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2. MATERIALI E METODI

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2. MATERIALI E METODI

2.1 AREA DI STUDIO

L’area nella quale è stato svolto lo studio comprende parte dei territori di tre Riserve Naturali Statali :

 Orecchiella : Istituita con D.M.A.F. del 26 luglio 1971 come Riserva di Luoghi Naturali;  Lamarossa : istituita con D.M.A.F. del 23 giugno 1977 come Riserva di Luoghi Naturali e

successivamente come Riserva Naturale Biogenetica;

 Pania di Corfino : istituita con D.M.A.F. del 28 aprile 1980 come Riserva Naturale di Popolamento Animale.

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Foto 2: Riserva Naturale Lamarossa area di torbiera

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Queste Riserve ricadono all’interno del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano (Fig. 2.1) istituito con D.P.R il 21 maggio 2001. Esso si estende per un'area complessiva di 26.149 ettari tra il Passo della Cisa e quello delle Forbici a cavallo tra la regione Toscana e la regione Emilia-Romagna e comprende le porzioni di crinale Appenninico delle province di Lucca, Massa Carrara, Reggio Emilia e Parma.

Fig. 2.1: Area complessiva del Parco Appennino Tosco-Emiliano, in rosso l’area demaniale dell’Orecchiella.

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Fig. 2.2: Area demaniale Orecchiella con le tre riserve statali

L'area occupata dalle tre Riserve si estende per circa 5200 ettari su territori montani posti sulla sinistra orografica del fiume Serchio a quote che vanno da circa 1000 m fino al crinale appenninico, tra il Passo delle Forbici e la Focerella ..

Le cime più importanti sono il monte Vecchio (1982 m)(foto 4) e il Monte Prado, (foto 5), che con i suoi 2054 m è la più alta vetta della Toscana.

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Foto 5: Monte Prado 2054 m

Proprio queste caratteristiche orografiche, unite ad una complessa storia geologica e climatica, hanno portato alla presenza di una compagine floristica unica, che comprende popolazioni di specie alpine e boreali, dovute al fatto che l'Appennino rappresenta una zona di transizione tra la zona bioclimatica medio-europea e quella mediterranea (Lombardi et al., 1998).

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2.2 CLIMA

Sul clima dell'Appennino e in particolare dell'area d’ interesse (Ferrarini, 1982-1988; Ansaldi e Medda, 1999) influiscono vari fattori:

 l'andamento della catena montuosa che si allunga da Nord-Ovest a Sud-Est con altitudini superiori ai 1000 m e nel tratto centrale ai 1700 m;

 la posizione rispetto al mare, con un versante, quello di Sud-Ovest che si innalza ad una distanza relativamente breve dal mare, e quello a Nord-Est che si innalza direttamente dalla Pianura Padana;

 i venti dominanti da Sud-Ovest che provenendo dal mare carichi di vapor d'acqua determinano abbondanti precipitazioni.

Si registrano temperature più elevate sul versante tirrenico mentre su quello padano è maggiore l'escursione termica con un clima più continentale (Ferrarini, 1982-1988).

Le precipitazioni sono ancora molto abbondanti (circa 1800 mm annui) con prevalenza durante il periodo primaverile ed autunnale; durante l'inverno cadono abbondanti nevicate; sulle vette più elevate, (tra i 1700 e i 2000 m) ed esposte a Nord, dove la neve permane a lungo fino alla primavera inoltrata, mentre il clima estivo è fresco e mai arido con una temperatura media del mese più caldo di poco superiore ai 10 gradi (Ansaldi, Medda, 1999).

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La costituzione geologica dell’area di studio è quasi totalmente rappresentata dalle formazioni della “Falda Toscana”.

Tra queste si ricordano i Gessi e i Calcari cavernosi e dolomitici triassici (248-213 milioni di anni fa) che affiorano lungo la valle di Soraggio, i calcari a Rhaetavicula contorta (fine Triassico, 190 milioni di anni fa), i Calcari massicci giurassici (213-144 milioni di anni fa) che costituiscono parte della Pania di Corfino e i Calcari rossi ammonitici (Giurassico , 185 milioni di anni fa) che affiorano sulla vetta della Pania di Corfino e a Sassorosso.

Altre formazioni sono quelle della Scaglia rossa, le Calcareniti a nummuliti (Cretaceo medio, Oligocene inferiore, tra i 60 e i 25 milioni di anni fa) e infine il Flysch o Macigno (Oligocene), di notevole spessore, che con i suoi caratteristici strati caratterizza largamente i crinali appenninici (Ansaldi e Medda, 1999).

A inizio del Miocene (25-13 milioni di anni fa) comincia la fase di sollevamento che porta alla formazione di una catena che è molto diversa da quella che si presenta oggi e ciò a causa da vari agenti morfogenetici (vento, pioggia, fiumi).

Inoltre durante il Pliocene (6,5- 1,6 milioni di anni fa) tutta l'area è soggetta a forze distensive che creano faglie e valli (Valle del Serchio).

Ulteriore importante fattore morfogenetico sono stati i ghiacciai che durante l'ultima glaciazione (circa 10.000 anni fa) si estendevano fino all'Appennino e di cui rimangono a testimonianza i circhi glaciali presenti tra monte Prado e monte Vecchio, sul monte Bocca di Scala, sul monte Cella e sul monte Le Forbici (Ansaldi, Medda, 1999).

2.4 DIRETTIVA 92/43/CE " DIRETTIVA HABITAT"

Lo scopo della Direttiva 92/43/CE, è “contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio

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europeo degli stati membri” (art.2 comma 1 ).

