

59

:

- l‟interattività sociale, che favorisce lo scambio di dati e la collaborazione con gli altri studenti;

- la connettività, ossia la possibilità di creare una rete condivisa collegandosi con altri dispositivi;

- la personalizzazione dell‟apprendimento, che può avvenire variando le attività praticate dai singoli apprendenti;

- l‟economicità nei costi rispetto ad un computer portatile;

- il coinvolgimento dei discenti, i quali si mostrano molto motivati nell‟uso didattico di tecnologie già impiegate in altri ambiti della vita quotidiana.

59 D’Angelo M., Nuove tecnologie per la didattica delle lingue e della traduzione, Roma, Aracne, 2012, p. 88.

(21)

21 A questi si aggiungono anche la facilità d‟uso e il carattere multimediale di questi dispositivi (video, audio, video chat ecc.).

I limiti possono essere costituiti dalle dimensioni ridotte dello schermo (è il caso soprattutto degli Smarth-Phone), dalla lentezza del down load dei documenti o infine dalle difficoltà tecniche nell‟accesso a materiali ipermediali (D‟Angelo 2012).

Gli strumenti del mobile-learning possono essere utilizzati come supporto alla didattica frontale, ad esempio l‟insegnante può chiedere ai propri studenti di scaricare podcast, canzoni, di visualizzare brevi filmati, di registrare la propria voce o quella dei compagni per esercitare la pronuncia oppure la comprensione orale.

Attualmente le sperimentazioni del MALL si limitano al contesto universitario, occorreranno pertanto ulteriori indagini per dimostrare l‟effettiva efficacia dei dispositivi nell‟apprendimento linguistico.

(22)

22

CAPITOLO SECONDO

Tecnologie e didattica dell’italiano LS: analisi e descrizione degli strumenti

2.1 I software didattici

I software didattici sono programmi esplicitamente creati per il raggiungimento di determinati obiettivi didattici. In questa categoria rientrano

60

:

- i sistemi autore: software che consentono all‟insegnante di realizzare materiali didattici ex novo (esercizi, test, questionari ecc.);

- i programmi integrati al libro di testo: software integrativi al libro di testo, che contengono esercizi, schede di approfondimento, attività, giochi ecc.;

- i courseware: corsi multimediali completi di lingua;

- i programmi brevi e/o isolati (stand-alone): programmi per lo sviluppo di abilità isolate o aspetti della lingua.

L‟elenco è completato dalle applicazioni del MALL (Mobile Assisted Language Learning), ossia delle applicazioni sviluppate per l‟utilizzo glottodidattico degli strumenti portatili, quali i telefoni cellulari (in particolar modo quei dispositivi dotati di una connessione a Internet, come ad esempio gli Smarth-Phone), i lettori mp3 e/o mp4, il tablet ecc. .

2.1.1 I sistemi autore

I sistemi autore (authoring software) sono dei software che consentono al docente di progettare esercizi interattivi, senza che egli abbia particolari competenze tecnico- informatiche. Il programma, infatti, è costituito da strutture predefinite, che dovranno essere riempite dal docente con input testuali (parola, frase, testo) o con contenuti multimediali (ad es. materiale audio/video).

60 Cfr. Fratter I., Tecnologie per l’insegnamento delle lingue, Roma, Carocci, 2004, pp. 29-33; Pichiassi M., Apprendere l’italiano L2 nell’era digitale. Le nuove tecnologie nell’insegnamento e apprendimento dell’italiano per stranieri, Perugia, Guerra, 2007; D’Angelo M., Nuove tecnologie per la didattica delle lingue e della traduzione, Roma, Aracne, 2012.

(23)

23 Rispetto ai CD-Rom, caratterizzati da rigidi percorsi di apprendimento predefiniti e contenuti non modificabili, i sistemi autore offrono all‟insegnante una maggiore autonomia nella pianificazione e nella progettazione dell‟attività didattica.

Come sottolineano gli studiosi Antonella Benucci e Roberto Dolci:

“Anche e soprattutto per un valido uso dei sistemi autore si deve parlare principalmente di competenza metodologica e non di competenza tecnologica da parte dell‟insegnante. Infatti egli deve saper progettare e pianificare l‟intervento formativo, cioè la tipologia di esercizio, il contenuto, il momento di erogazione focalizzandosi su questi aspetti piuttosto che su quelli tecnologici."

61

La progettazione di un esercizio interattivo è solo una fase del processo di sviluppo, durante il quale il docente dovrà tener conto di una serie di fattori (Torresan 2007): in primis il “contesto”, ossia la disponibilità dei mezzi (tecnologici e finanziari); la

“motivazione” e i “bisogni linguistici” degli apprendenti.

