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La ricerca è stata ampia e ha permesso di mettere a frutto un approccio multidisciplinare

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Academic year: 2021

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Presentazione

Questa ricerca è stata il frutto di quattro anni di studio e lavoro presso il Centro Gandhi di Pisa, un'organizzazione non governativa che si occupa di

promuovere attraverso l'attività editoriale la cultura della nonviolenza in Italia. Da questa esperienza è nato l'interesse a studiare e approfondire i temi della ricerca per la trasformazione nonviolenta dei conflitti.

Di fronte all'attuale crisi del sistema mondo, dove le guerre si fanno sempre più minacciose, lo studio di un pensiero economico nonviolento diventa sempre più necessario per costruire la pace.

La ricerca è stata ampia e ha permesso di mettere a frutto un approccio multidisciplinare. Vi sono presenti, infatti, intrecciandosi: la storia, la sociologia, la filosofia, l'antropologia, la scienza politica, l'ecologia, l'economia e la

nonviolenza.

La tesi è suddivisa in sei capitoli. Nel primo si è ricostruita la vita e la biografia intellettuale di Mohandas Karamchand Gandhi, il primo uomo politico che ha introdotto la nonviolenza nella politica e nell'economia.

Attenzione particolare è stata data ai suoi maestri e ispiratori: John Ruskin e Lev Tolstoj, il cui pensiero etico, sociale ed economico lo portarono a elaborare i principi fondanti dell'economia gandhiana, il Sarvodaya (il benessere di tutti nessuno escluso) e lo Swadeshi (ciò che appartiene al proprio paese) che egli mise in pratica attraverso le comunità di Phoenix, la Tolstoj farm e l'ashram di

Ahmedabad.

Nel secondo capitolo è stato analizzato il libro Unto This Last dove Ruskin sollevò una dura critica all'economia moderna, mettendo in discussione quei fondamenti teorici della scienza economica che considerano gli esseri umani come unicamente mossi dall'egoismo e dall'avidità. L'economia politica, secondo

Ruskin, doveva includere l'etica nelle proprie analisi. There is not wealth but life era la massima che definiva la ricchezza come tutto ciò che è favorevole alla vita e il valore come la capacità di soddisfare i bisogni oggettivi dell'uomo e non un

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astratto valore di scambio. In questi termini, quindi, il lavoro doveva essere considerato nella sua dimensione "vitale" permettendo all'uomo di esprimere la propria creatività. Il problema del lavoro e delle diseguaglianze sociali portarono Ruskin a definire il "giusto prezzo del lavoro", quello che procuri al lavoratore in qualsiasi momento almeno tanto lavoro quanto egli ha dato. Infine si conclude il capitolo con l'interpretazione del pensiero di Ruskin data da alcuni autori del XX e XXI secolo, tra cui Geddes, T. Huxley, Martinez-Alier e Kumarappa.

Nel terzo capitolo, intitolato Sarvodaya, vengono descritti i principi di economia nonviolenta, un'economia che include l'etica e la religione e che dà massima considerazione all'uomo nell'obiettivo di raggiungere il sarvodya, il benessere di tutti, nessuno escluso. Questa economia vede una decentralizzazione del potere politico e decisionale nel rispetto dello swadeshi che implica identità culturale, autogoverno, autoproduzione e consumo consapevole. I principi dell'economia gandhiana sono sette. Essi si trovano in uno stato di parità e sono intercorrelati tra loro. Primo la proprietà nonviolenta e il riconoscimento formale dell'amministrazione fiduciaria. Secondo la produzione nonviolenta e l'uso di tecnologie appropriate. Il terzo è il consumo consapevole e la volontaria limitazione del possesso di beni superflui. Il quarto è il lavoro nonviolento e la pratica del "lavoro del pane". Il quinto è la cooperazione e l'allocazione

nonviolenta. Il sesto è la distribuzione nonviolenta e l'uguaglianza. Il settimo è il socialismo comunitario pacifico e nonviolento.

Nel capitolo quarto si è approfondito lo studio della proprietà, della produzione e dell'allocazione nonviolenta. Partendo dallo studio del maestro di Gandhi, Tolstoj, si è analizzato il "principio spirituale del lavoro" che comprende il dovere morale per ogni uomo di provvedere ai propri bisogni per vivere senza gravare su altri. Nel suo libro La schiavitù del nostro tempo Tolstoj ha denunciato la divisione del lavoro nel processo produttivo, che riduce il lavoro a

un'infinitesima parte di un intero, togliendo grazia e gioia all'idea di lavoro.

Per restituire dignità ai lavoratori e giustizia ai poveri Tolstoj elabora il principio del "lavoro del pane" per cui esiste un dovere morale per ognuno di svolgere volontariamente un lavoro manuale combinato a quello intellettuale in modo da sviluppare consapevolezza e solidarietà tra gli uomini. Inoltre, Tolstoj

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accolse il progetto della riforma agraria di Henry George che affermava il principio secondo cui la terra doveva essere di chi la lavora.

Il capitolo quinto analizza il principio del non possesso e del consumo nonviolento che costituiscono lo swadeshi cioè l'autogoverno e l'autosufficienza delle economie locali e di villaggio. Qui sono state messe in evidenza le affinità ideologiche di Rousseau come precursore di Gandhi nella critica al lusso, sostenendo una "frugalità felice" fondata su comunità autosufficienti e sulla condivisione del lavoro agricolo. Questa idea è stata ripresa nel concetto di self- reliance di Galtung. Infine, è stato esposto il pensiero del populismo agrario di Sismonde de Sismondi che influenzò in Russia il movimento dei narodnik.

Il sesto capitolo è dedicato alla produzione nonviolenta e alla tecnologia appropriata che Gandhi ha elaborato nel suo scritto Hind swaraj. Viene esposto il pensiero di autori moderni e contemporanei sulla questione del progresso tecnico e i suoi effetti sulla natura. Si è studiato il pensiero di Sismondi sulla tecnologia moderna e di Marx sull'uso capitalistico delle macchine. Si è portata l'attenzione sulla produzione nonviolenta ripresa da Schumacher nel suo libro il piccolo è bello, conformemente con l'economia della permanenza di Kumarappa e l'entropia di Georgescu-Rogen e Rifkin.

Si è analizzato poi il confronto tra Amartya Sen, Tagore e Gandhi sulla produzione basata sulle industrie di villaggio, sull'innovazione tecnica e le sue conseguenze sociali, concludendo con il pensiero di Ivan Illich sulle

neotecnologie e le tecnologie conviviali .

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