Per raggiungere questo obiettivo è prevista la “costituzione di una rete ecologica europea di zone speciali di conservazione denominata Natura 2000 che deve garantire il mantenimento o all'occorrenza il ripristino dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale”.

La rete Natura 2000 comprende due tipi di aree :

Siti di Importanza Comunitaria proposti o approvati (pSIC/ SIC ).

Zone di Protezione Speciale, ZPS, a norma della precedente Direttiva 79/409/CE definita “Direttiva Uccelli”.

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2.5 DIRETTIVA 2009/147/CE "DIRETTIVA UCCELLI "

Nel 1979 venne emanata la “Direttiva Uccelli” che “concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio dell’Unione Europea “ (art. 1).

Tale Direttiva è oggi indicata come in epigrafe er le modifiche subite nele tempo.

Questa Direttiva “si prefigge la protezione, la gestione e la regolamentazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento” (art. 1, comma 1) e si “applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat (art. 1, comma 2).

La Direttiva indica negli Allegati, aggiornati nel corso del tempo, le specie da tutelare.

Nell’Allegato I sono presenti specie per le quali sono “previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione” (art. 4, comma 1) per questo è fatto divieto di “ucciderli e catturarli, distruggere o danneggiare i nidi e le uova, detenere le specie di cui sono vietate la caccia e la cattura” (art. 5).

Nell’Allegato II sono elencate le specie che “possono essere cacciate soltanto negli Stati membri per i quali esse sono menzionate” (art. 7, comma 3).

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2.6

REGOLAMENTO CEE 1973/92 : PROGRAMMA LIFE

Un programma LIFE (L’Instrument Financier pour l’Environment) in Toscana ha riguardato le praterie montane dominate dal Nardo (Nardus stricta) che costituiscono un habitat naturale la cui conservazione è definita “di prioritario interesse comunitario”.

Queste praterie montane, legate alle pratiche agropastorali presenti da secoli sul territorio, hanno subito negli ultimi decenni una notevole diminuzione a causa soprattutto della loro ricolonizzazione da parte dei boschi e degli arbusteti (AA.VV., 2005).

Il progetto Life è nato con lo scopo di favorire il mantenimento del pascolo nelle praterie montane e in generale la conservazione dei nardeti e la tutela della biodiversità attraverso una serie di azioni:  decespugliamento delle specie arbustive colonizzanti o in via di colonizzazione ( il taglio delle ginestre e diradamento di ginepri);

 ripristino di recinzioni e ripari notturni per il bestiame per difenderlo dagli attacchi dei lupi e costruzione di abbeveratoi;

 recupero e realizzazione di zone umide per favorire la presenza di specie vegetali di interesse conservazionistico, di anfibi e altra fauna acquatica.

 monitoraggio scientifico degli habitat e delle specie influenzate dagli interventi;

 elaborazione di piani di gestione dei siti, sensibilizzazione del pubblico e divulgazione dei risultati (AA.VV. , 2005).

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In Toscana, il progetto Life ha interessato tre Siti di Importanza Comunitaria:  Monte la Nuda – Monte Tondo (tra le province di Massa-Carrara e Lucca)  Monte Castellino – Le Forbici (Foto 6 e Foto 7)

 Pascoli montani e cespuglieti del Pratomagno (provincia di Arezzo)

Foto 6: Progetto Life : rifugio Monte Cella, abbeveratoio

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2.7

CARTA DELLA VEGETAZIONE DELL’AREA DI STUDIO

Per l’inquadramento della copertura vegetale si è fatto riferimento alla “Carta della vegetazione del Parco dell’Orecchiella” redatta da Tomei et al. (1990).

Nel corso di diverse escursioni effettuate tra l’autunno 2010 (29 Ottobre, 6 Novembre e 14 Novembre) e la primavera–estate 2011 (22 Aprile e 10 Agosto) sono state verificate le formazioni vegetali effettivamente presenti sul territorio in base alle quali è stata realizzata una nuova mappatura.

Per quanto riguarda le zone vicino al crinale ricadenti nella regione Emilia Romagna è stata consultata la cartografia tematica edita dalla Regione e consultabile sul sito internet della Regione stessa, oltre ai rilevamenti effettuati personalmente.

Sono state individuate 4 principali formazioni che costituiscono la fisionomia del paesaggio vegetale del crinale appenninico:

 Arbusteti

 Praterie

 Vegetazione arborea a prevalenza di faggio (faggeta)

 Impianti di conifere

Nel corso delle escursioni sono state rilevate sul campo le aree in cui si estendono tali formazioni e ne sono stati riportati i limiti su una carta topografica, con l’aiuto di una bussola e di un altimetro. Successivamente tali informazioni sono state utilizzate per redigere una carta digitale (Arc-View GIS 3.2).

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2.8

INDICAZIONI

RELATIVE

ALLO

STATUS

FENOLOGICO

E

CONSERVAZIONISTICO DELLE SPECIE

Vengono riportate qui di seguito le sigle usate per indicare i caratteri di occorrenza delle specie nell’area di studio, nonché il loro stato conservazionistico relativamente al contesto europeo, italiano e toscano.

Le indicazioni sono state recepite dall’ “Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti in Toscana” di Tellini Florenzano et al. (1997) per lo status sedentario ovvero migratorio; da Birdlife International per lo status nell’Unione Europea, ivi compresi i trend popolazionistici relativi; da Sposimo e Tellini (1995) per quanto riguarda lo stato di conservazione in Toscana e da Peronace et al (2012). per quello relativo all’Italia.