Anche la ricerca di informazioni (attraverso il Web, attraverso la consulenza di un esperto ecc.) contribuisce ad influenzare il docente nella scelta del software più adatto a soddisfare gli obiettivi didattici e linguistici prestabiliti. Nella fase di progettazione dell‟esercizio il docente dovrà assicurarsi che l‟esercizio sia coerente o meglio “contestuale” rispetto a tutto il percorso didattico in atto, perché – come spiega Torresan – “esercizi decontestualizzati e/o input poveri ingenererebbero negli studenti l‟impressione di una didattica estemporanea, priva di interesse e di utilità”.

62

L‟ultima fase del processo di sviluppo consiste nella “validazione”: attraverso la sperimentazione in classe dell‟esercizio il docente dovrà verificare se il prodotto (l‟esercizio interattivo) è “valido” e quindi “riciclabile” oppure necessita di un‟ulteriore revisione. (Torresan 2007)

Alcuni sistemi autore consentono, inoltre, al docente di inserire file audio e/o video, di scegliere il tipo di feedback (suggerimenti, commenti ecc.) più adatto per ogni attività, di decidere i punteggi degli esercizi.

61 Benucci A., Dolci R. (2004), Analisi e produzione di materiali didattici. Tecnologie glottodidattiche, Modulo 13 (pp. 88). In Corso di perfezionamento “Italiano l2” MIUR on line; http://reintegrazione.xoom.it/in_rete02/I%20mat.

62 Torresan P., 2007,Tecnologie per l’apprendimento dell’italiano, modulo FILIM. Laboratorio Itals.

Dipartimento di scienze del linguaggio, Università Ca’Foscari, Venezia.

http://venus.unive.it/filim/materiali/accesso_gratuito/Filim_tecnologie_teoria.pdf

(24)

24 2.1.1.1 Hot Potatoes

Hot Potatoes (http://hotpot.uvic.ca/) è tra i sistemi autore più utilizzati dai docenti di lingua.

Si tratta di un programma open source, ossia distribuito gratuitamente

63

dall’University of Victoria Humanities Computing and Media Centre dello Stato del British Columbia, in Canada.

Hot Potatoes è un pacchetto di sei programmi: JQuiz, JCloze, JCross, JMix, JMatch, Masher.

Ciascun programma consente all‟utente di realizzare una specifica tipologia di esercizi:

- JQuiz: permette la realizzazione di questionari con domande a scelta multipla, a risposta breve, miste, a selezione multipla

64

. Il docente ha, inoltre, la possibilità di inserire specifici commenti sia alle risposte esatte, sia a quelle sbagliate; oppure suggerimenti, che mostrano la risposta esatta, svelandola una lettera alla volta;

- JCloze: consente la realizzazione di esercizi di riempimento. Per ciascuno spazio da completare, è possibile stabilire un numero illimitato di risposte esatte e inserire un particolare indizio. Il programma comprende anche il calcolo automatico del punteggio;

- JCross: permette di creare cruciverba. Anche questo programma prevede la possibilità di inserire dei suggerimenti;

- JMix: permette di realizzare esercizi di riordino degli elementi della frase;

- JMatch: consente di realizzare esercizi di abbinamento.

Il sesto programma, denominato Masher, consente al docente di realizzare facilmente unità didattiche ipermediali complete.

La realizzazione degli esercizi con i programmi sopra descritti avviene attraverso tre fasi:

63 È vietato l’utilizzo del software a scopo di lucro. La registrazione al sito è obbligatoria per poter usufruire delle diverse funzioni del pacchetto.

64 Si tratta di domande che richiedono all’apprendente la selezione di più elementi appartenenti allo stesso ambito (ad es.: “Quali tra queste parole sono aggettivi?”).

(25)

25 - Inserimento dei dati (Entering data): inserimento delle domande, delle risposte, dei

commenti;

- Configurazione dell‟esercizio (Configuring the output): la configurazione è un insieme di informazioni utilizzate per la realizzazione delle pagine Web, quali le istruzioni per gli apprendenti, le scritte per i pulsanti di navigazione e altre informazioni che difficilmente cambiano da un esercizio all‟altro.

65

- Creazione di pagine Web (Creating Web pages): la realizzazione delle pagine Web è automatica, il docente deve limitarsi a premere il pulsante “Crea pagina Web”

nella barra degli strumenti e a scegliere un nome per il file.

Il programma consente anche: l‟inserimento di un testo di lettura in un riquadro separato (ad es. da affiancare ad un questionario), l‟inserimento di immagini o collegamenti a pagine Web (indicando l‟URL o il percorso relativo di un file contenuto nell‟hard disk), l‟inserimento di suoni e video, l‟inserimento di oggetti multimediali, l‟inserimento di un timer.