Le sigle e gli acronimi usati per la redazione della Tavola I sono i seguenti: Status fenologico:

 B : Breeding (Nidificante)  T : Transient (Migratore)  W : Wintering (Svernante)

CATEGORIE SPEC :

Con il termine SPEC (Birdlife Int.,2004) si indicano le specie di interesse conservazionistico le cui popolazioni sono prsenti in Europa; il termine è l'acronimo di Species of European Conservation Concern.

In un arco di tempo che va dai primi anni novanta fino ai primi del duemila, BirdLife International, ha raccolto, attraverso una rete di coordinatori nazionali, tutta una serie di dati sulle dimensioni delle popolazioni nidificanti e sulle loro tendenze; in base a queste informazioni sono stati definiti

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una serie di criteri quantitativi per identificare le SPEC sulla base del loro status globale ed europeo e per classificarle secondo la proporzione della loro popolazione globale o del loro areale in Europa (Birdlife Int., 2004).

Le categorie SPEC identificanti lo stato delle diverse specie sono le seguenti:

 SPEC 1 : specie di interesse conservazionistico a livello globale presente anche in Europa;  SPEC 2 : specie che presentano uno stato di conservazione sfavorevole e le cui popolazioni

o il cui areale sono concentrati in Europa;

 SPEC 3 : specie con uno stato di conservazione sfavorevole e le cui popolazioni o il cui areale non sono concentrati in Europa;

 NON SPEC E : specie con status di conservazione europeo favorevole, concentrata in Europa.

 NON SPEC : specie con uno stato di conservazione favorevole e le cui popolazioni o il cui areale possono o meno essere concentrati in Europa.

Stato delle popolazioni ( Birdlife Int, 2004)  RARE

 VULNERABLE

 DECLINING : specie le cui popolazioni sono diminuite più del 10% nel periodo 1990-2000;

 DEPLETED : specie le cui popolazioni sono attualmente stabili o in leggero decremento, ma hanno subito una diminuzione significativa nel periodo 1970-1990 e non sono ancora tornate ai precedenti livelli demografici;

 SECURE

Lista Rossa Italiana (L.R.I.) :

Lo stato di minaccia in Italia viene indicato secondo le categorie IUCN ricavate dal “Lista Rossa 2011 degli Uccelli Nidificanti in Italia”( Peronace et al, 2012.):

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 EX : Estinto

 EW : Estinto in Ambiente selvatico  RE : Estinto nella Regione

 CR: In Pericolo Critico  EN : In Pericolo  VU: Vulnerabile  NT: Quasi Minacciato  LC: A Minor Preocupazione  DD: Dati insufficienti

 NE: Non Valutato

Lista Rossa Toscana (L.R.T) :

Lo stato di minaccia in Toscana è stato ricavato da “ L’Avifauna Toscana, Lista Rossa degli Uccelli Nidificanti” (Sposimo e Tellini, 1995) in cui vengono assegnate categorie di minaccia seguendo i criteri IUCN ma utilizzando categorie proprie:

 A : (Minacciate di Estinzione) specie in serio pericolo di estinzione la cui sopravvivenza, in Toscana, è improbabile se i fattori causali continuano ad operare;

 B : (Altamente Vulnerabili) specie le cui popolazioni toscane sono in diminuzione nell’intera regione ed eventualmente scomparse da alcune aree; rischiano nel prossimo futuro di entrare nella categoria delle specie minacciate di estinzione;

 B*: (Mediamente Vulnerabili) specie le cui popolazioni toscane sono in diminuzione in alcune aree; rischiano di subire contrazioni di areale e di entrare nella categoria delle specie minacciate di estinzione se i fattori causali continuano ad operare;

 C : (Rare) specie presenti in Toscana con piccole popolazioni che al momento non sono né minacciate né vulnerabili ma che corrono dei rischi a causa delle ridotte dimensioni delle loro popolazioni;

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 D : (Status Indeterminato) specie da includere fra quelle estinte, minacciate, vulnerabili o rare in toscana, ma la cui conoscenza non è tale da consentire il corretto inserimento in una delle suddette categorie;

 E : (Insufficientemente Conosciute) specie sospettate di appartenere ad una delle precedenti categorie ma la cui eventuale attribuzione non è attualmente possibile per carenza di informazioni;

 F : (Con popolazioni autoctone minacciate da inquinamento genetico) specie le cui popolazioni autoctone sono minacciate dalla presenza e/o dall’immissione di individui nono appartenenti a tali popolazioni;

 N : (Che attualmente non sembrano minacciate) specie le cui popolazioni toscane non sono rare e per le quali non è evidente una riduzione degli effettivi, non sembrano cioè in alcun modo minacciate.

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2.9 DEFINIZIONE DI HABITAT

Per Habitat si intendono “zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali” (art. 1, 92/43/CE ).

Il “Manuale interpretativo degli habitat dell'Unione Europea” (2007) è diventato il documento di riferimento scientifico per l'applicazione della direttiva.

Gli habitat sono riuniti in 9 macro categorie: 1. Habitat costieri e vegetazione alofitiche 2. Dune marittime e interne

3. Habitat d'acqua dolce 4. Lande e arbusteti temperati 5. Macchie e boscaglie di sclerofille

6. Formazioni erbose naturali e seminaturali 7. Torbiere alte, torbiere basse e paludi basse 8. Habitat rocciosi e grotte

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2.10 DESCRIZIONE DEGLI HABITAT DELL' AREA DI STUDIO

La zona di studio comprende due SIC :

2.10.1 : Monte Castellino-Monte Le Forbici. 2.10.2 : Monte Prado

2.10.1 Monte Castellino-Le Forbici

A seguito dell’approvazione della Legge Regionale del 6 Aprile 2000 1

questo SIC è stato classificato quale Sito di Importanza Regionale (SIR) (Fig. 2.3).

Fig. 2.3:SIR Monte Castellino-Le Forbici

Si estende per 664 ettari dei quali 212 interessati dal progetto Life.

Comprende un'ampia zona sommitale che ospita formazioni vegetali di notevole interesse conservazionistico.

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Tra le specie di flora di maggiore interesse si segnalano le stazioni toscane di Rhododendron ferrugineum, Silene suecica, Senecio incanus, Leocanthemopsis alpina, Astrantia minor che testimoniano le caratteristiche peculiari dell'area inserita nel settore floristico alpino.

Relativamente estese anche le zone con affioramenti rocciosi e vegetazione rada; le superfici boscate che occupano le quote inferiori sono costituite da faggete governate a ceduo.

Di particolare importanza tra l'avifauna, ricordiamo l’Aquila reale (Aquila chrysaetos) e il Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) che utilizzano questa zone come area di caccia, e un numero abbastanza cospicuo di quattro specie legate in varia misura agli ambienti aperti, quali il Prispolone (Anthus trivialis), lo Spioncello (Anthus spinoletta), l’Allodola (Alauda arvensis) e il Fanello (Carduelis cannabina).

La Poiana (Buteo buteo) e il Gheppio (Falco tinnunculus), comuni e diffusi, sfruttano le praterie a fini alimentari.

Specie esclusive degli ambienti appenninici sono la Quaglia (Coturnix coturnix), la Tottavilla (Lullula arborea) e la Passera scopaiola (Prunella modularis) (Lombardi et al., 1998).

Di particolare importanza risulta la segnalazione della presenza del lupo (Canis lupus).

L'area ospita habitat di interesse conservazionistico a livello regionale, nazionale e comunitario che vengono indicati con il codice di Natura 2000, presente nell’allegato I della Direttiva “Habitat“ 92/43/CE.

4030 : BRUGHIERE XERICHE EUROPEE

- brughiere a dominanza di calluna e secondariamente di mirtilli e ginepro nano

Nel sito in oggetto si localizzano sino alle quote più elevate con formazioni pure o, più comunemente in formazioni miste di calluna, mirtilli e ginepro nano.

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Assai frequenti le tipologie miste con brachipodio, come ad esempio nei versanti sud-occidentali del Monte Prado, del Monte Cella e del monte Le Forbici.

Le brughiere a calluna derivano, oltre che dalla degradazione delle foreste, anche dall’abbandono delle praterie pascolate su substrati acidi (AA.VV. , 2008).

In particolare si osserva una diminuzione dei vaccinieti e un aumento dei calluneti all’aumentare dell’antropizzazione.

Una volta cessate o ridotte d’intensità le cause della degradazione, le comunità in esame sono soggette ad una lenta ricostituzione della foresta, resa molto difficile nelle stazioni in cui si è verificata una degradazione spinta del suolo (situazione frequente nei calluneti) o nelle stazione extrasilvatiche.

4060 : LANDE ALPINE E BOREALI

- Vaccinieti con Vaccinium myrtillus e V. gaulteroides e ginepreti a ginepro nano (Juniperus nana).

Relativamente alle brughiere a mirtillo, il sito ospita prevalentemente formazioni primarie di alta quota e, in modo meno esteso, vaccinieti del piano montano.

Le brughiere intrasilvatiche a Vaccinium myrtillus si sono originate come vegetazione di ricostituzione in seguito alla degradazione del bosco o all’abbassamento artificiale del limite della vegetazione arborea. Si trovano a contatto con la faggeta oppure in cedui a copertura ridotta, prossimi al crinale.

Si localizzano anche su suoli relativamente ricchi in nutrienti e in stazioni scarsamente connotate in senso continentale; in definitiva si tratta di comunità che vivono in condizioni limite per questo tipo di vegetazione e sono pertanto definibili come ecotonali (AA.VV., 2008).

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ad esempio nella zona del Monte Le Forbici. Da segnalare la presenza di Vaccinium vitis-idaea nelle brughiere a mirtillo presso Costa Roncacci.

Nell’Appennino le brughiere a mirtilli sono la formazione dominante oltre il limite della vegetazione arborea. Tali cenosi rappresentano anche le più diffuse formazioni primarie extraforestali, come dimostrano le testimonianze paleobotaniche (AA.VV., 2008) o i documenti dei secoli scorsi.

Nell’ambito dei radi vaccinieti situati sul crinale tra Monte Bocca di Scala e Monte Vecchio si localizzano importanti stazioni di Rhododendron ferrugineum (AA.VV., 2008).

6170 : FORMAZIONI ERBOSE CALCICOLE ALPINE E SUBALPINE

- Formazioni erbacee primarie di alta quota: praterie primarie acidofile dei crinali sommitali con Juncus trifidus e vegetazione erbacea rada dei versanti in erosione a dominanza di Alchemilla saxatilis.

- Formazioni erbacee di probabile origine primaria: vegetazione erbacea cespi- tosa a dominanza di Festuca paniculata.