È necessario pertanto fare una distinzione tra il source file (“file sorgente”) e la Web page (o “file didattico”); il primo “è il „cantiere‟ che contiene i materiali e le informazioni utili per lo svolgimento dell‟esercizio”

66

, al contrario il secondo è il prodotto finale che si presenta sottoforma di pagina web, visualizzabile da chiunque disponga di un comune browser.

Figura 1 Esempio di esercizio di drag-and-drop realizzato con HotPotatoes

65 Torresan precisa: “A differenza dell’interfaccia, che viene tradotto appena si agisce sull’opzione lingua al momento dell’installazione, la configurazione dei singoli esercizi necessita di una traduzione manuale.

*….+l’interfaccia riguarda il modo in cui appare il file sorgente (se scelgo la lingua italiana al momento dell’installazione, i comandi presenti nel menu del file sorgente saranno in italiano), la configurazione riguarda invece il modo in cui il file didattico si presenta agli occhi dello studente (la lingua delle istruzioni, i colori, il tipo di carattere, ecc.).” (Torresan, op. cit.)

66 Torresan, op. cit., p. 18.

(26)

26 2.1.1.2 eXeLearning

Il sistema autore eXeLearning

67

(http://exelearning.org) consente di realizzare unità didattiche multimediali molto complesse, senza richiedere la conoscenza dei linguaggi HTML e XML.

EXeLearning è “un ambiente di authoring web-based pensato e realizzato per assistere insegnanti e studiosi nella progettazione, sviluppo, pubblicazione (design, development and publishing) di materiali didattici web-based.”

68

Essendo un software open source, eXeLearning può essere usato e distribuito senza dover pagare licenze; inoltre il codice sorgente è disponibile gratuitamente, in modo da consentirne la modifica e anche un‟eventuale personalizzazione.

I learning object possono essere esportati in formato html per essere inseriti su siti web come pagine interattive o multimediali oppure possono essere esportati in piattaforme e- learning.

69

L‟interfaccia utente di eXeLearning è suddivisa in tre sezioni:

- Outline: è l‟area funzionale in cui è possibile strutturare gerarchicamente le pagine;

- iDevices: sono i modelli pedagogici da utilizzare per comporre le pagine;

- Authoring e Properties: la prima è l‟area funzionale nella quale è possibile costruire la pagina, attraverso l‟inserimento degli iDevice; la seconda imposta invece alcune caratteristiche della pagina (titolo del progetto, autore, lingua, metadati, opzioni SCORM ecc.).

Gli iDevices

70

(istructional devices) possono essere suddivisi in tre gruppi:

67 Il software eXeLearning è stato realizzato dalla Auckland University (Nuova Zelanda); il progetto è attualmente supportato dalla Core Education.

68 Guida introduttiva ad eXeLearning, http://www.exelearning.it/creare-learning-object/exelearning/guida- introduttiva.html, data di consultazione 31 maggio 2014.

69 I contenuti sviluppati possono essere pubblicati come: IMS Content Package, IMS Common Cartridge, SCORM 1.2, Pagine web Self-contained, Ipod Note (per Apple iPod).

70 Per una descrizione dettagliata di ciascun iDevice si rimanda al sito italiano http://www.exelearning.it/, dove è possibile trovare guide, tutorial ed esempi.

(27)

27 - dispositivi di tipo informativo: permettono la trasmissione di informazioni e dati all‟utente. Essi sono: Articolo Wikibooks, Galleria immagini, Ingrandimento immagine, RSS (Really Simple Syndication), Sito Web esterno e Testo libero;

- dispositivi di tipo interattivo: permettono di gestire le interazioni con l‟utente e la creazione di quiz. Essi sono: Applet Java, Attività cloze, Domanda vero-falso, Domanda a scelta multipla, SCORM quiz e Multi-select (“selezione multipla”);

- dispositivi di tipo organizzativo-didattico: attività di valutazione in standard SCORM.

Essi sono: Attività, Attività di lettura, Caso di studio, Conoscenze preliminari, Obiettivi e Riflessione.

Gli iDevices sono elementi fondamentali per la realizzazione e l‟organizzazione dei contenuti multimediali. Con l‟iDevice “Sito Web esterno”, ad esempio, è possibile allegare un URL esterno all‟interno del progetto che si sta sviluppando; con gli iDevices

“Galleria immagini” e “Ingrandimento immagine” è invece, possibile, caricare immagini con didascalie o etichette ed eventualmente ingrandirle.

ExeLearning offre all‟utente anche la possibilità di ampliare la lista degli iDevices, creandone di nuovi con un apposito editor incluso nel software stesso.

Figura 2 Authoring Window di eXeLearning

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