Le prime rappresentano cenosi primarie che occupano stazioni acclivi e creste erose, con suoli iniziali a reazione acida ed elevata pietrosità superficiale; in alcuni casi si possono considerare come stadi di colonizzazione di falde detritiche in via di consolidamento, grazie anche all’azione delle specie Trifolium alpinum, Lotus alpinus, Antennaria dioica, Euphrasia alpina e Festuca riccerii. Nel sito in oggetto le formazioni a dominanza di Juncus trifidus risultano particolarmente sviluppate lungo il crinale tra il Monte Vecchio (1986 m) ed il Monte Castellino (1947 m), nel crinale ad est della cima Le Forbici (1815 m) e nella zona del Monte Prado (2054 m).

In una ristretta area della dorsale appenninica a cavallo del Monte Prado sono inoltre presenti cenosi delle vallette nivali dominato da salici nani (Salix erbacea) che occupano stazioni lungamente innevate (AA.VV., 2008)..

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Le formazioni ad Alchemilla saxatilis risultano particolarmente presenti lungo i crinali secondari soggetti ad erosione e con esposizioni meridionali, come ad esempio in località. Bocca di Scala, e nei versanti meridionali di Bocca di Massa e Le Forbici.; in tali cenosi Alchemilla saxatilis risulta la specie dominante.

Le formazioni del secondo tipo sono caratterizzate dalla presenza di densi popolamenti a Festuca paniculata; presenti nel versante sud-orientale del crinale delle Forbici e nella zona del Monte Vecchio, o nei versanti meridionali del Monte Vecchio tra 1800 e 1950 m di quota (AA.VV., 2008).

6230 : FORMAZIONI ERBOSE A NARDUS, RICCHE DI SPECIE, SU SUBSTRATO SILICEO DELLE ZONE MONTANE (E DELLE ZONE SUBMONTANE DELL’EUROPA CONTINENTALE)

- Prati pascolo mesofili a dominanza di foraggere (Nardus stricta, Festuca nigrescens, Avenella flexuosa).

Le praterie mesofile legate alle attività di pascolo risultano fortemente ridotte, nella loro forma più tipica.

Ampiamente diffusi risultano invece i loro stadi di abbandono con ricolonizzazione prevalente di brachipodio e secondariamente di ginepro nano o calluna.

Si tratta di cenosi solo raramente a dominanza di Nardus stricta e più usualmente a dominanza di Festuca nigrescens e Avenella flexuosa, originate per la distruzione della vegetazione originaria seguita da un intenso pascolamento ovino in grado di determinare, tra l’altro, un forte costipamento del suolo (AA.VV., 2008).

6520 : PRATERIE MAGRE DA FIENO DEL PIANO MONTANO E SUBALPINO

Praterie mesofile più o meno pingui, montano-subalpine, ricche di specie; di norma falciate, ma talvolta anche pascolate in modo non intensivo.

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8110 : GHIAIONI SILICEI DEL PIANO MONTANO FINO AL NIVALE

Comunità dei detriti silicei, dalla fascia montana al limite delle nevi (Androsacetalia alpinae).

8120 : GHIAIONI CALCAREI E SCISTO CALCAREI MONTANI E ALPINI

Ghiaioni calcarei, marnosi e di calcescisti diffusi dalla fascia montana a quella alpina, presenti in regioni a clima freddo.

Tra le specie che più attivamente colonizzano queste falde ricordiamo: Arenaria bertolonii, Robertia taraxacoides, Carum heldreichii, Arabis alpina, Festuca puccinellii, Trifolium thalii, Rumex scutatus e Cirsium bertolonii.

8130 : GHIAIONI DEL MEDITERRANEO OCCIDENTALE E TERMOFILI

- Vegetazione glaericola dei detriti di falda silicei.

La vegetazione glareicola può essere considerata relativamente stabile e soggetta ad evoluzione solo dopo la stabilizzazione della falda detritica per motivi fisici o biologici. Il continuo apporto di materiale dalle sovrastanti pareti rocciose può impedire l’evoluzione delle cenosi oltre gli stadi pionieri.

Nell’ambito dell’area in oggetto, le principali falde detritiche si localizzano nei versanti meridionali compresi tra Gli Scaloni e Bocca di Massa, con particolare sviluppo per quelle situate alle pendici del Monte Vecchio. Altri vasti detriti di falda si localizzano nei versanti meridionali del Monte Bocca di Scala e nel versante occidentale della cima Le Forbici.

Le falde detritiche silicee appaiono colonizzate prevalentemente da tre tipologie di vegetazione: - quelle costituite da materiale grossolano, in esposizioni settentrionali a microclima umido e

fresco, sono occupate da aggruppamenti a prevalenza di pteridofite (ad esempio Cryptogramma crispa), accompagnate da Alchemilla saxatilis e Festuca puccinellii. Un

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esempio di tali cenosi è presente nei detriti di falda situati nel catino glaciale ad ovest della cima Le Forbici.

- nelle esposizioni prevalentemente meridionali, con pendenze elevate e con coperture detritiche costituite da clasti di pezzatura assortita, si trovano caratteristici aggruppamenti dominati da Seseli libanotis accompagnato principalmente da Hieracium brunellaeforme, Draba aspera e Poa alpina.

- alcune falde detritiche in via di stabilizzazione sono occupate dagli stadi iniziali delle cenosi di prateria.

8220 : PARETI ROCCIOSE INTERNE SILICEE CON VEGETAZIONE CASMOFITICA

- Rada vegetazione casmofitica delle rupi e dei litosuoli silicei.

La maggior parte delle formazioni casmofile dell’Appennino, che vegetano quasi esclusivamente nelle fessure di pareti rocciose silicee, sono caratterizzate da Draba aizoides e dalla rara Primula apennina; tra le altre specie sono presenti: Asplenium septentrionale subsp. septentrionale, Woodsia alpina, Asperula aristata subsp. oreophila e Silene rupestris.

Si tratta di cenosi stabili da lungo tempo in conseguenza del marcato aspetto conservativo degli ambienti rocciosi, che permettono cioè la conservazione di specie di antica origine e molto sensibili alla competizione.

Nell’ambito del sito in oggetto si localizzano soprattutto nell’area del Monte Vecchio, sia nei suoi versanti meridionali (in alternanza a cenge erbose) che in quelli settentrionali (con pareti verticali continue).

Di particolare interesse risultano le stazioni di Geranium argenteum nei litosuoli del Monte Vecchio, spesso assieme ad altre specie rare o di interesse fitogeografico.

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Le comunità vegetali pioniere sono in grado di colonizzare sia pareti rocciose sia detriti d’alterazione di rocce silicatiche, e sono costituite da specie adatte a sopportare lunghi periodi di siccità o di scarsa disponibilità d’acqua nel suolo, appartenenti alla famiglia delle Crassulacee, che formano cenosi pioniere in grado di comportarsi come stabili in condizioni stazionali estreme. Sono state ricondotte a questo habitat almeno 3 formazioni vegetali pioniere che si sviluppano su substrati non carbonatici : la prima è caratterizzata dalla dominanza di Crassulacee del genere Sedum, la seconda è connotata dalla dominanza di Sempervivum tectorum, mentre la terza vede la prevalenza di Sempervivum arachnoideum e S. montanum.

Risulta abbondante la presenza di muschi e licheni.

Ai Sedum si accompagnano frequentemente diverse altre specie litofile quali Schleranthus perennis, Dianthus sylvestris, Rumex acetosella, Herniaria glabra e Trifolium arvense.

Infine, la vegetazione a Sempervivum arachnoideum e S. montanum è più frequente in Emilia, dove risulta generalmente confinata su affioramenti rocciosi arenacei in prossimità di creste ventose (in particolare lungo lo spartiacque appenninico principale) oltre il limite della vegetazione arborea.

9110 : FAGGETA A “Luzulo - Fagetum”

- Boschi mesofili di latifoglie a dominanza di Fagus silvatica.

Si tratta di faggete di alta quota situate ai limiti con la vegetazione ipsofila. L’intenso sfruttamento antropico verificatosi in passato ha trasformato gli originari boschi naturali in forme per lo più cedue, in conseguenza della maggiore convenienza economica di questo tipo di governo. Oltre a tale sfruttamento antropico l’effetto della vicinanza dal crinale principale contribuisce a far assumere a tale formazioni un aspetto assai mosaicato, con presenza anche di esemplari di faggio sparsi o in habitus arbustivo.Le faggete presentano un ricco contingente di specie dei Fagetalia sylvaticae tra le quali Moehringia trinervia, Dryopteris filix-mas, Anemone nemorosa, Euphorbia dulcis subsp. dulcis, Prenanthes purpurea, Mycelis muralis, e Neottia nidus-avis (AA.VV., 2008).

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Oltre agli habitat riconosciuti dall’Unione Europea ci sono da segnalare altre formazioni vegetali di notevole interesse quali:

BRACHIPODIETI A DOMINANZA DI BRACHIPODIUM GENUENSE

I brachipodieti a Brachypodium genuense, specie endemica della fascia altomontana appenninica rappresentano una delle formazioni prative maggiormente diffuse nei versanti appenninici (AA.VV., 2008).

Si tratta di cenosi originate in seguito ad intenso pascolo ovino e caprino, protratto a lungo nel tempo, ed in seguito ad incendi, prevalentemente di origine pastorale. Infatti, la forte capacità di riproduzione per seme e per via vegetativa, l’intenso accestimento, la resistenza alle avversità climatiche (in particolare alla siccità) e la scarsa appetibilità da parte degli animali pascolanti (per la presenza di corpi silicei nei tessuti e di peli e aculei sulle foglie) sono caratteristiche che hanno permesso al “paléo” (Brachipodium genuense) di acquisire una notevole forza competitiva rispetto alle altre specie e di diffondersi a macchia d’olio in vaste aree.

Nonostante la cessazione degli agenti degradanti la ricolonizzazione da parte della brughiera appare quanto mai lenta, sia a causa delle caratteristiche biologiche del brachipodio che per quelle ecologiche delle stazioni, non pienamente favorevoli al vaccinieto (AA.VV., 2008)..

PRATI UMIDI MONTANI CON VEGETAZIONE IGROFILA A DOMINANZA DI ELOFITE DEI RUSCELLI MONTANI

Piccoli nuclei di prato umido risultano presenti in diverse stazioni nell’ambito dell’area presa in considerazione.

La stazione più caratteristica e maggiormente estesa si localizza in una valletta glaciale situata presso la Loc. Le Forbici. Si tratta di un prato umido situato nella parte centrale di detta valle, ove si localizzava probabilmente un laghetto glaciale (ancora presente alla fine dell’inverno). La parte

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centrale, a maggiore umidità edafica, risulta caratterizzata dalla presenza di Juncus filiformis, Carex leporina e Deschampsia caespitosa. Tra le altre specie si segnalano Polygonum viviparum, Nardus stricta, Agrostis tenuis, Phleum alpinum, Festuca nigrescens a dimostrazione dell’impoverimento floristico legato all’azione del pascolamento e ai processi di interrimento dell’area.

Con l’allontanarsi dalle condizioni di maggiore igrofilia prende quindi nettamente il sopravvento Deschampsia caespitosa (AA.VV., 2008)..

Tra gli altri nuclei igrofili sparsi viene segnalata la densa cenosi a Deschampsia caespitosa situata in una depressione lungo il crinale Le Forbici – Bocca di Scala, la formazione a Carex leporina e Juncus sp.pl. in Loc. Costa Roncacci, i prati umidi situati alle pendici occidentali del Monte Vecchio, al limiti con le formazioni forestali, ed i numerosi ruscelli situati presso le sorgenti, spesso nell’ambito di impluvi in forte erosione, ove si localizzano cenosi igrofile di particolare interesse con Veronica beccabunga, Parnassia palustris, Carex leporina, C. pallescens, Dactylorhiza maculata, Saxifraga stellaris, Epilobium sp. (ad esempio impluvio nel versante meridionale di Bocca di Scala) (AA.VV., 2008)..

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2.10.2. Monte Prado

Si estende per 618 ettari lungo il versante settentrionale del crinale dell’Appennino Tosco-Emiliano, costituito dalla dorsale del Monte Prado, da S.Bartolomeo (a Nord del M.Castellino) alle Forbici, tra quote comprese tra i 1400 m e i 2050 m, interamente compreso nella regione Emilia-Romagna (Fig. 2.4) e caratterizzato soprattutto da praterie e brughiere alpine con vaccinieti e torbiere, inframezzati da rupi e ghiaioni che ospitano una rara flora di tipo artico-alpina.

Alle quote inferiori sono presenti faggete cedue e in conversione.

Fig.2.4: Confini SIC Monte Prado

Viene identificato anche come ZPS, Zona di Protezione Speciale, e come ZSC, Zona Speciale di Conservazione.

Comprende tredici habitat di interesse comunitario di cui tre di interesse prioritario.

Per quanto riguarda il nostro studio abbiamo preso in considerazione solo i sei tipi di habitat che riguardano più strettamente il territorio di nostro interesse (Bassi S., Pattuelli M., 2007).

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4060 : LANDE ALPINE E BOREALI

Formazioni ad arbusti piccoli, nani o prostrati delle fasce alpine e subalpine dei rilievi montuosi euroasiatici, dominate da ericacee e ginepri nani.

Sono riferibili a questo habitat le seguenti tipologie di brughiere acidofile :  Empetro-Vaccinietum

 Vaccinio-Hypericetum richeri

Aggruppamenti a Juniperus nana e Genista radiata Le prime due si presentano spesso intercalate a mosaico.

Empetro-Vaccinietum, è una fitocenosi basso arbustiva caratterizzata dalla dominanza di Vaccinium gaultherioides, frequentemente accompagnato da Empetrum hermaphroditum. È presente oltre il limite della vegetazione arborea nell’Appennino Tosco-Emilano, su versanti acclivi o sulle forme convesse del rilievo, dove l’innevamento è minore e il suolo poco profondo.

Vaccinio-Hypericetum richeri è caratterizzato dalla predominanza di Vaccinium myrtillus e, meno frequentemente, dalla codominanza di questa specie con V. gaultherioides. Tra le specie accompagnatrici più frequenti vi sono Juniperus nana, Hypericum richeri, Potentilla erecta e Avenella flexuosa; molto localizzata è invece la presenza di Rhododendron ferrugineum.

Queste fitocenosi sono diffuse nella fascia subalpina e nella fascia montana superiore di tutto il crinale emiliano e si sviluppano su versanti poco acclivi e su forme concave del rilievo, dove la neve permane costantemente fino a primavera inoltrata.

Le formazioni a Juniperus nana e Genista radiata sono molto meno diffuse delle due precedenti Risultano caratterizzate dalla codominanza di Juniperus nana e Genista radiata, accompagnate da Brachypodium genuense. Si osservano nella fascia soprasilvatica del crinale tosco-emiliano, sui versanti più aridi.

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Praterie perenni a Nardus chiuse, aride o mesofile, ricche di specie, che si sviluppano su substrati silicei nella zona montana suprasilvatica. Sul crinale emiliano, soprattutto su substrati arenacei, e su pendii poco acclivi, è piuttosto diffusa la presenza di praterie acidofitiche a Nardus stricta.

Si tratta di pascoli magri (spesso caratterizzati da una notevole povertà floristica), conseguenza di un eccessivo pascolo pregresso.

Sono almeno due le associazioni riconducibili all’habitat :  Geo montani-Nardetum

 Violo cavillieri-Nardetum

Geo montani-Nardetum comprende i pascoli a Nardus stricta della fascia montana superiore (dove si rinviene nelle radure delle faggete) e della fascia subalpina inferiore. Accompagnano la specie dominante Nardus stricta, le acidofile Geum montanum, Potentilla aurea, Gentiana kochiana, Centaurea nervosa, Antennaria dioica, Luzula multiflora, Potentilla erecta.

Violo cavillieri-Nardetum è diffuso nella fascia subalpina superiore, in stazioni con maggiore permanenza della neve. Differisce dal tipo precedente per la presenza di Juncus trifidus, Trifolium alpinum, Phyteuma hemisphaericum, Euphrasia minima e Luzula lutea.

Spesso l’habitat, nelle stazioni sopra il limite del bosco, si trova strettamente intercalato ad altre formazioni tipiche della fascia boreale subalpina quali le brughiere a mirtillo (4060) e le pietraie silicee (8220).

8110 : GHIAIONI SILICEI DEL PIANO MONTANO FINO AL NIVALE

Questo habitat comprende i ghiaioni o le falde detritiche silicee di tipo alpico riferiti ai pendii detritici presenti intorno ai 2000 m di quota dei gruppi montuosi più elevati della regione (Alpe di Succiso, M. Cusna, M. Prado, M. Cimone).

Tali formazioni sono caratterizzate dalla presenza di Luzula alpino-pilosa, spesso dominante, tipica dei pendii detritici silicei a lungo innevamento.

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Cardamine resedifolia, Sedum monregalense e Alchemilla alpina.

8130 : GHIAIONI DEL MEDITERRANEO OCCIDENTALE E TERMOFILI

La formazione vegetale che interessa l’area di studio è solo quella del Cryptogrammo-Dryopteridetum oreadis che è certamente la più diffusa nelle fasce montana e subalpina dei Parchi di crinale dell’Appennino Tosco-Emiliano.

Questa associazione colonizza accumuli detritici arenacei, spesso completamente stabilizzati, con clasti di dimensioni da decimetriche a metriche, in aree soggette a prolungato innevamento. Negli interstizi freschi e ricchi di humus compresi fra le rocce, si sviluppa una comunità vegetale caratterizzata da numerose pteridofite, tra cui, oltre a Cryptogramma crispa e D. oreades si annoverano Dryopteris filix-mas, D. affinis subsp. cambrensis, D. dilatata, D. expansa, Athyrium filix-foemina, A. distentifolium, Polystycum aculeatum, P. lonchitis e Phegopteris connectilis. Tra le fanerogame più frequenti vi sono Saxifraga rotundifolia, Alchemilla saxatilis, Hypericum richeri e il raro Geranium macrorrhizum.

8220..: PARETI ROCCIOSE INTERNE SILICEE CON VEGETAZIONE CASMOFITICA

L’habitat include tutte le tipologie vegetazionali casmofitiche europee delle pareti rocciose non carbonatiche, si tratta in sostanza del vicariante dell’8210 in ambiente non calcareo.

In Emilia-Romagna le formazioni rocciose acidofile comprendono almeno due associazioni vegetali riconducibili all’habitat:

 Drabo aizoidis-Primuletum apenninae

 Sedo-Asplenietum cuneifolii e aggruppamenti affini

Drabo aizoidis-Primuletum apenninae costituisce l’associazione rupicola più diffusa sulle pareti arenacee della fascia subalpina dell’Appennino Tosco-Emilano. La forma tipica si sviluppa sulle rupi esposte nei quadranti settentrionali ed è caratterizzata dall’endemica Primula apennina e da Draba aizoides, cui si associano Saxifraga paniculata, Asperula aristata subsp. oreophila, Arenaria

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Sulle rupi esposte nei quadranti meridionali si sviluppa invece una variante termofila differenziata da Silene saxifraga, Seseli libanotis e Globularia incanescens.

La fitocenosi è presente in tutto il crinale dell’Appennino Tosco-Emiliano, ma non sempre trova riscontro nelle carte della vegetazione dei Parchi regionali in quanto la distribuzione estremamente puntiforme e frammentata può essere riportata con precisione solo in seguito ad osservazioni mirate.

9110 : FAGGETE ACIDOFILE DEL LUZULO-FAGION

L’habitat raggruppa le faggete acidofile dei rilievi collinari e montani dell’Europa centrale e solo secondariamente di quelli meridionali (il manuale d’interpretazione europeo cita le Alpi, ma non menziona gli Appennini), specificando che si tratta di faggete (abieti-faggeti e pecceti-faggeti) sviluppate su suoli acidi con Luzula luzuloides, Polysticum formosum e spesso Deschampsia flexuosa, Calamagrostis villosa, Vaccinium myrtillus, Pteridium aquilinum.

La diffusione di questo habitat, a livello regionale, presenta un areale pressoché continuo nell’Appennino reggiano, ove prevalgono i substrati arenacei del macigno; è in questa zona che la faggeta acidofila sviluppa la massima estensione altitudinale.

I suoli, generalmente superficiali, sono spesso ricchi di scheletro e non calcarei, debolmente acidi in superficie.

Affiancano il faggio sporadicamente Sorbus aria; S. aucuparia, Acer pseudoplatanus, Fraxinus excelsior e altre arboree

9220 : FAGGETE APPENNINICHE CON ABIES ALBA

Come per il precedente, si tratta di boschi di faggio dell'Alleanza Geranio nodosi-Fagion, questa volta con Abies alba.

L’Abete bianco è sciafilo, e con significato relittuale in Appennino come Tasso e Agrifoglio, ma tende ad essere maggiormente diffuso, sia pur in modo altrettanto localizzato. Si tratta comunque di specie secondaria che in faggeta può raggiungere frazioni un po’ più consistenti quanto a grado di

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copertura, anche solo per il fatto di essere albero di prima grandezza in grado di raggiungere, anche in Appennino, i 40 m di altezza.

Nel territorio regionale non esistono estesi popolamenti naturali di abete bianco, in cui la specie sia prevalente sul faggio: si tratta sempre di nuclei o singoli soggetti presenti all'interno della faggeta in maniera subalterna.

Data la particolarità dell'abete bianco nell'Appennino settentrionale, per altro già oggetto di un progetto LIFE per la sua tutela e reintroduzione nel Parco Nazionale dell' Appennino Tosco-Emiliano, i nuclei relitti e le faggete ospitanti la specie hanno un’evidente importanza conservazionistica.

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Figura

Foto 1: Centro Visatori Riserva Naturale Orecchiella
Foto 3: Riserva Naturale Pania di Corfino
Fig. 2.1: Area complessiva del Parco Appennino Tosco-Emiliano, in rosso l’area demaniale  dell’Orecchiella
Fig. 2.2: Area demaniale Orecchiella con le tre riserve statali
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